Scegliete le strade del nascondimento, ma anche quelle della

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Scegliete le strade del nascondimento, ma anche quelle della
chiarezza. Praticate lo stile della semplicità, ma astenetevi dal
“semplificare” i problemi. Fate luce alla terra, ma senza pretendere
di fare scintille.
Aggregate la gente attorno alla Parola di Dio, senza la smania di
compattarla attorno alle parole effimere dell'uomo. Amate e servite
la vostra Chiesa non per inseguirne la gloria, ma perchè essa sia
serva fedele del Regno.
Portate la tuta da lavoro in chiesa, ma nei cantieri di lavoro portate
la veste battesimale.
E' il mondo lo spazio in cui ci giochiamo la nostra identità.
Il mondo, non la parrocchia.
Quale mondo?. Quello della scuola, della fabbrica, dell'ufficio, dei
campi...e poi gli ambienti, la spiaggia quest'estate, il bar questa
sera, la villa, la piazza...
E se vi dicono che afferrate le nuvole, che battete l'aria, che non
siete pratici, prendetelo come un complimento!
Non fate riduzione ai sogni.
Non praticate sconti all'utopia.
Se dentro vi canta un grande amore per Gesù Cristo e v i date da
fare per vivere il Vangelo, la gente si chiederà:”Ma che cosa si cela
negli occhi così pieni di stupore di costoro?”
l Signore vi dia il gusto delle cose essenziali
Vi renda ministri della felicità della gente.
La sigla “Cristo è risorto veramente”, era la stessa, questa mattina, quando
abbiamo dato inizio al nuovo ciclo di trasmissioni sulla “Famiglia:segno di
speranza”, perché non c'è inizio senza speranza e non c'è speranza che non poggi
su Cristo, morto e risorto per noi, garanzia di vita piena per ogni uomo che decida
di seguirlo.
Giovanni, il nostro nipotino di 5 anni, ci ha visto giusto quando l'ha pensata,
Giovanni il profeta, l'istruttore che Dio ci ha mandato a domicilio per gli esami di
riparazione.
Sì perché siamo stati rimandati a settembre per il matrimonio, la casa, il lavoro, il
figlio, la fede.
Eppure eravamo credenti, ma non praticanti, fino a non molto tempo fa. Vale a
dire che credevamo nella scuola,quella di Gesù, ma la frequentavamo in modo
saltuario e ci guardavamo bene dallo studiare e dal fare i compiti
Ci siamo resi conto di quanto siano istruttive le pagine del Vangelo che riguardano
i bambini.
Le riflessioni nate dall'osservarli ci stanno aiutando a crescere nella conoscenza
delle cose di Dio.
Ieri sera nel grande stanzone della casa di campagna, dove ci siamo riuniti insieme
alla famiglia di nostro unico figlio, lui, sua moglie e i loro due bimbi, abbiamo visto
staccarsi e andare solo, sicuro di se, il piccolo Emanuele di 15 mesi, che non stava
nella pelle per la contentezza.
Ma noi non gli abbiamo staccato gli occhi di dosso, per paura che inciampasse,
cadesse e si facesse male.
Ho pensato in quel momento ad un altro occhio, quello di Dio, che non si stacca mai
da noi, anche se non ce ne accorgiamo, quello de l Padre misericordioso che sta alla
finestra a scrutare l'orizzonte, per scorgere qualche segno che gli annunci il
ritorno del figlio.
Ho pensato a quello sguardo proiettato lontano, uno sguardo in cui siamo compresi
tutti: figli amanti della libertà, fig li ribelli, ingrati e dissoluti.
Penso a quando ero piccola, quando l'occhio di Dio era inscritto in un triangolo e
ce lo sentivamo addosso, sempre, quando ci ribellavamo alle regole e facevamo di
testa nostra.
Era il mio incubo, ricordo. Un occhio che m i vedeva anche al buio, un occhio dal
quale non potevo nascondermi, un occhio inquisitore, terribile, giustiziere delle
mie inadempienze.
Quante volte? Mi chiedeva il sacerdote, quando andavo a confessare che avevo
tentato di ignorare quello sguardo.
Che bello scoprire che quell'occhio è l'occhio di chi ci ha generato, che ci ha
amato prima ancora che noi nascessimo, che continua ad amarci sempre e
comunque, a prescindere da come ci comportiamo!
Era diventato grande Emanuele, come continuava ad urlare Gi ovanni; ma lui era
solo contento di essere libero di andare dove voleva. Aveva conquistato
l'indipendenza, cosa desiderare di più?
Diventare grandi. Cosa ne sapeva lui del significato di quelle parole?
Ci avrebbe pensato quando non si può tornare più indi etro, quando guardi gli anni
passati e ripensi alle parole che ti hanno svegliato all'improvviso dall'illusione che
la vita quaggiù duri all'infinito.
Per me erano state quelle di Giovanni il giorno prima: “Nonna stai diventando
vecchia!”, mentre mi accarezzava la schiena dolente. “Eh, sì..”, avevo risposto.
” Quando io sono genitore, tu non ci sei più!”, aveva aggiunto, pensando che anche
suo padre era genitore, quando gli sono morti i nonni, di cui aveva conosciuto il
sorriso, l'abbraccio e le carezze.
Diventare grandi, invecchiare, morire... il mistero della vita espresso nelle poche
ed essenziali parole di Giovanni.
Chissà se l'idea della morte ora lo turba più di quando fu per mia madre e mio
padre che sono in cielo, l'una a fare la maestra degli angiole tti, l'altro il
capostazione delle nuvole!
A Giovanni ho detto di non preoccuparsi per me, perché, quando succederà, lo
saluterò da dietro una nuvola. Al che, con gli occhi tristi, ha commentato: ”Ma io
non ti vedo!”.
Credere senza vedere, questo è il problema dell'uomo.
Beato te, Tommaso, che hai visto, toccato e creduto! Mica capita a tutti.
“ Ma più beati, dice il Signore, quelli che credono pur non avendo veduto!”.
Ho pensato a quante cose crediamo senza averle mai viste .
Giovanni, per esempio, solo da poco si è reso conto che i cartoni sono storie
inventate e, quando il pomeriggio ci mettiamo un po' a riposare insieme nel grande
lettone, ci raccontiamo le storie vere, una io, una lui.
Vere altrimenti non vale.
Poiché a lui non piacciono quelle che va nno a finire male, mi chiede sempre quelle
di Gesù, quando guarisce, quando moltiplica i pani e i pesci, quando placa la
tempesta.
Ma quelle che ama in assoluto, parlano di Gesù risorto, di quando la Maddalena lo
incontra, nel cimitero trasformato in un g iardino, di cui lui è il custode, e si sente
chiamata per nome e lo abbraccia per non farselo scappare di nuovo.
Raccontiamo ai bambini la bella storia, non inventata, di un Dio che ci vuole bene a
tal punto da farsi uccidere per noi, ma che dobbiamo smet tere di cercare in un
cimitero, perché è risorto veramente, diventando il custode del giardino perduto.
In questa domenica in albis, chiamata anche domenica della Misericordia (dal 1994
per volontà di Papa Giovanni Paolo II) faccio mie queste breve riflessioni, per me
perle, di don Tonino Bello con la speranza che possano esservi di aiuto durante
questa settimana per mantenere in noi tutti la luce della pasqua vera nella quotidianità
della vita
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