Ecco le banche «too big to fail

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Ecco le banche «too big to fail»
dal nostro inviato Alessandro Merli
da il Sole24ore, 5 novembre 2011
CANNES - Diciassette banche europee, fra cui l'italiana Unicredit, fanno parte dell'elenco di una trentina di istituti
globali ai quali il G-20, riunito a Cannes, ha chiesto di raccogliere capitale addizionale per far fronte agli eventuali costi
di un loro fallimento.
Le 29 banche dovranno avere un "cuscinetto" di capitale ordinario in più, compreso fra l'1% e il 2,5% dell'attivo a
seconda della loro importanza, rispetto a quanto richiesto agli altri istituti di credito dalla regole di Basilea. Si tratta di
una lista, compilata dal Financial Stability Board, di banche che hanno un'importanza sistemica globale, le cosiddette
G-Sifi (le Global Systemically important financial institution), il cui fallimento quindi potrebbe mettere in pericolo
l'intero sistema finanziario internazionale.
Imponendo requisiti di capitale addizionali, composti interamente da capitale ordinario, si vuole aumentare la capacità
di assorbimento delle perdite e quindi evitare che i costi di un eventuale salvataggio, o di un fallimento, ricadano sui
contribuenti, ha commentato il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, alla sua ultima riunione alla
guida dell'Fsb. A causa del suo nuovo impegno alla Bce, l'ex governatore della Banca d'Italia ha lasciato ieri la poltrona
dell'Fsb al capo della Banca centrale canadese, Mark Carney, che sarà affiancato, come vicepresidente dal numero uno
della Banca nazionale svizzera, Philipp Hildebrand. A quest'ultimo è assegnato un compito importante, di riferire al
Fondo monetario sulle vulnerabilità del sistema finanziario che possono avere un impatto sull'economia.
L'Fsb è composto dalle autorità di regolamentazione e vigilanza dei maggiori Paesi. Draghi si era insediato alla
presidenza nel 2006 e ha promosso l'allargamento dell'Fsb, originariamente un organismo creato dal G-7 dopo la crisi
asiatica di fine anni 90, ai più importanti Paesi emergenti ed ha avuto dal G-20 nel 2009, dopo la crisi seguita al collasso
di Lehman, il mandato a guidare la riforma delle regole della finanza globale.
L'applicazione del capitale addizionale dovrà avvenire in modo progressivo a partire dal 2016, per essere completata
entro il gennaio 2019. La lista verrà riesaminata annualmente dall'Fsb. Per ora ne fanno parte otto banche americane, fra
cui tutte le grandi di Wall Street, come J.P. Morgan, Goldman Sachs e Bank of America, quattro asiatiche, di cui tre
giapponesi, e 17 banche europee, di cui dieci dell'area euro. Le più grandi banche globali dovranno anche predisporre
entro fine 2012 dei piani dettagliati per un fallimento ordinato e saranno sottoposte a una vigilanza più stringente. Dato
che si tratta di istituzioni che operano su scala globale, verrà migliorata la collaborazione fra le autorità del loro Paese
d'origine e degli altri mercati in cui sono presenti.
Il Financial Stability Board ha avanzato inoltre una serie di proposte per la regolamentazione del sistema bancario
ombra, quelle istituzioni che operano come banche ma che finora sono sfuggite ai controlli e quindi, ha detto Draghi,
devono essere sottoposti alle stesse regole delle banche. Queste istituzioni sono considerate fra le responsabili della crisi
finanziaria degli ultimi anni. Verranno sottoposte a controlli i loro rapporti con le banche, ma verrà anche allargato il
perimetro della regolamentazione.
L'altra preoccupazione dell'Fsb, avallata dai leader del G-20, riguarda l'uniformità delle regole fra i diversi Paesi.
«Questo è essenziale per l'efficacia delle regole - ha affermato Draghi - per evitare l'arbitraggio regolamentare», cioè
che le istituzioni finanziarie vadano alla ricerca dei Paesi dove le regole sono meno severe. L'Fsb eserciterà quindi un
monitoraggio, che riguarderà l'applicazione di Basilea 3, le norme sulle Sifi, quelle sui derivati over-the-counter, e i
compensi dei banchieri.
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