la certezza della salvezza - Chiesa Semplicemente Amore

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LA CERTEZZA DELLA SALVEZZA
Può una persona, dopo essere stata salvata, venir meno e perdersi per l’eternità?
Quelli che seguono il sistema della dottrina calvinista rispondono di no; quelli che seguono il
sistema arminiano (da Arminio, un teologo olandese) rispondono affermativamente.
Calvino asserisce che Dio ha predestinato alcuni ad essere salvati ed altri ad essere perduti.
Da questa dottrina scaturisce l’insegnamento di “una volta in grazia sempre in grazia”: se Dio
ha predestinato un uomo alla salvezza, questi può essere salvato e preservato solo per la
grazia di Dio, la quale è irresistibile, quell’uomo quindi non può più perdersi.
Arminio dichiara invece che la volontà di Dio è che tutti gli uomini siano salvati, perché Cristo è
morto per tutti; perciò Dio offre la sua grazia a tutti.
Mentre la salvezza è opera di Dio, assolutamente gratuita ed indipendente dalle nostre buone
opere e dai nostri meriti, l’uomo può scegliere la grazia di Dio o respingerla.
La possibilità della scelta resta sempre.
Le Scritture insegnano una predestinazione, ma non che Dio predestini alcuni alla vita eterna
ed altri alle sofferenze eterne; Egli predestina “chiunque vuole” essere salvato e questo piano è
largo abbastanza, da includere tutti quelli che veramente vogliono essere salvati.
Quando leggiamo “eletti secondo prescienza di Dio” intendiamo che Dio, per la Sua
conoscenza, ha antiveduto coloro che avrebbero accettato l’Evangelo e sarebbero rimasti fedeli
ed ha predestinati questi ad una eredità celeste.
Egli antivide il loro destino, ma non lo fissò.
Quando il Nuovo Testamento definisce i cristiani come oggetto della prescienza di Dio, il suo
scopo è assicurarci del fatto che Dio ha antiveduto ogni difficoltà che incontreremo e che Egli
può e vuole preservarci dalla caduta.
Poiché la salvezza dipende da Dio e non dall’uomo (chi potrebbe essere salvato se la salvezza
dipendesse dalla forza dell’individuo?), possiamo essere sicuri di questo: Iddio ci porterà avanti,
per quanto deboli e fallaci possiamo essere, purché onestamente desideriamo fare la Sua
volontà.
La Sua grazia è sempre presente per mettere in guardia, frenare, incoraggiare e sostenere.
Vogliamo leggere e meditare alcuni versi della scrittura per avvalorare il concetto della certezza
della salvezza, operata da Dio nel cuore del credente:
- In Giovanni 1:12-13 è scritto: “Ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di
diventare figli di Dio, cioè a coloro che credono nel suo nome; i quali non sono nati da sangue,
né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma sono nati da Dio”.
La fede in Gesù Cristo ha prodotto un cambiamento così radicale da produrre una rinascita
spirituale che ci fa entrare a far parte della famiglia di Dio.
Siamo eredi di Dio e lo attesta lo Spirito Santo (Romani 8:16-17).
Come eredi possediamo tutti i beni del nostro Padre: la vita eterna, il cielo infinito, la gloria.
Inoltre è detto che il salvato è tale perché è stato rigenerato non da seme corruttibile, ma
incorruttibile (I Pietro 1:23).
Anche essendo un figlio di Dio, posso in una certa maniera resistere all’azione dello Spirito
Santo e contristarlo (Efesini 4:30), però continuerò ad essere un figlio che a causa della propria
disubbidienza si priva di grandi benedizioni.
- In Romani 8:28-30 leggiamo: “Or noi sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli
che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che ha
preconosciuti, li ha pure predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, affinché
egli sia il primogenito tra molti fratelli; e quelli che ha predestinati li ha pure giustificati; e quelli
che ha giustificati li ha pure glorificati”.
Non è importante l’intensità dell’amore verso Dio, noi abbiamo la certezza che tutti quelli che
amano Iddio sono stati chiamati alla salvezza secondo la Sua grazia.
Da prima della fondazione del mondo i credenti sono fatti figli di Dio e identificati con Cristo e i
suoi privilegi tanto da essere conformi alla sua stessa immagine.
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Come abbiamo portato l’immagine del terrestre, così porteremo anche l’immagine del
celeste (I Corinzi 15:49).
La nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche come Salvatore il Signor Gesù
Cristo, che trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della Sua
gloria (Filippesi 3:20-21).
- In Giovanni 10:27-29 troviamo la promessa di Gesù che dice: “Le mie pecore ascoltano la mia
voce e io le conosco ed esse mi seguono; ed io dò loro la vita eterna, e non periranno mai, e
nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti; e
nessuno può rapirle dalla mano del Padre”.
Come un buon pastore protegge le proprie pecore, così Gesù protegge i suoi figliuoli dal male
eterno.
Forse i credenti soffriranno su questa terra, ma la loro vita eterna non potrà mai esser loro
sottratta.
- In Romani 8:31 è scritto: “Che diremo dunque riguardo a queste cose ? Se Dio è per noi chi
sarà contro di noi ?... Io infatti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né
cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza né profondità né alcuna creatura potranno
separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù nostro Signore”.
Quale riposo per l’anima, quale sicurezza sapere che Dio è dalla nostra parte.
Chi potrà mettersi contro di noi ?
Se ci ha donato il proprio Figliuolo ci darà anche tutte le altre benedizioni che ha previsto per
noi e soddisferà a tutti i nostri bisogni.
Le persecuzioni ci saranno, ma nessuno potrà mai toglierci né i privilegi né la gloria che Dio ci
ha dato né l’alta posizione che ora occupiamo in Cristo.
Satana continua ad accusarci ma “se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il
Padre: Gesù Cristo il giusto” (I Giovanni 2:1).
Se abbiamo accettato Gesù Cristo, non possiamo essere processati per un caso già risolto, Egli
ha già vinto la nostra causa .
Non saranno il vivere o il morire che ci separeranno dal suo amore, né angeli, né il presente coi
suoi pericoli, né il futuro con le sue incertezze, né altezza perché Cristo è in alto per noi, né
profondità perché Lui c’è stato nella sua morte.
E’ impossibile essere separati dall’amore del Padre, che Cristo ci ha fatto conoscere e che è
stato versato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo.
- Filippesi 1:6 dice: “E ho questa fiducia: che colui che ha cominciato in voi un’opera buona la
condurrà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù” .
Dio ha cominciato la sua opera in noi e continuerà ad operare nella nostra vita fino a quando
non lo incontreremo faccia a faccia.
- In I Corinzi 1:8-9 è scritto: “Egli vi renderà saldi sino alla fine, perché siate irreprensibili nel
giorno del nostro Signore Gesù Cristo. Fedele è Dio che vi ha chiamati alla comunione col Figlio
suo Gesù Cristo nostro Signore”.
Come ai Corinzi, Gesù ci rassicura che ci riterrà senza colpa fino al giorno del suo ritorno,
grazie all’opera compiuta con la Sua morte e la Sua resurrezione.
Chi si affida a Cristo sarà sempre salvato.
- Morendo sulla croce Gesù disse: “E’ compiuto”.
Egli ha compiuto tutto ciò che riguardava la nostra salvezza, come è scritto in Ebrei 10 dal
verso 8: “…Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici per il peccato… ecco io vengo per
fare la tua volontà. In virtù di questa volontà noi siamo stati santificati mediante l’offerta del
corpo di Gesù Cristo fatta una volta per sempre… Infatti con un'unica offerta egli ha reso perfetti
per sempre quelli che sono santificati”.
Ciò che abbiamo riportato non ci lascia dubbi sul valore del sacrificio di Cristo.
Perciò se un credente perde la salvezza è perché il sacrificio di Cristo non lo ha reso perfetto
per sempre, quindi è insufficiente per la sua salvezza.
È Gesù un Redentore limitato?
- In Romani 8:1 leggiamo: “Non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo
Gesù”.
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Quelli che hanno ricevuto Gesù Cristo come loro Salvatore non subiranno mai più alcuna
condanna, perché Dio li ha giustificati, li ha perdonati, li ha identificati col suo Figlio e li ha uniti
a Lui.
La questione dei nostri peccati è risolta per sempre.
Se Dio ora ci condannasse sarebbe come un creditore che richiede di nuovo il pagamento di un
debito che già è stato estinto.
- In Giovanni 5:24 leggiamo: “In verità, in verità io vi dico : Chi ascolta la mia parola è crede a
colui che mi ha mandato, ha vita eterna; e non viene in giudizio ma è passato dalla morte alla
vita”.
La vita eterna, ossia vivere per sempre con Dio, comincia nel momento in cui conosciamo
Cristo Gesù come nostro Salvatore.
Subito comincia in noi una nuova vita; certo bisogna affrontare la morte fisica, ma quando
Cristo tornerà anche il nostro corpo risorgerà a nuova vita.
Il credente quindi è fatto partecipe di una natura che è eterna, ma la vita che Dio dona non solo
è eterna, ma è addirittura nascosta con Cristo in Dio: “Aspirate alle cose di lassù, non a quelle
che sono sulla terra; poiché voi moriste e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Quando
Cristo, la vita nostra, sarà manifestato, allora anche voi sarete con lui manifestati in gloria”
(Colossesi 3:2-4).
- In I Corinzi 12:12-27 è scritto: “Poiché, come il corpo è uno e ha molte membra, e tutte le
membra del corpo, benché siano molte, formano un solo corpo, così è anche di Cristo… Or voi
siete il corpo di Cristo e membra di esso, ciascuno per parte sua”.
Credere alla perdita della salvezza significa credere che una parte del corpo di Cristo possa
perire.
In I Corinzi 1:9 è scritto: “Fedele è Dio che vi ha chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù
Cristo, Signore nostro”.
La fedeltà non è dell’uomo ma di Dio stesso, se saremo trovati fedeli, sarà unicamente perché
Dio è fedele.
L’intero peso della nostra salvezza deve riposare sulla fedeltà del nostro Dio.
La fedeltà di Dio è il fondamento della nostra speranza, la garanzia divina per farci perseverare
fino alla fine.
I santi proseguono nel cammino di santità perché Dio persevera nella grazia: Egli protegge il
Suo popolo ed essi continuano ad osservare i Suoi comandamenti.
Egli ci ha chiamati alla comunione con il Figlio Suo Gesù Cristo, pertanto questa chiamata non
può essere annullata, perché i “doni e la vocazione di Dio sono senza pentimento”.
Il Signore non ritira mai la Sua efficace chiamata di grazia.
”Quelli che ha chiamati li ha pure giustificati, e quelli che ha giustificati li ha pure glorificati”,
questa è una regola immutabile del piano divino verso i credenti.
Essendo uno in Cristo, siamo partecipi della Sua natura, della Sua vita immortale.
Il nostro futuro è legato a quello del nostro Signore e, poiché Egli non può essere distrutto, noi
altresì non periremo.
- Nell’epistola agli Efesini 4:30 è scritto: “Non rattristate lo Spirito Santo di Dio con il quale siete
stati suggellati per il giorno della redenzione”.
Il suggello è un segno di autenticità, di inviolabilità, di sicurezza e di proprietà.
- In I Corinzi 6:19 è scritto: “Non sapete voi che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che
è in voi il quale avete da Dio e che non appartenete a voi stessi?”.
Quando diventiamo cristiani, lo Spirito Santo viene a vivere in noi, perciò non siamo più padroni
del nostro corpo.
Ora siccome il nostro corpo appartiene a Dio non dobbiamo violare le Sue regole di vita.
In Efesini 1:13-14 leggiamo: “In lui voi pure, dopo aver udito la parola della verità, l’evangelo
della vostra salvazione, in lui avete creduto, avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che
era stato promesso, il quale è pegno della nostra eredità fino alla piena redenzione di quelli che
Dio s’è acquistati a lode della sua gloria”.
Lo Spirito Santo, donatoci da Dio è la garanzia che Egli farà per noi ciò che ha promesso.
È una sorta di caparra, un deposito, un acconto, una firma di convalida su un contratto.
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La presenza dello Spirito Santo nella nostra vita ci assicura la vita eterna con tutte le Sue
benedizioni, come assaggio di quello che sperimenteremo nell’eternità.
Partendo ora dal presupposto che un credente possa perdere la salvezza, lo Spirito Santo
continuerebbe ad abitare in quella persona, perché quando entra in un cuore vi entra per
dimorarvi per sempre.
E’ possibile questo ?
- In I Pietro 1:5 è scritto: “Questa eredità è anche per voi che, per mezzo della fede, siete
protetti dalla potenza di Dio in attesa della salvezza che vedrete negli ultimi tempi”.
Non è grazie alle nostre forze che possiamo ottenere la nostra salvezza, ma è per la potenza di
Dio.
Se dipendesse da noi, la nostra fede si fonderebbe sulla nostra capacità di non peccare o di
vivere una vita spirituale.
La nostra fede, invece, è in Dio, il quale ci protegge con la sua potenza
- In Romani 5:1 leggiamo: “Giustificati dunque per fede abbiamo pace con Dio per mezzo di
Gesù Cristo nostro Signore”.
Significa che siamo stati riconciliati con Dio, che non c’è più ostilità fra noi e Dio.
È per la nostra fede che abbiamo questa certezza della salvezza; siamo stati introdotti al Padre,
per mezzo di Cristo, in una condizione di fermezza, che non presenta possibilità di caduta.
Se mentre eravamo nemici siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Suo Figliuolo,
tanto più ora, essendo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita.
È evidente che la nostra salvezza è sicura e certa.
- Vogliamo ancora ricordare l’opera di intercessione di Cristo Gesù che compie per noi in cielo:
Ebrei 7:25 “Perché Egli può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a
Dio, dal momento che vive sempre per intercedere per loro” .
- Le preghiere di Gesù sono sempre esaudite: in Giovanni 11:41 leggiamo: “Padre, ti ringrazio
perché mi hai esaudito. Io sapevo bene che tu mi esaudisci sempre” .
- La certezza della gloria è chiaramente espressa nei seguenti versi: Romani 5:2 “Abbiamo
avuto per la fede l’accesso a questa grazia nella quale siamo saldi e ci gloriamo nella speranza
della gloria di Dio”.
- I Pietro 5:1 “ Io… testimone delle sofferenze di Cristo… sarò pure partecipe della gloria che
ha da essere manifestata”.
- II Corinzi 5:8 “Siamo pieni di fiducia e abbiamo molto più caro di partire dal corpo e d’abitare
col Signore”.
- Giovanni 14:1-3 “Il vostro cuore non sia turbato; abbiate fede… io vò a preparavi un luogo, e
quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò, e vi accoglierò presso di me, affinché
dove sono io, siate anche voi”.
Questo ultimo testo non tratta della certezza della giustificazione, ma piuttosto della certezza
della gloria.
- Romani 11:6 “Se è per grazia, non è più per opere altrimenti grazia non è più grazia”.
Se la salvezza è un dono che non si merita, perché alcuni sono disposti a riconoscere che per
le sole opere non si è salvati ma non riconoscono che per la sola grazia (dono immeritato) si è
salvati?
Diversi credenti credono alla possibilità di perdere la salvezza.
Essere salvati significa essere “nato di nuovo”, essere “una nuova creatura”, essere “figli di
Dio”, “nati da Dio”, “membri della famiglia di Dio” .
Il rigenerato è una persona che ha ricevuto una nuova natura, ha un rapporto nuovo con Dio ed
ha il suggello dello Spirito Santo.
È possibile, quindi, che un “nato di nuovo” possa giocare col peccato fino al punto di essere
rigettato da Dio, ossia compia il peccato imperdonabile che è la bestemmia contro lo Spirito
Santo?
In I Giovanni 3:6-9 l’apostolo afferma che: “Chiunque è nato da Dio non commette peccato,
perché il seme divino dimora in Lui, e non può peccare perché è nato da Dio”.
In I Giovanni 2:1 non viene escluso che il credente non possa peccare, però è escluso che il
credente possa vivere normalmente in una vita di peccato.
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Egli, quindi, non lascia spazio alla perdita della salvezza.
In I Corinzi 3:15 è precisato che il vero credente non perderà la salvezza se costruisce male,
ma sarà appena salvato, come chi scappa dalla sua casa in fiamme, avendo perso tutto tranne
la sua vita.
Se un uomo perde la salvezza occorre considerare la possibilità che questi avesse
esternamente un’apparenza cristiana senza essere una nuova creatura in Cristo.
Infatti, si può benissimo acquisire una buona conoscenza biblica, la capacità di usare un
linguaggio che porta la Sua impronta e tuttavia non aver realizzato la “nuova vita”.
Non c’è perciò da stupirsi se, col passar del tempo, ci sono quelli che “abbandonano” ciò che in
realtà non hanno mai avuto e la cui posizione non è sfuggita allo sguardo penetrante di Dio.
“Il Signore conosce quelli che sono suoi” (II Timoteo 2:19).
Uno dei passi citati da coloro che pensano di poter perdere la salvezza è quello citato in Marco
13:13: “Chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato”.
Per credere in Gesù fino alla fine ci vuole perseveranza perché la fede sarà motivo di
persecuzione, la quale selezionerà i veri cristiani da quelli falsi.
Perseverare fino alla fine non significa che si può perdere la salvezza, perché solo chi è stato
davvero salvato è in grado di resistere fino alla fine.
Infatti la sicurezza della salvezza dona ai credenti la perseveranza anche in mezzo alle
persecuzioni.
Chi non persevera nell’amore di Dio dimostra che la sua fede non aveva prodotto in lui quel
rinnovamento dello Spirito, quella nascita nuova che avviene quando si crede col cuore
(Giovanni 3:3-7; Galati 5:6-15).
Chi crede per un po’ e dopo un certo tempo non crede più, non è nato di nuovo; è uno di quei
“terreni”, in cui il seme della Parola germoglia e produce una pianticella che però non giunge a
maturità e si secca (Matteo 13:5).
Chi è certo di essere stato salvato è altresì certo di perseverare fino alla fine e di non perdere la
salvezza attuale, e quindi di conseguire la salvezza futura, ossia la liberazione dalla tentazione,
dalla morte, dal dolore, ricevere la felicità perfetta ed eterna.
Vi sono delle anime che sono certe della salvezza attuale ma incerte della perseveranza e della
gloria avvenire.
In Giovanni 8:31 Gesù disse: “Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli”.
Gesù dichiara vero discepolo (vero credente, vero salvato) chi avrà perseverato (sarà rimasto
ben radicato) nella Sua Parola.
Di qui la preoccupazione di chi teme di non perseverare e di perdere la salvezza ricevuta.
Ma Gesù non proclama il rischio di non perseverare, ma piuttosto la certezza che il vero
discepolo (salvato) persevera.
La perseveranza non è mezzo di salvezza eterna, ma prova che un credente è e sarà salvato.
In Giovanni 10:28: “Io dò loro la vita eterna, e non morranno mai, e nessuno le rapirà dalla mia
mano”.
Gesù dà ai credenti vita eterna, al presente, vita che non può interrompersi ma che continua
nell’aldilà per sempre.
Se la mancanza di perseveranza potesse far perdere la salvezza, essa non si definirebbe vita
che non si perde mai.
Nessuno può rapirli dalla mano di Gesù e del Padre, altrimenti perderebbero la vita, cosa che
invece è stato promesso che non avverrà.
Se la salvezza attuale non sfociasse sempre nella salvezza futura, non potrebbe definirsi vita
eterna, forse grazia, giustificazione, ma non vita senza fine, perciò i salvati perseverano.
Quando il salvato cade nel peccato non perde la salvezza ma la gioia della salvezza e la piena
comunione con Dio, perciò egli ricorrerà a Dio con una nuova confessione di peccato, non per
essere nuovamente salvato, ma per riacquistare la gioia della salvezza e la piena comunione:
“… se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre, cioè Gesù Cristo, il
giusto” (I Giovanni 2:1).
Il cammino del credente verso la gloria è un cammino prevalentemente di giustizia e amore, ma
non esclude cadute ed ingratitudini, e questo cammino si chiama perseveranza.
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Un altro passo citato a difesa di questa possibilità di perdere la salvezza è quello che
parla di “essere cancellato dal libro”.
Occorre precisare che nell’Antico Testamento (Esodo 32:32-33) essere cancellato dal libro
significava morire fisicamente, essere cancellati da Dio dal libro della loro vita sulla terra.
In Apocalisse “il libro della vita” non si riferisce alla vita corporale, ma a quella eterna.
Da tale libro non si è cancellati (Apocalisse 3:5), Cristo ha promesso di non cancellarci.
Infatti in Apocalisse 3:5 è scritto: “Chi vince sarà così vestito di vesti bianche, ed io non
cancellerò il suo nome dal libro della vita”.
I veri credenti perseverano, vincono la guerra; Cristo non li cancellerà.
La Bibbia dice: “la Chiesa dei primogeniti che sono scritti nei cieli” (Ebrei 12:23).
Se i figli potessero essere cancellati dai cieli, non sarebbero eredi dei cieli, ma la Bibbia dice
che: “Se siamo figliuoli , siamo anche eredi, eredi di Dio e coeredi di Cristo” (Romani 8:17).
Mentre nel libro della vita sulla terra di cui tratta Mosè si può essere cancellati (morire), nel libro
della vita dell’Agnello si può non essere mai iscritti: “Tutti gli abitanti della terra i cui nomi non
sono scritti fin dalla fondazione del mondo nel libro dell’Agnello che è stato immolato,
l’adoreranno” (adoreranno l’Anticristo) e ancora “e quelli che abitano sulla terra i cui nomi non
sono stati scritti nel libro della vita fin dalla fondazione del mondo, si meraviglieranno”
(Apocalisse 13:8).
Ai tempi di Giovanni, in ogni città, vi era il registro su cui veniva scritto il nome di tutti i cittadini
fino alla loro morte.
Quello era il “libro della vita”.
Il nome di questi cittadini poteva però essere cancellato prima della loro morte, nel caso in cui la
persona commettesse un crimine.
Per analogia si può affermare che nel “libro della vita” divino vi è il nome di tutti gli esseri umani,
perché il Signore desidera che tutti gli uomini siano salvati.
Tuttavia la promessa di non essere cancellati da esso è solo per quelli che “vincono e sono
vestiti di vesti bianche”, cioè i credenti che sono stati “imbiancati dal sangue dell’Agnello”.
Perché non v’è dubbio che il nome degli increduli verrà cancellato e non resterà scritto sul libro
della vita (Apocalisse 20:12-15).
Altri credenti citano Ebrei 6:4-6: “Poiché quelli che sono stati una volta illuminati e hanno
gustato il dono celeste e sono stati fatti partecipi dello Spirito Santo e hanno gustato la buona
parola di Dio e le potenze del mondo a venire se cadono è impossibile rinnovarli da capo a
ravvedimento, poiché crocifiggono di nuovo per conto loro il Figliuolo di Dio e lo espongono ad
infamia”.
Lo scrittore in effetti dice che se risultasse possibile per questi credenti, dopo le grandi
esperienze avute, rigettare completamente e definitivamente la grazia di Dio, essi sarebbero
colpevoli di un peccato imperdonabile.
L’autore sta affermando che se una persona non progredisce, essa ricadrà, se non avanza,
corre il pericolo di camminare a ritroso e di abbandonare completamente Cristo.
Egli sta ammonendo i suoi lettori dicendo loro che se hanno intrapreso il cammino della vita
cristiana e si allontanano da Cristo e dal Suo Evangelo, essi non troveranno alcun altro mezzo
di salvezza, non potranno essere mai più condotti di nuovo al pentimento, come apostati
crocifiggono di nuovo il Figlio di Dio, avendoLo respinto sarebbe impossibile rinnovarli di nuovo
a ravvedimento.
Ma al verso 9 lo scrittore presuppone un fatto che è sicuro non si realizzerà neppure nel caso
dei lettori insensibili ed indifferenti cui si sta rivolgendo.
“Se cadono” non significa che cadono, è solo una ipotesi assurda fatta dallo scrittore; infatti al
capitolo 10:26-29 precisa che se pecchiamo deliberatamente dopo aver conosciuto l’Evangelo,
rifiutandone la redenzione che è nel sacrificio di Cristo, nessun altro sacrificio potrà salvarci.
Peccare volontariamente non significa semplicemente cedere a qualche tentazione perché
dove sussiste un vero pentimento, trasgressioni simili, hanno la certezza di ricevere il perdono.
La condotta peccaminosa di cui si parla qui è deliberata, presuntuosa, persistente e corrisponde
a rinnegare Cristo e all’abbandono della fede.
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Essa denota una apostasia di fatto e confessata, e su questi apostati deve cadere la
condanna. Tra le altre trasgressioni, oltre ad aver calpestato il Figliuolo di Dio e di aver tenuto
per profano il sangue del patto col quale è stato santificato, c’è quella di aver oltraggiato lo
Spirito della grazia.
Egli ha insultato lo Spirito Santo e disprezzato la Sua opera.
L’apostata è perciò colpevole di bestemmia nei confronti dell’agente per mezzo del quale la
grazia di Dio è comunicata all’uomo.
Ma questo non significa che quei credenti hanno effettivamente peccato volontariamente,
rimane solo una ipotesi; infatti al verso 39 dichiara che noi, veri credenti, siamo di quelli che
perseverano, e non come l’apostata che smette di avere fiducia in Dio ricevendo l’ira divina.
Alcuni credenti citano Matteo 7:23: “Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non
abbiamo noi profetizzato in nome tuo, e in nome tuo cacciato demoni, e fatte in nome tuo molte
opere potenti? E allora dichiarerò loro: Io non vi conobbi mai; dipartitevi da me, voi tutti
operatori di iniquità”.
Questo non averli mai conosciuti sta ad indicare che Gesù non ha mai avuto relazione con loro;
non si tratta di salvati che hanno perduto la salvezza, ma di persone mai salvate, che non
hanno mai afferrata la salvezza.
Altri passi controversi sulla certezza della salvezza si trovano in:
- I Timoteo 1:19-20 “Avendo fede e buona coscienza; della quale alcuni avendo fatto getto,
hanno naufragato quanto alla fede. Fra questi sono Imeneo ed Alessandro, i quali ho dati in
man di Satana affinché imparino a non bestemmiare”.
Alcuni cioè non hanno ascoltato la loro coscienza e hanno rovinato la loro fede.
Naufragare quanto alla fede significa che essi impoverirono la loro fede, per questo Paolo li
abbandonò per un tempo al potere di Satana, non per consegnarli al fuoco inestinguibile, ma
perché imparino, poiché siano recuperati e siano salvati dell’ultima salvezza nel giorno del
Signor Gesù.
Naufragio non significa annientamento, anche Paolo “ fece naufragio” (II Corinzi 11:25) ma non
per questo morì.
Un credente può affondare, mai morire.
- Matteo 10:22 “Chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato”, fa pensare a qualcuno che sia
possibile che un salvato non resista fino alla fine e non consegua la salvezza finale (la gloria), il
resistere (perseverare) nella prova fino in fondo è una prova di essere attualmente salvati e
quindi si conseguirà la salvezza finale.
Durante il periodo della grande tribolazione i Giudei saranno presi particolarmente di mira ed
insieme con loro saranno perseguitati tutti quelli che crederanno in Gesù Cristo.
Queste parole sono un invito a resistere, a non cedere allo scoraggiamento, perché la venuta
del Figlio di Dio è imminente.
Alla Sua venuta Egli introdurrà nel Suo regno quelli che sono stati fedeli a Lui.
Non estrapoliamo queste parole dal loro contesto generale ed insegnare che la salvezza è solo
per i perseveranti.
Sarebbe andare contro la verità fondamentale per cui siamo salvati esclusivamente per grazia
mediante la fede.
La perseveranza di cui si parla qui, produrrà una “salvezza fisica”, che è cosa diversa dalla
salvezza spirituale.
Ogni frase della Scrittura va compresa nel suo contesto e non deve essere caricata di un
significato che non possiede.
Infatti al verso 23, questi Giudei, dato che si parla della città di Israele, non sono invitati a
condurre un’opposizione ad oltranza, ma piuttosto a fuggire, perché la venuta del Figlio
dell’uomo, essendo imminente, avrà come risultato la liberazione dai nemici.
- Giovanni 17:12 “Niuno di loro è perito, tranne il figliuolo di perdizione”.
Giuda è perito (è perduto per sempre) non perché ha perduto la salvezza, ma perché non l’ha
mai avuta, egli non ha mai creduto di ricevere la salvezza; infatti è inquadrato tra quei falsi
discepoli che non credevano in Lui (Giovanni 6:64).
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- II Pietro 2:20-22 “Se dopo essere fuggiti dalle contaminazioni del mondo mediante la
conoscenza del Signore e Salvatore Gesù Cristo si lasciano di nuovo avviluppare in quelle e
vincere, la loro condizione ultima diventa peggiore della prima… Il cane è tornato al suo vomito,
e la troia lavata è tornata a voltolarsi nel fango”.
Occorre considerare che c’è una conoscenza di Cristo fatta di esperienza e ce n’è una
puramente mentale.
Chi conosce Cristo solo con la mente, sebbene fugge alle contaminazioni del mondo, ossia
cerca di migliorare i suoi costumi, non vi riesce.
Nel linguaggio ebraico “cane e troia” sono termini che indicano i pagani, è la rappresentazione
di un pagano esteriormente purificato che torna al suo peccato esteriore, mentre la sua natura è
sempre stata quella di un pagano, egli non è mai nato di nuovo.
- Matteo 13:5-6, a proposito della parabola del seminatore, dice che una parte del seme “cadde
nei luoghi rocciosi ove non aveva terreno profondo; ma, levatosi il sole fu riarsa; e perché non
aveva radice si seccò”.
Qualcuno erroneamente può pensare che la pianticella che comincia a formarsi e poi si secca
prima che produca il frutto, rappresenti il salvato che perde la salvezza.
Ma ai versi 20 e 21 si comprende che si tratta di un peccatore che ascolta l’Evangelo con
entusiasmo tale da apparire un credente, ma prima che dia frutto ossia che provi davvero
d’essere credente, cede alla persecuzione.
Se egli fosse veramente credente persevererebbe (Giovanni 8:31; Luca 14:26-27).
Alcuni credenti temono di non riuscire a perseverare fino alla fine.
Questi avendo avuto paura di non saper confidare in Cristo per questa vita e per l’eternità, alla
fine sono caduti perché la loro fede era temporanea, e non è mai giunta a salvarli pienamente.
Hanno iniziato confidando in Gesù in una certa misura, ma hanno continuato guardando a se
stessi per trovare la perseveranza nel cammino verso il cielo.
Hanno iniziato nel modo sbagliato e di conseguenza sono tornati indietro in breve tempo.
Se per andare avanti confidiamo in noi stessi non ce la faremo mai.
Se ci affidiamo a Gesù per alcuni aspetti della nostra salvezza, contando su noi stessi per la
parte restante, verremo meno strada facendo.
Se guardiamo a Cristo per iniziare il cammino, dobbiamo studiarci di guardare a Lui fino alla
fine; Egli è l’Alfa, sta a noi farlo essere anche l’Omega.
Se abbiamo iniziato per lo Spirito non dobbiamo sperare di concludere per la carne.
Il credente che ha dubbi sulla certezza della propria salvezza sarà portato a ripiegare sui suoi
sforzi per compiere tutto ciò che in una certa misura gli dà la garanzia di essere ancora in
Cristo.
Viene, di conseguenza, a trovarsi nel paradosso di credere alla salvezza per grazia e nello
stesso tempo di guardare al proprio agire, perché lo ritiene determinante ai fini della salvezza.
In questo caso ci si ritiene salvati non tanto per quello che Cristo ha fatto per noi, ma per quello
che facciamo per Lui.
Non c’è da stupirsi, quindi, che gli assertori della perdita della salvezza spesso cadono in uno
spirito legalistico e anche di giudizio, seguendo, in una certa misura, le orme dei Galati.
Ma noi siamo di quelli che vogliono affermare come l’apostolo Paolo: “… perché so in chi ho
creduto, e sono convinto che Egli ha il potere di custodire il mio deposito fino a quel giorno” (II
Timoteo 1:12).
Past. Michele Giliberti