Pensieri 76 (Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori) Noi non possiamo amare Dio se non amiamo i fratelli: “Se uno dicesse: ‘Io amo Dio’, e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello” (1Gv 4,20-21). Nel rifiuto di perdonare ai nostri fratelli, il nostro cuore si chiude e la sua durezza lo rende impermeabile all’amore misericordioso del Padre. Concretamente, chi non desidera perdonare il fratello non desidera neppure essere perdonato da Dio. Come esiste un solo amore per Dio e per il prossimo, così esiste un solo perdono dato e ricevuto. Il grande ostacolo al perdono è la superbia e la falsità. Giusto risulta solo colui che riconosce i suoi peccati e implora da Dio il suo perdono come dono non meritato (Lc 18,9-14). “Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi, e la verità non è in noi. Se riconosciamo i nostri peccati, egli, che è fedele e giusto, ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa. Se diciamo che non abbiamo peccato facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi” (1Gv 1,8-10). Non è possibile nascondersi allo sguardo di Dio (Sal 139,11-12). Gesù invita tutti a venire coraggiosamente alla luce (Gv 8,12), a mettere a nudo le proprie piaghe perché egli è il medico (Mt 9,12) e diagnostica la nostra malattia non per terrorizzarci, ma per guarirci e ridarci la gioia di essere salvati (Sal 51,14). Noi non siamo capaci di rimettere i debiti ai nostri debitori. Solo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo che abitano in noi possono donarci la capacità stessa di Dio di perdonare. Non è in nostro potere non sentire più il rancore e dimenticare l’offesa, ma lo Spirito può darci la capacità di trasformare il rancore in compassione e il ricordo dell’offesa in desiderio di intercedere per colui che ci ha offeso. Quando domandavano a santa Bernadette di Lourdes se ricordava i tanti tormenti e le persecuzioni che aveva dovuto subire al tempo delle apparizioni, lei rispondeva: “Io non me ne ricordo”. Non è questione solo di impegno e di buona volontà, è questione soprattutto di grazia di Dio: ecco perché lo chiediamo nella preghiera al Padre. Quindi noi non riusciremo a perdonare se Dio stesso non ci fornisce la grazia del perdono: è il suo perdono che diventa nostro e che noi offriamo al prossimo gratuitamente dopo averlo ricevuto gratuitamente da Dio (Mt 10,8). Il nostro peccato e l’esperienza del perdono di Dio devono diventare una scuola di vita per perdonare ai nostri fratelli. San Gregorio Magno parlando del peccato dell’apostolo Pietro e del perdono ricevuto da Gesù, scrive: “Colui che sarebbe stato il pastore della Chiesa doveva imparare dal suo peccato come doveva essere misericordioso con gli altri. Prima, perciò, Dio rivelò Pietro a se stesso e poi lo mise a capo degli altri, affinché conoscesse dalla sua debolezza con quanta misericordia doveva compatire la debolezza degli altri”. L’ultimo gesto di Gesù sulla croce fu la proclamazione del perdono verso tutti: “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). Quante volte dobbiamo perdonare? A questa domanda il buon senso umano ha risposto così: La prima volta si perdona, la seconda si condona, la terza si bastona; oppure: Chi perdona una volta è buono, chi perdona la seconda è santo, chi perdona la terza è matto. Cosa risponde Gesù? Ascoltiamo il Vangelo: “Allora Piero si avvicinò a Gesù e gli disse: "Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?". E Gesù gli rispose: "Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette” (Mt 18,2122); ossia, sempre, di tutto cuore e con tanto amore. Solo quando Dio smetterà di perdonare avremo il diritto di non perdonare: e non succederà mai, perché “la sua misericordia è eterna” (Sal 136). Il perdono ci fa simili a Dio. Dio perdona perché è grande, intelligente e buono. L’uomo, quando non perdona, è piccolo, stupido e cattivo. L’apostolo Paolo ci esorta a imitare Dio nostro Padre: “Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira, clamore e maldicenza con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo. Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per voi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore” (Ef 4,31-32; 5,1-2); “Rivestitevi dunque, come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi” (Col 3,12-13). Il cristiano deve essere seminatore di amore e di perdono, a imitazione di Dio suo Padre.