L’organico dell'autonomia
La sostanza di questa innovazione riguarda la nuova strutturazione che si
intende dare agli organici del personale docente e alle finalità che tale
strutturazione deve perseguire. Nelle confuse norme della nuova legge si
giunge a individuare, dopo un tortuoso percorso fra i commi più disparati,
la composizione dell’organico dell’autonomia: il comma 68 stabilisce che
esso comprende l’organico di diritto (che, si desume da altre disposizioni, è a
sua volta composto dai posti comuni e dai posti di sostegno) e un numero di
posti istituiti per «il potenziamento, l’organizzazione, la progettazione e il
coordinamento» (si suppone dell’attività didattica).
In sostanza, lo scopo dichiarato (già richiamato nel comma 5) di questa
composizione degli organici del personale docente è quello di "dare piena
attuazione al processo di realizzazione dell’autonomia e di riorganizzazione
dell’intero sistema di istruzione" collegandolo funzionalmente alle esigenze
organizzative e progettuali delle istituzioni scolastiche evidenziate
dall'approvazione, con cedenza triennale (ne parlo più sotto), di un piano
dell’offerta formativa rinnovato rispetto a quello già previsto dall’articolo 3
del d.P.R. 275/1999, articolo riscritto dal comma 14 dell’articolo 1 della legge di
riforma.
I docenti dell’organico dell’autonomia, afferma la nuova norma, "concorrono
alla realizzazione del piano triennale dell’offerta formativa con attività di
insegnamento, di potenziamento, di sostegno, di organizzazione, di
progettazione e di coordinamento". In quale modo lo faranno, dall’anno
scolastico 2016-2017 (perché nel 2015-2016 tutto continuerà a funzionare
come prima)?
Gli incarichi triennali
Già, perché dal 2016-2017 i posti delle istituzioni scolastiche non saranno più
coperti dalle procedure di mobilità e assegnazione di sede fino ad ora utilizzate.
Stabilito che l’organico dell’autonomia si incardinerà nella regione e si articolerà
in “ambiti territoriali”, la cui ampiezza sarà definita non direttamente dalla legge
ma dagli uffici scolastici regionali, e dovrà essere inferiore alla provincia o alla
città metropolitana (riemergeranno i distretti?), i docenti assunti dal 1°
settembre 2015 saranno assegnati a tali ambiti e non alle singole scuole.
Saranno invece i dirigenti scolastici a stabilire, attraverso proposte di incarico a
tali docenti, chi presterà servizio e dove.
Questo meccanismo, ormai universalmente noto come “chiamata diretta”, ha
sollevato un dibattito molto duro e penso che sarà oggetto di ulteriori
contestazioni, anche in sede giurisdizionale. Al momento mi limito ad
illustrare le modalità con le quali si realizzerà questa innovazione che
sostanzialmente farà venir meno le attuali procedure di assegnazione di sede e
di mobilità del personale docente.

L’arco temporale triennale diviene i punto di riferimento per tutte le
procedure introdotte dalla legge: triennale è la determinazione
1


dell’organico, triennale la definizione del piano dell’offerta formativa, triennali
gli incarichi conferiti ai docenti dell’organico dell’autonomia.
Dal 2016-2017 i dirigenti scolastici, afferma la legge, “per la copertura
dei posti dell’istituzione scolastica” propongono gli incarichi ai docenti
di ruolo assegnati all’ambito territoriale nel quale è inserita la scuola.
Attenzione: la finalità prioritaria degli incarichi è quella di coprire i posti comuni
e di sostegno vacanti e disponibili; certo – come è stato precisato nell’ultima
stesura della norma (comma 79) – tenendo anche conto delle candidature
presentate dai docenti e delle precedenze spettanti a coloro che hanno titolo a
beneficiare della legge 104 del 1992 (persone con handicap o che assistono
familiari con handicap).
La formulazione della proposta di incarico deve avvenire “in
coerenza con il piano triennale dell’offerta formativa” e tale coerenza si
deve mantenere, ai fini del rinnovo, anche nel successivo periodo triennale. Il
dirigente dovrà valorizzare il curriculum personale, le esperienze e le
competenze contrattuali e può anche svolgere colloqui.
Un timore
A questo punto un commento è d’obbligo, a prescindere anche dalle perplessità
operative che già si intravedono per l’attuazione di una procedura di questo
genere. Il piano dell’offerta formativa ha durata triennale (con possibilità, lo
vedremo meglio affrontando le modifiche dell’articolo 3 del d.P.R. 275/1999, di
una revisione annuale) e quindi il docente incaricato saprà che rimarrà
sicuramente in quella scuola per tale periodo e che successivamente
dovrà sperare che le sue competenze siano ritenute ancora “coerenti” con
i POF: in caso contrario rischierà di ritornare nel limbo dell’ambito territoriale, in
attesa che qualche altro dirigente ritenga di potergli conferire un altro incarico.
Appare giustificato a questo punto un timore: l’espressione della libertà di
insegnamento non troverà un serio condizionamento (oltre ad altri che saranno
illustrati in altra sede) nell’esigenza di mantenere la “coerenza” con il POF, per
riuscire a farsi confermare nella sede di servizio? Certo, difficilmente
un’istituzione scolastica avrà l’esigenza di modificare immediatamente il Piano
triennale: ma se ciò avvenisse e le qualità professionali di un docente non
corrispondessero più alle esigenze del nuovo Piano?
2
Sommario
Introduzione .................................................................................................................................. 6
Capitolo 1 ...................................................................................................................................... 8
Che cos'è la dislessia ..................................................................................................................... 8
1.1 Come si manifesta ............................................................................................................... 9
3
1.2 Come si riconosce ............................................................................................................. 11
1.3 Quando si fa la diagnosi .................................................................................................... 12
1.4 Cosa fare dopo la diagnosi ................................................................................................ 13
1.5 Dislessici adulti ................................................................................................................. 15
Capitolo 2 .................................................................................................................................... 16
Il mondo della scuola .................................................................................................................. 16
2.1 Piano didattico personalizzato........................................................................................... 18
2.2 L'importanza di uno screening precoce ............................................................................ 19
Conclusione ................................................................................................................................. 21
Bibliografia e riferimenti on-line ................................................................................................. 22
4
5
Introduzione
I disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) riguardano un gruppo di
disabilità in cui si presentano significative difficoltà nell’acquisizione e
utilizzazione della lettura, della scrittura e del calcolo.
La principale caratteristica di questa categoria è proprio la “specificità”,
ovvero il disturbo interessa uno specifico e circoscritto dominio di abilità
indispensabile per l’apprendimento (lettura, scrittura, calcolo) lasciando
intatto il funzionamento intellettivo generale. Ciò significa che per avere
una diagnosi di dislessia, il bambino non deve presentare deficit di
intelligenza, problemi ambientali o psicologici, deficit sensoriali o
neurologici.
Il diritto allo studio degli alunni con DSA è garantito mediante molteplici
iniziative promosse dal MIUR e attraverso la realizzazione di percorsi
individualizzati nell'ambito scolastico.
Condizioni essenziali ad ogni apprendimento sono sia la rete di relazioni
che si costruiscono sia l'organizzazione delle attività, degli spazi e dei
materiali. In presenza di un alunno con DSA l'attenzione deve essere
massima su entrambi gli aspetti per evitare di trasformare in sofferenza il
percorso scolastico: dare fiducia, valorizzare le abilità proprie di ciascuno,
predisporre al meglio spazi e strumenti sono azioni che dovrebbero
comunemente far parte del ruolo dell'insegnante, in presenza di DSA esse
rivestono un ruolo davvero fondamentale.
Il tragitto verso l'autonomia, nello svolgimento delle attività scolastiche,
deve essere l'obiettivo primario di genitori ed insegnanti. Autonomia che
per un alunno con DSA è spesso raggiungibile a costi elevati in termini di
6
vissuto emotivo. Consapevolezza e collaborazione tra famiglia, scuola e
comunità sono i pilastri che consentono di sostenere emotivamente e
praticamente il percorso scolastico, ma essenziale è anche il clima che si
crea all'interno della classe, con i compagni di scuola. È compito degli
insegnanti favorire e promuovere una classe cooperativa ed inclusiva
dedicando del tempo alla costruzione di relazioni significative e non
giudicanti, alla valorizzazione dei diversi stili di apprendimento e della
diversità in generale.
Vi sono alcuni utilissimi strumenti che possono facilitare la riflessione, la
comprensione e l'accettazione consapevole delle diversità da parte del
gruppo classe e dello stesso portatore di DSA. Uno di questi è il libro dal
titolo "Il mago delle formiche giganti", fiaba illustrata per bambini che
racconta le avventure di un gruppo classe assai variopinto e quindi assai
"normale": c'è Tommaso il bello, Pietro che ha gli occhiali e che senza non
ci vede un fico secco, Smilla che è magra e maldestra, Alessia che è già
grassoccia e che ha sempre fame... e poi c'è Giovanni, che "non è né
svogliato né pigro, è soltanto dislessico". Ogni alunno quindi si distingue
dagli altri e nelle avventure che vivono ognuno di essi si presenterà nelle
proprie debolezze e nei propri punti di forza.
7
Capitolo 1
Che cos'è la dislessia
La dislessia è una difficoltà che riguarda la capacità di leggere e scrivere in
modo corretto e fluente. Leggere e scrivere sono considerati atti così
semplici e automatici che risulta difficile comprendere la fatica di un
bambino dislessico.
Purtroppo in Italia la dislessia è poco conosciuta, benché si calcoli che
riguardi il 3-4% della popolazione scolastica (fascia della Scuola Primaria e
Secondaria di primo grado). La dislessia non è causata da un deficit di
intelligenza né da problemi ambientali o psicologici o da deficit sensoriali o
neurologici.
Il bambino dislessico può leggere e scrivere, ma riesce a farlo solo
impegnando al massimo le sue capacita e le sue energie, poiché non può
farlo in maniera automatica e perciò si stanca rapidamente, commette
errori, rimane indietro, non impara. La dislessa si presenta in quasi costante
associazione ad altri disturbi (comorbidità); questo fatto determina la
marcata eterogeneità dei profili e l'espressività con cui i DSA si
manifestano, e che comporta significative ricadute sulle indagini
diagnostiche. La difficoltà di lettura può essere più o meno grave e spesso
si accompagna a problemi nella scrittura: disortografia (cioè una difficoltà
di tipo ortografico, nel 60% dei casi) e disgrafia (difficoltà nel movimento
fino-motorio della scrittura, cioè una cattiva resa formale, nel 43% dei
casi), nel calcolo (44% dei casi) e, talvolta, anche in altre attività mentali.
Tuttavia questi bambini sono intelligenti e,di solito,vivaci e creativi.
8
1.1 Come si manifesta
La dislessia si può presentare in modalità molto diverse da soggetto a
soggetto. Di seguito vengono presentate le caratteristiche più comuni
relative alla decodifica della singola parola o del testo scritto. Queste
possono non essere tutte presenti contemporaneamente.
Scarsa discriminazione di grafemi diversamente orientati nello spazio
Il soggetto mostra chiare difficoltà nel discriminare grafemi uguali o simili,
ma diversamente orientati. Egli, ad esempio, confonde la “p” e la “b”; la
“d” e la “q”; la “u” e la “n”; la “a” e la “e”; la "b" e la "d”.
Scarsa discriminazione di grafemi che differiscono per piccoli particolari
Il soggetto mostra difficoltà nel discriminare grafemi che presentano
somiglianze. Egli, ad esempio, può confondere la “m” con la “n”; la “c”
con la “e”; la “f” con la “t”; la "e" con la "a"... questo succede specialmente
se si tratta di una scrittura in corsivo o in script.
Scarsa discriminazione di grafemi che corrispondono a fonemi sordi e
fonemi sonori
Il soggetto mostra difficoltà nel discriminare grafemi relativi a fonemi con
somiglianze percettivo-uditive. L’alfabeto è composto di due gruppi di
fonemi: i fonemi sordi e i fonemi sonori, che risultano somiglianti tra loro,
per cui anche in questo caso l’incertezza percettiva può rappresentare un
ostacolo alla lettura. Le coppie di fonemi simili sono le seguenti:
F
V
T
D
P
B
9
C
G
S sorda
S sonora
Difficoltà di decodifica sequenziale
Leggere nella lingua italiana richiede al lettore di procedere con lo sguardo
in direzione sinistra-destra e dall'alto in basso; tale processo appare
complesso per tutti gli individui nelle fasi iniziali di apprendimento della
lettura ma, con l’affinarsi della tecnica e con l'uso della componente
intuitiva, la difficoltà diminuisce gradualmente fino a scomparire. Nel
soggetto dislessico, invece, talvolta ci troviamo di fronte a un ostacolo nella
decodifica sequenziale, per cui si manifestano con elevata frequenza i
seguenti errori:
Omissione di grafemi e di sillabe
Il soggetto omette la lettura di parti della parola; può tralasciare la
decodifica di consonanti (ad esempio può leggere “fote” anziché “fonte”;
oppure “capo” anziché “campo”...) o di vocali (può leggere, ad esempio,
“fume” anziché “fiume”; “puma” anziché piuma”...) e, spesso, anche di
sillabe (può leggere “talo” anziché “tavolo”; “paro” anziché “papavero”...).
In alcuni casi capita che questi soggetti leggano la prima parte della parola,
mentre la seconda se la inventino o immaginino (vedi "Prevalenza della
componente intuitiva", subito sotto).
Salti di parole e salti da un rigo all’altro
Il soggetto dislessico presenta evidenti difficoltà a procedere sul rigo e ad
andare a capo, per cui sono frequenti anche “salti” di intere parole o di
intere righe di lettura.
Inversioni di sillabe
Spesso la sequenza dei grafemi viene invertita provocando errori particolari
di decodifica della sillaba (il soggetto può, ad esempio, leggere “li” al posto
10
di “il”; “la” al posto di “al”, “ni” al posto di “in”...) e della parola (può
leggere, ad esempio, “talovo” al posto di “tavolo”...).
Aggiunte e ripetizioni
La difficoltà a procedere con lo sguardo nella direzione sinistra-destra può
dare origine anche a errori di decodifica caratterizzati dall'aggiunta di un
grafema o di una sillaba (ad esempio “tavovolo” al posto di “tavolo”...).
Prevalenza della componente intuitiva
Il
soggetto
che
presenta
chiare
difficoltà
di
lettura
privilegia,
indubbiamente, l'uso del processo intuitivo rispetto a quello di decodifica.
L’intuizione della parola scritta rappresenta un valido strumento ma, al
tempo stesso, è fonte di errori, definiti di anticipazione. Non di rado, infatti,
il soggetto esegue la decodifica della prima parte della parola, talvolta
anche solo del primo grafema o della prima sillaba, e procede
“intuendo”/“inventando” l'altra parte. La parola contenuta nel testo viene
così a essere spesso trasformata in un’altra, il cui significato può essere
affine ma anche completamente diverso.
1.2 Come si riconosce
Già nella scuola dell'infanzia bambini che presentano uno sviluppo
linguistico (in produzione e/o comprensione) atipico, come parole storpiate,
scarso vocabolario, dovrebbero consultare il pediatra che nel bilancio di
salute annuale deve monitorare le situazioni a rischio valutando anche
l'anamnesi familiare (presenza di disturbo specifico del linguaggio,
dislessia) ed inviando il bambino alle strutture competenti.
11
Se al termine del primo anno della scuola primaria di primo grado il
bambino presenta una delle seguenti caratteristiche:
 difficoltà nell'associazione grafema-fonema e/o fonema grafema
 mancato raggiungimento del controllo sillabico in lettura e scrittura
 eccessiva lentezza nella lettura e scrittura
 incapacità a produrre le lettere in stampato maiuscolo in modo
riconoscibile
è opportuno consultare le strutture competenti rivolgendosi ad uno
specialista
(neuropsichiatra,
psicologo)
per
avere
una
diagnosi;
l'Associazione Italiana Dislessia offre al riguardo una consulenza gratuita
indicando i Centri competenti a cui riferirsi a seconda della Regione.
1.3 Quando si fa la diagnosi
La diagnosi viene posta alla fine del II anno della scuola primaria. Già alla
fine del I° anno della scuola primaria, tuttavia, profili funzionali
compromessi e presenza di altri specifici indicatori diagnostici (ritardo del
linguaggio e anamnesi familiare positiva per DSA) possono anticipare i
termini della formulazione diagnostica. Un'ulteriore strumento per la
rilevazione di queste difficoltà è lo screening, inteso come ricerca-azione
da condurre direttamente nelle scuole, da parte di insegnanti formati con la
consulenza di professionisti sanitari. Esso andrebbe condotto all'inizio
dell'ultimo anno della scuola dell'infanzia con l'obiettivo di realizzare
attività didattiche-pedagogiche mirate a potenziare le abilità deficitarie. Nel
caso in cui alla fine dell'anno permangano significativi segnali di rischio è
opportuna la segnalazione ai servizi sanitari per l'età evolutiva.
12
La diagnosi viene effettuata da un equipe multidisciplinare composta da
Neuropsichiatria Infantile, Psicologo e Logopedista.
Durante le ore di studio un dislessico si stanca più facilmente ed ha perciò
bisogno di molta più concentrazione:
 Può leggere un brano correttamente e non cogliere il significato
 Può avere grosse difficoltà con le cifre (tabelline), la notazione musicale o
qualsiasi cosa che necessita di simboli da interpretare
 Può avere difficoltà nella lettura e/o scrittura di lingue straniere (es. inglese,
latino, greco, ecc..)
 Può scrivere una parola due volte o non scriverla
 Può avere difficoltà nel memorizzare termini specifici, non di uso comune
 Può avere difficoltà nello studio (storia, geografia, scienze, letteratura,
problemi aritmetici) quando questo è veicolato dalla lettura e si giova
invece dell'ascolto (es. registratori, adulto che legge, libri digitali)
 Non prende bene gli appunti perché non riesce ad ascoltare e scrivere
contemporaneamente
 Quando si distrae da ciò che sta leggendo o scrivendo ha grosse difficoltà a
ritrovare il punto
Un dislessico lavora lentamente a causa delle sue difficoltà, perciò è
sempre pressato dal tempo.
1.4 Cosa fare dopo la diagnosi
Dopo la diagnosi il percorso è differenziato a seconda dell'età del soggetto
dislessico, della specificità del disturbo (correttezza, rapidità, comprensione
del testo), e dal grado di gravità.
13
Alcuni elementi importanti dopo aver ottenuto la diagnosi sono:
- il professionista deve comunicare la diagnosi in maniera chiara e precisa
specificando anche gli aspetti psicologici secondari (demotivazione, bassa
autostima, ) e redigere un referto scritto
- indicare la possibilità dell'utilizzo di strumenti compensativi e
dispensativi
- comunicare con la scuola per creare una rete di condivisione di obiettivi e
contattare il referente scolastico per la dislessia
- programmare dei controlli a breve scadenza (minimo 6 mesi, massimo 1
anno)
- la famiglia deve prendere coscienza del problema ricordando che la strada
per il recupero del dislessico è difficile in quanto il carico dei compiti
scolastici resta il problema più gravoso per la famiglia stessa. Per
alleggerire questa situazione si può affidare il lavoro scolastico a casa ad
una persona estranea alla famiglia, in questo modo si ottengono diversi
risultati: migliorare il clima familiare , riappropriarsi del ruolo di madre e
non di insegnante, al fine di ridurre l'ansia della prestazione nel bambino e
aumentare l'autostima e la motivazione.
- se il bambino è nel primo ciclo della scuola primaria si consiglia una
terapia logopedica o una terapia neuropsicologica
- nelle fasi successive è consigliato un intervento metacognitivo che
chiarisca gli scopi della lettura a seconda del materiale da studiare al fine di
incrementare la consapevolezza dei processi che intervengono nella lettura
- l'ambiente, soprattutto quello familiare, deve appoggiare il bambino,
aiutandolo nelle strategie di compenso e nella costruzione di un'immagine
positiva di sé
14
I ragazzi dislessici possono imparare anche se in maniera un po' diversa
dagli altri.
1.5 Dislessici adulti
Ci sono ancora pochi studi sull'evoluzione del disturbo dislessico in età
adulta.
A livello internazionale ci sono studi che dimostrano che il disturbo
permane nella lettura, nella scrittura, ma anche nelle prove linguistiche e di
analisi metafonologica. Studi su dislessici italiani adulti evidenziano un
miglioramento nella correttezza della lettura, mentre permane una difficoltà
nei tempi di lettura, dove il dislessico adulto necessita di tempo aggiuntivo
rispetto al normolettore. I cambiamenti osservati in velocità ed accuratezza
dipendono però dal livello di gravità iniziale.
Gli strumenti dispensativi e compensativi sono misure necessarie per gli
esami di Stato, accesso all'Università, patente di guida.
15
Capitolo 2
Il mondo della scuola
I bambini dislessici ancora faticano a essere compresi e accettati a scuola
dove la maggior parte degli apprendimenti passa ancora attraverso il codice
scritto. Ma è l'ambiente scolastico che permette di riconoscere e rilevare
precocemente gli impedimenti all'apprendimento e questo comporta anche
la
responsabilità
degli
insegnanti
di
riuscire
a
riconoscere
e
successivamente segnalare eventuali difficoltà. Spesso però gli alunni
dislessici vengono definiti "pigri" e si deve partire proprio da questa
pigrizia per capire che spesso è la spia di un disturbo che può portare alla
specificità di un disturbo di apprendimento. Come dice G.Stella (psicologo
e fondatore dell'Associazione Italiana Dislessia) "la pigrizia è solo l'effetto
di una problematica più profonda".
I primi passi concreti nella giusta strada erano stati fatti con la CM del 5
ottobre 2004 n. 4099/A/4 emanata dal Ministero della Pubblica Istruzione
che raccomandava agli insegnanti di utilizzare strumenti compensativi e
misure dispensative per agevolare l'apprendimento di bambini e ragazzi
dislessici e di applicare con loro una valutazione specifica in tutte le fasi
del percorso scolastico, compresi i momenti di valutazione finale. Nella
stessa si specificava, altresì, che per adottare tali misure poteva essere
sufficiente la diagnosi specialistica di disturbo specifico di apprendimento
di lettura (o dislessia). Per bambini e ragazzi dislessici non si ritiene
opportuno l'appoggio di un insegnante di sostegno.
La Legge dell'8 ottobre 2010 n. 170 riconosce esplicitamente l'esistenza dei
disturbi specifi di apprendimento (dislessia, discalculia, disortografia,
disgrafia)
come
disturbi
che
possono
16
limitare
notevolmente
l'apprendimento e che si manifestano in presenza di capacità cognitive
adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali. Nella
stessa viene fatto obbligo alle scuole, previa comunicazione alla famiglia,
di intervenire in caso di sospetto di DSA.
L'unico ente accreditato a fornire diagnosi di DSA utilizzabile dalle scuole
sono i Servizi sanitari nazionali (con qualche eccezione laddove il territorio
non possieda le strutture adeguate). Ciò significa che qualsiasi altra
diagnosi, senza la validazione dell'ASL, anche redatta da specialisti, non
conta dal punto di vista legale per poter attivare ciò che la normativa
scolastica prevede.
In presenza di diagnosi di DSA da parte dei servizi la scuola è tenuta a
garantire misure educative e didattiche di supporto quali:
 l'utilizzo di provvedimenti compensativi e dispensativi inerenti alla
flessibilità didattica
 una didattica individualizzata e personalizzata: il team docente, entro il
primo trimestre scolastico, deve compilare un documento chiamato Piano
Didattico Personalizzato (PDP) di cui si può trovare un esempio nel sito
dell'AID (Associazione Italiana Dislessia);
 l'introduzione di strumenti compensativi quali ad esempio l'utilizzo di
tecnologie informatiche (computer con videoscrittura e correttore, libri
digitali, sintesi vocale, ma anche semplici tabelle o formulari e la
calcolatrice)
 strategie compensative (integrazione della comunicazione scritta con altri
codici: grafici, mappe; potenziare la capacità di ascolto; rafforzare le
relazioni sociali)
17
 misure dispensative riguardo a specifiche attività non essenziali ai fini dei
concetti da apprendere e che quindi consentano a questi alunni di vivere in
un clima più sereno e sicuro
 un monitoraggio continuo delle misure adottate
 adeguate forme di verifica e valutazione che oltre all'uso degli strumenti
sopraelencati tengano in considerazione modalità anche solo orali o l'uso di
mediatori durante le prove, interrogazioni programmate e inoltre la
possibilità di usare un tempo maggiore per eseguire il tutto (anche nella
prova INVALSI viene concesso del tempo maggiore rispetto alla classe)
Ai familiari di alunni del primo ciclo di istruzione viene riconosciuto il
diritto ad avere un orario di lavoro flessibile per poter assistere lo studio a
casa laddove il contratto lo preveda.
Importanti sono altresì le linee guida emanate con il decreto attuativo della
L.170/10. Esse, oltre a dare numerose indicazioni su come realizzare
interventi didattici personalizzati e sulle modalità di utilizzo delle misure
dispensative e gli strumenti compensativi, delinea il livello essenziale delle
prestazioni richieste alle istituzioni scolastiche per garantire il diritto allo
studio degli studenti con DSA.
2.1 Piano didattico personalizzato
Nell'articolo 5 del DM del 12 luglio 2011 viene specificato che "la scuola
garantisce ed esplicita nei confronti di alunni e studenti con DSA,
interventi didattici individualizzati e personalizzati, anche attraverso la
redazione di un Piano didattico personalizzato con l'indicazione degli
strumenti compensativi e delle misure dispensative adottate". Nelle Linee
18
Guida sempre di luglio 2011 si auspica che i vari Uffici Regionali
predispongano delle procedure condivise sulla stesura di PDP da parte delle
singole scuole ma fino a oggi non è stato definito un modello specifico a
livello nazionale, anche se il MIUR e l'AID forniscono degli esempi. I vari
CTI ( centri territoriali per l'integrazione) e i CTS (centri territoriali per il
supporto informatico) però si stanno muovendo a livello provinciale per
definire la stesura di schemi condivisi dai vari ordini di scuola.
In tale documento, il PDP, che può essere modificato nel corso dell'anno
scolastico, devono essere definite in primo luogo le difficoltà rilevate che si
possono dedurre dalla diagnosi, successivamente, per ogni materia, devono
essere specificate le strategie metodologiche e didattiche che si ritengono
utili, le misure dispensative, gli strumenti compensativi usati e le modalità
di verifica e valutazione. Esso poi deve essere sottoscritto dal consiglio di
classe e condiviso con la famiglia o con lo stesso studente se maggiorenne.
Questo documento sottolinea la presa in carico dello studente con DSA da
tutto il team docente che si impegna ad attuare gli interventi didattici
necessari per il successo scolastico dell'alunno senza delegare la stesura del
PDP alla figura del "referente per i DSA", che il ministero auspica sia
presente in ogni scuola, ma che, come specificato nel punto 6.3 delle "linee
guida", ha in modo specifico il compito di orientamento, organizzazione,
coordinamento e formazione.
2.2 L'importanza di uno screening precoce
Le Raccomandazioni per la pratica clinica per i Disturbi Specifici di
Apprendimento (pubblicate nel 2009) affermano che non si possa fare una
19
diagnosi certa di DSA se non al completamento del secondo anno della
scuola primaria quando "si completa il ciclo dell'istruzione formale al
codice scritto e si ha una riduzione significativa dell'elevata variabilità
interindividuale nei tempi di acquisizione della lettura" e ciò permette
quindi una certa attendibilità della eventuale diagnosi. Questo comporta
che spesso non ci possa essere l'avvio di un intervento prima della fine
terza o inizio quarta. Spesso ciò avviene addirittura al passaggio alla scuola
secondaria di primo grado o addirittura dalla classe prima alla seconda di
questo grado. A questo punto il lavoro di una eventuale rieducazione
logopedica tende a ridursi o a essere inutile visto che il periodo sensibile
"Finestra evolutiva", dove l'attività di recupero ha la massima efficacia, è
presente nelle prime fasi di acquisizione della lettura e scrittura.
Successivamente diventa un inutile lavoro che non apporta nessun
beneficio specifico e sposta di conseguenza l'intervento scolastico sull'uso
di strumenti compensativi.
La necessità quindi risulta essere la possibilità di individuare precocemente
un alunno con DSA o meglio, una fascia a rischio. Si è infatti visto che
nella scuola Primaria, dove si lavora sui prerequisiti all'acquisizione del
codice scritto, non è possibile parlare di un riconoscimento riferito a un
singolo soggetto ma di gruppi a rischio dove l'attenzione va posta su quelle
competenze e funzioni che sono alla base comunque di questo codice.
La buona formazione degli insegnanti permetterà la rilevazione sistematica
delle variabili di rischio da segnalare già alla scuola primaria e quindi la
possibilità per i soggetti segnalati di attivare un percorso utile, non certo a
eliminare, ma almeno a ridurre alcune difficoltà o almeno a sfruttare
completamente, dopo la segnalazione ai Servizi Sanitari competenti, il già
detto periodo sensibile attraverso attività specifiche.
20
Conclusione
Non tutti i bambini dislessici, inoltre, sono uguali. Ogni dislessico ha il suo
profilo ed è bene distinguere la dislessia da qualsiasi altro disturbo
infantile. L’elenco dei sintomi non è e non sarà mai esaustivo. Tuttavia, se
un bambino ha difficoltà con l’ortografia e la scrittura, e presenta anche
alcuni di questi segni identificativi che rientrano in una specifica difficoltà
nell’apprendere, potrebbe essere il momento di pensare a una valutazione
professionale. Di solito se la dislessia non viene diagnosticata per tempo,
può condizionare una persona per tutta la vita. La perdita di autostima è la
prima conseguenza. Questa porterà il bambino durante la crescita, a
compiere delle scelte basate più sugli insuccessi accumulati che sulle
proprie attitudini.
Il lavoro sinergico dell’equipe scuola-terapeuti e famiglia, può aiutare un
bambino dislessico, nel proprio percorso di crescita, a migliorare
nettamente la sua condizione mentale di deficit. Il ragazzo dislessico
impara a superare gli ostacoli e a nutrire sempre più fiducia in se stesso e
nelle sue capacità.
21
Bibliografia e riferimenti on-line
Cornoldi C. (1989), “I disturbi dell’apprendimento”, Ed. Il Mulino,
Bologna.
Cornoldi C. (1995), “Metacognizione e apprendimento”, Ed. Il Mulino,
Bologna.
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De Grandis C., (2006), “La dislessia. Interventi della scuola e della
famiglia”, Edizioni Erickson, Trento.
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dislessie”, Edizioni Erickson, Trento.
Levorato, M. C. (2005), “Lo sviluppo psicologico”, Torino: Einaudi.
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