L’organico dell'autonomia La sostanza di questa innovazione riguarda la nuova strutturazione che si intende dare agli organici del personale docente e alle finalità che tale strutturazione deve perseguire. Nelle confuse norme della nuova legge si giunge a individuare, dopo un tortuoso percorso fra i commi più disparati, la composizione dell’organico dell’autonomia: il comma 68 stabilisce che esso comprende l’organico di diritto (che, si desume da altre disposizioni, è a sua volta composto dai posti comuni e dai posti di sostegno) e un numero di posti istituiti per «il potenziamento, l’organizzazione, la progettazione e il coordinamento» (si suppone dell’attività didattica). In sostanza, lo scopo dichiarato (già richiamato nel comma 5) di questa composizione degli organici del personale docente è quello di "dare piena attuazione al processo di realizzazione dell’autonomia e di riorganizzazione dell’intero sistema di istruzione" collegandolo funzionalmente alle esigenze organizzative e progettuali delle istituzioni scolastiche evidenziate dall'approvazione, con cedenza triennale (ne parlo più sotto), di un piano dell’offerta formativa rinnovato rispetto a quello già previsto dall’articolo 3 del d.P.R. 275/1999, articolo riscritto dal comma 14 dell’articolo 1 della legge di riforma. I docenti dell’organico dell’autonomia, afferma la nuova norma, "concorrono alla realizzazione del piano triennale dell’offerta formativa con attività di insegnamento, di potenziamento, di sostegno, di organizzazione, di progettazione e di coordinamento". In quale modo lo faranno, dall’anno scolastico 2016-2017 (perché nel 2015-2016 tutto continuerà a funzionare come prima)? Gli incarichi triennali Già, perché dal 2016-2017 i posti delle istituzioni scolastiche non saranno più coperti dalle procedure di mobilità e assegnazione di sede fino ad ora utilizzate. Stabilito che l’organico dell’autonomia si incardinerà nella regione e si articolerà in “ambiti territoriali”, la cui ampiezza sarà definita non direttamente dalla legge ma dagli uffici scolastici regionali, e dovrà essere inferiore alla provincia o alla città metropolitana (riemergeranno i distretti?), i docenti assunti dal 1° settembre 2015 saranno assegnati a tali ambiti e non alle singole scuole. Saranno invece i dirigenti scolastici a stabilire, attraverso proposte di incarico a tali docenti, chi presterà servizio e dove. Questo meccanismo, ormai universalmente noto come “chiamata diretta”, ha sollevato un dibattito molto duro e penso che sarà oggetto di ulteriori contestazioni, anche in sede giurisdizionale. Al momento mi limito ad illustrare le modalità con le quali si realizzerà questa innovazione che sostanzialmente farà venir meno le attuali procedure di assegnazione di sede e di mobilità del personale docente. L’arco temporale triennale diviene i punto di riferimento per tutte le procedure introdotte dalla legge: triennale è la determinazione 1 dell’organico, triennale la definizione del piano dell’offerta formativa, triennali gli incarichi conferiti ai docenti dell’organico dell’autonomia. Dal 2016-2017 i dirigenti scolastici, afferma la legge, “per la copertura dei posti dell’istituzione scolastica” propongono gli incarichi ai docenti di ruolo assegnati all’ambito territoriale nel quale è inserita la scuola. Attenzione: la finalità prioritaria degli incarichi è quella di coprire i posti comuni e di sostegno vacanti e disponibili; certo – come è stato precisato nell’ultima stesura della norma (comma 79) – tenendo anche conto delle candidature presentate dai docenti e delle precedenze spettanti a coloro che hanno titolo a beneficiare della legge 104 del 1992 (persone con handicap o che assistono familiari con handicap). La formulazione della proposta di incarico deve avvenire “in coerenza con il piano triennale dell’offerta formativa” e tale coerenza si deve mantenere, ai fini del rinnovo, anche nel successivo periodo triennale. Il dirigente dovrà valorizzare il curriculum personale, le esperienze e le competenze contrattuali e può anche svolgere colloqui. Un timore A questo punto un commento è d’obbligo, a prescindere anche dalle perplessità operative che già si intravedono per l’attuazione di una procedura di questo genere. Il piano dell’offerta formativa ha durata triennale (con possibilità, lo vedremo meglio affrontando le modifiche dell’articolo 3 del d.P.R. 275/1999, di una revisione annuale) e quindi il docente incaricato saprà che rimarrà sicuramente in quella scuola per tale periodo e che successivamente dovrà sperare che le sue competenze siano ritenute ancora “coerenti” con i POF: in caso contrario rischierà di ritornare nel limbo dell’ambito territoriale, in attesa che qualche altro dirigente ritenga di potergli conferire un altro incarico. Appare giustificato a questo punto un timore: l’espressione della libertà di insegnamento non troverà un serio condizionamento (oltre ad altri che saranno illustrati in altra sede) nell’esigenza di mantenere la “coerenza” con il POF, per riuscire a farsi confermare nella sede di servizio? Certo, difficilmente un’istituzione scolastica avrà l’esigenza di modificare immediatamente il Piano triennale: ma se ciò avvenisse e le qualità professionali di un docente non corrispondessero più alle esigenze del nuovo Piano? 2 Sommario Introduzione .................................................................................................................................. 6 Capitolo 1 ...................................................................................................................................... 8 Che cos'è la dislessia ..................................................................................................................... 8 1.1 Come si manifesta ............................................................................................................... 9 3 1.2 Come si riconosce ............................................................................................................. 11 1.3 Quando si fa la diagnosi .................................................................................................... 12 1.4 Cosa fare dopo la diagnosi ................................................................................................ 13 1.5 Dislessici adulti ................................................................................................................. 15 Capitolo 2 .................................................................................................................................... 16 Il mondo della scuola .................................................................................................................. 16 2.1 Piano didattico personalizzato........................................................................................... 18 2.2 L'importanza di uno screening precoce ............................................................................ 19 Conclusione ................................................................................................................................. 21 Bibliografia e riferimenti on-line ................................................................................................. 22 4 5 Introduzione I disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) riguardano un gruppo di disabilità in cui si presentano significative difficoltà nell’acquisizione e utilizzazione della lettura, della scrittura e del calcolo. La principale caratteristica di questa categoria è proprio la “specificità”, ovvero il disturbo interessa uno specifico e circoscritto dominio di abilità indispensabile per l’apprendimento (lettura, scrittura, calcolo) lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale. Ciò significa che per avere una diagnosi di dislessia, il bambino non deve presentare deficit di intelligenza, problemi ambientali o psicologici, deficit sensoriali o neurologici. Il diritto allo studio degli alunni con DSA è garantito mediante molteplici iniziative promosse dal MIUR e attraverso la realizzazione di percorsi individualizzati nell'ambito scolastico. Condizioni essenziali ad ogni apprendimento sono sia la rete di relazioni che si costruiscono sia l'organizzazione delle attività, degli spazi e dei materiali. In presenza di un alunno con DSA l'attenzione deve essere massima su entrambi gli aspetti per evitare di trasformare in sofferenza il percorso scolastico: dare fiducia, valorizzare le abilità proprie di ciascuno, predisporre al meglio spazi e strumenti sono azioni che dovrebbero comunemente far parte del ruolo dell'insegnante, in presenza di DSA esse rivestono un ruolo davvero fondamentale. Il tragitto verso l'autonomia, nello svolgimento delle attività scolastiche, deve essere l'obiettivo primario di genitori ed insegnanti. Autonomia che per un alunno con DSA è spesso raggiungibile a costi elevati in termini di 6 vissuto emotivo. Consapevolezza e collaborazione tra famiglia, scuola e comunità sono i pilastri che consentono di sostenere emotivamente e praticamente il percorso scolastico, ma essenziale è anche il clima che si crea all'interno della classe, con i compagni di scuola. È compito degli insegnanti favorire e promuovere una classe cooperativa ed inclusiva dedicando del tempo alla costruzione di relazioni significative e non giudicanti, alla valorizzazione dei diversi stili di apprendimento e della diversità in generale. Vi sono alcuni utilissimi strumenti che possono facilitare la riflessione, la comprensione e l'accettazione consapevole delle diversità da parte del gruppo classe e dello stesso portatore di DSA. Uno di questi è il libro dal titolo "Il mago delle formiche giganti", fiaba illustrata per bambini che racconta le avventure di un gruppo classe assai variopinto e quindi assai "normale": c'è Tommaso il bello, Pietro che ha gli occhiali e che senza non ci vede un fico secco, Smilla che è magra e maldestra, Alessia che è già grassoccia e che ha sempre fame... e poi c'è Giovanni, che "non è né svogliato né pigro, è soltanto dislessico". Ogni alunno quindi si distingue dagli altri e nelle avventure che vivono ognuno di essi si presenterà nelle proprie debolezze e nei propri punti di forza. 7 Capitolo 1 Che cos'è la dislessia La dislessia è una difficoltà che riguarda la capacità di leggere e scrivere in modo corretto e fluente. Leggere e scrivere sono considerati atti così semplici e automatici che risulta difficile comprendere la fatica di un bambino dislessico. Purtroppo in Italia la dislessia è poco conosciuta, benché si calcoli che riguardi il 3-4% della popolazione scolastica (fascia della Scuola Primaria e Secondaria di primo grado). La dislessia non è causata da un deficit di intelligenza né da problemi ambientali o psicologici o da deficit sensoriali o neurologici. Il bambino dislessico può leggere e scrivere, ma riesce a farlo solo impegnando al massimo le sue capacita e le sue energie, poiché non può farlo in maniera automatica e perciò si stanca rapidamente, commette errori, rimane indietro, non impara. La dislessa si presenta in quasi costante associazione ad altri disturbi (comorbidità); questo fatto determina la marcata eterogeneità dei profili e l'espressività con cui i DSA si manifestano, e che comporta significative ricadute sulle indagini diagnostiche. La difficoltà di lettura può essere più o meno grave e spesso si accompagna a problemi nella scrittura: disortografia (cioè una difficoltà di tipo ortografico, nel 60% dei casi) e disgrafia (difficoltà nel movimento fino-motorio della scrittura, cioè una cattiva resa formale, nel 43% dei casi), nel calcolo (44% dei casi) e, talvolta, anche in altre attività mentali. Tuttavia questi bambini sono intelligenti e,di solito,vivaci e creativi. 8 1.1 Come si manifesta La dislessia si può presentare in modalità molto diverse da soggetto a soggetto. Di seguito vengono presentate le caratteristiche più comuni relative alla decodifica della singola parola o del testo scritto. Queste possono non essere tutte presenti contemporaneamente. Scarsa discriminazione di grafemi diversamente orientati nello spazio Il soggetto mostra chiare difficoltà nel discriminare grafemi uguali o simili, ma diversamente orientati. Egli, ad esempio, confonde la “p” e la “b”; la “d” e la “q”; la “u” e la “n”; la “a” e la “e”; la "b" e la "d”. Scarsa discriminazione di grafemi che differiscono per piccoli particolari Il soggetto mostra difficoltà nel discriminare grafemi che presentano somiglianze. Egli, ad esempio, può confondere la “m” con la “n”; la “c” con la “e”; la “f” con la “t”; la "e" con la "a"... questo succede specialmente se si tratta di una scrittura in corsivo o in script. Scarsa discriminazione di grafemi che corrispondono a fonemi sordi e fonemi sonori Il soggetto mostra difficoltà nel discriminare grafemi relativi a fonemi con somiglianze percettivo-uditive. L’alfabeto è composto di due gruppi di fonemi: i fonemi sordi e i fonemi sonori, che risultano somiglianti tra loro, per cui anche in questo caso l’incertezza percettiva può rappresentare un ostacolo alla lettura. Le coppie di fonemi simili sono le seguenti: F V T D P B 9 C G S sorda S sonora Difficoltà di decodifica sequenziale Leggere nella lingua italiana richiede al lettore di procedere con lo sguardo in direzione sinistra-destra e dall'alto in basso; tale processo appare complesso per tutti gli individui nelle fasi iniziali di apprendimento della lettura ma, con l’affinarsi della tecnica e con l'uso della componente intuitiva, la difficoltà diminuisce gradualmente fino a scomparire. Nel soggetto dislessico, invece, talvolta ci troviamo di fronte a un ostacolo nella decodifica sequenziale, per cui si manifestano con elevata frequenza i seguenti errori: Omissione di grafemi e di sillabe Il soggetto omette la lettura di parti della parola; può tralasciare la decodifica di consonanti (ad esempio può leggere “fote” anziché “fonte”; oppure “capo” anziché “campo”...) o di vocali (può leggere, ad esempio, “fume” anziché “fiume”; “puma” anziché piuma”...) e, spesso, anche di sillabe (può leggere “talo” anziché “tavolo”; “paro” anziché “papavero”...). In alcuni casi capita che questi soggetti leggano la prima parte della parola, mentre la seconda se la inventino o immaginino (vedi "Prevalenza della componente intuitiva", subito sotto). Salti di parole e salti da un rigo all’altro Il soggetto dislessico presenta evidenti difficoltà a procedere sul rigo e ad andare a capo, per cui sono frequenti anche “salti” di intere parole o di intere righe di lettura. Inversioni di sillabe Spesso la sequenza dei grafemi viene invertita provocando errori particolari di decodifica della sillaba (il soggetto può, ad esempio, leggere “li” al posto 10 di “il”; “la” al posto di “al”, “ni” al posto di “in”...) e della parola (può leggere, ad esempio, “talovo” al posto di “tavolo”...). Aggiunte e ripetizioni La difficoltà a procedere con lo sguardo nella direzione sinistra-destra può dare origine anche a errori di decodifica caratterizzati dall'aggiunta di un grafema o di una sillaba (ad esempio “tavovolo” al posto di “tavolo”...). Prevalenza della componente intuitiva Il soggetto che presenta chiare difficoltà di lettura privilegia, indubbiamente, l'uso del processo intuitivo rispetto a quello di decodifica. L’intuizione della parola scritta rappresenta un valido strumento ma, al tempo stesso, è fonte di errori, definiti di anticipazione. Non di rado, infatti, il soggetto esegue la decodifica della prima parte della parola, talvolta anche solo del primo grafema o della prima sillaba, e procede “intuendo”/“inventando” l'altra parte. La parola contenuta nel testo viene così a essere spesso trasformata in un’altra, il cui significato può essere affine ma anche completamente diverso. 1.2 Come si riconosce Già nella scuola dell'infanzia bambini che presentano uno sviluppo linguistico (in produzione e/o comprensione) atipico, come parole storpiate, scarso vocabolario, dovrebbero consultare il pediatra che nel bilancio di salute annuale deve monitorare le situazioni a rischio valutando anche l'anamnesi familiare (presenza di disturbo specifico del linguaggio, dislessia) ed inviando il bambino alle strutture competenti. 11 Se al termine del primo anno della scuola primaria di primo grado il bambino presenta una delle seguenti caratteristiche: difficoltà nell'associazione grafema-fonema e/o fonema grafema mancato raggiungimento del controllo sillabico in lettura e scrittura eccessiva lentezza nella lettura e scrittura incapacità a produrre le lettere in stampato maiuscolo in modo riconoscibile è opportuno consultare le strutture competenti rivolgendosi ad uno specialista (neuropsichiatra, psicologo) per avere una diagnosi; l'Associazione Italiana Dislessia offre al riguardo una consulenza gratuita indicando i Centri competenti a cui riferirsi a seconda della Regione. 1.3 Quando si fa la diagnosi La diagnosi viene posta alla fine del II anno della scuola primaria. Già alla fine del I° anno della scuola primaria, tuttavia, profili funzionali compromessi e presenza di altri specifici indicatori diagnostici (ritardo del linguaggio e anamnesi familiare positiva per DSA) possono anticipare i termini della formulazione diagnostica. Un'ulteriore strumento per la rilevazione di queste difficoltà è lo screening, inteso come ricerca-azione da condurre direttamente nelle scuole, da parte di insegnanti formati con la consulenza di professionisti sanitari. Esso andrebbe condotto all'inizio dell'ultimo anno della scuola dell'infanzia con l'obiettivo di realizzare attività didattiche-pedagogiche mirate a potenziare le abilità deficitarie. Nel caso in cui alla fine dell'anno permangano significativi segnali di rischio è opportuna la segnalazione ai servizi sanitari per l'età evolutiva. 12 La diagnosi viene effettuata da un equipe multidisciplinare composta da Neuropsichiatria Infantile, Psicologo e Logopedista. Durante le ore di studio un dislessico si stanca più facilmente ed ha perciò bisogno di molta più concentrazione: Può leggere un brano correttamente e non cogliere il significato Può avere grosse difficoltà con le cifre (tabelline), la notazione musicale o qualsiasi cosa che necessita di simboli da interpretare Può avere difficoltà nella lettura e/o scrittura di lingue straniere (es. inglese, latino, greco, ecc..) Può scrivere una parola due volte o non scriverla Può avere difficoltà nel memorizzare termini specifici, non di uso comune Può avere difficoltà nello studio (storia, geografia, scienze, letteratura, problemi aritmetici) quando questo è veicolato dalla lettura e si giova invece dell'ascolto (es. registratori, adulto che legge, libri digitali) Non prende bene gli appunti perché non riesce ad ascoltare e scrivere contemporaneamente Quando si distrae da ciò che sta leggendo o scrivendo ha grosse difficoltà a ritrovare il punto Un dislessico lavora lentamente a causa delle sue difficoltà, perciò è sempre pressato dal tempo. 1.4 Cosa fare dopo la diagnosi Dopo la diagnosi il percorso è differenziato a seconda dell'età del soggetto dislessico, della specificità del disturbo (correttezza, rapidità, comprensione del testo), e dal grado di gravità. 13 Alcuni elementi importanti dopo aver ottenuto la diagnosi sono: - il professionista deve comunicare la diagnosi in maniera chiara e precisa specificando anche gli aspetti psicologici secondari (demotivazione, bassa autostima, ) e redigere un referto scritto - indicare la possibilità dell'utilizzo di strumenti compensativi e dispensativi - comunicare con la scuola per creare una rete di condivisione di obiettivi e contattare il referente scolastico per la dislessia - programmare dei controlli a breve scadenza (minimo 6 mesi, massimo 1 anno) - la famiglia deve prendere coscienza del problema ricordando che la strada per il recupero del dislessico è difficile in quanto il carico dei compiti scolastici resta il problema più gravoso per la famiglia stessa. Per alleggerire questa situazione si può affidare il lavoro scolastico a casa ad una persona estranea alla famiglia, in questo modo si ottengono diversi risultati: migliorare il clima familiare , riappropriarsi del ruolo di madre e non di insegnante, al fine di ridurre l'ansia della prestazione nel bambino e aumentare l'autostima e la motivazione. - se il bambino è nel primo ciclo della scuola primaria si consiglia una terapia logopedica o una terapia neuropsicologica - nelle fasi successive è consigliato un intervento metacognitivo che chiarisca gli scopi della lettura a seconda del materiale da studiare al fine di incrementare la consapevolezza dei processi che intervengono nella lettura - l'ambiente, soprattutto quello familiare, deve appoggiare il bambino, aiutandolo nelle strategie di compenso e nella costruzione di un'immagine positiva di sé 14 I ragazzi dislessici possono imparare anche se in maniera un po' diversa dagli altri. 1.5 Dislessici adulti Ci sono ancora pochi studi sull'evoluzione del disturbo dislessico in età adulta. A livello internazionale ci sono studi che dimostrano che il disturbo permane nella lettura, nella scrittura, ma anche nelle prove linguistiche e di analisi metafonologica. Studi su dislessici italiani adulti evidenziano un miglioramento nella correttezza della lettura, mentre permane una difficoltà nei tempi di lettura, dove il dislessico adulto necessita di tempo aggiuntivo rispetto al normolettore. I cambiamenti osservati in velocità ed accuratezza dipendono però dal livello di gravità iniziale. Gli strumenti dispensativi e compensativi sono misure necessarie per gli esami di Stato, accesso all'Università, patente di guida. 15 Capitolo 2 Il mondo della scuola I bambini dislessici ancora faticano a essere compresi e accettati a scuola dove la maggior parte degli apprendimenti passa ancora attraverso il codice scritto. Ma è l'ambiente scolastico che permette di riconoscere e rilevare precocemente gli impedimenti all'apprendimento e questo comporta anche la responsabilità degli insegnanti di riuscire a riconoscere e successivamente segnalare eventuali difficoltà. Spesso però gli alunni dislessici vengono definiti "pigri" e si deve partire proprio da questa pigrizia per capire che spesso è la spia di un disturbo che può portare alla specificità di un disturbo di apprendimento. Come dice G.Stella (psicologo e fondatore dell'Associazione Italiana Dislessia) "la pigrizia è solo l'effetto di una problematica più profonda". I primi passi concreti nella giusta strada erano stati fatti con la CM del 5 ottobre 2004 n. 4099/A/4 emanata dal Ministero della Pubblica Istruzione che raccomandava agli insegnanti di utilizzare strumenti compensativi e misure dispensative per agevolare l'apprendimento di bambini e ragazzi dislessici e di applicare con loro una valutazione specifica in tutte le fasi del percorso scolastico, compresi i momenti di valutazione finale. Nella stessa si specificava, altresì, che per adottare tali misure poteva essere sufficiente la diagnosi specialistica di disturbo specifico di apprendimento di lettura (o dislessia). Per bambini e ragazzi dislessici non si ritiene opportuno l'appoggio di un insegnante di sostegno. La Legge dell'8 ottobre 2010 n. 170 riconosce esplicitamente l'esistenza dei disturbi specifi di apprendimento (dislessia, discalculia, disortografia, disgrafia) come disturbi che possono 16 limitare notevolmente l'apprendimento e che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali. Nella stessa viene fatto obbligo alle scuole, previa comunicazione alla famiglia, di intervenire in caso di sospetto di DSA. L'unico ente accreditato a fornire diagnosi di DSA utilizzabile dalle scuole sono i Servizi sanitari nazionali (con qualche eccezione laddove il territorio non possieda le strutture adeguate). Ciò significa che qualsiasi altra diagnosi, senza la validazione dell'ASL, anche redatta da specialisti, non conta dal punto di vista legale per poter attivare ciò che la normativa scolastica prevede. In presenza di diagnosi di DSA da parte dei servizi la scuola è tenuta a garantire misure educative e didattiche di supporto quali: l'utilizzo di provvedimenti compensativi e dispensativi inerenti alla flessibilità didattica una didattica individualizzata e personalizzata: il team docente, entro il primo trimestre scolastico, deve compilare un documento chiamato Piano Didattico Personalizzato (PDP) di cui si può trovare un esempio nel sito dell'AID (Associazione Italiana Dislessia); l'introduzione di strumenti compensativi quali ad esempio l'utilizzo di tecnologie informatiche (computer con videoscrittura e correttore, libri digitali, sintesi vocale, ma anche semplici tabelle o formulari e la calcolatrice) strategie compensative (integrazione della comunicazione scritta con altri codici: grafici, mappe; potenziare la capacità di ascolto; rafforzare le relazioni sociali) 17 misure dispensative riguardo a specifiche attività non essenziali ai fini dei concetti da apprendere e che quindi consentano a questi alunni di vivere in un clima più sereno e sicuro un monitoraggio continuo delle misure adottate adeguate forme di verifica e valutazione che oltre all'uso degli strumenti sopraelencati tengano in considerazione modalità anche solo orali o l'uso di mediatori durante le prove, interrogazioni programmate e inoltre la possibilità di usare un tempo maggiore per eseguire il tutto (anche nella prova INVALSI viene concesso del tempo maggiore rispetto alla classe) Ai familiari di alunni del primo ciclo di istruzione viene riconosciuto il diritto ad avere un orario di lavoro flessibile per poter assistere lo studio a casa laddove il contratto lo preveda. Importanti sono altresì le linee guida emanate con il decreto attuativo della L.170/10. Esse, oltre a dare numerose indicazioni su come realizzare interventi didattici personalizzati e sulle modalità di utilizzo delle misure dispensative e gli strumenti compensativi, delinea il livello essenziale delle prestazioni richieste alle istituzioni scolastiche per garantire il diritto allo studio degli studenti con DSA. 2.1 Piano didattico personalizzato Nell'articolo 5 del DM del 12 luglio 2011 viene specificato che "la scuola garantisce ed esplicita nei confronti di alunni e studenti con DSA, interventi didattici individualizzati e personalizzati, anche attraverso la redazione di un Piano didattico personalizzato con l'indicazione degli strumenti compensativi e delle misure dispensative adottate". Nelle Linee 18 Guida sempre di luglio 2011 si auspica che i vari Uffici Regionali predispongano delle procedure condivise sulla stesura di PDP da parte delle singole scuole ma fino a oggi non è stato definito un modello specifico a livello nazionale, anche se il MIUR e l'AID forniscono degli esempi. I vari CTI ( centri territoriali per l'integrazione) e i CTS (centri territoriali per il supporto informatico) però si stanno muovendo a livello provinciale per definire la stesura di schemi condivisi dai vari ordini di scuola. In tale documento, il PDP, che può essere modificato nel corso dell'anno scolastico, devono essere definite in primo luogo le difficoltà rilevate che si possono dedurre dalla diagnosi, successivamente, per ogni materia, devono essere specificate le strategie metodologiche e didattiche che si ritengono utili, le misure dispensative, gli strumenti compensativi usati e le modalità di verifica e valutazione. Esso poi deve essere sottoscritto dal consiglio di classe e condiviso con la famiglia o con lo stesso studente se maggiorenne. Questo documento sottolinea la presa in carico dello studente con DSA da tutto il team docente che si impegna ad attuare gli interventi didattici necessari per il successo scolastico dell'alunno senza delegare la stesura del PDP alla figura del "referente per i DSA", che il ministero auspica sia presente in ogni scuola, ma che, come specificato nel punto 6.3 delle "linee guida", ha in modo specifico il compito di orientamento, organizzazione, coordinamento e formazione. 2.2 L'importanza di uno screening precoce Le Raccomandazioni per la pratica clinica per i Disturbi Specifici di Apprendimento (pubblicate nel 2009) affermano che non si possa fare una 19 diagnosi certa di DSA se non al completamento del secondo anno della scuola primaria quando "si completa il ciclo dell'istruzione formale al codice scritto e si ha una riduzione significativa dell'elevata variabilità interindividuale nei tempi di acquisizione della lettura" e ciò permette quindi una certa attendibilità della eventuale diagnosi. Questo comporta che spesso non ci possa essere l'avvio di un intervento prima della fine terza o inizio quarta. Spesso ciò avviene addirittura al passaggio alla scuola secondaria di primo grado o addirittura dalla classe prima alla seconda di questo grado. A questo punto il lavoro di una eventuale rieducazione logopedica tende a ridursi o a essere inutile visto che il periodo sensibile "Finestra evolutiva", dove l'attività di recupero ha la massima efficacia, è presente nelle prime fasi di acquisizione della lettura e scrittura. Successivamente diventa un inutile lavoro che non apporta nessun beneficio specifico e sposta di conseguenza l'intervento scolastico sull'uso di strumenti compensativi. La necessità quindi risulta essere la possibilità di individuare precocemente un alunno con DSA o meglio, una fascia a rischio. Si è infatti visto che nella scuola Primaria, dove si lavora sui prerequisiti all'acquisizione del codice scritto, non è possibile parlare di un riconoscimento riferito a un singolo soggetto ma di gruppi a rischio dove l'attenzione va posta su quelle competenze e funzioni che sono alla base comunque di questo codice. La buona formazione degli insegnanti permetterà la rilevazione sistematica delle variabili di rischio da segnalare già alla scuola primaria e quindi la possibilità per i soggetti segnalati di attivare un percorso utile, non certo a eliminare, ma almeno a ridurre alcune difficoltà o almeno a sfruttare completamente, dopo la segnalazione ai Servizi Sanitari competenti, il già detto periodo sensibile attraverso attività specifiche. 20 Conclusione Non tutti i bambini dislessici, inoltre, sono uguali. Ogni dislessico ha il suo profilo ed è bene distinguere la dislessia da qualsiasi altro disturbo infantile. L’elenco dei sintomi non è e non sarà mai esaustivo. Tuttavia, se un bambino ha difficoltà con l’ortografia e la scrittura, e presenta anche alcuni di questi segni identificativi che rientrano in una specifica difficoltà nell’apprendere, potrebbe essere il momento di pensare a una valutazione professionale. Di solito se la dislessia non viene diagnosticata per tempo, può condizionare una persona per tutta la vita. La perdita di autostima è la prima conseguenza. Questa porterà il bambino durante la crescita, a compiere delle scelte basate più sugli insuccessi accumulati che sulle proprie attitudini. Il lavoro sinergico dell’equipe scuola-terapeuti e famiglia, può aiutare un bambino dislessico, nel proprio percorso di crescita, a migliorare nettamente la sua condizione mentale di deficit. Il ragazzo dislessico impara a superare gli ostacoli e a nutrire sempre più fiducia in se stesso e nelle sue capacità. 21 Bibliografia e riferimenti on-line Cornoldi C. (1989), “I disturbi dell’apprendimento”, Ed. Il Mulino, Bologna. Cornoldi C. (1995), “Metacognizione e apprendimento”, Ed. Il Mulino, Bologna. Damiano, E. (1994), “L’azione didattica”, Roma: Armando Editore. De Grandis C., (2006), “La dislessia. Interventi della scuola e della famiglia”, Edizioni Erickson, Trento. Donini R., Brembati F., (2008), “Come una macchia di cioccolato. Storie di dislessie”, Edizioni Erickson, Trento. Levorato, M. C. (2005), “Lo sviluppo psicologico”, Torino: Einaudi. Loiero, S. e Spinosi, M. (2012), “ Fare scuola con le Indicazioni”, Napoli: Tecnodid. http://www.airipa.it/ http://www.lineeguidadsa.it/ http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/istruzione/dsa http://sda.psy.unipd.it/ 22