ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 ACCADEMIA AERONAUTICA – Pozzuoli (NA) - Corso GRIFO V Anno Accademico 2007/2008 - II anno - I semestre- Garn aerospaziali Corso di ELETTROTECNICA Appunti dalle Lezioni prof. Giovanni Lupò Università degli Studi di Napoli Federico II Dipartimento di Ingegneria Elettrica – via Claudio 21 – NAPOLI 081 7683252 – [email protected] Testo di riferimento – G. Fabricatore – Elettrotecnica ed Applicazioni – Liguori 1998 Esercizi : A. Maffucci – Esercizi (disponibili sul sito web)- Esercizi dispensati durante il corso. Sito web di riferimento:www.elettrotecnica.unina.it (→docente Giovanni Lupò) SOMMARIO: INTRODUZIONE : Modello generale dell’elettromagnetismo Parte Prima – Fondamenti di reti di bipoli Parte Seconda : Reti elettriche in regime sinusoidale Parte Terza – Sistemi trifase Parte Quarta – Applicazioni - Normativa APPENDICI Appendice I – Le equazioni di Maxwell in forma locale Appendice II – Generatori stazionari Appendice III - Richiami sulle proprietà integrali dei campi magnetici stazionari Appendice IV -Comportamento del campo magnetico alla superficie di separazione fra un mezzo a permeabilità molto elevata e l'aria. Appendice V - Note sulla conversione elettromeccanica Appendice VI - Problematiche di sicurezza e protezione associati al fulmine (in preparazione) Appendice VII – Elementi di Elettronica di potenza (in preparazione) 2 4 26 32 34 35 42 47 49 58 61 1 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Premessa : Modello generale dell’elettromagnetismo Il corso si colloca a valle delle formazione base derivante dai corsi di Analisi Matematica e di Fisica di cui recepisce integralmente i contenuti. Si farà particolare riferimento ai concetti tipici dell’Algebra Lineare, dei Campi vettoriali e scalari, della Geometria Analitica. Si farà continuo riferimento ai principi fondamentali della meccanica classica, della termodinamica, … con particolare riguardo ai concetti di potenza ed energia. Si considereranno preliminari i principi di elettrologia e magnetismo, sia per quanto riguarda la formulazione di modelli matematici che la loro validazione sperimentale. Si dovrà ricordare ancora che la massima sintesi dell’Elettromagnetismo risiede nelle equazioni di Maxwell che, in forma integrale, si ricollegano anche a leggi sperimentali ben note per le notevoli ricadute tecnologiche ed industriali della seconda metà dell’Ottocento: (1) d E t dl dt B n dS (legge dell’induzione elettromagnetica di Faraday-Neumann) S (2) Q E n d (3) (legge di Gauss) o B n d 0 (legge di conservazione del flusso) (4) B t dl J o S o E n dS t (legge di Ampère-Maxwell) dove Ē e B sono campi vettoriali (convenzionalmente indicati come “elettrico” e “magnetico”), γ è una curva chiusa, Sγ è una superficie orlata da γ e Σ una superficie chiusa. La (1) indica che la circuitazione del campo elettrico è pari alla derivata temporale del flusso del campo magnetico attraverso una qualsiasi superficie orlata da γ (la superficie può essere generica per la proprietà (3) di conservazione del flusso). La (2) indica che il flusso attraverso una superficie chiusa (valutato con la normale orientata verso l’esterno) del campo elettrico è pari alla carica elettrica in essa contenuta1. La (4) indica che la circuitazione del campo magnetico è pari al flusso del campo vettoriale composto dalla densità di corrente di conduzione J2 e dalla densità di corrente di spostamento 3, legata alla variazione temporale del campo elettrico 4. Nel caso di grandezze di campo continue e derivabili in domini illimitati o all’interno di domini limitati si può passare alla descrizione puntuale del campo attraverso gli operatori fondamentali di divergenza e di rotore. Le equazioni di Maxwell sopra riportate possono essere riscritte considerando curve e superfici chiuse collassanti intorno al punto considerato pervenendo alle equazioni di La carica Q [C] può essere “puntiforme” ovverosia immaginata concentrata in un punto interno alla superficie, oppure distribuita nel volume interno alla superficie con densità volumetrica ρ [C/m3], oppure distribuita su una superficie interna (ad esempio un elettrodo) con densità superficiale σ [C/m2], oppure su una linea interna con densità lineare λ[C/m]. 1 2 il campo densità di corrente è dato dal campo di velocità di migrazione (vedi avanti) delle cariche moltiplicato per il valore della densità volumetrica della carica stessa (J=qNv=ρv). La natura di tali cariche è del tutto generale, intendendosi comprese anche quelle “vincolate” agli atomi. 3 la densità di corrente di spostamento è significativa solo in presenza di campi variabili. In ogni punto dello spazio (anche vuoto) D=εoE prende il nome di “spostamento elettrico” ed è direttamente correlabile alla densità di carica superficiale sugli elettrodi e comunque alle cariche libere. Nel caso di presenza di mezzi materiali, il campo di spostamento D=εE è collegabile alle distribuzioni di cariche libere (ad es. sugli elettrodi) e non alle cariche vincolate appartenenti al mezzo materiale. Anche nel caso magnetico viene introdotto un campo ausiliario H (B=μH) riconducibile, in caso stazionario, alle sole correnti “libere”. 4 2 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Maxwell in forma locale (vedi appendice I). L’introduzione di funzioni ausiliari (potenziale scalare o potenziale vettore) permette una descrizione analitica significativa e generale del campo elettromagnetico. Forza di Lorentz Su ogni carica q dotata di velocità v, in presenza di campo elettromagnetico, agisce una forza (di Lorentz) (5) F q E v B Se la carica è ferma, il campo magnetico non ha effetti, per cui possiamo definire il campo elettrico come una forza specifica (newton/coulomb) su una carica ferma. In caso di moto, il campo magnetico produce un effetto ortogonale alla velocità, per cui la particella necessariamente devia (vedi ad esempio e applicazioni nelle grandi macchine quali il ciclotrone). La (5) rappresenta anche la base della conversione elettromeccanica, in quanto stabilisce che si può esercitare una azione sulle cariche muovendole in un campo magnertico (principio del generatore ad induzione, ad esempio), oppure si può generare una forza su un conduttore immerso in un campo magnetico se interessato da corrente elettrica ( principio del motore elettrico). Nei casi ordinari di impiego industriale dell’energia elettrica il termine mozionale è piccolo rispetto a quello elettrico (il campo elettrico varia da 0,1 V/m a 30 MV/m, B è dell’ordine del tesla e la velocità di migrazione è dell’ordine di 0,1 mm/s). Forza elettromotrice (f.e.m.) Con tale termine (peraltro improprio trattandosi di una quantità scalare) si deve intendere sempre la circuitazione del campo elettrico lungo una linea di interesse. La forza elettromotrice dipende quindi dalla curva scelta (salvo che il campo non sia conservativo, in tal caso è nulla); essa si misura in volt. 3 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 PARTE PRIMA –RETI DI BIPOLI Tensione elettrica tra due punto A e B lungo una curva (aperta) : è l’integrale del campo elettrico tra A e B lungo la linea e si indica con VAB. . Se l’integrale non dipende dalla particolare curva, il campo è conservativo5. Ciò si verifica senz’altro nei casi di campo stazionario (sono nulle tutte le derivate temporali nelle equazioni di Maxwell). In generale, se consideriamo una curva ’ tra A e B la tensione VAB differisce dalla tensione VAB’ di una quantità pari alla derivata (cambiata di segno) del flusso del vettore campo magnetico attraverso una qualsiasi superficie orlata dalla linea chiusa ’. Se tale quantità è piccola rispetto a VAB [o a VAB’] il campo si dice quasi stazionario. Voltmetro ideale: è lo strumento che realizza il calcolo della tensione elettrica; l’indicazione dello strumento dipende in generale dalla curva su cui esso si immagina “disteso”6. Corrente Elettrica : fenomeno di migrazione (deriva, drift) di cariche elettriche; tale “moto medio” (che avviene a velocità dell’ordine di 0.1 mm/s) va nettamente distinto dal moto di agitazione termica (con valori istantanei della velocità anche di km/s); il detto moto medio viene indicato come corrente elettrica di conduzione (in altri casi possono aversi correnti di convezione o correnti di spostamento); al fenomeno possiamo quindi associare il campo vettoriale di velocità di migrazione v delle particelle. Conduttori : materiali in cui possono aver luogo significativi fenomeni di migrazione di carica; i conduttori più diffusi sono metalli; possono tuttavia manifestarsi rilevanti fenomeni di conduzione in altri materiali solidi, in liquidi ed in particolari condizioni anche nei gas. Isolanti : materiali che non consentono significativi fenomeni di migrazione di carica; gli isolanti possono essere solidi, liquidi e gassosi; l’isolante ideale è il vuoto assoluto. Tratto di circuito filiforme: conduttore la cui lunghezza è molto maggiore della dimensione media trasversale; nel caso di tratto a sezione costante, si può ammettere che il campo di velocità di migrazione v delle cariche sia parallelo all’asse del conduttore. Ad ogni sciame di particelle di velocità v di carica q e di densità volumetrica n si può associare un campo di “densità di corrente” J=nqv [A/m2]. Intensità della corrente elettrica nei circuiti filiformi: si considera una sezione retta S del conduttore filiforme, per la cui normale si fissi un orientamento arbitrario n; si considera la carica 5 In tal caso è possibile considerare una funzione potenziale scalare di punto V(P) detta potenziale elettrico tale che B V A V A E t ds V B V AB V A VB E V (P) (*); tale funzione è definita a meno della quantità A arbitraria V(B); il punto B può essere convenzionalmente scelto su un riferimento convenzionale (ad es. struttura portante metallica o “massa” o carcassa metallica di una apparecchiatura o di un veicolo – treno,auto,aereo, nave etc -, una “terra” di un impianto di protezione terrestre – vedi “impianti di terra”-, etc.) ed il valore del potenziale essere assunto convenzionalmente nullo. I potenziali elettrici dei vari punti dello spazio o di un oggetto qualsiasi rappresentano quindi – da un punto di vista ingegneristico – le tensioni misurate tra i punti stessi ed il riferimento. Nei domini illimitati il punto a potenziale nullo si pone spesso – se possibile – all’infinito (se sono soddisfatte le condizioni di regolarità all’infinito). N.B. Nella (*) il campo elettrico è visto come l’opposto del gradiente di V(P) (vedi appendice I); il segno (-) è del tutto arbitrario e convenzionale e corrisponde alla prassi di ordinare i potenziali “a decrescere” lungo le linee di campo elettrico. 6 una realizzazione di voltmetro ideale potrebbe essere ottenuta distendendo una fibra ottica tra A e B lungo la curva assegnata: la caratteristiche di una luce polarizzata entrante in A sono modificate dalla presenza del campo elettrico lungo il percorso; la luce uscente da B contiene quindi una informazione correlata all’integrale del campo elettrico lungo il percorso. I voltmetri reali sono molto meno sofisticati e realizzati su più semplici principi (legge di Ohm,..). 4 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 totale q che attraversa S in un generico intervallo di tempo t (nell’intorno di un istante t*)7; il limite per t che tende a zero del rapporto q /t, se esiste, è per definizione la intensità i(t*) della corrente elettrica nell’istante t* attraverso la sezione considerata secondo il riferimento n. 8 A tale definizione si perviene ovviamente anche attraverso il campo densità di corrente come flusso della densità di corrente J attraverso la superficie orientata S. Se tale intensità è indipendente da t*, il fenomeno prende il nome di corrente stazionaria e l’intensità si indica, in genere, con il simbolo I. Misura della corrente elettrica nei circuiti filiforme: l’amperometro ideale Il calcolo dell’intensità della corrente elettrica può essere pensato effettuato da uno strumento ideale (amperometro ideale) a due morsetti 1-2, inseriti idealmente nella sezione S ed ordinati in modo che 2 segua 1 nel verso di n. Moto stazionario di cariche in migrazione in conduttore filiforme: indipendenza dell’intensità della corrente dalla sezione considerata, fissati riferimenti congruenti. Se il caso non è stazionario, occorrerà considerare, per ogni sezione, il valore istantaneo dell’intensità della corrente i(t)S= limt0 =q/tS. Se il caso è stazionario, non vi è variazione media della carica in moto in ogni volume; in ogni punto è costante la velocità v di migrazione (non considerando il moto di agitazione termica e il moto vario nell’intervallo tra due interazioni 9). Si può quindi ritenere che sia nulla, in media, la risultante delle forze che agiscono sulla carica q in movimento, nel nostro caso la forza qE nel senso del moto ed una “forza d’attrito equivalente” –kv diretta in senso opposto alla prima. Campo elettrico associato a corrente stazionaria: Consideriamo un circuito semplice (ad esempio una regione di spazio di forma anulare). Il campo velocità di migrazione delle cariche ha linee di flusso anulari e tutte orientate in senso orario o antiorario. Quindi la circuitazione del campo di velocità v e del campo di corrente J=v non può essere nulla, ossia il campo di corrente stazionaria non può essere conservativo. Poiché il moto di migrazione è non è vario e il campo equivalente d'attrito è sempre opposto al senso del moto, il campo di forze sulle cariche ed il relativo campo elettrico complessivo (che, si ricorda, è la forza applicata alla particella riferita alla carica della particella) non possono essere conservativi10. la carica q si intende “letta e pesata” secondo il riferimento n: si valutano con un coefficiente (+1) le cariche che si muovono attraverso ΔS nel verso di n, con un coefficiente ( –1 ) le cariche che si muovono nel verso opposto; ogni carica ha e mantiene ovviamente un proprio segno. 7 Se avessimo considerato un riferimento n’=-n avremmo ovviamente calcolato una intensità della corrente elettrica secondo il riferimento n’, per cui l’intensità della corrente sarebbe stata I’=-I. 9 per il rame tale tempo è dell’ordine di 10-14 s. 8 10 Poiché il campo elettrico derivante da una distribuzione di cariche elettriche è conservativo, ne discende che un moto stazionario di cariche non può essere generato da una distribuzione (fissa) di cariche. Occorrerà quindi considerare una sorgente di campo elettrico non di tipo elettrostatico, chiamato campo elettromotore. Il campo elettromotore è quindi un campo di forza specifica, di natura meccanica, chimica, elettrica …. ma non elettrostatica (trattandosi di campo non conservativo), che agisce sulle cariche tenendole separate in un mezzo conduttore e consentendo per esse un moto stazionario (o anche non stazionario). In un circuito semplice interessato da corrente stazionaria, ci deve essere almeno una parte (tratto generatore) in cui il campo elettromotore è diverso da zero; l'eventuale parte complementare, in cui il campo elettromotore è nullo, prende il nome di tratto utilizzatore. Nel tratto utilizzatore la forza specifica sulle cariche è quella derivante dalla distribuzione di cariche (causata a sua volta dal campo elettromotore) ed è quindi un campo a potenziale: nel tratto utilizzatore la tensione valutata tra due punti non dipende dalla curva di integrazione (all'interno del tratto generatore, viceversa, la tensione dipende dalla curva scelta). Se quindi il campo elettromotore è diverso da zero solo in una parte del circuito semplice, di sezioni estreme A e B, la tensione VAB sarà indipendente dalla curva scelta solo a patto di non "entrare" nel tratto generatore. Le sezione A e B individuano quindi i confini tra un "bipolo generatore" - identificabile attraverso una caratteristica V-I valutata all'esterno del tratto generatore - ed un "bipolo utilizzatore" in cui non vi sono vincoli per la valutazione della tensione. 5 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Forza elettromotrice (f.e.m.) Nel caso di un circuito semplice filiforme in cui si distingua un tratto generatore ed un tratto utilizzatore, la f.e.m. valutata lungo l'asse del circuito, essendo corrispondente alla circuitazione del campo elettromotore, risulta numericamente uguale all'integrale del campo impresso tra gli estremi del tratto generatore (lungo la parte "interna" dell'asse). Tale f.e.m. viene in pratica "attribuita" al "bipolo" generatore; di qui la dizione comune "f.e.m. del generatore". Effetto Joule: l’interazione tra le cariche in moto con le altre particelle “ferme” comporta (tranne nel caso dei “superconduttori”) una cessione di energia. Il tratto L di conduttore si riscalda; la quantità di energia ceduta e trasformata in calore nell’intervallo di tempo t dipende dalla carica trasportata e dalla natura e geometria del tratto. Se q è la carica che ha attraversato ogni sezione S del tratto A-B il lavoro compiuto dalle forze del campo è £=q E LAB [ = q (VA-VB) se il campo è conservativo]. Potenza dissipata: la potenza messa in gioco dalle forze del campo e trasformata (in questo caso) in calore si ottiene dal rapporto tra lavoro svolto e il tempo di osservazione : P= £/t =q VAB/t= VAB I. bipolo : caratterizzazione del funzionamento di una regione di spazio interessata da corrente elettrica accessibile da due “punti” A-B (primo e secondo morsetto o terminale) e per cui possa essere fissato un riferimento per la valutazione dell'intensità di corrente I [ IAB oppure IBA] e un riferimento per la tensione V [VAB oppure VBA]. Convenzioni: per un bipolo qualsiasi A-B è possibile abbinare in quattro modi i riferimenti I e V; definiamo convenzione dell'utilizzatore l'abbinamento VAB-IAB o l'abbinamento VBA-IBA e convenzione del generatore l'abbinamento VAB-IBA o l'abbinamento VBA-IAB. Caratteristica di un bipolo: legame V=f(I) oppure I=g(V), fissati gli abbinamenti di cui sopra. Tale legame può essere anche non analitico. Dal punto di vista della rappresentazione grafica della caratteristica, si può utilizzare un unico piano di rappresentazione utilizzando i due riferimenti possibili sull’asse delle ascisse ed i due riferimenti possibili sull’asse delle ordinate. Equivalenza di bipoli: Un bipolo A-B è equivalente ad un altro bipolo A’-B’ se, fissate due convenzioni omologhe V-I e V’-I’ (ad esempio si considerano i riferimenti VAB-IAB per il primo bipolo e VA’B’-IA’B’ per il secondo bipolo), i due bipoli hanno caratteristiche uguali. Legge di Ohm : per un tratto A-B di conduttore metallico filiforme operante a temperatura costante si verifica sperimentalmente con buona approssimazione la relazione V AB=R IAB con R numero positivo (al limite nullo) e costante in un ampio intervallo di valori di IAB. Il tratto A-B viene classificato come resistore; in termini commerciali per resistore si intende un componente per le applicazioni circuitali ed industriali (stufe, forni, scaldabagni, ...). Considerando sempre il parametro R0, la legge di Ohm si scrive anche nel seguenti modi: VAB=-R IBA VBA=-R IAB VBA=R IBA Resistore ideale: Bipolo ideale A-B di caratteristica V=R I ( oppure I = G V) se viene adottata la convenzione dell'utilizzatore o di caratteristica V= - R I (o I = -GV) se viene adottata la convenzione del generatore sul bipolo A-B . Le costanti positive R e G vengono chiamate resistenza e conduttanza del bipolo e si misurano in ohm [] e siemens [S] rispettivamente. 6 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Resistenza - Resistività (vedi anche nota A): nel caso di un tratto A-B di conduttore filiforme omogeneo a sezione costante S di lunghezza LAB e a temperatura costante ed uniforme, si valuta che la resistenza R del tratto, è proporzionale alla lunghezza L AB ed inversamente proporzionale alla sezione S. Il coefficiente di proporzionalità costituisce la resistività (si indica con la lettera greca -etaoppure -rho- e si misura in ohm per metro [m]); il suo inverso viene chiamato conducibilità (si indica con la lettera greca -gamma- oppure -sigma- e si misura in siemens/metro[S/m])11. Occorrerà valutare opportunamente R nel caso che il conduttore non sia omogeneo ovvero non sia a sezione costante. 11 Per i materiali metallici, la resistività è valutata in base a parametri congrui con applicazioni ordinarie, come le linee di alimentazione. Va fissata ad esempio una temperatura di riferimento o (in genere 293 K ossia 20°C), in quanto la resistività varia con la temperatura del conduttore, il cui valore a regime è dipendente a sua volta sia dalla temperatura ambiente che dalla intensità di corrente che interessa il conduttore (effetto Joule). Per i conduttori metallici la resistività aumenta linearmente con la temperatura in un ampio intervallo di valori della stessa (fig.1) o 1 o o fig.1 Il coefficiente di temperatura rappresenta quindi la variazione relativa di resistività per salto unitario di temperatura. Anche dipende da o. In tab.I vengono riportati i valori della resistività e del coefficiente di temperatura alla temperatura di 293 K per i materiali di più comune impiego. I valori sono riportati in modo da indicare anche la resistenza per unità di lunghezza di un conduttore rettilineo della sezione di 1 mm2. Il valore 1 cui corrisponderebbe un valore nullo di resistività vale 1 1 0 o Per il rame 1 assume il valore di circa 43K. A tale temperatura, in realtà, il rame presenta una resistività significativa: siamo oltre l'intervallo di linearità. A temperature molto basse, inferiori in genere a 10 K, possono manifestarsi, per alcuni metalli in particolari condizioni di funzionamento, fenomeni di superconduttività, in cui la resistività scende al valore "nullo", al disotto dei valori correntemente misurabili. Per alcuni materiali si manifesta anche un crollo dei valori resistività anche a temperature prossime alla liquefazione dell'azoto (77K). Tale fenomeno (superconduttività ad alta temperatura) è attualmente oggetto di intensi studi, in vista di interessanti applicazioni nel settore elettrotecnico. MATERIALI Conduttori metallici (conduzione elettronica) argento rame puro rame industriale oro piombo alluminio tungsteno Leghe per resistori Manganina Nichel-Cromo Ferro-silicio per lamierini Carbone per lampade ad arco MATERIALI Semiconduttori germanio silicio Elettroliti Acqua di mare Terreni umidi terreni sabbiosi terreni rocciosi Acqua distillata Vetro coefficiente di temperatura (o)[K-1] Resistività -o=293 K [ m] 0.016 0.016291 0.0178 0.024 0.022 0.028 0.055 3.8 10-3 3.9 10-3 3.9 10-3 3.4 10-3 3.9 10-3 3.7 10-3 4.5 10-3 0.45 1.1 0.3 70 Resistività -o=293 K [ m] 1.5 10-5 1 10-4 4 10-3 10 100 0.3 10 100 >1000 104 (isolante) 1010 (isolante) 7 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Classificazione dei bipoli: - bipoli pilotati in tensione : nella caratteristica I=g(V) ad ogni valore della tensione corrisponde un solo valore dell'intensità di corrente; - bipoli pilotati in corrente : nella caratteristica V=f(I) ad ogni valore dell'intensità di corrente corrisponde un solo valore della tensione; - bipoli pilotati in tensione ed in corrente: caratteristica invertibile. - bipoli simmetrici: caratteristica simmetrica g(V)=-g(-V) ovvero f(I)=-f(-I); - bipoli inerti: la caratteristica passa per l'origine: g(0)=0 ovvero f(0)=0; - bipoli lineari : se ad esempio V'=f(I') e V"=f(I"), si ottiene V=V'+V"=f(I')+f(I"); Bipoli normali: Vengono definiti normali i bipoli a caratteristica rettilinea nel piano V-I. Esempi di bipoli ideali: - bipolo resistore ideale : caratteristica lineare, inerte, simmetrica, invertibile. - bipolo corto-circuito ideale: per ogni valore di I, qualunque sia la convenzione adottata, la tensione è nulla (caratteristica coincidente con l'asse delle I); tale caratteristica lineare, inerte, simmetrica, non invertibile (bipolo pilotato in corrente); - bipolo aperto (o circuito aperto) ideale: per ogni valore di V, qualunque sia la convenzione adottata, l'intensità di corrente è nulla (caratteristica coincidente con l'asse delle V); tale caratteristica lineare, inerte, simmetrica, non invertibile (bipolo pilotato in tensione). Generatore ideale (indipendente) di tensione E' un bipolo ideale caratterizzato da una tensione ai morsetti A-B indipendente dalla corrente I, qualunque convenzione sia stata adottata. La caratteristica è quindi una retta parallela all'asse delle I. Il simbolo comunemente adoperato è un pallino con un contrassegno (*,+,1, etc.) su un morsetto ( trattasi quindi di bipolo ordinato) con indicazione numerica (E) o funzionale [e(t)], che indica il valore della tensione valutata tra il morsetto contrassegnato (primo morsetto) e l'altro (secondo morsetto). Il valore E può essere positivo, negativo o nullo; al proposito si pone in evidenza che un generatore di tensione nulla è equivalente ad un bipolo cortocircuito ( la caratteristica è la stessa). Generatore ideale (indipendente) di corrente Trattasi di bipolo fondamentale, duale del generatore di tensione ideale, con caratteristica I=I* (costante) qualunque sia la tensione ai morsetti. Il generatore di corrente è un bipolo normale (non lineare) e non simmetrico. Si rappresenta in genere con un cerchietto con barra trasversa e morsetti "ordinati". Generatori ideali dipendenti : trattasi di generatori ideali la cui grandezza caratteristica dipende dalla tensione o corrente nello stesso o in altro bipolo. Bipoli tempo-varianti: la caratteristica dipende dal tempo in maniera continua o discreta. Ad esempio il bipolo interruttore ideale, a seconda del posizionamento del tasto, realizza un bipolo aperto ideale o un bipolo corto-circuito ideale. Collegamento di bipoli – Punto di lavoro Collegare due bipoli significa considerare una identificazione formale dei morsetti. Ad esempio il bipolo AB potrà essere collegato al bipolo A’B’ considerando A=A’ o A=B’ o B=A’ o B=B’ ovvero (A=A’ 8 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 e B=B’) ovvero (A=B’ o B=A’). In questi casi si costituisce un circuito semplice. Note le convenzioni VI, V’-I’ assunte sui due bipoli e le relative leggi caratteristiche tensione-corrente, è possibile valutare se esistono una o più soluzioni compatibili con il collegamento previsto. Risoluzione grafica: si riportano “congruentemente” su uno stesso piano la caratteristica V-I del primo bipolo e la caratteristica V’-I’ del secondo bipolo, considerando che può essere V=V’ e I=I’. Nel caso di collegamento generatore ideale di tensione E-resistore R si ha sempre un solo punto di lavoro di coordinate I=E/R V=E=RI. Nel vaso di collegamento generatore ideale di tensione E – generatore ideale di corrente J sia ha un solo punto di lavoro V=E, I=J. Nel caso di collegamento generatore ideale di tensione – lampada a scarica si hanno due soluzioni se E<V*, una soluzione nel caso E=V*, nessuna soluzione per E>V* (fig.5.1). Nel caso di collegamento di due generatori ideali di tensione E ed E’, si avranno infinite soluzioni (l’intensità di corrente può essere qualsiasi) se V=V’=E=E’, non si avrà nessuna soluzione se EE’. Nel caso di collegamento di due generatori ideali di corrente J ed J’, si avranno infinite soluzioni (la tensione può essere qualsiasi) se I=I’=J=J’, non si avrà nessuna soluzione se JJ’. Poiché i casi con nessuna soluzione o con infinite soluzioni non hanno riscontro fisico ( un sistema fisico stazionario ammette sempre una soluzione, salvo distinguerla da altre possibili 12, in base alla “storia” subita dal componente reale ed eventuali criteri di stabilità). Tali casi si definiscono patologici. Ricordiamo al proposito che un generatore ideale di tensione non può essere “cortocircuitato”, ovverosia collegato ad un bipolo cortocircuito ideale, così come un generatore ideale di corrente non può essere aperto, ossia collegato ad un bipolo aperto. Potenza assorbita ed erogata dai bipoli Il prodotto tensione-corrente è omogeneo con una potenza. Se la convenzione adottata sul bipolo (a caratteristica qualsiasi) è quella dell’utilizzatore, tale prodotto viene chiamato potenza assorbita13 . Se la convenzione adottata è quella del generatore, tale prodotto prende il nome di potenza erogata14. Bipoli passivi ed attivi Un bipolo si dice passivo se, per tutti i punti della caratteristica, la potenza assorbita non è mai negativa [la potenza erogata non è mai positiva]. Un bipolo si dice attivo se, per almeno un punto della caratteristica , la potenza assorbita è negativa [la potenza erogata è positiva] Generatore reale di tensione Nel tratto generatore di un circuito semplice si hanno interazioni tra le cariche in migrazione e le altre particelle; si avrà quindi comunque una dissipazione analoga a quanto avviene nei resistori. Se non c'è migrazione e la f.e.m. è diversa da zero, vuol dire che il tratto utilizzatore è non conduttore (equivalente ad un aperto); in questo caso la tensione VAB coincide numericamente con la f.e.m. Abbiamo quindi che un generatore reale di tensione può essere caratterizzato dalla tensione a vuoto, corrispondente alla f.e.m. e dalla dissipazione, che in prima approssimazione può essere schematizzata attraverso una resistenza Rg (resistenza interna del generatore). In realtà tale schematizzazione ha una validità abbastanza limitata. Nel nostro corso, il generatore reale di tensione è un bipolo costituito dalla "serie" di un generatore ideale di tensione e di una resistenza Rg. L’insieme delle soluzioni o è finito (come nel caso delle lampade a scarica) o costituisce un insieme numerabile (come nel caso dei bipoli isteretici). 13 la potenza assorbita da un resistore è numericamente uguale alla potenza dissipata in calore dallo stesso 14 se nella rete vi è un solo generatore, la potenza erogata dal generatore coincide con la potenza messa in gioco (generata) dallo stesso. 9 12 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Un punto notevole della caratteristica di un generatore reale di tensione (valutabile anche sperimentalmente su un generatore commerciale) si ottiene collegando il bipolo generatore di tensione reale ad un bipolo corto-circuito (nella realtà, ad un conduttore di resistenza molto più piccola di R g). Si ottiene quindi il valore della intensità di corrente di corto-circuito. E' evidente che non si può " collegare" un bipolo generatore ideale di tensione ad un bipolo cortocircuito ideale, trovandosi in contraddizione le definizioni dei due bipoli. Serie di bipoli Due (o più) bipoli si dicono in serie diretta o semplicemente in serie se è possibile stabilire per essi riferimenti congruenti per l’intensità di corrente I e riportabili l'uno all'altro per continuità; in tal caso i valori dell’intensità di corrente sono uguali; se sono riportabili per continuità riferimenti opposti, i valori sono opposti e la serie si dirà contrapposta. Se due o più bipoli in serie sono contigui, potrà essere valutata la tensione V* ai capi della serie e si potrà considerare un bipolo equivalente di caratteristica V*-I. Partitore di tensione Se consideriamo due resistori A’-B’ e A”B” di resistenza R’ ed R” in serie (B'=A"), il bipolo equivalente ai morsetti A’-B” ha resistenza pari a R= R’+R” (resistenza equivalente alla serie). Detta V la tensione tra A’ e B”, la tensione V’ tra A’ e B’ è pari a [V R’/R], la tensione V” tra A” e B” è pari a [V R”/R]. In generale, la tensione V si “ripartisce” tra resistori in serie secondo la relazione (detta del partitore di tensione) [Vk=fvV] essendo Vk la tensione sul resistore k-mo; fv vien detto fattore di partizione e vale Rk/R (dove R è la somma delle resistenze); il segno dipende dalla scelta del riferimento V k rispetto a V. Bipoli in parallelo Due (o più) bipoli si dicono in parallelo diretto o semplicemente in parallelo se è possibile stabilire per essi riferimenti congruenti per la tensione V; in tal caso i valori della tensione sono uguali; se i riferimenti sono opposti, i valori della tensione sono opposti e il parallelo si dirà contrapposto. Se due o più bipoli in parallelo sono contigui, potrà essere valutata l’intensità di corrente I* ai morsetti di ingresso del parallelo e si potrà considerare un bipolo equivalente di caratteristica V-I.*. Partitore di corrente Se consideriamo due resistori A’-B’ e A”B” di conduttanza G’=1/R’ e G”=1/R” in parallelo (A’=A”=A,B’=B”=B), il bipolo equivalente ai morsetti A-B ha conduttanza equivalente pari a G=G’+G”” (resistenza equivalente pari a R=R’R”/[R’+R”]). Detta I l’intensità della corrente in ingresso al parallelo A-B, l’intensità della corrente I’ tra A’ e B’ è pari a I’=I G’/G=I R”/R, l’intensità I” tra A” e B” è pari a I”=I G”/G= I R’/R. In generale, l’intensità di corrente I si “ripartisce” tra resistori in parallelo secondo la relazione (detta del partitore di corrente) [Ik=fII] essendo Ik la corrente nel resistore k-mo; fI vien detto fattore di partizione e vale Gk/G, , dove G è la somma delle conduttanze; il segno dipende dalla scelta del riferimento Ik rispetto a I. Generatore reale di corrente 10 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Se consideriamo la caratteristica ai morsetti del parallelo tra un generatore ideale di corrente I* e un resistore R*, essa sarà normale e passerà per il punto (0,I cc=I*) ed il punto (V0=R*I*,0). Tale parallelo sarà quindi equivalente ad un generatore reale di tensione con tensione a vuoto V 0, resistenza interna R* e corrente di corto circuito I*. Per realizzare un generatore di corrente praticamente ideale I*, basterà disporre di un generatore di tensione reale con resistenza interna R* molto maggiore della resistenza R u del carico; tale generatore dovrà avere una idonea tensione a vuoto V0=R*I*. Generatori reali di f.e.m. stazionaria - vedi appendice II Principio di sostituzione Se il punto di lavoro P della connessione tra un bipolo B1 ed un bipolo B2 è unico, esso può essere identificato anche sostituendo ai bipoli suddetti due bipoli B1* e B2* le cui caratteristiche comprendano il punto P e questi rappresenti ancora l’unico punto di lavoro. Ad esempio, in una connessione generatore ideale di tensione(E)-resistore ideale(R) che ha come punto di lavoro il punto P di coordinate (E, E/R), si può sostituire al resistore un generatore di corrente ideale I*=E/R; il punto di lavoro P* della nuova connessione ha le stesse coordinate del punto P. Le sostituzioni sono sempre ammesse se il punto di lavoro è unico prima e dopo la sostituzione. Attenzione quindi ai casi patologici. Adattamento in potenza Un resistore Ru collegato ad un generatore reale di tensione (tensione a vuoto E o, Resistenza interna Ri) assorbe una potenza Pu=RuI2=Ru[Eo2/(Ri+Ru)] . La potenza assorbita è nulla a vuoto (Ru= ) e in cortocircuito (Ru=0). Si può facilmente valutare che al variare di Ru la potenza assume il massimo quando Ru = Ri (condizione di adattamento). In tal caso essa è pari a quella assorbita da R i e quindi il rendimento di trasferimento è del 50%. Tale considerazione è utile nel trasferimento di segnali elettrici di debole potenza. Non può essere ovviamente applicarsi alle reti di distribuzione dell’energia elettrica (perderemmo il 50% dell’energia del generatore). Reti elettriche Connessione significativa di bipoli elettrici. Topologia delle reti Lato: costituito da un bipolo o, volendo, dal bipolo equivalente alla serie di più bipoli Nodo: punto di connessione di più di due bipoli (si parla di nodo degenere se si considera la connessione di due bipoli) Maglia: definita dalla connessione di bipoli lungo un percorso chiuso Grafo (non orientato): mappa della connessione dei bipoli; il grafo si dirà ridotto se non vi sono connessioni in serie o in parallelo (o si sono considerati i bipoli equivalenti); un grafo si dirà completo se è prevista la connessione tra tutti i nodi (un grafo potrà essere sempre completato considerando bipoli aperti in luogo delle connessioni mancanti). Un grafo ridotto e completo poggiante su n nodi ha un numero di lati pari a L=[n (n-1) /2] Albero: struttura fondamentale della rete, che collega tutti gli n nodi della rete, senza dar luogo a maglie; l’albero ha quindi (n-1) rami. 11 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Coalbero: parte della rete complementare all’albero; il coalbero ha quindi L-(n-1) lati. Sistema fondamentale Considerata una rete di L lati (su ognuno dei quali vi sia un bipolo per ognuno dei quali è fissata la caratteristica V-I), risolvere la rete significa trovare i valori delle 2L incognite tensioni e intensità di corrente. Occorre quindi definire un “sistema fondamentale” risolvente; è necessario che questo sistema sia costituito da 2L relazioni indipendenti. Un “pacchetto” di L relazioni indipendenti è dato dalle stesse relazioni caratteristiche. Le altre relazioni saranno collegate ad elementi topologici della rete (nodi e maglie); saranno quindi chiamate “equazioni topologiche”. Equazioni ai nodi indipendenti ( I principio di Kirchhoff) Ai singoli nodi si può esprimere un bilancio di carica: in condizioni stazionarie non vi può essere accumulo di carica in ogni volume che comprende il nodo. Facendo riferimento ad un fissato intervallo di osservazione, potremo esprimere quindi un bilancio di intensità di corrente: la somma “ponderata” delle intensità di correnti che interessano il nodo deve essere nulla, dove per “ponderare” le intensità basterà moltiplicare per un coefficiente (+1) [ oppure (-1)] l’intensità I se il riferimento è uscente dal nodo e per un coefficiente (-1) [(+1)] se il riferimento è entrante15. Se si considera l’albero, è immediato costatare che le prime (n-1) equazioni ai nodi che si scrivono sono indipendenti, mentre l’ultima è combinazione delle altre. Equazione alle maglie indipendenti (II principio di Kirchhoff) Per le singole maglie si può esprimere l’irrotazionalità del campo elettrico in condizioni stazionarie. Potremo esprimere quindi un bilancio di tensioni considerando l’annullarsi della circuitazione del campo elettrico lungo una maglia percorsa in senso orario [antiorario]: la somma “ponderata” delle tensioni incognite che interessano la maglia deve essere nulla, dove per “ponderare” le tensioni basterà moltiplicare per un coefficiente (+1) la tensione V se il riferimento assunto per la tensione è congruente con la circuitazione che si sta eseguendo e per un coefficiente (-1) nel caso contrario. Se si considerano le maglie ottenute appoggiando all’albero i singolo lati del coalbero, si ottengono [L(n-1)] equazioni alle maglie indipendenti; si può costatare che ogni altra equazione ottenuta considerando altre maglie è combinazione delle equazioni suddette. Sistema fondamentale completo: soluzione Una volta scritte le L equazioni caratteristiche e le L equazioni topologiche, ci si chiede se il sistema fondamentale ammette soluzioni. Atteso che le equazioni topologiche sono semplicissime equazioni lineari, potremo affermare che, se le caratteristiche sono “normali”, il sistema ammette una ed una sola soluzione. Se vi sono bipoli non lineari, occorrerà esaminare caso per caso le non linearità. In molti casi il sistema ammette una ed una sola soluzione (e ad essa potrà pervenirsi analiticamente con diversi metodi, ad esempio per sostituzione), in altre casi occorrerà procedere per via numerica (esempio: metodo di Newton-Raphson) o con altri metodi iterativi. In altri casi possono presentarsi soluzioni dipendenti dalla “traiettoria” nel piano V-I. Unicità della soluzione ( applicazione del Principio di sostituzione) 15 Per una scrittura sistematica della matrice dei coefficienti si potranno inserire in tutte le equazioni anche le incognite non direttamente interessate, moltiplicandole per un coefficiente nullo. La matrice dei coefficienti sarà quindi sparsa, ossia ricca di elementi nulli. La soluzione attraverso un programma di calcolo del sistema fondamentale sarà in qualche modo “complicata” dalla inversione di una matrice sparsa. 12 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Se il sistema fondamentale ammette una sola soluzione (ad esempio nel caso di sistemi lineari non omogenei) è possibile sostituire ad un bipolo (con caratteristica qualsiasi purché invertibile) un altro bipolo (ad esempio un generatore ideale di tensione o di corrente con il valore della tensione o della intensità di corrente uguale a quello della soluzione), purché il nuovo sistema ammetta una sola soluzione (ad esempio non ci si deve ritrovi nei casi “patologici”). Teorema di scomposizione – Sovrapposizione degli effetti Se il sistema è lineare, può essere considerare una qualsiasi scomposizione del vettore-colonna dei termini noti e “scomporre” la soluzione in tante soluzioni. Una utile scomposizione consiste nel considerare uno alla volta i termini noti relativi ai singoli generatori, in quanto è molto più semplice risolvere una rete lineare alimentata da un solo generatore. Quest’ultimo procedimento prende comunemente il nome di sovrapposizione degli effetti. Generatore equivalente di tensione (Teorema di Thévénin) Consideriamo una rete costituita da bipoli normali (attivi e passivi), accessibile ai morsetti A-B (bipolo attivo A-B), ovverosia collegabile attraverso A-B ad un altro bipolo16. Al fine di valutare genericamente il funzionamento qualunque sia il bipolo connesso, ossia la caratteristica della rete suddetta ai morsetti A-B ( ossia valutare il legame tensione corrente V-I), nel caso che la rete sia costituita da bipoli normali, può essere considerato un bipolo elementare costituito da un generatore reale di tensione ossia dalla serie di un generatore ideale di tensione V o e di una resistenza Req (bipolo equivalente di Thevenin) dove Vo è la tensione V “a vuoto” cioè immaginando di collegare A-B ad un bipolo aperto ed Req è la resistenza equivalente della rete “vista” ai morsetti A-B quando nella stessa rete sono stati spenti tutti i generatori. Tale proprietà può essere dimostrata applicando il principio di sostituzione (nel caso la soluzione esista e sia unica) e la sovrapposizione degli effetti. Il punto di lavoro effettivo è stabilito dal confronto della caratteristica del bipolo equivalente di Thevenin con la caratterista del bipolo “esterno” (che può essere un bipolo elementare [anche non lineare17] o un altro bipolo equivalente [ovviamente lineare]). Generatore equivalente di corrente (Teorema di Norton) Al fine di valutare la caratteristica della rete suddetta ai morsetti A-B ( ossia valutare il legame tensione corrente V-I), nel caso che la rete sia costituita da bipoli normali, può essere considerato un bipolo elementare costituito da un generatore reale di corrente ossia dal parallelo di un generatore ideale di corrente Icc e di una resistenza Req (bipolo equivalente di Norton) dove Icc è la “intensità della corrente di cortocircuito” cioè immaginando di collegare A-B ad un bipolo cortocircuito ed è Req la resistenza equivalente della rete “vista” ai morsetti A-B quando nella stessa rete sono stati spenti tutti i generatori. Il punto di lavoro effettivo è stabilito dal confronto della caratteristica del bipolo equivalente di Norton con la caratterista del bipolo “esterno” (che può essere un bipolo elementare [anche non lineare] o un altro bipolo equivalente [ovviamente lineare]). La dimostrazione è analoga alla precedente. 16 Tale bipolo potrà essere attivo o passivo ed anche non lineare, salvo le considerazioni che faremo più avanti. 17 Se dal confronto delle due caratteristiche si evidenziano una molteplicità di soluzioni, occorreranno ulteriori valutazioni (legate ad esempio alla “storia” subita dal bipolo, alla “stabilità” della soluzione, ecc.). 13 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 I bipoli di Thevenin e Norton sono ovviamente equivalenti tra loro; i tre parametri equivalenti sono legati dalla relazione Icc = Vo/Req e quindi il terzo si potrà dedurre dalla conoscenza dei primi due. Sarà opportuno il ricorso al teorema di Thévénin, quando l’apertura di un ramo “frantuma” significativamente una rete (es. configurazioni di sottoreti in serie), mentre il generatore equivalente di corrente sarà più facilmente valutabile nel caso di sottoreti in “parallelo” 18. Conservazione della potenza nelle reti elettriche Considerato che in regime stazionario la tensione su un lato posto tra i lati r ed s può essere espressa come differenza di potenziale ( Vrs = Vr - Vs ) e che vale la legge di Kirchhoff ai nodi r ed s, si può facilmente dimostrare che è nulla la somma - estesa a tutti i lati - delle potenze valutate con la stessa convenzione. Quindi è nulla la somma delle potenze assorbite da tutti i lati ed è nulla la somma delle potenze generate da tutti i lati. Se non si è adottata per tutti i bipoli la stessa convenzione, la somma delle potenze assorbite - estesa a tutti i lati per cui si è fatta la convenzione dell'utilizzatore - è pari alla somma delle potenze erogate - estesa a tutti i lati per cui si è fatta la convenzione del generatore -. Potenze virtuali - Teorema di Tellegen Se si considerano due reti con ugual grafo (in sostanza con lo stesso numero di nodi) e con le stesse convenzioni sui lati omologhi (r-s,r'-s'), possiamo ugualmente dimostrare che la somma delle potenze virtuali VrsIr's' estesa a tutti le possibili connessioni è nulla (I teorema di Tellegen). Come applicazione del teorema di Tellegen consideriamo da un lato una rete resistiva R alimentata da un generatore di tensione Ea (per semplicità, ideale) situato nel lato a e l’intensità di corrente Ib in un ramo b (per semplicità: un cortocircuito) e dall’altro la rete R’ modificata rispetto alla precedente solo nella posizione del generatore Eb’, che trovasi nel lato b’ omologo di b ed in cui si prende in considerazione l’intensità di corrente I a’ nel lato a’ omologo di a. La convenzione tra E a e Ia’sia congrua con la convenzione tra Eb’ e Ia (ad es. del generatore). Applicando il teorema di Tellegen alle due reti avremo: V I 0 Ea I a' Vk I k' 0 I b' V I 0 0 I a Vk' I k Eb' I b ' k k lati ' k k lati ' ' dove la sommatoria con apice è estesa a tutti i lati delle reti meno i lati a e b (a’ e b’); per questi lati, costituiti dagli stessi resistori; sarà VI’=RI I’=RI’ I=V’I e quindi Ea I’a = E’b Ib (teorema di reciprocità) In particolare se i due generatori erogano lo stesso valore della tensione, le due intensità di corrente sono uguali. Posso quindi calcolare la corrente in un ramo di una rete alimentata da un solo generatore “spostando” il generatore proprio in quel ramo e calcolando l’intensità di corrente nel ramo dove si trovava originariamente il generatore. Si può riscrivere il teorema rimuovendo le ipotesi semplificative anzidette ed anche considerando l’alimentazione con un generatore di corrente. Il teorema di Norton si applica infatti correntemente nelle reti di distribuzione dell’energia elettrica, dove i dispositivi sono collegati tra due sbarre o linee equipotenziali. 18 14 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Applicazione del teorema di Telleghen Quale applicazione del teorema di Tellegen, ed in particolare della reciprocità, si può considerare una figura “a ponte di Weathstone” in cui non si riscontrano configurazioni serie o parallelo di resistori. R2 R1 R5 I5 R3 R4 V + E R2 R1 I’1 R 5 I’5 E’5 + I’3 R3 R4 I’ Per il calcolo della corrente I5, basta considerare il secondo schema in cui il generatore è stato posizionato proprio nel ramo 5. Se poniamo E’5=E avremo quindi che il valore cercato è l’intensità della corrente I’. Essendo nel secondo schema R1 in parallelo con R2 e R3 in parallelo ad R4, avremo, applicando la regola del partitore di corrente, 15 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 R2 R4 I 5 I ' I 1' I 3' I 5' R R R R 2 3 4 1 E R5 R3 R4 R1 R2 R1 R2 R3 R4 E5' ' ReqE ' 5 R2 R4 R R R R 2 3 4 1 R2 R3 R1 R4 R R R R R R R R 2 3 1 4 2 4 1 3 E R2 R3 R1 R4 R1 R3 R5 R2 R3 R5 R1 R4 R5 R2 R4 R5 R1 R3 R2 R1 R3 R4 R1 R2 R4 R2 R3 R4 L’intensità di corrente I5 è nulla se R2R3=R1R4 . Anche la tensione V5 è nulla. Questa condizione (“ponte bilanciato”) può essere utilizzata per la misura di resistenza, avendo a disposizione due resistori di resistenza nota, un reostato ( resistenza variabile) , oltre al resistore di resistenza incognita. La condizione di “ponte bilanciato” assicura che anche al variare di E non vi è sollecitazione elettrica sul bipolo R5 anche se trattasi di bipolo generico, attivo o passivo. Quindi in tali condizioni non vi è “interferenza” tra il lato o diagonale di alimentazione ed il lato o diagonale di “rivelazione” (contenente R5 o qualsiasi altra apparecchiatura rappresentabile con un bipolo). Non amplificazione delle tensioni Considerata una rete di bipoli di cui uno solo attivo, si può dimostrare che la tensione ai capi del bipolo attivo è, in valore assoluto, la tensione più elevata. Infatti, considerato un generico nodo r interno alla rete (non collegato con il generatore), la somma delle correnti uscenti dal nodo I rs è nulla; quindi alcuni termini sono positivi ed altri negativi. Poiché i lati r-s incidenti sul nodo r contengono bipoli passivi (Vrs Irs0), avremo termini positivi e negativi anche tra le tensioni V rs. Ci sarà quindi almento un nodo s’ a potenziale maggiore di r e un nodo “ a potenziale minore. Potremmo quindi costruire una “scaletta” di potenziali che avrà un massimo ed un minimo che corrisponderanno ai morsetti del generatore: per questo lato non potremo ripetere il ragionamento suesposto essendo necessariamente (per il teorema di conservazione delle potenze) V rs Irs0. Non amplificazione delle correnti Considerata una rete di bipoli di cui uno solo attivo, si può dimostrare che l'intensità di corrente erogata dal bipolo attivo assume, in valore assoluto, il valore più grande rispetto alle intensità di corrente negli altri lati. Infatti se consideriamo un generico collegamento r-s tra due gradini contigui della “scaletta” dei potenziali, potremo separare un insieme di nodi a potenziale maggiore di r ed un insieme di nodi a potenziale minore di s. I collegamenti tra i due insiemi sono interessati, per costruzione, da intensità di corrente Irs non negative per tutti i lati fuorchè per quello (necessariamente presente) corrispondente al generatore, per cui sarà Irs<0. Quindi avremo un solo valore negativo che sarà necessariamente in modulo maggiore degli altri. Il ragionamento può estendersi a qualsiasi lato della rete. Metodo dei Potenziali Nodali Se in una rete elettrica si assumono come incognite ausiliarie i potenziali degli n nodi della rete (considerato un nodo di riferimento, avremo n-1 nuove incognite), la tensione del lato posto tra il nodo r ed il nodo s sarà Vrs=Vr-Vs e la intensità di corrente, se il bipoli sono normali, sarà del tipo Irs=(Vr-Vs+Ers)/Rrs, dove Ers è il valore della tensione del generatore (con il primo morsetto rivolto ad r) 16 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 ed Rrs è la resistenza del lato. Le n-1 equazioni indipendenti per conoscere i potenziali nodali si potranno dedurre dal bilancio delle correnti al nodo, scritto in funzione della differenza fra i potenziali nodali. Formula di Millmann Se la rete ha due soli nodi A-B ed L lati, basterà scrivere, posto VB =0 VAB VA k' Ek ' k " J k " Rk ' 1 k ' R rs dove il segno – viene inserito nel caso di generatore Ek’ con il primo morsetto rivolto verso B e generatore di corrente rivolto verso A. Scrittura per ispezione del sistema ai potenziali nodali - Conduttanze proprie e mutue Nel caso di bipoli normali, la matrice del coefficienti A nell’equazione A V + B = 0 (dove V è il vettore delle incognite potenziali nodali, di dimensioni n-1) è costituita dai termini di conduttanza propria sulla diagonale principale Grr , pari alla somma delle conduttanze dei lati incidenti nel nodo r, resi passivi . I termini fuori diagonale (r-s) vengono chiamati conduttanze mutue e rappresenta la conduttanza del lato considerato, cambiata di segno. In tal modo il sistema fondamentale può essere impostato per ispezione. 17 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Metodo delle correnti di maglia Questo metodo è il duale del metodo dei potenziali nodali. Se in una rete elettrica si considerano un insieme di ℓ-(n-1) maglie indipendenti – ad esempio considerando l’insieme dell’albero e di ciascuno degli ℓ-(n-1) lati del coalbero-, si può associare un riferimento Jk – omogeneo con una intensità di corrente - “prestato” per continuità dal riferimento per l’intensità di corrente Ik fissato nel lato del coalbero e “prolungato” all’intera maglia (“corrente fittizia di maglia”).19 Le intensità di corrente nei rami dell’albero si ottengono come semplici combinazioni delle “correnti di maglia” Jk . I “percorsi” Jk entrano ed escono da ogni nodo per cui i bilanci di corrente ai nodi, scritti in termini di Jk, si risolvono in identità: 1) I a I b I d 0 J a ( J b ) ( J b J a ) 2) I a I e I f 0 J a ( J a J f ) J f 3) I c I d I e 0 ( J f J b ) ( J b J a ) ( J a J f ) Ia 2 1 Id Ja Ie Jb If Ib Ic 4 3 Jf onsideriamo una rete lineare (costituita da bipoli normali). Se si assumono come incognite ausiliarie le ℓ-(n-1) correnti di maglia , atteso che per una rete lineare ogni caratteristica di lato potrà essere scritta in termini del tipo20 Vrs E rs R rs J k k , potremo scrivere le ℓ-(n-1) equazioni alle maglie in termini di correnti di maglia. Potremo scrivere quindi un sistema “ridotto” in termini di correnti di maglia (con opportuni accorgimenti potremo anche in questo caso pervenire ad una scrittura “per ispezione”) e quindi facilmente ricavare le incognite tensioni e correnti di lato. 19 E’ opportuno assumere intensità e riferimento di Jk congruenti con l’intensità e riferimento dell’unico lato del coalbero facente parte della k-ma maglia. 20 questa espressione non può essere scritta per un bipolo generatore di corrente ideale; in questo caso sarà opportuno considerare il ramo contenente il generatore ideale di corrente come ramo del coalbero: si avrà una corrente “fittizia” di valore noto. 18 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 I termini della sommatoria sono moltiplicati per un coefficiente (-1) se il riferimento della corrente di maglia è discorde da quello di Irs. Nel caso trattasi di un lato del coalbero, la sommatoria si riduce ad un solo termine. Il metodo delle correnti di maglia considera come incognite fondamentali le correnti di maglia, in numero di L-(N-1), potendosi ricavare in modo molto semplice le tensioni e le correnti nella rete. Le equazioni risolventi saranno le equazioni alle maglie, scritte in termini di correnti di maglia. Se si scelgono correnti di maglia come sopra indicato, esse daranno direttamente i valori delle correnti nei rami del coalbero. Anche in questo caso le equazioni possono essere scritte per ispezione. La matrice dei coefficienti sarà costituita sulla diagonale principale (Rii) dalla “resistenza di maglia” ottenuta sommando le resistenze che si incontrano nei lati della maglia, i termini fuori diagonale (Rij=Rji) rappresentano la somma dei valori delle resistenze dei lati comuni alle maglie i e j, i termini noti sono collegati alle “tensioni a vuoto” di maglia, il tutto in modo perfettamente duale al metodo dei potenziali nodali. La presenza di un generatore di corrente ideale in un lato rende non immediatamente praticabile il metodo per ispezione. Il lato che lo contiene però può essere scelto come lato del coalbero e dar luogo ad una corrente di maglia di valore noto, per cui si riduce l’ordine del sistema. Il metodo delle correnti di maglia si ritrova particolarmente utile quando il numero delle maglie è basso rispetto al numero dei lati e/o quando vi siano molti generatori di corrente. Ad esempio la figura poligonale sotto indicata (con numero di lati perimetrali del poligono qualsiasi), alimentata da generatori di corrente, dà luogo ad una sola equazione nella corrente di maglia J*, ricavandosi poi rapidamente tutte le grandezze (analogo del teorema di Millmann): J J rs Rrs Ers R rs dove il segno (-) va adoperato nel caso di discordanza tra il riferimento di J e il verso r-s. Jrs r s J 19 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Caratteristiche degli N-poli Una rete accessibile da N morsetti (poli)1,2..,N prende genericamente il nome di N-polo; una rete accessibile da N coppie (porte) di morsetti ordinati (1-1’),(2-2’),...,(N-N’) prende il nome di Nbipolo; una rete accessibile da N m-ple di morsetti (1-1’-1”-...-1(m)),..., (N-N’-N”-...-N(m)) prende il nome N-m-polo. Nel caso di una sola coppia di morsetti ordinati si ritrova il noto bipolo. La caratterizzazione degli N-bipoli può essere effettuata a partire dalla scelta della convenzione sulle singole porte (ad esempio può essere scelta per tutte le porte la convenzione dell’utilizzatore). Le singole porte possono poi essere alimentate con generatori di tensione o di corrente. La caratterizzazione dell’ N-polo viene in genere effettuata fissando per l’intensità della corrente elettrica un riferimento congruente su tutte le porte (ad esempio un riferimento entrante); poichè la rete rappresenta una struttura limitata, le intensità di corrente, supposto un funzionamento stazionario, sono tra loro dipendenti. Per il principio di conservazione della carica sarà infatti N I k 1 k 0 (1) Nella scelta della caratterizzazione dell’N-polo – su base corrente o su base tensione – si dovrà tener conto sia della (1) che della conservazione del campo elettrico stazionario. Sono previste per i generatori due configurazioni fondamentali: nella configurazione concatenata i morsetti dei generatori sono collegati in sequenza tra i poli 1_2,2_3, 3_4…,(N-1)_N,N_1, nella configurazione stellata un morsetto del generatore è collegato al polo k e l’altro ad un morsetto esterno O (centro stella) in comune con gli altri generatori. L’alimentazione in corrente non potrà prevedere quindi N generatori stellati di corrente di valore arbitrario I1,I2,…,IN: l’N-mo è dipendente dagli altri N-1. Possono viceversa essere previsti N generatori arbitrari di corrente concatenati J12,J23,…,JN1. L’alimentazione in tensione non potrà prevedere N generatori concatenati di tensione V12,V23,…,VN1 di valore arbitrario, essendo nulla la somma dei loro valori. Possono viceversa essere previsti N generatori di tensione stellati E1,E2,…,EN di valore arbitrario, collegati ad un centro stella esterno comune. Ci limiteremo in questa sede alla caratterizzazioni di N-poli lineari passivi alimentati da generatori di tensione stellati. Le intensità delle correnti I1,I2,…,IN (dette anche correnti di linea) possono essere ottenute come somma dei contributi dei singoli generatori E1,E2,…,EN (di valore arbitrario); tali contributi, trattandosi di rete lineare, sono proporzionali a valori E1,E2,…,EN ; i coefficienti di proporzionalità sono omogenei a conduttanze e saranno indicati con Gjk, dove l’indice j si riferisce alla linea (al polo) e k al generatore di tensione stellata; per j=k tale coefficiente ha il significato ordinario di conduttanza equivalente ai morsetti del generatore k (quando gli altri generatori sono spenti) e, pertanto, prende il nome di conduttanza propria o autoconduttanza del polo j; nei casi in cui j è diverso da k, si parlerà di conduttanza mutua tra i poli j e k. Le relazioni tra correnti di linea e tensioni stellate I1=G11E1+G12E2+…+G1NEN I2=G21E1+G22E2+…+G2NEN ……………………………. (2) IN=GN1E1+GN2E2+…+GNNEN 20 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 può essere riscritta in forma matriciale I G E (3) dove I rappresenta l’array delle correnti di linea ed E l’array (colonna) delle tensioni stellate. La (3) ricorda la legge di Ohm per il bipolo. La matrice delle conduttanze G G11 G12 .. G1N G 21 G 22 .. G2 N .. .. G N1 GN 2 .. .. (4) .. G NN gode delle seguenti proprietà : - ha rango inferiore a N ed il suo determinante è nullo: la matrice non è invertibile; - gli elementi della diagonale principale (autoconduttanze) sono quantità non negative; - le conduttanze mutue non possono essere quantità positive: se ad esempio G 12 fosse positiva, si avrebbe, alimentando con un generatore E2=1 V, una intensità di corrente positiva I1 secondo il riferimento entrante del polo 1; avremmo quindi, nella rete resistiva alimentata dal solo generatore E2, un nodo interno a potenziale inferiore al potenziale del secondo morsetto del generatore, che è a potenziale minimo (se la tensione del generatore è positiva); - si può mostrare che l’intensità I1 non potrà mai essere superiore in valore assoluto alla intensità I2; si avrà quindi GjkGjj; - il calcolo di Gjk e di Gkj si effettua su schemi reciproci, quindi Gjk=Gkj; - considerando che la (1) deve valere qualunque siano i valori delle tensioni dei generatori stellati, si ricava dalla (2) che la somma di tutti i coefficienti di una colonna (e quindi di riga) è nulla21. In definitiva, il numero degli elementi “essenziali” di una matrice delle conduttanze si ottiene considerando che la matrice è simmetrica e che gli elementi della diagonale principale possono ottenersi a partire dalle conduttanze mutue di riga o colonna; esso vale quindi (N 2-N)/2 ossia N(N-1)/2 . Tale numero corrisponde alle combinazioni senza ripetizione di N elementi su due posti e quindi al numero di lati in un grafo ridotto completo con N nodi propri. Possiamo quindi pensare di associare ad un N-polo una rete equivalente che si ottiene considerando un grafo ridotto completo attestato su N nodi, ciascuno corrispondente ad un polo; la figura che si genera viene chiamata poligono completo. Si può facilmente mostrare che se si parte da un N-polo strutturato come poligono completo con resistori di resistenza Rjk tra i poli j e k, la conduttanza mutua Gjk di tale N-polo è pari a –1/Rjk. In altri termini, vi è una corrispondenza biunivoca tra gli elementi Gjk di mutua conduttanza tìdi un N-polo e le resistenze Rjk di un poligono completo di resistori. Quindi possiamo “trasformare” un Npolo qualsiasi in un poligono completo di resistori di N vertici22. Poiché l’unica autoconduttanza deve essere non negativa, si conferma che il valore assoluto delle conduttanze mutue, non positive, deve essere inferiore al valore della autoconduttanza; in particolare, se quest’ultima è nulla, saranno nulli tutti gli elementi di colonna o di riga . 21 N.B. Se l’autoconduttanza è nulla, il polo corrispondente è “isolato” dagli altri. E’ da notare che con tale “trasformazione” scompaiono tutti i nodi interni della rete originaria. Se si volessero avere indicazioni, ad esempio, sui potenziali dei nodi interni, occorrerebbe ricavare tali valori a parte. 22 21 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Con riferimento a strutture a “stella”, di fondamentale impiego nella distribuzione dell’energia elettrica, ci si chiede se è possibile trasformare un N-polo generico (o anche un poligono) in una stella di N resistori23. La condizione necessaria è che sia N(N-1)/2=N. Tale operazione sarà quindi possibile solo nel caso N=3 (trasformazione triangolo-stella) 24. 23 Ovviamente, ad ogni stella è sempre associabile un poligono completo equivalente. Trasformazione stella-poligono completo Si abbia una stella di resistori di centro O; sia Rio la resistenza del resistore tra il polo i-mo ed il centro stella. L’autoconduttanza al polo i-mo si otterrà valutando la serie tra Rio ed il parallelo tra le rimanenti resistenze: 24 1 Gii Ri 0 1 N 1 k 1;( k i ) Rk 0 La conduttanza mutua Gij si otterrà considerando il partitore di corrente Gij I j I j Ii Ij Ii Gii E j Ei I i Ei Ii 1 R jo N 1 k 1( k i ) Rk 0 Gii 1 R jo 1 N 1 Ri 0 k 1( k i ) Rk 0 Queste espressioni permettono di costruire il poligono completo di resistori ( Rij 1 N 1 R k 1;( k i ) k0 1 Gij ) Se N=3 abbiamo la trasformazione stella triangolo 1 1 1 R10 1 1 R20 R30 R20 R30 R30 R20 1 R12 1 G12 R30 R20 R23 R R R10 R30 R20 R30 1 10 20 G23 R10 R31 R R R10 R30 R20 R30 1 10 20 G31 R20 R R R R R10 R30 R20 R30 R10 20 30 10 20 R20 R30 R30 Sommando le tre relazioni membro a membro abbiamo 2 1 1 1 R10 R20 R10 R30 R20 R30 1 R12 R23 R31 R10 R20 R10 R30 R20 R30 R12 R23 R10 R20 R30 R20 R10 R20 R30 da cui R20 R12 R23 R12 R23 R31 R10 R12 R31 R12 R23 R31 R30 R31 R23 R12 R23 R31 che costituiscono la trasformazione triangolo-stella. Se le tre resistenze della stella sono uguali (R10=R20=R30=RY) anche le tre resistenze del triangolo sono uguali (R12=R23=R31=R) ed avremo RY=R/3. 22 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Caratteristiche degli N-bipoli Ricordiamo che una rete accessibile da N coppie (porte) di morsetti ordinati (1-1’),(2-2’),...,(NN’) prende il nome di N-bipolo (N-porte). La caratterizzazione degli N-bipoli può essere effettuata a partire dalla scelta della convenzione sulle singole porte (ad esempio può essere scelta per tutte le porte la convenzione dell’utilizzatore). Le singole porte possono poi essere alimentate con generatori di tensione o di corrente. Non vi è alcun vincolo per le tensioni e le correnti. Nella scelta della caratterizzazione dell’N-bipolo – su base corrente o su base tensione – si potrà procedere come per l’N-polo, ricordando che non ci sono vincoli per i generatori. Sono previste per i generatori due configurazioni fondamentali (alimentazione in corrente e alimentazione in tensione) ed altre ibride (generatori di corrente su alcune porte e di tensione su altre). L’alimentazione fondamentale arbitrario I1,I2,…,IN. in corrente prevede quindi N generatori di corrente di valore L’alimentazione fondamentali in tensione prevede N generatori di tensione V1,V2,…,VN di valore arbitrario applicati alle N porte Ci limiteremo in questa sede alla caratterizzazioni di N-bipoli lineari passivi nelle configurazioni fondamentali, sottolineando però che vi sono configurazioni ibride di un certo rilievo e diffusione, il cui modello è facilmente ricavabile. Le relazioni tra correnti e tensioni alle porte (alimentazione su base tensione) è la seguente I1=G11V1+G12V2+…+G1NVN I2=G21V1+G22V2+…+G2NVN ……………………………. (2) IN=GN1V1+GN2V2+…+GNNVN che può essere riscritta in forma matriciale I G V (3) dove I rappresenta l’array delle correnti ed V l’array (colonna) delle tensioni. La matrice delle conduttanze G G11 G12 .. G1N G 21 G 22 .. G2 N .. .. G N1 GN 2 .. .. (4) .. G NN gode delle seguenti proprietà : - ha rango stavolta uguale a N (il suo determinante è nullo): la matrice è invertibile; - gli elementi della diagonale principale (autoconduttanze) sono quantità non negative; - le conduttanze mutue possono essere quantità positive o negative; - per la proprietà di non amplificazione delle correnti, l’intensità I k non potrà mai essere superiore in valore assoluto alla intensità Ij, dove sia considerato un generatore; si avrà quindi GjkGjj; 23 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 - il calcolo di Gjk e di Gkj si effettua su schemi reciproci, quindi Gjk=Gkj; In definitiva, il numero degli elementi “essenziali” di una matrice delle conduttanze si ottiene considerando che la matrice è simmetrica; esso vale quindi [N+ (N2-N)/2] ossia N(N+1)/2 . Poichè la matrice è invertibile, si può anche considerare la relazione V G 1 I R I dove la matrice delle resistenze è l’inversa della matrice delle conduttanze. E’ appena il caso caso di notare che l’elemento Rij non è l’inverso di Gij; basti pensare, tra l’altro che gli elementi della matrice delle conduttanze vengono ricavati in condizioni di cortocircuito su N-1 porte gli elementi delle resistenze in condizione di aperto su N-1 porte. Doppi bipoli Nel caso di due coppie di morsetti la matrice delle conduttanze e quella delle resistenze avranno 3 elementi indipendenti (due di auto e uno di mutua). Il modello su base corrente V1 R11 I 1 Rm I 2 V2 Rm I 1 R22 I 2 porta a considerare uno schema equivalente a T (T1 o T2 a seconda che sia Rm positivo o negativo), in cui Ra Rb Ra Rb 1 1 2 R Rc R m 1 2 Rc Rc 1’ Ra R11 Rm 1’ 2’ 1’ 2’ Rb R22 Rm T2 T1 Il modello su base tensione I 1 G11V1 GmV2 I 2 GmV1 G22V2 porta a considerare uno schema equivalente a Π (Π1 o Π2 a seconda che sia Gm negativo o positivo), in cui Gc Gc 1 Gc G m 2’ 1 2 Ga Gb Ga Gb Ga G11 Gm 1’ 2 1’ 2’ Gb G22 Gm Π1 Π2 24 2’ 2 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Trasformatore ideale Trattasi di un doppio bipolo ideale, caratterizzabile con parametri ibridi o, più semplicemente dalle relazioni v1/v2=a , i1/i2=-1/a (a - detto rapporto di trasformazione- è numero reale diverso da zero). Esso può essere letto come trasformatore di tensione e/o di corrente. Le tensioni e le correnti s’intendono costanti o variabili nel tempo. Il trasformatore ideale è trasparente alla potenza istantanea. Bipoli in regime variabile (quasi stazionario): il resistore, l’induttore ideali . il condensatore e Se le grandezze sono variabili nel tempo, ma possiamo sempre parlare di una unica determinazione per l’intensità della corrente e della tensione, parleremo di bipoli in regime variabile quasi stazionario. Definiamo resistore ideale in tali condizioni il bipolo per cui valga la relazione v(t)=Ri(t) qualunque siano i valori di tensione e corrente e qualunque sia t. Definiremo condensatore ideale in condizioni quasi stazionarie il bipolo per cui valga la relazione i(t)=dq/dt=Cdv/dt dove la i è correlata alla variazione della carica q sulle armature del condensatore; il condensatore è un bipolo dinamico, in quanto abbiamo una relazione differenziale tra tensione e corrente. Il coefficiente C può essere in prima approssimazione considerato pari al rapporto tra carica e tensione in condizioni stazionarie (Capacità del condensatore). L’ intensità di corrente in un condensatore è in relazione differenziale con la tensione. Tale relazione è lineare, ma non è sufficiente a fornirci le informazioni per risalire al valore della tensione; infatti, considerando la convenzione dell’utilizzatore, si ha in un generico istante t 1 t dv 1 1 ic C c vc t1 ic dt vc t o dt C t0 (*) dove to è un qualsiasi istante di riferimento. Si vede quindi che se posso conoscere la tensione in un certo istante t 1 solo se conosco il valore della stessa in un istante precedente e l’andamento dell’intensità della corrente nell’intervallo tra gli istanti to e t1. La tensione ai capi di un induttore è in relazione differenziale con l’intensità della corrente. Tale relazione è lineare, ma non è sufficiente a fornirci le informazioni per risalire al valore dell’intensità di corrente; infatti, considerando la convenzione dell’utilizzatore, si ha in un generico istante t1 t vL L 1 di L i L t1 v L dt i L t o dt t0 (**) dove to è un qualsiasi istante di riferimento. Si vede quindi che posso conoscere l’intensità della corrente in un certo istante t 1 solo se conosco il valore della stessa in un istante precedente e l’andamento della tensione nell’intervallo tra gli istanti t o e t1. La caratteristica dinamica lega una grandezza con la derivata dell’altra. Nel condensatore l’intensità della corrente è proporzionale (con la convenzione dell’utilizzatore, tramite il coefficiente C capacità) alla derivata della tensione. Nell’induttore la tensione è proporzionale (con la convenzione dell’utilizzatore, tramite il coefficiente L induttanza) alla derivata della corrente. La tensione sul condensatore e l’intensità della corrente nell’induttore sono funzioni di stato, legate all’energia immagazzinata. Per ricavare il valore in un istante generico t, occorre conoscere il valore ad un istante di riferimento e l’integrale della intensità della corrente nel condensatore e della tensione sull’induttore tra l’istante di riferimento e l’istante t. Tali grandezze di stato risultano quindi continue nei casi ordinari e possono essere considerate funzioni-memoria. I bipoli suddetti sono lineari nelle relazioni differenziali, sono lineari nelle relazioni integrali solo se scarichi nell’istante iniziale di riferimento . 25 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Esempio di rete del primo ordine (circuito RC serie) : + R C e VC iC Calcolare vc(t) ed ic(t) nei seguenti casi: Primo caso: e(t)=0 per t<0, e(t)=E=10 V per t>0; C=1 nF; R=0,1 -1–10 Secondo caso: e(t)=-E=-10V per t<0, e(t)=E=10 V per t>0; C=1 nF; R=0,1 -1–10 Terzo caso e(t)=-E=-10V per t<0, e(t)=E sen ωt (E=10 V; ω=314 rad/s) per t>0; C=1 nF; R=0,1 -1–10 Quarto caso: e(t)=E sen ωt (E=10 V; ω=314 rad/s) per t<0, e(t)=E= e(t)=Ecos ωt per t>0; C=1 nF; R=0,1 1–10 La soluzione è del tipo v c (t ) k v e i c (t ) k i e t v cp (t ) t icp (t ) RC Osserviamo che nel primo caso la tensione sul condensatore è sempre nulla per t<0, nel secondo e terzo caso è pari a -10 V, nel quarto caso è sinusoidale e vale 1 1 1 1 C v c (t ) E sen t arctg sen arctg v c (0) E L’integrale 2 2 2 RC 2 RC 1 1 2 2 R R C C C particolare nel primo e nel secondo caso vale E=10V, nel terzo caso vale 1 C 1 sen t arctg 2 2 RC 1 R2 C vcp (t ) E nel quarto caso 1 C 1 cos t arctg 2 2 RC 1 R2 C vcp (t ) E In tutti i casi la costante vale k v vc (0) vcp (0) Osserviamo ancora che nel primo caso l’intensità di corrente è sempre nulla per t<0 nei primi tre casi, nel quarto caso è sinusoidale e vale i c (t ) 1 sen t arctg RC 1 2 R C E 2 26 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 L’integrale particolare nel primo e nel secondo caso è nullo, nel terzo caso vale icp (t ) 1 sen t arctg RC 1 R2 C E 2 nel quarto caso icp (t ) 1 cos t arctg RC 1 R2 C E 2 In tutti i casi la costante vale k i ic (0) icp (0) e(0) vc (0) icp (0) R Esempi di reti del primo ordine (R-L) iL + e R VL Dinamica delle reti – sistema fondamentale – Dati iniziali Il sistema fondamentale per una rete di l lati consta di l equazioni topologiche (sempre algebriche) e di l equazioni caratteristiche di cui n=nL+nC equazioni differenziali relativi a n L ed nc induttori e condensatori indipendenti. Nel caso di sistema lineare, la soluzione è nota a meno di n costanti arbitrarie, che andranno valutate in base al teorema di unicità di Cauchy, cioè in base alla determinazione del valore della funzione e delle sue n-1 derivate. Considerato lo zero come istante di riferimento, indicheremo con 0- e 0+ rispettivamente due istanti infinitamente vicini allo zero da sinistra e destra e con f(0-) ed f(0+) il limite sinistro e destro della funzione f(t) nel punto zero. 27 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Parte Seconda RETI ELETTRICHE IN REGIME SINUSOIDALE Le funzioni periodiche del tempo a(t) sono caratterizzate da un periodo T tale che, per ogni t, sia a(t)=f(t+kT) con k intero qualsiasi. L’inverso del periodo f=1/T viene detto frequenza; f si misura in hertz [inverso del secondo]. Le funzioni periodiche sono caratterizzate da un valore massimo (o picco positivo) e da un valore minimo25, da un valore medio nel periodo e da un valore medio quadratico ( rms: root mean square) o valore efficace nel periodo Amedio 1 T t 0 T t0 a (t )dt Arms Aeff A 1 T t0 T a 2 (t )dt t0 Le funzioni periodiche a valor medio nullo si dicono alternative. Una funzione alternativa rettangolare ha il valore efficace coincidente con il valore massimo. Una funzione sinusoidale del tipo 2 a(t ) AM sen t AM sen2ft AM sent T è periodica di periodo T, frequenza f e pulsazione , fase iniziale , è alternativa ed il suo valore efficace è pari a Aeff AM 2 0,707... AM Il punto di nullo più prossimo allo zero è l’istante t*=-/. Pertanto se =0 la funzione è tipo seno, se =/2 la funzione è del tipo coseno. Una funzione b(t)=BMsen(t+) è sfasata dell’angolo (-) rispetto ad a(t); se tale angolo è positivo, b(t) è sfasata in anticipo rispetto a a(t), se è negativo è sfasata in ritardo rispetto ad a(t); se il suddetto angolo di sfasamento è nullo, le due grandezze si dicono in fase, se l’angolo di sfasamento è le due grandezze si dicono in opposizione di fase, se l’angolo è /2 le due grandezze si dicono in quadratura (in anticipo o ritardo). Osserviamo che se consideriamo la somma o la differenza di due funzioni sinusoidali della stessa pulsazione otteniamo una grandezza sinusoidale della stessa pulsazione; moltiplicando una funzione sinusoidale per una costante positiva [negativa] abbiamo una funzione sinusoidale della stessa pulsazione in fase [in opposizione di fase]; derivando rispetto al tempo una funzione sinusoidale abbiamo una funzione sinusoidale della stessa pulsazione in quadratura in anticipo. Poiché il sistema fondamentale prevede relazioni del tipo anzidetto, se ne deduce che una soluzione sinusoidale di pulsazione è compatibile con un sistema in cui i generatori (i termini noti) siano sinusoidali della stessa pulsazione; applicando il principio di identità dei polinomi trigonometrici, si può anche concludere che la soluzione è unica; tutte le grandezze incognite hanno pulsazione . Le grandezze si diversificano quindi solo per l’ampiezza e la fase iniziale; possiamo quindi stabilire una corrispondenza biunivoca tra le funzioni sinusoidali e le coppie ordinate di numeri reali (numeri complessi) ossia i punti del piano cartesiano: a(t ) AM sent ( AM , ) A( Ax AM cos , Ay AM sin ) AM e j Ax jAy L’operatore di Eulero ej, formalmente definito come (cos+jsen), è un operatore di rotazione: applicandolo ad un vettore Ā (fasore) del piano della rappresentazione – corrispondente della grandezza sinusoidale a(t)- si ottiene un vettore ruotato di α. Se in particolare α=/2, si ha ej=j; 25 Ovviamente una funzione costante è un caso banale di funzione periodica. 28 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 un’altra rotazione di /2 porta al vettore opposto ad Ā: infatti e j=j2=-1; una ulteriore rotazione di /2 ci porta ad una rotazione complessiva ej3=j3=-j corrispondente ad una rotazione (“negativa”) di -/2: ej/2=-j=1/j; una ulteriore rotazione di /2 ci riporta sul vettore originario: e j2=j4=1 Alle operazioni di addizione, sottrazione e moltiplicazione per costante nel dominio nel tempo corrispondono addizione, sottrazione e moltiplicazione per costante nel dominio della rappresentazione simbolica. All’operazione di derivazione corrisponde una moltiplicazione per jω ovvero una rotazione di /2 ed una modifica dell’ampiezza. N.B. Nella corrispondenza la coppia ordinata di numeri reali può essere sostituita (per tutti i fasori) da un valore univocamente legato all’ampiezza (ad esempio il valore efficace) e da un riferimento angolare qualsiasi. Operatori complessi In generale le operazioni tra fasori corrispondono ad una rotazione e modifica di ampiezza. L’operatore che le descrive avrà la forma M M e j M x jM y M cos jMsen con M modulo dell’operatore, argomento dell’operatore. Circuito R-C in regime sinusoidale Se consideriamo un circuito semplice costituito da un generatore ideale di tensione e(t)=E Msen(ωt+), un resistore di resistenza R ed un condensatore di capacità C, potremo ricavare per la corrente erogata dal generatore l’espressione e(t ) v R (t ) vc (t ) E VR Vc v R Ri R VR RI dvc I c jCVc dt X jarctg c EM E ja R I IM e e ic (t ) 2 2 R jX c R Xc ic C EM R 2 X c2 sen(t arctg Xc ) R dove Xc=1/ωC è la reattanza capacitiva. Operatori di impedenza e ammettenza Nel metodo simbolico, il legame tra tensione e corrente per un bipolo si esprime nella forma (legge di Ohm alle grandezze simboliche, convenzione dell’utilizzatore): V Z I oppure I YV (***) (operatori di impedenza e di ammettenza) V V e j V Z M j M e j ( ) Ze j R jX I IM IM e I I 1 R X Y M e j ( ) Ye j e j G jB 2 j 2 2 V VM Z R X R X2 L’argomento φ, per motivi che vedremo in seguito, prende il nome di angolo di potenza. La parte reale R dell’operatore di impedenza è l’operatore di resistenza, il coefficiente della parte immaginaria X è l’operatore di reattanza. L’impedenza si misura in ohm. 29 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 La parte reale G dell’operatore di ammettenza è l’operatore di conduttanza; il coefficiente dell’immaginario è l’operatore di suscettanza. L’ammettenza si misura in siemens. Da notare che G non è l’inverso di R e B non è l’inverso di X. Nel caso del resistore ideale si ha Ż=R+j0, Y G j 0 , con R=1/G pari al valore di resistenza. La tensione è in fase con l’intensità di corrente. Nel caso dell’induttore ideale si ha Ż=0+j(XL), Y 0 j ( BL ) , dove XL=L è la reattanza induttiva (mentre BL=1/L è la suscettanza induttiva). La tensione è in quadratura ed in anticipo rispetto all’intensità di corrente. Nel caso del condensatore ideale si ha Ż=0+j(-XC), Y 0 j ( BC ) , dove XC=1/C è la reattanza capacitiva (mentre BC=C è la suscettanza capacitiva). La tensione è in quadratura ed in ritardo rispetto all’intensità di corrente. Queste considerazioni inducono ad interpretare l’operatore di impedenza come una “serie” formata da un resistore ideale R e da un reattore ideale X (=X L-XC), ovvero, con un grado di libertà, come un circuito RLC serie; l’operatore di ammettenza può essere a sua volta interpretato come un “parallelo” formato da un resistore ideale di conduttanza G e da un reattore ideale di suscettanza B (=B C-BL), ovvero, con un grado di libertà, come un circuito RLC parallelo. Data la relazione tra i due operatori, si deduce che ad ogni circuito RLC serie corrisponde un circuito RLC parallelo26. I casi X=0 e B=0 corrispondono ai circuiti risonanti (serie e parallelo) equivalenti a resistori ideali. Se R=X=0 siamo in presenza di un bipolo corto-circuito ideale. Se G=B=0 siamo in presenza di un bipolo aperto ideale. La (***) può essere scritta per qualsiasi bipolo formalmente rappresentabile, non solo del tipo RLC. Può essere scritta anche per un generatore reale o ideale: in tal caso il bipolo non può essere ricondotto ad un circuito equivalente RLC.27 Consideriamo un bipolo di morsetti r-s funzionante in regime sinusoidale. Consideriamo la potenza istantanea assorbita dal bipolo: p rs t v rs t irs t VMrs sin t rs I Mrs sin t rs VMrs I Mrs cos rs rs cos2t rs rs 2 Vrs I rs cos rs rs cos2t rs rs Vrs I rs cos rs cos2t 2 rs rs Pmrs p frs (t ) La potenza istantanea quindi in genere non è una grandezza sinusoidale, ma è caratterizzabile da un valore medio Pm (detto potenza media, attiva o reale) e da una potenza fluttuante sinusoidale a pulsazione doppia. L’energia assorbita da un bipolo in un intervallo t pari ad un multiplo intero di periodi risulta pari a Pmt, in quanto il contributo della potenza fluttuante è nullo. Se l’intervallo t non fosse esattamente pari ad un multiplo intero di periodi, il contributo all’energia assorbita fornito dalla potenza fluttuante sarebbe tanto più trascurabile quanto più t è grande rispetto al periodo. La potenza fluttuante è tuttavia significativa. Basti pensare che essa ha un valore massimo superiore o uguale alla potenza media e che, considerando un bipolo reale, le sollecitazioni meccaniche sono legate alla potena istantanea. Ad esempio all’albero di un motore potrebbe essere applicata una coppia 26 27 Ovviamente con diversi valori di R,L,C (>0) e con un grado di libertà sulla scelta di L e C. Può tuttavia essere sostituito da un circuito RLC se risulta R0, G0. 30 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 istantanea anche superiore alla coppia media; ciò porterebbe ad una sollecitazione di torsione intollerabile ovvero ad una sollecitazione “a fatica” che limiterebbe le prestazioni meccaniche a lungo termine. Nel caso di bipoli resistivi, la potenza media è pari a RI 2, dove I è il valore “efficace” (come se considerassimo un caso stazionario), mentre nel caso di bipoli induttore (=π/2) e condensatore (=π/2) la potenza media è nulla . Per un circuito RLC l’angolo di potenza è compreso tra –π/2 e π/2 ed il fattore di potenza cos tra 0 ed 1. Se risulta cos<0 siamo sicuramente in presenza di un generatore o di un bipolo attivo (un bipolo si dirà passivo se in ogni condizione di funzionamento la potenza media assorbita risulterà non negativa). La potenza apparente (che compare sulla targa dei dispositivi) è definita come prodotto del valore efficace della tensione per il valore efficace della corrente; essa è una quantità positiva ed è da intendersi come potenza di dimensionamento, in quanto il suo valore è proporzionale al volume occupato dal dispositivo (la distanza tra i morsetti è proporzionale alla tensione mentre la sezione dei conduttori è proporzionale all’intensità della corrente) e quindi al suo costo. Per ogni bipolo si può introdurre una grandezza complessa formale, detta potenza complessa, che abbia come modulo la potenza apparente e come argomento l’angolo di potenza . Essa si può ottenere moltiplicando il fasore della tensione per il coniugato del fasore dell’intensità di corrente ~ Prs Vrs I rs Vrs e j rs I rs e j rs Vrs I rs (cos rs jsen rs ) Prs jQrs La grandezza Qrs prende il nome di potenza reattiva. Poichè la potenza complessa è una potenza virtuale (le correnti coniugate soddisfano per loro conto al 1° principio di Kirchhoff), per il teorema di Tellegen essa si conserva. Ne consegue la conservazione delle potenze reattive in una rete. Rifasamento La potenza reattiva Q assorbita da un bipolo è, in genere, dello stesso ordine di grandezza della potenza media P; nel caso di bipolo passivo, la potenza reattiva ci dà indicazione se il bipolo è prevalentemente di tipo ohmico-induttivo (Q>0) o di tipo ohmico-capacitivo (Q<0). Il dimensionamento di un bipolo è legato alla potenza apparente A VI P 2 Q 2 Per ottimizzare tale dimensionamento – a parità di potenza media in gioco e quindi di energia – occorrebbe che fosse Q=0. Tutti i bipoli dovrebbero essere modificati in maniera da avere tensione e correnti in fase. Ciò è in linea di principio possibile se tutti i generatori ideali sono in fase o in opposizione di fase. In tal caso sarebbe possibile “aggiungere” (in serie o in parallelo) una reattanza tale che la reattanza (o suscettanza) equivalente sia nulla, ossia i bipoli siano risonanti (rifasamento locale serie o parallelo). In genere questa soluzione risulta molto gravosa. Dal punto di vista industriale, un compromesso si ottiene considerando l’utenza (quasi sempre di tipo ohmico induttivo con angolo di potenza >26°) nel suo complesso ed inserendo un bipolo (condensatore in parallelo al carico) in maniera che l’Ente fornitore “veda” un fattore di potenza cosL>0,9 (L<26°). Dal bilancio di potenza complessa o da considerazioni sul diagramma vettoriale delle grandezze simboliche otteniamo che il valore della capacità necessaria a rifasare un carico di potenza P sotto tensione V vale C P(tg tg L ) V 2 Circuiti risonanti 31 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Un circuito in regime sinusoidale, comunque complesso, nel quale siano presenti resistenze, induttanze e capacità e un solo elemento attivo si dice in risonanza quando rispetto al generatore che lo alimenta si comporta come un circuito puramente ohmico. Consideriamo per semolicità il circuito RCL serie illustrato in Fig.1. Fig. 1 – Circuito RLC serie. Consideriamo il funzionamento in regime sinusoidale di tale circuito. Il fasore Eˆ . Iˆ I m e j rappresentativo della corrente i(t ) I m sen(t ) è dato da Iˆ Z eq ˆ Dove E Em rappresenta il fasore relativo alla tensione del generatore e(t) Em sen(t) e 1 è l’impedenza equivalente della serie del resistore, dell’induttore e del Zeq R jL C condensatore. Il modulo del fasore corrente è: Im Em 2 1 R2 L C . (1) Consideriamo, ora, l’andamento del modulo della corrente Im al variare della pulsazione ω. È immediato verificare che il valore del modulo Im tende a zero per ω→0 e per ω→ , mentre assume il suo valore massimo in corrispondenza della pulsazione caratteristica del circuito: 0 1 LC (2) La pulsazione (2) prende il nome di pulsazione di risonanza. E’ facile verificare che per tale valore della pulsazione la parte immaginaria dell’impedenza Z eq è uguale a zero, perché la reattanza del condensatore è l’opposta di quella dell’induttore, e quindi il modulo di Z eq assume il valore minimo. 32 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Il valore della corrente alla pulsazione di risonanza è quindi uguale a Em R , cioè, alla corrente che si avrebbe se nel circuito vi fosse solo il resistore. Inoltre, alla risonanza è immediato verificare che la tensione del condensatore VˆC è l’opposto di quella dell’induttore VˆL , e quindi la tensione sul resistore è uguale a quella del generatore. In definitiva, alla pulsazione di risonanza il circuito, rispetto alla tensione che lo alimenta, si comporta come se fosse puramente ohmico (la serie L-C è equivalente ad un cortocircuito). Si osservi che valgono analoghe considerazioni per il circuito RLC parallelo. In questo caso tuttavia al posto della corrente va considerata la tensione sui tre carichi in parallelo (alla risonanza il parallelo LC si comporta come un circuito aperto). I circuiti risonanti, almeno da un punto di vista di principio, sono quelli che si utilizzano nelle telecomunicazioni quando si voglia selezionare un segnale di un data frequenza presente in tutto lo spettro che il sistema ricevente raccoglie. La selezione avviene facendo variare la frequenza di risonanza del sistema ricevente che si “accorda” con la frequenza cercata grazie al fatto che a quella frequenza si ha un picco di corrente. Occorre tuttavia ricordare, soprattutto nel caso di impianti di potenza, la tensione sul condensatore e sull’induttore –RLC serie- [l’intensità di corrente nel caso del circuito parallelo] potrebbe assumere valori elevati e quindi pericolori. Infatti si può mostrare che il valore efficace della tensione sul condensatore [dell’intensità di corrente nell’induttore nel caso parallelo] è, alla pulsazione di risonanza, pari al valore efficace della tensione del generatore moltiplicato per il fattore di merito Qs o L R 1 o RC [Q p o RC R ] o L che può assumere valori molto elevati per R tendente a zero [per R tendente a infinito]. Un circuito RLC può quindi assumere il ruolo di amplificatore passivo, non valendo più in generale le ipotesi di non amplificazione valide il regime stazionario 28. La relazione (1) può essere riportata in una curva universale di risonanza, valida per qualsiasi circuito RLC, in cui si riporta in ordinata il rapporto I(ω)/ I(ωo) tra il valore efficace della intensità di corrente alla pulsazione generica e il valore efficace alla pulsazione di risonanza; in realtà si fa riferimento – in ascissa- al prodotto dello scostamento relativo 0 0 dalla pulsazione di risonaza per il fattore di merito Qo. Sulla curva risultante può identificarsi agevolmente la banda passante del circuito 29. Bipoli reattivi (cenni) Si può dimostrare che una rete di bipoli L e C, presenta ai morsetti di accesso A-B, una reattanza equivalente che è sempre crescente con la pulsazione, tranne nei poli, in cui si verifica una discontinuità di seconda specie (pulsazioni di risonanza parallelo). Avremo quindi in un diagramma X(ω) un alternanza di zeri – pulsazioni di risonanza serie- e di poli – pulsazioni di risonanza parallelo. A partire da questa proprietà (teorema di Foster) è possibile progettare gli opportuni filtri per eliminare componenti “armoniche” indesiderate nell’alimentazione. 28 Si può mostrare che la proprietà di non amplicazione continua a valere anche in regime sinusoidale per le reti resistive e per le reti RL o RC, oppure solo L o solo C. 29 Si definisce banda passante l’intervallo di frequenza – ad esempio intorno alla frequenza di risonanza – in cui il valore efficace della grandezza in esame non diminuisce oltre un certo valoreFissando questo valore a 1/√2=0,707.. si definisce in acustica ed in elettronica la banda a 3 dB (il decibel è pari al logaritmo in base 10 dell’attenuazione e serve a “adattare” la valutazione della grandezza alla risposta dell’orecchio umano). 33 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Parte Terza : SISTEMI TRIFASE Definizioni fondamentali: Sistema trifase : Per sistema polifase in regime sinusoidale si intende un collegamento di n-poli attraverso n linee o fasi. Le tensioni tra i poli si dicono concatenata. Il sistema di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica in Italia è un sistema trifase. Esistono, per diverse applicazioni, sistemi con un numero di fasi superiore, in genere un multiplo di tre (6,12,48,…). Sistema puro e spurio : se gli n-poli sono a stella, è possibile collegare tra loro con un (n+1)-mo conduttore ( neutro) i centri stella. In questo caso il sistema si dice spurio; ad esempio, il sistema trifase di distribuzione in bassa tensione in Italia è un sistema spurio: oltre ai tre conduttori di fase R-S-T è disponibile un quarto conduttore “neutro” N (oltre ad un eventuale altro conduttore di protezione P). Il sistema di distribuzione in media tensione è invece un sistema puro, con tre sole linee. In un sistema spurio le correnti di linea non dipendono dai carichi (impedenze) delle altre linee. Sistemi simmetrici ed equilibrati: un sistema polifase si dice simmetrico (diretto o inverso) se le tensioni di alimentazione sono simmetriche (diretto o inverso) , ossia se i moduli sono uguali ed ogni tensione è in ritardo (in anticipo per la simmetria inversa) di 2π/n rispetto alla tensione che la precede nella sequenza. Se le tensioni sono simmetriche, i fasori rappresentano un poligono regolare di n lati. Se anche le correnti di linea sono simmetriche, il sistema si dice equilibrato. In un sistema simmetrico ed equilibrato l’intensità di corrente nell’eventuale conduttore neutro è nulla. In un sistema simmetrico ci si riferisce in genere al valore efficace della tensione concatenata ( tensione di sistema). Potenza nei sistemi trifase: in un sistema trifase simmetrico ed equilibrato la potenza fluttuante erogata dai generatori è nulla. La potenza istantanea quindi coincide con la potenza media: la sollecitazione meccanica legata alla coppia istantanea non ha quindi un termine di “fatica”, determinando così prestazioni ottimali. Un sistema trifase simmetrico ed equilibrato consentirebbe, a parità di energia trasmessa, un risparmio del 50% sui conduttori rispetto a tre sistemi monofasi. In un sistema spurio, il carico è di norma “quasi” equilibrato, il conduttore neutro può essere realizzato della stessa sezione dei conduttori di fase e quindi si ha un risparmio di 1/3 rispetto a tre sistemi monofase. Teorema di Aron: in un sistema trifase puro (anche dissimmetrico e squilibrato), la potenza complessa può essere calcolata valutando le tensioni rispetto ad un riferimento qualsiasi (invarianza della potenza rispetto al centro stella) ; prendendo come riferimento un polo k , essa può essere quindi espressa con somma di solo due termini considerando il prodotto del fasore delle tensioni concatenate di una delle due linee rispetto alla terza linea k con il coniugato del fasore della corrente della linea. Per la misura della potenza media e della potenza reattiva in un sistema puro bastano quindi due wattmetri e due varmetri. Illustrazione della trasmissione dell’energia elettrica con schema unifilare Livelli tipici di tensione (AT, MT, bt) – Tipi di collegamento 34 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Trasformatore ideale Trattasi di un doppio bipolo ideale, caratterizzabile con parametri ibridi o, più semplicemente dalle relazioni v1/v2=a , i1/i2=-1/a (a - detto rapporto di trasformazione- è numero reale diverso da zero). Esso può essere letto come trasformatore di tensione e/o di corrente. Le tensioni e le correnti s’intendono costanti o variabili nel tempo. Il trasformatore ideale è trasparente alla potenza istantanea. Per numerose applicazioni, si considera il funzionamento in regime sinusoidale. In tal caso, il trasformatore ideale si mostra trasparente alla potenza complessa. Il trasformatore ideale si comporta anche come trasformatore d’impedenza: se Zu è un’impedenza collegata alla seconda porta, l’impedenza equivalente alla prima porta vale Z1eq=a2Zu. Circuiti magneticamente accoppiati L’accoppiamento magnetico tra due circuiti di coefficienti di autoinduzione L 1, L2 e mutua induzione M è valutato dal coefficiente k=M/√ L1L2. Tale coefficiente è in valore assoluto non superiore all’unità, dovendo essere non negativa l’energia magnetica, funzione quadratica delle correnti, con parametri L 1, L2,M . Per k=±1, l’accoppiamento si dice perfetto: l’energia magnetica è nulla (il campo magnetico è nullo in tutto lo spazio) anche se le correnti non sono nulle, ma nel rapporto │ i1/i2│= √L2 /L1. Due circuiti accoppiati possono essere studiati con il modello del doppio bipolo, matrice Z. Nel caso di accoppiamento perfetto, il doppio bipolo è equivalente ad un trasformatore ideale con un induttore L1 [L2] in parallelo sulla prima [seconda] porta. Tale doppio bipolo è equivalente quindi in genere ad un trasformatore di tensione e non è trasparente alla potenza reattiva; rispetto ad un trasformatore di corrente è presente la corrente a vuoto alla prima [seconda] porta. Tale corrente sarà nulla se alla seconda [prima] porta è collegato un bipolo cortocircuito: in tal caso il doppio bipolo si comporta come un trasformatore di corrente, ma ambedue le tensioni sono nulle. L’intensità della corrente a vuoto è tanto più trascurabile quanto più grande è la reattanza ωL1 rispetto al modulo di Z1eq=a2Zu Se l’accoppiamento non è perfetto possiamo considerare la scomposizione L 1=L1‘+L1” e L2= L2‘ + L2“ tali che tra L1 “ e L2“ vi sia la condizione di accoppiamento perfetto. Una delle due induttanze L’ può essere scelta ad arbitrio (ad esempio nulla). Se (in particolare per avvolgimenti a molte spire) si introducono i coefficienti di dispersione (scarto relativo tra i flussi di dispersione medio auto e mutuo concatenato, dove con flusso medio si intende il flusso concatenato riferito al numero di spire), si possono definire le induttanze di dispersione pari al prodotto dei coefficienti di dispersione con le induttanze L 1, L2. Se si assumono come L’ le due induttanze di dispersione, la rete equivalente prevede tra l’altro un trasformatore ideale con rapporto di trasformazione pari al rapporto spire. Sui richiami alla teoria dei campi magnetici si faccia riferimento al capitolo secondo dell’appendice del testo consigliato; per le proprietà dei campi magnetici in presenza di materiali ferromagnetici anche alla appendice III. Per gli argomenti successivi si faccia ampio riferimento al testo consigliato ed alle appendici indicate. 35 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Parte Terza - APPLICAZIONI IL TRASFORMATORE REALE Il trasformatore reale – Perdite nel ferro -Rete equivalente del trasformatore reale – Reti semplificate Prova a vuoto- Reti equivalenti semplificate del trasformatore reale - Prova in Corto circuito Tensione di cortocircuito - Caduta di tensione nei trasformatori - Rendimento di un trasformatore Parallelo di trasformatori LA MACCHINA ASINCRONA Campo rotante (vedi anche appendice IV) - Rete equivalente del motore asincrono - Bilancio energetico – coppia motrice in funzione dello scorrimento – Avviamento - Regolazione della velocità Cenno sui motori a gabbia -enni sul motore asincrono monofase. STRUMENTI DI MISURA Strumenti di misura – Errori - Strumenti magnetoelettrici - Strumenti elettrodinamici - IMPIANTI ELETTRICI - PROTEZIONE E SICUREZZA Considerazioni generali sugli impianti di produzione, trasmissione, distribuzione ed utilizzazione dell’energia elettrica. Protezione da sovratensioni e sovracorrenti. Elementi di sicurezza elettrica. Cenni sugli impianti di terra. Problematiche di sicurezza e protezione associati al fulmine (appendice VI, in preparazione) ELEMENTI DI ELETTRONICA DI POTENZA (appendice VII, in preparazione) 36 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Appendice I LE EQUAZIONI DI MAXWELL IN FORMA LOCALE Laddove le grandezze (scalari e vettoriali) presenti nelle (0.1)-(0.4) siano continue e derivabili , il campo elettromagnetico può essere descritto in tutti i punti dello spazio attraverso gli operatori differenziali spaziali e temporali divergenza e rotore 30 B t (2’) E 0 (1’) E (3’) B 0 E (4) B 0 J 0 t Per integrare queste equazioni nello spazio occorre conoscere le “condizioni al contorno” (all’infinito o al finito) e le “condizioni iniziali”. Le equazioni di Maxwell in forma locale ci evidenziano le sorgenti del campo elettromagnetico, in termini di divergenza (“fontane o pozzi”) o in termine di rotore (“vortici”). Le sorgenti possono dipendere direttamente dai campi (“sorgenti interne”, in rosso) o meno (“sorgenti esterne”, in blu; in realtà, anche le sorgenti “esterne” possono essere “prodotte” dai campi. (1”) E (2”) E B t 0 30 La divergenza di un campo vettoriale A in un punto P è una quantità scalare e può essere definita (cfr. il teorema della divergenza) con un processo al limite a partire dal flusso del vettore attraverso una superficie chiusa racciudente P, rapportato al volume definito dalla superficie stessa e facendo implodere la superficie chiusa intorno al punto P. L’operatore di divergenza si indica con o con div. Un campo a divergenza nulla è indivergente o solenoidale. Il rotore di un campo vettoriale A in un punto P è un vettore che può essere definito (cfr. il teorema di Stokes) considerando una superficie elementare orientata (es. un cerchio) contenente il punto P ; il modulo del rotore è pari al massimo valore – al variare della giacitura della superficie – della circuitazione lungo l’orlo della superficie stessa, la direzione ed il verso essendo definiti dalla normale alla superficie nella posizione in cui la circuitazione è massima. L’operatore di rotore si indica con o con rot o curl. Un campo a rotore nullo è irrotazionale. Un ulteriore operatore differenziale spaziale è il gradiente . Esso opera su un campo scalare f(P): il suo modulo è individuato dalla massima derivata direzionale condotta su ogni retta orientata passante per il punto P, la direzione ed il verso sono dettati dalla retta orientata per cui si ha la massima derivata. Le componenti (ad es. cartesiane) possono generare una forma differenziale esatta (la circuitazione del gradiente lungo una qualsiasi linea chiusa. Nel caso elettrostatico la funzione f(P) è il potenziale (elettrostatico) ed il suo gradiente è (a parte il segno) pari al campo (elettrostatico). Si riconosce che la divergenza del rotore è nulla e quindi anche il flusso del rotore attraverso una superficie chiusa è nullo. Il gradiente della divergenza è detto laplaciano . Un campo ovunque solenoidale è conservativo per il flusso e può essere descritto come il rotore di un altro campo vettoriale detto potenziale vettore (esempio il potenziale vettore magnetico) La circuitazione di un campo ovunque irrotazionale è sempre nulla; il campo si dice conservativo per il lavoro (es campo elettrostatico). Tali proprietà possono essere opportunamente valutate anche in domini limitati. 37 2 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 (3”) B 0 E (4”) B 0 J 0 t Come si nota, le uniche sorgenti esterne previste nelle equazioni locali di Maxwell sono le densità volumetriche di carica e le densità di corrente. Altri tipi di sorgenti (cariche puntiformi, lineari o superficiali, ovvero correnti laminari ecc.) determinano singolarità nelle relazioni differenziali; se ne può tener conto nelle relazioni integrali, che danno luogo a condizioni di raccordo alla frontiera dei sottodomini all’interno dei quali i campi sono continui e derivabili (vedi oltre). Nel caso di moto stazionario di cariche in migrazione ( ad es. in un conduttore filiforme), non vi è variazione media della carica in moto in ogni volume; in ogni punto è costante la velocità v di migrazione (non considerando il moto di agitazione termica e il moto vario nell’intervallo tra due interazioni31. Si può quindi ritenere che sia nulla, in media, la risultante delle forze che agiscono sulla carica q in movimento, nel nostro caso la forza qE nel senso del moto ed una “forza d’attrito equivalente” –kv diretta in senso opposto alla prima. In un circuito semplice (ad esempio una regione di spazio di forma anulare), il campo velocità di migrazione delle cariche ha linee di flusso anulari e tutte orientate in senso orario o antiorario. Quindi la circuitazione del campo di velocità v e del campo di corrente J=v non può essere nulla, ossia il campo di corrente stazionaria non può essere conservativo. Poiché il moto di migrazione è non è vario e il campo equivalente d'attrito è sempre opposto al senso del moto, il campo di forze sulle cariche ed il relativo campo elettrico complessivo (che, si ricorda, è la forza applicata alla particella riferita alla carica della particella) non possono essere conservativi32. Il sistema di equazioni differenziali di Maxwell si presta a soluzioni analitiche dirette solo in alcuni casi (ad es. propagazione di onde piane). Dal punto di vista generale occorrerà considerare che le equazioni di Maxwell sono differenziali nello spazio e nel tempo e quindi occorrerà conoscere (vedi oltre) le condizioni al contorno del dominio di indagine (o le condizioni all’infinito, nel caso di domini illimitati) e le condizioni iniziali. § I.5 Potenziali elettromagnetici - Equazioni di Poisson Le equazioni di Maxwell permettono di identificare rapidamente potenziale vettore e potenziale scalare. Infatti abbiamo per il rame tale tempo è dell’ordine di 10-14 s Poiché il campo elettrico derivante da una distribuzione di cariche elettriche è conservativo, ne discende che un moto stazionario di cariche non può essere generato da una distribuzione (fissa) di cariche. Occorrerà quindi considerare una sorgente di campo elettrico non di tipo elettrostatico, chiamato campo elettromotore. Il campo elettromotore è quindi un campo di forza specifica, di natura meccanica, chimica, elettrica …. ma non elettrostatica (trattandosi di campo non conservativo), che agisce sulle cariche tenendole separate in un mezzo conduttore e consentendo per esse un moto stazionario (o anche non stazionario). In un circuito semplice interessato da corrente stazionaria, ci deve essere almeno una parte (tratto generatore) in cui il campo elettromotore è diverso da zero; l'eventuale parte complementare, in cui il campo elettromotore è nullo, prende il nome di tratto utilizzatore. Nel tratto utilizzatore la forza specifica sulle cariche è quella derivante dalla distribuzione di cariche (causata a sua volta dal campo elettromotore) ed è quindi un campo a potenziale: nel tratto utilizzatore la tensione elettrica (integrale del campo elettrico) valutata tra due punti non dipende dalla curva di integrazione ma solo dagli estremi di integrazione (all'interno del tratto generatore, viceversa, la tensione dipende dalla curva scelta). Se quindi il campo elettromotore è diverso da zero solo in una parte del circuito semplice, di sezioni estreme A e B, la tensione VAB sarà indipendente dalla curva scelta solo a patto di non "entrare" nel tratto generatore. Le sezione A e B individuano quindi i confini tra un "bipolo generatore" identificabile attraverso una caratteristica V-I valutata all'esterno del tratto generatore - ed un "bipolo utilizzatore" in cui non vi sono vincoli per la valutazione della tensione. 31 32 38 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 (6) B 0 B A ( A è il potenziale vettore) 33 Quindi (7) E B ( A) A A A E E 0 E t t t t t dove Φ è il potenziale scalare elettromagnetico, riconducibile, in caso stazionario, al potenziale elettrostatico. B (8) E es ( A) ( B) E t dl A Il campo elettrico ammette un potenziale scalare solo nel caso stazionario (o quasi-stazionario), mentre il campo magnetico ammette sempre potenziale vettore. Sostituendo la (7) nella (2) si ha (9) A A 2 t 0 t 0 Sostituendo nella (4) dalla (6) e dalla (9) 2A V 0 J 2 t t (10) ( A) 0 0 Nelle (9)-(10) non compaiono più i campi E e B, ma i potenziali vettore e scalare, in funzione delle distribuzioni di carica e di densità di corrente. Per avere una espressione più “leggibile” della (10), ricordiamo che il potenziale vettore A(P,t) è 34definito a meno del gradiente di una funzione scalare Ψo(P,t) e la sua divergenza è arbitraria. Indichiamo con A0(P,t) un potenziale vettore indivergente. Ne deduciamo che qualsiasi altro potenziale vettore A dovrà rispettare la condizione: (11) A0 0 A 0 2 0 A Nella (10) avremo (gauge di Coulomb) 2 A 0 0 J (12) ( A 0 ) 0 0 2 t t Ricordando la definizione di Laplaciano vettore 2 A A ( A) abbiamo dalla (12) (13) 2 0 2 A0 0 J A 0 0 0 0 0 2 t t 2 t 2 Ponendo (14) 33 0 0 t si ottiene Il potenziale vettore è un campo vettoriale di cui è non è in partenza assegnata la divergenza (vedremo poi che potrà essere assegnata con opportune condizioni o gauges). Il potenziale vettore è sempre definito a meno del gradiente di una funzione scalare, in quanto il rotore di un gradiente è nullo. 34 Si ricorda che la proiezione sui tre assi cartesiani del laplaciano di un vettore dà luogo a tre laplaciani scalari nelle componenti cartesiane del vettore. 39 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 2A0 0 A 0 0 0 0 0 0 J 2 t t 2 (15) ed inoltre A E 0 0 2 0 0 t (16) Con le posizioni (11)-(16) si è pervenuti ad una equazione di Poisson il cui termine noto è legato dalla sola distribuzione volumetrica delle cariche. In altri termini, la soluzione Φ0 corrisponde ad un caso “elettrostatico” noto costituito dalla soluzione “coulombiana” relative ad una distribuzione di carica racchiusa in un volume Δτ: (17) 0 ( P, t ) 1 40 (Q, t ) rPQ d Questo risultato ha una importanza solo simbolica, poiché il campo elettrico non discende da questo potenziale scalare, ma occorre anche affrontare la difficile soluzione della (15). 35 Nel caso stazionario le (15)-(16) diventano (18) (19) 2 A 0 0J 2 0 0 note come equazioni di Poisson. Nel prossimo paragrafo esamineremo alcuni casi fondamentali. Notiamo che, nel caso stazionario, le equazioni di Maxwell si disaccoppiano e spariscono le sorgenti “interne”. In assenza di mezzi materiali, si introducono due campi vettoriali ausiliari: - il vettore spostamento elettrico, formalmente legato al campo elettrico dalla relazione D=ε0 E; si riconosce immediatamente che il vettore spostamento è omogeneo con una densità superficiale di carica e corrisponde, nel caso del condensatore ordinario nel vuoto, alla densità di carica superficiale sull’elettrodo; il flusso dei tubi di D è pari alla carica intercettata sull’elettrodo; - il vettore campo magnetico H=B/μ0; si riconosce immediatamente che tale vettore è omogeneo con una densità lineare di corrente e quindi la sua circuitazione definisce una intensità di corrente “concatenata libera” (di conduzione e/o di spostamento). Consideriamo ora la presenza di mezzi materiali. Distinguiamo le sorgenti vincolate da quelli libere. I fenomeni di polarizzazione elettrica possono essere descritti attraverso il vettore polarizzazione P, inteso come momento risultante per unità di volume dei momenti dei dipoli elettrici intorno al punto in esame. Il vettore polarizzazione, anch’esso omogeneo con una densità superficiale di carica, è quindi legato alla deformazione della materia per effetto delle sorgenti libere. Il campo all’interno della materia risulterà pertanto pari a (20) E 35 DP 0 In luogo della gauge di Coulomb, potrebbe essere usata un’altra condizione (gauge di Lorentz) tra la divergenza del potenziale vettore ed la derivata locale potenziale scalare per ottenere, sia per il potenziale scalare che per il potenziale vettore, una struttura tipica della equazione delle onde. 40 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Nel caso dei mezzi lineari P E D 0 E E r 0 E dove si introduce la permettività del mezzo εr. Il contributo ai fenomeni di magnetizzazione della materia può essere considerato un contributo al campo d’induzione magnetico aggiuntivo a quello delle correnti libere e può essere descritto attraverso il momento magnetico per unità di volume dei dipoli magnetici intorno al punto in esame (vettore magnetizzazione M) (21) B 0 (H M ) Nel caso dei mezzi lineari B 0 ( H r H ) 0 r H dove si introduce la permeabilità relativa μr. Le equazioni ausiliarie di Maxwell diventano H t dl J (22) S o E n dS t D n d Q (23) (24) H J (25) D Dalle equazioni di Maxwell integrali possono essere derivate le seguenti condizioni di raccordo alla frontiera di due domini di diverse caratteristiche elettriche o magnetiche - le componenti tangenziali del campo elettrico E sono continue (salvo singolarità temporali di B); le componenti normali del campo B sono continue; di conseguenza, le componenti normali di H sono inversamente proporzionali alle permeabilità; le componenti normali di D differiscono per la densità superficiale di carica libera eventualmente presente sulla superficie di discontinuità; di conseguenza, le componenti normali di E non sono continue e sono, in assenza di carica superficiale, inversamente proporzionali alla percettività. 41 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 §I.7 Problema di Laplace – Poisson Se il campo elettrico E è irrotazionale in tutto lo spazio escluse le zone in cui sia presente un campo impresso di natura non elettrostatica, esso viene collegato ad un campo scalare detto potenziale elettrico V(P) [Φ(P)], dando origine al cosiddetto problema di Poisson, ovvero al problema di Laplace, se la sua divergenza è identicamente nulla. Le 2V ( P) 0 2V ( P) f ( P) equazioni corrispondenti prendono il nome rispettivamente di equazione di Poisson ed equazione di Laplace36. Un problema di Poisson (o di Laplace) si dirà ben posto se sono verificate le condizioni perché la soluzione sia unica. Si considerino due possibili soluzioni V’(P) e V”(P) due soluzioni all’equazione di Poisson e la funzione W(P)=V’(P)-V”(P), continua e derivabile; il laplaciano di W è nullo. Se si considera il dominio di indagine di contorno ed campo vettoriale che si ottiene moltiplicando W(P) per il gradiente di W(P), il flusso attraverso di tale campo, per il teorema della divergenza, sarà WW n d (WW ) d da cui dW d W W dn W 2 2 2 W W ) d d Risulta quindi evidente che se si vuole che i gradienti di V’ e V” siano gli stessi in tutto il dominio , è sufficiente che sul contorno abbiano la stessa derivata normale (dW/dn=0) o lo stesso valore (W=0); in quest’ultimo caso, ovviamente avremo lo stesso valore del potenziale in tutto il dominio. L’assegnazione del valore sul contorno prende il nome di condizione di Dirichlet, l’assegnazione della derivata normale –lato interno per il problema interno, lato esterno per il problema esterno – prende il nome di condizione di Neumann. Nel primo caso, è univocamente individuato il potenziale scalare, nel secondo caso è univocamente definito il campo elettrico, grandezza significativa dal punto di vista ingegneristico in quanto rappresenta la sollecitazione specifica sulle cariche e quindi definisce il moto delle particelle o il comportamento del mezzo materiale. La ricerca della soluzione prende il nome di problema di Dirichlet o problema di Neumann. Possono presentarsi anche problemi misti o raccordati, nel senso che le condizioni al contorno non sono tutte dello stesso tipo e/o sono collegabili ad analoghe condizioni in domini contigui. 36 Espressione del laplaciano in alcuni sistemi di coordinate 2 2 2 2 2 2 (coordinate cartesiane) x y z 2 2 2 1 1 2 2 (coordinate cilindriche) r 2 r r r 2 2 z 2 2 1 2 1 r r 2 r r r 2 sen 1 2 sen (c. sferiche) sen 2 42 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Nei due casi, il problema è per noi ben posto, avendo interesse alla sollecitazione elettrica, cioè al gradiente. Altri casi, in cui le condizioni al contorno sono di tipo diverso, andranno esaminati a parte. Se il dominio è illimitato, occorrerà introdurre le opportune condizioni all'infinito, anche in relazione alla presenza di cariche all’infinito (es. caso piano e cilindrico) . Si può dimostrare che un problema di Poisson con condizioni alla Dirichlet può essere ricondotto ad un problema di Laplace. 43 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 APPENDICE II I generatori di f.e.m. stazionaria (Nota informativa)37 I generatori di forza elettromotrice stazionaria si possono suddividere in: a) generatori primari di f.e.m b) generatori secondari. c) sistemi con raddrizzatori (convertitori a.c./d.c. ) I generatori primari e secondari vengono detti rispettivamente pile ed accumulatori (o pile reversibili). Il principio di funzionamento si basa sulla creazione di un campo impresso in catene di conduttori di prima classe (elettrodi di materiali solidi diversi) e conduttori di seconda classe (elettroliti). I simboli corrispondenti sono riportati in fig.1 a), b). I sistemi di raddrizzamento prevedono l'uso di elementi non lineari (diodi, diodi controllati o tiristori), per ottenere una tensione praticamente continua a partire da una tensione sinusoidale (fig.1,c). Essi sono largamente impiegati in ambito industriale ( Elettronica di potenza ) e in buona parte delle utilizzazioni domestiche per cui sia prevista la regolazione delle prestazioni. Non saranno trattati in questa nota. + d.c. a.c. E a) b) c) fig.1 I generatori primari principali sono: - la pila Leclanchè, comunemente impiegate in commercio, f.e.m. di circa 1,5 V, elettrodi di zinco e grafite, impiegante una gelatina di cloruro d'ammonio (NH 4CL) come elettrolita e il biossido di manganese (MnO2) come depolarizzante; - la pila Daniell (1836), elettrodi in rame e zinco, soluzioni di solfato di rame e solfatp di zinco separate da setto poroso, f.e.m. pari a circa 1,09 V - la pila Weston (1893, pila campione 1.0186 V, elettrolita CdSO4). I generatori secondari più diffusi in commercio sono: - accumulatori al piombo-acido - accumulatori al ferro-nichel - accumulatori al nichel-cadmio Altri tipi di accumulatori a prestazioni molto più elevate sono stati sviluppati per usi spaziali, ma il loro costo resta proibitivoIn fig.1.2 è rappresentata la cella elementare con gli elettrodi, l'elettrolita, i morsetti 37 per maggiore approfondimento vedasi : [7] F. BAROZZI, F. GASPARINI, Fondamenti di Elettrotecnica Elettromagnetismo, ed. UTET, Torino, 1989, §III-4 44 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 + PbO 2 - Pb soluz. acquosa di acido solforico fig.1.2 La f.e.m. E (uguale alla tensione a vuoto teorica ai morsetti) varia con la temperatura e la densità dell'elettrolita (per le celle al piombo-acido di circa 100μV/K e di 100 mV per ogni 10% di variazione della densità relativa). Ai morsetti la tensione a vuoto sarà in genere pari a E-Ep, dove la forza controelettromotrice Ep è originata in fase di scarica da rivestimenti isolanti (PbSO 4) formati sugli elettrodi, dalla diminuzione di concentrazioni ioniche, dalla formazione di gas liberi (H 2). La f.c.e.m. dipende anche dalla intensità di corrente erogata e può essere limitata (nei generatori primari) con particolari pre-trattamenti superficiali degli elettrodi. Negli accumulatori i fenomeni di polarizzazione e depolarizzazione sono connessi in modo essenziale alle fasi di scarica e ricarica. Gli accumulatori sono oggetto di normativa del CEI 21-3 fasc 1258 (1989) Accumulatori al piombo-acido Gli elementi dell'accumulatore sono: a) piastre, di spessore variabile da 1.25 mm a 20 mm circa, di piombo spugnoso (elettrodo negativo) o di ossido di piombo (elettrodo positivo); esse sono del tipo: - formate (Plantè) : la piastra originaria è di piombo puro, che poi viene attaccata chimicamente per formare uno strato superficiale sottile di biossido di piombo - impastate (Faure): su una griglia di sostegno (lega di piombo con il 4-12% di antimonio) viene assestata una pasta di polvere di piombo con acido solforico diluito (piastra positiva); un altro tipo di pasta viene usata per la piastra negativa; per il funzionamento effettivo, le due piastre vengono immerse in una soluzione di acido solforico e sottoposte a passaggio di corrente: in tal modo si avrà la piastra all'ossido di piombo (+) e piombo spugnoso(-). Ogni elemento (coppia di piastre) genera una f.e.m. di circa 2 V. b) sbarre di connessione e morsetti (fig.3), realizzate in genere in lega di piombo ed antimonio + fig.3 c) separatori, inseriti tra le piastre positive e negative adiacenti per evitare cortocircuiti d) elettrolita: soluzione acquosa di acido solforico, densità 1.2-1.3 45 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 e) contenitori in vetro, in plastica, in ebanite Il modello di funzionamento elettro-chimico di accumulatori al piombo non è definitivamente assestato; le diverse interpretazioni risalgono al secolo scorso e non si sono avute negli ultimi decenni significativi progressi in materia. Si può tuttavia ritenere che agli elettrodi avvengano globalmente le seguenti reazioni: scarica 4 anodo PbO2 4 H SO 2e carica PbSO4 2 H 2 O scarica 4 catodo Pb SO carica PbSO4 2 e Caratterizzazione elettrica di un accumulatore Fase di carica: I r + V caricabatteria accumulatore fig.4 La tensione ai morsetti vale V= E + r I e varia tra 2.1 V (accumulatore scarico) e 2.8 V (accumulatore carico), come si ricava dalla caratteristica di carica a corrente costante (fig.5) fig.5 Carica di un accumulatore Fase di scarica: 46 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 I R V r + E accumulatore fig.4 La tensione ai morsetti vale V= E - r I e varia tra 1.7 V (accumulatore scarico) e 2.0 V (accumulatore carico), come si ricava dalla caratteristica di scarica a corrente costante (fig.5) fig.6 Scarica di un accumulatore Occorre precisare che l'accumulatore può danneggiarsi irreparabilmente se la tensione scende al disotto di circa 1.7 V per elementoPer correnti più elevate, la scarica avviene in tempi decisamente più brevi. Si definisce capacità di un accumulatore la quantità di carica elettrica (normalmente espressa in Ah) che un accumulatore è in grado di erogare prima di portarsi al livello minimo di tensione; la capacità nominale viene riferita ad una scarica ad un determinato valore di corrente di scarica costante (es. 1 A). La capacità diminuisce sensibilmente con il valore della corrente di scarica (fig.7) fig.7 Capacità di un accumulatore in funzione della corrente di scarica La tensione nominale di batteria dipende dal numero di elementi collegati in serie. Così per 3,6,12,24 elementi avremo le comuni batterie da 6,12,24,48 V. Date le vicende singole subite dai diversi componenti, che determinano valori di f.e.m. leggermente diverse tra i vari elementi, non è opportuno collegare in parallelo gli accumulatori. 47 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 La resistenza interna di un accumulatore va definita con una certa cautela. Per una prima valutazione, si possono indicare valori di 0,1 per accumulatori nuovi di piccole dimensioni e valori di 0,0001 per accumulatori di grandi dimensioni. Il rendimento di un accumulatore viene definito: in quantità di elettricità: ts q e s qc i dt s 0 tc i dt 0,90 0,95 c 0 in energia: ts w w s wc v i dt s s 0 tc v i dt 0,75 0,80 c c 0 Classificazione degli accumulatori: a) Stazionari : 900-9000 Ah b) Trazione pesante : 100 - 500 Ah c) trazione leggera : 50-800 Ah d) sommergibili: fino a 12000 Ah Manutenzione degli accumulatori: a) la vita dell'accumulatore dipende dalla purezza dell'elettrolita; occorre quindi evitare che venga a contatto con impurità: b) la densità dell'elettrolita deve essere mantenuta tra 1.2 e 1.3 c) occorre evitare temperature troppo elevate (>45°C) o troppo basse (anche se possono essere adoperati additivi per abbassare la temperatura di solidificazione) d) evitare, durante la carica, che l'accumulatore "bolla" a lungo (ossia liberi idrogeno, tra l'altro pericoloso) e) evitare intense correnti di carica e scarica f) mantenere puliti morsetti e contenitore 48 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Appendice III - Richiami sulle proprietà integrali dei campi magnetici stazionari: - proprietà del vettore H (intensità del campo magnetico) legato alle correnti “libere” Ik nei conduttori, H tdl J c ndS I k S del vettore M (intensità di magnetizzazione) legato alle correnti “vincolate” nella materia corrispondenti al moto degli elettroni, M tdl J m ndS S del campo B (induzione elettromagnetica) legato a tutte le correnti (libere e vincolate) B t dl J c J m n dS S Nel caso quasi-stazionario (magnetico), in cui rientra una prima trattazione del trasformatore e della macchina asincrona, si trascura il contributo della corrente di spostamento38. Le proprietà locali dei suddetti campi possono così riassumersi: div B=0 rotH=Jc rot M=Jm B=μ(H+M) Il parametro μ=μr/μo [H/m] viene definita permeabilità magnetica assoluta del materiale; a μ o viene impropriamente attribuito il titolo di “permeabilità del vuoto” 39; ur è la permeabilità realativa. Possiamo classificare i materiali in materiali diamagnetici con μ r poco minore dell’unità (la presenza del materiale “indebolisce” il campo d’induzione B a parità di sorgenti “libere”), materiali paramagnetici com μr poco maggiore dell’unità (la presenza del materiale “rinforza” in modesta misura il campo di induzione) ed in materiali ferromagnetici con μ r molto maggiore dell’unità (il materiale contribuisce notevolmente, con l’organizzazione di propri domini, al campo di induzione, fino alla “saturazione” cioè all’allineamento di tutti i contributi al campo magnetico dei domini). Materiali ferromagnetici sono ad esempio il ferro, il cobalto e loro leghe (in qualche caso si può arrivare a μr dell’ordine di 100.000); anche gli ossidi di ferro sono ferromagnetici (ferriti) ma con proprietà magnetiche più modeste. Il parametro μr può anche essere una matrice (tensore), per i materiali anisotropi (le caratteristiche magnetiche dipendono dalla direzione del campo). I campi magnetici interessano tutto lo spazio, ma in molti casi applicativi (avvolgimenti di spire) possono essere rappresentati facilmente i tubi di flusso “originati” da correnti in un avvolgimento; in genere questi tubi sono “chiusi” a forma di anello a sezione non costante; ad ogni tubo di flusso possiamo associare il valore del flusso (di B) attraverso una qualsiasi sezione dello stesso e la 38 Ricordiamo infatti che in generale si avrebbe B t dl J o c dE J s n dS con J s o S dt (densità di corrente di spostamento) 39 in realtà μo è una costante dimensionale assoluta, legata alla opportunità di stabilire [per semplicità, nel vuoto] il legame tra il campo magnetico H, definito a partire dalle correnti [libere nei conduttori] ed il campo di induzione magnetica B la cui definizione risiede nella formulazione della legge fondamentale dell’induzione elettromagnetica ( nella forma integrale d E t dl dt B n dS ), significativa nei casi quasi-stazionari S magnetici. 49 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 circuitazione (di H) lungo l’asse del tubo (che con buona approssimazione coincide con una linea del campo). Il rapporto C H tra la circuitazione di H, misurata in ampère [A] o, con notazione B pratica, in amperspire NI [A] ed il flusso di B, misurato in weber [Wb] costituisce la riluttanza del tubo di flusso; la riluttanza viene misurata in 1/henry [H-1]. Questa relazione è nota come legge di Hopkinson; essa è analoga alla legge di Ohm per un circuito semplice ( all’intensità di corrente corrisponde il flusso di B, alla forza magnetomotice corrisponde la circuitazione di H detta anche forza magnetomotrice, alla resistenza corrisponde la riluttanza) consente una rappresentazione circuitale per i tubi di flusso di B, che per tale motivo vengono anche chiamati circuiti magnetici. Se il tubo di flusso interessa diversi materiali, siamo autorizzati a considerare riluttanze “in serie” e comparare la forza magnetomotrice alle tensioni magnetiche “ai capi” delle singole riluttanze. Potranno essere opportunamente applicati i teoremi sulle reti elettriche. Le reti magnetiche sono considerate, tra l’altro, per valutare ,con buona approssimazione nei casi reali di strutture in ferro, i coefficienti di auto e mutua induzione. 50 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 APPENDICE IV COMPORTAMENTO DEL CAMPO MAGNETICO ALLA SUPERFICIE DI SEPARAZIONE FRA UN MEZZO A PERMEABILITÀ MOLTO ELEVATA E L'ARIA Nei sistemi fisici comprendenti materiali ferromagnetici lineari omogenei e isotropi, per i quali cioè si possa ritenere che fra i vettori B e H intercorra una relazione del tipo B= µH, risulta spesso utile far ricorso ad ad una approssimazione che consente di semplificare notevolmente l’amalisi. Sia la superficie di separazione fra un materiale (1) caratterizzato da una permeabilità µ 1 ed un mezzo (2) di permeabiltà µ2 come schematicamente indicato in fig.1. Supponiamo che le due permeabilità siano legate da una relazione del tipo µ 1>> µ2 , come avviene, ad esempio, quando il materiale 1 è costituito da un materiale ferromagnetico e il mezzo 2 è l'aria (µ 2=µ0) L'ipotesi che si considera consiste nel considerare µ1/µ2 : tale ipotesi evidentemente non corrisponde ad alcuna situazione fisicamente realizzabile, ma può costituire una prima approssimazione per sistemi fisici di notevole interesse applicativo che comprendano materiali ferromagnetici. Noteremo inoltre che tale ipotesi di consentirà di separare con successo lo studio del problema della soluzione del campo all'interno e all'esterno del materiale ferromagnetico. n 1 2 1 2 fig. 1 Per studiare il comportamento del campo nel passaggio dal mezzo 1 al mezzo 2, cominciamo ad esaminare le due configurazioni di principio rappresentate in fig. 2a e 2b: in esse, O è la traccia di un conduttore filiforme rettilineo perpendicolare al piano del foglio, percorso da una corrente i. Nel caso (a), il mezzo a permeabilità infinita (che nel seguito per brevità sarà denominato "ferro") è costituito da una struttura toroidale interrotta in corrispondenza di un traferro di spessore ; nel caso (b), invece, si ha un toro che si concatena con il conduttore percorso dalla corrente i. Prima di esaminare gli andamenti dei campi H e B, in corrispondenza della superficie di separazione fra ferro e aria, ricordiamo che, per due mezzi a permeabilità diversa, in generale risulta: (2) (1) n . [B -B ] = Bn2- Bn1 = 0 (2) (1) n x [H -H ] = Ht2-Ht1 = K (1) (2) 51 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Si suppone, inoltre, che in questo caso sulla superficie di separazione non sia localizzata alcuna corrente superficiale libera, ovvero K=0. Le relazioni (1) e (2) possono essere riscritte nella forma seguente: µ1Hn1 - µ2Hn2 = 0 (Bt1/µ1) - (Bt2/µ2) = 0 (3) (4) Per studiare le due situazioni sopra schematizzate imponiamo, inoltre, la condizione di regolarità all'infinito. µ ->• 1 µ ->• 1 O µ 1 O 0 2 µ0 1 2 µ0 2 b) a) fig.2 Caso (a) Nell'aria il campo di induzione B sarà senz'altro limitato; ne consegue che la componente normale di B, Bn2, risulta limitata (e quindi anche Hn2); per la (1), anche la Bn1 risulterà limitata e, data la caratteristica B-H del ferro, ne consegue che Hn1=0. In questa situazione osserviamo dunque che nel ferro il problema può essere studiato sulla base del seguente modello: rot H = 0 divH = 0 D'altra parte il ferro costituisce un dominio semplicemente connesso nel quale l'ipotesi di irrotazionalità di H consente di introdurre un potenziale scalare, dal quale far discendere tale campo. Avremo cioé H = grad e all'interno del ferro il problema risulta descritto da: =0 Hn1= ∂ /∂n =0 Si tratta dunque di risolvere un problema di Neumann la cui soluzione risulta peraltro banale. Infatti, su risulta = cost che implica = costante all'interno e, di conseguenza, H= grad = 0 nel ferro. L'ipotesi µ -> ∞ dà, dunque, origine ad un problema che risulta formalmente simile a quello relativo alla determinazione del campo elettrico E all'interno di un conduttore perfetto ( ->∞). 52 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 La soluzione di questo problema consente inoltre di affrontare anche il problema esterno. Infatti, per la (2), Ht1=Ht2=0 e poichè Bt2=µ0Ht2 anche la componente tangente di B nell'aria risulterà nulla. Ciò implica che il campo B emerge perpendicolarmente da nell'aria, dove le equazioni risultano: divB = 0 rot B = µ Jlib 0 con la condizione al contorno del tipo Bt2=0. Resta a questo punto da determinare l'andamento di B all'interno del ferro. Tale ultimo problema può essere affrontato sulla base della conoscenza di B ottenuto dalla soluzione di del problema esterno: divB = 0 rot B = 0 con la condizione al contorno del tipo Bn1=G(P), con G(P) funzione di punto, ricavabile dalla soluzione del problema esterno. Bt1 risulterà indeterminata (in ogni caso limitata o nulla) dovendo essere nulla la Ht1. Una tabella riassuntiva servirà a chiarire gli andamenti delle componenti tangenti e normali di H e B per la configurazione in esame (Tabella I). Un andamento qualitativo delle linee di B all'interfaccia è quello rappresentato in fig. 3. Tabella I Ht Hn Bt Bn Ferro (1) Aria (2) 0 0 indeterminata limitata 0 limitata 0 limitata 1 Ferro B 2 Aria B fig. 3 Caso b) Osserviamo che in questa configurazione, essendo il dominio non semplicemente connesso, non è possibile introdurre un potenziale scalare per il campo magnetico, che semplificherebbe considerevomente l'analisi del problema. Notiamo, peraltro, che in applicazioni di notevole rilievo, 53 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 come ad esempio nel caso del trasformatore, il dominio toroidale concatena una corrente nulla. Ciò consente di ritornare ad una situazione simile a quella descritta nel caso a). Una valutazione delle componenti dei campi B ed H può peraltro essere ottenuta sulla base delle seguenti considerazioni. La componente tangente di H nell'aria, Ht2, si mantiene limitata su dovendo soddisfare la legge di Ampère; si avrà, quindi che anche Ht1, per la (2), si manterrà limitata. Poichè µ 1 -> ∞, essendo Ht1 limitata, ne consegue che Bt1 risulterà illimitata. La componente tangente di B nell'aria, Bt2, risulterà, invece, limitata (Bt2=µ0Ht2). Essendo B limitato nell'aria si mantiene limitata la sua componente normale Bn2 che è continua all'interfaccia (Bn2=Bn1): per la (3), risulta, dunque, nulla la componente normale Hn1 nel ferro. Da queste posizioni discende, inoltre, che Hn2 deve risultare limitata (Hn2=Bn2/µ0). Le singole componenti dei campi H e B possono pertanto essere valutate secondo lo schema sintetico riportato nella Tabella II. Tabella II Ht Hn Bt Bn Ferro (1) Aria (2) limitata 0 illimitata limitata limitata limitata limitata limitata Un andamento qualitativo delle linee di H all'interfaccia è quello rappresentato in fig. 4. 1 Ferro H H 2 Aria fig. 4 La configurazione di fig. 2a) è tipica delle applicazioni nelle quali è necessario poter disporre di un assegnato valore di campo di induzione magnetica nella regione del traferro (ad esempio negli elettromagneti). La configurazione in cui il ferro ha struttura toroidale (del tipo di fig. 2b) risulta, come già accennato, di notevole interesse nei casi in cui esso è concatenato con correnti uguali e opposte. In tali casi (si pensi ad esempio al caso del trasformatore), pur essendo il ferro completamente chiuso, in esso, il campo magnetico si mantiene nullo, dovendo rispettare la legge di Ampère. 54 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 CIRCUITI MAGNETICI La soluzione del problema generale della magnetostatica, in presenza di correnti libere e materiali ferromagnetici, risulta particolarmente complessa. Fortunatamente, in molte applicazioni di interesse applicativo, si ottengono ottime soluzioni, attraverso un' analisi simile a quella sviluppata per i circuiti elettrici in condizioni stazionarie. E' possibile, cioè, condurre lo studio facendo riferimento a parametri globali, analoghi a quelli che, nel caso del campo di corrente stazionario (tensioni, correnti, resistenze, ecc.), consentono una notevole semplificazione del modello e una valutazione più immediata delle grandezze di interesse. I principi sui quali tale analogia si basa e le limitazioni del modello saranno illustrate nel seguito. Esaminiamo dapprima una struttura del tipo mostrato in fig. 5, nella quale si suppone che il materiale ferromagnetico sia caratterizzato da una permeabilità infinita. Il traferro di altezza è sede di un campo magnetico Ht, dovuto alla corrente i che interessa l'avvolgimento di N spire. i N fig. 5 Inoltre, per l'ipotesi di -> ∞, il campo nel ferro è nullo (siamo cioé nel caso a) e le linee vettoriali di H avranno un andamento qualitativo del tipo riportato in figura 6. Applichiamo la legge di Ampère ad una linea chiusa del tipo mostrato in fig. 6. Sulla base delle considerazioni precedentemente sviluppate si avrà: H t dl Ni H L (5) dove L indica la lunghezza del tratto di che si svolge in aria e con <H> il valore medio di H lungo . Applicando invece la stessa legge ad una linea del tipo di quella indicata con nella fig. 6 si ottiene: 1 H t dl Ni H2 (6) avendo indicato con H2 il modulo di H nel traferro. Uguagliando la (5) e la (6) si ottiene, allora: H2 <H> (L/ 55 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 x x x Ni 1 L fig. 6 Si conclude, perciò, che, se il traferro ha dimensioni trascurabili rispetto a L (e, quindi, rispetto allo sviluppo complessivo della struttura in ferro), il campo nell'aria, al di fuori del traferro, è trascurabile rispetto al valore che esso assume nel traferro. Questa considerazione induce, allora, a trattare i sistemi del tipo in esame, introducendo un'ulteriore approssimazione che consiste nel trascurare del tutto il campo al di fuori del traferro. Ci si riconduce, cioè, ad una situazione nella quale il campo è completatmente incanalato nel ferro, il quale costituisce, pertanto una sorta di circuito magnetico per le linee vettoriali del campo . Si osservi, in particolare, che mentre H è nullo nel ferro, B si mantiene ivi limitato. La (6) può essere riscritta nella forma: Ni H2 = (B2 S) / µ0S avendo indicato con S l'area della sezione retta del ferro nelle immediate vicinanze del traferro (si trascurano cioè le distorsioni al bordo del traferro). Osservando che risulta B 2S , avendo indicato con il flusso del campo B esistente nella generica sezione del ferro, si ha infine: Ni /µ0S Ponendo: R = /µ0S si ha: Ni R La grandezza R prende il nome di riluttanza del tratto di circuito magnetico considerato, mentre il suo reciproco viene denominato permeanza. Si comprende a questo punto, come nelle situazioni del tipo descritto, le due leggi fondamentali della magnetostatica possono essere presentate in forma "circuitale", in cui le forze magneto motrici Ni prendono il posto delle f.e.m., i flussi prendono il posto delle correnti e le riluttanze R prendono il posto delle resistenze. Alla luce di questa analogia la (7) viene spesso indicata come legge di Ohm per i circuiti magnetici; essa viene anche indicata con il nome di legge di Hopkinson. Per chiarire meglio tale analogia si può far riferimento allo schema mostrato in fig. 7. Il circuito magnetico di fig. 7a) può essere, in prima approssimazione, studiato considerando il circuito elettrico associato di fig. 7b) in cui sono state stabilite le seguenti corrispondenze: 56 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 E R 1 I Ni R = /µ S 1 1 0 1 i 1 1 R 2 i R = /µ S 2 2 0 2 2 2 avendo indicato rispettivamente con il flusso che interessa la colonna sulla quale sono avvolte le Ni amperspire e i flussi nelle due colonne verticali. 1 2 i N S µ 0 S1 1 a) µ -> • i i E 2 R 2 i 1 R1 b) fig. 7 Le considerazioni sviluppate in precedenza consentono in prima approssimazione di affrontare l'analisi dei circuiti magnetici tipici di alcune macchine elettriche quali i trasformatori. Per meglio comprendere tale affermazione si può far riferimento allo schema di fig. 8 in cui si suppone di conoscere la corrente i1(t) e si desidera, ad esempio valutare la corrente i 2(t). Dal punto di vista elettrico questo rappresenta a tutti gli effetti un doppio bipolo circuito magnetico mutuamente accoppiato la cui caratteristica è data dal seguente sistema: di1 di M 2 dt dt di di v 2 M 1 L2 2 dt dt v1 L1 (8) al quale andrà aggiunta la caratteristica v2 = - R*i 2 del lato secondario. 57 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 ii 1 1 v N1 1 S S µ 0 µ -> • R* v i 2 2 fig. 8 Per poter risolvere tale sistema di 3 equazioni nelle 3 incognite v1, i2 e v2 occorrerà conoscere i coefficienti di auto e mutua induzione (L1, L2 e M) del circuito magnetico. Questi possono essere agevolmente valutati, sulla base delle approssimazioni prima considerate, facendo riferimento al circuito elettrico associato, rappresentato in fig. 9. In tale schema gli orientamenti sono scelti in modo da avere la convenzione del generatore sui generatori di f.m.m. . Il coefficiente di autoinduzione L1 è definito come: L = /i 1 1tot 1 dove rappresenta il flusso di autoinduzione totale concatenato con la corrente i 1:questo sarà 1tot dato, nelle approssimazioni considerate, dal flusso medio concatenato con una spira, per il numero 1, delle spire primarie ( = ). 1 1tot 1 1 Per calcolare tale coefficiente facciamo riferimento allo schema di fig. 10, nel quale, notiamo, è stato "spento" il generatore N i . Il flusso sarà calcolabile come: 22 1 1 1 N1i1 = i /(R/2) 11 R N 2 i2 2 R2 fig. 9 dove R/2 rappresenta la resistenza equivalente vista dal generatore e pari al parallelo delle due resistenze R= /µ0S. Il coefficente L varrà, pertanto: 1 2 L = /i =N /i = 2 /R 1 1tot 1 1 1 1 1 58 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 Esaminiamo ora come effettuare il calcolo del coefficiente di mutua induzione M=M =M . Per 12 21 definizione avremo: M = /i 21 21tot 1 Nel caso in esame, potremo ancora riferirci allo schema di fig. 10; si tratterà di valutare il flusso concatenato con l'avvolgimento secondario (quando questo è aperto), dovuto alle amperspire primarie. Osserviamo che in questo caso il coefficiente di mutua induzione risulta positivo, in quanto il campo magnetico primario risulta equiverso alla normale associata al circuito secondario, orientata congruentemente con il verso di riferimento assegnato a tale circuito. Si avrà: 21 e quindi M = 21 = i /R 11 /i =N /i = N /R 21tot 1 2 21 1 2 1 /2 1 1 N i 1 1 R /2 1 R fig. 10 In maniera analoga si procede per il calcolo del coefficiente di autoinduzione secondario L . Sulla base 2 dello schema e dei calcoli precedenti ci si convince agevolmente che in questo schema l'accoppiamento 2 risulta non perfetto (L L ≠ M ). 1 2 59 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 APPENDICE IV Note sulla conversione elettromeccanica La conversione elettromeccanica si basa sulla espressione della forza di Lorentz agente su una carica q: Fq qE v B 40 Se consideriamo una carica q in un conduttore filiforme perfetto (all’interno del quale in campo elettrico E=0), e supponiamo di muovere, con un’azione esterna, il conduttore stesso in un campo magnetico, ogni carica sarà soggetta a una forza ortogonale alla direzione del moto ed al campo magnetico (tale forza sarà nulla se il moto avviene lungo le linee del campo magnetico). Le cariche potranno muoversi nel volume occupato dal conduttore (immaginando per semplicità che non possano abbandonare lo stesso). Potremo quindi, a seconda dei casi, fare diverse considerazioni 1) Nel caso di una barretta rettilinea AB di conduttore che si muova di moto uniforme “trasversalmente” (cioè su un piano ortogonale) ad un campo magnetico B uniforme, tutte le particelle libere del conduttore sono soggette a forze che le spingono verso gli estremi, dove si accumuleranno fino al raggiungimento di una situazione di equilibrio tra il campo di repulsione coulombiano e il campo della forza di Lorentz. Nella situazione di fig.1 viene evidenziata la separazione delle cariche. Da notare esplicitamente che la forza di Lorentz agisce sulle cariche nel conduttore, mentre il campo coulombiamo generato dalla separazione delle cariche può essere “sentito” e misurato in tutto lo spazio. Quindi si può valutare la B tensione indotta A tensione B A lungo Fq q un Fq q B t dl v B t dl lungo la barretta attraverso la misura della A percorso t AB dl VAB esterno alla barretta AB , solidale con la stessa: B E t dl A, . Nell’intervallo di tempo dt la barretta avrà AB coperto una “superficie” di larghezza vdt, tagliando idealmente le linee di flusso di B. Per tale ragione si parla in gergo di tensione indotta da flusso tagliato: d tagliato dt d ( Bv dt ) LAB ; dt B v B t dl vB LAB Fq A B +++++++++++++++ A +++++++++++++++ + +++++++++++++++ + v + +++++++++++++++ + +++++++++++++++ B +++++++++++++++ B +++++++++++++++ Fig.1 v + + + + + + + + + + + + Fig.2 2) Consideriamo ora (fig.2) una spira quadrata (percorso chiuso) immersa in un campo magnetico uniforme e ruotante con velocita angolare costante Ω ad es. in senso orario attorno ad un asse ortogonale al piano del foglio. Sulle cariche della spira agirà, a seconda del tratto della spira e della sua posizione, una forza di Lorentz variabile in modulo e verso; se la spira si trova in posizione “orizzontale”, la forza di Lorentz è nulla dappertutto in quanto v e B 40 In questa espressione non sono considerate forze di natura diversa (chimica, termica, ..) 60 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 sono paralleli; in posizione verticale la forza è massima ed è diretta verso l’osservatore per i punti della porzione superiore della spira, in verso opposto nella porzione inferiore. Con forza di intensità variabile le cariche saranno quindi spinte a “circolare” nella spira 41. Il tutto è riconducibile alla valutazione della forza elettromotrice indotta (legge di Faraday-Neumann) E t dl i Fq q t dl d . Infatti, quando il flusso Φ concatenato con la spira è massimo, dt la forza è nulla; nel tempo il flusso varia con legge cosinusoidale. La spira chiusa consente una migrazione di cariche, ossia una corrente elettrica che, con il riferimento fissato in fig.2, è positiva quando il flusso decresce, cioè per mezzo giro. In tale intervallo, il suo effetto è la creazione di un campo magnetico di “rinforzo”, ovverosia essa tende a “mantenere” il flusso concatenato. 3) Per avere ovunque ortogonalità tra campo di velocità e campo magnetico, si può modificare la distribuzione del campo magnetico avvolgendo la spira su supporto ferromagnetico e facendola ruotare in un traferro tra espansioni o “scarpe” polari magnetiche (Nord e Sud), sagomate in modo tale che il campo magnetico risulti praticamente radiale. In tal caso la forza di Lorentz risulta praticamente costante nel passaggio sotto una scarpa polare, inverte il senso passando sotto l’altra. I due lati ortogonali al foglio danno luogo ad una tensione indotta lungo il loro asse non nulla, per cui si dicono attivi; si sottolinea che sugli altri due lati la forza di Lorentz non è nulla, ma tensione lungo il loro asse è nulla. Questo è il principio di un possibile alternatore elettrico o generatore (trasforma energia meccanica in energia elettrica). 4) Se la spira ferma, con il riferimento fissato in fig.2, è interessata da una corrente di intensità i(t), possiamo immaginare che il campo di velocità sia quello di migrazione delle cariche all’interno del conduttore; quindi le stesse sono soggetta ad una forza ortogonale al conduttore attivo e quindi ad una coppia motrice. Se la spira è libera di ruotare, si mette in movimento (principio del motore elettrico)42. 5) Se il campo B è un campo stazionario (di un magnete permanente o di un elettromagnete) ed i è costante, siamo nel caso del motore a corrente continua; 6) Se il campo B è variabile con legge sinusoidale, la corrente i(t) può essere ottenuta per induzione elettromagnetica; è possibile far sì da avere una coppia motrice significativa ed avremo il motore in corrente alternata; 7) Possiamo ottenere una corrente indotta in una spira libera di ruotare (rotore) attraverso un campo rotante (motore asincrono); per ottenere un campo rotante basta considerare l’effetto di tre solenoidi disposti simmetricamente (con assi a 120°) sulla periferia di uno statore (parte fissa della macchina), alimentati da una terna di correnti simmetriche (sfasate nel tempo di 120°) a pulsazione Ω. Ogni solenoide produce in ogni punto del traferro un campo sinusoidale a pulsazione Ω diretto lungo l’asse geometrico del solenoide (z 1,z2,z3); tale campo può essere scomposto in due campi rotanti (diretto ed inverso) con velocità angolare +Ω e Ω, di intensità costante pari alla metà del valore massimo del campo. Il contributo al campo del secondo solenoide può a sua volta essere scomposto un un campo rotante diretto ed uno inverso, ma la posizione spaziale e del secondo avvolgimento e la fase della seconda corrente fanno sì che la componente diretta sia allineata alla prima e la componente inversa sia sfasata di 120° rispetto alla prima; ripetendo il discorso per il terzo solenoide si può riconoscere che le tre componenti dirette si sommano dando luogo ad un campo risultante di valore pari a 3/2 rispetto a quello del singolo avvolgimento, mentre le componenti inverse danno istante per istante somma nulla (in fig.3, la situazione per t=0). In realtà nei due tratti di spira ortogonali all’asse di rotazione le cariche sono spinte temporaneamente verso le pareti. 42 Sui due lati non attivi ha luogo una separazione di cariche che si attestano sulle pareti. Vi sono sonde di misura del campo magnetico che si basano su questo principio (effetto Hall). 61 41 ACCADEMIA AERONAUTICA – POZZUOLI – Anno accademico 2007/08 8) Per quanto detto una terna di avvolgimenti disposti simmetricamente lungo la periferia interna dello statore, alimentata da una terna simmetrica di tensioni, equivale ad un magnete rotante (Nord-Sud) e pertanto viene definito coppia di poli. Se gli avvolgimenti non vengono distribuiti sull’intera circonferenza, ma su una parte 1/p, avrò una macchina a p coppie di poli. Disponendo in modo regolare gli avvolgimenti sulla periferia interna di statore, si avrà alternanza di poli Nord e poli Sud; il passo polare (differenza angolare tra due Nord consecutivi) è pari a 2π/p. La velocità di rotazione equivalente del campo rotante è ω=Ω/p e quindi la velocità di sincronismo della macchina è p volte più bassa (per p=1 e f=50 Hz la velocità è di 50 giri/s ossia 3000 giri al minuto, per p=4 la velocità è 750 giri al minuto). fig.3 1z1 B1=BM cosΩt 1z1 B1i B1d Ω B3d -Ω Ω B2d B3=BM cos(Ωt+2π/3) 1z3 B1 B 2 B3 B1d B 2d B3d B3i 1z3 B2i 3 BM 2 1z2 B2=BM cos(Ωt-2π/3) 1z2 62