Gli insetti sociali.

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GLI INSETTI SOCIALI
Questo approfondimento nasce da una domanda di Antonio Ammendola che, mentre studiavamo gli
insetti, si è chiesto: perché le api muoiono dopo aver punto? A cosa serve loro questa strategia
suicida? La risposta riportata in classe pochi giorni dopo da Luca Pompili è che quando un’ape
punge per esempio un vertebrato il pungiglione resta incastrato nella cute dell’organismo punto e
per distaccarsene l’ape perde non solo parte del pungiglione ma anche parte dei suoi tessuti e quindi
muore poco dopo. In realtà la questione è molto più complessa...e per cercare di capire bisogna
capire come è organizzata la società delle api.
Come le formiche e le termiti, anche alcune specie di api sono insetti eusociali. Che
significa? Questi insetti sono caratterizzati dal vivere in società in cui ogni individuo ha una
funzione ben specifica. Gli individui di una società di insetti cooperano per la cura dei piccoli, si
dividono i vari lavori, addirittura alcuni di essi sono sterili e lavorano soltanto a vantaggio degli
individui fertili. Per i biologi questo fenomeno dell’altruismo degli insetti è sempre stato un bel
rompicapo. Infatti l’evoluzione dei caratteri altruistici negli animali non è stata semplice da
spiegare. La selezione naturale tende a favorire la diffusione di generazione in generazione di quei
geni che permettono una maggiore fitness (cioè un maggior numero di “figli”). Come Darwin capì
alla fine dell’ottocento un individuo ben adattato ad un determinato ambiente, è più forte, fa più
figli e lascia nelle generazioni successive alla sua, più geni di un individuo meno adattato
all’ambiente in cui vive. Come può quindi la selezione naturale favorire geni che portano al
sacrificio della propria vita per il bene della comunità, visto che questi individui morendo
sicuramente diminuiscono la propria fitness? I biologi evoluzionistici hanno spiegato il tutto in
questo modo: detto in parole semplici un ipotetico gene che induca l’individuo a sacrificarsi per
salvare la vita di almeno tre fratelli, ha più probabilità di diffondersi rispetto ad un altro ipotetico
gene, che induca invece a portarsi in salvo e abbandonare i fratelli al proprio destino! Cioè se la
società è composta da individui geneticamente simili questi si sacrificano individualmente
permettendo però il successo evolutivo dei geni che portano nel loro DNA tramite la sopravvivenza
dei propri simili.
Nella società delle api i cosiddetti caratteri altruistici sono il fulcro di questa comunità di
insetti. I biologi descrivono le società delle api come un superorganismo, dove l’ape regina, le
operaie e i fuchi (i maschi delle api) non sono altro che parti di un organismo vivente che è
l’intera comunità di questi insetti sociali. L’ape regina nasce da un uovo fecondato e la larva si
sviluppa in una cella particolare e più grande delle altre. Geneticamente non è differente dalle
operaie ma viene alimentata per tutta la vita con pappa reale (più ricca di proteine) ed è
l’alimentazione che la renderà morfologicamente e fisiologicamente diversa (è più lunga, ha il
torace più largo delle altre femmine, ha le ali più corte, non ha sulle zampe tutti gli adattamenti che
consentono alle operaie di lavorare, come per esempio il sacco porta polline). Può vivere fino a
cinque anni, mentre le operaie vivono poche settimane ed è l’unica ape feconda da cui dipende il
destino dell’intera comunità. C’è una sola regina per colonia e la sua unica funzione è quella di
deporre le uova. All’inizio del suo ciclo vitale si accoppia con più maschi facendo scorta di sperma,
che conserverà vitale anche per anni in una sacca che si chiama spermateca. Al momento della
deposizione delle uova se la cella è grande deporrà un uovo non fecondato da cui deriverà un
maschio (fuco), se la cella è piccola deporrà invece un uovo fecondato da cui deriverà un’operaia. I
maschi muoiono subito dopo l’accoppiamento e, se rimangono in vita, spesso vengono uccisi dalle
operaie quando in autunno l’alveare si prepara ad affrontare l’inverno.
Le operaie nascono da uova fecondate ma vengono alimentate con pappa reale solo per
pochi giorni. Sono sterili perché un feromone prodotto dalla regina non permette lo sviluppo degli
organi sessuali. Durante il loro ciclo vitale passano dallo stato di curatrici delle celle dell’alveare, a
quello di nutrici, poi di guardiane, ventilatrici, produttrici di cera, infine bottinatrici
(impollinatrici e produttrici di miele). Quando le operaie sono quasi alla fine del loro ciclo vitale
spesso muoiono dal freddo accalcandosi intorno all’ape regina e all’intera covata per proteggerle
durante l’inverno.
Le operaie guardiane hanno un altro comportamento altruistico. Il pungiglione è un
adattamento che serve alle api per difesa ed attacco. Si pensa che derivi da un organo detto
ovodepositore che le api primitive usavano per deporre le uova. Questo spiega perché i fuchi non
hanno il pungiglione. Viene usato solo verso altri individui della stessa casta. L’ape regina lo usa
per uccidere altre regine. Tuttavia le operaie guardiane lo usano quando altri animali mettono a
rischio l’incolumità della covata, sacrificandosi per la sopravvivenza di tutta la comunità. Essendo
un organo non nato per l’attacco di altri organismi non si è adattato a questi e quindi questo
potrebbe spiegare perché le api non riescono a toglierlo dalla cute degli animali che
pungono...Chissà tra migliaia di anni può darsi che le cose cambieranno...Tuttavia essendo la
società delle api un superorganismo con individui altruistici la selezione naturale finora non ha
portato a questo tipo di adattamento, e quindi le operaie continuano a morire per la comunità.
...e ora non resta che discuterne in classe.
ciao
Manuela
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