874002927 La discussione sull’antifascismo Al pari del fascismo, l’antifascismo ha rappresentato lo specchio e la matrice di alcuni aspetti importanti della mentalità politica e collettiva italiana. E’ questa la chiave prioritaria con cui è stata affrontato il tema storiografico dell’antifascismo, per rivendicarne l’attualità o per denunciarne i limiti. Il nesso fascismo-antifascismo Il fascismo occupa uno spazio di primo piano nella storia italiana del Novecento. Nella dittatura mussoliniana si rivelano e precipitano i radicati limiti di democrazia del sistema politicoistituzionale così come lo si era definito al momento dell’unificazione nazionale. E nei vent’anni di governo del regime fascista d’altro canto si consolida una visione autoritaria del rapporto tra stato e società civile destinata a riemergere periodicamente ben oltre la caduta del fascismo stesso. In questo senso un antifascista contemporaneo di Mussolini (Pietro Gobetti) ha potuto considerare il fascismo alla strega di una «autobiografia della nazione», ripreso nell’immediato dopoguerra tra gli altri da uno dei principali dirigenti della Resistenza, l’azionista Ferruccio Parri. In questo stesso senso Guido Quazza ha potuto definire il fascismo come «l’esame di coscienza degli italiani», cioè come il banco di prova della costruzione di una coscienza democratica, di ridefinizione etico-civile di un’identità individuale e collettiva fondata sui valori di libertà, tolleranza politica e culturale, eguaglianza sociale. La storiografia sull’antifascismo, in altre parole, è stata strettamente connessa non solo alla storia del fascismo, com’era inevitabile, ma anche alla complessiva storia d’Italia. Nel senso che nella ricostruzione delle vicende dell’antifascismo si è riletta la storia del paese oltre i confini del periodo 1922-45, si sono reinterpretate le tappe del delinearsi e del permanere dei vizi storici della democrazia italiana, e viceversa si sono ripercorsi gli indirizzi culturali e le strategie politiche del vasto e composito schieramento antifascista nel contrastare tali vizi dapprima nel ventennio e poi ancora in periodo repubblicano. Si è proposta dunque una perdurante attualità dell’antifascismo dopo il fascismo-regime. Le principali linee di ricerca La storiografia sull’antifascismo storico (quelle più propriamente del carcere e del confino, del fuoriuscitismo, della cospirazione clandestina in patria) ha seguito in passato due filoni principali di ricerca: la storia del dibattito politico tra i partiti e i movimenti antifascisti all’estero, dove il confronto poté svolgersi apertamente; la ricostruzione dell’esperienza del carcere e del confino, dove una generazione dei militanti consumò la sua formazione politica. In questa prospettiva si sono prodotti numerosi studi volti a ricostruire le caratteristiche dell’organizzazione dell’attività antifascista e gli indirizzi d’azione dei partiti e dei gruppi, i modelli cospirativi e quelli repressivi. Si tratta di approcci riconducibili a una storia etico-politica dell’antifascismo, del dibattito politico tra i suoi gruppi dirigenti, che ha lasciato in ombra le vicende dell’antifascismo sviluppatosi nelle fabbriche e nei quartieri, nei paesi e nelle città d’Italia, sostenuto da militanti spesso rimasti sconosciuti e concretizzato in piccoli ma diffusi atti di opposizione al regime. Verso questa componente si è invece orientata in tempi recenti l’indagine storiografica. Dopo essersi a lungo incentrata sull’antifascismo organizzato, la storiografia ha insomma trasferito la propria attenzione verso nuove ricerche sulle ragioni della “scelta” antifascista, ricercate non più solo nella sfera della politica, ma anche nella dimensione della vita quotidiana, delle aspettative e delle delusioni, dei costumi e degli stereotipi, del succedersi tra le generazioni, della costruzione dell’identità politica, sociale, nazionale. L’attualità dell’antifascismo Questi indirizzi storiografici si sono via via sviluppati contestualmente a un più complessivo dibattito politico-culturale sull’antifascismo, sulla sua attualità e viceversa sui suoi limiti. A lungo il 1 874002927 dibattito si è infatti concentrato sulla permanenza di elementi di fascismo nella società italiana: nelle culture, negli uomini, nelle istituzioni, nelle concezioni di società e di politica, proponendo l’antifascismo come l’antidoto principale a questa continuità, come l’esperienza su cui rielaborare una nuova cultura politica e istituzionale democratica, maggiormente incline a forme di partecipazione del cittadino alle scelte di governo della società. Di qui discenderebbe quindi l’attualità delle ragioni dell’antifascismo. A partire dagli anni novanta questo confronto ha tuttavia spostato il suo baricentro, introducendo in particolare la discussione sull’antifascismo nel quadro della crisi della nazione italiana. All’antifascismo si è addebitata cioè la mancata definizione di un patriottismo civico, fondamento di una forte identità nazionale. 2