LA FIGURA DEL MAESTRO SAN GIOVANNI D'AVILA Cenni biografici Il Maestro San Giovanni d'Avila visse in una delle epoche più agitate e feconde della storia, il XVI secolo. La sua persona e i suoi scritti sono legati al rinnovamento ecclesiale che ha luogo intorno a Trento, al risorgere della teologia e della mistica, al "rinascimento" e all'apertura della Chiesa a nuovi orizzonti geografici e culturali. La sua figura rispecchia le correnti culturali dell'epoca, anche se interpretate e purificate attraverso la luce del vangelo. Nacque ad Almodóvar del Campo (Ciudad Real, Campo de Calatrava, Spagna) il 6 gennaio 1499 (o 1500), festa dell'Epifania. I suoi genitori erano Alfonso de Ávila, di origine ebraica, e Catalina Xixón. Era una famiglia benestante, proprietaria di miniere d'argento nella Sierra Morena (ad Almadén), che seppe dare al bambino una formazione cristiana fatta di amore al prossimo e di sacrificio. Giovanni rimase segnato da quella famiglia di cristiani recenti: "ce l’aveva nel sangue", da parte di padre. Questo gli avrebbe causato non pochi inconvenienti durante tutta la vita. Dal 1513 al 1517 studiò diritto all'università di Salamanca. Non terminò gli studi, e si ritirò nella città natale, Almodóvar, fino al 1520. Consigliato da un religioso francescano, partì per studiare arte e teologia presso l'università di Alcalá (1520-1526), dove ebbe come maestro Domenico de Soto, e strinse buoni rapporti di amicizia con Don Pietro Guerrero, futuro arcivescovo di Granada. L'orientamento degli studi era tomista, scotista e nominalista. Salamanca e Alcalá evocano le correnti culturali del secolo XVI, che si intersecano con la difficoltà di discernimento e che hanno, come sfondo, un umanesimo rinascentista ricco di sfaccettature: biblismo, riformismo, illuminismo, personalismo, quietismo, erasmismo... Fu ordinato sacerdote nel 1526, quando erano già scomparsi i genitori, la cui memoria volle onorare celebrando la prima messa ad Almodóvar, distribuendo tutti i suoi beni ai poveri invitati alla festa. Nel 1527 si offrì come missionario al nuovo vescovo di Tlaxcala (Messico, Nuova Spagna), fra' Giuliano Garcés. A Siviglia nell’attesa di imbarcarsi, si dedicò al ministero della predicazione per le strade e a quello della carità fra i poveri e i carcerati, conducendo una vita evangelica, vivendo con un santo sacerdote, Ferdinando de Contreras, suo compagno di studi ad Alcalá. L'arcivescovo di Siviglia, Don Alonso Manrique, su richiesta di Contreras e dopo aver personalmente verificato le qualità del nuovo sacerdote, lo obbligò a restare nel sud della Spagna. Il ministero di Giovanni d'Avila si sviluppò soprattutto nella zona dell'Andalusia. A causa del radicalismo della sua predicazione e anche delle numerose conversioni, fu accusato da sacerdoti invidiosi e processato dall'Inquisizione fra il 1532 e il 1533 (il processo istruttorio era iniziato nel 1531). Rimase in carcere almeno per un anno intero. Non volle accusare i testimoni, per non denunciare le loro cattive intenzioni e le loro vite sregolate, ma preferì avere fiducia nella Provvidenza. Quando, in un momento difficile del processo dell'Inquisizione, gli dissero che era "nelle mani di Dio", come ad insinuare la possibile condanna da parte del tribunale, Giovanni d'Avila rispose: "Non potrei essere in mani migliori". Nel frattempo, scrisse in carcere lo schema della sua opera principale: l'Audi, Filia. Alla fine fu assolto, ma con la penitenza di dover chiarire nelle sue prediche alcune frasi per le quali era stato accusato. Doveva predicare, secondo la sentenza del tribunale, per chiarire malintesi, soprattutto ad Écija, Alcalá de Guadaira e Lebrija. Dopo queste prime esperienze e difficoltà apostoliche, Giovanni d'Avila si trasferì a Cordova (1535), ivi chiamato dal vescovo fra' Giovanni Álvarez de Toledo. Sarebbe diventata la sua residenza preferita fino al 1555. Lì conobbe fra' Luigi di Granada, con il quale sarebbe rimasto molto legato spiritualmente, e anche il nuovo vescovo di Cordova, Don Cristoforo de Rojas, al quale in seguito avrebbe indirizzato le "Advertencias al Concilio de Toledo". Cordova si può definire la diocesi di Giovanni d'Avila, forse già dal 1535. Di fatto ricevette lì la modesta rendita di Santaella, che cedette nel 1540 per opere educative. Lì realizzò per anni una grande opera di predicazione per i paesi, soprattutto a Montilla, e di attenzione per i sacerdoti, con la creazione del Colegio de San Pelagio, che sarebbe diventato poi il Seminario, e il Colegio de la Asunción. Le sue lezioni su San Paolo, indirizzate al clero e ai fedeli, diventarono famose. Da Cordova organizzò le missioni popolari attraverso il sud della Spagna, soprattutto in Andalusia, Estremadura, parte della Mancia e della Sierra Morena. Nel Castello vecchio di Cordova riuniva circa venticinque discepoli, che si dedicavano alla vita evangelica e alla predicazione nelle province vicine. Così iniziò quella che si potrebbe chiamare "scuola" o raggruppamento di discepoli, che non avevano un vero e proprio statuto, né una particolare organizzazione. I suoi viaggi missionari di predicatore dentro e fuori dalla diocesi si collocano fra il 1536 e il 1554: Granada (1536ss), Cordova (1537 e 1541), Baeza (1539), Jerez (1541), Siviglia, Baeza e Montilla (1545), Zafra (1546), Fregenal de la Sierra (1547), Priego (1552) ed altri luoghi. Fra il 1550 e il 1552 ci sono dati che riportano quattro "invenzioni" del Maestro per estrarre acqua dal sottosuolo. A Granada il Maestro Avila era già stato chiamato nel 1536, dall'arcivescovo Gaspare di Ávalos, per realizzare un'intensa predicazione; gli fu anche offerto un canonicato che non volle accettare. Ivi fu strumento della grazia per il cambiamento di vita di San Giovanni di Dio (Juan Cidad) che sarebbe diventato suo figlio spirituale e che il Maestro avrebbe aiutato nella sua opera ospedaliera. Ivi conobbe anche quello che sarebbe diventato il suo discepolo prediletto, Diego Pérez de Valdivia, e conquistò, attraverso la predicazione, un altro dei suoi migliori discepoli, Bernardino de Carleval, rettore del Colegio Real. Sempre a Granada, in occasione della predicazione per le onoranze funebri dell'imperatrice Isabella (1539), inizia il rapporto spirituale con San Francesco Borgia, futuro successore di Sant'Ignazio- Marchese di Lombay, Duca di Gandía. Giovanni d'Avila era solito chiamare Granada "la mia Granada". Lì, a quanto pare, poté anche approfondire i suoi studi di teologia all'università -forse da qui gli viene il titolo di Maestro, già dal 1538-, anche se è possibile che lo abbia fatto durante il suo precedente soggiorno a Siviglia. Il Capitolo della cattedrale di Granada affidò al "Maestro Avila" il sermone della bolla della crociata il giorno 3 marzo del 1538, secondo gli atti del 1 marzo. Nel 1542 tenne, sempre a Granada, un famoso sermone del Corpus Cristi, dopo una forte esperienza di preghiera, quando il Signore, comparendogli caduto sotto il peso della croce mentre Giovanni si ritirava alla Certosa, gli disse: "Così mi riducono gli uomini". Da allora non smise mai di predicare nella festa del Corpus Domini. Sono datate da Granada le prime lettere che conosciamo di lui (dal 1538). Le sue visite missionarie lasciavano traccia di vita evangelica. Si dedicava anche a lunghe ore di confessionale, visite agli infermi e catechismo ai bambini. Alloggiava in case povere, evitando gli inviti a soggiornare nei palazzi. A Zafra (1546), dove nuovamente incontrò San Giovanni di Dio e San Pietro di Alcántara, non volle alloggiare in casa dei suoi amici, i conti di Feria. Quest'opera apostolica, svolta in collaborazione con i suoi numerosi discepoli, ebbe la sua realizzazione pratica in istituzioni educative e universitarie di ampia portata, oltre che a convitti per sacerdoti. Furono aperti tre Seminari Maggiori per universitari (Baeza, Jerez, Córdoba), undici Seminari Minori (Baeza, Úbeda, Beas, Huelma, Cazorla, Andújar, Priego, Sevilla, Jerez, Cádiz, Écija), tre convitti per chierici (Granada, Córdoba ed Evora in Portogallo, con l'appoggio del suo discepolo Diego de Santa Cruz e del Cardinale infante Don Enrico). Fu famosa l'università di Baeza (in provincia di Jaén) dove Giovanni d'Avila si recó nel 1539 per fare riconciliare, per mezzo della sua predicazione, dei gruppi che si scontravano con lotte anche sanguinose. Il Colegio Mayor (universitario) fu fondato nel 1538 e Paolo II ne nominò Giovanni d'Avila copatrono. Fu trasformato in università nel 1542. I chierici formati a Baeza, secondo Luigi Muñoz, biografo di Giovanni d'Avila, dodevano "in tutta la Spagna" fama di avere una buona formazione. Bernardino de Carleval e Diego Pérez de Valdivia, discepoli del Maestro Avila, ne furono i principali direttori, dando esempio di vita evangelica e di dedicazione allo studio e alla predicazione. Le difficoltà e le persecuzioni servirono a imprimere all'opera l'immagine feconda della croce. Giovanni cominciò ad ammalarsi nel 1551, sicuramente a causa della sua totale dedizione a un ministero duro e logorante. Per questo motivo decise di fermarsi a Montilla per quindici anni, dal 1554 fino alla sua morte, nel 1569. Non accettò l'offerta di vivere nel palazzo della marchesa di Priego, e alloggiò invece in una casa della calle de la Paz, dove trascrorse il resto della vita in un'atmosfera di preghiera, studio e penitenza, senza smettere di predicare, finché le forze glielo permisero. A Montilla predicava ai chierici e ai novizi gesuiti, e si dedicava alla confessione, alla direzione spirituale, all'epistolario e a scritti di rinnovamento ecclesiale: la redazione definitiva dell Audi Filia, dei Sermoni e dei Trattati, i Memoriali per il Concilio di Trento, le Advertencias para el Concilio de Toledo. Durante questo soggiorno a Montilla, già malato, firma le lettere indirizzate a Sant'Ignazio, che lo aveva invitato a entrare nella Compagnia di Gesù. La vita sacerdotale di Giovanni d'Avila aveva come centro l'Eucaristia, da cui imparava la fedeltà alla Parola di Dio per contemplarla, viverla e predicarla; la dedicazione assoluta alla carità pastorale; la fedeltà radicale al vangelo secondo lo stile del Buon Pastore e l'amore ai fratelli sacerdoti, occupandosi della loro formazione secondo le indicazioni della Chiesa. I suoi amori fondamentali erano l'Eucaristia -Cristo crocifisso-, lo Spirito Santo e Maria. Questi sono i temi principali dei suoi sermoni, impostati sempre in rapporto con il tempo liturgico. Servì sempre la Chiesa attraverso il cammino della croce senza aspettarsi alcuna ricompensa e, secondo il suo biografo Muñoz, rinunciò alle diocesi di Segovia e Granada, come pure al cappello cardinalizio offertogli da Paolo III1. Vogliamo ora ricordare alcune date che si riferiscono ai suoi scritti, in rapporto con i luoghi che abbiamo già indicato. L'opera Audi Filia fu iniziata fra il 1531 e il 1533 -gli anni del processo della Inquisizione- e redatta in manoscritto verso il 1536, per Donna Sancha Carrillo. La prima edizione è del 1556, pubblicata senza autorizzazione dell'autore. Il testo definitivo fu preparato dal Maestro a Montilla (1564) e sarebbe stato pubblicato postumo (1574). La prefazione alla Imitazione di Cristo fu pubblicata a Siviglia nel 1536; in seguito sarebbe stato pubblicata anche nel 1550 a Baeza. Le prime lettere di cui si ha notizia sono datate Granada, 1538. Le Lecciones sobre Gálatas [Lezioni sulla Lettera ai Galati] furono dettate a Cordova, prima del 1537. Le Lecciones sobre la primera carta de San Juan [Lezioni sulla Prima Lettera di San Giovanni] furono illustrate nel convento di Santa Catalina di Zafra (1546 o 1549). Il catechismo o Dotrina fu pubblicato a Valenza nel 1554. I Memoriali furono scritti a Montilla (1551 e 1561). Le Avvertenze al Concilio di Toledo, anch'esse scritte a Montilla, sono del 15651566. Fra i suoi scritti i Sermoni e l'Epistolario furono composti durante tutto il periodo della sua vita sacerdotale. Possiamo anche citare altri scritti molto interessanti: Avisos, Reglas, Meditación sobre el beneficio de Cristo, [Consigli, Regole, Meditazione sui benefici di Cristo] ec. Il Trattato dell'amore di Dio è una sintesi sull'interiorità -il cuoredi Cristo. Il Tratado sobre el sacerdocio [Tratato sul sacerdocio] è un riassunto schematico di argomenti sacerdotali. Il Reglamento de las misiones [Regolamento delle missioni] contiene due sermoni sulla dottrina cristiana e presenta regole pratiche per la predicazione. 1 Cfr. L. MUÑOZ, Vida, lib. 3º cap. 4. I suoi ultimi anni passati a Montilla (1554-1569) lasciarono un'impronta indelebile in quella città, nella comunità ecclesiale e, in modo particolare, fra i chierici e i novizi gesuiti. Durante quegli anni si rivolse a lui Santa Teresa di Gesù, che gli inviò la sua autobiografia. La risposta sapiente del santo Maestro si trova nell'epistolario. Gli ultimi giorni della malattia furono molto dolorosi, con il regalo del "vino generoso con cui Dio fa omaggio ai suoi amici", secondo quanto da lui stesso affermato. Pregava così: "Signora, cresca il dolore e cresca l'amore, che è mio piacere soffrire per voi". Chiedeva l'Eucaristia con queste parole: "Datemi il mio Signore, datemi il mio Signore". I suoi discepoli e amici, soprattutto i padri gesuiti, lo accompagnarono senza sosta. Recitava la preghiera mariana: Recordare, Virgo Mater con altre giaculatorie, come invocazioni dei nomi di Gesù, Maria, Giuseppe, e, dopo aver ricevuto gli oli santi ancora cosciente, spirò, con lo sguardo al crocifisso, il 10 maggio 1569. Rispettando il suo desiderio, fu sepolto nella Chiesa della Compagnia di Gesù, a Montilla. L'epitaffio scritto sul suo sepolcro riassume il suo carisma: "Messor eram": sono stato un mietitore. Santa Teresa, colpita dalla notizia della morte, esclamò: "Piango perché la Chiesa perde un grande pilastro". Fra' Luigi de Granada scrisse la prima biografia nel 1588. Nel 1623 furono iniziati i lavori per il processo di beatificazione da parte della Congregazione di San Pietro Apostolo, composta da sacerdoti originari di Madrid. Luigi Muñoz, dottore, scrisse la seconda biografia nel 1635. Leone XIII lo beatificò il 4 aprile 1894. Fu dichiarato Patrono del Clero secolare spagnolo da Pio XII il 2 luglio 1946. Paolo VI lo canonizzò il 31 maggio del 1970. La Conferenza Episcopale Spagnola ha presentato ai competenti Dicasteri della Santa Sede la documentazione necessaria per chiedere che venga proclamato Dottore della Chiesa. Fisionomia spirituale e apostolica Nel suo discorso durante l'udienza concessa a seguito della canonizzazione, Paolo VI così riassumeva la figura e l'ambiente del santo in quell'epoca: "La figura di San Giovanni d'Avila ora emerge con una finalità che potremmo definire quasi profetica... per indicarci un modello… seppe assimilare con spirito di Chiesa le nuove correnti umaniste; seppe reagire con immediata certezza di fronte ai problemi del sacerdote, sentendo la necessità di purificarsi, di riformarsi per riprendere il cammino con nuove energie"2. Gli aspetti principali della sua figura si possono riassumere in tre punti fondamentali: profeta, liturgista e pastore e tutto questo è sintetizzato nell’epitaffio citato con due parole: "messor eram", sono stato un mietitore, che riflettono il suo ministero profetico di predicatore, catechista ed educatore. Questa pratica ministeriale deve poi essere integrata con un altro elemento caratteristico: la direzione o consiglio spirituale. 2 PAOLO VI, Disc. 1 giugno 1970, Insegnamenti VIII/1970, 570. La fedeltà al vangelo, imitando il Buon Pastore, secondo lo stile degli Apostoli e, in modo particolare, secondo la figura di Paolo, si realizzava in lui in una direttrice contemplativa -ricevere la Parola-, eucaristica e mariana, per arrivare poi agli aspetti più concreti della carità pastorale: i poveri, gli ammalati, i tormentati, la gioventù, la famiglia… La riforma ecclesiale che propugna parte, quindi, dalla riforma stessa, nella ricerca del rinnovamento delle diversi gradi della gerarchia ecclesiale. La sua disponibilità missionaria –come già detto- rimase segnata dall'offerta di evangelizzare il Nuovo Mondo, quando chiese di partire come missionario al primo vescovo di quelle terre, fra' Giuliano Garcés. Non potendo realizzare tale desiderio, si dedicò totalmente al ministero in svariati campi dell'apostolato: la predicazione e la catechesi, i sacramenti e la vita liturgica, opere di misericordia, educazione, direzione e orientamento spirituale, sempre con lo sguardo rivolto verso gli orizzonti universali della Chiesa e verso tutte le situazioni sociologiche e culturali. Nella vita e nella predicazione era il ritratto della figura apostolica di Paolo. Una delle caratteristiche salienti era quella di catechista ed educatore. Era un direttore spirituale molto conosciuto e consultato dai suoi contemporanei. La sua guida si traduceva in consigli sempre adatti e di applicazione concreta per ogni persona, nel cammino della vocazione, della preghiera-contemplazione, la perfezione, la vita fraterna e l'apostolato. Si rivolgevano a lui persone di ogni classe sociale, gente semplice ed intellettuali, della gerarchia ecclesiastica, religiosa o sacerdotale, vescovi e autorità civili. La sua vita apostolica era soprattutto eucaristica. Era un innamorato dell'Eucaristia: celebrata, adorata, vissuta, predicata. Tradusse in spagnolo in versione poetica il Pange lingua e il Sacris Solemnis. Si conservano ventisette sermoni dedicati interamente all'Eucaristia. La sua vita spirituale era profondamente mariana. I sermoni dedicati direttamente a Maria (Sermoni 60-72) sono stati chiamati, a volte, "libro della Vergine". Il Maestro Avila è un innamorato di Cristo. Lo contempla nella Parola, lo celebra nell'Eucaristia e nei sacramenti, lo annuncia attraverso la predicazione e la catechesi, lo vive con le sue esigenze evangeliche e lo trasmette perché sia vissuto secondo le beatitudini e il comandamento dell'amore. Il Maestro San Giovanni d'Avila, oltre a un chiarissimo esempio di santità, offre una dottrina eminente che ha avuto un influsso duraturo in tutta la Chiesa. In poche figure della storia ecclesiale si potrà trovare un'esposizione così completa di tutta la dottrina cristiana come in San Giovanni d'Avila. Non c'è nessun tema cristiano fondamentale in cui il Maestro non possa dire qualcosa in modo chiaro, profondo e spesso originale. Questa dottrina ebbe un'influenza su molti personagi e scritti contemporanei e posteriori. Influenza storica sulle figure del suo tempo Va dato opportuno risalto all'incontro provvidenziale con alcune grandi figure, che –di persona o per lettera- Giovanni d’Avila ebbe durante tutta la sua vita: il suo Maestro Domenico de Soto, 1520-1521 ad Alcalá; don Pietro Guerrero, condiscepolo ad Alcalá; fra' Giuliano Garcés, 1526 e 1527 a Siviglia; il Padre Ferdinando de Contreras, 1525 ad Alcalá e dal 1526 a Siviglia; fra' Luigi de Granada, 1535 a Cordova; San Giovanni di Dio, 1537 a Granada; San Francesco Borgia, 1539 a Granada; San Giovanni de Ribera, per lettera negli anni 1562 e seguenti quando era vescovo di Badajoz; San Pietro di Alcántara, 1546 a Zafra; di nuovo Don Pietro Guerrero, dagli anni di Alcalá e a Granada dal 1546; Sant'Ignazio di Loyola, per lettera nel 1549 da Montilla, e Santa Teresa del Gesù, lettere del 1568. Il domenicano fra' Luigi di Granada fu uno dei migliori amici e discepoli del Maestro Avila. Sarebbe diventato il suo primo biografo e il grande diffusore della sua dottrina e dei suoi scritti. Nella sua Guía de pecadores [Guida di peccatori], Lisbona 1556, fra' Luigi pubblicò una parte dell' Audi Filia, ancora non pubblicato dal Maestro. Era un lettore assiduo delle lettere del Maestro: "Ora il mio libro di tutti i giorni, che mi leggono di sera quando ceno, è l'epistolario del Padre d'Avila". Santa Teresa riconosceva di essere in debito, spiritualmente, con i suoi scritti3. Gli scritti del Padre Granada hanno avuto un'influenza universale. San Giovanni di Dio (Juan Cidad) cambiò vita ascoltando un sermone di San Giovanni d'Avila, pronunciato a Granada, nell'eremo dei martiri, il giorno di San Sebastiano (20 gennaio del 1537). Il Maestro Avila e l'arcivescovo Pietro Guerrero lo aiutarono a fondare un ospedale a Granada. Lo stesso Maestro Avila, che era suo direttore spirituale, chiese l'elemosina per questo fine di carità. Le sue lettere (n. 45-46 e 141) sono la testimonianza della direzione spirituale da parte del Maestro e ne restituiscono l’imagine di un santo della carità. Il rapporto del Maestro Avila con San Giovanni de Ribera quando questi era vescovo di Badajoz risulta dall’epistolario. L'influenza che ebbe su di lui il Maestro Avila fu molto grande, fin dai tempi di studente e professore a Salamanca (1544-1561), dove aveva sentito il suo amico Antonio Fernández de Córdoba, figlio dei marchesi di Priego, parlare con entusiasmo del Maestro. Anche se le lettere di quel periodo non sono conservate, sembra ci fosse stato uno scambio epistolare imperniato su una direzione spirituale. Chiese a lui consiglio se accettare o no la carica di vescovo di Badajoz. Una volta preso possesso della diocesi, il Maestro gli mandò alcuni discepoli perché li inviasse in missione per i paesi che la componevano. Già arcivescovo di Valencia, conservava i sermoni manoscritti del Maestro, con propri commenti al margine. Come vescovo di Badajoz, San Giovanni de Ribera poté forse avere una qualche influenza, attraverso gli scritti del Maestro Avila, sul Sinodo di Santiago de Compostela, e in seguito anche sui sinodi di Valencia. 3 SANTA TERESA DI GESÙ, Lettera 89; Fondazioni 28,41; Costituzioni 89,1. Il Maestro Avila, ormai residente a Montilla e malato, collaborò con il suo amico Don Pietro Guerrero, arcivescovo di Granada, scrivendogli diverse lettere di contenuto pastorale, la prima è del 1547, e mandandogli i Memoriali per il concilio di Trento (1551 e 1561). L'arcivescovo avrebbe voluto portarlo con sé al Concilio. Giovanni d'Avila continuò a collaborare, in seguito, all'applicazione delle norme conciliari. Le Advertencias che il Maestro Avila aveva composto per il sinodo di Toledo servirono anche per il concilio provinciale di Granada; l'arcivescovo le aveva chieste al santo Maestro e questi gliele fece avere4. Lo stretto rapporto che univa il Maestro Avila con la Compagnia di Gesù si tradusse in termini pratici anche in una grande stima da parte di Sant'Ignazio di Loyola. Quando il santo fondatore si era già stabilito a Roma, il Maestro Avila era in piena attività di missioni popolari e creazione di centri educativi, e aveva stretto buoni rapporti con Francesco Borgia -futuro successore di Sant'Ignazio -allora Marchese di Lombay e Duca di Gandía, in occasione delle onoranze funebri per l'imperatrice Isabella (Granada, 1539). Un numero considerevole di discepoli del Maestro Avila, una trentina, passarono alla Compagnia. Durante il suo ritiro a Montilla, il Maestro tenne delle conferenze ai Padri e ai novizi gesuiti. L'epistolario tra Ignazio di Loyola e San Giovanni d'Avila lascia intravedere una grande devozione reciproca. Il Maestro non ebbe la fortuna di conoscere personalmente Santa Teresa di Gesù. Tuttavia tra loro, ci fu un incontro epistolare di grandissima importanza per la mistica spagnola. La richiesta al Maestro di un parere sulle sue esperienze, come pure la risposta, sono del 1568, un anno prima della morte del Maestro. Le due lettere del Maestro, 2 aprile e 12 settembre del 1568, scritte a Montilla, lodano il modo di operare della santa pellegrina -i suoi viaggi delle fondazioni- e le danno un'orientamento sicuro sulle sue esperienze mistiche, con la promessa di inviarle altri commenti più approfonditi in seguito. Il Maestro fu convinto dalla linea dell'amore e di umiltà degli scritti della santa. Discepolo prediletto di San Giovanni d'Avila fu Diego Pérez de Valdivia, scrittore di temi spirituali. Seguendo il consiglio del Maestro, egli rinunciò alla carica di predicatore di Filippo II e a tutte le altre cariche, per vivere secondo il vangelo e per "andare alla terra degli infedeli a predicare il vangelo, con potente desiderio di essere martire"5. Con questa determinazione si diresse a Valencia, dove strinse rapporti con San Giovanni de Ribera e San Luigi Beltrán. L'impossibilità di imbarcarsi lo portò a Barcellona. Pur essendo professore all'università e predicatore, visse poveramente e in comunità con altri chierici, favorì la riforma carmelitana, come emerge dalle lettere al Padre Gracián. I suoi sono gli scritti di un grande maestro di spiritualità, che apre cammini di contemplazione e perfezione, stimola la lettura e lo studio della Scrittura e promuove la spiritualità mariana. 4 5 Cfr. Lettere 243-244, anno 1565. L. MUÑOZ, Vida, lib. 2º, cap. 12. Queste figure che abbiamo appena delineato e molte altre che potremmo citare, tuttre in contatto con il Maestro Avila, appartengono a diverse scuole e famiglie sacerdotali o religiose: erano domenicani Domenico de Soto, Giuliano Garcés, Luigi de Granada; francescani Francesco de Osuna, Pietro de Alcántara; carmelitani Teresa di Gesù, Giovanni della Croce; gesuiti Ignazio di Loyola, Francesco Borgia; trinitari Battista della Concezione; ospedalieri San Giovanni di Dio; diocesani o secolari Ferdinando de Contreras, Giovanni de Ribera, Pietro Guerrero, Diego Pérez de Valdivia. A questa lista si potrebbero aggiungere molti dei suoi discepoli o anche altre persone delle famiglie religiose o sacerdotali menzionate, alcune delle quali compaiono nell'epistolario del Maestro. La Compagnia di Gesù si trova al primo posto, almeno, per quanto riguarda il numero dei gesuiti che provenivano dai discepoli del Maestro Avila -una trentina- e soprattutto, per le grandi lodi che Sant'Ignazio di Loyola gli tributava. La stima che provavano nei riguardi del Maestro, sia Sant'Ignazio che San Francesco Borgia, si tradusse nel apprezzamento e la divulgazione dei suoi scritti e della sua fama di santità. I gesuiti che avevano conosciuto il Maestro fecero altrettanto: Nadal, Laínez, Araoz, Estrada, Plaza, Francesco di Toledo, ec. Alcuni lo avevano ascoltato nelle conferenze tenute a Montilla. Ma furono soprattutto i discepoli che entrarono nella Compagina a divulgare la figura del Maestro: Cristoforo de Mendoza, il primo discepolo che entrò nella Compagnia, ammesso da Sant'Ignazio a Roma, nel 1546; Diego de Guzmán, figlio del conte di Bailén; Antonio de Córdoba, figlio della marchesa di Priego; Gaspare Loarte, convertito e grande catechista e predicatore; Francesco Gómez, teologo e canonista, che lo aiutò nella redazione delle Advertencias para el concilio de Toledo; Diego de Santa Cruz che, inviato dal Maestro in Portogallo, entrò nella Compagina; Alonso de Barzana, missionario e catechista in Perù; Gaspare Pereira, che lo assistette negli ultimi momenti e partì come frate gesuita in Perù, ec. Gli scritti catechistici del Maestro furono divulgati principalmente dai gesuiti (Roma, Messina, Firenze…). Il Padre Giovanni de la Plaza avrebbe poi portato in Messico l’eredità del Maestro, soprattutto per quanto riguarda i sermoni o le conferenze che aveva da lui ricevuto quando si trovava a Montilla e a Córdoba e predicava al clero. Il rapporto con l'Ordine carmelitano riformato fu di somma importanza per la mistica spagnola e per garantire l'autenticità delle grazie ricevute da Santa Teresa di Gesù. Alcuni discepoli del Maestro diventarono carmelitani scalzi, soprattutto a Baeza e La Peñuela. La stima di Santa Teresa per il Maestro Avila influì sulla divulgazione della sua vita e dei suoi scritti. Influenza sul concilio di Trento e su alcuni sinodi Le persone che, quali strumenti della Provvidenza, resero possibile al Maestro Avila di far sentire la propria influenza a Trento, furono Don Pietro Guerrero, arcivescovo di Granada, che portava i "Memoriali"; Don Cristoforo de Rojas, vescovo di Córdoba, e fra' Bartolomeo de los Mártires, arcivescovo di Braga. Fra i padri conciliari diventarono famose le "carte" di Don Pietro Guerrero. L'influenza del Maestro Ávila si può constatare nei seguenti temi: figura e residenza dei vescovi, catechesi, matrimoni clandestini e, soprattutto, la formazione sacerdotale nei Seminari. Nella terza fase, alla ventitreesima sessione (15 luglio 1563) si trova il canone 18 di riforma che si riferisce alla creazione dei Seminari. La dottrina di questa sessione tratta della cura pastorale, basata sulla conoscenza delle pecore e la dedizione dei pastori ai ministeri della parola, i sacramenti e la carità, sempre accompagnato dalla testimonianza della propria vita. Il testo conciliare ha molte espressioni simili alla dottrina del Maestro Avila. Il decreto sui Seminari riflette infatti tutta questa dottrina conciliare e del Maestro, soprattutto quando tratta della formazione teologica, pastorale e spirituale che in essi deve essere impartita6. All'influenza che il Maestro Avila ebbe su Trento fece riferimento Paolo VI durante l'omelia della canonizzazione il 31 maggio 1970: "Non poté parteciparvi personalmente a causa della sua precaria salute; ma è suo un Memoriale, ben conosciuto, dal titolo Riforma dello stato ecclesiastico del 1551, seguito da un'appendice: Lo que se debe avisar a los Obispos, che l'Arcivescovo di Granada, Pietro Guerrero, farà suo nel Concilio di Trento, con generale plauso". Il Papa arriva a questa conclusione: "Il concilio di Trento ha adottato decisioni che lui aveva anticipato molto tempo prima"7. L'influenza sul Concilio di Toledo e su altri concili provinciali, avvenne soprattutto per mezzo delle Avvertenze al concilio di Toledo. Questo concilio provinciale fu celebrato negli anni 1565-1566, allo scopo di applicare i decreti tridentini e in esso vennero trattate le questioni proposte dal Maestro Avila nelle Avvertenze, preparate con la collaborazione del discepolo teologo e canonista Padre Francesco Gómez. Si tratta soprattutto di questioni di riforma pastorale e spirituale dei vescovi, dei sacerdoti e dei laici. Dalle lettere del Maestro a Don Pietro Guerrero (nn. 243-244) sappiamo che il testo delle Avvertenze servì anche per il concilio provinciale di Granada. Lo stesso testo potè forse essere utilizzato per altri concili spagnoli e latino-americani, come dimostrato dalla Positio per la canonizzazione8. Attraverso San Giovanni de Ribera, allora vescovo di Badajoz, che vi partecipò, l'influenza del Maestro si fece forse sentire nel concilio provinciale di Santiago de Compostela (1565-1566), come pure nel concilio di Valencia (1565), presieduto dall'arcivescovo Don Martino de Ayala, che era stato a Trento e conosceva gli scritti del Maestro. Il terzo concilio di Lima (1582-1583), presieduto da San Turibio di Mongrovejo, desunse alcuni orientamenti dagli atti dei concili di Toledo e di Granada. San Turibio di 6 Sessione 23, canone 18 di riforma, Concilium Tridentinum, IX, 628-630. Insegnamenti VIII/1970, 566 8 S.C. PRO CAUSIS SANCTORUM, Positio super canonizatione aequipolenti, Romae 1970, 424-436. 7 Mongrovejo era stato presidente della Cancelleria di Granada e si era portato a Lima gli scritti sulla riforma del Maestro Avila. L'influenza nel terzo concilio del Messico (1585) si può dedurre dal fatto che vengono citati parecchi testi dei concili di Toledo, Granada e Lima. Il Padre Plaza S.I., discepolo del Maestro Avila, era un consulente teologo del concilio, visitatore e provinciale in Messico dal 1580. L'influenza si nota soprattutto nei decreti sulla catechesi e sulla vita del clero9. Influenza storica posteriore L'influenza del Maestro Avila, scomparso nel 1569, fu e continua ad essere di vasta portata e si può riscontrare soprattutto in numerosi santi venuti dopo di lui, come pure in autori spirituali e scuole di spiritualità. Gli studi scientifici realizzati nel secolo XX, e che proseguono fino al terzo millennio, sono un indice di questa influenza magistrale. Oltre ai santi contemporanei di San Giovanni d'Avila, che abbiamo ricordato in precedenza, Giovanni di Dio, Francesco Borgia, Ignazio di Loyola, Giovanni Battista della Concezione, Giovanni della Croce, Giovanni de Ribera, Teresa d'Avila, Tommaso de Villanueva..., sono molti e molto significativi i santi venuti dopo di lui, che sappiamo essere stati molto colpiti o influenzati dalla vita e dalla dottrina del Maestro: San Turibio di Mongrovejo, San Francesco di Sales, San Vincenzo de Paoli, Sant'Alfonso Maria de Liguori, Sant'Antonio Maria Claret, San Giovanni Maria Vianney (santo curato d'Ars), Beato Giuseppe Allamano, Beato Manuele Domenico Sol... Sono molti e di grande statura gli altri autori spirituali che lo citano ampiamente. Oltre a fra' Luigi de Granada, che abbiamo citato in precedenza, si possono ricordare anche: Antonio de Molina, certosino; Diego de Estella, francescano; Bérulle, scuola francese, e i gesuiti Baldassarre Álvarez, Martino Gutiérrez, Antonio de Cordeses, Luigi de la Palma, Luigi de la Puente, Alonso Rodríguez, Pietro Rivadeneira. Il Padre Alonso Rodríguez –molto famoso all’epoca- cita il Maestro Avila più di trenta volte nella sua opera Ejercicio de perfección y virtudes cristianas [Eesercizio di perfezione e virtù cristiane]. Il Padre Pietro Rivadeneira, nel suo Tratado de la tribulación [Trattato della tribolazione], dà un’indicazione precisa prendendo di peso tutto il capitolo 22 dal Trattato dell'amore di Dio di San Giovanni d'Avila10. Abbiamo prova dell'influenza del Maestro in tutti i periodi successivi anche attraverso grandi autori che sono ancora oggi di attualità, i quali conoscevano la sua dottrina e lo citano. Ancora oggi la sua dottrina continua ad arrivare a tutti i livelli del popolo di Dio. 9 Vedere i testi paralleli in Positio super canonizatione aequipolenti, o.c., n. 4, 434-436. Cfr. S.C. PRO CAUSIS SANCTORUM, Positio super canonizatione aequipolenti,o. c. n. 4, 379-436, “L'influenza…”. 10 Attraverso il certosino di Burgos Antonio de Molina (1560-1619), molto letto fuori dalla Spagna e che cita abbondantemente la dottrina del Maestro Avila, questi ha potuto influire anche su grandi figure internazionali della spiritualità. Nel suo trattato Instrucción de sacerdotes [Istruzione dei sacerdoti] il certosino di Burgos ha come obiettivo la formazione dei sacerdoti a partire dalla Sacra Scrittura, dei Santi Padri e dei santi e Dottori della Chiesa, ai quali ricorre per descrivere la dignità sacerdotale, la santità e le virtù specifiche, la celebrazione eucaristica, l'ufficio divino, il sacramento della penitenza, ecc. Il testo ebbe molte edizioni e fu tradotto in diverse lingue, diventando libro preferito di molti sacerdoti. Cita con frequenza il Maestro Avila, soprattutto nei contenuti delle conferenze sacerdotali, e trascrive anche letteralmente la sua dottrina senza citarlo. Parlando della preghiera, cita esplicitamente il Maestro e dice di lui: "Santo e venerabile uomo... persona di grande perfezione, e di altissimo spirito, e di rara saggezza… uomo santo e apostolico, che con l'altissimo spirito che ebbe, e la grande luce con cui lo illuminò lo Spirito Santo, si rese conto di quanto è importante e necessario per i sacerdoti essere fedeli allo spirito della preghiera"11. Pur riconoscendo l'originalità della scuola francese, soprattutto per la sua dimensione cristologica -sull'Incarnazione- e per le sue radici patristiche, non si può negare l'influenza indiretta che ebbe in essa il Maestro Avila, così come la ebbe Santa Teresa attraverso il Carmelo teresiano. La scuola francese conobbe e usò il trattato di Antonio de Molina, così come poté apprezzare gli scritti e la figura di San Giovanni d'Avila. Padre Pourrat ammette un certo rapporto di dipendenza con la dottrina del Maestro, nel trasmettere la testimonianza di Bourgoing su Bérulle: "Dio […] aveva già sparso il seme della riforma del clero in parecchie anime elette e in parecchi luoghi. E io mi ricordo di aver sentito dire al nostro onorabilissimo Padre (il Bérulle) che codesta riforma era stata l'unica méta propostasi dal Padre Giovanni di Avila, predicatore apostolico: aggiungendo poi che, se Giovanni di Avila fosse vissuto ai nostri giorni, egli sarebbe andato a buttarsi ai suoi piedi e lo avrebbe scelto a maestro e a direttore della sua opera riformatrice, poiché lo teneva in singolare venerazione"12. Nel Trattato dell'amore di Dio San Francesco di Sales (1567-1622), Dottore della chiesa, parla del Maestro Avila come di "dotto e santo predicatore dell'Andalusia", e lo propone come modello di "tranquillità ed umiltà impareggiabili"13; nella Introduzione alla vita devota, cita dei passaggi dall'Audi filia14 rimettendosi alla sua autorità spirituale. "Per quanto possa cercare, dice il Pio Avila, non conoscerà mai così 11 Tratado 2, cap. 7. P. POURRAT, Il Sacerdozio secondo la dottrina della Scuola francese, Morcelliana, Brescia, 1932, versione di don Tebaldo Pellizzari, p. 31; cfr. affermazione di Bourgoing nella prefazione alle OEuvres complètes di Bérulle, vol. I Parigi, 1855, p. VIII. 13 Da Introduzione alla vita devota. Trattato dell'amor di Dio di San Francesco di Sales, UTET, 1969, a cura di Francesco Marchisano. Il testo francese originale dice: “Ce docte et saint prédicateur d'Andalousie, Jean Avila, ayant dessain de dresser une compagnie de prêtres réformés pour le service de la glorie de Dieu, en quoi il avait déjà fait un grand progrès, lorsqu'il vit celle des Jésuites en campagne, qui lui sembla suffire pour cette saison-là, il arrêta court son dessain, avec une douceur et une humilité non pareille, Traité de l'Amour de Dieu, par Saint François de Sales, Paris, Maison de la Bonne Presse, 1925, vol. II, Lib. IX, cap. 6, p. 94. 14 Parte I, cap. 4 e parte II cap. 17. 12 sicuramente la volontà di Dio come per mezzo di questa umile obbedienza […]. Dice il Maestro Avila [riguardo al direttore spirituale] che se ne deve scegliere uno fra mille; e io dico uno fra dieci mila"15. San Francesco di Sales trasse ispirazione, per le sue riflessioni sull'amore di Dio, dalle Meditaciones di fra' Diego de Estella, il quale a sua volta cita abbondantemente il Maestro Avila. Gli scritti di San Vincenzo de' Paoli (1581-1660) riflettono la dottrina sacerdotale di Antonio de Molina, anche le idee prese da san Giovanni d'Avila. Nel "Regolamento degli esercizi per gli ordinandi", San Vincenzo prescriveva la lettura giornaliera del trattato di Antonio de Molina nel refettorio. Sant'Alfonso Maria de' Liguori (1696-1787), dottore della Chiesa, cita di frequente il Maestro Avila in diversi scritti spirituali: Le Glorie di Maria cita un sermone mariano del Maestro e l'Audi Filia; Visite al SS. Sacramento e a Maria SS. due volte, Selva di materie predicabili e istruttive 16 volte, Lettera ad un religioso amico, Sermoni compendiati per tutte le domeniche dell'anno e, soprattutto, Pratica di amar Gesù Cristo. In questo ultimo libro cita pagine intere del Trattato dell'amore di Dio, dell'Epistolario, dei Sermoni e dell'Audi Filia. Il santo curato d'Ars, San Giovanni Battista Maria Vianney (1786-1859) possedeva e leggeva con frequenza le opere di San Giovanni d'Avila. Molte delle affermazioni del santo curato si ispiravano ai suoi scritti. Fra le altre figure più vicine ai nostri giorni, che citano e raccomandano San Giovanni d'Avila, emerge Sant'Antonio Maria Claret (1807-1870). Qui non si tratta più solo di un'esposizione dottrinale che fa riferimento ad un altro autore, in questo caso infatti c'è un riferimento alla propria esperienza personale, ossia di chi è rimasto colpito dalla vita del Maestro come di predicatore e modello di zelo apostolico. Egli riconosce che nessun autore, fra i molti che aveva letto, lo avevano colpito e convinto tanto: "Il suo stile è quello che meglio mi si adattava, che ho fatto mio, e che più felici risultati ha dato. Gloria a Dio nostro Signore, che mi ha fatto conoscere gli scritti e le opere di quel gran maestro di predicatori e padre di buoni e zelantissimi sacerdoti"16. I biografi del Padre Claret affermano che il santo fondatore conservava le opere del Maestro Avila tutte commentate (edizione del 1759, in nove tomi) e che nel suo quaderno aveva anche annotato le lettere che lo avevano aiutato di più. Nel campo missionario bisogna sottolineare la figura di un sacerdote diocesano di Torino, il Beato Giuseppe Allamano (1851-1926), fondatore dei missionari e delle missionarie della Consolata, che proponeva spesso Giovanni d'Avila ai suoi missionari come modello di apostolo e di santo. Lo cita insieme ad altri grandi autori come autorità 15 Introduzione alla vita devota, part. I, cap 4. Da S. ANTONIO MARIA CLARET, Autobiografia. Traduzione del P. Giuseppe Matteocci c.m.f., Missionari Clarettiani, Roma, 1991, pp. 103-104 numero 303. 16 indiscutibile e lo indica soprattutto in rapporto con l'Eucaristia, con la ricerca della volontà di Dio e con la direzione spirituale17. Molti formatori di futuri sacerdoti, come il Beato Manuele Domenico Sol (18361909) in Spagna e con influenza in altre nazioni, hanno invitato a leggere San Giovanni d'Avila vedendo in lui un Maestro di vita spirituale cristiana e sacerdotale. Una figura che esercita ancora grande influenza La proclamazione di Giovanni d'Avila a Patrono del clero secolare spagnolo avvenne ad opera di Pio XII il 2 luglio del 1946 (Breve "Dilectus filius"). La richiesta era stata presentata dal Cardinale Parrado, arcivescovo di Granada, a nome dell'episcopato spagnolo. Tutto ciò avvenne in un momento in cui ancora Giovanni d'Avila non era stato canonizzato, ed ebbe quindi grande ripercussione sulla diffusione della sua figura e dei suoi scritti, soprattutto per opera dei Seminari e del clero spagnolo e latino-americano. La canonizzazione di Giovanni d'Avila ebbe luogo durante il pontificato di Paolo VI, il 31 maggio del 1970. Nei discorsi pronunciati in occasione della canonizzazione il Papa delinea la figura di Giovanni d'Avila additandolo soprattutto come modello della santità e del ministero del sacerdote. Paolo VI volle così presentare un modello sacerdotale adatto ai tempi del post-concilio. In effetti si tratta di una figura o "tipo polivalente di un sacerdote qualsiasi dei nostri giorni" che, grazie alla sua santa vita e la sua disponibilità nel ministero, aiuta a superare i dubbi nati dalla "crisi di identità". Il Papa propone soprattutto: "la fermezza nella vera fede, l'amore autentico alla Chiesa, la santità del Clero, la fedeltà al Concilio, l'imitazione di Cristo, proprio come deve essere nei tempi nuovi"18. Nel discorso tenuto durante l'udienza del 1 giugno del 1970, dopo la canonizzazione, il Papa riassumeva la figura "profetica" del Maestro con questa pennellata: "Una santità di vita affatto usuale, uno zelo apostolico senza limiti, una fedeltà senza inganni alla Chiesa"19. In verità ci troviamo di fronte a un caso molto particolare. La sua dottrina è eminente e completa. La sua influenza è stata e continua ad essere di prim'ordne. Non si tratta tanto di sapere se oggi, a tutti i livelli del popolo di Dio, il Maestro è conosciuto e sapprezzato, quanto piuttosto di constatare come i contenuti delle sue opere siano arrivati, attraverso citazioni esplicite, ai grandi maestri spirituali che sono venuti dopo di lui, e come ancora oggi se ne possono trovare i segni. Chi legge i nostri classici della spiritualità si disseta, senza saperlo, agli scritti del Maestro Avila. Pochi Dottori della 17 I. TUBALDO, Giuseppe Allamano. Il suo tempo, la sua vita, la sua opera, Torino, Ediz. Miss. Consolata, 1982-1986. 18 Omelia della celebrazione della canonizzazione, 31 maggio del 1970, Insegnamenti VIII/1970, 562567. 19 Ibidem, 571, pp. 568-571. Chiesa hanno avuto un'influenza così grande come la sua. I santi e gli autori che lo citano hanno influito e continuano ad influire sulla Chiesa universale. Nel campo universitario attuale è molto frequente la presentazione di tesi e di studi di ricerca su temi riguardanti il Maestro Avila. La sua dottrina eminente e che esercita un’influenza permanente e universale si potrebbe riassumere in poche righe. Sono presenti temi di pressante attualità che trovano ampie trattazioni nei suoi scritti, naturalmente nella prospettiva del XVI secolo e di chi è uno dei tanti anelli di una storia di grazia e di riflessione teologica: la gloria di Dio e la bellezza della creazione (contemplazione); la salvezza in Cristo (unico Salvatore); l'esperienza di Cristo (per esempio, alla luce della dottrina paolina); il posto armonico che occupa Maria in ogni tema cristiano; la Chiesa sposa e madre; la vita spirituale alla luce del Cantico dei Cantici (sponsali) e dell'Apocalissi (Chiesa pellegrina-escatologica); la predicazione applicata a situazioni socio-culturali, ecc. Vi sono altri temi di maggior respiro, come quelli che si riferiscono alla antropologia teologica e cristologica: il mistero di Dio Amore, rivelato da Cristo, che illumina il mistero dell'uomo. La pneumatologia, in relazione con la vita "spirituale" offre anche sfumature interessanti di tipo dogmatico, carismatico, attivo e contemplativo. La cristologia del Maestro Avila, con una forte base biblica (paolina), patristica e teologica, si presta ad un "inserimento" della Parola nelle circostanze umane sociologiche e culturali. Si tratta di una cristologia esistenziale e funzionale (salvificastorica), relazionale (contemplativa) e pastorale (di annuncio e di celebrazione). La nota caratteristica di questa cristologia consiste nell'essere una chiamata all'incontro con Cristo e alla fedeltà al vangelo. L'ecclesiologia del Maestro Avila, pur conservando tutte le note essenziali di unità, di santità, cattolicità e apostolicità, è un invito a vivere le nozze con Cristo e la fertilità materna e missionaria, con una forte tendenza verso l'incontro definitivo Chiesa pellegrina o escatologica. Si tratta di un'ecclesiologia che ppoggia sul mistero di Cristo, si costruisce nella comunione e si realizza nell'esperienza spirituale e nell'apostolato (missione). I valori permanenti e stimolanti della morale e della spiritualità cristiana compaiono nella prospettiva delle beatitudini e della fedeltà al vangelo, che è unione della chiesa con Cristo, invitando tutti i battezzati alla santità come perfezione della carità. La contemplazione è un cammino di atteggiamento filiale; si trova Dio Amore nella propria povertà, grazie alla rivelazione del mistero di Cristo; è un cammino illuminato dalla parola di Dio, che invita all'unione trasformatrice. La bellezza integrale dell'uomo è l'espressione della gloria di Dio. La chiamata alla santità sacerdotale mostra delle caratteristiche peculiari, a partire dalla carità del Buon Pastore, con elementi molto simili a quelli presenti nei documenti conciliari e postconciliari del Vaticano II. La riflessione del Maestro, basata sulla Scrittura, la Tradizione, il Magistero e l'eredità teologica, è un'osservazione attenta della realtà umana e sociologica, volta a trovare un'armonia fra l'accoglimento sincero, affettivo e prevalente della Parola (contemplazione) e la valutazione degli elementi nuovi che nascono dalla stessa riflessione e dall'analisi della realtà concreta. La sua dottrina è prevalentemente teologica, pastorale e spirituale. Resta così dimostrata l'attualità permanente del Maestro Avila. Il rinnovamento ecclesiale del post-concilio del Vaticano II e degli inizi del terzo millennio del cristianesimo ha bisogno della voce di questo "Maestro" della fiducia nell'amore di Dio e della santità cristiana e sacerdotale. JUAN ESQUERDA BIFET