LA DUPLICAZIONE DEL DNA L’unità fondamentale del DNA è rappresentata da due catene polinucleotidiche avvolte fra loro a doppia elica tenuta assieme da legami idrogeno fra coppie di basi. La capacità di replicazione del dna è data dalla sua complementarietà, ed è di tipo semiconservativo. Le nuove doppie eliche gemelle sono prodotte grazie al processo di duplicazione semiconservativo. Uno dei requisiti fondamentali del materiale genetico è che la sua riproduzione dev'essere accurata poiché da esso dipendono le informazioni per il funzionamento dell'organismo. Quando venne scoperta la struttura a doppia elica del DNA, la caratteristica che maggiormente colpì gli studiosi fu la relazione di complementarietà tra le basi. Questa caratteristica fece subito pensare a un tipo di duplicazione in cui ciascun filamento (catena) della doppia elica, aprendosi in corrispondenza del legame tra le basi, fungesse da stampo per la costruzione di un nuovo filamento. Secondo il modello di Watson e Crick, infatti, si ha una graduale separazione dei due filamenti e la formazione della forca replicativa, dove i due filamenti separati fanno da stampo per la sintesi di due filamenti complementari. Si formano così due molecole figlie identiche, ciascuna costituita da un filamento vecchio e da uno nuovo. Questo tipo di duplicazione viene chiamato duplicazione semiconservativa. I nucleotidi da soli non sono in grado di formare una catena: sono necessari un enzima che intervenga a legare i vari pezzi tra loro, cioè la DNA-polimerasi (che permette la polimerizzazione), e diversi altri enzimi, ciascuno specifico per una determinata fase. La duplicazione del DNA è il processo che sta alla base della trasmissione dell'informazione genetica. L'esperimento che dimostrò in che modo il DNA viene replicato fu condotto dagli statunitensi Matthew Meselson e Franklin Stahl nel 1957. Essi fecero crescere molte generazioni di Escherichia Coli in un terreno di coltura contenente come fonte di azoto, un sale dell'isotopo pesante N, in questo modo i componenti cellulari erano marcati da questo isotopo. Fu così dimostrato che il DNA si replica secondo un modello semiconservativo: le molecole "figlie" consistono ognuna di un filamento di DNA della molecola "madre" e di un filamento di nuova sintesi. Il gene, l'unità fisica fondamentale dell'eredità, è un segmento di Dna che codifica per una funzion alcune funzioni correlate. L'informazione codificata, che si può presentare in una o più varianti (de "alleli"), è responsabile di diverse funzioni cellulari. La struttura del gene, pur essendo in gran parte conosciuta, non è stata ancora completamente de in particolare, non sono stati ancora individuati tutti i segnali interni che indicano quando, come e ogni singolo gene debba essere espresso nella cellula, e come il suo funzionamento debba essere a quello di altri geni. Sebbene non se ne conosca con precisione il meccanismo, è c l'espressione genica dipenda anche da molecole-segnale che provengono dall'esterno della cellula. Alcune gravi malattie di proprio dalla risposta funzionale dei geni attivati da sostanze Oltre alla regione codificante, ogni gene include i segnali di "i di "fine messaggio": si tratta di particolari sequenze sul Dna c segnalano all'enzima responsabile della trascrizione (la Rna polimerasi) i punti in cui deve iniziare o terminare la sintesi d messaggero. L'Rna messaggero, che è organizzato in triplette Dna stampo, abbandona il nucleo e va nel citoplasma, dove s ribosomi nei quali ha luogo la traduzione del messaggio (da s di triplette a sequenza di aminoacidi, la proteina). Secondo il modello comunemente accettato, i geni si trovano allineati sul filamento del Dna come una collana. Ogni gene viene rappresentato da una singola perla. Negli anni '70, tuttavia, isolando geni, alcuni biologi molecolari sono riusciti a confrontare la sequenza sul Dna e quella sull' Rna me corrispondente, mettendo in evidenza come nelle cellule eucariotiche i geni possano contenere del sequenze di nucleotidi apparentemente senza significato. Queste sequenze - chiamate introni interrompono il messaggio genetico e non vengono tradotte in aminoacidi della proteina. Alternate agli introni si trovano le sequenze tradotte, gli esoni. Per essere tradotti in proteina, gli e vengono uniti l'uno all'altro a formare un filamento di Rna messaggero che porta nei ribosomi il m da decodificare. Gli esoni sembrano particolarmente importanti nell'aumentare la complessità dell'espressione geni Infatti possono essere connessi in vario ordine, dando luogo a combinazioni alternative, formando Rna messaggeri e quindi differenti proteine. In realtà, dunque, la corrispondenza un-gene-una-pro una semplificazione. Un carattere monofattoriale è controllato da un solo gene; quindi la sua espressione dipende da qu diversi alleli possibili sono presenti nei 2 cromosmi omologhi. Un carattere la cui espressione è infl da più loci e/o da altri elementi (anche ambientali) si chiama multifattoriale. Il genotipo di un individuo è dato dal suo corredo genetico, è ciò che è "scritto" nel DNA contenuto nucleo di tutte le sue cellule ed è quindi immutabile. Il fenotipo, invece, è l'insieme dei caratteri ch l'individuo manifesta: dipende dal suo genotipo, dalle interazioni fra geni e anche da fattori estern può variare. Gli individui della specie umana, essendo diploidi, possiedono per ogni gene 2 alleli. Ad esempio, n di un gene che risiede su un particolare locus sul cromosoma 21, avendo 2 cromosomi 21 abbiamo cui troveremo 2 copie (2 alleli) del gene. Questi 2 alleli possono essere identici o non esserlo. Nel caso l'individuo è detto omozigote, nel secondo caso è eterozigote. L'omozigosi o l'eterozigosi è una caratteristica che riguarda il genotipo. Ad esempio, se per un dat esistono 2 alleli che chiamiamo "A" e "a", i genotipi possibili sono 3: AA , aa , Aa ovvero omozigot 1° allele, omozigote per il 2° allele ed eterozigote. I vari genotipi possibili producono un effetto visibile attraverso il fenotipo. Per determinare il fenotipo che farà seguito a un dato genotipo occorre tenere conto della dominan alleli. Un allele dominante si manifesta sia negli individui omozigoti che in quelli eterozigoti: è suff possederne 1 sola copia per esprimerlo. Un allele recessivo si manifesta solo negli individui omozigoti per l'allele in questione. In alcuni cas eterozigoti manifestano fenotipicamente entrambi gli alleli che possiedono: non accade, come di s uno (quello dominante) "copre" l'espressione dell'altro (quello recessivo) ma le 2 espressioni coesi dando origine a un fenotipo "misto". In questi casi di parla di codominanza. Organismi geneticamente modificati Un organismo geneticamente modificato (OGM) è un organismo nel cui corredo cromosomico è sta introdotto un gene estraneo, prelevato da un organismo, donatore, appartenente a qualsiasi speci vivente. Le tecniche dell'ingegneria genetica, che fonde le conoscenze della biologia molecolare e della gen consentono infatti di identificare e isolare un gene appartenente al corredo cromosomico di un ess vivente e trasferirlo artificialmente in quello di un altro, anche molto distante dal punto di vista de classificazione tassonomica. Per tal via si conferisce all'organismo la caratteristica desiderata, come ad esempio, nel caso dei v la resistenza agli erbicidi, la produzione endogena di insetticidi, e così via. L'informazione genetica acquisita, se non conferisce sterilità, viene trasmessa attraverso il ciclo riproduttivo alle generazio successive. Nel 1882 Walther Flemming individua i filamenti che si separano in una cellula al momento della sua divisione e duplicazione, distribuendosi successivamente nelle due cellule-figlie: è la scoperta dei cromosomi, che verranno così denominati nel 1888 da Heinrich Wilhelm Waldeyer. Successivamente, nel 1902 il genetista americano Walter Stanford Sutton (18771916) ipotizza che i cromosomi siano i "contenitori" dei fattori ereditari che si trasmettono alla discendenza e che gli stessi sarebbero formati da "collane" di elementi di base dei caratteri ereditari, che il botanico danese Wilhelm Ludwig Johansen (1857-1927) per la prima volta chiama geni. Morgan nel 1910 compie ricerche sulla Drosophila melanogaster, il moscerino della frutta che è ancora oggi il materiale elettivo delle ricerche di genetica grazie alla semplicità del suo corredo genetico e alla notvole,velocità con cui si riproduce. Morgan stabilisce che esistono particolari cromosomi che trasmettono i caratteri sessuali (cromosoma X per le femmine; Y per i maschi) e ottiene la prima mappa cromosomica della Drosophila. Nel 1915, Morgan e i suoi collaboratori pubblicarono un testo in cui esponevano chiaramente l’ipotesi che i fattori mendeliani sono i geni, particelle materiali localizzate sui cromosomi, ed a questo autore ed ai suoi seguaci si deve la definizione dei principi fondamentali della moderna teoria cromosomica dell’ereditarietà. A partire dal 1927 si inaugura ufficialmente il grande filone di ricerca sull'ereditarietà che, combinando alcune scoperte precedenti sul materiale genetico e la teoria della trasmissione dei caratteri ereditari porterà, negli anni successivi, alla scoperta della struttura del Dna e, in tempi più recenti, alla definitiva affermazione della genetica e della biologia molecolare. I CROMOSOMI I cromosomi, composti da proteine e DNA, sono corpi densi che si trovano all'interno del nucleo delle cellule. L'informazione genetica è contenuta nel DNA dei cromosomi sotto forma di sequenze lineari di basi (A,T,C.G). Il DNA di un singolo cromosoma è una lunga molecola, spiralata e altamente condensata. Il numero complessivo di basi in tutti cromosomi di una cellula umana è circa 6 bilioni (!) e ogni singolo cromosoma contiene da da 50 a 250 milioni di basi. Ogni cromosoma può contenere diverse migliaia di geni e poche o milioni di basi. Ogni cromosoma è costituito da una sequenza di geni, ognuno dei quali determina un carattere diverso. Nel 1944 si scoprì che il DNA è il materiale di cui sono costituiti i geni, e che tutta l’informazione necessaria alla continuazione della vita, di generazione in generazione, è inclusa in questa molecola. Un gene è, quindi, un tratto di DNA, responsabile della determinazione di un dato carattere e può presentarsi in più forme diverse: le diverse forme dello stesso gene vengono definite dette "alleli". Nel fenomeno della pleiotropia un singolo gene può presentare diverse espressioni fenotipiche. Per ciascun gene, responsabile di un particolare carattere, nel nucleo di tutte le cellule somatiche di ogni individuo sono presenti due copie, una di provenienza materna ed una paterna; ciascuna copia si trova nella stessa posizione (locus genico), su ciascuno dei due cromosomi omologhi. Le due copie di ogni allele si separano durante la formazione dei gameti perché i due cromosomi di una coppia di omologhi si separano durante l’anafase della meiosi. Successivamente l’ unione dei gameti, al momento della fecondazione riunisce due corredi genici. Quando i due allleli di un gene sono identici, l’individuo è definito omozigote per quel particolare gene. Molto spesso, tuttavia, queste due copie possono essere diverse: ad esempio, quando un genitore ha gli occhi azzurri e l’altro ha gli occhi marroni, nella discendenza possono essere presenti due copie diverse del gene, una per ciascun colore, una trasmessa dal padre e l’altra dalla madre: in questo caso l’individuo è eterozigote per quel gene. Nelle cellule somatiche per ogni gene sono, quindi, presenti due alleli, di cui generalmente solo uno dei due è manifesto e maschera l’altro; il primo viene detto "allele dominante", il secondo "allele recessivo". Il carattere recessivo può manifestarsi, nelle generazioni successive, negli individui omozigoti per il gene considerato. La combinazione dei geni e degli alleli che un individuo possiede ed è in grado di trasmettere alle successive generazioni costituisce il genotipo individual; con il termine fenotipo si indica, invece, l’insieme delle caratteristiche morfo-fisiologiche esteriori di un individuo. A volte, ma non sempre, il fenotipo riflette il genotipo: infatti se un individuo possiede due alleli recessivi o due alleli dominanti per un dato carattere, il fenotipo corrisponde al genotipo, ma se un individuo possiede un allele dominante e uno recessivo, il fenotipo è quello del carattere dominante, e di conseguenza rimane nascosto l’allele recessivo. Per ciascun carattere ereditario sono possibili tre genotipi diversi, corrispondenti a due fenotipi: genotipo omozigote dominante al quale corrisponde il fenotipo dominante genotipo eterozigote al quale corrisponde il fenotipo dominante genotipo omozigote recessivo al quale corrisponde il fenotipo recessivo L’allele dominante si manifesta a livello fenotipico sia nell’individuo omozigote dominante, sia nell’eterozigote; quello recessivo si manifesta invece solo nell’omozigote recessivo. ASSOCIAZIONE GENICA (LINKAGE) E CROSSING-OVER I geni situati sullo stesso cromosoma vengono definiti "associati", cioè sono allineati in un' unica fila e generalmente vengono trasmessi "a blocchi" (Legge della disposizione lineare dei geni). Per esempio, nella Drosophila una stessa coppia di cromosomi che porta i geni relativi alla forma delle ali porta anche i geni relativi al colore degli occhi. Il suddetto allineamento genico può, tuttavia, venire alterato da un particolare processo che si verifica durante la meiosi: il "CROSSING OVER". Tale fenomeno, scoperto dallo zoologo americano T. H. Morgan, consiste nel fatto che alla meiosi i cromosomi appaiati possano in alcuni casi "attorcigliarsi" l'uno con l'altro (crossing over) e rompersi successivamente nel punto di incrocio; le parti staccate potrebbero, quindi, riunirsi in modo "sbagliato". Questo fenomeno, quando si verifica, comporta la produzione di gameti prevedibili ed, in misura minore, di gameti non prevedibili, con diverso assortimento allelico. La frequenza degli "scambi", cioè di "crossing-over", è direttamente proporzionale alla distanza tra due geni, cioè del loro "linkage". Se, cioè, due geni sono molto vicini l'uno all'altro, le probabilità che lo scambio si realizzi proprio tra tali punti ravvicinati risulterà molto scarsa; al contrario, se i due geni sono piuttosto distanti la probabilità di scambio tra di essi risulta più elevata.