anno della fede - Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna

ANNO DELLA FEDE. QUALE FEDE ?.
L’iniziativa di Papa Benedetto di indire la celebrazione di un anno della fede in concomitanza del
Sinodo “La nuova evangelizzazione”, corrisponde ad una vera esigenza della nostra società,
specialmente occidentale. Un’accoglienza rinnovata, gioiosa, intelligente della Persona del Signore
Gesù è più che necessaria. Lo constatiamo nell’ambito dello stesso pensiero cristiano: A. Dalles,
dopo un accurato percorso storico della teologia della fede sino ai giorni nostri, delinea sette
modelli con cui viene edificata l’intelligenza della fede e dei suoi contenuti; alcuni di loro, al di là
dell’accoglienza di una rivelazione, sono difficilmente componibili tra di loro.1
Soprattutto si constata la tendenza ad una fede fai da te, in un ambito culturale che conosce
desolati deserti spirituali; l’uomo moderno della scienza e della tecnica, così lanciato nel
programmare la vita dell’uomo a tutti i livelli personali e sociali ha ancora bisogno della fede in
realtà sovraumane ? Non basta a se stesso ? Non è Lui il salvatore di se stesso ?
Vogliamo cercare di delineare di quale fede, negli atteggiamenti e nei contenuti, ha necessità
il cristiano oggi, sviluppando alquanto i suggerimenti che ci affida la Porta Fidei2, la lettera di
indizione dell’anno della Fede: fede come accoglienza del Signore Gesù, come è avvenuto nel
Vaticano II, come viene poi in modo sistematico esposto nel Catechismo della Chiesa Cattolica.
Vorremo farlo, nel contesto dell’attenzione ai Testi del Concilio, entrando più
profondamente in quel movimento spirituale che è stato il Vaticano II, per farlo nostro, portarlo
avanti nel suo vero senso, raccoglierne frutti più abbondanti3. Movimento spirituale del Soggetto
Chiesa, che ha preso l’avvio con la riflessione su quella presenza del Signore Gesù, la più intensa ed
efficace nella nostra vita personale e sociale, propria della Liturgia, il suo vertice eucaristico.
Da questa accoglienza rinnovata e liturgicamente migliorata, nell’adorazione, nella
preghiera, nei riti, è spontaneo procedere ad una riflessione sullo stesso Soggetto Chiesa, quasi
contenuta nella celebrazione dei S. Misteri: Ecclesia de Eucharistia: «La Chiesa vive
dell’Eucaristia. Questa verità non esprime soltanto un’esperienza quotidiana di fede, ma racchiude
in sintesi il nucleo del Mistero della Chiesa» (n 1)4. Il movimenti spirituale del Vaticano II è
passato quasi spontaneamente dalla riflessione Liturgica (SC) a quella Ecclesiale (LG).
In contemporaneità, una contemporaneità che ha segnato l’intera vita conciliare, ed è molto
significativo, si è trattato della dimensione a tutto fondamentale, della Rivelazione storica col suo
vertice nel Crocifisso glorioso, da accogliersi nel dono dello Spirito Santo, la virtù della Fede: la
Dei Verbum votata e proclamata quasi a conclusione del Concilio, ne rappresenta un frutto maturo.
Mentre la Chiesa accoglie il Signore Gesù nella molteplicità ordinata delle sue presenze, il
suo vertice Eucaristico nelle due mense unite della Parola annunciata, del Sacrificio del Corpo e del
Sangue di Cristo cui comunica, in queste presenze traboccanti di amore per i discepoli già battezzati
nell’orizzonte dell’umanità intera, ricupera il senso della totalità del progetto di Dio creatore e
Redentore dell’uomo, il mondo dei problemi umani, del contributo suo proprio per la loro corretta
impostazione e realizzazione. L’insegnamento della Gaudium et Spes.
Questo è stato in sintesi il movimento spirituale, che sotto la guida saggia e rispettosa del B.
Giovanni XXIII e del venerabile Paolo VI, ha prodotto i Testi conciliari: cercheremo di
ripercorrerlo, quasi ricostruirlo, perché sta in esso il segreto del rilancio della fede operosa di cui
abbiamo necessità oggi, ancor più che 50 anni fa, inizio del Concilio dei nostri tempi.
Sappiamo come il B. Giovanni Paolo II avvertì l’esigenza che i contenuti di fede espressi
dai Testi conciliari, nello stesso movimento vitale di una fede Professata, Celebrata nei Sacramenti,
1
AVERY DULLES, Il fondamento delle cose sperate, teologia della fede cristiana, (=BTC 96) Queriniana, Brescia
1997, 234-254.
2
BENEDETTO XVI, Lettera apostolica-motu proprio, Porta fidei, AAS 103 (2011) 725-734.
3
«Ci invitano ad entrare più profondamente nel movimento spirituale che ha caratterizzato il Vaticano II, per farlo
nostro e portarlo avanti nel suo vero senso» sono parole del S. Padre nell’Omelia per l’apertura dell’Anno della fede,
commentando i riti della celebrazione: Osservatore Romano , 11/ 10/ ’12, pag. 12.
4
GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica Ecclesia de Eucharistia, AAS 95 (2003) 433
1
vissuta in una vita spirituale morale che valorizza i Comandamenti, Pregata, fossero
sistematicamente esposti nel Catechismo della Chiesa Cattolica. Anche questo fa parte del
dinamismo spirituale vissuto dalla Chiesa del Vaticano II, e di cui oggi abbiamo bisogno
per rinnovare la gioia di un Vangelo accolto, celebrato, vissuto, testimoniato: un progetto di Vita e
di Amore di cui l’umanità ha sete, forse senza del tutto notarlo.
VITA LITURGICA, primo decisivo passo del VATICANO II, per rinnovare la fede della Chiesa .
La fede è l’accoglienza di una Persona, di un evento, del Signore Gesù, il Figlio, Parola di Dio,
incarnato tra noi per opera dello Spirito Santo, nella piena disponibilità della Vergine Maria.
Non una realtà puramente del passato, da cogliersi come un benefico ricordo: è una realtà presente,
non solo come Crocifisso Glorioso alla destra del Padre, ma in attesa della sua piena
manifestazione, ha voluto essere con noi, attivo nella sua Chiesa, per trasformarci in Lui.
Il Vaticano II ha voluto iniziare di qui il suo lavoro: «La Liturgia infatti, mediante la quale,
specialmente nel divino sacrificio dell’Eucaristia “si attua l’opera della nostra redenzione”5,
contribuisce in sommo grado che i fedeli esprimano nella propria vita e manifestino agli altri il
mistero di Cristo e la genuina natura della vera Chiesa» (SC n. 2).
Questo in piena linea col Mistero dell’Incarnazione: Cristo non ha voluto solamente essere
annunciato, offrire informazioni, conoscenza su Dio e sull’uomo, ma ha voluto assumere su di sè
tutta la vita umana, già creata secondo la sua misura, penetrarla con la sua luce, purificarla,
rinnovarla. S. Ireneo di Lione vede Gesù salvare l’umanità percorrendo tutte le età dell’esistenza
umana: si è fatto bambino per salvare i bambini, adolescente per salvare gli adolescenti…. 6 Una
solidarietà che non si arresta davanti ai rifiuti, l’indifferenza dell’uomo: tutti li assume in sé, sino
alla Croce, con un amore, misericordia più grande, che diviene offerta di Risurrezione.
Anzi tutte le sue ore tendono, sono racchiuse nell’ora della Croce (Gv 2,4; 12,23.27; 13,1;
17,1-3), tutte le sue opere di salvezza per l’uomo mirano alla Redenzione operata dalla sua Pasqua,
dal suo Esodo, passare al Padre (Lc 12,50 cfr Mc 10,38; Gv 12,27); tutte le sue parole sono
ricapitolate nella Parola sapiente della sua Croce (cfr 1 Cor 1,18-25), Pasqua di Passione e
Risurrezione; con la consapevolezza di essere il Primogenito dell’umanità, una coscienza
messianica di essere il salvatore delle moltitudini, di tutti: efapax (Eb. 7,27), una volta per sempre,
per l’intera umanità, senza eccezioni.
Nell’ultima cena, amandoci senza limiti, sino alla fine, in questa piena consapevolezza, ha
lasciato a Pietro e agli Apostoli il memoriale Eucaristico di tutto il suo operare, dire salvifico,
eternizzato nel suo passare al Padre come Crocifisso glorioso, perché fosse reso presente nei tempi e
luoghi della Chiesa. Come tutte le parole di Cristo, durante la sua vita terrena, tendono verso la
Parola della Croce, e parimenti tutte le sue opere salvifiche raggiungono la loro piena efficacia
nell’evento unico della Pasqua, così ugualmente tutto l’annuncio, predicazione della Chiesa trae il
suo vigore dalla parola-evento della Croce, è orientata ad essa; come tutta la sua vita sacramentale,
introduzione battesimale alla comunione col Crocifisso-Risorto, suo dono redentivo in situazioni
particolari della vita cristiana, è sempre orientata al Sacrificio eucaristico; anzi il Ministero ordinato
in comunione e successione apostolica ne rappresenta una esigenza intrinseca7.
Riflettere sulla Liturgia, la Vita sacramentale eucaristica della Chiesa, ha rappresentato il
passo giusto di partenza del Concilio nel suo programma pastorale di rinnovamento della vita
5
Missale romanum, oratio super oblata dominicae IX post Pentecostem
IRENEO di Lione, Contre les hérésies, II, 22, 4 (=SC 293-294),Cerf, Paris 1982, 221. Contro le eresie e altri scritti,
a cura di Bellini E., Jaca Book Milano 1979; SESBOŰĖ B., Tout récapituler dans le Christ, Cristologie et sotériologie
d’Irénée de Lyon, Desclée Paris 2000
7
Ecclesia de Eucharistia, n. 31: «Per questo con animo grato a Gesù Cristo ribadisco che l’Eucaristia “è la principale
e centrale ragion d’essere del Sacramento del Sacerdozio, nato effettivamente nel momento dell’istituzione
dell’Eucaristia ed insieme ad essa”.»
6
2
cristiana, di un annuncio più efficace ed incisivo del mistero di Cristo al mondo d’oggi; anzi ha
costituito il passaggio quasi spontaneo alla considerazione della realtà ecclesiale. Lo possiamo
intuire dalla dottrina ripresa dalla SC (n. 7) sulla molteplice presenza del Signore Gesù alla sua
Chiesa; dottrina che Paolo VI nell’Enciclica Mysterium Fidei promulgata a Concilio ancora aperto,
attivo, ha notevolmente ampliato.
Quasi in crescendo il Papa parla di una presenza di Cristo alla sua Chiesa che prega, compie
opere di misericordia, mentre Egli abita per la fede nei nostri cuori (Ef 3,17). È presente nella
Chiesa che annuncia la sua parola, regge e governa, con la sacra podestà del Ministero il popolo di
Dio, celebra i Sacramenti. «Ma ben altro è il modo veramente sublime con cui Cristo è presente
alla sua Chiesa nel Sacramento dell’Eucaristia […] contiene infatti lo stesso Cristo ed è “quasi la
perfezione della vita spirituale ed è il fine di tutti i Sacramenti” (s. Tommaso, S. Th. III q. 73, a. 3,
in c.).
Tale presenza si dice reale, non per esclusione, quasi che le altre non siano reali, ma per
antonomasia, perché è anche corporale e sostanziale, e in forza di essa Cristo, uomo-Dio, tutto
intero si fa presente»8.
L’EUCARISTIA FA LA CHIESA, CI INTRODUCE ALLA SUA NATURA, COSTITUZIONE
Paolo VI esultando per la promulgazione della Costituzione sulla Liturgia, affermava: «Noi vi
ravvisiamo l’ossequio alla scala dei valori e dei doveri: Dio al primo posto; la preghiera prima
nostra obbligazione; la liturgia prima fonte della vita divina a noi comunicata…9»; vedeva così
realizzato l’avvio alla coscienza di sé di «quel immenso unico corpo mistico che egli (Cristo)
mediante la fede e i Sacramenti, sta formandosi nel succedersi delle generazioni umane, la sua
Chiesa, spirituale e visibile, fraterna e gerarchica, oggi temporale e domani eterna»10 . Desiderio
vivo della Chiesa di «rispecchiarsi in Lui», sforzarsi di riportare se stessa a quel divino modello, ciò
che costituisce il suo fondamentale dovere11.
Nella Preghiera eucaristica, il fondamentale canone Romano, che rimane lo schema base per
i nuovi rinnovati canoni, possiamo intravedere l’articolazione di fondo della Costituzione
Dogmatica sulla Chiesa. A partire dal Dio fatto uomo, la sua Incarnazione vissuta sino all’estremo
della sua morte in Croce che produce Risurrezione, si tesse una nuova trama di socialità, si edifica
una nuova struttura: la Chiesa di Cristo. La qualità della Chiesa non è più quella di una società
umana, poiché non si costruisce a partire dall’uomo, ma dalla Parola vivente del Padre venuta ad
abitare in mezzo a noi.
Così la LG vede anzitutto la Chiesa, per Cristo, come partecipazione trinitaria, frutto
dell’attività del Padre, Figlio e Spirito Santo, «un popolo adunato nell’unità del Padre, Figlio e
dello Spirito Santo» (LG 4). Non è questo il frutto precipuo della Celebrazione eucaristica, in cui
rendendo presente, e partecipando al Sacrifico di Cristo, siamo portati a stare fiduciosamente, in una
vita germinalmente risorta, davanti al Padre, nello Spirito Santo ?
Si edifica così il Corpo espanso di Cristo, di cui Cristo rimane il Capo, trascendente ed
alimentatore. Esattamente come nell’Eucaristia, realizzando, intensificando il Corpo ecclesiale di
Cristo, è necessaria l’attività di chi, di Cristo capo, sposo, pastore, a vantaggio delle sue membra, è
qualificato per il Sacramento dell’ordine, ad agire come suo efficace segno sacramentale.
Questo (nell’unità, comunione, successione, del Collegio apostolico, con Pietro e sotto
Pietro), costituisce la natura gerarchica della Chiesa, cioè il segno efficace della sua dipendenza
completa da Cristo capo, sposo, pastore. Una prospettiva corretta di laicità e apostolicità della
Chiesa, di partecipazione al Sacerdozio comune battesimale, e, al suo servizio, del Sacerdozio
8
PAOLO VI, Enciclica Mysterium fidei, AAS 62 (1965) 762-764
PAOLO VI, 2° Periodo: discorso di chiusura, Ench. Vaticanum, *212
10
Id., 2° Periodo: discorso di apertura, Ench. Vaticanum, * 147
11
Ibidem *161
9
3
ministeriale, necessari per la Celebrazione dell’Eucaristia, e per l’ordinato sviluppo e realizzazione
della santità della vita cristiana, nei Pastori e nei laici.
Il ricordo liturgico della Madonna SS, che troviamo in tutte la Preghiere eucaristiche, ci
avvisa che la pienezza di vita ecclesiale risiede in Lei, principio mariano della Chiesa; il
corrispettivo e necessario principio petrino, cui sopra abbiamo accennato, è come al suo servizio,
per realizzare in tutti, Chiesa gerarchica e laicale, partecipazione progressiva di quella santità che
veneriamo e amiamo in Maria SS, Madre della Chiesa.
La Liturgia eucaristica contiene, germinalmente, l’insegnamento sulla Chiesa espresso nella
Lumen gentium: la qualità santa del “Popolo di Dio” (cap. II), la sua “Universale vocazione alla
Santità”, “Indole escatologica della Chiesa e la sua unione con la Chiesa celeste”, “La beata Maria
Vergine Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa” (cap. V-VIII). Esprime visivamente la
relazione costitutiva tra Collegio apostolico (e servizio subordinato presbiterale) e il “laicato”,
manifestando quella relazione, cui prima accennato, tra il corpo espanso di Cristo, che tutto riceve
da Lui, e Lui, il Cristo personale, Crocifisso glorioso, suo capo trascendente ed alimentatore (cap.
III e IV).
Si tratta di articolazioni fondamentali necessariamente costitutive della Chiesa, perché su di
essa risplenda la Luce di Cristo, che il Cristocentrismo del Vaticano II ha cercato di enucleare, nella
viva e inarrestabile tradizione ecclesiale. Mi piace anche notare il valore “ecumenico” di ogni
Celebrazione eucaristica, ed il profondo dolore nel vedere non ancora realizzata una sua dimensione
che sempre già viviamo: il Collegio episcopale, in comunione e successione apostolica, che trova la
sua necessaria unità con Pietro, e attuale Successore, e quindi anche sotto Pietro, stride tragicamente
con l’attuale divisione della chiesa occidentale e orientale, il tristissimo scisma sequela dei Concili
cristologici del V sec., e delle incomprensioni col mondo bizantino degli inizi del II° millennio.
Ci rattrista ancor più la situazione delle Comunità che «non hanno conservata la genuina ed integra
sostanza del Mistero eucaristico», per la «mancanza del Sacramento dell’ordine»: ci sono ancor più
vicine nel vivo desiderio che « la dottrina circa la Cena del Signore, gli altri sacramenti, il culto e i
ministeri della Chiesa, costituiscano l’oggetto del dialogo.» (Unitatis Redintegratio, 22).
Un dialogo che già ha portato frutti12, e che nella preghiera incessante, nelle relazioni intessute di
carità fraterna, ci auguriamo possa giungere sino alla Concelebrazione, nella comune cattolica
integra fede eucaristica, nella ricomposizione dell’unità del Collegio apostolico, con Pietro e sotto
Pietro.
Continuando nel nostro progetto di rilanciare e prolungare il dinamismo del Vaticano II,
consideriamo ora come il rinnovato senso dell’Eucaristia, la riforma indicata dalla SC e poi portata
ad esecuzione dalla saggia guida pastorale del venerabile Paolo VI, la visione articolata della Chiesa
come espressa nella LG, abbiano beneficamente influito sulla maturazione ed infine promulgazione
della Costituzione dogmatica sulla Rivelazione, la Dei Verbum.
La Rivelazione, il suo vertice qualificante, la Pasqua di Cristo, accolta con Fede: la DEI VERBUM
Era necessario che il Concilio, fedele alla sua prospettiva cristocentrica, trattasse della presenza più
intensa del Signore, Eucaristica, alla sua Chiesa, delle altre presenze ad Essa ordinate; edificasse
così lo splendore della Dottrina ecclesiale della Lumen Gentium, affinchè in questo contesto potesse
maturare la DV: la dottrina sulla Divina rivelazione, come accolta nella fede ecclesiale, come
trasmessa, Tradizione e S. Scrittura, nella vita della Chiesa.
Si facilitava così l’espressione delle relazioni ordinate e costruttive tra Tradizione, Scrittura
e Magistero (DV n. 10), così come vissute nel Soggetto vivo della Chiesa; si poneva ancor più in
risalto quale fosse il vero protagonista del Concilio, il « Soggetto Chiesa», in cui agisce Cristo nel
suo Spirito Santo, per realizzare il Progetto trinitario salvifico, di vita filiale e fraterna, comunione
sempre più intensa col Padre.
12
Per esempio, il dialogo Cattolici-Anglicani sulla Dottrina eucaristica: cfr Lettera del Card. Cassidy ai Copresidenti
dell’ARCIC II, Chiarificazioni su Eucaristia e Ministero, dell’ 11/3/ 1994, in E. Oe., 3, nn 315-317
4
Come cresce l’intelligenza della Rivelazione nella Chiesa, sempre con l’assistenza delle
Spirito Santo ? «Cresce infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia
con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro (cfr Lc 2,19 e 51), sia con
l’esperienza data da una più profonda intelligenza delle cose spirituali, sia per la predicazione di
coloro i quali con la successione apostolica hanno ricevuto un carisma sicuro di verità. La Chiesa
cioè, nel corso dei secoli, tende incessantemente alla pienezza della verità divina, finché in essa
vengano a compimento le parole di Dio» (DV 8).
L’intero soggetto Chiesa, nella sua articolata partecipazione di Cristo, come esposto nella
Lumen gentium, nella sua gerarchica costituzione, segno efficace della sua dipendenza da Cristo
Capo e Pastore, è attivo nella fedele trasmissione e crescita di comprensione della Divina
rivelazione; un invito rivolto a tutti di conoscere le Scritture, di partecipare con fede consapevole
alle Azioni liturgiche, di praticare la Lectio divina…..
Non si può trattare di Rivelazione senza ricordare che la sua accoglienza richiede un cuore,
una mente trasformati per il dono dello Spirito Santo, la virtù teologale della Fede: abbiamo qui
l’insegnamento più conciso e completo del Vaticano II sulla Fede:
«A Dio che si rivela è dovuta l’obbedienza della fede (cfr Rm 16,26, rif . Rm 1,5; 2 Cor 10,5-6),
con la quale l’uomo si abbandona a Dio tutto intero liberamente, prestandogli “il pieno ossequio
dell’intelletto e della volontà” e acconsentendo volontariamente alla rivelazione data da Lui.
Perché si possa prestare questa fede è necessaria la grazia di Dio che previene e soccorre e gli
aiuti interiori dello Spirito Santo, il quale muova il cuore e lo rivolga a Dio, apra gli occhi della
mente, e dia“a tutti dolcezza nel consentire e nel credere alla verità » (DV 5).
Tutto il Vaticano II è esercizio della virtù teologale della Fede, perché i suoi contenuti, di realtà
rivelate, lo richiedono. Il Soggetto Chiesa vive di fede, virtù teologale e dei suoi corrispondenti
contenuti, rivelati.
Notiamo inoltre che per parlare di Rivelazione, svelamento di Dio in una storia salvifica per
l’uomo, il suo vertice nel Crocifisso glorioso, è necessario parlare della capacità dell’uomo, per
creazione secondo l’Immagine di Dio, di conoscere Dio nella sua opera fondamentale di creazione:
«Dio, il quale crea e conserva tutte le cose per mezzo del Verbo (cfr Gv 1,3), offre agli
uomini nelle cose create una perenne testimonianza di Sé (cfr Rm 1, 19-20)» (DV 3)
La DV al n 6 riporta un insegnamento tradizionale della Teologia: la Rivelazione accolta con
fede facilita l’esercizio della ragione umana, perché sappia cogliere, riflettendo sulle opere di Dio,
quanto di Lui si può conoscere, razionalmente. Il Vaticano I (insegnamento accolto dal Vaticano II)
usa tre espressioni per indicare questo benefico influsso: speditamente, con ferma certezza e senza
mescolanza di errori. Alla corretta conoscenza di Dio creatore corrisponde una retta penetrazione
della creatura, così come sta davanti a Dio, cioè nelle sue dimensioni più preziose e fondamentali.
Questa relazione tra il vertice della Rivelazione, la Pasqua del Crocifisso glorioso e la
creatura in Lui creata e redenta, appare in tutti gli sviluppi del movimento spirituale del Vaticano II
che stiamo percorrendo: la Liturgia eucaristica rende presente il dono di Cristo per noi al Padre, ma
espresso nella sua SS.Umanità, di Crocifisso glorioso; la Lumen Gentium descrive la natura della
Chiesa, come scende dall’alto, la sua consistenza cristologica, pneumatica, ma in quanto trasfigura,
irradia, risuona in realtà umane, create; così pure la Rivelazione divina, in quanto si serve di parole
ed eventi umani, per una sua più intelligente accoglienza richiede molteplicità di scienze.
In tutte le costituzioni dogmatiche del Vaticano II questa relazione che si può esprimere come
relazione: soprannaturale cristico e natura – termini poco usati – o in altri molteplici modi13, è
considerata ed operante.
LG 2:“L’eterno Padre con liberissimo disegno decise di elevare gli uomini alla partecipazione
della vita divina”.
13
5
Se questa relazione fondamentale, variamante espressa, compare in tutti i docunenti del
Vaticano II, diventa evidente, di urgente attualità, quando il Concilio tratta direttamante del
contributo che la Chiesa deve offrire per la soluzione delle questioni umane; questioni umane che
portano già con sè aspetti positivi, che la comunità ecclesiale deve riconoscere ed accogliere,
purificare, integrare.
É questo il grande compito che assume la Cosituzione pastorale Gaudium et Spes.
Il forte cristocentrismo della Gaudium et Spes di fronte a tutte le questioni umane, gioia e dolore
Il Dio dell’Alleanza è lo stesso Dio della creazione: il forte cristocentrismo del Vaticano II pone
intensamente in rilievo questa fondamentale relazione della storia salvifica. Si tratta di una
impellente necesssità dei tempi moderni, che con lo sviluppo delle scienze e delle tecniche, delle
scuole filosofiche, delle prassi sociali e politiche, si è molto sottratta ad una sintesi, sempre da
aggiornarsi, con la visione rivelata dell’uomo.
La storia salvifica ci insegna con tutta evidenza che il Dio dell’Alleanza, il suo vertice in
Cristo, ed il suo popolo, hanno strette relazioni con la totalità delle questioni umane. Basta leggere
in questa prospettiva la Presistoria biblica (Gen 1-11), i Libri sapienziali, l’insegnamento del
Prologo di Gv, di Efesini, di Ebrei, l’inno cristologico di Col 1,15-20. Per esprimere queste
relazioni universali l’Autore sacro utilizza la categoria dell’uomo creato secondo l’Immagine di
Dio, di Cristo Logos di Dio, sua Parola creatrice. Tutte le questioni umane vengono considerate: in
primo luogo la famiglia, il rapporto uomo-donna (Gen 2,18-25), partecipe del dono di Cristo alla
sua Chiesa (cfr Ef 5,25-33), della sua fedeltà e perseverenza (Mt 19,3-9).
I Padri del Vaticano II potevano disporre di una qualificata riflessione degli ultimi Pontefici,
che hanno sempre cercato di illuminare il pensiero moderno circa il valore della Persona umana,
Famiglia, lavoro, vita sociale e politica, con una certa sofferenza per la tendenziale espulsione della
Chiesa dalla sua rilevanza pubblica, il tentativo di ricacciarla nel privato.
Sembrava quindi necesaria una introduzione generale, che esplicitasse la visione rivelata
dell’uomo, il valore della Persona umana, nella sua comunità e nella sua attività, che delle comuni
questioni umane particolari, per il dialogo intereligioso, sociale, politico, culturale, rappresentasse
un orientamento generale, una guida sicura. É questa la prima parte della GS, nei suoi quattro
capitoli sulla Dignità della persona umana, la Comunità degli uomini, l’Attività umana
nell’universo, la Missione della Chiesa nel mondo contemporaneo.
La prospettiva è sempre Cristo, la sua storia salvifica, la sua trascendenza divina, anche
umana in quanto tutto in Lui creato e rendento, Signore della storia, e quindi accogliente, con un
LG 5:“E venuto quindi il Figlio mandato dal Padre, il quale in Lui, prima della fondazione del
mondo, ci ha eletti e ci ha predestinati ad essere adottati in figli”.
LG 7: “Il Figlio di Dio, unendo a sé la natura umana, ha redento l’uomo e lo ha
trasformato in una nuova creatura”.
DV 2: “Piacque a Dio nella sua bontà manifestare il mistero della sua volontà, mediante il
quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo hanno accesso al Padre
e sono resi partecipi della divina natura”.
GS: 22: “Poiché in Cristo la natura umana è stata assunta, senza per questo venire
annientata, per ciò stesso essa è stata anche, per conto nostro innalzata ad una dignità sublime”.
AG: 2: “[…]Per la sua immensa e misericordiosa benevolenza il Padre liberamente ci crea
ed inoltre gratuitamente ci chiama a partecipare alla sua vita e alla sua gloria”.
6
discernimento di cui rimane la norma, tutti gli sviluppi del pensiero e della vita umana.
Cristo, nella sua Persona divina, consustanziale, una cosa sola col Padre, lo è anche con noi ?
Nell’unione ipostatica la Persona divina si esprime in vera umanità, fraterna con noi,
qualificandola in modo unico, non abolendola. É l’insegnamento dei Concili cristologici (Nicea,
Efeso, Calcedonia, Costantinopoletano III), che regge anche la Dottrina del Vaticano II
sull’Autonomia legittima delle realtà create (GS 36; 41), la guida più sicura nel dialogo di verità
con il pensiero moderno, in tutti i suoi campi.
In questa riflessione sapienziale la Chiesa ha molto da offrire, anche da ricevere. Forse così
si esce dalla prospettiva di Cristo, in cui tutto è creato e redento ? Si trovano aspetti non integrabili
in Lui, perchè non più in relazione con Lui?
Il cristocentrismo del Vaticano II esclude questa possibilità, il Signore Gesù avendo per
creazione e redenzione un primato universale. Ma insieme legge ed elabora nella consistenza vera
della sua SS. Umanità, modello e riferimento della nostra comune umanità, nelle relazioni Aleanzacreazione, Soprannaturale cristico-natura, una legittima autonomia delle realtà create.
Le creature, per il fatto stesso di essere creature, possiedono una loro autentica consistenza,
portano in sè intelliggibilità, bontà, che appella ad essere accolta, esaminata, coltivata, ricordando
sempre che tutto dipende radicalmente dal suo Creatore (dal Padre, per il Figlio, nello Spirito
Santo), e che tutto rimane necesariamante orientato a Lui (al Padre, per il Figlio, nello Spirito
Santo).
Anzi se esaminamo la storia delle scienze , mentre siamo invitati a riconoscere ed
apprezzare il metodo proprio di procedere di ogni disciplina (GS 36), dei risultati raggiunti e
raggiungibili, dobbiamo riconoscere sinceramente il benefico, necessario effetto determinante delle
visioni culturali ampie, universali, realizzate dal pensiero cristiano.
Senza queste prospettive sapienziali, globali, Galileo avrebbe potuto formulare la prima
legge fondamentale della meccanica, esprimerla rigorosamante in linguaggio matematico,
affermarne la validità universale ?
La teoria dell’evoluzione del mondo vivente avrebbe potuto essere impostata, impegnare la
ricerca della quasi totalità delle scienze sperimentali-razionali, se già Tommaso non avesse
affermato, in corretta prospettiva metafisica, essere l’uomo finis totius generationis14 ?
Certo le scienze e tecniche attuali, nella loro ricerca e anzittutto applicazione tecnologica,
dimenticando il contesto metafisico-etico in cui sono sorte, possono compiere, e di fatto avviene,
cammini, in cui Dio creatore-redentore non è più la sorgente viva del loro procedere, il fine
spirituale etico cui tutto orientare.
La modernità, la cui matrice culturale è stata la visione cristiana dell’uomo e del suo mondo
creature di Dio, ora così dimentica del contesto in cui è sorta, la sua dimensione etica, morale,
impegna il soggetto Chiesa ad una intelligente riflessione, un grande cantiere di pensiero e di
relazioni umane, di cui il Vaticano II, con la GS, ha fornito strumenti, metodi, orientamenti.
Pensiamo ai problemi nuovi, divenuti urgenza dopo la conclusione del Vaticano II, nel
campo della bioetica, delle relazioni uomo-donna nella famiglia e nella società, dell’impegno
educativo, dei dialoghi inter-religiosi (dichiarazione Nostra aetate), che si agggiungono alle
questioni più antiche nel campo del lavoro, della dottrina sociale della Chiesa, delle realzioni
Chiesa-società civile.
Il dinamismo spirituale che sottostà ed ha guidato il Vaticano II, ha prodotto le sue
Costituzioni, dichiarazioni e decreti, rimane necessariamente attivo: il Soggetto Chiesa, più
consapevole di se stesso, delle energie spirituali, morali che può sprigionare a contatto con le
questioni umane, non si ritira bloccato in se stesso, vive il suo costitutivo cristocentrismo nella
storia, nel dialogo della Verità a servizio dell’uomo, persona nella comunità.
de FINANCE J., Citojen de deux mondes, Gregorienne-Téqui, Roma-Paris,1980, 137: “Finis totius generationis:
l’uomo considerato il fine, termine scopo di tutto l’ordine delle generazioni, e per questo di tutta l’attività cosmica: è
così che S. Tommaso vede il posto dell’uomo nell’universo”, citando Contra gentiles, III, 22
14
7
Esigenza avvertita dal Beato Giovanni Paolo II che la Chiesa esprimesse in modo più
sistematico la dottrina tradizionale e maturata nel Vaticano II, come è stato realizzato nel
Catechismo della Chiesa Cattolica.
Ma si tratta dello stesso movimento spirituale che ha guidato il cammino del Concilio, cioè
l’esercizio della lex credendi, celebrandi-orandi, vivendi, con la finalità di una dottrina più
sistematica, nella comprensione della Professione di fede, della Liturgia con il suo vertice
Eucaristico, della sua vita spirituale-morale in riferimento ai Comandamenti, della sua Preghiera
seondo i contenuti ed il paradima del Padre Nostro.
*******************
Siamo partiti dall’interrogativo: celebriamo un necessario è più che opportuno anno della fede, ma
di quale fede ?
Già il Santo Padre ci avveva avvisato trattarsi della Fede che accoglie Gesù Cristo, e per una
più intelligente comprensione chiede di valorizzare il movimento spirituale che sottostà il Vaticano
II, ha guidato la composizione dei suoi Testi, tra cui spiccano le quattro Costituzioni fondamentali,
e infine la stesura sistematica del Catechsimo della Chiesa Cattolica.
Un soggetto vivente, la Chiesa che confessa il suo Credo apostolico, che celebra i
Sacramenti, il suo Vertice eucaristico, che prega e vive una vita morale-spirituale, in conformità alla
sua Professione di fede e Vita sacramentale. Una Chiesa caratterizzata in tutte le sue espressioni da
un forte cristocentrismo, consapevole che lo Spirito Santo, dono del Padre e del Figlio Crocifisso
glorioso, la porterà a vivere più intensamente la sua qualità Trinitaria (Gv 16,12-15).
Una dimensione cristocentrica, che confessa il Cristo Signore universale, che ci offre la
qualità fondamentale della Creazione, in quanto tutto creato in, per, verso Lui, il senso sicuro della
Storia, perche tutto rendento per Lui e verso di Lui. Non si dà settore dell’universo, della storia
umana che possa sottrarsi alla Signoria di Cristo, non sia ultimamente da Lui qualificato e redento.
Un Cristocentrismo che unifica in sè l’estensione degli spazi, la profondità, passato, presente
e futuro, della storia del cosmo, della vita e dell’uomo.
Lo possiamo vedere attivo anche nelle questioni ecumeniche: la Lumen gentium, afferma al
n. 8: « Questa Chiesa (di Cristo), in questo mondo costituita e organizzata come società, sussiste
(subsistit in) nella Chiesa cattolica, governata dal Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione
con Lui, ancorchè al di fuori del suo oganismo si trovino parecchi elementi di santificazione e di
verità, che, quali doni propri della Chiesa di Cristo, spingono verso l’unità cattolica»
Nella Chiesa cattolica, specialmente per la Celebrazione eucaristica, nella comunione
obbediente al S. Padre, il Signore Gesù è presente, può essere accolto con tutti i suoi doni di
salvezza; insieme suscita speranza, impegno di conversione, perchè tutti i doni parziali che vengono
riconosciuti nelle Chiese e Comunità, dolorosamente separate, e che «spingono verso l’unità
cattolica» siano riconosciuti, valorizzati e accolti. Questa operazione di accoglienza piena di tutti i
doni di santificazione e verità che vengono dal Signore Gesù, nell’unità della Chiesa cattolica,
richiede una intesificazione di fede e di amore per il Signore Gesù; solo nel superamanto delle
divisioni, per una conversione che liberi dalle lacerazioni del peccato, il Crocifisso glorioso potrà in
modo debito essere pienemente accolto ed amato da tutti i cristiani.
Qualcosa di simile si può intravedere nell’operazione religiosa, culturale richiesta e guidata
dalla GS. Si dà una certa somiglianza con il cammino ecumenico: questo è sorretto dalla
consapevolezza che è individuabile il Soggetto Chiesa, in cui è attivo Cristo, Crocifisso glorioso,
con i suoi integri doni salvifici, e così, superando le contraddizioni del peccato, riportare la
frammentazione sparsa di doni di santificazione e di verità alla sua propria unità cattolica.
Parimenti la consapevolezza che nel Signore Gesù, fondamento della creazione, operante la
redenzione, presente nella Chiesa cattolica, specialmente per l’integrità dell’Eucaristia, si dà la
8
pienezza di tutti i doni di verità, e grazia, di sapienza e scienza, sorregge il dialogo di verità,
l’impegno costruttivo sulle comuni questioni umane.
Anche in chi non riconosce esplicitamente il Cristo di cui vive la Chiesa, agisce, se non
rinnegata, la comune orientazione di tutti a Lui, il Figlio di Dio fatto uomo, perche sia « il
Primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29). L’uomo che vive moralmenete nella tensione verso Dio,
può accogliere le <vestigia del Verbo divino>, l’impronta che Dio creatore e salvatore lascia in ogni
realtà umana mai del tutto deturpata dal peccato.15
La stessa considerazione si può fare nella prospettiva dello Spirito Santo, che il Risorto dona
abbondantemente alla sua Chiesa, senza per questo escludere ogni uomo. La Chiesa il cui compito è
unire il più possibile ogni uomo con il Verbo creatore e redentore, deve riconoscere ed accogliere
questi segni già presenti di Cristo e del suo Spirito: una operazione delicata, che richiede sempre in
tutti l’atteggiamento della conversione.
Non si tratta per la Chiesa solamente di ricercare al di fuori di se stessa le vestigia del Verbo
ed i doni dello Spirito: S. Paolo ci avvisa nella conclusione del prologo della lettera agli Efesini che
Cristo ha partecipato alla Chiesa la sua stesa pienezza, Pleroma (cfr Ef 1,22-23; 4,11-16). Quando
questa si rivolge all’uomo, ai suoi problemi, alle «sue speranze, conquiste, sofferenze, cadute, come
corpo, come organismo, come unità sociale, percepisce gli stessi impulsi divini, i lumi e le forze
dello Spirito che vengono dal Crocifisso e risorto, ed è proprio per questo che essa vive la sua vita»
(RH n. 18).16
Quale fede quindi ? Quella professata, celebrata, vissuta e pregata dal Soggetto vivente
Chiesa, dono dello Spirito Santo, in una accoglienza libera ed intelligente. Accoglienza di Cristo,
crocifisso glorioso, fondamento della Creazione, operante le Redenzione, nella Chiesa governata dal
Successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con Lui, aperta al Dialogo ecumenico,
interreligioso e culturale.
[Testo offerto a Civiltà cattolica per l’inizio dell’Anno della fede 2012-2013]
15
GIUSTINO, filosofo e martire: Ascoltiamo dalla sua I Apologia, 46,2-3: “Il Cristo è il primogenito di Dio, il
suo Logos, del quale tutti gli uomini partecipano […] quelli che sono vissuti secondo il Logos, sono cristiani, anche se
passarono per atei, come fra i Greci Socrate ed Eraclito.” JUSTIN, Apologie pour les Crétiens, Introduction,
Texte critique, traduction et notes par MUNIER Ch., (=SC 507), Paris 2006, 251
Una semenza del logos è quindi sparsa in tutta l’umanità, ma lo stesso Logos si è manifestato pienamente in
Cristo:
II Apologia, XIII,4-6: “Noi Cristiani dopo Dio adoriamo ed amiamo il Verbo che procede da Dio, ingenito ed
ineffabile; e anche perché Egli si è fatto uomo per noi, ed ha preso parte alle nostre sofferenze per procurarci salute.
Tutti gli scrittori, in virtù della semenza del Verbo insito in ciascuno, poterono intravedere debolmente la Verità. Ma
una cosa è il seme e la facoltà che ci è concesso di imitarlo, ed altra cosa è il Verbo stesso, del quale si partecipa e al
quale ci si conforma, mercè la grazia che discende da Lui stesso”: JUSTIN, Apologie pour le Crétiens, cit. 363-365
GIUSTINO, Le Apologie, introduzione di Rebuli L., ed. Messaggero, Padova. MINNERATH R., Les chrétiens et le
monde, (I° et II° siècles). Gabalda, Paris 1973, 241.
16
GIOVANNI PAOLO II, lettera enciclica Redemptor hominis, AAS, 71 (1979) 301
9