DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa del senatore TOMASSINI COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 28 APRILE 2006 ———– Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario ———– Onorevoli Senatori. – Con il presente disegno di legge s’intende dare concreta applicazione al riconosciuto principio di autodeterminazione nel campo delle cure mediche, diritto di cui ogni individuo gode, in relazione alle scelte riguardanti la propria salute, sia nel senso di accettare sia nel senso di rifiutare l’intervento medico, e che si realizza attraverso la consapevolezza che si acquisisce con una corretta informazione. L’ambito, le modalità ed i limiti attraverso cui queste scelte sono espresse ed acquistano rilevanza giuridica trascendono argomenti prettamente biologici – sanitari, per coinvolgere aspetti della vita umana quali quelli etici, religiosi e giuridici. Occorre preventivamente chiarire che la scelta e la dichiarazione di volontà preventiva in merito al trattamento medico, o alle diverse opzioni curative, non intende consentire, neanche in via interpretativa o analogica, il ricorso all’eutanasia o all’accanimento terapeutico. In base a quanto disposto dai princìpi fondamentali del nostro ordinamento, infatti, il bene della vita risulta sottratto a qualsivoglia profilo di disponibilità. L’eutanasia non è assolutamente consentita dai codici del nostro Paese, neanche in presenza del consenso del malato: ragion per cui essa costituisce reato rientrando nelle fattispecie di cui all’articolo 575 del codice penale – omicidio volontario o, nel caso si riesca a dimostrare il consenso del malato, all’articolo 579 del codice penale – omicidio del consenziente – e all’articolo 580 del medesimo codice – istigazione o aiuto al suicidio. Inoltre il nuovo codice medico deontologico in merito all’assistenza dei morenti vieta ogni azione capace di abbreviare la vita del malato. Altrettanto condannato dall’ordine dei medici, nonché dal Papa, è il cosiddetto accanimento terapeutico, cioè il protrarsi di inutili trattamenti sanitari. I princìpi posti a fondamento della Dichiarazione internazionale dei diritti dell’uomo e della nostra Costituzione delimitano l’ambito intangibile della vita e della dignità umana, che non può esser sottoposto al potere umano. Lo scopo di queste norme è opportunamente quello di tutelare il soggetto più debole; la società civile, infatti, non può accettare che qualcuno, peraltro di difficile individuazione, per conto suo, ponga fine ad una vita, anche se si tratta di una persona che soffre, ma deve interrogarsi se sia stato fatto tutto il possibile per lenire il dolore, supportare le difficoltà della persona ed evitare, quindi, di portarla alla disperazione che invoca la morte. Compito della società è garantire e tutelare la vita dei cittadini assicurando loro tutti i mezzi a disposizione per le terapie curative o palliative migliori, a garanzia di un’esistenza dignitosa fino all’ultimo. Il presente intervento normativo mira a far in modo che ogni individuo, nel pieno possesso della capacità di intendere e volere, cioè di comprensione e conseguente autodeterminazione, possa preventivamente disporre, nei limiti consentiti dalle norme costituzionali, civili e penali, in merito ai trattamenti sanitari cui intenda o meno essere sottoposto, al trattamento del proprio corpo o delle proprie spoglie, nonché esprimere le proprie convinzioni religiose. Tale esternazione può essere effettuata attraverso due mezzi, la dichiarazione anticipata di trattamento con la quale dare precise indicazioni in merito alle proprie scelte sanitarie, oppure, in previsione dello stato di incapacità che può sopraggiungere in presenza di alcune patologie, con il mandato in previsione dell’incapacità, delegando una persona affinché decida in nome e per conto del fiduciario in merito ai trattamenti cui essere sottoposto. La formalizzazione di tale volontà si rende, poi, oggi ancor più necessaria in conseguenza del venir meno, in casi sempre più frequenti, della famiglia quale naturale filtro, sostegno e assistenza del malato. Presupposto di tale esternazione di volontà è diritto del paziente di conoscere e di essere informato in modo completo sui dati sanitari che lo riguardano, sulla diagnosi, sulla prognosi, sui vantaggi e rischi delle procedure diagnostiche e terapeutiche suggerite dal medico e su ogni possibile alternativa, in modo che possa esprimere, nel pieno possesso della capacità il proprio consenso o rifiuto in relazione ai trattamenti sanitari che stiano per essere eseguiti o che siano prevedibili nello sviluppo della patologia in atto. All’articolo 1 del presente disegno di legge sono definiti i due documenti attraverso i quali l’interessato può disporre in merito ai trattamenti sanitari che subirà, all’uso del proprio corpo, alle modalità di sepoltura (testamento di vita) ovvero per il tempo in cui venisse a mancare della capacità di intendere e volere (mandato in previsione dell’incapacità), nonché cosa debba intendersi per trattamento sanitario e mancanza di capacità ai fini della presente legge. L’articolo 2 richiede espressamente il consenso informato del paziente. Gli articoli 3 e 4 indicano come provvvedere nel caso in cui sia necessario sostituirsi al consenso del diretto interessato e nel migliore interesse dello stesso. L’articolo 5 sancisce il principio che l’idratazione e l’alimentazione parentale non sono da considerarsi forme di accanimento terapeutico. L’articolo 6 dispone per i casi di stato di incapacità di coloro che devono essere sottoposti a trattamento sanitario e per i casi di urgenza. Gli articoli 7, 8 e 9 disciplinano i casi in cui risulti mancare la capacità di intendere e volere ovvero i casi in cui si tratta di minori o in situazioni d’urgenza. Agli articoli 10, 11 e 12 è indicata la disciplina in caso di contrasto tra soggetti parimenti legittimati ad esprimere i consenso al trattamento sanitario e la disciplina del mandato in previsione dell’incapacità, ossia la stipulazione di un contratto attraverso il quale il disponente/mandante individua specificatamente un terzo che debba sostituirlo nell’esprimere ed eseguire la sua volontà per i casi di sopravvenuta incapacità. Gli articoli 13, 14 e 15 disciplinano la dichiarazione anticipata di trattamento, la sua efficacia e la revoca mentre l’articolo 16 istituisce il registro dei mandati in previsione dell’incapacità e delle dichiarazioni anticipate di trattamento. DISEGNO DI LEGGE Art. 1. (Definizioni) 1. Ai sensi della presente legge si intende per: a) dichiarazioni anticipate di trattamento: l’atto scritto con il quale taluno dispone in merito ai trattamenti sanitari, nonché in ordine all’uso del proprio corpo o di parte di esso, nei casi consentiti dalla legge, alle modalità di sepoltura e alla assistenza religiosa; b) mandato in previsione dell’incapacità: il contratto con il quale si attribuisce al mandatario il potere di compiere atti giuridici in nome e nell’interesse del rappresentato in caso di incapacità sopravvenuta di quest’ultimo; c) trattamento sanitario: ogni trattamento praticato, con qualsiasi mezzo, per scopi connessi alla tutela della salute, a fini terapeutici, diagnostici, palliativi nonché estetici; d) privo di capacità decisionale: colui che, anche temporaneamente, non è in grado di comprendere le informazioni di base circa il trattamento sanitario ed apprezzare le conseguenze che ragionevolmente possono derivare dalla propria decisione. Art. 2. (Consenso informativo) 1. Il trattamento sanitario è subordinato all’esplicito ed espresso consenso dell’interessato, prestato in modo libero e consapevole. 2. L’espressione del consenso è preceduta da accurate informazioni rese in maniera completa e comprensibile circa diagnosi, prognosi, scopo e natura del trattamento proposto, benefici e rischi prospettabili, eventuali effetti collaterali, nonché circa le possibili alternative e le conseguenze del rifiuto del trattamento. 3. È fatto salvo il diritto del soggetto interessato, che presti o non presti il consenso al trattamento, di rifiutare in tutto o in parte le informazioni che gli competono; il rifiuto può intervenire in qualunque momento. 4. Il consenso al trattamento può essere sempre revocato, anche parzialmente. Art. 3. (Decisioni sostitutive) 1. Nel caso in cui la persona da sottoporre al trattamento sanitario versi nello stato di incapacità di accordare o rifiutare il proprio consenso, si ha riguardo alla volontà espressa nella dichiarazione anticipata di trattamento e in subordine a quella manifestata dal fiduciario nominato ai sensi dell’articolo 13 o, in mancanza di questo, dalle persone indicate nel comma 2. 2. Ove non ricorrano le circostanze di cui al comma 1, il consenso o il dissenso al trattamento sanitario è espresso, ove siano stati nominati, dall’amministratore di sostegno o dal tutore, ed in mancanza, nell’ordine: dal coniuge non separato legalmente o di fatto, dai figli, dal convivente stabile ai sensi della legge 28 marzo 2001, n. 149, dai genitori, dai parenti entro il quarto grado. 3. In caso di impossibilità di decidere ai sensi dei commi 1 e 2, è dato ricorso al giudice tutelare. Art. 4. (Migliore interesse) 1. Colui che presta o rifiuta il consenso ai trattamenti di cui all’articolo 1, per conto di altri che versi in stato di incapacità, è tenuto ad agire nell’esclusivo e migliore interesse dell’incapace, tenendo conto della volontà espressa da quest’ultimo in precedenza, nonché dei valori e delle convinzioni notoriamente proprie della persona in stato di incapacità. Art. 5. (Idratazione e alimentazione parentale) L’idratazione e l’alimentazione parentale non sono assimilate all’accanimento terapeutico. Art. 6. (Situazione d’urgenza) 1. Non è richiesto il consenso al trattamento sanitario quando la vita della persona incapace sia in pericolo e il suo consenso o dissenso non possa essere ottenuto e la sua integrità fisica sia minacciata. 2. Il consenso al trattamento sanitario del minore non è richiesto quando il minore stesso versi in pericolo di vita o sia minacciata la sua integrità fisica. Art. 7. (Soggetti minori) 1. Il consenso al trattamento medico del minore è accordato o rifiutato dagli esercenti la potestà parentale, la tutela o l’amministrazione di sostegno; la decisione di tali soggetti è adottata avendo come scopo esclusivo la salvaguardia della salute psico-fisica del minore. 2. Il minore che ha compiuto i quattordici anni presta personalmente il consenso al trattamento medico. 3. Ove il trattamento cui il minore che ha compiuto i quattordici anni deve essere sottoposto comporti serio rischio per la salute o conseguenze gravi o permanenti, la decisione del minore è confermata dagli esercenti la potestà genitoriale, la tutela o l’amministrazione di sostegno ai sensi del comma 1. 4. In caso di contrasto si applicano le disposizioni di cui all’articolo 9. Art. 8. (Interdetti) 1. Il consenso al trattamento medico del soggetto maggiore di età, interdetto o inabilitato, legalmente rappresentato o assistito, ai sensi di quanto disposto dal codice civile, è espresso dallo stesso interessato unitamente al tutore o curatore. Art. 9. (Contrasti) 1. In caso di contrasto tra soggetti parimenti legittimati ad esprimere il consenso al trattamento sanitario, la decisione è assunta, su istanza del pubblico ministero, dal giudice tutelare o in caso di urgenza da quest’ultimo sentito il medico curante. 2. L’autorizzazione giudiziaria è necessaria in caso di inadempimento o di rifiuto ingiustificato di prestazione del consenso o del dissenso ad un trattamento sanitario da parte di soggetti legittimati ad esprimerlo nei confronti di incapaci. 3. Nei casi di cui al comma 2, il medico è tenuto a fare immediata segnalazione al pubblico ministero. Art. 10. (Del mandato in previsione dell’incapacità) 1. Il mandato in previsione dell’incapacità è il contratto con cui si prevede la sostituzione di una o più persone per il caso in cui il mandante non possa o non voglia portare a compimento l’incarico. 2. Il mandato in previsione dell’incapacità è conferito con atto pubblico, con o senza procura; il mandato è accettato contestualmente ed è contenuto nello stesso atto oppure successivamente in un atto redatto nella medesima forma. 3. Il mandato in previsione dell’incapacità è gratuito. 4. Il notaio che riceve un mandato in previsione dell’incapacità ne invia copia, nel più breve tempo possibile, al registro di cui all’articolo 16. 5. Per quanto non previsto nella presente legge trovano applicazione, ove compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 1703 e seguenti del codice civile. Art. 11. (Rendiconto e controllo) 1. La correttezza e la diligenza dell’operato del mandatario sono sottoposte al controllo del giudice tutelare. 2. L’attività di controllo del giudice tutelare sulle modalità di adempimento del mandato è sollecitata anche attraverso istanza dei soggetti interessati. 3. Con decreto motivato, il giudice tutelare dichiara la cessazione e l’efficacia del mandato e provvede alla nomina di un amministratore di sostegno. 4. Il mandante può prevedere che sia predisposto inventario indicandone le modalità. Art. 12. (Estinzione del mandato) 1. Il mandato si estingue: a) per morte, rinuncia o sopravvenuta incapacità del mandatario; b) per revoca; c) per dichiarazione di inefficacia pronunciata dal tribunale. 2. Gli effetti del mandato sono sospesi durante il periodo in cui il rappresentato riacquista la capacità di intendere e volere. Art. 13. (Della dichiarazione anticipata di trattamento) 1. La dichiarazione anticipata di trattamento è l’atto di volontà redatto per atto pubblico notarile, alla formazione del quale può intervenire un medico che assista il disponente. 2. Il notaio che riceve una dichiarazione anticipata di trattamento ne invia copia nel più breve tempo possibile al registro di cui all’articolo 16. 3. Nella dichiarazione anticipata di trattamento è contenuta la nomina di un fiduciario cui sono affidate le decisioni di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a). 4. Il fiduciario nell’esecuzione delle disposizioni attua la volontà del disponente quale risultante dalla lettera della dichiarazione anticipata di trattamento e dall’attività rivolta ad indagare e ricostruire il significato da attribuire alle dichiarazioni; in mancanza di istruzioni opera nel migliore interesse dell’incapace ai sensi dell’articolo 4. 5. Trovano applicazione, ove compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 587 e seguenti del codice civile. Art. 14. (Efficacia) 1. La dichiarazione anticipata di trattamento produce effetto dal momento in cui interviene lo stato di incapacità decisionale del predisponente. 2. Lo stato di incapacità è accertato e certificato da un collegio composto da tre medici, di cui un neurologo, uno psichiatra e un medico specializzato nella patologia di cui è affetto il disponente, designati dal presidente dell’ordine dei medici o da un suo delegato, su istanza di chiunque ritenga averne interesse o titolo. 3. Il medico curante non fa parte del collegio ed è sentito da quest’ultimo ove sia possibile ovvero sia ritenuto opportuno e necessario. 4. Accertata la sussistenza dell’incapacità, il collegio ne dà immediata comunicazione per l’annotazione nel registro di cui all’articolo 16. 5. La certificazione è notificata immediatamente al fiduciario o al mandatario, ai familiari e ai conviventi che possono proporne l’annullamento con il ricorso al giudice tutelare. 6. Le direttive contenute nella dichiarazione anticipata di trattamento sono impegnative per le scelte sanitarie del medico, il quale può disattenderle solo quando non più corrispondenti a quanto l’interessato aveva espressamente previsto al momento della redazione della dichiarazione anticipata di trattamento, sulla base degli sviluppi delle conoscenze scientifiche e terapeutiche, e indicando compiutamente le motivazioni della decisione nella cartella clinica. Art. 15. (Revoca) 1. La dichiarazione anticipata di trattamento e il mandato in previsione dell’incapacità sono rinnovabili, modificabili o revocabili in qualsiasi momento con le medesime forme previste per la loro formazione. 2. In caso di urgenza, la revoca è espressa liberamente in presenza di due testimoni al medico curante che ne rilascia certificazione a margine dell’atto revocato e nel registro di cui all’articolo 16. Art. 16. (Registro dei mandati in previsione dell’incapacità e delle dichiarazioni anticipate di trattamento) 1. Il contenuto della dichiarazione anticipata di trattamento e le convenzioni oggetto del mandato in previsione dell’incapacità non sono considerati, ai fini della presente legge, dati sensibili ai sensi della legge 31 dicembre 1996, n. 675. 2. È istituito il registro dei mandati in previsione dell’incapacità e delle dichiarazioni anticipate di trattamento nell’ambito di un archivio unico nazionale informatico presso il Consiglio nazionale del notariato. 3. L’archivio unico nazionale informatico è consultabile, in via telematica, unicamente dai notai, dall’autorità giudiziaria, dai dirigenti sanitari e dai medici responsabili del trattamento sanitario di soggetti in caso di incapacità. 4. Con decreto del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, di intesa con il Ministro della giustizia e con il presidente del consiglio del notariato, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge sono stabilite le regole tecniche e le modalità di tenuta e consultazione del registro di cui al comma 2. Art. 17. (Disposizioni finali) 1. La dichiarazione anticipata di trattamento e il mandato in previsione dell’incapacità, le copie degli stessi, le formalità, le certificazioni, e qualsiasi altro documento sia cartaceo sia elettronico ad essi connessi e da essi dipendenti non sono soggetti all’obbligo di registrazione e sono esenti dall’imposta di bollo e da qualunque altro tributo. DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa del senatore BENVENUTO COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 17 MAGGIO 2006 ———– Disposizioni in materia di dichiarazione anticipata di volontà sui trattamenti sanitari ———– Onorevoli Senatori. – Il principio di autonomia e il diritto all’autodeterminazione, fondamentali nelle nostre società democratiche, contrassegnate da un pluralismo di valori, di morali e di culture, trovano il loro campo di applicazione più naturale nell’ambito delle scelte riguardanti la salute e la qualità della vita. Non a caso, il diritto di ogni persona ad accettare o rifiutare i trattamenti sanitari, proposti dai medici, è riconosciuto espressamente dall’articolo 32, secondo comma, della nostra Costituzione, secondo il quale «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge». Anche la Convenzione europea di Oviedo del 1997 sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina, resa esecutiva ai sensi della legge 28 marzo 2001, n. 145, ha riaffermato all’articolo 5 che qualsiasi intervento medico effettuato senza il consenso della persona deve ritenersi illecito. Anche il Codice di deontologia medica adottato il 25 giugno 1995, come modificato nel 1998, afferma all’articolo 34 che il medico «deve attenersi, nel rispetto della dignità, della libertà e dell’indipendenza professionale, alla volontà di curarsi, liberamente espressa dalla persona». La Chiesa cattolica sin dal 1957 (papa Pio XII) ha affermato che «non c’è obbligo morale di usare mezzi straordinari nel caso di pazienti sofferenti gravemente o privi di sensi ad allungare la loro vita». Sull’argomento si sono poi avute numerose pronunce della giurisprudenza tra le quali si può citare la sentenza della corte d’assise di Firenze (n. 13 del 18 ottobre 1990), secondo la quale il rifiuto di trattamento deve essere rispettato, indipendentemente dalle valutazioni dell’operatore sanitario in merito al bene del paziente, perchè «nel diritto di ciascuno di disporre lui solo della propria salute e integrità personale, rientra anche il diritto di rifiutare le cure mediche; non è il riconoscimento positivo di un diritto al suicidio, ma è la riaffermazione che la salute non è un bene che può essere imposto coattivamente da altri, ma deve fondarsi esclusivamente sulla volontà dell’avente diritto, trattandosi di una scelta che riguarda la qualità della vita e che pertanto solo lui può legittimamente fare». A questi precetti giuridici, che si basano sul principio di autonomia e sul diritto all’autodeterminazione dell’individuo per quanto riguarda la salute e la qualità della vita, bisogna aggiungere un altro fondamento giuridico e morale che è quello dell’inviolabilità della persona umana, da cui deriva il diritto all’integrità fisica e quindi la condanna di ogni invasione del proprio corpo. Un trattamento sanitario eseguito senza il consenso della persona può configurarsi appunto come un intervento invasivo sul proprio corpo, una violenta aggressione condannata anche dall’articolo 13 della nostra Costituzione. Pur essendo chiari i princìpi giuridici e morali, su cui si basa la libertà di scegliere le cure a cui essere o non essere sottoposti tuttavia è evidente che tale scelta, mai comunque sindacabile, per essere veramente consapevole e razionale deve essere sorretta da una conoscenza corretta e completa delle condizioni in cui avviene e delle conseguenze che da essa deriveranno. Da qui la necessità dell’informazione che il medico deve fornire al paziente in modo adeguato alle sue capacità di comprensione e di valutazione. L’obbligo dell’informazione da parte del medico è d’altronde prescritto sia dalla già citata Convenzione di Oviedo, sempre all’articolo 5, sia dal Codice di deontologia medica all’articolo 30. Nonostante questo quadro di precetti che vanno dagli articoli costituzionali a quelli recenti della Convenzione di Oviedo e alle indicazioni del Codice di deontologia medica – che riconoscendo il diritto all’autodeterminazione, impostano il rapporto medico-paziente non più secondo il vecchio paternalismo-autoritarismo, ma nello spirito di una collaborazione paritaria e di una partecipazione attiva da parte di un paziente diventato «competente» – la pratica medica, per lo più, resta ancorata al vecchio sistema e il paziente non riesce a far valere la sua volontà, subendo – spesso anche volentieri – le decisioni prese dal medico, che viene avvertito come il detentore di una competenza e di una professionalità superiori e poco comprensibili a chi è estraneo alla disciplina medica. Tale subordinazione diventa, poi, assoluta, quando il paziente non è più in grado di esprimere la sua volontà e di operare le sue scelte, quando cioè si trova in condizioni di incapacità naturale. In questi casi i medici, dovendo agire per quello che giudicano il bene del paziente e nello stesso tempo assolvere il loro dovere di conservare sempre e comunque la vita, sono costretti a prendersi carico da soli, o tutt’al più con il consenso dei familiari, delle gravi responsabilità inerenti alla situazione. Di qui la necessità di una legge che, attraverso il riconoscimento di precise facoltà e diritti della persona, consenta di rendere realmente operative le indicazioni contenute nell’articolo 32 della Costituzione. Si tratta di riconoscere il diritto all’autodeterminazione in materia sanitaria anche nel caso di una incapacità di farlo valere per un evento sopravvenuto. Così come un individuo può decidere se accettare o non accettare determinate cure quando possiede la capacità di intendere e di volere) così si deve ammettere la sua possibilità di esprimere le stesse decisioni nell’ipotesi che a seguito di un qualunque fatto traumatico dovesse imprevedibilmente venire a perdere tale capacità. Non è ammissibile, in altri termini, che la persona divenuta per un qualche evento morboso incapace di intendere e di volere sia totalmente nelle mani dei medici, dei familiari, eventualmente dei giudici. Sembra doveroso lasciarle la possibilità di decidere essa stessa in anticipo che cosa debba essere fatto in tali circostanze e quali cure debbano esserle praticate e quali no. Per ovviare alla drastica limitazione del diritto all’autodeterminazione che si verificherebbe in caso contrario, il presente disegno di legge – che fa riferimento anche a indicazioni provenienti da associazioni che operano nei campi della bioetica o per il riconoscimento del diritto alla libera scelta da parte dei malati – prevede il riconoscimento giuridico dello strumento delle «dichiarazioni anticipate», altrimenti dette «testamento biologico»; uno strumento che, sebbene già riconosciuto come valido e vincolante dalla citata Convenzione di Oviedo all’articolo 9 e dal Codice di deontologia medica, all’articolo 34, non è ancora contemplato dall’ordinamento giuridico vigente. Con le dichiarazioni anticipate ogni persona può dare disposizioni sui trattamenti sanitari cui vuole o non vuole essere sottoposta e tali disposizioni, vincolanti per il futuro a meno che non vengano revocate, rimangono valide anche nel caso in cui la persona perda la sua capacità naturale o, comunque, non sia più in grado di esprimere la sua volontà. Per rendere ancora più efficace e sicuro l’adempimento delle volontà di chi ha redatto per iscritto la sua dichiarazione di volontà, è prevista la nomina di un fiduciario, che tuteli la corretta interpretazione ed esecuzione delle volontà espresse. In particolare nel presente disegno di legge, agli articoli 1 e 2 viene data una completa ed esauriente disciplina del cosiddetto «consenso informato», che come si è accennato viene spesso ridotto, nella pratica, alla presentazione di un documento «prefabbricato» da far sottoscrivere frettolosamente, senza alcun impegno da parte dei sanitari a fornire informazioni esaurienti e comprensibili circa la natura e il significato dei trattamenti proposti, le loro conseguenze e alternative e senza – soprattutto – essersi curati di verificare che alla sottoscrizione corrisponda una effettiva comprensione da parte del paziente delle informazioni fornite. All’articolo 3 viene dato riconoscimento giuridico alle dichiarazioni anticipate, compilate senza particolari formalità salvo la sottoscrizione da parte di due testimoni fidefacenti e quindi senza l’obbligo della autentica notarile; dichiarazioni che rimangono valide e vincolanti per i medici anche in caso di perdita successiva delle capacità naturali. Tali dichiarazioni, che in caso di ricovero ospedaliero devono essere allegate alla cartella clinica del paziente,. possono contenere anche la nomina di un fiduciario abilitato a curarne l’osservanza in caso di incapacità del loro firmatario, e possono essere depositate in copia presso l’associazione cui aderisce l’interessato, la quale ha la facoltà di presentarle ai sanitari in caso di impedimento ad esibire l’originale da parte della persona stessa o del suo fiduciario. Le dichiarazioni anticipate possono ovviamente essere sempre revocate o modificate dal loro autore, con annotazione sulla cartella clinica. Nel caso, poi, che una persona si trovi in stato di incapacità naturale, valutato irreversibile sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, e nelle dichiarazioni formulate ai sensi dell’articolo 3 non abbia nominato un fiduciario, all’articolo 4 è prevista la possibilità – da parte dell’associazione presso la quale sono state depositate le stesse dichiarazioni ovvero di chiunque sia venuto a conoscenza dello stato di incapacità – di rivolgersi al giudice tutelare, per chiedere la nomina di un fiduciario. Con l’articolo 5 viene infine disciplinata l’ipotesi di una possibile divergenza tra le decisioni del fiduciario (nominato ai sensi dell’articolo 3, comma 2, ovvero dell’articolo 4) e le proposte dei curanti. In tal caso viene prevista la possibilità di presentare senza formalità, da parte dei soggetti in conflitto o di chiunque vi abbia interesse, un ricorso al giudice del luogo ove ha dimora l’incapace. Il giudice, quando siano state presentate le dichiarazioni di cui all’articolo 3, decide in conformità alle stesse. In conclusione. Il presente disegno di legge non rappresenta altro che una coerente applicazione dell’articolo 9 della già citata convenzione di Oviedo, sottoscritta dal nostro Stato, in base al quale «i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente, che al momento dell’intervento non è in grado di esprimere la sua volontà, saranno tenuti in considerazione». Riteniamo pertanto doveroso che il nostro Stato colmi la lacuna esistente in proposito rendendo effettivo il principio che nessuno può essere sottoposto a un determinato sanitario contro la sua volontà liberamente espressa. DISEGNO DI LEGGE Art. 1. (Diritto all’informazione) 1. Il medico è tenuto a informare il paziente, salvo volontà espressa in contrario da quest’ultimo, di tutti gli aspetti della sua condizione sanitaria e dei dati sull’evoluzione della patologia. In particolare ha il dovere di informarlo in modo corretto, completo e pienamente comprensibile sulla diagnosi e sulla prognosi della sua malattia, sui vantaggi e sui rischi delle procedure diagnostiche e terapeutiche proposte e su ogni possibile alternativa. 2. Il medico fornisce le informazioni di cui al comma l osservando tutte le dovute cautele comunicative in relazione alle particolari condizioni fisiche e psichiche di ogni singolo paziente. Art. 2. (Diritto alla libera determinazione) 1. Ogni persona capace, sulla base dell’informazione ricevuta ai sensi dell’articolo 1, ha il diritto di decidere, autonomamente e liberamente, se accetta o rifiuta i trattamenti sanitari considerati dai medici appropriati alla sua patologia in atto. 2. L’eventuale rifiuto, espresso ai sensi del comma 1, valido anche per il tempo successivo ad una sopravvenuta perdita della capacità naturale, deve essere rispettato dai sanitari anche se dalla mancata effettuazione dei trattamenti proposti derivi un pericolo per la salute o per la vita del paziente, e rende gli stessi sanitari esenti da ogni responsabilità configurabile ai sensi delle disposizioni vigenti in materia. 3. In caso di ricovero ospedaliero il rifiuto di cui al comma 2 deve essere annotato nella cartella clinica sottoscritta dal paziente. Art. 3. (Dichiarazioni anticipate) 1. Ogni persona capace ha la facoltà di redigere una dichiarazione anticipata di volontà, che rimane valida anche nel caso che sopravvenga una perdita della capacità naturale valutata irreversibile sulla base delle conoscenze attuali indicante i trattamenti sanitari cui vuole o non vuole essere sottoposta. A tali fini può, tra l’altro, nel caso di malattie allo stadio terminale o implicanti l’utilizzo permanente di apparecchiature o di altri sistemi artificiali ovvero nel caso di lesioni cerebrali invalidanti e irreversibili, esprimere la propria volontà: a) di non essere sottoposta ad alcun trattamento terapeutico e, in particolare, di rifiutare qualsiasi forma di rianimazione o di continuazione dell’esistenza dipendente da apparecchiature; b) di non essere sottoposta all’alimentazione artificiale e all’idratazione artificiale; c) di poter fruire, in caso di gravi sofferenze, degli opportuni trattamenti analgesici, anche qualora gli stessi possano accelerare l’esito mortale della patologia in atto. 2. La dichiarazione anticipata di cui al comma 1 può contenere l’indicazione di una persona di fiducia alla quale sono attribuite la titolarità, in caso di incapacità dell’interessato, dei diritti e delle facoltà che gli competono ai sensi della presente legge nonché la tutela del rispetto da parte dei sanitari delle direttive espresse dallo stesso interessato. 3. La dichiarazione anticipata di volontà di cui al comma l, sempre modificabile e revocabile in qualunque momento dall’interessato, è formulata con atto scritto, di data certa e con sottoscrizione autenticata da due testimoni oltre al fiduciario e deve essere allegata, in caso di ricovero ospedaliero, alla cartella clinica. 4. La dichiarazione redatta ai sensi dei commi da 1 a 3 è vincolante per i sanitari. 5. Le associazioni depositarie di copia delle dichiarazioni anticipate dei propri soci possono presentarla ai sanitari in caso di impedimento ad esibire l’originale da parte della persona stessa o del suo fiduciario. Art. 4. (Mancata indicazione del fiduciario) 1. Qualora una persona si trovi in stato di incapacità naturale, valutato irreversibile sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, e nelle dichiarazioni formulate ai sensi dell’articolo 3 non abbia nominato. un fiduciario, il giudice tutelare, su segnalazione dell’istituto di ricovero e cura, dell’associazione depositaria delle direttive ovvero di chiunque sia venuto a conoscenza dello stato di incapacità, provvede a tale nomina. Art. 5. (Casi controversi) 1. Nel caso vi sia divergenza tra le decisioni della persona nominata ai sensi dell’articolo 3, comma 2, ovvero dell’articolo 4 e le proposte dei medici curanti, è possibile il ricorso senza formalità, da parte dei soggetti in conflitto o di chiunque vi abbia interesse, al giudice del luogo ove ha dimora l’incapace. Il giudice, qualora siano state presentate le dichiarazioni anticipate di cui all’articolo 3, decide in conformità alle stesse. DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa del senatore MASSIDDA COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 19 MAGGIO 2006 ———– Norme a tutela della dignità e delle volontà del morente ———– Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge è volto a tutelare la dignità giuridica e la volontà del morente incapace. In particolare esso istituisce alcuni strumenti e istituti attraverso i quali la persona può accordare o meno il proprio consenso a sottoporsi a trattamenti sanitari e fornire disposizioni in merito ai propri beni prima che sopraggiunga lo stato di incapacità. Un intervento normativo di questo genere non può non prescindere da una precisa, attenta e puntuale regolamentazione del rapporto medico-paziente; ecco perché il disegno di legge muove da una prima esatta formulazione giuridica del «consenso-dissenso informato». Il disegno di legge ha la pretesa di precisare alcuni punti cardine delle due figure che va a costruire: il «mandato in previsione dell’incapacità» che ha contenuto strettamente patrimoniale e il «testamento di vita» che ha per oggetto le direttive anticipate in materia sanitaria e di disposizione del proprio corpo. Con il «mandato in previsione dell’incapacità» si è inteso colmare alcune fasi lasciate scoperte dall’ultima legge sull’amministrazione di sostegno, legge 9 gennaio 2004, n. 6, di cui doveva essere un logico completamento. Si è voluta lasciare all’autodeterminazione del singolo la facoltà di dare disposizioni ad un mandatario di fiducia sui propri beni, su tutti o solo su alcuni, nell’eventualità che sopraggiunga l’incapacità. Perchè questi due istituti abbiano una vera ragione d’essere giuridica devono dare piena certezza al disponente che le sue direttive vengano comunque rispettate. Da una prospettiva psicologica chi va a disporre un «testamento di vita» deve avere due certezze: una prima che nasce dalla consapevolezza della solennità e dell’importanza del gesto giuridico e per questo si è scelta la forma pubblica notarile con l’eventuale presenza di un medico, ed una seconda che dia certezza di esecuzione, e per questo si è optato per la vincolatività delle direttive nei confronti del medico. È stato anche affrontato il problema della «attualità temporale delle direttive». Si dice che «la scienza corre ormai più veloce dei sogni» quindi anche più delle conoscenze scientifiche, in particolare di quelle autorizzate al momento della dichiarazione e si è, di conseguenza, prevista la facoltà per il medico di disattenderle, quando sia obiettivamente riconosciuto il venire meno della loro attualità scientifica. Ma si è anche affrontato il problema di una loro «attualità psicologica», perché può essere diverso l’approccio psicologico alla malattia, solo eventuale, di un disponente sano da quello di un disponente già malato, magari terminale, ecco perché è stato previsto che la «revoca», anche parziale, in casi di emergenza di vita, possa essere svincolata dalla forma notarile, seppure seguita da precise disposizioni procedurali per una sua adeguata pubblicità. Altro principio essenziale, oggetto di normazione, nato dall’esperienza e dalla dottrina straniera, è quello dell’«esclusivo e migliore interesse» della persona incapace. Il «testamento di vita» può contenere anche la nomina di un fiduciario che dovrà ottemperare alle direttive impartite o sostituirsi al disponente, divenuto incapace, nelle decisioni di «carattere sanitario». Nell’adempimento dovrà agire nell’«esclusivo e migliore interesse» dell’incapace tenendo conto di volontà già espresse e dei valori e delle convinzioni del soggetto divenuto incapace. Si è voluto prevedere una disciplina in materia di situazioni di emergenza, di soggetti minori e si è data importanza alla capacità di discernimento del minore stesso in linea con l’attuale tendenza comunitaria. Presupposto di efficacia sia del «mandato in previsione dell’incapacità» che del «testamento di vita» è lo stato di incapacità decisionale del disponente. Consapevoli della delicatezza di questo accertamento e della contemporanea necessità che questo avvenga in tempi brevi, si è prevista l’istituzione di una commissione medica che attesti la incapacità decisionale del disponente. Affinché i due istituti, in particolare il «testamento di vita», abbiano una reale efficacia e, nel contempo, assicurino al disponente la certezza di una loro applicazione, ci si è convinti che presupposti imprenscindibili siano: la «conoscibilità delle disposizioni», la loro «archiviazione» su scala nazionale e la «accessibilità» all’informazione, nel pieno rispetto della vigente normativa sulla tutela della privacy. È stato inoltre previsto un registro generale dei «mandati in previsione dell’incapacità» e dei «testamenti di vita» tenuto in modo informatico dal Consiglio nazionale del notariato. In particolare, all’articolo 1 vengono introdotte le definizioni di «testamento di vita» e «mandato in previsione dell’incapacità». Vengono altresì definiti sia il trattamento sanitario sia l’incapacità decisionale del soggetto interessato. L’articolo 2 stabilisce che i soggetti interessati possano essere sottoposti a trattamento sanitario solo dopo avere rilasciato un ampio e chiaro consenso informato. L’articolo 3 indica le modalità in cui il consenso deve essere manifestato nel caso in cui il soggetto sia incapace di accordarlo o rifiutarlo. L’articolo 4 introduce il principio dell’«esclusivo e migliore interesse» che deve essere seguito da coloro che consentono o rifiutano un trattamento sanitario per conto di altri. L’articolo 5 prevede che non sia necessario il consenso al trattamento sanitario nei casi in cui la persona incapace sia in pericolo di vita. L’articolo 6 tratta dei soggetti minori e di coloro i quali sono tenuti a esprimere il consenso al trattamento sanitario. L’articolo 7 tratta dei soggetti interdetti. L’articolo 8 stabilisce le modalità in cui deve essere accordato il consenso nel caso siano diversi i soggetti legittimati ad esprimerlo. L’articolo 9 prevede la possibilità di sostituzione di una o più persone nel mandato in previsione dell’incapacità nel caso in cui il mandatario non possa o non voglia portare a compimento l’incarico. Gli articoli 10 e 11 indicano rispettivamente la forma e il contenuto del mandato in previsione dell’incapacità. All’articolo 12 vengono previsti il rendiconto e il controllo del mandato in previsione dell’incapacità. All’articolo 13 vengono indicati i casi in cui il mandato perde efficacia. L’articolo 14 tratta del testamento di vita. L’articolo 15 indica la forma secondo cui deve essere redatto il testamento di vita, specificando che deve essere un atto pubblico notarile. L’articolo 16 stabilisce che il testamento di vita e il mandato in previsione dell’incapacità sono efficaci quando interviene lo stato di incapacità decisionale del disponente e indica le modalità di accertamento della medesima incapacità. L’articolo 17 prevede la possibilità di rinnovare, modificare e revocare il testamento di vita e il mandato in previsione dell’incapacità. L’articolo 18 istituisce il registro dei mandati in previsione dell’incapacità e dei testamenti di vita. L’articolo 19 stabilisce che il testamento di vita, il mandato in previsione dell’incapacità, le copie degli stessi, le certificazioni e qualsiasi altro documento, cartaceo ed elettronico, ad essi connesso, non sono soggetti all’obbligo della registrazione e sono esenti dall’imposta di bollo e da qualunque altro tributo. DISEGNO DI LEGGE Art. 1. (Definizioni) 1. Il testamento di vita è un documento scritto in cui la persona riporta le proprie volontà in relazione ai trattamenti sanitari, nonché in ordine all’uso del proprio corpo o di parti di esso nei casi consentiti dalla legge, alle modalità di sepoltura e all’assistenza religiosa. 2. Il mandato in previsione dell’incapacità è il contratto con il quale si attribuisce al mandatario il potere di compiere atti giuridici in nome e nell’interesse del rappresentato in caso di incapacità sopravvenuta di quest’ultimo. 3. È considerato trattamento sanitario tutto ciò che con qualsiasi mezzo viene praticato per scopi connessi alla tutela della salute, sia a fini terapeutici che diagnostici, palliativi ed estetici. 4. È considerato privo di capacità decisionale colui che, anche temporaneamente, non è in grado di comprendere le informazioni necessarie circa il trattamento sanitario e di apprezzare le conseguenze che ragionevolmente possono derivare dalla propria decisione. Art. 2. (Consenso informato) 1. Nessuno può essere sottoposto a trattamento sanitario se non dopo avere espresso il proprio consenso in modo libero, consapevole ed esplicito. L’espressione del consenso deve essere preceduta da una accurata informazione circa la diagnosi, la prognosi, lo scopo e la natura del trattamento proposto, i benefìci e i rischi prospettabili, nonché gli eventuali effetti collaterali. 2. È fatto salvo il diritto del soggetto interessato, che presta o non presta il consenso al trattamento sanitario, di rifiutare del tutto o in parte le informazioni che gli competono; il rifiuto può intervenire in qualunque momento. Il consenso al trattamento può essere revocato, anche parzialmente, in ogni tempo. Art. 3. (Decisioni sostitutive) 1. Se la persona interessata è incapace di accordare o di rifiutare il proprio consenso al trattamento sanitario, il consenso o il dissenso risulta dal testamento di vita o può essere reso da una persona autorizzata ai sensi della legislazione vigente in materia. 2. Se non sono stati nominati un amministratore di sostegno, un tutore, un mandatario o un fiduciario del soggetto, il consenso o il dissenso al trattamento sanitario è espresso, nell’ordine: dal coniuge non separato legalmente o di fatto, dai figli, dal convivente stabile individuato con i criteri di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184, dai parenti entro il quarto grado. In caso di dissenso provvede il giudice competente. Art. 4. (Esclusivo e migliore interesse) 1. Chi consente ad un trattamento sanitario per conto di altri o lo rifiuta è tenuto ad agire nell’esclusivo e migliore interesse della persona incapace, tenendo conto delle eventuali volontà espresse in precedenza dalla medesima, nonché dei valori e delle convinzioni notoriamente propri della persona in stato di incapacità. Art. 5. (Situazioni di urgenza) 1. Il consenso al trattamento sanitario non è richiesto in situazioni di urgenza, quando la vita della persona incapace è in pericolo ovvero quando la sua integrità fisica è comunque messa a rischio. 2. In analogia a quanto disposto dal comma 1, il consenso al trattamento sanitario non è richiesto in caso di minore che è in pericolo di vita o la cui integrità fisica è comunque messa a rischio. Art. 6. (Soggetti minori) 1. Il consenso al trattamento sanitario del minore, ad esclusione delle situazioni di urgenza disciplinate dall’articolo 5, è accordato o rifiutato dagli esercenti la potestà parentale, la tutela o l’amministrazione di sostegno, fermo restando lo scopo esclusivo della salvaguardia della salute fisica del minore. 2. In caso di contrasto nella decisione di cui al comma 1, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 8. Il minore che ha compiuto gli anni quattordici deve comunque prestare il proprio consenso al trattamento sanitario. Se il trattamento al quale il soggetto maggiore di anni quattordici deve essere sottoposto comporta un serio rischio per la sua salute o se da esso possono derivare conseguenze gravi o permanenti, la decisione del minore deve essere confermata dagli esercenti la potestà genitoriale, la tutela o l’amministrazione di sostegno, fermo restando lo scopo esclusivo della salvaguardia della salute fisica del minore stesso come previsto al comma 1. In caso di minore di età inferiore ad anni quattordici, deve comunque essere sentito il suo parere in merito ai trattamenti sanitari disciplinati dal presente comma. Art. 7. (Interdetti) 1. Il consenso al trattamento sanitario del soggetto maggiore di età, legalmente rappresentato o assistito, è espresso dallo stesso soggetto unitamente alla persona che lo rappresenta o lo assiste. Art. 8. (Contrasti) 1. In caso di contrasto tra soggetti parimenti legittimati ad esprimere il consenso al trattamento sanitario, la decisione è assunta dal medico nelle situazioni di urgenza previste dall’articolo 5, e dal giudice tutelare, anche su istanza del pubblico ministero, negli altri casi. 2. L’autorizzazione giudiziaria è necessaria in caso di inadempimento o di rifiuto ingiustificato di prestazione del consenso o del dissenso ad un trattamento sanitario da parte di soggetti legittimati ad esprimerlo nei confronti di incapaci. In tali casi il medico è tenuto a farne immediata segnalazione al pubblico ministero. Art. 9. (Mandato in previsione dell’incapacità) 1. Nel mandato in previsione dell’incapacità può essere stabilita la possibilità di sostituire una o più persone nell’ipotesi in cui il mandatario non possa o non voglia portare a compimento l’incarico. Art. 10. (Forma del mandato in previsione dell’incapacità) 1. Il mandato in previsione dell’incapacità deve essere conferito con atto pubblico. L’accettazione del mandato può essere contenuta nello stesso atto o in un atto successivo redatto nella medesima forma. 2. Il mandato di cui al comma 1 si presume gratuito, salva diversa volontà delle parti. Il notaio che riceve un mandato in previsione dell’incapacità deve inviarne copia, nel più breve tempo possibile, al registro di cui all’articolo 18. Art. 11. (Contenuto del mandato in previsione dell’incapacità) 1. Il mandato di previsione dell’incapacità può essere generale o comprendere anche gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione. Art. 12. (Rendiconto e controllo) 1. Il mandante può prevedere che sia predisposto un inventario dei beni mobili ed immobili indicandone le modalità. Ogni soggetto interessato può presentare al giudice tutelare esposti e denunzie concernenti l’espletamento del mandato. 2. Con decreto motivato il giudice tutelare può dichiarare la cessazione dell’efficacia del mandato in previsione dell’incapacità e provvedere alla nomina di un amministratore di sostegno. Art. 13. (Estinzione del mandato) 1. Il mandato in previsione dell’incapacità perde efficacia: a) per dichiarazione di inefficacia pronunciata dal tribunale; b) per morte, rinuncia o sopravvenuta incapacità del mandatario; c) per revoca; d) nel periodo in cui il rappresentato riacquista la capacità. Art. 14. (Testamento di vita) 1. Il testamento di vita può contenere anche la nomina di un fiduciario al quale spettano le decisioni di cui al comma 1 dell’articolo 1. 2. Il fiduciario deve in ogni caso attenersi alle istruzioni contenute nel testamento di vita e, in mancanza di istruzioni, deve operare nell’esclusivo e migliore interesse dell’incapace ai sensi dell’articolo 4. Art. 15. (Forma del testamento di vita) 1. Il testamento di vita deve essere redatto con atto pubblico notarile. Al testamento di vita può intervenire un medico per assistere il disponente. Il notaio che riceve un testamento di vita deve inviarne copia, nel più breve tempo possibile, al registro di cui all’articolo 18. Art. 16. (Efficacia) 1. Il testamento di vita e il mandato in previsione dell’incapacità sono efficaci quando interviene lo stato di incapacità decisionale del disponente. 2. L’incapacità prevista al comma 1 deve essere accertata e certificata da un collegio formato da tre medici, tra i quali un neurologo e uno psichiatra, designati dal presidente dell’ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri competente o da un suo delegato, su istanza di chiunque ritiene di averne interesse o titolo. 3. Il medico curante del disponente non può fare parte del collegio di cui al comma 2, ma, ove possibile, deve essere da questo sentito. 4. Della accertata incapacità il collegio di cui al comma 2 deve dare immediata comunicazione ai fini della relativa annotazione nel registro di cui all’articolo 18. 5. La certificazione dell’accertata incapacità deve essere notificata immediatamente al fiduciario o al mandatario, ai familiari e ai conviventi del soggetto interessato, che ne possono richiedere l’annullamento con ricorso al giudice tutelare. 6. Le direttive contenute nel testamento di vita sono impegnative per le scelte sanitarie del medico, il quale può disattenderle, in tutto o in parte, quando siano divenute inattuali con riferimento all’evoluzione dei trattamenti tecnico-sanitari e deve, in ogni caso, indicare compiutamente nella cartella clinica i motivi della propria decisione. Art. 17. (Modifica e revoca) 1. Il testamento di vita e il mandato in previsione dell’incapacità sono rinnovabili, modificabili o revocabili in qualsiasi momento con le stesse forme previste per la loro formazione. Nei casi di urgenza la revoca può anche essere espressa in presenza di due testimoni al medico curante, che deve rilasciarne apposita certificazione a margine dell’atto revocato e nel registro di cui all’articolo 18. Art. 18. (Registro dei mandati in previsione dell’incapacità e dei testamenti di vita) 1. I dati contenuti nel testamento di vita e le convenzioni oggetto del mandato in previsione dell’incapacità non costituiscono dati sensibili ai sensi del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. 2. È istituito il registro dei mandati in previsione dell’incapacità e dei testamenti di vita tenuto in modo telematico dal Consiglio nazionale del notariato. 3. Il registro di cui al comma 2 è consultabile, in via telematica, unicamente dai notai, dall’autorità giudiziaria, dai dirigenti sanitari e dai medici responsabili del trattamento sanitario di soggetti in stato di incapacità. Con decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione di concerto con il Ministro della giustizia e sentito il presidente del Consiglio nazionale del notariato, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di tenuta e di consultazione del registro. Art. 19. (Disposizioni fiscali) 1. Il testamento di vita e il mandato in previsione dell’incapacità, le copie degli stessi, le relative certificazioni e qualsiasi altro documento, sia cartaceo sia telematico, agli stessi connessi o da essi dipendenti, non sono soggetti all’obbligo della registrazione e sono esenti dall’imposta di bollo e da qualunque altro tributo. DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa dei senatori CARLONI, BENVENUTO, BIANCO, CALVI, DE SIMONE, FONTANA, MACCANICO, MANZELLA, PEGORER e VITALI COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 31 MAGGIO 2006 ———– Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari ———– Onorevoli Senatori. – Il principio di autodeterminazione nel campo delle cure mediche e la consapevolezza che ogni persona ha il diritto di essere protagonista delle scelte riguardanti la sua salute, sia nel senso di accettare sia nel senso di rifiutare l’intervento medico, sono andati progressivamente affermandosi nella cultura della nostra società. Tale principio ha trovato un primo fondamentale riconoscimento già nell’articolo 32, secondo comma, della nostra Carta costituzionale, che ha sancito che «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge». Anche la Convenzione sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina, fatta ad Oviedo il 4 aprile 1997, e resa esecutiva in Italia con legge 28 marzo 2001, n. 145, ha riaffermato che qualsiasi intervento medico effettuato senza il consenso della persona deve ritenersi illecito (articolo 5). Anche il Codice di deontologia medica, dopo aver precisato (articolo 30) il diritto del malato a ricevere la più idonea informazione da parte del medico, afferma (articolo 34) che il medico «deve attenersi, nel rispetto della dignità, della libertà e dell’indipendenza professionale, alla volontà di curarsi, liberamente espressa dalla persona». Anche la giurisprudenza italiana ha avuto modo di chiarire che il rifiuto di un trattamento da parte della persona interessata deve essere rispettato, indipendentemente dalla valutazione dell’operatore sanitario in merito al «bene» del paziente, precisando che «nel diritto di ciascuno di disporre, lui e lui solo, della propria salute ed integrità personale, pur nei limiti previsti dall’ordinamento, non può che essere ricompreso il diritto di rifiutare le cure mediche lasciando che la malattia segua il suo corso anche fino alle estreme conseguenze: il che non può essere considerato come il riconoscimento positivo di un diritto al suicidio, ma è invece la riaffermazione che la salute non è un bene che possa essere imposto coattivamente al soggetto interessato dal volere o, peggio, dall’arbitrio altrui, ma deve fondarsi esclusivamente sulla volontà dell’avente diritto, trattandosi di una scelta che (...) riguarda la qualità della vita e che pertanto lui e lui solo può legittimamente fare» (Corte d’assise di Firenze, sentenza n. 13 del 18 ottobre 1990). Appare evidente come il consenso o il rifiuto espresso dalla persona nei confronti di un qualsiasi trattamento, sia diagnostico sia terapeutico, possa rappresentare un autentico atto di autodeterminazione, libero e consapevole, solo se la persona riceve un’informazione completa e corretta della diagnosi, della prognosi e di ogni altro elemento che concerna la scelta che la persona stessa è chiamata a effettuare (cosiddetto «consenso informato»). La citata Convenzione sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina afferma (articolo 5) che la persona deve ricevere «preventivamente un’informazione adeguata in merito allo scopo e alla natura dell’intervento nonché alle sue conseguenze ed ai suoi rischi». Anche il Codice di deontologia medica specifica che «il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate. (...) Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta» (articolo 30), precisando quindi (articolo 32) che il medico «non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso informato del paziente» (...) e che «in ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace di intendere e di volere, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona». Tuttavia, nonostante il preciso dettato costituzionale e l’affermazione del principio di autodeterminazione recata dalle regole deontologiche mediche, la pratica clinica nel nostro Paese continua ad essere permeata da una scarsa o sporadica informazione del paziente e dalla frequente violazione della richiesta di consenso alle procedure diagnostiche o terapeutiche alle quali la persona malata è sottoposta. Tale atteggiamento, che vede spesso una sorta di complicità «a fin di bene» fra il medico curante e i familiari come malintesa forma di protezione della persona malata, determina di fatto la frequentissima esclusione della persona stessa dalla possibilità di intervenire nei momenti decisionali cruciali, spogliandola di un suo essenziale diritto, e crea, sotto il profilo psicologico, un penoso stato di isolamento del malato. Il diritto di autodeterminazione della persona per quanto attiene alle scelte relative alle cure incontra poi limitazioni assolute nelle circostanze in cui la persona venga a perdere la capacità di decidere ovvero di comunicare le proprie decisioni. Per garantire il diritto all’autodeterminazione anche in questi casi, si rende necessario prevedere uno strumento nuovo non contemplato dal nostro ordinamento giuridico vigente, che consenta alla persona, finché si trova nel possesso delle sue facoltà mentali, di dare disposizioni per l’eventualità e per il tempo nel quale tali facoltà fossero gravemente scemate o scomparse, disposizioni vincolanti per gli operatori sanitari e in generale per ogni soggetto che si trovi implicato nelle scelte mediche che riguarderanno la persona. A questo proposito, il già citato Codice di deontologia medica si è pronunciato (articolo 34) a favore delle direttive anticipate, disponendo che «il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tenere conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso». Dalla considerazione di queste problematiche trae origine il presente disegno di legge sulle «volontà anticipate», il quale mira ad offrire al cittadino-persona l’esplicito fondamento giuridico del suo essenziale diritto all’autodeterminazione, inteso non più come un dovere dell’operatore sanitario, ma come un positivo riconoscimento, nonché gli strumenti giuridici sostanziali e procedurali per vedere garantito tale diritto anche nel caso di perdita della capacità di decidere o di esprimere la sua decisione, consentendogli di disporre anticipatamente in merito al trattamento medico desiderato. Con gli articoli 1 e 2 il presente disegno di legge si propone di dare una compiuta regolazione al principio del «consenso informato». In particolare, nell’articolo 1 l’informazione corretta, completa e comprensibile su tutti gli aspetti diagnostici e terapeutici che possono riguardare la persona è espressa come oggetto non solo e non tanto di un obbligo del medico, quanto, piuttosto, di un diritto della persona stessa, un diritto al quale la persona può ovviamente rinunciare, fermo restando che solo la rinuncia esplicita può giustificare il venire meno dell’obbligo di informazione in capo al medico, al quale è consentito solamente di adottare, ove le circostante lo suggeriscono, le opportune cautele nella comunicazione. Nell’articolo 2 è ribadita, rispetto alle decisioni relative ai trattamenti sanitari, la piena autonomia di scelta del paziente, le dichiarazioni di volontà del quale, formulate in stato di capacità di intendere e di volere («capacità naturale»), devono essere rispettate anche quando tale capacità sia venuta meno. Poiché i problemi possono sorgere soprattutto in conseguenza del rifiuto nei confronti dei trattamenti suggeriti o prevedibili nello sviluppo della patologia, si è ritenuto di precisare che il rifiuto deve essere rispettato anche se dalla mancata effettuazione dei trattamenti stessi derivi un pericolo per la salute o per la vita, specificando che il medico è esentato da ogni responsabilità conseguente al rispetto della volontà del paziente, che per questa ragione si è ritenuto debba risultare da atto scritto firmato da esso stesso, dalla cartella clinica nel caso di ricovero ospedaliero del paziente capace, ovvero dalle «volontà anticipate» con le formalità previste negli articoli successivi. Su questa disposizione si fonda la validità giuridica delle «volontà anticipate», alla formulazione e alla applicazione delle quali sono dedicati gli articoli 3 e 4. L’articolo 3 prevede che, oltre a formulare le «volontà anticipate», la persona possa indicare un altro soggetto di fiducia che, nel caso di perdita della capacità naturale, eserciti in sostituzione i diritti e le facoltà relativi all’esercizio del diritto al consenso informato, lasciando libera la persona di nominare il sostituto e di determinare le sue future decisioni mediante indicazioni o disposizioni di carattere vincolante. La delicatezza dell’incarico e le responsabilità che ne possono derivare hanno suggerito di prevedere una forma specifica, peraltro semplificata, sia per il conferimento sia per l’accettazione (articolo 3, comma 3). È previsto inoltre che, qualora una persona venutasi a trovare in stato di incapacità naturale irreversibile non abbia preventivamente nominato il sostituto di cui all’articolo 3, comma 2, il giudice tutelare provveda alla nomina (articolo 3, comma 4). L’articolo 4, infine, prevede le modalità per risolvere le eventuali divergenze che dovessero intervenire tra le scelte operate dal sostituto nominato dalla persona con le «volontà anticipate», ovvero in mancanza dal giudice tutelare, e le scelte dei curanti. Si è ritenuto di affidare la soluzione della controversia al giudice, con un procedimento che si richiama, semplificandole, alle procedure cautelari previste dal codice di procedura civile. È stato comunque previsto che, ove sia stata validamente espressa, la volontà della persona debba in ogni caso vincolare la decisione giurisdizionale (articolo 4, comma 3). DISEGNO DI LEGGE Art. 1. 1. Ogni persona capace ha il diritto di conoscere i dati sanitari che la riguardano e di esserne informata in modo completo e comprensibile, in particolare riguardo la diagnosi, la prognosi, la natura, i benefìci ed i rischi delle procedure diagnostiche e terapeutiche suggerite dal medico, nonché riguardo le possibili alternative e le conseguenze del rifiuto del trattamento. 2. Salvo il caso in cui la persona rifiuti esplicitamente le informazioni effettuate ai sensi del comma 1, l’obbligo del medico di informare sussiste anche quando particolari condizioni consiglino l’adozione di cautele nella comunicazione. Art. 2. 1. Ogni persona capace ha il diritto di prestare o di negare il proprio consenso in relazione ai trattamenti sanitari che stiano per essere eseguiti o che siano prevedibili nello sviluppo della patologia in atto. La dichiarazione di volontà può essere formulata e restare valida anche per il tempo successivo alla perdita della capacità naturale. Il rifiuto deve essere rispettato dai sanitari, anche qualora ne derivasse un pericolo per la salute o per la vita, e li rende esenti da ogni responsabilità. 2. In caso di ricovero ospedaliero la dichiarazione di volontà di cui al comma 1 deve essere annotata nella cartella clinica e sottoscritta dal paziente. Art. 3. 1. Ogni persona capace ha il diritto di esprimere il proprio consenso o rifiuto in relazione ai trattamenti sanitari che potranno in futuro essere prospettati. La dichiarazione di volontà può essere formulata e restare valida anche per il tempo successivo alla perdita della capacità naturale. 2. Ogni persona capace può indicare una persona di fiducia la quale, nel caso in cui sopravvenga uno stato di incapacità naturale valutato irreversibile allo stato delle conoscenze scientifiche, diviene titolare in sua vece dei diritti e della facoltà di cui agli articoli 1 e 2, e alla quale può eventualmente dare indicazioni o disposizioni vincolanti in merito ai trattamenti sanitari ai quali potrà essere sottoposta. 3. La volontà del soggetto in merito ai trattamenti sanitari, sempre revocabile, è dichiarata con atto scritto di data certa e con sottoscrizione autenticata. Per coloro che si trovano in un istituto di ricovero o di cura, la sottoscrizione può essere autenticata dal direttore sanitario. Nelle medesime forme deve essere formulata l’accettazione della persona di fiducia designata ai sensi del comma 2. 4. Qualora una persona si trovi in stato di incapacità naturale irreversibile, e non abbia nominato una persona di fiducia ai sensi del comma 2, il giudice tutelare, su segnalazione dell’istituto di ricovero o di cura ovvero di chiunque sia venuto a conoscenza dello stato di incapacità, provvede a tale nomina. Art. 4. 1. Nel caso in cui vi sia divergenza tra le decisioni della persona nominata ai sensi dell’articolo 3, commi 2 e 4, e le proposte dei sanitari, è possibile il ricorso senza formalità, da parte dei soggetti in conflitto o di chiunque vi abbia interesse, al tribunale in composizione monocratica del luogo dove si trova la persona incapace. 2. Il tribunale di cui al comma 1 decide con ordinanza, assunte, se necessario, sommarie informazioni. Per quanto compatibili si applicano le norme di cui agli articoli 669-sexies e seguenti del codice di procedura civile. 3. Nei casi in cui risultino le dichiarazioni di volontà di cui all’articolo 3, commi 1 e 2, il giudice decide conformemente ad esse. DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa del senatore RIPAMONTI COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 20 GIUGNO 2006 ———– Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari ———– Onorevoli Senatori. – Il principio di autodeterminazione nel campo delle cure mediche e la consapevolezza che ogni persona ha il diritto di essere protagonista delle scelte riguardanti la sua salute, sia nel senso di accettare, sia nel senso di rifiutare l’intervento medico, sono andati progressivamente affermandosi nella cultura della nostra società. Tale principio ha trovato un primo fondamentale riconoscimento già nell’articolo 32, secondo comma, della nostra Carta costituzionale, che ha sancito che: «Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge». Inoltre la Convenzione sui diritti umani e la biomedicina, approvata dal Consiglio d’Europa nell’aprile 1997 e ratificata dall’Italia ai sensi della legge 28 marzo 2001, n. 145, ha riaffermato – come già nella precedente stesura del luglio 1994 – che qualsiasi intervento medico non può essere effettuato senza il consenso della persona (articolo 5). Anche il Codice di deontologia medica adottato dalla federazione nazionale dei medici chirurghi e degli odontoiatri, nella sua ultima versione del 1998, dopo aver precisato, all’articolo 30, il diritto del malato a ricevere la più idonea informazione da parte del medico, afferma, all’articolo 34, che «il medico deve attenersi, nel rispetto della dignità, della libertà e dell’indipendenza professionale, alla volontà di curarsi, liberamente espressa dalla persona». La stessa giurisprudenza italiana ha avuto modo di chiarire che il rifiuto di un trattamento da parte della persona interessata deve essere rispettato, indipendentemente dalla valutazione dell’operatore sanitario in merito al «bene» del paziente, precisando che «nel diritto di ciascuno di disporre, lui e lui solo, della propria salute e integrità personale, pur nei limiti previsti dall’ordinamento, non può che essere ricompreso il diritto di rifiutare le cure mediche lasciando che la malattia segua il suo corso anche fino alle estreme conseguenze: il che non può essere considerato come il riconoscimento positivo di un diritto al suicidio, ma è invece la riaffermazione che la salute non è bene che possa essere imposto coattivamente al soggetto interessato dal volere o, peggio, dall’arbitrio altrui, ma deve fondarsi esclusivamente sulla volontà dell’avente diritto, trattandosi di una scelta che [...] riguarda la qualità della vita e che pertanto lui e lui solo può legittimamente fare» (Corte d’assise di Firenze, sentenza n. 13 del 18 ottobre 1990). Appare evidente come il consenso o il rifiuto espresso dalla persona nei confronti di un qualsiasi trattamento, sia diagnostico che terapeutico, possa rappresentare un atto di autodeterminazione, libero e consapevole, solo se la persona riceve un’informazione completa e corretta della diagnosi, della prognosi e di ogni altro elemento concernente la scelta che la persona stessa è chiamata a effettuare (cosiddetto «consenso informato»). La già citata Convenzione sui diritti umani e la biomedicina afferma, all’articolo 5, che la persona deve ricevere un’informazione adeguata in merito allo scopo e alla natura dell’intervento nonché alle sue conseguenze ed ai suoi rischi. Anche il Codice di deontologia medica del 1998, all’articolo 30, specifica che «il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate. [...] Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta», precisando quindi, all’articolo 32, che «il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso informato del paziente» e che «in ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace di intendere e di volere, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona». Tuttavia, nonostante il preciso dettato costituzionale e l’affermazione del principio di autodeterminazione contenuta nelle regole deontologiche mediche, la pratica clinica nel nostro Paese continua ed essere permeata da scarsa o sporadica informazione del paziente e dalla frequente violazione della richiesta di consenso alle procedure diagnostiche o terapeutiche alle quali la persona malata è sottoposta. Tale atteggiamento determina, di fatto, la frequente esclusione della persona stessa dalla possibilità di intervenire nei momenti decisionali cruciali, spogliandola di un suo essenziale diritto, e crea, sotto il profilo psicologico, un penoso stato di isolamento del malato. Il diritto di autodeterminazione della persona per quanto attiene alle scelte relative alle cure incontra, poi, limitazioni assolute nelle circostanze in cui la persona venga a perdere la capacità di decidere ovvero di comunicare le proprie decisioni. Per garantire il diritto all’autodeterminazione anche in questi casi, si rende necessario prevedere uno strumento nuovo – non contemplato dall’ordinamento giuridico vigente – che consenta alla persona, finché si trova nel possesso delle sue facoltà mentali, di dare disposizioni per l’eventualità e per il tempo nel quale tali facoltà fossero gravemente scemate o scomparse; disposizioni vincolanti per gli operatori sanitari e, in generale, per ogni soggetto che si trovi implicato nelle scelte mediche riguardanti la persona. A questo proposito, il già citato Codice di deontologia medica del 1998 si è pronunciato, all’articolo 34, a favore delle direttive anticipate, disponendo che «il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tenere conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso». Da tale considerazione trae origine il presente disegno di legge sulle «volontà anticipate», destinato a offrire al cittadino-persona l’esplicita fondazione giuridica del suo essenziale diritto all’autodeterminazione, nonché gli strumenti giuridici sostanziali e procedurali per vedere garantito tale diritto anche nel caso di perdita della capacità di decidere o di esprimere la propria decisione, consentendogli di disporre anticipatamente in merito al trattamento medico desiderato. Con gli articoli 1 e 2, il presente disegno di legge propone di dare una compiuta regolazione al principio del «consenso informato». In particolare, nell’articolo 1, l’informazione corretta, completa e comprensibile su tutti gli aspetti diagnostici e terapeutici che possono riguardare la persona è espressa come oggetto, non solo e non tanto di un obbligo del medico, quanto piuttosto di un diritto della persona stessa; un diritto al quale la persona può ovviamente rinunciare fermo restando che solo la rinuncia esplicita può giustificare il venire meno dell’obbligo di informazione in capo al medico, al quale è consentito solamente di adottare, ove le circostanze lo suggeriscono, le opportune cautele nella comunicazione. Nell’articolo 2 è ribadita, rispetto alle decisioni relative ai trattamenti sanitari, la piena autonomia di scelta del paziente, le dichiarazioni di volontà del quale, formulate in stato di capacità di intendere e di volere («capacità naturale»), devono essere rispettate anche quando tale capacità sia venuta meno. Poiché i problemi possono sorgere soprattutto in conseguenza del rifiuto nei confronti dei trattamenti suggeriti o prevedibili nello sviluppo della patologia, si è ritenuto di precisare che il rifiuto deve essere rispettato anche se dalla mancata effettuazione dei trattamenti stessi derivi un pericolo per la salute o per la vita, specificandosi che il medico è esentato da ogni responsabilità conseguente al rispetto della volontà del paziente; volontà che, per questa ragione, si è ritenuto debba risultare da atto scritto firmato da egli stesso, dalla cartella clinica nel caso di ricovero ospedaliero del paziente capace ovvero dalle «volontà anticipate» con le formalità previste negli articoli successivi. Su questa disposizione si fonda la validità giuridica delle «volontà anticipate», alla formulazione e alla applicazione delle quali sono dedicati gli articoli 3 e 4. L’articolo 3 prevede che, oltre a formulare le «volontà anticipate», la persona possa indicare un altro soggetto di fiducia che, nel caso di perdita della capacità naturale, eserciti in sostituzione i diritti e le facoltà relativi all’esercizio del diritto al consenso informato, lasciando libera la persona di nominare il sostituto e di determinare le sue future decisioni mediante indicazioni o disposizioni di carattere vincolante. La delicatezza dell’incarico e le responsabilità che ne possono derivare hanno suggerito di prevedere una forma specifica, peraltro semplificata, sia per il conferimento, sia per l’accettazione (articolo 3, commi 2 e 3). È previsto inoltre che, qualora una persona venutasi a trovare in stato di incapacità naturale irreversibile non abbia preventivamente nominato il sostituto di cui all’articolo 3, comma 2, il giudice tutelare provvede alla nomina (articolo 3, comma 4). L’articolo 4, infine, prevede le modalità per risolvere le eventuali divergenze che dovessero intervenire tra le scelte operate dal sostituto nominato dalla persona con le «volontà anticipate», ovvero in mancanza dal giudice tutelare, e le scelte dei sanitari. Si è ritenuto di affidare la soluzione della controversia al giudice (giudice unico), con un procedimento che si richiama, semplificandoli, ai procedimenti cautelari previsti dal codice di procedura civile. È stato comunque previsto che, ove sia stata validamente espressa, la volontà della persona debba in ogni caso vincolare la decisione giurisdizionale (articolo 4, comma 3). DISEGNO DI LEGGE Art. 1. 1. Ogni persona capace ha il diritto di conoscere i dati sanitari che la riguardano e di esserne informata in modo completo e comprensibile, in particolare riguardo la diagnosi, la prognosi, la natura, i benefìci ed i rischi delle procedure diagnostiche e terapeutiche suggerite dal medico, nonché riguardo le possibili alternative e le conseguenze del rifiuto del trattamento. 2. Salvo il caso in cui la persona rifiuti esplicitamente le informazioni effettuate ai sensi del comma 1, l’obbligo del medico di informare sussiste anche quando particolari condizioni consiglino l’adozione di cautele nella comunicazione. In tal caso, chi informa deve tener conto delle condizioni complessive, anche psicologiche, del paziente e consultarne i congiunti stretti. Art. 2. 1. Ogni persona capace ha il diritto di prestare o di negare il proprio consenso in relazione ai trattamenti sanitari che stiano per essere eseguiti o che siano prevedibili nello sviluppo della patologia in atto. La dichiarazione di volontà può essere formulata e restare valida anche per il tempo successivo alla perdita della capacità naturale. Il rifiuto deve essere rispettato dai sanitari, anche qualora ne derivasse un pericolo per la salute o per la vita, e li rende esenti da ogni responsabilità, indipendentemente da qualunque disposizione di legge vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge. 2. In caso di ricovero ospedaliero la dichiarazione di volontà di cui al comma 1 deve essere annotata nella cartella clinica del paziente e da questi sottoscritta. Art. 3. 1. Ogni persona capace ha il diritto di esprimere il proprio consenso o il proprio rifiuto in relazione ai trattamenti sanitari che le potranno in futuro essere prospettati. La dichiarazione di volontà può essere formulata e restare valida anche per il tempo successivo alla perdita della capacità naturale. 2. Ogni persona capace può indicare una persona di fiducia la quale, nel caso in cui sopravvenga uno stato di incapacità naturale valutato irreversibile allo stato delle conoscenze scientifiche, diviene titolare in sua vece dei diritti e della facoltà di cui agli articoli 1 e 2; il fiduciario può essere revocato in qualunque momento. 3. La volontà del soggetto in merito ai trattamenti sanitari, sempre revocabile, è dichiarata con atto scritto di data certa e con sottoscrizione autenticata. Per coloro che si trovano in istituto di ricovero o di cura, la sottoscrizione può essere autenticata dal direttore sanitario. Nelle medesime forme deve essere formulata l’accettazione della persona di fiducia designata ai sensi del comma 2. 4. Qualora una persona si trovi in stato di incapacità naturale irreversibile, e non abbia nominato una persona di fiducia ai sensi del comma 2, il giudice tutelare, su segnalazione dell’istituto di ricovero o cura, ovvero di chiunque sia venuto a conoscenza dello stato di incapacità, provvede a tale nomina. Art. 4. 1. Nel caso in cui vi sia divergenza tra le decisioni della persona nominata ai sensi dell’articolo 3, commi 2 e 4, e le proposte dei sanitari, è possibile il ricorso senza formalità, da parte dei soggetti in conflitto o di chiunque vi abbia interesse, al giudice del luogo dove si trova la persona incapace. 2. Il giudice di cui al comma 1 decide con ordinanza, assunte, se necessario, sommarie informazioni. Per quanto compatibili si applicano le norme di cui agli articoli da 669-sexies a 669-quaterdecies del codice di procedura civile. 3. Nei casi in cui risultino le dichiarazioni di volontà di cui all’articolo 3, commi 1 e 2, il giudice decide conformemente ad esse. DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa dei senatori MARINO, FINOCCHIARO, CAFORIO, EMPRIN GILARDINI, GIAMBRONE, IOVENE e RANIERI COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 27 GIUGNO 2006 ———– Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari al fine di evitare l’accanimento terapeutico ———– Onorevoli Senatori. – Il presente disegno di legge si pone l’obiettivo di dare una soluzione al problema, fortemente controverso, dell’interruzione dei trattamenti sanitari. Ogni giorno i medici sono posti di fronte a scelte drammatiche quando per un paziente non c’è più una ragionevole speranza di recuperare una vita indipendente dai macchinari che la sostengono. La tecnologia attuale è in grado di mantenere in vita malati per i quali in passato non c’era nulla da fare. Il progresso scientifico permette di prolungare artificialmente la vita di una persona che ha perso ogni risorsa, che non ritroverà mai più una condizione accettabile di salute, e tutto questo rende sempre più scottante il problema dell’interruzione volontaria delle terapie al fine di evitare l’accanimento terapeutico. Di qui l’esigenza di formare medici e cittadini e dotare la società di strumenti di decisione, come il testamento biologico, che rappresenta un valido supporto a favore del medico per orientare le sue decisioni secondo quanto avrebbe desiderato il paziente e per non andare incontro a situazioni paradossali dove sono tutti a decidere tranne il diretto interessato, come abbiamo recentemente avuto occasione di constatare in merito alla vicenda di Terry Schiavo, che ha fatto riflettere l’America e il mondo intero. Negli Stati Uniti, ad esempio, interrompere le terapie quando non esiste una ragionevole speranza di riportare il paziente ad una condizione di vita accettabile non solo è una prassi comune negli ospedali, ma è una possibilità prevista da regole precise, rispettate dagli operatori sanitari senza suscitare alcun clamore. Ogni giorno capita che ci si trovi di fronte al dilemma se interrompere o meno alcune delle terapie che, grazie agli enormi progressi tecnologici di cui godiamo, permettono di mantenere in vita un essere umano destinato altrimenti a morire. Nella maggior parte dei casi la decisione viene presa di comune accordo tra i medici ed i familiari del paziente ma può capitare, e non così raramente, che si creino dei conflitti. Chiunque abbia esperienza di rianimazione sa bene che per mantenere in condizioni vitali un essere devastato da una malattia gravemente invalidante, la tecnologia che viene utilizzata è fuori dall’ordinario. Mantenere un paziente libero da infezioni, da embolie polmonari, da decubiti, da alterazioni metaboliche che ne possano determinare la morte, necessita di uno straordinario sforzo quotidiano. La sospensione di tutti questi atti porta inevitabilmente alla fine di quella esistenza mantenuta artificialmente in vita, accettando un fatto naturale e decidendo di non accanirsi più. Uno strumento per la tutela dei pazienti e anche dei medici è senz’altro rappresentato dal testamento biologico che ogni persona dovrebbe avere il diritto di elaborare in vita. Fino agli anni Settanta si era soliti intervenire con ogni risorsa tecnologica allora a disposizione fino a quando il cuore non si arrestava, spesso varcando la soglia dell’accanimento terapeutico ingiusto e talvolta profondamente irrispettoso della dignità umana. Le cose iniziarono a cambiare nel 1976 con il caso di Karen Quinlan, una donna americana ridotta in stato vegetativo che veniva mantenuta in vita solo grazie ad un respiratore automatico. I familiari chiesero di interrompere la ventilazione artificiale che ossigenava le cellule di un corpo ormai abbandonato dalla vita, ma i medici si opponevano per paura di essere perseguiti penalmente. Il caso arrivò alla Corte suprema del New Jersey che diede ragione alla famiglia, specificando che se non c’era una ragionevole possibilità di far tornare la paziente alla «integrità intellettiva» dovevano essere rimossi tutti gli apparecchi e le terapie di sostegno e nessuno, tantomeno i medici, poteva essere giudicato responsabile. Quest’ultimo punto non è secondario, perchè a tutt’oggi, in Italia, un medico che in una terapia intensiva sospendesse la terapia ad un paziente in coma, con una prognosi certamente infausta e senza nessuna ragionevole speranza di salvezza, commetterebbe, secondo la legislazione vigente, il reato di omicidio volontario! Quattordici anni dopo, nel 1990, fu il caso di Nancy Cruzan, anche lei in stato vegetativo, autonoma nel respiro ma nutrita con un sondino gastrico, a sollevare nuovamente il dibattito. Anche per lei venne autorizzata l’interruzione delle terapie, come richiesto dai genitori, e subito dopo il congresso americano iniziò a discutere sull’opportunità di prevedere un testamento biologico come diritto per ogni cittadino. Introdotto negli Stati Uniti nel 1991 e attualmente in discussione anche nelle nostre aule parlamentari, il living will, o direttive anticipate di volontà, mira a proteggere dal rischio di accanimento terapeutico il paziente non più in possesso delle proprie facoltà di intendere e di volere. Si tratta di desideri che si esprimono in vita per scegliere una fine dignitosa, limitare le sofferenze e rifiutare alcune terapie eccessivamente invasive o inutili. Il medico ha il dovere di tenere conto di queste disposizioni nel momento in cui si accinge ad assistere un malato che non ha più una ragionevole speranza di miglioramento, ed è sollevato dal dover prendere delle decisioni in maniera autonoma, senza conoscere quali siano le intenzioni e le volontà del paziente. L’esistenza di direttive anticipate scritte dal paziente stesso costituiscono un supporto straordinario in momenti decisivi come quelli relativi ad un’eventuale interruzione delle terapie. Tale strumento tuttavia non deve essere rigido e il medico deve mantenere la propria libertà di giudizio per valutare quando è il caso di proseguire le terapie e quando invece è più giusto fermarsi, evitando un accanimento che non rispetterebbe la dignità del paziente. Qualora il medico ritenga di dover agire diversamente da quanto indicato nel testamento biologico, sarebbe auspicabile coinvolgere il comitato etico dell’ospedale per valutare le motivazioni del medico, confrontarle con le indicazioni del testamento e giungere ad una decisione che salvaguardi il migliore interesse del malato. Rispettare un testamento biologico non dovrebbe mai portare ad agire contro il benessere del paziente, come invece potrebbe accadere, paradossalmente, nel caso di un documento redatto in maniera poco chiara o pericolosamente restrittiva. Nello svolgere la propria professione, ogni medico chiama in causa l’esperienza, la casistica, la letteratura scientifica e a volte anche l’intuizione. Per questo un documento che stabilisca vincoli troppo stretti non serve a scongiurare l’accanimento terapeutico, ma potrebbe addirittura minare la concreta possibilità di recupero di un paziente non spacciato. Al di là degli aspetti legali, per la stesura di un testamento biologico è fondamentale l’esistenza di un rapporto di fiducia fra medico, paziente e familiari del paziente. L’obiettivo è, infatti, che ognuno maturi individualmente la propria scelta, nella serenità di valutazioni personali, e ciò costituirebbe un notevole passo avanti rispetto a decisioni prese paternalisticamente da medici o familiari. In presenza di dichiarazioni anticipate di volontà è fondamentale tuttavia la presenza di un garante che tuteli le indicazioni, ma che sappia anche interpretare le volontà del paziente, così come può avere un ruolo significativo l’intervento di un comitato etico nei casi più complessi. È importantissimo dotarsi di uno strumento che consenta legalmente di interrompere cure non necessarie o contrarie alla volontà espressa dal paziente, ma è altrettanto importante che questo non divenga mai un automatismo, bensì un mezzo per assistere meglio il paziente anche nei momenti più drammatici. Inoltre, per creare una seria consapevolezza del significato del testamento biologico non basta una buona legge, sono fondamentali campagne di informazione corrette e capillari, che prendano spunto, anche in maniera critica, da operazioni simili promosse in passato. Basta pensare ad esempio alla legge sulla istituzione di un registro nazionale dei potenziali donatori di organi ancora non applicata per la mancata informazione dei cittadini. Sulla base di tale esperienza, le informazioni sul testamento biologico potrebbero essere date dai medici di famiglia o ad ogni paziente ricoverato in ospedale, ma dovrebbero essere illustrate da una persona esperta e il testo discusso e redatto assieme ad un medico, evitando che le decisioni in merito alla nostra morte vengano ridotte ad una formalità o ad una firma in calce ad un modulo standard. Probabilmente il percorso migliore è quello di riconoscere la legittimità di un testamento biologico tenendo conto al contempo dei progressi scientifici e delle nuove opportunità terapeutiche. Al tempo stesso è fondamentale non ridurre la medicina ad una semplice esecuzione di prestazioni a richiesta. Serve una legge che tuteli innanzitutto la dignità della persona e il rapporto tra medico e paziente. A tal fine il disegno di legge, all’articolo 2, disciplina il consenso informato prevedendo che ogni trattamento sanitario sia subordinato all’esplicito ed espresso consenso dell’interessato, prestato in modo libero e consapevole. Il soggetto interessato ha il diritto di rifiutare in tutto o in parte le informazioni che gli competono. In tal caso i dati devono essere comunicati al fiduciario e del rifiuto deve essere data menzione nella cartella clinica. Nel caso in cui la persona da sottoporre al trattamento sanitario versi nello stato di incapacità di accordare o rifiutare il proprio consenso, i medici sono tenuti a rispettare la volontà espressa nella dichiarazione anticipata di trattamento e, in subordine, quella manifestata dal fiduciario o dalle persone indicate nel comma 2 dell’articolo 3, per le quali è comunque prevista una graduatoria. In caso di impossibilità di decidere, l’ultima parola spetta al comitato etico della struttura sanitaria. L’articolo 4 stabilisce che colui che presta o rifiuta il consenso ai trattamenti per conto di chi versi in stato di incapacità, è tenuto comunque ad agire nell’esclusivo e migliore interesse dell’incapace, tenendo conto della volontà espressa da quest’ultimo in precedenza, nonché dei valori e delle convinzioni proprie della persona in stato di incapacità. Non è richiesto il consenso al trattamento sanitario quando la vita della persona incapace sia in pericolo ovvero quando il suo consenso o dissenso non possa essere ottenuto e la sua integrità fisica sia minacciata (articolo 5). L’articolo 6 e l’articolo 7 disciplinano il consenso al trattamento nei casi in cui oggetto dello stesso siano soggetti minori o interdetti. L’articolo 8 prevede che in caso di contrasto tra i soggetti legittimati ad esprimere il consenso al trattamento sanitario ed il medico curante, la decisione sia assunta dal comitato etico della struttura sanitaria, sentiti i pareri contrastanti. In caso di impossibilità del comitato etico a pervenire una decisione, questa è assunta, su istanza del pubblico ministero, dal giudice tutelare. Gli articoli 10 ed 11 disciplinano la dichiarazione anticipata di trattamento prevedendo che sia il Ministro della salute, con proprio decreto, a stabilire i termini, le forme ed i modi per esprimere la propria libera volontà in ordine ai trattamenti sanitari. La dichiarazione anticipata di trattamento è l’atto di volontà redatto dal soggetto interessato, alla formazione del quale interviene il medico di medicina generale o il medico curante della struttura sanitaria che assista il disponente. Nella dichiarazione anticipata di trattamento è contenuta la nomina di un fiduciario cui è affidato l’importante ruolo di attuare la volontà del disponente, quale risultante dalla dichiarazione anticipata di trattamento. L’articolo 12 stabilisce che la dichiarazione anticipata di trattamento produce effetto dal momento in cui interviene lo stato di incapacità decisionale del predisponente. Lo stato di incapacità è accertato e certificato da un collegio composto da tre medici, di cui un neurologo, uno psichiatra e un medico specializzato nella patologia di cui è affetto il disponente, designati dalla direzione della struttura sanitaria di ricovero. Il medico curante non fa parte del collegio, ma deve essere sentito da quest’ultimo. Il comma 5 del suddetto articolo prevede poi la possibilità per il medico di disattendere le direttive contenute nella dichiarazione anticipata di trattamento solo quando, sulla base del parere vincolante del comitato etico della struttura sanitaria, non sono più corrispondenti a quanto l’interessato aveva espressamente previsto al momento della redazione della dichiarazione anticipata di trattamento, sulla base degli sviluppi delle conoscenze scientifiche e terapeutiche, e indicando compiutamente le motivazioni della decisione nella cartella clinica. L’articolo 14 istituisce presso il Ministero della salute, il registro delle dichiarazioni anticipate di trattamento, nell’ambito di un archivio unico nazionale informatico. Con decreto del Ministro da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, sono poi stabilite le regole tecniche e le modalità di tenuta e consultazione del registro. Per queste finalità si auspica una rapida approvazione del presente disegno di legge affinché il testamento biologico sia introdotto al più presto per tutelare l’interesse e la dignità di ogni cittadino libero e responsabile. DISEGNO DI LEGGE Art. 1. (Definizioni) 1. Ai sensi della presente legge si intende per: a) dichiarazioni anticipate di trattamento: l’atto scritto con il quale taluno dispone in merito ai trattamenti sanitari, nonché in ordine all’uso del proprio corpo o di parte di esso, incluse le disposizioni relative all’eventuale donazione del proprio corpo, di organi o tessuti per trapianto, ricerca o didattica, nei casi consentiti dalla legge, alle modalità di sepoltura e alla assistenza religiosa; b) trattamento sanitario: ogni trattamento praticato, con qualsiasi mezzo, per scopi connessi alla tutela della salute, a fini terapeutici, diagnostici, palliativi nonché estetici; c) privo di capacità decisionale: colui che, anche temporaneamente, non è in grado di comprendere le informazioni di base circa il trattamento sanitario ed apprezzare le conseguenze che ragionevolmente possono derivare dalla propria decisione; d) comitato etico: organismo indipendente, costituito, ai sensi del decreto del Ministro della sanità 18 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 122 del 28 maggio 1998, nell’ambito di una struttura sanitaria. Art. 2. (Consenso informato) 1. Il trattamento sanitario è subordinato all’esplicito ed espresso consenso dell’interessato, prestato in modo libero e consapevole. 2. Ogni persona capace di intendere e di volere ha il diritto di conoscere i dati sanitari che la riguardano e di esserne informata in modo completo e comprensibile, in particolare riguardo la diagnosi, la prognosi, la natura, i benefici ed i rischi delle procedure diagnostiche e terapeutiche suggerite dal medico, nonchè riguardo le possibili alternative e le conseguenze del rifiuto del trattamento. 3. È fatto salvo il diritto del soggetto interessato, che presti o non presti il consenso al trattamento, di rifiutare in tutto o in parte le informazioni che gli competono; il rifiuto può intervenire in qualunque momento. In tal caso i dati e le informazioni di cui al comma 2 devono essere comunicati al fiduciario, nominato ai sensi dell’articolo 10. Della dichiarazione di rifiuto del soggetto interessato e della conseguente comunicazione al fiduciario deve essere data menzione nella cartella clinica. 4. Il consenso al trattamento può essere sempre revocato, anche parzialmente. Art. 3. (Decisioni sostitutive) 1. Nel caso in cui la persona da sottoporre al trattamento sanitario versi nello stato di incapacità di accordare o rifiutare il proprio consenso, si ha riguardo alla volontà espressa nella dichiarazione anticipata di trattamento e in subordine a quella manifestata dal fiduciario nominato ai sensi dell’articolo 10 o, in mancanza di questo, dalle persone indicate nel comma 2. 2. Ove non ricorrano le circostanze di cui al comma 1, il consenso o il dissenso al trattamento sanitario è espresso, ove siano stati nominati, dall’amministratore di sostegno o dal tutore, ed in mancanza, nell’ordine: dal coniuge non separato legalmente o di fatto, dal convivente, dai figli, dai genitori, dai parenti entro il quarto grado. 3. In caso di impossibilità di decidere ai sensi dei commi 1 e 2, si ricorre al comitato etico della struttura sanitaria o, in caso di assenza dello stesso, al comitato etico della Azienda sanitaria locale territorialmente competente. Art. 4. (Migliore interesse) 1. Colui che presta o rifiuta il consenso ai trattamenti di cui all’articolo 1, per conto di altri che versi in stato di incapacità, è tenuto ad agire nell’esclusivo e migliore interesse dell’incapace, tenendo conto della volontà espressa da quest’ultimo in precedenza, nonchè dei valori e delle convinzioni notoriamente proprie della persona in stato di incapacità. Art. 5. (Situazione d’urgenza) 1. Non è richiesto il consenso al trattamento sanitario quando la vita della persona incapace sia in pericolo ovvero quando il suo consenso o dissenso non possa essere ottenuto e la sua integrità fisica sia minacciata. 2. Il consenso al trattamento sanitario del minore non è richiesto quando il minore stesso versi in pericolo di vita o sia minacciata la sua integrità fisica. Art. 6. (Soggetti minori) 1. Il consenso al trattamento sanitario del minore è accordato o rifiutato dagli esercenti la potestà parentale, la tutela o l’amministrazione di sostegno; la decisione di tali soggetti è adottata avendo come scopo esclusivo la salvaguardia della salute psicofisica del minore. 2. In caso di contrasto ai sensi dell’articolo 8, si applicano le disposizioni di cui al medesimo articolo. Art. 7. (Interdetti) 1. Il consenso al trattamento sanitario del soggetto maggiore di età, interdetto o inabilitato, legalmente rappresentato o assistito, ai sensi di quanto disposto dal codice civile, è espresso dallo stesso interessato unitamente al tutore o curatore. Art. 8. (Contrasti) 1. In caso di contrasto tra i soggetti legittimati ad esprimere il consenso al trattamento sanitario, di cui all’articolo 3, ed il medico curante, la decisione è assunta dal comitato etico della struttura sanitaria, sentiti i pareri contrastanti. In caso di impossibilità del comitato etico a pervenire ad una decisione, questa è assunta, su istanza del pubblico ministero, dal giudice tutelare. 2. L’autorizzazione giudiziaria è necessaria in caso di inadempimento o di rifiuto ingiustificato di prestazione del consenso o del dissenso ad un trattamento sanitario da parte di soggetti legittimati ad esprimerlo nei confronti di incapaci. 3. Nei casi di cui al comma 2, la direzione sanitaria è tenuta a fare immediata segnalazione al pubblico ministero. Art. 9. (Controllo dell’operato del fiduciario) 1. La correttezza e la diligenza dell’operato del fiduciario di cui all’articolo 10 sono sottoposte al controllo del medico curante. 2. L’attività di controllo del medico curante sulle modalità di adempimento del fiduciario è sollecitata anche attraverso istanza dei soggetti interessati. 3. Il ruolo del fiduciario viene meno per morte, rinuncia o sopravvenuta incapacità dello stesso. Art. 10. (Della dichiarazione anticipata di trattamento) 1. Entro i termini, nelle forme e nei modi stabiliti dalla presente legge e dal decreto del Ministro della salute di cui all’articolo 11, i cittadini sono tenuti a rendere la dichiarazione anticipata di trattamento. 2. La dichiarazione anticipata di trattamento è l’atto di volontà redatto dal soggetto interessato, alla formazione del quale interviene il medico di medicina generale o il medico curante della struttura sanitaria, che assista il disponente, secondo le modalità previste dal decreto del Ministro della salute di cui all’articolo 11. 3. Nella dichiarazione anticipata di trattamento è contenuta la nomina di un fiduciario cui sono affidate le decisioni di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a). 4. Il fiduciario nell’esecuzione delle disposizioni attua la volontà del disponente quale risultante dalla lettera della dichiarazione anticipata di trattamento e dall’attività rivolta ad indagare e ricostruire il significato da attribuire alle dichiarazioni; in mancanza di istruzioni opera nel migliore interesse dell’incapace ai sensi dell’articolo 4. 5. Il contenuto della dichiarazione anticipata di trattamento non è considerato, ai fini della presente legge, dato sensibile ai sensi del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Art. 11 (Disposizioni di attuazione delle norme sulla dichiarazione anticipata di trattamento) 1. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro della salute, con proprio decreto, disciplina: a) i termini, le forme e le modalità attraverso i quali le aziende sanitarie locali, tramite i medici di medicina generale, sono tenute a richiedere ai propri assistiti la dichiarazione anticipata di trattamento; b) le modalità attraverso le quali i soggetti che non hanno reso la dichiarazione anticipata di trattamento sono sollecitati periodicamente a rendere tale dichiarazione di volontà, attraverso l’azione dei medici di medicina generale e degli uffici della pubblica amministrazione nei casi di richiesta dei documenti personali di identità; c) i termini e le modalità attraverso i quali modificare la dichiarazione di volontà resa; d) le modalità di trasmissione dei dati relativi alla dichiarazione anticipata di trattamento al registro di cui all’articolo 14. Art. 12. (Efficacia) 1. La dichiarazione anticipata di trattamento produce effetto dal momento in cui interviene lo stato di incapacità decisionale del predisponente. 2. Lo stato di incapacità è accertato e certificato da un collegio composto da tre medici, di cui un neurologo, uno psichiatra e un medico specializzato nella patologia di cui è affetto il disponente, designati dalla direzione della struttura sanitaria di ricovero. 3. Il medico curante non fa parte del collegio, ma deve essere sentito da quest’ultimo. 4. La certificazione è notificata immediatamente al fiduciario di cui all’articolo 10, ai familiari e ai conviventi che possono proporne l’annullamento con il ricorso al giudice tutelare. 5. Le direttive contenute nella dichiarazione anticipata di trattamento sono impegnative per le scelte sanitarie del medico, il quale può disattenderle solo quando, sulla base del parere vincolante del comitato etico della struttura sanitaria, non sono più corrispondenti a quanto l’interessato aveva espressamente previsto al momento della redazione della dichiarazione anticipata di trattamento, sulla base degli sviluppi delle conoscenze scientifiche e terapeutiche, e indicando compiutamente le motivazioni della decisione nella cartella clinica. Art. 13. (Revoca) 1. La dichiarazione anticipata di trattamento è rinnovabile, modificabile o revocabile in qualsiasi momento con le forme previste dal decreto del Ministro della salute di cui all’articolo 11. 2. In caso di urgenza, la revoca è espressa liberamente in presenza di due testimoni al medico curante che ne rilascia certificazione a margine dell’atto revocato. Art. 14. (Registro delle dichiarazioni anticipate di trattamento) 1. È istituito, presso il Ministero della salute, il registro delle dichiarazioni anticipate di trattamento, nell’ambito di un archivio unico nazionale informatico. 2. Con decreto del Ministro della salute, da emanare entro novanta giorni dalla entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le regole tecniche e le modalità di tenuta e consultazione del registro di cui al comma 1. Art. 15. (Disposizioni finali) 1. Le dichiarazioni anticipate di trattamento, le copie delle stesse, le formalità, le certificazioni, e qualsiasi altro documento sia cartaceo sia elettronico ad esse connessi e da esse dipendenti non sono soggetti all’obbligo di registrazione e sono esenti dall’imposta di bollo e da qualunque altro tributo. Art. 16. (Copertura finanziaria) 1. All’onere derivante dall’attuazione della presente legge, valutato in 5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2006, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della salute. 2. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. N. 773 DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa delle senatrici BINETTI e BAIO DOSSI COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 7 LUGLIO 2006 ———– Disposizioni in materia di dichiarazione anticipata di trattamento ———– Onorevoli Senatori. – Le dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario sono le disposizioni che una persona in grado di intendere e volere redige al fine di indicare al personale medico e sanitario i trattamenti a cui intende sottoporsi in caso di malattia grave o terminale, qualora non sia più in possesso della capacità di intendere e volere. Il principio a cui si ispira è quello della autodeterminazione del paziente e della sua libertà a decidere sulle cure che desidera ricevere, valutandone le alternative e le conseguenze. La decisione di mettere per iscritto le proprie dichiarazioni anticipate può diventare un momento importante di riflessione sui propri valori, sulla propria concezione della vita e sul significato della morte, evitando il rischio della rimozione della morte, che probabilmente rappresenta uno degli aspetti negativi della cultura del nostro tempo. La tematica è complessa e pone notevoli problematiche nella individuazione delle modalità e dei limiti di tali disposizioni. Una riflessione approfondita su questo tema è necessaria per varie ragioni, tra cui desideriamo porre in primo piano: da un lato la crescente consapevolezza dei diritti individuali, che pone nuovi problemi nel campo della bio-giuridica e dall’altro i continui progressi della scienza e della tecnica, che offrono alla medicina soluzioni nuove per i problemi con cui deve confrontarsi ogni giorno, ma pongono anche nuovi problemi di natura bio-etica. Riferimenti precedenti 1. La Convenzione di Oviedo Dalla Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea, adottata a Nizza il 7 dicembre 2000, si evince come il consenso libero e informato del paziente all’atto medico non vada considerato solo sotto il profilo della liceità del trattamento, ma venga considerato prima di tutto come un vero e proprio diritto fondamentale del cittadino europeo, afferente al più generale diritto alla integrità della persona (Titolo 1, «Dignità», articolo 3, «Diritto alla integrità personale»). In modo ancora più concreto questo diritto è stato affermato dal Consiglio d’Europa, con la Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina, fatta a Oviedo il 4 aprile 1997 in seguito ricordata come «Convenzione di Oviedo», sottoscritta da 32 Stati, tra i quali l’Italia. Il Parlamento italiano ha deliberato la ratifica di questa Convenzione con la legge 28 marzo 2001, n. 145. La Convenzione di Oviedo rappresenta uno dei documenti più coraggiosi ed avanzati elaborato collegialmente negli ultimi dieci anni, un modello di contenuto e di metodo nell’ambito della bioetica, anche perchè prende in esame i diritti dell’uomo con le nuove prospettive che la ricerca scientifica rivela e i nuovi rischi che possono comprometterli. In concreto, l’articolo 9 della Convenzione precisa che nel caso in cui per qualsiasi motivo il paziente non sia in grado di esprimere la propria volontà, si deve tener conto dei desideri precedentemente espressi. L’unitarietà del progetto e del modello di vita scelti a livello personale dal paziente fanno da filo conduttore e da criterio orientatore per le scelte che lo riguardano, anche quando egli non è in grado di formularle autonomamente. Interpretare la sua volontà nella prospettiva della sua storia personale e dei desideri formulati in precedenza è un compito a cui medici e familiari non possono sottrarsi. 2. Il codice di deontologia medica italiano Non a caso, anticipando la ratifica del trattato di Oviedo da parte del Governo italiano, il codice di deontologia medica italiano, nel 1998, ne ha recepito lo spirito e all’articolo 34 «Autonomia del cittadino» dice con chiarezza: «Il medico deve attenersi nel rispetto della dignità, della libertà e della indipendenza professionale, alla volontà di curarsi liberamente espressa dalla persona. Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tenere conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso». L’articolo 35 del codice mette in evidenza l’obbligo del medico di intervenire con l’assistenza e le cure indispensabili in condizioni di urgenza e in caso di pericolo di vita per il paziente. L’articolo 36 del medesimo codice dice inoltre che: «Il medico, anche su richiesta del malato, non deve effettuare o favorire trattamenti diretti a provocarne la morte». Queste due indicazioni del codice deontologico cercano di precisare i due termini essenziali del problema: tutelare la vita del paziente, rifiutando sia possibili forme di eutanasia, sia altre forme di accanimento terapeutico. Tutelare il diritto del paziente ad esprimere la propria volontà, ma anche il diritto del medico a rifiutare iniziative che lo pongano in contrasto con la sua coscienza. Nei codici deontologici dei medici di tutti i Paesi europei, come pure nelle direttive dell’etica medica tradizionale, tali princìpi sono ben espressi. Quello che si evince da una corretta interpretazione di questi articoli del codice di deontologia medico è il profondo valore della relazione medico-paziente, che andando oltre il modello del consenso informato, esprime una identificazione profonda tra il volere del paziente e l’intervento del medico che lo realizza, assumendosene in prima persona la responsabilità. Con le direttive anticipate di trattamento l’alleanza terapeutica che lega il medico e il paziente assume la sua forma più alta proprio quando il paziente non è più in grado di esprimersi e nella sua fragilità si affida a chi agirà in suo nome e nel suo esclusivo interesse. Le direttive anticipate di trattamento, interpretate alla luce del codice di deontologia medica, avrebbero un carattere non assolutamente vincolante, ma neppure meramente orientativo, perchè implicherebbero sempre la valutazione concreta della volontà del paziente alla luce delle sue condizioni e delle risorse in quel momento disponibili sotto il profilo tecnico-scientifico. Questa interpretazione si ricollega al già citato articolo 9 della Convenzione di Oviedo. Il punto 62 del rapporto esplicativo allegato alla Convenzione, dopo aver sottolineato la necessità di aver sempre presenti i desideri espressi in precedenza dal paziente dice ancora: «Se i desideri sono stati espressi molto tempo prima dell’intervento e la scienza ha da allora fatto progressi, potrebbero esserci le basi per non tener in conto l’opinione del paziente. Il medico dovrebbe quindi, per quanto possibile, essere convinto che i desideri del paziente si applicano alla situazione presente e sono ancora validi, prendendo in considerazione particolarmente il progresso tecnico della medicina». Desideri del paziente, contesto clinico e scientifico, con i suoi vincoli e le sue risorse, unitamente alla competenza professionale del medico e al suo rigore etico dovrebbero costituire le coordinate essenziali per una valutazione che interpreti sempre e al meglio le effettive volontà del paziente, nello spirito e non solo nella lettera. 3. Il Comitato nazionale per la bioetica Il Comitato nazionale per la bioetica si era già interessato di questo argomento nel 1995, in un documento dal titolo: «Questioni bioetiche sulla fine della vita umana» e successivamente, il 18 dicembre 2003, ha elaborato un documento più specifico intitolato: «Dichiarazioni anticipate di trattamento», al fine di sottolineare il principio di autodeterminazione del paziente, senza per questo contravvenire alle norme del codice di deontologia dei medici. Il documento introduce la figura del fiduciario, non solo come custode delle volontà del paziente ma come responsabile della sua attuazione, nel momento in cui non sarà in grado di intendere e volere. Si sofferma soprattutto sui contenuti delle dichiarazioni anticipate, sulla loro affidabilità e sul loro carattere vincolante. Il Comitato nazionale di bioetica non nasconde alcuni dei nodi che sul piano della bioetica occorre impostare correttamente fin dal primo momento. Occorre evitare il rischio di una cattiva interpretazione e di una peggiore applicazione delle direttive anticipate formulate da una persona, in un momento in cui probabilmente sta bene e fa solo delle ipotesi generiche sul suo futuro. Il documento del Comitato nazionale di bioetica mette in evidenza che, poichè le indicazioni formulate dal paziente potranno essere formulate in modo generale, presumibilmente standardizzato, anche se non generico, è necessario che non siano applicate in modo burocratico, ma vadano calate nella realtà specifica del singolo paziente e nella sua effettiva situazione clinica. Questo spazio relazionale è quello che ha la maggiore valenza etica e bioetica. Ma è proprio su questo spazio che la presente legge vuole portare il suo contributo di garanzia della libertà e della salute del paziente. Nello stesso documento, nel paragrafo relativo ai contenuti delle dichiarazioni anticipate, si mette in evidenza il principio ispiratore delle direttive, cioè il diritto ad esprimere in anticipo i propri desideri sui trattamenti terapeutici e sugli interventi medici su cui è possibile esprimere lecitamente la propria volontà attuale. Ciò tuttavia esclude che si possano esprimere indicazioni in contrasto con il diritto positivo, con la deontologia medica e con le buone pratiche cliniche. Il paziente ha comunque il pieno diritto, giuridico e morale, di rifiutare ogni tipo di pratica comportante gravi rischi, o perchè non adeguatamente validata, o perché eccessivamente onerosa e non proporzionata alla sua situazione clinica concreta, o ancora perché gravosa per la serenità del suo trapasso. Il documento del Comitato nazionale di bioetica ricorda inoltre che l’ordinamento giuridico italiano contiene precise norme costituzionali, civili e penali che inducono al riconoscimento del principio della indisponibilità della vita umana. Ne consegue che il paziente non è mai legittimato a chiedere interventi di eutanasia a suo favore. È essenziale far comprendere con chiarezza questo punto a tutti coloro a cui, con la presente legge, sarà fatta conoscere la concreta possibilità di redigere una dichiarazione anticipata di trattamento; ciò per evitare che si crei nell’opinione pubblica la falsa idea che la dichiarazione anticipata di trattamento possa coincidere con un qualsiasi tipo di eutanasia. Si tratta di un punto essenziale sia nella sostanza che nella forma, perché proprio questo equivoco ha impedito che nella XIV legislatura fosse approvato un disegno di legge sulla dichiarazione anticipata di trattamento. 4. La Commissione sanità del Senato, nella XIV legislatura La Commissione sanità del Senato, nella XIV legislatura, aveva approvato, il 13 luglio 2005, un disegno di legge recante disposizioni in materia di consenso informato e dichiarazioni anticipate di trattamento risultante dalla trattazione congiunta di tre disegni di legge (atto Senato 2943, atto Senato 1437, atto Senato 2279). Tutti gli emendamenti atti a scongiurare una inesatta interpretazione del testo furono bocciati, e il disegno di legge di legge venne interpretato come un via libera all’eutanasia. Oggi più di allora, si necessita di una disposizione di legge chiara, che regoli un diritto del malato nel rispetto della dignità umana, ma che non possa essere fraintesa e ridotta ad un’autorizzazione dell’eutanasia. Un punto importante per evitare fraintendimenti di questo tipo è una adeguata precisazione sulle indicazioni finalizzate a richiedere la sospensione della alimentazione e della idratazione artificiale. Infatti l’alimentazione e l’idratazione artificiale se non risultano eccessivamente gravose per il paziente, costituiscono atti eticamente e deontologicamente doverosi, nella misura in cui, essendo proporzionati alle condizioni cliniche, contribuiscono ad eliminare le sofferenze del malato terminale. La loro omissione potrebbe costituire un’ipotesi di eutanasia passiva, che nello spirito della presente legge va totalmente scongiurata. Il presente disegno di legge cerca di disciplinare in modo semplice e comprensibile le dichiarazioni che la persona può redigere al fine di tramandare la propria volontà al personale medico e in senso ampio a tutto il personale sanitario, individuando i contenuti e i limiti di tali disposizioni e rispettando la coscienza del medico. 5. Illustrazione degli articoli All’articolo 1 vengono definiti la dichiarazione anticipata di trattamento sanitario, il trattamento sanitario, la capacità decisionale, il curatore e il fiduciario, il comitato etico. Nei primi due punti viene quindi esclusa la possibilità di avvalersi di pratiche di eutanasia. Nell’articolo 2 si precisa che alla formazione delle disposizioni anticipate, formulate da soggetto maggiorenne capace di intendere e di volere, può partecipare anche il medico di medicina generale o della struttura sanitaria, al fine di informare scientificamente il dichiarante sulle conseguenze a cui andrà incontro. Nel testo della disposizione deve essere individuato il soggetto fiduciario, anch’egli maggiorenne ed in possesso della capacità di intendere e di volere, il quale avrà il compito di far rispettare la volontà del malato. Tali disposizioni verranno redatte dal dichiarante, per iscritto, apponendo la propria firma autografa, senza dunque oneri burocratici nè ricorso al notaio. L’articolo 3 determina i contenuti e i limiti delle dichiarazioni. In particolar modo il dichiarante potrà esprimersi in merito all’accanimento terapeutico; sull’utilizzo di cure palliative nella terapia del dolore; preferire la degenza presso la propria abitazione o in edificio sanitario; optare per l’assistenza religiosa e precisarne la confessione; decidere sulla donazione degli organi e/o del corpo per attività scientifica di ricerca e di didattica, oppure per eventuali trapianti. Inoltre viene specificato che l’idratazione e l’alimentazione parenterale non possono essere oggetto di deroga nelle disposizioni, in quanto non assimilate all’accanimento terapeutico. L’articolo 4 disciplina il consenso informato, prevedendo che il dichiarante dovrà essere informato sulla diagnosi, sulla prognosi e sulle terapie che saranno applicate, compresi gli effetti collaterali ed eventuali conseguenze. Inoltre si specifica che ogni soggetto ha il diritto di conoscere i dati sanitari che lo riguardano. Nell’articolo 5 si precisano i compiti del fiduciario. Questi conferma la propria accettazione apponendo firma autografa sul documento recante le disposizioni. Il fiduciario è fondamentale in quanto dovrà agire affinchè vengano rispettate le volontà del malato, qualora costui, ormai incapace di intenedere e di volere, non possa manifestare i propri desideri. Egli, dunque, dovrà far conoscere le disposizioni del dichiarante al personale medico, paramedico ed ai familiari interessati. Il fiduciario può revocare il proprio incarico, attraverso la comunicazione diretta al dichiarante, se questi è in possesso della facoltà di intendere, oppure a colui il quale è responsabile del paziente e al medico responsabile del trattamento sanitario. Nell’articolo 6 si prevede la possibilità che il minore esprima i propri desideri riguardo ai trattamenti sanitari; tuttavia la decisione verrà sempre presa dai genitori o da colui che ne esercita la tutela e/o la potestà. L’articolo 7 è di fondamentale importanza in quanto garantisce al medico la possibilità di avvalersi della obiezione di coscienza, in armonia col codice deontologico e con altre leggi, come la legge 22 maggio 1978, n. 194 le quali ammettono che ogni volta che si crea un conflitto di coscienza il medico può sempre sottrarsi a prestare la propria opera, tranne il caso in cui il soggetto sia in pericolo di vita. Nel caso di opposizione del medico, il fiduciario potrà appellarsi al comitato etico, il quale, valutate le conseguenze di tale rifiuto, alla luce della volontà del dichiarante, esprime il proprio parere a riguardo. L’articolo 8 stabilisce che il Ministro della salute provveda, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge, a stabilire le modalità di intervento del medico nella formazione della dichiarazione anticipata di trattamento, a sensibilizzare il personale sanitario e a realizzare di una campagna di educazione alla salute presso le scuole di secondo grado. L’articolo 9 precisa che le disposizioni saranno valide solo ed esclusivamente se il dichiarante non è in grado di intendere e volere. L’incapacità decisionale è accertata e certificata da un collegio formato da tre medici: un neurologo, uno psichiatra e uno specialista della patologia di cui è affetto il paziente. Si esclude che il medico curante faccia parte del collegio in quanto possibile fiduciario o comunque avendo questi partecipato alla formazione della dichiarazione anticipata di trattamento. La certificazione del collegio viene notificata immediatamente al fiduciario, in modo che possano essere fatte valere le disposizioni anticipate di trattamento. Infine l’articolo 10 stabilisce l’esclusione di oneri finanziari e l’esenzione da qualsiasi tributo sia per le disposizioni anticipate di trattamento, sia per la certificazione del collegio di cui all’articolo 9, sia per qualsiasi altro documento ad essi annesso. DISEGNO DI LEGGE Art. 1. (Definizioni) 1. Ai sensi della presente legge e alla luce dell’articolo 9 della Convenzione sui diritti umani e la biomedicina, fatta a Oviedo il 4 aprile 1997, ratificata ai sensi della legge 28 marzo 2001, n. 145, si intende per: a) dichiarazione anticipata di trattamento: l’atto scritto con cui una persona decide sul trattamento sanitario e sull’uso del proprio corpo, o di parti di esso, incluse le disposizioni relative alla eventuale donazione del proprio corpo, di organi o tessuti a scopo di trapianto, ricerca o didattica, nei casi consentiti dalla legge, nonché alla modalità di sepoltura e alla assistenza religiosa; b) trattamento sanitario: ogni trattamento praticato, con qualsiasi mezzo, per scopi connessi alla tutela della salute, a fini terapeutici, diagnostici, palliativi, nonché estetici, lontano sia da possibili forme di accanimento terapeutico sia da forme surrettizie di eutanasia; c) soggetto privo di capacità decisionale: colui che, anche temporaneamente, non è in grado di comprendere le informazioni di base circa il trattamento sanitario e le sue conseguenze, e per questo motivo non può ragionevolmente assumere decisioni che lo riguardano; d) curatore o fiduciario: colui, preferibilmente medico, che opera sempre e solo secondo le legittime intenzioni esplicitate dalla persona nelle sue dichiarazioni anticipate, tutelandone i diritti e gli interessi nei momenti i cui non è in grado di decidere autonomamente e responsabilmente; e) comitato etico: organismo indipendente, costituito nell’ambito di una struttura sanitaria, ai sensi del decreto del Ministero della sanità 18 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 122, del 28 maggio 1998. Art. 2. (Dichiarazione anticipata di trattamento) 1. La dichiarazione anticipata di trattamento è l’atto di volontà redatto in forma scritta e firmato dal soggetto interessato, maggiorenne, in grado di intendere e di volere. Alla formazione della dichiarazione può intervenire il medico di medicina generale o il medico della struttura sanitaria, secondo le modalità previste dal Ministero della salute. 2. Nella dichiarazione anticipata di trattamento è prevista la nomina di un fiduciario, maggiorenne, capace di intendere e volere, che attua la volontà del soggetto dichiarante in caso di malattia grave e terminale e in previsione della perdita, da parte di quest’ultimo, di capacità di intendere e di volere. 3. La dichiarazione anticipata di trattamento è direttamente comunicata dal paziente al suo fiduciario e al suo medico di medicina generale, e a quanti altri voglia liberamente far conoscere le sue volontà. 4. Le dichiarazioni anticipate di trattamento vanno formulate in modo chiaro, libero e consapevole, manoscritte o dattiloscritte, con firma autografa. Per la loro validità non è richiesto l’intervento del notaio. Art. 3. (Contenuti e limiti della dichiarazione) 1. Nella dichiarazione anticipata di trattamento il dichiarante: a) esprime il proprio giudizio in merito alla attivazione dei trattamenti diagnostici e terapeutici di sostegno vitale, ovvero, qualora essi appaiano sproporzionati o ingiustificati, o comunque configurino l’accanimento diagnostico e terapeutico, alla loro sospensione; b) chiede l’applicazione delle cure palliative, soprattutto sotto il profilo della terapia del dolore, per rendere più umana la fase terminale della vita per sé e per i suoi familiari; c) specifica se desidera affrontare la degenza in strutture sanitarie oppure presso la propria abitazione, ove sussistano le condizioni adeguate; d) dà indicazioni sull’eventuale assistenza religiosa che desidera ricevere; e) dispone in merito alle donazioni di organi e tessuti per trapianto e ai fini di attività di ricerca e di didattica. 2. L’idratazione e l’alimentazione parenterale non sono assimilate all’accanimento terapeutico e non possono essere oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento. Art. 4. (Consenso informato) 1. Ogni persona ha il diritto di conoscere i dati sanitari che la riguardano e di essere informata in modo completo e comprensibile dell’evoluzione della sua condizione, per poter dare il proprio consenso al trattamento. 2. In particolare ogni paziente deve conoscere: a) la diagnosi, la prognosi e le terapie che saranno applicate di volta in volta, con i loro specifici rischi e vantaggi e le loro percentuali di successo; b) le possibili soluzioni alternative, incluse le conseguenze che potrebbero derivare dalla sospensione o mancata applicazione del trattamento. 3. Il consenso al trattamento può sempre essere revocato o modificato, sia pure parzialmente. 4. La dichiarazione sulle direttive anticipate di trattamento diventa attiva nel momento in cui il soggetto non è più in grado di dare il proprio consenso ai trattamenti che lo riguardano. Art. 5. (Fiduciario) 1. Il fiduciario conferma la sua accettazione del mandato apponendo la propria firma autografa al testo contenente le dichiarazioni anticipate. 2. Il fiduciario si impegna a: a) agire nell’esclusivo e migliore interesse della persona che lo ha indicato per esercitare questo ruolo, dal momento in cui versa in condizione di incapacità; b) tenere conto scrupolosamente delle indicazioni sottoscritte dalla persona nella dichiarazione di trattamento anticipato, a condizione che si tratti di intenzioni legittime; c) ricostruire il senso e il significato delle decisioni sottoscritte dal paziente, interpretandole nel modo più coerente con le sue intenzioni; d) far conoscere queste volontà sia nel contesto sanitario sia in quello familiare per garantirne la realizzazione. 3. La correttezza e la diligenza dell’operato del fiduciario sono sottoposte al controllo e alla valutazione del medico curante, che ne risponde ai familiari di riferimento. 4. Il fiduciario può rinunciare all’incarico comunicandolo direttamente al soggetto dichiarante e, ove quest’ultimo fosse incapace di intendere e volere, a colui che risponde del paziente e al medico responsabile del trattamento sanitario. Art. 6. (Soggetti minori) 1. Il minore può esporre al medico curante e ai propri genitori, o a chi ne detiene la tutela o la potestà, le sue intenzioni relative al trattamento da ricevere. 2. I genitori, o chi detiene la tutela o la potestà sul minore, sentito il parere dei medici curanti, si impegnano ad agire nell’esclusivo interesse del minore. Art. 7. (Obiezione di coscienza del medico) 1. In caso di contrasto con la volontà espressa dal paziente nella sua dichiarazione anticipata di trattamento, al personale medico-sanitario è garantito il diritto all’obiezione di coscienza. 2. Qualora si verifichi il caso di cui al comma 1 il fiduciario può appellarsi al comitato etico istituito ai sensi del decreto del ministro della sanità 18 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 122 del 28 maggio 1998. Art. 8. (Norme relative alle dichiarazioni anticipate di trattamento) 1. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro della salute: a) dispone in merito alle modalità di intervento del medico nella formazione delle dichiarazioni anticipate di trattamento; b) promuove campagne informative periodiche; c) sensibilizza i medici di medicina generale attraverso corsi, seminari e convegni; d) dispone in merito alla distribuzione di materiale informativo adeguato nelle strutture sanitarie; e) propone nelle scuole superiori del secondo ciclo di istruzione, di concerto con il Ministro della pubblica istruzione, campagne informative di educazione alla salute in cui siano sviluppate, tra le altre, le tematiche del consenso informato, della donazione d’organi e tessuti a scopo di trapianto, dell’accanimento terapeutico. Art. 9. (Attivazione) 1. La dichiarazione anticipata di trattamento diventa attiva nel momento in cui nel soggetto si verifica la incapacità di intendere e di volere. 2. L’incapacità di intendere e di volere è accertata e certificata da un collegio formato da tre medici: un neurologo, uno psichiatra, e un medico specialista nella patologia di cui è affetto il paziente, designati dalla direzione sanitaria della struttura di ricovero. 3. Il medico curante, anche se fiduciario, non deve fare parte del collegio, ma deve essere ascoltato. 4. La certificazione è notificata immediatamente al fiduciario perché possa far valere le indicazioni del paziente. Art. 10. (Disposizioni finali) 1. Le dichiarazioni anticipate di trattamento, le certificazioni e qualsiasi altro documento, sia cartaceo sia elettronico connesso alle dichiarazioni di trattamento anticipato non sono soggette all’obbligo di registrazione e sono esenti da qualsiasi altro tributo DISEGNO DI LEGGE d’iniziativa dei senatori DEL PENNINO e BIONDI COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 18 LUGLIO 2006 —–—— Disposizioni in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari ———– Onorevoli Senatori. – Il principio di autodeterminazione nel campo delle cure mediche e la consapevolezza che ogni persona ha il diritto di essere protagonista delle scelte riguardanti la sua salute, sia nel senso di accettare, sia nel senso di rifiutare l’intervento medico, sono andati progressivamente affermandosi nella cultura della nostra società. Tale principio ha trovato un primo fondamentale riconoscimento già nell’articolo 32, comma 2, della nostra Carta costituzionale, che ha sancito che «Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge». Inoltre la Convenzione sui diritti umani e la biomedicina, approvata dal Consiglio d’Europa nell’aprile 1997 e ratificata dall’Italia ai sensi della legge 28 marzo 2001, n. 145, ha riaffermato – come già nella precedente stesura del luglio 1994 – che qualsiasi intervento medico non può essere effettuato senza il consenso della persona (articolo 5). Anche il Codice di deontologia medica adottato dalla Federazione nazionale dei medici chirurghi e degli odontoiatri, nella sua ultima versione del 1998, dopo aver precisato, all’articolo 30, il diritto del malato a ricevere la più idonea informazione da parte del medico, afferma, all’articolo 34, che «il medico deve attenersi, nel rispetto della dignità, della libertà e dell’indipendenza professionale, alla volontà di curarsi, liberamente espressa dalla persona». La stessa giurisprudenza italiana ha avuto modo di chiarire che il rifiuto di un trattamento da parte della persona interessata deve essere rispettato, indipendentemente dalla valutazione dell’operatore sanitario in merito al «bene» del paziente, precisando che «nel diritto di ciascuno di disporre, lui e lui solo, della propria salute e integrità personale, pur nei limiti previsti dall’ordinamento, non può che essere ricompreso il diritto di rifiutare le cure mediche lasciando che la malattia segua il suo corso anche fino alle estreme conseguenze: il che non può essere considerato come il riconoscimento positivo di un diritto al suicidio, ma è invece la riaffermazione che la salute non è bene che possa essere imposto coattivamente al soggetto interessato dal volere o, peggio, dall’arbitrio altrui, ma deve fondarsi esclusivamente sulla volontà dell’avente diritto, trattandosi di una scelta che [...] riguarda la qualità della vita e che pertanto lui e lui solo può legittimamente fare» (Corte d’assise di Firenze, sentenza n. 13 del 18 ottobre 1990). Appare evidente come il consenso o il rifiuto espresso dalla persona nei confronti di un qualsiasi trattamento, sia diagnostico che terapeutico, possa rappresentare un atto di autodeterminazione, libero e consapevole, solo se la persona riceve un’informazione completa e corretta della diagnosi, della prognosi e di ogni altro elemento concernente la scelta che la persona stessa è chiamata a effettuare (cosiddetto «consenso informato»). La già citata Convenzione sui diritti umani e la biomedicina afferma, all’articolo 5, che la persona deve ricevere un’informazione adeguata in merito allo scopo e alla natura dell’intervento nonché alle sue conseguenze ed ai suoi rischi. Anche il Codice di deontologia medica del 1998, all’articolo 30, specifica che «il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate. [...] Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta», precisando quindi, all’articolo 32, che «il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l’acquisizione del consenso informato del paziente» e che «in ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace di intendere e di volere, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona». Tuttavia, nonostante il preciso dettato costituzionale e l’affermazione del principio di autodeterminazione contenuta nelle regole deontologiche mediche, la pratica clinica nel nostro Paese continua ed essere permeata da scarsa o sporadica informazione del paziente e dalla frequente violazione della richiesta di consenso alle procedure diagnostiche o terapeutiche alle quali la persona malata è sottoposta. Tale atteggiamento determina, di fatto, la frequente esclusione della persona stessa dalla possibilità di intervenire nei momenti decisionali cruciali, spogliandola di un suo essenziale diritto, e crea, sotto il profilo psicologico, un penoso stato di isolamento del malato. Il diritto di autodeterminazione della persona per quanto attiene alle scelte relative alle cure incontra, poi, limitazioni assolute nelle circostanze in cui la persona venga a perdere la capacità di decidere ovvero di comunicare le proprie decisioni. Per garantire il diritto all’autodeterminazione anche in questi casi, si rende necessario prevedere uno strumento nuovo – non contemplato dall’ordinamento giuridico vigente – che consenta alla persona, finché si trova nel possesso delle sue facoltà mentali, di dare disposizioni per l’eventualità e per il tempo nel quale tali facoltà fossero gravemente scemate o scomparse; disposizioni vincolanti per gli operatori sanitari e, in generale, per ogni soggetto che si trovi implicato nelle scelte mediche riguardanti la persona. A questo proposito, il già citato Codice di deontologia medica del 1998 si è pronunciato, all’articolo 34, a favore delle direttive anticipate, disponendo che «il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tenere conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso». Da tale considerazione trae origine il presente disegno di legge sulle «volontà anticipate», destinato a offrire al cittadino-persona l’esplicita fondazione giuridica del suo essenziale diritto all’autodeterminazione, nonché gli strumenti giuridici sostanziali e procedurali per vedere garantito tale diritto anche nel caso di perdita della capacità di decidere o di esprimere la propria decisione, consentendogli di disporre anticipatamente in merito al trattamento medico desiderato. L’articolato corrisponde a quello presentato nel corso della XIV legislatura a firma dei senatori Ripamonti e Del Pennino (vedi atto Senato n. 2279). Quel provvedimento era stato esaminato insieme ad altri disegni di legge sulla stessa materia dalla Commissione 13ª del Senato, che aveva approvato a conclusione dei suoi lavori un testo unificato. Quel testo, ad avviso dei presentatori di questo provvedimento, non appare totalmente soddisfacente, ed è il motivo per cui abbimo voluto riproporre questo articolato. Peraltro la convergenza sostanziale che si era verificata nel corso del dibattito in seno alla Commissione Igiene e Sanità nel corso della XIV legislatura evidenzia come il problema sia ormai sentito da un arco vastissimo di forze politiche. A ciò si aggiunga che recentemente dall’Istituto europeo di oncologia (IEO) del professor Umberto Veronesi, d’accordo con il Consiglio nazionale del notariato, è stato istituito il primo Registro nazionale per il testamento biologico, a dimostrazione come nella comunità scientifica forte sia l’esigenza di una regolamentazione della materia, regolamentazione cui il legislatore non può ulteriormente sottrarsi. Passando all’esame degli articoli va sottolineato come con gli articoli 1 e 2 il presente disegno di legge proponga di dare una compiuta regolazione al principio del «consenso informato». In particolare, nell’articolo 1, l’informazione corretta, completa e comprensibile su tutti gli aspetti diagnostici e terapeutici che possono riguardare la persona è espressa come oggetto, non solo e non tanto di un obbligo del medico, quanto piuttosto di un diritto della persona stessa; un diritto al quale la persona può ovviamente rinunciare fermo restando che solo la rinuncia esplicita può giustificare il venire meno dell’obbligo di informazione in capo al medico, al quale è consentito solamente di adottare, ove le circostanze lo suggeriscono, le opportune cautele nella comunicazione. Nell’articolo 2 è ribadita, rispetto alle decisioni relative ai trattamenti sanitari, la piena autonomia di scelta del paziente, le dichiarazioni di volontà del quale, formulate in stato di capacità di intendere e di volere («capacità naturale»), devono essere rispettate anche quando tale capacità sia venuta meno. Poiché i problemi possono sorgere soprattutto in conseguenza del rifiuto nei confronti dei trattamenti suggeriti o prevedibili nello sviluppo della patologia, si è ritenuto di precisare che il rifiuto deve essere rispettato anche se dalla mancata effettuazione dei trattamenti stessi derivi un pericolo per la salute o per la vita, specificandosi che il medico è esentato da ogni responsabilità conseguente al rispetto della volontà del paziente; volontà che, per questa ragione, si è ritenuto debba risultare da atto scritto firmato da egli stesso, dalla cartella clinica nel caso di ricovero ospedaliero del paziente capace ovvero dalle «volontà anticipate» con le formalità previste negli articoli successivi. Su questa disposizione si fonda la validità giuridica delle «volontà anticipate», alla formulazione e alla applicazione delle quali sono dedicati gli articoli 3 e 4. L’articolo 3 prevede che, oltre a formulare le «volontà anticipate», la persona possa indicare un altro soggetto di fiducia che, nel caso di perdita della capacità naturale, eserciti in sostituzione i diritti e le facoltà relativi all’esercizio del diritto al consenso informato, lasciando libera la persona di nominare il sostituto e di determinare le sue future decisioni mediante indicazioni o disposizioni di carattere vincolante. La delicatezza dell’incarico e le responsabilità che ne possono derivare hanno suggerito di prevedere una forma specifica, peraltro semplificata, sia per il conferimento, sia per l’accettazione (articolo 3, commi 2 e 3). È previsto inoltre che, qualora una persona venutasi a trovare in stato di incapacità naturale irreversibile, non abbia preventivamente nominato il sostituto di cui all’articolo 3, comma 2, il giudice tutelare provvede alla nomina (articolo 3, comma 4). L’articolo 4, infine, prevede le modalità per risolvere le eventuali divergenze che dovessero intervenire tra le scelte operate dal sostituto nominato dalla persona con le «volontà anticipate», ovvero in mancanza dal giudice tutelare, e le scelte dei sanitari. Si è ritenuto di affidare la soluzione della controversia al giudice (giudice unico), con un procedimento che si richiama, semplificandoli, ai procedimenti cautelari previsti dal codice di procedura civile. È stato comunque previsto che, ove sia stata validamente espressa, la volontà della persona debba in ogni caso vincolare la decisione giurisdizionale (articolo 4, comma 3). DISEGNO DI LEGGE Art. 1. 1. Ogni persona capace ha il diritto di conoscere i dati sanitari che la riguardano e di esserne informata in modo completo e comprensibile, in particolare riguardo la diagnosi, la prognosi, la natura, i benefici ed i rischi delle procedure diagnostiche e terapeutiche suggerite dal medico, nonché riguardo le possibili alternative e le conseguenze del rifiuto del trattamento. 2. Salvo il caso in cui la persona rifiuti esplicitamente le informazioni effettuate ai sensi del comma 1, l’obbligo del medico di informare sussiste anche quando particolari condizioni consiglino l’adozione di cautele nella comunicazione. In tal caso, chi informa deve tener conto delle condizioni complessive, anche psicologiche, del paziente e consultarne i congiunti stretti. Art. 2. 1. Ogni persona capace ha il diritto di prestare o di negare il proprio consenso in relazione ai trattamenti sanitari che stiano per essere eseguiti o che siano prevedibili nello sviluppo della patologia in atto. La dichiarazione di volontà può essere formulata e restare valida anche per il tempo successivo alla perdita della capacità naturale. Il rifiuto deve essere rispettato dai sanitari, anche qualora ne derivasse un pericolo per la salute o per la vita, e li rende esenti da ogni responsabilità, indipendentemente da qualunque disposizione di legge vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge. 2. In caso di ricovero ospedaliero la dichiarazione di volontà di cui al comma 1 deve essere annotata nella cartella clinica del paziente e da questi sottoscritta. Art. 3. 1. Ogni persona capace ha il diritto di esprimere il proprio consenso o il proprio rifiuto in relazione ai trattamenti sanitari che le potranno in futuro essere prospettati. La dichiarazione di volontà può essere formulata e restare valida anche per il tempo successivo alla perdita della capacità naturale. 2. Ogni persona capace può indicare una persona di fiducia la quale, nel caso in cui sopravvenga uno stato di incapacità naturale valutato irreversibile allo stato delle conoscenze scientifiche, diviene titolare in sua vece dei diritti e della facoltà di cui agli articoli 1 e 2; il fiduciario può essere revocato in qualunque momento. 3. La volontà del soggetto in merito ai trattamenti sanitari, sempre revocabile, è dichiarata con atto scritto di data certa e con sottoscrizione autenticata. Per coloro che si trovano in istituto di ricovero o di cura, la sottoscrizione può essere autenticata dal direttore sanitario. Nelle medesime forme deve essere formulata l’accettazione della persona di fiducia designata ai sensi del comma 2. 4. Qualora una persona si trovi in stato di incapacità naturale irreversibile, e non abbia nominato una persona di fiducia ai sensi del comma 2, il giudice tutelare, su segnalazione dell’istituto di ricovero o cura, ovvero di chiunque sia venuto a conoscenza dello stato di incapacità, provvede a tale nomina. Art. 4. 1. Nel caso in cui vi sia divergenza tra le decisioni della persona nominata ai sensi dell’articolo 3, commi 2 e 4, e le proposte dei sanitari, è possibile il ricorso senza formalità, da parte dei soggetti in conflitto o di chiunque vi abbia interesse, al giudice del luogo dove si trova la persona incapace. 2. Il giudice di cui al comma 1 decide con ordinanza, assunte, se necessario, sommarie informazioni. Per quanto compatibili si applicano le norme di cui agli articoli da 669-sexies a 669-quaterdecies del codice di procedura civile. 3. Nei casi in cui risultino le dichiarazioni di volontà di cui all’articolo 3, commi 1 e 2, il giudice decide conformemente ad esse.