LE RADICI DEL MONDO OCCIDENTALE:
LA CIVILTÁ GRECA
INDICE
Introduzione
1. Breve storia della civiltà greca
1.1 Preistoria e protostoria
a. Paleolitico, Mesolitico, Neolitico
b. Dall’età del Bronzo all’età del Ferro
1.2 L’età dello sviluppo e del massimo splendore
a. Periodo arcaico (VIII-VI sec. a.C.)
b. Età classica (VI-IV sec. a.C.)
1.3 Crisi della pólis, l’età ellenistica
a. Età ellenistica (323-146 a.C.)
1.4 Conquista romana ed età bizantina
a. Il dominio di Roma
b. Età bizantina
2. Struttura politico-sociale e sistema giuridico ad Atene nel periodo classico
3. Scene di vita quotidiana
3.1 Le donne e la famiglia
3.2 L’educazione dei ragazzi e dei giovani
3.3 Lavoro e mestieri
3.4 Cura dell’aspetto fisico
3.5 Alimentazione
APPROFONDIMENTI
Introduzione
Se vogliamo conoscere le radici del mondo occidentale, dobbiamo dedicarci allo
studio della civiltà greca.
Ai Greci, infatti, dobbiamo molto:
 molti termini appartenenti al nostro linguaggio (accademia, agonistico,
antologia, dialogo, politica, ginnastica, ipotesi, ecc.)
 le basi del pensiero filosofico razionale (si pensi ad Aristotele e Platone)
 l’approccio scientifico allo studio della natura e dell’uomo (l’origine della
medicina moderna con Ippocrate, della fisica con Archimede, dell’astronomia,
della matematica con Pitagora, Euclide, Talete, ecc.)
 la classificazione e attuazione di forme di governo in uso anche oggi
(democrazia, tirannide)
 l’origine della tragedia e della commedia quali forme letterarie
 una produzione artistica rimasta, per certi versi, insuperata (si pensi a
certe sculture)
Per tale motivo credo valga la pena di studiare con particolare attenzione la storia
della civiltà greca, quali valori ha prodotto, come e perché si è esaurita ed è decaduta,
quali condizioni le hanno consentito di diventare modello per altri popoli.
Possiamo perciò affermare che studiare la Grecia antica ci aiuta a comprendere e
a spiegare il presente nella sua complessità.
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1. Breve storia della civiltà greca
1.1 Preistoria e protostoria
a. Paleolitico, Mesolitico e Neolitico
Se per i periodi Paleolitico e Mesolitico abbiamo pochi ritrovamenti relativi ad
insediamenti umani nella Grecia continentale e nelle isole dell'Egeo, per il periodo
Neolitico la ricerca archeologica ha mostrato la presenza di insediamenti già nel VII
millennio a.C., soprattutto nella zona orientale della Grecia e nel Peloponneso nordoccidentale, in questo periodo si diffusero l'agricoltura, l'allevamento di animali e la
produzione di ceramica. La popolazione viveva in villaggi caratterizzati da
rudimentali opere di difesa e abitava in capanne dapprima circolari, poi ovali e infine
rettangolari, divise in più ambienti.
b. Dall’età del Bronzo all’età del Ferro
Culture residenti all’inizio dell’età del bronzo
Il passaggio dal neolitico all'età del Bronzo si attesta all'inizio del III millennio
a.C., quando si delineano nella regione tre aree culturali, cui corrispondono tre
diverse aree geografiche:
 civiltà elladica1 nella Grecia centrale e nel Peloponneso,
 civiltà cicladica nelle isole Cicladi
 la civiltà minoica nell'isola di Creta
Prima ondata migratoria verso il territorio greco da parte di popoli indoeuropei (Ioni,
Eoli, Achei) dal XX al XV secolo a.C.
A partire dall'inizio del II millennio a.C. la penisola greca subì una serie di
invasioni da parte di popolazioni indoeuropee originarie del bacino del Danubio.
Questi popoli, la cui civiltà fusasi con quella degli antichi abitanti caratterizzò tutto il
periodo seguente, erano portatori di una cultura diversa: conoscevano l'uso della
ruota da vasaio, si servivano dei cavalli, usavano sepolture individuali.
Gli indoeuropei che si stabilirono in Grecia in ondate successive furono gli Ioni, gli
Eoli e gli Achei.
Tra le prime popolazioni di lingua greca provenienti dal Nord, gli Ioni occuparono
l'Attica e alcune aree dell'isola Eubea, successivamente si espansero ad occupare la
maggior parte delle isole del Mar Egeo (tra queste le isole Cicladi) e quindi la stretta
striscia di terra sulla costa occidentale dell'Asia Minore nota come Ionia. La cultura
ionica produsse importanti opere in ambito artistico, architettonico, letterario e
filosofico.
Originariamente gli Eoli si stabilirono in Tessaglia, successivamente si espansero
fondando numerose colonie anche in altre regioni della Grecia. Nell’XI secolo a.C.
molti di loro emigrarono nell'isola di Lesbo nel Mar Egeo. Fondarono anche città
sulla costa occidentale dell'Asia Minore tra i Dardanelli e il fiume Ermo. Questa
regione divenne nota come Eolide. Il dialetto eolico è generalmente conosciuto come
una delle più antiche forme della lingua greca.
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Ellade è il nome con cui nell’antichità veniva nominato il territorio coincidente con l’attuale Grecia.
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Gli Achei2 si insediarono nel Peloponneso in particolare nelle regioni dell’Acaia
e della Focide, dove diedero origine alla civiltà micenea (il nome deriva dalla loro
città più importante, Micene). Anche gli Achei si spinsero sulle coste dell’Asia
Minore, dove fondarono città come Cnido e Alicarnasso.
Seconda ondata migratoria verso il territorio greco da parte di popoli indoeuropei, (i
Dori) nel XII secolo a.C.
La distruzione di Troia, avvenuta secondo la tradizione nel 1184 a.C., segnò il
culmine della potenza micenea, subito dopo, infatti, Micene e altre principali città
micenee vennero espugnate e devastate dai Dori, questi posero in tal modo fine alla
civiltà micenea. Anche la popolazione dei Dori ha origine indoeuropea, attraverso i
monti della Macedonia, si spinsero verso il Peloponneso, riuscendo a sconfiggere gli
achei che vi risiedevano (anche grazie a un più efficace armamento in ferro, dovuto
alla loro abilità nel lavorare tale metallo, capacità che le popolazioni residenti non
avevano).
I Dori occuparono tutto il Peloponneso (eccetto l'Arcadia e l'Attica), e
successivamente occuparono anche le isole Cicladi, Creta, Rodi e la costa sudoccidentale dell'Asia Minore (le città di Cnido e Alicarnasso e l’isola di Coo). I
rapporti fra i nuovi invasori e le popolazioni indoeuropee già stanziatesi in Grecia
(Ioni, Eoli e Achei) non furono facili, molti Achei trovarono rifugio nel Peloponneso
settentrionale, nella regione chiamata da allora in poi Acaia; altri (soprattutto gli
abitanti della Laconia e della Tessaglia) tentarono di opporre resistenza e, dopo
essere stati soggiogati, vennero fatti schiavi. Tra le popolazioni che dal Peloponneso
si trasferirono in Attica e nell'isola di Eubea, alcune migrarono insieme agli Eoli
verso le coste dell'Asia Minore (dando origine a quella che verrà chiamata prima
colonizzazione greca)
Il “Medioevo Ellenico” (XII-VIII sec. a.C.)
L'invasione dorica segnò l'inizio di una nuova fase (di cui non abbiamo molte
notizie) chiamata tradizionalmente "Medioevo Ellenico" (XII-VIII secolo a.C.). In
questi secoli la Grecia non subì ulteriori invasioni esterne, tuttavia essa visse una
rilevante crisi economica e un notevole regresso culturale e materiale rispetto alla
precedente cultura micenea. L'economia si ridusse esclusivamente alla pastorizia e
all'agricoltura e scomparvero la scrittura e l'architettura monumentale, che
avevano caratterizzato la civiltà micenea. In questo periodo si determinarono notevoli
cambiamenti politico-istituzionali, alla classica figura del monarca miceneo si sostituì
il basiléus, che non era propriamente un re ma un capo militare, di origine nobile, cui
erano attribuiti anche compiti religiosi e civili. Nell'esercizio del potere, che tenderà a
divenire ereditario, il basiléus era affiancato da un consiglio di anziani, capi dei
gruppi gentilizi (ghéne, proprietari delle terre lavorate dai ceti più bassi della
popolazione), che costituiranno l'aristocrazia nella futura società greca.
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Omero con Achei intendeva tutti gli abitanti della Grecia, e in effetti in età omerica il dominio degli achei si estendeva
sulla Tessaglia meridionale e sulla maggior parte del Peloponneso.
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Il “Medioevo Ellenico” non fu però solo un periodo di crisi, durante tale periodo
vennero introdotte dai Dori alcune significative novità che caratterizzeranno lo
sviluppo delle età successive:
 comparvero i primi edifici religiosi dedicati esclusivamente al culto
 nella ceramica si affermò lo stile geometrico
 si sviluppò la lavorazione del ferro
 si andò gradualmente costituendo una nuova struttura politico-sociale, la
pólis (città-stato).
1.2 L’età dello sviluppo e del massimo splendore (VIII-IV sec. a.C.)
a. Periodo arcaico (VIII-VI sec. a.C.)
Quando si esaurirono i movimenti migratori la penisola balcanica con le isole e le
coste dell'Asia Minore era tutta occupata da popolazioni che si riconoscevano in una
comune identità culturale. La lingua, la religione e molte tradizioni erano comuni.
Questo insieme di popolazioni sparse nel continente e per il bacino del Mar Egeo
adottarono la denominazione comune di "elleni3".
L'età arcaica (o periodo arcaico) fu un periodo travagliato da forti tensioni sociali
che sfociarono in una serie di sconvolgimenti politico istituzionali di notevole
rilevanza:
 nascita delle póleis (città-stato)
 passaggio dalla monarchia ai regimi aristocratici
 seconda4 colonizzazione
 comparsa di legislatori e tiranni
Nascita delle póleis
Le città-stato si formarono nel corso dell'VIII secolo a.C. e caratterizzeranno la
storia greca per quattro secoli, ponendosi al centro degli avvenimenti politici, militari
ed economici. Alcune póleis si svilupparono da antiche città micenee, altre, invece,
furono fondate ex novo in zone fertili o vicine al mare con l'interno.
Ciascuna pólis era costituita dalla città vera e propria e dal territorio circostante; la
città era di solito cinta da mura e aveva, oltre alle case e alle botteghe degli artigiani,
una piazza (agorá) dove si tenevano il mercato e le assemblee del popolo; l'acropoli
(o "città alta", perché posta nelle zone più alte, più facili alla difesa) costituiva la
parte più fortificata dell'abitato, dove i cittadini potevano rifugiarsi in caso di pericolo
e dove vi era il tempio della divinità protettrice della città.
La popolazione non viveva tutta nel centro urbano, ma anche nel territorio
circostante destinato prevalentemente all'agricoltura o al pascolo.
Le póleis pur avendo una dimensione limitata (non più di qualche decina di
migliaia di cittadini), erano politicamente indipendenti e autonome; ciascuna,
infatti, aveva culti, leggi e feste sue proprie.
Il termine “greci”, usato in seguito per definire le popolazioni elleniche, deriva da “Graecia”, nome latino della tribù
con cui probabilmente i romani vennero inizialmente in contatto
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Come si ricorderà la “prima” colonizzazione era legata all’invasione della popolazione dei Dori nel XII secolo a.C.
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Proprio la limitata estensione del territorio, che spesso non forniva sufficienti
risorse agli abitanti, spingeva le città a cercare di espandersi a discapito dei centri
vicini (sinecismo) che perdevano, in tal modo, la loro autonomia a vantaggio della
città più forte.
Pur mantenendo la loro autonomia erano frequenti le alleanze di più póleis,
(solitamente limitrofe) in leghe o federazioni.
Passaggio dalla forma monarchica ai regimi aristocratici
Le città-stato greche furono caratterizzate da un comune sviluppo politico; alle
originarie forme monarchiche che dominavano le póleis nella fase di formazione
(tra l'800 e il 650 a.C.), si sostituirono governi aristocratici formati da oligarchie,
che detenevano non solo il controllo delle terre ma anche quello politico. La gran
parte della popolazione, composta da piccoli proprietari terrieri, artigiani, contadini,
mercanti, aveva scarso peso politico.
Seconda colonizzazione
Un altro fenomeno di importanza rilevante nato dalle tensioni sociali di questi
secoli è la seconda colonizzazione, che interessò vaste zone del Mar Mediterraneo
dall'VIII al VI secolo a.C..
All’origine di tale fenomeno vi furono fattori di natura diversa:
 il bisogno di terre coltivabili (scaturito dall'incremento demografico)
 la connaturata povertà del suolo greco
 l'affermarsi del latifondo a discapito della piccola proprietà
 il desiderio di esportare le merci in sovrabbondanza
 la ricerca di materie prime
 le lotte all'interno delle città tra le opposte fazioni (con il conseguente
allontanamento in esilio degli sconfitti)
Questa seconda espansione coloniale si diresse sia verso Occidente5 (Italia
meridionale o Magna Grecia, Sicilia, Francia) sia verso Oriente (penisola
Calcidica e costa della Tracia).
I coloni greci non incontrarono quasi mai resistenza nelle zone in cui si
insediarono, la convivenza con i popoli indigeni fu solitamente pacifica. La città che
veniva fondata, pur mantenendo un legame particolare con la madrepatria (ne
conservava, infatti, le tradizioni, il dialetto e i costumi) era politicamente
indipendente.
Il fenomeno della colonizzazione fu fondamentale per la diffusione della
cultura greca nel Mediterraneo e nello stesso tempo accelerò lo sviluppo
economico e politico della Grecia.
Comparsa di legislatori e tiranni
Tra il VII e il VI secolo a.C. si verificarono nelle póleis forti conflitti sociali che
opponevano l'aristocrazia fondiaria al popolo (démos), questo, infatti, grazie allo
In questa seconda colonizzazione si ha l’insediamento di coloni greci, per motivi di scambio commerciale, anche ad
Adria (Rovigo), verso il VI secolo a.C..
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svilupparsi delle attività artigianali e commerciali, si arricchiva sempre di più e per
tal motivo aspirava ad avere un maggiore peso politico.
Tali contrasti causarono l'avvento di due nuove figure politiche: i legislatori e i
tiranni.
Legislatori
Nelle lotte dei mercanti, artigiani, e piccoli proprietari terrieri contro i pochi
aristocratici detentori del potere politico, questi ultimi, appellandosi alla tradizione,
riuscivano quasi sempre ad avere la meglio. Proprio per porre fine a questa situazione
di arbitrio e quindi per ridurre il diffuso malcontento si decise di ricorrere a dei
legislatori, incaricandoli di stendere un codice scritto al quale tutti i cittadini
dovevano attenersi. Solo un codice scritto, ponendosi al di sopra delle parti, poteva
soddisfare le fazioni in lotta. Nello stesso tempo l’opera del legislatore sanciva la
supremazia dell’interesse della collettività rispetto all’interesse dei singoli gruppi.
Dei diversi legislatori possiamo ricordare Solone per Atene, e Licurgo per Sparta.
Tiranni
L’esistenza di una legislazione scritta riuscì solo ad attenuare la tensione politica
esistente, non ad eliminarla del tutto. In queste condizioni emerge la figura del
tiranno. Questi, in genere appartenente alle classi più elevate, arrivava al potere e lo
manteneva senza un legittimo consenso, spesso con il sostegno del popolo (demos).
Non necessariamente il governo del tiranno era un governo che danneggiava la
collettività; ad Atene, ad esempio, Pisistrato (prese il potere nel 560 a.C.) riuscì a
porre fine alla guerra civile e contribuì, in modo sostanziale, a realizzare il decollo
della città quale grande potenza marittima ed economica del Mediterraneo.
Nel periodo arcaio (VIII secolo a.C.) oltre al rafforzamento economico e politico,
si osserva una notevole fioritura della cultura, in questo periodo si fissano per iscritto
i poemi di Omero. Nella Ionia nacque il pensiero filosofico con le speculazioni di
Talete, Anassimandro e Anassimene; Esiodo e i poeti lirici (tra cui Archiloco,
Mimnermo, Alcmane, Tirteo, Alceo) scrissero le loro opere.
Pur essendo politicamente frammentata nelle numerose città-stato, la Grecia
dell’età arcaica riconosce una propria identità comune sul terreno della cultura,
della lingua e della religione.
b. Età classica (VI-IV sec. a.C.)
Dal VI al IV secolo avanti Cristo la civiltà greca raggiunse nella polis di Atene il
suo massimo splendore. In questi anni Eschilo e Sofocle scrivono le loro tragedie,
Aristofane le commedie; Socrate, Platone e Aristotele esprimono un pensiero
talmente profondo da essere considerato come una guida fino agli inizi dell’età
moderna, e che ancora oggi viene studiato con attenzione per quanto ci può ancora
insegnare; Ippocrate detta i principi della moderna scienza medica; Fidia abbellisce
con le sue magnifiche sculture il Partenone.
Nelle prossime pagine analizzeremo con attenzione una tale produzione che
rappresenta le “radici della cultura dell’Occidente”, per ora fermiamoci ad osservare
quegli avvenimenti che sconvolsero la Grecia nel V secolo, e che provocarono la
irreparabile crisi delle pòleis.
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Questi sconvolgimenti si attuarono in tre distinti momenti che possiamo così titolare:
 guerre persiane
 guerra del Peloponneso
 dominio della Macedonia
Guerre persiane (492-478 a.C.)
Negli anni 560-546 a.C., le colonie greche dell’Asia Minore erano passate sotto il
domino di Creso, re della Lidia, questo periodo assicurò alle colonie una florida vita
economica e culturale. Purtroppo nel 546 Creso venne destituito da Ciro il Grande,
re di Persia, il quale annetté ai suoi domini tutte le città greche dell’Asia minore.
Nacque allora una serie di contrasti tra il mondo greco e la Persia che portò alle
guerre persiane.
Nel 499 a.C. una confederazione di città greche della regione ionica (guidata dalla
città di Mileto), con il sostegno di Atene, si ribellò al dominio persiano. La
riconquistata libertà durò cinque anni, il nuovo sovrano persiano Dario I distrusse,
infatti, cinque anni dopo la ribellione Mileto, e riuscì a ristabilire il dominio su tutte
le altre città ribelli. Non solo, nel 492 decise di attaccare anche Atene per punirla
dell’aiuto dato ai ribelli ionici, fortunatamente la flotta inviata naufragò (prima
spedizione). Dario decise allora di inviare degli ambasciatori nelle diverse città
greche per chiedere la sottomissione; mentre molte città accettarono la sottomissione
Sparta e Atene rifiutarono. Allora il re persiano organizzò una seconda spedizione,
che partì nel 490; all’arrivo dei persiani gli ateniesi mandarono dei messaggeri a
Sparta per ricevere aiuti, essendo Sparta impegnata in una festa religiosa gli aiuti non
partirono subito cosi che gli ateniesi si trovarono da soli ad affrontare l’esercito
persiano sbarcato nella baia di Maratona6; nonostante la superiorità numerica dei
persiani, gli ateniesi vinsero la battaglia e costrinsero i nemici al ritiro.
Non ancora domo, Dario intraprese nel 486 a.C una terza spedizione, non riuscì
tuttavia a parteciparvi dato che morì; lo sostituì il figlio Serse I, questi alla guida di
un numeroso esercito riuscì nel 480 a vincere la resistenza dei greci (spartani in
particolare) e arrivarono fino ad Atene, ormai abbandonata, saccheggiandola. Nel
frattempo gli ateniesi fuggiti organizzarono una flotta per opporsi alla flotta persiana
che seguiva l’esercito a terra, le 400 navi greche riuscirono a sconfiggere le 1200 navi
dei persiani presso l’isola di Salamina poco lontana da Atene, fu l’inizio della
riscossa per gli ateniesi, le forze persiane presenti in Grecia furono presto sconfitte
(battaglia di Platea) e allontanate (478 a.C.).
La vittoria sui persiani propose Atene come la maggiore potenza della Grecia,
mentre nel contempo Sparta perse di prestigio. In effetti nel V secolo Atene
raggiunse, oltre alla supremazia politica, anche il massimo splendore culturale,
in particolare nel periodo in cui Pericle rimase stratega della città (dal 460 al 430
a.C.).
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Questa battaglia si ricorda ancora oggi con la competizione olimpica della “maratona” la lunghezza del percorso della
maratona è, infatti, esattamente la distanza che separa Maratona da Atene, tale distanza fu percorsa correndo a piedi dal
messaggero che annunciò ad Atene la vittoria, dopo l’annuncio il messaggero morì per la stanchezza.
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Guerra del Peloponneso (431-404 a.C.)
Il ruolo egemone che Atene assunse in Grecia non durò molto, ciò a causa sia
dello scontento degli alleati, che si sentivano considerati non alla pari con gli ateniesi,
sia per la rinnovata potenza di Sparta. Tra le due principali città greche si giunse così
al conflitto (guerra del Peloponneso) che porto alla supremazia di Sparta sul
territorio greco e all’imposizione di un regime oligarchico (i trenta tiranni) ad Atene.
Nel 403 a.C. la fazione democratica ad Atene riuscirà a scacciare le guarnigioni
spartane di occupazione, restaurando assieme alla propria indipendenza le istituzioni
democratiche .
Dalla libertà al dominio macedone (359-323 a.C.)
Mentre la Grecia era divisa da continue lotte interne, nel vicino regno di
Macedonia salì al trono Filippo II (359 a.C.). Filippo II comprese bene come la
mancanza dell’unità politica fosse il punto debole delle città greche e così, partendo
dalle colonie greche presenti sulle coste macedoni e della Tracia, nell’arco di
vent’anni pose fine all’indipendenza di tutte le città della Grecia (Atene fu battuta
nella battaglia di Cheronea nel 338 a.C.).
Il re macedone venne assassinato nel 336, sul trono gli succedette il figlio
Alessandro, che nel corso di dieci anni, dal 334 al 323 a.C., estese l'influenza della
Macedonia su tutto il mondo conosciuto. L’impero di Alessandro si estenderà
dall'India all'Egitto, e proprio per questo motivo all’imperatore verrà attribuito
l'appellativo di “Magno”.
1.3 Crisi della pólis greca, l’Età ellenistica
Con la sconfitta subita a Cheronea nel 338 a.C. ad opera dei macedoni, iniziò
l’inarrestabile fase di declino delle póleis greche, d’altra parte, però, l’aver
Alessandro Magno riunito sotto il suo sterminato impero un insieme di popoli
consentì il diffondersi tra le diverse civiltà del Mediterraneo di quanto la civiltà greca
dell’età classica era riuscita a produrre in campo culturale, artistico, e di civiltà in
genere; proprio l’incontro tra la civiltà greca e le altre civiltà del Mediterraneo, resa
possibile dalla conquiste di Alessandro, caratterizzerà l’età definita ellenistica7.
Età ellenistica (323-146 sec. a.C.)
Con età ellenistica intendiamo quel periodo storico compreso tra la morte di
Alessandro Magno (323 a.C.) e la trasformazione della Grecia in provincia
romana (146 a.C). Tale età segnò il trionfo della cultura e della civiltà greche,
divenute modello per moltissime regione del Mediterraneo.
Nei primi anni dell’età ellenistica assistiamo alla lotta tra i generali macedoni,
provenienti dall’esercito di Alessandro, per la suddivisione del vasto impero che egli
aveva creato. Tale conflitto provocò una lunga serie di guerre (tra il 322 e il 275
a.C.), che ebbero come sfondo il territorio greco.
L'epoca ellenistica fu dominata dalle tre grandi dinastie fondate dai generali di
Alessandro:
Ellenismo deriva dal greco e significa “imitazione dei modi greci”, con età ellenistica possiamo perciò intendere l’età
in cui il mondo greco divenne modello per altre civiltà del Mediterraneo.
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 i Tolomei in Egitto
 i Seleucidi in Siria
 gli Antigonidi in Macedonia
Le aristocrazie urbane di questi regni utilizzavano il greco come lingua comune e
l'arte e la letteratura si svilupparono attraverso la combinazione di elementi greci e
tradizioni locali.
Vennero fondate nuove città o ne vennero rifondate e abbellite altre preesistenti la
più importante fu Alessandria (fondata dallo stesso Alessandro Magno nel 332 a.C.)
in Egitto. Durante il regno dei Tolomei tale città divenne il massimo centro
economico, culturale e religioso di tutto il Mediterraneo; crocevia di razze, lingue,
merci di ogni provenienza, fu anche sede della famosa biblioteca, presso la quale
viene riconosciuta pari dignità alle discipline scientifiche e a quelle umanistiche. Il
declino delle póleis, non significò, tuttavia, l’esaurirsi immediato dello sviluppo
culturale della civiltà, è in questo periodo, infatti, che operano quelli che possiamo
definire i primi grandi scienziati della civiltà occidentale Euclide, Archimede,
Eratostene, ecc.
Nel 290 a.C. le città-stato greche tentarono di riguadagnare l'indipendenza
unendosi in istituzioni di tipo federale, tuttavia i conflitti nati tra le due principali
leghe che si erano formate, favorirono l’intervento macedone e con ciò il ritorno sotto
il dominio di quel paese straniero.
1.4 Conquista romana ed età bizantina
a. Il dominio di Roma
La conquista nel 146 a.C.
Nel corso del III e del II secolo a.C. Roma repubblicana, in un’ottica di crescente
imperialismo, fu impegnata in un lungo conflitto con la Macedonia per il dominio nel
settore orientale del Mediterraneo. La Macedonia, sconfitta, divenne provincia
romana nel 146 a.C., nello stesso anno i romani sconfissero la confederazione achea,
che riuniva diverse città greche, estendendo il loro controllo sul territorio greco.
Nei primi anni il controllo romano sulle città greche concesse una discreta libertà
(Atene e Sparta, in particolare, mantennero una buona autonomia); quando però,
nell’88 a.C. queste cercarono di ribellarsi al potere di Roma, allora le legioni guidate
da Cornelio Silla intervennero a sedare la rivolta, saccheggiando Atene e Tebe; da
allora Roma attuò un regime di occupazione più rigido.
Rinascita culturale ed economica, ad opera dei romani, nei primi secoli d.C.,
riconoscimento della cittadinanza romana, agli abitanti della Grecia, nel 212 d.C.
Sotto l'impero romano, nei primi secoli dell'era cristiana, la Grecia conobbe una
rinascita culturale ed economica (in particolare durante il regno dell’imperatore
Adriano, che vi soggiornò ripetutamente). Adriano intraprese ad Atene un'intensa
attività edilizia e restaurò molte delle città in rovina. Dal 212 d.C. in poi, per
effetto della Constitutio antoniniana promulgata dall'imperatore Caracalla, tutti gli
abitanti dell'Ellade – come del resto tutti gli altri provinciali – ottennero la piena
cittadinanza romana.
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L’interesse mostrato dai romani per le città greche, deriva dall’interesse e
passione per la cultura e civiltà di quel paese nutrita da larga parte della classe
dirigente, la Grecia veniva vista come culla di valori che i romani avrebbero
dovuto assumere e coniugare con il costume patrio (il mos maiorum).
b. Età bizantina (395-1453)
Dopo il 395 d.C. l'impero romano fu diviso e governato da due imperatori:
uno nell'Occidente latino, l'altro nell'Oriente greco.
Quando nel 476 l'impero romano d'Occidente cadde, a causa delle invasioni
barbariche, quello d'Oriente (detto bizantino dalla sua capitale Bisanzio) non solo
resistette, ma iniziò una fase di splendore.
L'impero bizantino fu caratterizzato da una mescolanza di cultura greca e
orientale, dall'assunzione del diritto romano e dall'affermazione del cristianesimo. E
mentre l'Occidente, patria della romanità, si disgregava nei regni romano-barbarici e
perdeva progressivamente l'esperienza della cultura politica romana e l'uso
della lingua latina, l'impero bizantino e la lingua greca mantennero, salvandola,
l'eredità di Roma e del mondo classico.
Quando crollò l'impero romano d'Oriente (1453), i territori che lo
costituivano, Grecia compresa, caddero in mano ai turchi ottomani di Maometto
II il Conquistatore. Gli abitanti della penisola ellenica, pur essendo sottomessi ad
un'aspra e lunghissima dominazione, che impose loro modelli politici, culturali,
religiosi, linguistici estranei alla loro tradizione, trovarono proprio nell'essere
"elleni", cioè eredi della Grecia antica e dell'impero bizantino, il modo per
mantenere una propria identità. Ancora una volta, come diverse altre volte in
precedenza, la comunanza di lingua (il greco), di religione (la fedeltà alla Chiesa
cristiana ortodossa), di valori (l'aspirazione alla libertà) fecero sentire i greci un
solo popolo, anche se sottomesso ad un dominatore.
2. Struttura politico-sociale e sistema giuridico ad Atene nel
periodo classico
2.1 Struttura politico-sociale ad Atene nel V secolo a.C.
Possiamo definire la struttura politica esistente ad Atene nel V secolo a.C. come
una forma di democrazia diretta.
La vita quotidiana del cittadino ateniese era dominata dalla cura per gli eventi
politici. Non tutti i cittadini potevano, tuttavia, partecipare con la stessa assiduità alla
vita politica; i contadini dell’Attica, ad esempio, non potevano recarsi troppo spesso
in città per espletare i propri diritti politici, la vita dei campi, infatti, non consentiva,
in particolare in certi periodi dell’anno, di essere trascurata. Per questi motivi, su un
totale di 40.000 cittadini aventi diritto di voto, il quorum sufficiente per prendere
una decisione era di soli 6000 voti.
Dopo la guerra del Peloponneso, per consentire anche ai meno abietti di
partecipare alla vita politica venne istituita una indennità pecuniaria per quanti
partecipavano alle sedute (misura necessaria se si pensa che queste sedute potevano
essere convocate anche per quattro o più volte al mese).
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La struttura politico-sociale
I cittadini ateniesi erano divisi in 10 tribù, ogni tribù possedeva dei beni ed
eleggeva un magistrato per l’amministrazione dei propri beni. Ogni tribù era poi
divisa in dieci “démi”.
Ogni cittadino veniva riconosciuto mediante tre nomi:
 il proprio
 il nome del padre
 il nome del démo
Ad esempio, Alcibiade, figlio di Clinios, del demo di Scombonide.
Il capo del demo aveva delle funzioni paragonabili a quelle del nostro sindaco,
teneva la situazione anagrafica, la lista degli appartenenti al demo, durava in carica
per un anno.
Oltre all’assemblea di tutti i cittadini (ecclesìa) convocata per le decisioni più
importanti, esisteva ad Atene il consiglio (bulè), che in qualche modo anticipava il
sistema rappresentativo attuale. Il consiglio (bulè), con funzione legislativa, era
formato da 500 persone prese in ragione di 50 per tribù. A turno (della durata di 36
giorni) i 50 bulenti di una tribù diventavano pritani, ossia presidenti del consiglio. I
pritani rappresentavano i magistrati supremi dello Stato.
Arconti e strateghi
Oltre al consiglio (bulè) e all’assemblea di tutti i cittadini (ecclesìa), esistevano
nella struttura dello Stato ateniese gli arconti (nove più un segretario), erano
considerati i funzionari civili più importanti. Ogni arconte aveva delle funzioni
particolari, chi si occupava delle funzioni religiose, che delle questioni relative alle
liti familiari, ecc. La carica di arconte veniva assegnata per estrazione a sorte (e
quindi ogni cittadino poteva diventare arconte), in ragione di uno per tribù.
Se per le attività civili i funzionari più importanti erano gli arconti, per quelle
militari sono gli strateghi. La carica di stratega veniva assegnata dall’assemblea
ai più competenti in campo militare.
Meteci e schiavi
La possibilità per i cittadini ateniesi di dedicarsi all’attività politica è legata alla
presenza in città di persone considerate non cittadini: meteci e schiavi; erano loro
che che si occupavano delle diverse attività lavorative manuali.
I meteci (in greco significa “coloro che abitano con noi”) sono i non ateniesi che
abitano in città, tra i meteci troviamo, oltre naturalmente ad altri greci, egiziani,
fenici, arabi, ecc. I meteci erano numerosi ad Atene (circa metà del numero di
cittadini, quindi circa 20.000 persone). Potevano acquistare beni mobili e possedere
schiavi, ma non case e terreni. La legge attribuiva un valore diverso alla vita di un
meteco rispetto a quella di un cittadino, se infatti un cittadino uccideva un altro
cittadino poteva venire condannato a morte, mentre se uccideva un meteco veniva
condannato all’esilio.
L’attività dei meteci era rivolta soprattutto all’artigianato a al commercio, molti di
loro si occupavano di attività paragonabili alle nostre attività bancarie. Le
12
considerevoli ricchezze che un meteco poteva accumulare gli consentivano di dare ai
propri figli una eccellente istruzione.
La maggior parte degli schiavi presenti ad Atene sono prigionieri di guerra. Gli altri
diventavano schiavi per le ragioni più diverse: c’era il nullatenente che piuttosto che
morir di fame preferiva vendersi da sé come schiavo ad un padrone che l’avrebbe
nutrito; il bambino abbandonato dal padre che non poteva, o non voleva, allevarlo e
lo lasciava sulla strada consegnandolo ad un destino di schiavo, (diventava schiavo di
colui che l’avesse raccolto). Oltre a ciò bisogna ricordare come presso i barbari8, ma
anche in diverse zone della Grecia, al padre era consentita la vendita dei figli,
questi diventavano schiavi dell’acquirente.
Gli schiavi venivano usati soprattutto come operai nei laboratori artigianali e in
tutti quei settori in cui fosse richiesto il lavoro manuale. Molto diffusa era anche la
presenza di schiavi, quali servitori, nelle abitazioni delle famiglie benestanti.
STRUTTURA POLITICO-SOCIALE DI ATENE NEL V SECOLO A.C.
ARCONTI
STRATEGHI
Funzionari civili con varie funzioni. Sono
nove più un segretario, eletti a sorte, uno per
ogni tribù.
Funzionari militari, scelti dal consiglio-bulè
tra i maggiori esperti militari. Diventano di
fondamentale importanza nei casi di guerra.
CONSIGLIO (BULE’)
Formato da 500 persone, 50 per tribù; presidenti del consiglio sono i PRITANI, i 50 membri di una tribù
che rimangono in carica per 36 giorni a turno. Il consiglio ha la funzione di potere legislativo,
innanzitutto.
ECCLESIA
Assemblea di tutti i cittadini, viene convocata per le decisioni più importanti, almeno quattro volte al
mese, all’ecclesìa possono partecipare tutti i 40.000 cittadini. Il quorum minimo per prendere una
decisone in questa assemblea era di 6000 voti. Pur avendone la possibilità non tutti i cittadini
partecipano all’assemblea, come dimostra il quorum, piuttosto basso, di 6000 voti.
METECI
SCHIAVI
Sono i non ateniesi che vivono e lavorano ad
Atene. Possono possedere beni mobili, ma non
case e terreni. Alcuni riescono ad accumulare
discrete ricchezze. Non partecipano alla vita
politica.
Non sono uomini in senso pieno, non potendo
disporre della loro libertà. Nella maggior parte
dei casi sono prigionieri di guerra, ma non solo.
Si dedicano esclusivamente alle attività manuali.
2.2 Il sistema della giustizia ad Atene nel V secolo a.C.
L’organizzazione del sistema della giustizia greco ci è noto solo per Atene in
modo sufficiente.
Nell’età arcaica (VIII-VI sec. a.C.) l’esercizio della giustizia era un privilegio del
re. Erano i re, infatti, ad emettere sentenze.
Barbari sono per i greci tutti gli stranieri, il nome “barbaro” fa riferimento alla incapacità degli stranieri di parlare il
greco, vengono perciò considerati come “balbettanti” non in grado di farsi capire.
8
13
Nell’Atene dell’età di Pericle la situazione è profondamente cambiata, il potere
che prima era del re ora è dei cittadini.
L’ostracismo
Prima di vedere come funzionava ad Atene il sistema giustizia, mi sembra molto
interessante soffermarci per conoscere una istituzione (a dir il vero più di carattere
politico che giudiziario) caratteristica ateniese: l’ostracismo9.
L’ostracismo, istituito da Clistene, prevedeva che un cittadino ateniese venisse
mandato in esilio dagli altri cittadini. La condanna per ostracismo aveva carattere
preventivo, non puniva una colpa, ma cercava di evitare che quel cittadino potesse
compierla.
La pratica dell’ostracismo derivava dalla volontà di evitare che un cittadino
potesse arrivare ad assumere un eccessivo potere, con il conseguente rischio della
tirannide.
L’ostracismo poteva essere applicato una sola volta all’anno, e veniva deciso
in un assemblea (ostracoforia) di tutti i cittadini (ecclesia). Il voto era segreto, gli
analfabeti erano costretti a farsi scrivere da un vicino il nome dell’uomo che volevano
venisse ostracizzato.
Per essere valido l’ostracismo, si dovevano raccogliere almeno 6000 voti.
L’ostracizzato aveva tempo 10 giorni per salutare i familiari e prepararsi una
sistemazione fuori dall’Attica, i beni in patria rimanevano di proprietà, non venivano
confiscati. In alcuni casi vi era la possibilità della revoca del provvedimento.
Il sistema giustizia
Una differenza sostanziale tra la giustizia dei nostri giorni e quella esercitata ad
Atene, deriva dal fatto che mentre oggi la giustizia può perseguire autonomamente i
reati (mediante la procura della repubblica ed i pubblici ministeri), ad Atene doveva
essere un cittadino a condurre in tribunale un altro cittadino, anche nei casi di
atti lesivi dei beni pubblici o dell’interesse generale, il cittadino citava in giudizio in
quanto appartenente alla comunità danneggiata.
Anche ad Atene nell’età classica esisteva una istituzione paragonabile alla nostra
polizia. Quando un malfattore era colto in flagrante, se confessava gli veniva
somministrata immediatamente la pena, altrimenti veniva condotto in tribunale.
Considerato che erano i cittadini a detenere tutti i poteri, e quindi anche quello
giudiziario, tra i cittadini venivano scelti i giudici. La scelta era a sorte, nei giorni
di udienza gli estratti si recavano al tribunale loro assegnato. Solitamente in ogni
tribunale si trovavano 501 cittadini-giudici (si noti il numero dispari). Per svolgere
questa attività i cittadini ricevevano una indennità (tipo un gettone di presenza).
L’udienza in tribunale doveva seguire la seguente prassi:
 all’inizio il cancelliere leggeva l’atto d’accusa, e quindi la risposta
scritta della difesa
 il presidente della giuria dava la parola all’accusa e alla difesa in base
alle richieste (se l’imputato voleva parlare era libero di farlo)
9
Il termine ostracismo deriva dalla pratica di scrivere su un coccio di ceramica (ostraca) il nome di colui che doveva
essere esiliato.
14
 i dibattiti dovevano essere conclusi in giornata
le votazioni avvenivano mediante deposizione di un sassolino all’interno di una
delle due urne destinate a raccogliere le preferenze per l’assoluzione e per la
condanna.
Una volta che l’imputato veniva giudicato colpevole, la pena da infliggere poteva
essere già fissata per legge o decisa con una ulteriore votazione (anche l’imputato
aveva diritto ad esprimere la sua opinione in merito alla pena che gli si doveva
infliggere).
Nel caso di assoluzione con più di 4/5 dei voti favorevoli, l’accusatore era
condannato a pagare una multa, con il rischio di perdere anche i diritti civili.
La prigione come forma di pena non veniva assegnata ai cittadini, ma solo ai
meteci e agli schiavi, così come le punizioni corporali. I cittadini potevano venire
condannati al pagamento di multe, all’esilio, alla perdita dei diritti civili (atimia), e,
nei casi estremi, alla morte.
Il sistema giudiziario ateniese ci sembra, nel complesso, essere piuttosto carente,
soprattutto se confrontato con la grandezza raggiunta in campi quali le lettere, le
arti,la filosofia. In particolare ci sembra carente perché manca di un codice
giudiziario scritto, e per l’eccessivo peso dato lasciato al giudizio dei giurati i quali,
spesso, trascinati dalle passioni non esprimevano un giudizio equilibrato (si pensi alla
condanna di Socrate). Certo non ebbero quella capacità giuridica che ebbero i romani,
ai quali tanto dobbiamo in questo campo.
3. Scene di vita quotidiana ad Atene nell’età classica
3.1 Le donne e la famiglia
Dal punto di vista dei diritti politici e civili le donne ad Atene nel V secolo
a.C. erano come gli schiavi, ossia non possedevano nessun diritto.
Il ruolo della donna nella società ateniese è limitato all’ambito domestico, in
casa può governare con autorità padrona dei suoi schiavi.
La condizione di dipendenza vissuta dalla donna ateniese10 iniziava fin da quando
era fanciulla. La giovane non poteva uscire dall’appartamento riservato alle donne (il
gineceo), poteva recarsi nel cortile della propria abitazione solo raramente dovendo
rimanere lontana anche dagli sguardi dei maschi della propria famiglia. Uniche
occasioni di uscita da casa per le ragazze sono alcune feste religiose in cui
partecipano alla processione (naturalmente sempre rigorosamente separate dai
maschi).
Per una ragazza tutto ciò che era necessario imparare: ossia fare i lavori domestici,
cucinare, filare e tessere, imparare qualche elemento di lettura e musica; poteva
apprenderlo dalla madre e dalle serve della famiglia.
E’ il padre della ragazza, e in sua mancanza il tutore, a scegliere il marito per
la giovane.
La ragione principale che spingeva l’ateniese a prendere moglie era di carattere
religioso, ci si sposava per avere figli maschi che perpetuassero la razza e che
10
Rispetto ad Atene, le ragazze di Sparta godono di maggiore libertà, possono dedicarsi agli esercizi fisici assieme ai
maschi, ad esempio.
15
assicurassero la continuità del culto degli antenati (indispensabile per la felicità
del defunto); pochi erano i matrimoni d’amore visto che i due coniugi spesso non si
conoscevano nemmeno prima del matrimonio.
L’età consigliata per il matrimonio era di 16-18 anni per le ragazze e 30-35 per i
maschi. Ogni ragazza portava con se nel matrimonio la dote concessa dal padre.
Pur non essendo il caso di descrivere nei particolari tutta la cerimonia del
matrimonio, possiamo ricordare che i festeggiamenti duravano tre giorni, il giorno
delle nozze la futura sposa rimaneva velata11 durante il cerimoniale e i
festeggiamenti.
Una volta sposate le donne potevano uscire di casa molto raramente, magari per
fare degli acquisti personali, accompagnate da una schiava.
Le donne appartenenti alle classi sociali più povere godevano di un maggiore
libertà, sia per le ridotte dimensioni delle abitazioni, sia perché spesso erano costrette
a lavorare fuori casa per il sostentamento della famiglia.
Da ricordare come anche ad Atene fosse diffusa l’usanza di porre sopra la porta di
casa un simbolo per indicare la nascita di un figlio; si metteva un ramoscello d’ulivo
per i maschi, e un filo di lana per le femmine.
3.2 L’educazione dei ragazzi e dei giovani
E’ necessario innanzitutto sottolineare la profonda distinzione che esiste tra
l’educazione dei giovani spartani e quella dei giovani ateniesi.
I bambini spartani già dall’età di 7 anni compiuti vengono in qualche modo
assunti dallo Stato, a questo sarebbero appartenuti fino alla morte; dai 7 anni tutti i
ragazzi vengono inquadrati in formazioni tipo “paramilitari” quali quelle esistenti in
Italia al tempo del fascismo o nella Germania di Hitler. L’educazione dei ragazzi
spartani era basata principalmente sulle attività ginniche e sul combattimento.
Completamente diversa è l’educazione impartita ai ragazzi ateniesi. Il padre,
rispetto allo Stato, aveva una quasi completa libertà nel scegliere come educare
il proprio figlio; poteva provvedervi egli stesso o affidare ad altri l’educazione. A 18
anni il ragazzo, considerato orami adulto, doveva iniziare ad imparare le armi.
Probabilmente ad Atene non esisteva una legge che obbligasse i genitori nel
mandare a scuola i propri figli, anche se il costume era talmente diffuso che pochi
avrebbero avuto il coraggio di non adeguarsi a tale usanza.
L’educazione era basata sull’insegnamento di tre materie:
 lettere
 musica
 ginnastica
Non esistevano degli edifici pubblici per l’insegnamento, il maestro era
costretto ad ospitare a casa sua gli studenti.
Gli studenti greci non avevano il giorno di riposo settimanale (l’usanza di
considerare un giorno della settimana come festivo è di origine ebraica), durante
l’anno vi erano però diversi giorni di festa.
11
Il velo serviva per proteggerla dalle influenze malefiche che potevano colpirla in questo particolare momento di
passaggio.
16
Essendo i genitori a pagare le spese per gli studi di figli, ne conseguiva che i
bambini figli di genitori agiati potevano continuare i loro studi fino alla giovinezza,
mentre i figli dei più poveri si limitavano ad apprendere i primi rudimenti della
lettura.
Le tre materie oggetto d’insegnamento (lettere, musica, ginnastica) venivano
proposte allo studente in base all’età. Si iniziava con la grammatica (lettere),
quindi la musica, e solo dai 14 anni la ginnastica, in forma intensiva.
Per scrivere si usavano delle tavolette di cera, che venivano appoggiate sulle
ginocchia; sulle tavolette si incideva con uno stilo arrotondato da una parte per le
cancellature. Oltre alle tavolette di cera si usavano per scrivere anche foglie di
papiro sulle quali si veniva utilizzato dell’inchiostro.
Nello studio della musica i due strumenti preferiti erano la cetra e l’oboe (o
meglio uno strumento molto simile al nostro oboe).
L’attività ginnica iniziava per i ragazzi verso i 12 anni e si svolgeva in un luogo
particolare: la “palestra12”, veniva fatta a corpo nudo (lo stesso termine “ginnastica”
deriva da “nudo” ), c’era l’abitudine di ungersi tutto il corpo con olio e quindi
spargersi la sabbia addosso, anche per difendersi dalle intemperie. Gli esercizi erano
accompagnati dal suono dell’oboe.
Tra gli sport eseguiti la lotta era quello più praticato (la “palestra” prende il nome
da “pale” che significa “lotta” in greco); oltre alla lotta abbiamo la corsa, il salto in
lungo, il lancio del disco e del giavellotto, il pugilato (con le mani fasciate da bende
di cuoio), i ragazzi delle famiglie benestanti praticavano anche l’equitazione.
Nel V secolo a.C. apparve per la prima volta ad Atene, grazie all’opera dei sofisti,
una forma di insegnamento che andava al di là di quella elementare (pur essendo
limitata ad alcune materie, quali la retorica). Una vera e propria scuola di
insegnamento superiore si ha solo con i pitagorici; nelle scuole dei pitagorici si
studiava matematica e filosofia, soprattutto.
3.3 Lavoro e mestieri
Per i greci il genere di vita migliore è quello del contadino, proprietario di un
terreno sufficiente a dargli il necessario per vivere. Lavorare come dipendente e
quindi ricevere un salario, significava essere a legati a qualcun altro e quindi non
essere più liberi.
I lavori manuali retribuiti e il commercio al minuto erano considerati non
adatti ai cittadini, e quindi lasciati agli schiavi e ai meteci.
Ma quali erano le principali attività lavorative a cui si dedicavano i greci ?
a. Agricoltura
L’attività agricola era diffusa in tutta l’Attica, si coltivavano soprattutto vigneti e
olivi, ma anche legumi e cereali. Durante il governo di Pericle (460-430 a.C.) molti
contadini abbandonarono i terreni per concentrarsi nel territorio fortificato di Atene e
del Pireo, ciò avvenne in concomitanza con le guerre del Peloponneso e rispondeva
ad una strategia militare mirante sia a lasciar libere le campagne per le incursioni
degli avversari, sia ad utilizzare i contadini come rematori per compiere gli
12
La palestra era costituita da un quadrato di terreno non coperto, circondato da mura, su un lato si trovavano gli
spogliatoi (coperti), le sale da bagno e i depositi di olio e sabbia (prodotti usati per fare gli esercizi ginnici).
17
attacchi via mare lungo le coste del Peloponneso. Una tale strategia danneggiò
gravemente la produzione agricola e la ricchezza del paese; anche in
considerazione del fatto che colture quali l’olivo e il vigneto richiedono tempi lunghi
per dare produzioni soddisfacenti.
Collegato al tema agricolo vi sono alcune curiosità che vale la pena di ricortare:
 in Grecia gli alberi da frutto più diffusi ed apprezzati erano i fichi
 non si conosceva l’uso dello zucchero, per dolcificare gli alimenti si usava
il miele
 la quantità di cereali (grano ed orzo) prodotta era insufficiente, l’Attica
doveva importarne dalla Sicilia, dalla Tracia e dall’Egitto.
b. Artigianato
Ad Atene nel secolo di Pericle (V secolo a.C.) crebbe notevolmente l’attività
artigianale. Spesso tale attività si svolgeva in ambito domestico, ma esistevano anche
delle officine dove lavoravano fino a 100 operai.
Tra le attività artigianali più diffuse troviamo il ceramista13, ad Atene esisteva un
intero quartiere nel quale si concentrava l’attività di lavorazione della ceramica, il
“quartiere del ceramico”.
Piuttosto diffusa era anche l’attività di falegname, di lavoratore della pietra, di
conciatore (per il cuoio) e di calzolaio.
Filatura e tessitura erano praticate a domicilio dalle donne.
c. Commercio
Piuttosto diffusa era l’attività di vendita al minuto e di commercio. Grazie al
controllo militare sul Mediterraneo (talassocrazia) le navi commerciali greche
potevano tranquillamente navigare e commerciare per tutto il Mediterraneo. Il
commercio fu una fonte notevole di ricchezza per molti cittadini ateniesi,
probabilmente la maggior fonte di ricchezza.
I commerci erano facilitati dalla esistenza di colonie greche, legate alla madre
patria, in molti paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Si pensi alle colonie presenti
in Francia, Spagna, Italia, Asia Minore, ecc.
3.4 Cura dell’aspetto fisico
a. Acconciatura e trucco
Le donne nell’età classica svilupparono delle acconciature piuttosto complicate, i
cappelli increspati venivano raccolti in alto o all’indietro. Era pratica diffusa tingere i
capelli (in particolare per renderli biondi) e si usavano parrucche. Le donne usavano
depilarsi e truccarsi con creme e rossetti, non solo, alcune donne usavano anche
evidenziare sopracciglia e occhi con matite nere. Abbastanza diffuso era l’uso del
reggiseno.
13
Nell’antichità gli oggetti di ceramica erano molto vari e diffusi, giare, coppe per bere, pentole, ecc.
18
b. Abbigliamento
I greci conoscevano solo l’esistenza della seta e del cotone, i tessuti da loro usati
erano il lino e la lana.
I vestiti non erano come i nostri aderenti al corpo, erano dei semplici rettangoli di
stoffa che avvolgevano il corpo, trattenuti da cintura, fibbia o qualche punto di
cucitura.
Quando si andava dormire si teneva la tunica indossata durante il giorno,
togliendosi solo la cintura.
Sopra la tunica si usava un ampio mantello che poteva coprire tutto il corpo e che
consentiva di ripararsi dal freddo.
c. Gioielli e monili
In età classica l’uso di portare gioielli era prettamente femminile, le donne
portavano collane, braccialetti, orecchini. Era già diffuso l’uso di bucarsi il lobo
dell’orecchio per appendervi gioielli.
Faceva parte del corredo delle donne ateniesi anche il ventaglio (rigido, non come
i nostri che si piegano) e l’ombrello (molto simile a quello dei giorni nostri).
3.5 Alimentazione
L’alimento base nei pasti degli ateniesi era la “maza” (farina d’orzo impastata a
formare gallette) e per i più ricchi il pane di frumento.
Le verdure erano rare e piuttosto care in città, quelle meno care erano le fave e le
lenticchie.
L’uso della carne era assai limitato, mentre quello del pesce era piuttosto diffuso.
I cibi venivano presi con le mani non esistendo la forchetta, per i cibi liquidi o tipo
purea si usava il cucchiaio.
19
APPROFONDIMENTO ........
LA PRODUZIONE ARTISTICA NELLA GRECIA ANTICA
Arti figurative
TRA III E II MILLENNIO a.C: EGEI, CRETESI, MICENEI
Egei
Come abbiamo visto la particolare posizione geografica (quasi un ponte tra il
Vicino Oriente e la penisola balcanica) e la ricchezza di materie prime (ricercate
dalle popolazioni orientali culturalmente più progredite) ha portato ad intensi contatti
tra la cultura delle civiltà orientali, più evolute, e le popolazioni che vivevano nelle
isole del mar Egeo. Verso la fine del III millennio a.C. le isole Cicladi (nel mare
Egeo) vedono così il fiorire della civiltà egea (o cicladica); la produzione artistica di
questa civiltà si caratterizza per l'essenzialità e per l'armonia, a struttura
geometrica, delle forme. Statuette in marmo (dette "idoli") sono gli oggetti
rimasti che meglio rappresentano la produzione di questa civiltà.
Cretesi
Parallelamente a quella cicladica si sviluppa a Creta una grande civiltà che lascerà
la propria impronta nella produzione artistica greca, si tratta della civiltà "minoica".
Anche in questo caso lo sviluppo culturale è legato alla favorevole posizione
geografica e ai conseguenti scambi commerciali con le popolazioni che usavano il
bacino Mediterraneo per tale attività.
Questa cultura si caratterizza per la diffusione di quelli che vengono definiti
"palazzi-città", delle costruzioni molto complesse (in alcuni casi si superano le 100
stanze) che possono essere paragonate a quelli egizie per la grandiosità e
magnificenza.
Della civiltà minoica ci sono pervenuti diversi affreschi (in particolare dal palazzo
di Crosso) che colpiscono per la straordinaria bellezza.
Uno degli elementi caratterizzanti la produzione artistica minoica è il
Naturalismo: l'artista si sforza per descrive l'universo del reale per quello che
gli appare.
Rispetto alla pittura egizia, quella minoica cerca di uscire da una ferrea
bidimensionalità e rigidità, nella ricerca di una nuova dimensione spaziale e di
maggior dinamismo.
Micenei
Sviluppatasi alcuni secoli dopo le civiltà cicladica e minoica, anche questa
cultura ruota attorno alla figura del sovrano e si sviluppa, urbanisticamente, attorno
ai "palazzi-città". Queste strutture raccolgono, oltre alla residenza del monarca,
luoghi di culto, laboratori artigiani, dimore di guerrieri-aristocratici, ecc. Come
per i palazzi-città minoici, anche quelli micenei sono riccamente affrescati.
La produzione artistica micenea più rappresentativa è costituita da oggetti in
oro e argento finemente lavorati: maschere funerarie (famosa quella detta di
Agamennone, in realtà appartenente ad un principe miceneo vissuto alcuni secoli
prima del re reso famoso dai poemi di Omero, la maschera risale al XVI sec. a.C.),
20
pugnali, grandi vasi rituali, ecc.
PERIODO DETTO "GEOMETRICO" (900-700 a.C. circa)
L'invasione delle popolazioni doriche, nel XII sec. a.C., segnò la definitiva
decadenza della civiltà micenea. Come abbiamo avuto modo di vedere la presenza
dei Dori portò, rispetto al periodo precedente, un significativo rallentamento nello
sviluppo della civiltà greca, tanto che per il periodo compreso tra i secoli XII-VIII
a.C. si parla di "medioevo ellenico".
In ambito artistico, dal X secolo si osservano nella produzione ceramica nuove e
più funzionali forme dei vasi e uno stile decorativo totalmente diverso da quello
naturalistico minoico e miceneo. I decoratori abbandonano le immagini
rappresentative della realtà a favore di figure geometriche di natura diversa:
cerchi, semicerchi, linee che si intersecano si allontanano; a formare una vera e
propria rappresentazione che possiamo definire "astratta".
In questi secoli si osserva anche il nascere dei primi templi e santuari di discrete
dimensioni, dedicati al culto della divinità.
PERIODO ORIENTALIZZANTE (700-600 a.C. circa)
I sempre più stretti rapporti commerciali con il Vicino Oriente ebbero un notevole
influsso anche sulla produzione artistica. Gli "occidentali" (tra questi in particolare
Etruschi e Greci) rimangono affascinati dalla ricchezza decorativa, dalla
preziosità e dalla fantasia dell'arte orientale, questa si coniuga per i Greci con lo
spirito razionalista, il senso della proporzione e lo stile geometrico dando
origine a forme del tutto particolari.
Dall'Oriente i Greci prendono lo spunto per la creazione di sculture di una certa
imponenza, con una particolare attenzione alle proporzioni.
In questi secoli si osserva un particolare sviluppo dell'architettura, in particolare
di quella templare: si diffondono gli stili architettonici dorici e ionici.
L'ARTE NEL PERIODO ARCAICO (600-490 a.C. circa)
In questo periodo l'arte greca abbandona lo stile orientalizzante per assumere una
ben definita autonomia stilistica. L'architettura templare arriva a codificare la forma
del tempio. Le produzione ceramiche di Corinto e Atene, con le loro
rappresentazioni mitologiche, si diffondono, grazie ai commerci e alla diffusione
delle colonie, per tutto il bacino del Mediterraneo (per l'Italia in particolare in
Etruria, e nelle regioni del Sud in quella zona d'Italia, ricca di colonie greche,
chiamata Magna Grecia).
Sempre in questi anni il particolare interesse mostrato dai Greci per lo studio
dell'uomo in tutti i suoi aspetti porta all'affermazione, in molte zone della penisola
balcanica e in particolare ad Atene, della scultura in pietra di figure umane a
grandezza naturale o leggermente più grandi, che cercano di rappresentare
l'armonia e la bellezza del corpo umano in una visione ideale, al di là della
contingente apparenza nei singoli individui (a proposito è da ricordare che le
rappresentazioni umane sia nei dipinti che nelle sculture prevedono che l’uomo
venga rappresentato quasi sempre completamente nudo, mentre la donna deve essere
21
vestita, rappresentare una donna nuda era considerato sconveniente e quindi da
evitare, ciò anche nei secoli successivi).
Non interessa rappresentare il particolare individuo, ma la figura ideale di uomo
alla quale i singoli individui, in misura diversa, partecipano. Questa concezione è
strettamente legata allo sviluppo del pensiero filosofico e alla nuova visione
della posizione dell'uomo nell'universo che questa propone.
Con il consolidarsi e diffondersi delle poleis, quali strutture politico-sociali tipiche
del mondo greco, la produzione artistica visse un notevole impulso. L’antagonismo
tra le diverse poleis divenne uno stimolo formidabile per fornire la “propria” polis
dei monumenti più belli. Tale fenomeno si accentuò con l’instaurarsi delle tirannidi;
molte opere pubbliche di grande valore furono costruite nei periodi delle tirannidi.
Nuovi criteri urbanistici nel V secolo
Nel V secolo, probabilmente per le discrete dimensioni e per la ricchezza allora
raggiunte da alcune poleis, si ricercarono dei criteri più efficienti per migliorare la
sistemazione urbanistica della città. Ippodemo di Mileto arrivò a codificare
quelli che possiamo definire come i criteri regolatori per l’urbanizzazione, criteri
che, innanzitutto, si ispiravano a principi di:
 razionalità
 funzionalità
 utilità
IL PERIODO CLASSICO (450-400 a.C.)
Nella seconda metà del V secolo Atene diventa il centro culturale e artistico di
maggior rilevanza di tutta la Grecia. In questi anni la città vive un formidabile
impulso in ambito architettonico-artistico grazie all’attività di Fidia sostenuta
dall’azione politica di Pericle. Grazie a Fidia e a Pericle ad Atene sorsero
magnifiche opere pubbliche tra queste il porto del Pireo e il Partenone. Ad Atene
arrivavano artisti, filosofi, scienziati da tutta la Grecia, e non solo, alla ricerca di
riconoscimento e successo.
L’ARTE NELL’ETA’ DELLA CRISI (400-323 a.C.)
Dopo le vittoriose guerre persiane e i successivi decenni di splendore, le città
greche, nel IV secolo, iniziano a vivere un periodo di crisi che le porterà, in alcuni
decenni, alla perdita di quello che consideravano il loro bene più prezioso: la
“libertà”. L’inizio della crisi coincide con l’avvio della guerra del Peloponneso
nei primi anni del IV secolo a.C., sarà proprio questo conflitto (che ha quali
antagoniste principali Sparta e Atene, ma che coinvolgerà, a vario titolo, molte altre
città greche) con i suoi trent’anni di lotte, con migliaia di vittime, con carestie ed
epidemie, a provocare una gravissima crisi economica e disgregazione sociale che
avrà quale conseguenza un radicale mutamento nella visione dell’uomo e del
mondo. In ambito artistico spariscono i canoni ideali di riferimento per il bello, la
figura rappresentata lascia trasparire sentimenti, emozioni, pulsioni; l’artista
cerca di fissare le diverse manifestazioni dell’animo umano (dolore, tenerezza, ira,
ecc.) nell’attimo del loro apparire
22
IL PERIODO ELLENISTICO (323-146 a.C.)
Le conquiste di Alessandro Magno permisero il diffondersi della cultura, della
lingua, dei costumi, dei modelli politici, dell’arte greca nelle regioni del Vicino
Oriente e in Egitto. La grecità si fonde con le diverse realtà locali per dare origine a
nuove tendenze artistiche che trovano espressione in diversi centri collocati in
regioni anche molto lontane tra loro (Rodi, Alessandria d’Egitto, Taranto,
Siracusa, ecc.)
La crisi della struttura politica della città-stato a favore della monarchia, spinge la
produzione artistica nella ricerca della magnificenza e del virtuosismo tecnico.
GLI INFLUSSI DELLA PRODUZIONE ARTISTICA GRECA SU ROMA
ANTICA
Come abbiamo già avuto modo di vedere i Romani rimasero colpiti dall’eccellenza
raggiunta dalla cultura greca , tanto da sentirsi loro dei barbari rispetto al livello di
civiltà raggiunto dalla Grecia classica.
In campo artistico l’influsso della produzione greca su quella di Roma fu
elevatissimo (inizialmente i Romani vennero a conoscere la produzione artistica
greca nelle colonie della Magna Grecia, solo successivamente, con le conquiste del
II secolo a.C., ebbero modo di osservare la produzione artistica presente nei territori
della madre patria). Il fascino esercitato dalla cultura greca su quella romana fu così
grande che l’imperatore Adriano decise di spostare la sede imperiale ad Atene
per un periodo.
Letteratura e teatro
ETA’ ARCAICA (VIII-V sec. a.C.)
Il racconto epico
Nelle sue prime manifestazioni la letteratura presso i Greci ha carattere orale.
Leggende e racconti si trasmettevano di generazione in generazione in forma di
canto (inteso come scrittura in versi che veniva declamata).
Le due opere che raccolgono la tradizione orale precedente sono, nell’VII secolo,
L’Iliade e l’Odissea. Queste si diffonderanno grazie ai cantori per tutta la Grecia e
troveranno solo nel VI sec. a.C. una forma scritta. Le due opera attribuite a Omero
(in realtà le due opere non possono essere il prodotto di una sola persona, ma di più
persone in tempi successivi, la stessa esistenza storica di Omero è messa in
discussione) ebbero una grandissima importanza per l’educazione dei giovani greci,
venivano imparate a memoria da intere generazioni.
Sempre all’VIII secolo si fa risalire la composizione di un poema in versi che ebbe
una rilevante importanza per la concezione religiosa dell’uomo greco, l’opera è “Le
opere e i giorni” di Esiodo (primo poeta greco di cui si hanno notizie storiche certe)
Poesia “lirica”
L’aggettivo “lirica” venne applicato ad un tipo di poesia, nata in Grecia nel VII sec.
a.C., che veniva declamata mediante accompagnamento musicale (uno degli
strumenti più usati era la “lira”, da qui “lirica”).
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La poesia lirica si distingue nettamente dalla poesia epica innanzitutto per i contenuti
trattati. Mentre l’epica racconta di imprese guerresche di uomini ed eroi, la lirica
canta del quotidiano, di sentimenti ed esperienze vissute dall’autore, parla d’amore
(famosi sono i componimenti amorosi della poetessa Saffo, vissuta nell’isola di
Lesbo).
A seconda della modalità scelta per la declamazione la poesia lirica può essere
monodica (cantata da una sola persona) o corale (cantata da un coro).
ETA’ CLASSICA (V-IV sec. a.C.)
La tragedia
Nella sua forma originaria la tragedia è rappresentata da un coro di uomini che
cantano e danzano, solo successivamente si aggiunse la figura di un attore che
dialogava con il coro. Elemento caratterizzante la tragedia è la trama luttuosa.
Eschilo
Questo autore introdusse in scena la presenza di un secondo attore, oltre al coro.
Delle settanta tragedie che gli vengono attribuite ce ne rimangono solo sette (tra
queste “I persiani”, “Il Prometeo incatenato”, l’”Orestea”).
Sofocle
Con Sofocle si ha l’introduzione di un terzo attore in scena e l’uso della scenografia.
Il teatro di Sofocle diventa specchio della condizione umana, e della tragica lotta
dell’uomo contro le forze del destino. Anche di Sofocle ci sono rimaste solo sette
tragedie, tra queste le più famose sono “Edipo re” e “Antigone”.
Euripide
Nell’opera di questo autore il rapporto uomo-divinità passa in secondo piano, egli è
più interessato a raccontare le vicende umane nel loro svolgersi. Di Euripide ci sono
pervenute diciotto tragedie (tra queste “Medea”, “Elettra”, “Ifigenia in Aulide”).
La commedia
Nella commedia le risorse sceniche e il testo consentivano all’autore di presentare
temi della vita contemporanea in chiave comico-farsesca. Tra gli autori più noti del
V sec. a.C. vi è Aristofane (di cui ci sono rimaste undici opere, tra le più
conosciute: “Le nuvole”, “Lisistrata”, “Uccelli”, “I cavalieri”, “Vespe”).
APPROFONDIMENTO ........
LO SVILUPPO DEL PENSIERO RAZIONALE: LA NASCITA DELLA
FILOSOFIA
FILOSOFIA: “AMORE” PER IL SAPERE
Il termine “filosofia”significa “amore per il sapere”, lo stesso Aristotele (filosofo
vissuto in Grecia nel IV sec. a.C.) riconosce l’inizio della filosofia nel momento in
cui l’uomo non si è più accontentato d’interpretare la realtà che lo circondava, e il
significato della vita in genere, mediante delle “narrazioni”, o “miti”, ma si è
sforzato di trovare i principi e le cause di ciò che è seguendo un procedimento
razionale.
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ORIGINE DELLA FILOSOFIA (secc. VII-V a.C.)
Naturalisti (Talete, Anassimandro, Anassimene, Empedocle, Anassagora,
Democrito)
I filosofi “naturalisti” individuano in uno o più principi di natura l’origine e la
composizione del reale.
I primi filosofi naturalisti furono Talete, Anassimandro e Anassimene, con loro ha
inizio il pensiero filosofico sulle coste dell’Asia Minore (nella città di Mileto) verso
la fine del VII sec. a.C. Questi pensatori per primi indagarono il mondo che li
circondava mediante l’osservazione e il ragionamento, per individuarne l’origine e la
composizione. Essi arrivarono ad individuare elementi diversi quali principi
fondatori dell’universo (per Talete era l’acqua, per Anassimandro una sostanza
indefinita: “l’apeiron” e per Anassimene l’aria).
Altri filosofi naturalisti vissuti nei secoli successivi furono: Empedocle di
Agrigento. Anassagora di Clazomene, Democrito di Abdera.
Empedocle aveva individuato quattro elementi, o “radici”, la cui mescolanza dava
origine al mondo che ci circonda. Gli elementi sono: terra, acqua, aria, fuoco.
Anassagora ipotizza, invece, l’esistenza di “semi” di tutte le cose, questi unendosi
danno luogo all’oggetto dei sensi. Democrito identificò i principi della realtà in
“atomi” (la parola significa “indivisibile” in greco), elementi indistinti che si
combinano tra loro.
Dalla “natura” al “logos” (Eraclito, Parmenide)
Altri pensatori rifiutarono di identificare in un principio materiale l’origine del reale.
Tra questi Eraclito di Efeso (VI sec. a.C.), questi individua il principio del reale nel
conflitto tra gli elementi, la ragione, o logos, guida il divenire e proprio il divenire
rappresenta l’essenza del reale, senza divenire il mondo non esisterebbe. Anche
Parmenide di Elea (V sec. a.C.) rifiuta di spiegare l’esistenza del mondo mediante
principi materiali, per lui bisogna andare oltre le apparenze usando la ragione, e
questa ci dice che è l’Essere l’unico principio del reale, l’Essere unico e
indivisibile. L’Essere è unità e perfezione, l’esistenza di qualcosa al di fuori
dell’Essere è impensabile dato che sarebbe non-essere e perciò stesso inesistente. La
realtà, per quello che percepiamo è solo apparenza legata alle sensazioni, solo
l’essere realmente è.
LA FILOSOFIA NELL’ETA’ CLASSICA (V sec. a.C.)
I sofisti
Nell’Atene del V secolo (il secolo di Pericle) operarono dei pensatori (non originari
di Atene) chiamati “Sofisti” (ossia sapienti) con riferimento al sapere da questi
posseduto e alla capacità di trasmetterlo. Dato che i Sofisti chiedevano soldi in
cambio dei loro insegnamenti, la loro attività venne considerata poco onorevole da
parte degli altri pensatori, che consideravano i Sofisti più dei “professionisti del
sapere” che sapienti veri e propri.
Gli elementi comuni che caratterizzano il pensiero dei Sofisti sono:
 la rinuncia alla ricerca di un principio che spieghi la realtà che ci circonda
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 lo scarso interessasse per il mondo della natura e del divino, e il grande
interesse per il mondo dell’uomo
 il riconoscimento dell’importanza dell’educazione al fine di raggiungere
posizioni sociali di rilievo, indipendentemente dalla nascita
 lo scarso interesse per la ricerca della verità, a questa si contrappone l’arte di
convincere per il proprio utile
L’uomo diventa la misura di tutte le cose, non esiste una verità al di là dell’uomo
che la giudica tale.
La posizione dei sofisti fu aspramente criticata da Platone, grande filosofo vissuto
ad Atene tra il V e il IV secolo a.C.
Socrate (469-399 a.C.)
Contemporaneo dei sofisti, Socrate visse ad Atene tra il 469 e il 399 a.C. La figura
di Socrate è del tutto particolare nel panorama dei filosofi della Grecia antica, egli si
distingue innanzitutto per non aver lasciato degli scritti (siamo venuti a
conoscenza del suo pensiero soprattutto grazie all’opera del suo discepolo: Platone),
per essere stato condannato a morte e ucciso per le sue idee e infine per la sua
dichiarata “ignoranza”: “l’unica cosa che realmente so è di non sapere”, così si
esprimeva il filosofo ateniese.
Il pensiero di Socrate
A differenza dei sofisti Socrate non si propone come maestro di una particolare
dottrina, il suo insegnamento si concentra proprio nel saper mettere in
discussione le convinzioni dei propri interlocutori. Se lui Socrate non sapeva
definire cosa fossero bene, virtù, ecc. nemmeno quanti ritenevano di saperlo lo
sapevano veramente, egli, nei dialoghi riportati da Platone, riusciva a dimostrare
proprio questo.
Di Socrate rimane famoso l’invito a conoscere se stessi, ossia l’invito a ricercare in
sé la strada migliore. Se si conosce veramente se stessi non è possibile fare il male,
perché chi fa il male danneggia innanzitutto se stesso e quindi dimostra di non
conoscersi a sufficienza .
La condanna a morte
Socrate venne condannato a morte dal tribunale ateniese per aver, con le sue parole,
corrotto i giovani negando le divinità patrie. Pur potendo fuggire il filosofo ateniese
non lo fece, riconoscendosi fedele a quelle leggi (male applicate dall’uomo) che sole
erano in grado di formare un uomo in quanto tale.
Platone (428-348 a.C.)
Con Platone e Aristotele (che vedremo dopo) la filosofia greca antica raggiunge il
suo massimo splendore, per avere un’idea dell’importanza che questi due pensatori
hanno avuto per lo sviluppo della cultura dei secoli successivi basti pensare che la
fisica aristotelica venne studiata nelle università di tutta Europa fino al XVII secolo e
solo gradualmente, con molte difficoltà, venne abbandonata grazie alle scoperte della
moderna scienza sperimentale.
Il pensiero di Platone
La filosofia di Platone è profondamente condizionata, almeno nelle prime opere, dal
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pensiero di Socrate, suo maestro. Ciò che Platone apprezza in particolare del maestro
è la “dialettica” (intesa come l’arte di saper ragionare, o argomentare,
correttamente) come metodo d’indagine. Platone si allontana da Socrate nel
momento in cui si convince che esiste un sapere valido in assoluto (quella che egli
definisce “scienza”) che si distingue dalle opinioni. Tutta l’opera del filosofo
ateniese sarà dedicata a questa ricerca.
L’osservazione della mutevolezza degli elementi del mondo sensibile che ci circonda
porta Platone a teorizzare l’esistenza di essenze, o forme, (in greco “eidos”, idee)
per ogni cosa, gli elementi del mondo sensibile sono tali in quanto partecipano
dell’idea di quella determinata cosa, in qualche modo la imitano. Le “idee” non sono
immagini nella nostra mente, ma realtà oggettive esistenti in un mondo
“iperuranico”, al di là del cielo.
L’anima umana, eterna, ha avuto la possibilità di contemplare le “idee” (o essenze
delle cose) e perciò le riconosce, ricordandole (in questo si ricollega al “conosci te
stesso” di Scorate). La filosofia ha la funzione di portare l’uomo dall’opinione
(“doxa” in greco) alla scienza (“epistéme”), dallo studio del mondo sensibile allo
studio del mondo delle idee.
Visione politica di Platone
Negli anni in cui visse Platone già si percepiva la crisi della polis, la guerra del
Peloponneso si era già svolta e con essa si erano evidenziate le ostilità tra le diverse
polis greche, ostilità che, secondo Platone, avrebbero portato alla scomparsa della
stessa civiltà greca classica a vantaggio delle popolazioni barbariche. Per
contrapporsi a questo declino egli propone nella “Repubblica” (la sua opera politica
più famosa) uno Stato guidato dai filosofi (gli unici veri sapienti) e formato dalle
classi dei guerrieri e degli artigiani. Tra i governanti e i guerrieri egli prevede la
comunanza delle donne e dei beni per non dar spazio all’egoismo dei singoli.
Aristotele (384-322 a.C.)
Allievo di Platone, Aristotele inizia ben presto a criticare la filosofia del maestro.
Le “idee” separate dalle cose, così come le aveva pensate Platone, non potevano
spiegare l’esistenza delle cose stesse rimando in due mondi tra loro separati.
Secondo Aristotele le cose, così come ci appaiono, sono il risultato dell’unione di
materia e forma; la materia in sé non può esistere così come non può esistere la
forma in sé.
Il pensiero di Aristotele
Per Aristotele la vera scienza è ricerca delle “cause e dei principi primi”, in questa
indagine egli studia la natura (“fisica”), i numeri e le figure spaziali (“matematica”),
la causa prima o essenza delle cose (“metafisica”). Per compiere queste sue ricerche
elabora uno “strumento” che gli consente un corretto ragionare, è la nascita della
“logica”. I principi primi (che non hanno bisogno di dimostrazione) della sua logica
sono:
 principio di identità (“a è a”)
 principio di non contraddizione (“una cosa o è a o è non a”)
 principio del terzo escluso (“una cosa o è a o è non a”)
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Visione etica e politica
Aristotele divide nettamente le scienze teoretiche (matematica, fisica, metafisica) da
quelle pratiche che hanno per oggetto l’agire dell’uomo. Se per le scienze teoretiche
è possibile, mediante la logica, arrivare a determinare in modo inequivocabile
l’essenza, per ciò che attiene alla realtà dell’agire umano il filosofo ritiene sia
errato cercare dei principi validi in assoluto, è preferibile studiare l’uomo nel
suo agire, per comprendere come si attuano le virtù sue proprie.
In campo etico la virtù dell’uomo consiste nel riuscire ad attuare pienamente la
propria natura (un coltello è un “buon” coltello perché taglia bene, questa è la sua
virtù), e la natura dell’uomo, ciò che lo distingue da tutti gli altri esseri viventi, è la
razionalità. L’uomo “virtuoso” è quindi colui che realizza se stesso quale essere
razionale. E proprio in quanto essere razionale per l’uomo vi possono essere due tipi
di vita:
 vita attiva (che si esplica innanzitutto nei rapporti con gli altri uomini)
 vita contemplativa (dedicata allo studio)
L’eccellenza nella vita attiva si raggiunge non tanto con lo studio, ma grazie
all’esercizio, essa infatti è innanzitutto abitudine ad agire correttamente
(seguendo il principio del giusto mezzo).
Per la visione politica “il filosofo” (così chiamato nel Medioevo dato che
rappresentava il filosofo per eccellenza) ritiene che l’uomo sia per natura un
“animale politico”, al di fuori delle polis vivono solo i selvaggi e le bestie feroci.
Per l’essere umano è perciò naturale organizzarsi in comunità via via più ampie,
dalla famiglia allo Stato (la polis, la città-Stato). Diversamente da Platone Aristotele
non delinea l’organizzazione statale perfetta, egli ritiene che criterio per giudicare
la bontà di una organizzazione sia l’esercizio del potere finalizzato alla comune
utilità (al bene comune). Il filosofo, già maestro di Alessandro Magno, riconosce
tre forme di governo, o costituzioni:
 monarchia (governo di uno solo)
 aristocrazia (governo dei migliori)
 politeia (governo dei più)
quando il governo non è finalizzato al bene della comunità, ma al vantaggio di pochi,
allora si ha la corruzione delle tre forme di governo per ottenere:
 tirannide (degenerazione della monarchia)
 oligarchia (degenerazione delle aristocrazia)
 democrazia (degenerazione della politeia)
Tra le forme di governo buono Aristotele indica come preferibile la politeia (la
forma di governo ateniese nell’età classica).
LA FILOSOFIA NELL’ETA’ DELLA CRISI: EPICUREISMO, STOICISMO,
SCETTICISMO
Con la definitiva crisi della polis nel III sec. a.C. la riflessione filosofica
concentra la propria attenzione sui problemi dell’esistenza individuale. Il tema
più trattato sarà quello della ricerca della felicità per il singolo individuo.
Epicureismo
La felicità è per Epicureo (341-270 a.C.) assenza di dolore e paure. La
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liberazione dall’ignoranza, la comprensione della reale natura delle cose porta
all’equilibrio, ad una piacevole sensazione. Il piacere a cui ognuno mira è assenza di
dolore e turbamento, un piacere stabile, al di là dei piaceri fuggevoli che provocano
solo affanno.
Stoicismo
Per gli stoici (il movimento stoico è stato fondato da Zenone di Cizio 332-262
a.C.) la felicità consiste nell’esercizio della propria ragione che è parte della
ragione (o logos) che governa il mondo, l’infelicità è legata al seguire le passioni.
La vera libertà per l’uomo consiste nel sapersi adeguare all’ordine universale, sapersi
adeguare a ciò che accade , vivendo conformemente alla propria natura e alla natura
dell’universo. Il pensiero stoico ebbe notevole diffusione presso i Romani di Roma
antica.
Scetticismo
Fondatore del movimento scettico è Pirrone (365-? a.C.). Lo scetticismo più che una
scuola vera e propria è un movimento di pensiero, in questo movimento convergono
esperienze e posizioni diverse accomunate dalla critica nei confronti dei sistemi
filosofici che ritenevano d’aver colto l’essenza della realtà.
Secondo i pensatori esponenti di questo movimento di pensiero per l’uomo è
impossibile cogliere il vero senso del reale, l’atteggiamento corretto davanti alla
complessità del reale è il silenzio e la non adesione.
APPROFONDIMENTO ........
NASCITA DELLA “STORIOGRAFIA”
I LOGOI
Il racconto storico, inteso come testo in prosa che narra gli eventi che hanno
interessato un determinato popolo, ha avuto origine nelle colonie dell’Asia Minore,
nei luoghi e nei tempi in cui ha avuto origine la filosofia. Le prime forme di
narrazione storica furono i “logoi”, racconti in prosa destinati alla pubblica lettura,
che raccoglievano storie locali, dati dinastici, descrizioni geografiche e modi di
vivere. Data la finalità, la lettura in pubblico, nei logoi prevalgono gli aspetti
curiosi e gli aneddoti, con scarsa attenzione per l’autenticità del fatto narrato.
LA STORIOGRAFIA GRECA: ERODOTO E TUCIDIDE
Erodoto (V sec. a.C.)
I logoi rappresentano un primo approccio allo studio della realtà storica, la vera e
propria indagine storica, che rimarrà quale modello per secoli, inizia nel V sec.
a.C. con Erodoto di Alicarnasso (città sulle coste dell’Asia Minore). Erodoto,
considerato il “padre” della ricerca storica, procedeva secondo i metodi
dell’”autopsia” (in greco “autopsia” significa osservare con i propri occhi) ossia
dell’osservazione diretta e mediante l’ascolto diretto dei viaggiatori testimoni di
fatti, ecc., distinguendo ciò che aveva visto direttamente da ciò che era stato visto da
altri e gli era stato raccontato. Le “Storie” ci sono utili soprattutto per la conoscenza
delle guerre persiane.
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Tucidide (V sec. a.C.)
Vissuto nella seconda metà del V secolo ad Atene, lo storico Tucidide è noto
soprattutto per averci raccontato la guerra del Peloponneso. Accanto ai fatti di
ordine politico-militare, nella sua opera vengono riportate lunghe citazioni dai
discorsi dei protagonisti delle vicende, sono celebri le due orazioni di Pericle.
Rispetto ad Erodoto, questo storico introduce dei criteri più rigorosi nella scelta
delle testimonaianze, rifiutandosi di riferire informazioni giudicate poco
attendibili. Per elaborare la sua opera Tucidide, accanto alle fonti orali, usa fonti
scritte (lettere, trattati e iscrizioni di vario tipo) e fonti mute.
Riferimenti bibliografici
Per la costruzione del modulo mi sono basato, in particolare, sulla consultazione del seguente
materiale:
Libri
Robert Flacelière “In Grecia nel secolo di Pericle”, Milano 1998.
Materiale multimediale
CD ROM – Le grandi epoche storiche (2 – Il mondo greco) (Scalagroup Spa)
CD ROM – Viaggio nella storia Le grandi epoche storiche (1 – Dalla preistoria a Roma imperiale)
(Gruppo Editoriale L’Espresso Spa)
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