19/10/2004 I partePer trattamento di un tumore s’intende la somministrazione per via sistemica e più raramente per via locoregionale di sostanze che possono essere naturali, di sintesi o cellule che vanno ad interferire in maniera diretta o indiretta col processo di crescita, proliferazione e progressione delle cellule tumorali. nonostante i notevoli progressi compiuti in ambito terapeutico, la chemioterapia resta uno degli Principi della chemioterapia :la chemioterapia è la metodica più adoperata nella cura dei tumori, strumenti più efficaci nella cura dei tumori. Un chemioterapico non uccide una quantità definita di cellule ma una frazione costante di cellule dipendente dalla massa tumorale. Nel grafico è mostrata la crescita del tumore ogni volta che si somministra una dose di farmaco, una quantità di cellule muore. Nell’intervallo di tempo tra una somministrazione e l’altra la massa tumorale prende a ricrescere, finché un’ulteriore dose di farmaco non torna a ridurre nuovamente il numero delle cellule tumorali. La somministrazione del chemioterapico a intervalli di tempo è dettata dalla tossicità di questi farmaci. Poiché come detto in precedenza durante l’intervallo di somministrazione il tumore riprende a crescere bisogna valutare la dose a intervalli di tempo corretti per indurre pian piano la riduzione del numero delle cellule tumorali, ecco perché la chemio si fa a cicli distruggendo di volta in volta una frazione di cellule fino all’eradicazione delle cellule residue tumorali. In contraddizione a quello sin qui detto emerge che nella realtà la quantità di cellule che viene a morte non è mai la stessa per ottimizzare il trattamento possiamo ricorrere a diverse strategie: - Polichemioterapia: usiamo farmaci diversi combinandoli insieme . Tali farmaci avranno diverso meccanismo d’azione in modo che vengano somministrati a dosaggi diversi e con somministrazioni diverse. Il tutto ha come scopo la distruzione di più cloni cellulari possibile - Chemioterapia di tipo sequenziale - Cercare di aumentare le intensità di dose o la densità di dose - Chemioterapia ad alte dosi Combinazione di chemioterapici: disponiamo di chemioterapici con vari meccanismi d’azione tipici di ciascuna classe di farmaci la strategia che può essere adottata consiste nell’associare farmaci con diversi meccanismi d’azione e con effetto sinergico dandoli assieme. Ovviamente i farmaci da associare non devono avere una cross resistenza , dobbiamo combinare farmaci attivi nei confronti della malattia ovvero farmaci per cui la malattia non sia resistente ma sensibile. Bisogna combinare farmaci diversi, di categorie diverse se vogliamo superare le resistenze di certi cloni cellulari, non ha senso adoperare farmaci simili che non consentono il superamento delle resistenze. 1 I chemioterapici hanno importanti profili di tossicità quando vengono associati a scopo sinergico o additivo bisogna sceglierli con tossicità diverse in modo da ottenere risultati migliori in termini di tossicità portando ad una riduzione degli effetti collaterali, con buoni risultati in termini di citotossicità. (meglio dunque della somministrazione di un solo farmaco ad alte dosi per cui aumenta l’effetto citotossico ma al contempo aumentano gli effetti collaterali ). Ovviamente i farmaci combinati devono essere attivi su diversi cloni cellulari in modo da superare le resistenze e ritardare la comparsa di resistenza ai farmaci. Terapia ciclica : avendo due farmaci con uguale efficacia sono stati elaborati dei modelli matematici per ottenere lo schema migliore di combinazione. Possiamo trovarci di fronte a varie situazioni: -frazioni di cellule sensibili sia al farmaco A che al B -cellule resistenti ad A e sensibili a B -cellule resistenti a B e sensibili ad A -cellule resistenti sia ad A che B gli schemi matematici più efficaci risultano essere i seguenti: 6 A e 6 B in combinazione ABABABABABAB con cured(%) A=B 0,52 A<B 0,15 6 A e 6 B in combinazione (A/2+B/2)*12 con cured(%) A=B 0,62 A<B 0,12 6 A e 6B in combinazione BABABABABABA con cured(%) A=B 0,52 A<B 0,10 con tali combinazioni si è vista una maggiore probabilità di cura. Nella pratica clinica questa combinazione ha offerto risultati migliori per la cura di linfomi Hodgkin rispetto alla somministrazione di un solo tipo di farmaco, lo stesso dicasi per la terapia dei linfomi non Hodgkin . La situazione cambia se invece abbiamo un farmaco più attivo di un altro, considerando dosi uguali per i due diversi farmaci si è notato una più efficace risposta se si somministra per primo il farmaco più attivo. Consideriamo ad esempio che il farmaco A sia più attivo di B, presupponendo l’esistenza di due cloni cellulari diversamente sensibili ad A e B alla somministrazione di A uccido la popolazione tumorale più rappresentata poi dando B uccido la frazione di tumore ad esso sensibile e presente in minor quantità, ovviamente nell’intervallo di tempo intercorrente tra le due somministrazioni la popolazione cellulare sensibile ad A tornerà a ricrescere. Nel tumore della mammella si è visto che somministrare adriamicina prima della CMF produce effetti migliori della combinazione inversa. Possiamo aumentare la dose dei farmaci in due modi valutando il problema della tossicità. Una dose di farmaco uccide una frazione costante di cellule, aumentando la dose di farmaco aumentiamo la frazione di cellule che distruggiamo: come facciamo ad ottimizzare i nostri farmaci? 1)DOSE ESCALATION: diamo dosi maggiori mantenendo lo stesso intervallo di tempo 2)DOSE DENSITY: diamo la stessa quantità di dose ma ne aumentiamo la densità riducendo gli intervalli di somministrazione. 2 Entrambi i metodi servono a dare più farmaco per ridurre il più possibile la popolazione tumorale. I farmaci intervengono in vario modo a seconda dello stadio di malattia e degli obiettivi che ci prefiggiamo vedremo allora le varie terapie: -chemioterapia adiuvante -chemioterapia neoadiuvante primaria -chemioterapia elettiva -chemioterapia palliativa -trattamenti integrati multimodali -chemioterapia ad alte dosi Chemioterapia adiuvante: trattamento sistemico effettuato dopo controllo locoregionale della malattia, ottenuto chirurgicamente o con terapia radiante, ed in assenza di malattia clinicamente evidente. Il suo obiettivo è l’eliminazione di eventuali micrometastasi in pazienti a rischio di ripresa di malattia e l’aumento della % di guarigione. È una terapia che si fa a scopo precauzionale, preventivo. Esiste un razionale nel fare questo tipo di trattamento perché quando abbiamo la diagnosi di tumore la gran parte della storia della malattia si è compiuta per tanto c’è la possibilità che delle cellule si siano staccate dal tumore primitivo e abbiano dato micrometastasi non visibili con nessuna indagine radiologica. Possiamo sulla scorta di fattori prognostici prevedere l’eventuale presenza di micrometastasi. Sappiamo che l’interessamento dei linfonodi locoregionali al momento dell’intervento produce una probabilità del 40% o 50% di micrometastasi. Ovviamente si tratta sempre di stime sebbene siano molto accurate. In base a ciò valutiamo il rischio di possibile ripresentazione della malattia e facciamo un trattamento sistemico in un momento in cui le cellule sono potenzialmente sensibili al trattamento. Una volta rimosso il tumore primario è probabile che alcune cellule possano riattivarsi da uno stato di quiescenza in senso negativo per cui la somministrazione di un trattamento sistemico in assenza di malattia riduce la probabilità che la malattia si ripresenti. La micrometastasi è un tumore costituito da pochissime cellule probabilmente tutte uguali, per cui è possibile che non si sia sviluppata resistenza ai trattamenti, inoltre se sono in fase di replicazione si mostrano più sensibili ai farmaci. La terapia è volta ad impedire il passaggio alla fase metastatica in cui la cura non è più possibile e si cerca solo di prolungare la sopravvivenza. È sulla base di fattori prognostici e fattori di rischio che si selezionano i pazienti che possono beneficiare del trattamento. Il trattamento ha mostrato efficacia nella cura del tumore mammario, colonrettale, gastico, sarcomi dei tessuti molli, e carcinoma del polmone non a piccole cellule. Studi compiuti nel carcinoma mammario condotti su pazienti in terapia sistemica dimostrano una riduzione del rischio di ricaduta del 36% in donne sotto i 50 anni e del 20% in donne tra i 50 e 69 anni; il rischio di morte invece, era sceso del 27% in donne sotto i 50 anni di età e dell’11% in donne tra i 50 e 69 anni. 3 Terapia neoadiuvante o primaria: è il trattamento sistemico che viene effettuato prima della terapia locale in assenza di evidenza clinica di metastasi a distanza. In tal caso abbiamo al momento della diagnosi un tumore che non è candidabile ad un trattamento locale di tipo radicale giacché è una lesione troppo avanzata o sito in una sede chirurgica in cui l’intervento potrebbe essere troppo demolitivo. La terapia sistemica allora si prefigge l’obiettivo di arrestare la malattia in modo da impedire la formazione di metastasi che compromettono la vita del paziente. In seconda istanza si fornisce una radicalità chirurgica magari in un tumore non raggiungibile al momento della diagnosi perché troppo esteso o un intervento che mi dia migliori risultati in termini estetico-funzionale, pensiamo ai tumori testa collo dove un intervento chirurgico al momento della diagnosi può essere molto demolitivi o non conciliabile con un buon funzionamento. Ci sono altri aspetti che rendono affascinante la terapia primaria ad esempio essa mi permette di valutare sul tumore l’efficacia del trattamento prima e dopo l’intervento, valutando l’eventuale cambio di taluni parametri in corso di trattamento, è dunque importante per la ricerca, nonché fornisce in vivo sul paziente la dimostrazione se quel trattamento è efficace o no. Quando trovo una paziente con nodulo mammario e linfonodo positivo, tratto la paziente dopo l’intervento chirurgico con un trattamento sistemico standard usando i farmaci che si sono dimostrati più attivi in studi condotti su migliaia di donne. Il fatto che il trattamento standard sia il più efficace su migliaia di donne non vuol dire che necessariamente esso funzioni con uguale efficacia anche sulla mia paziente. Può capitare infatti di osservare resistenza al trattamento preposto per cui la paziente sottoposta ai 4 cicli di chemio ne fa un altro ancora senza risultati sperati. La possibilità di avere un tumore in sede permette di studiarne le risposte ai trattamenti e la valutazione diretta dell’efficacia del trattamento su quella specifica paziente. Per i trattamenti precauzionali effettuati dopo rimozione chirurgica dei tumori, occorrono molti anni prima di poter avere stime di efficacia in quanto servono % di pazienti che ricadano, e % di pazienti che muoiono per quella malattia. Questo approccio terapeutico ha dato buoni risultati nei sarcomi dell’osso, nei sarcomi dei tessuti molli in cui il trattamento primario permette una chirurgia conservativa, il che è importante quando ad esempio un tumore colpisce una articolazione. Altre sedi importanti sono il tumore della vescica, della mammella sia se localmente avanzato sia se non operabile con buoni risultati estetici, nel tumore testa collo, e nel carcinoma dell’esofago. Esistono condizioni in cui l’unico trattamento da offrire è la chemioterapia vedi i linfomi patologie sistemiche aggredibili con trattamento sistemico, nonché nella malattia metastatica in cui si cerca di rallentare il più possibile il decorso della malattia, impedendo l’insufficienza d’organo in presenza di metastasi viscerali.Può darsi solo la chemio o l’integrazione di questa ad altri trattamenti. Quando l’unico fine è quello di ritardare i sintomi di malattia si ricorre alla terapia palliativa. Nelle pazienti con aspettativa di vita superiore ai 3 mesi si può dare la chemioterapia a dosi basse poco tossiche le quali riescono a garantire una migliore qualità di vita. 4 Fortunatamente abbiamo dei farmaci con eccellenti profili di tossicità, ben tollerati, i quali associati alla terapia del dolore, di supporto, nutrizionale rallentano la progressione della malattia. Quindi anche in fase molto avanzata la chemioterapia continua ad avere una sua importanza. Terapia ormonale: i tumori sensibili all’azione ormonale sono quelli della mammella e della prostata, in certi casi la terapia ormonale è molto efficace, ha profili di tossicità eccellenti e riveste un ruolo importante nella cura dei tumori tanto da essere il farmaco di scelta nelle malattie avanzate insieme alla radioterapia per metastasi sull’apparato scheletrico e alla chirurgia delle metastasi cerebrali, o per le occlusioni intestinali (interventi a sede palliativa). Esistono situazioni in cui la chemioterapia e la radioterapia sono associate questo è possibile in quanto esistono farmaci che non solo agiscono da antitumorali diretti ma potenziano l’effetto della radioterapia. I farmaci in questione sono il CPPD, 5-FU, MITAMICINA C, GEMCITABINE, TAXANES. La combinazione di radio e che mio ha dato in alcuni tumori buoni risultati: -CARCINOMA DELL’ANO; -DEL RETTO; -TUMORI TESTA COLLO; -K. ESOFAGEO –TUMORE DEL PANCREAS; -DELLA VESCICA e DELLA CERVICE UTERINA. Chemioterapia ad alte dosi con supporto di cellule staminali autologhe Il concetto si ricollega a quello della intensità di dose, per riuscire a uccidere il maggior numero di cellule tumorali incrementiamo la dose del farmaco fino a 8 10 volte la dose max tollerata oltre la quale non si può andare. Per non creare eccessivo danno adoperiamo farmaci con tossicità selettiva a livello del midollo osseo, prima di iniziare il trattamento stimoliamo con l'uso della chemio a basse dosi, con citochine midollari e fattori di crescita il midollo osseo per ottenere in circolo i progenitori ematopoietici, i quali saranno raccolti dal circolo periferico (quindi senza fare il prelievo del midollo osseo). Con l’uso di un macchinario che esegue la leucoferesi si procede alla raccolta dei progenitori ematopoietici che poi verranno congelati. Dopo il trattamento ad alte dosi di chemioterapici si reinfondono le cellule autologhe (dello stesso paziente). Queste cellule rimesse in circolo raggiungono il midollo e proliferano facendo recuperare dalla tossicità midollare. Ovviamente il paziente andrà posto in camera di degenza protetta, in ambiente sterile per qualche giorno. La chemioterapia ad alte dosi ha avuto fortune alterne in oncologia: c’è stato un tempo in cui ripensava che fosse la soluzione a tutti i tipi di tumori, poi c’è stato un tempo in cui si pensava non fosse di grande efficacia fin quando ha dimostrato di essere efficace e di utilità nella cura dei linfomi Hodgkin e non Hodgkin rimane in studio il suo impiego nel tumore mammario ad alto rischio ovvero per pazienti che al momento dell’intervento avevano più di 10 linfonodi positivi e per questo ad alto rischio di ricaduta. Si è notato che la chemioterapia ad alte dosi produce buoni risultati anche sul tumore dell’ovaio, delle cellule germinali, a piccole cellule del polmone. Tra tutti comunque i tumori che più beneficiano della terapia ad alte dosi sono linfomi e cancro della mammella ad alto rischio. 5 Il limite di questa terapia sta nella sua tossicità sistemica e d’organo, nella chemioresistenza, nel volume tumorale che può influire o meno sull’efficacia dei farmaci e poi in generale di quelli che sono gli effetti collaterali dei farmaci chemioterapici. Questi farmaci colpiscono tutte le cellule del corpo in particolar modo quelle replicanti, in attiva proliferazione vedi le cellule del sistema linfatico, del midollo ematopoietico, dell’epitelio del tratto gastroenterico, cute, bulbo pilifero ed epitelio germinativo delle gonadi. Gli effetti collaterali più comuni che si riscontrano per tutti i farmaci indipendentemente dalla dose, dalla classe e dal tipo sono disturbi gastroenterici, alopecia (era più tipica per alcune classi ma ultimamente molti farmaci hanno perso questa tossicità, il problema era più sentito dalla donne),nausea e vomito. I chemioterapici ledono la mucosa gastroenterica procurandone disturbi con infiammazione del cavo orale che può andare da un banale arrossamento fino ad una ulcerazione con sopra infezione da candida, microbi anaerobi del cavo orale. Ci sono situazioni in cui è interessata intensamente la mucosa della faringe per cui è necessario intraprendere una nutrizione per via endovenosa. Nel 90% dei casi si parla di tossicità maneggevoli che si tengono sotto controllo con sciacqui o soluzioni antifungine. L’interessamento del cavo orale in genere comporta il coinvolgimento di tutto il tratto enterico procurando diarrea da lieve a grave tanto da rendere necessaria l’idratazione da perdita di liquidi. La alopecia da chemioterapici è totale ma transitoria, mentre quella da radioterapia non è totale ma irreversibile per lo più, vedi i pazienti che per tumori dell’encefalo fanno l’irradiazione. Per ciò che riguarda la nausea e il vomito riusciamo ad ottenerne un buon controllo con l’uso di antiserotoninergici centrali tanto da essere lamentati come minimi problemi. Altri problemi possono verificarsi a carico del cuore per la cardiotossicità delle antracicline con effetto dose dipendente, ecco perché prima di programmare un trattamento con questi farmaci bisogna valutare accuratamente la funzionalità cardiaca. La bleomicina produce tossicità dose dipendente, ma ci sono condizioni in cui la tossicità non dipende dalla dose e si manifesta sin da subito, fortunatamente questa evenienza è molto rara, ma se un paziente trattato con citadina diventa dispnoico bisogna pensare all’eventuale tossicità del farmaco. Altri problemi quali tossicità renale del platino, cistite emorragica, problemi di iperpigmentazione della cute, ritenzione di liquidi che può dare versamenti pleurici, peritoneali,reazioni anafilattiche, neuropatie periferiche per lo più parestesie, formicoli, difficoltà a tenere in mano gli oggetti piccoli. Il cisplatino può dare tossicità sul nervo acustico, tutti questi problemi importanti sono fortunatamente rari. La resistenza genetica o permanente è quella che deriva da mutazione della cellula neoplastica acquistando caratteristiche che la rendono molto resistente ai farmaci per 6 cui occorre sostituire il farmaco o combinarne alcuni con diverso meccanismo d’azione. La resistenza temporanea è legata a problemi di incapacità del farmaco a penetrare nel sito bersaglio vedi SNC, meningi, o in zone poco vascolarizzate in cui il farmaco arriva con molta difficoltà riducendo l’efficacia del trattamento. Possono esserci problemi legati alla cinetica cellulare, in un tumore con cellule proliferanti e cellule quiescenti il trattamento colpirà solo le proliferanti e non le quiescenti insensibili ai farmaci. Terapia locoregionale delle metastasi: per le metastasi sulle meningi si può provare ad instillare il farmaco nell’endorachide, su masse voluminose e poco vascolarizzate posso fare una chirurgia per ridurre la massa e favorire l’azione di un farmaco su una massa più piccola: vedi tumore dell’ovaio in fase avanzata. Oppure stimolo la crescita di altre cellule che proliferando diventano sensibili ai farmaci. Uno dei fattori responsabili della resistenza genetica è l’espressione della proteina P 170 una pompa di membrana che butta fuori dalla cellula tumorale i farmaci citotossici, sono stati studiati allora dei farmaci che possono bloccare questa proteina. Il tessuto che produce più P 170 è la placenta ciò vuol dire che la chemioterapia può essere fatta anche in gravidanza, dato che i farmaci non giungono nel circolo fetale. Terapia ormonale I tumori ormono sensibili sono quelli della mammella, prostata, endometrio, la sindrome da carcinoide può giovare del trattamento con somatostatine, l’octreotidesomatostatina blocca i sintomi legati alla liberazione delle sostanze prodotte dal tumore. Così si può trattare l’anoressia usando ormoni che aumentino l’appetito contrastando la cachessia tumorale e possiamo inoltre cercare di aumentare il tono muscolare. Come farmaci si dispone di ormoni, antiormoni, inibitori dell’aromatasi, e gli agonisti dell’LHRH che bloccano l’asse ipotalamo ipofisi. Potrà accadere nella pratica medica di vedere pazienti operate di tumore mammario e in trattamento con TAMOXIFEN (farmaco di riferimento nel trattamento ormonale del tumore mammario). Per queste donne è raccomandato un controllo annuale o più ravvicinato nel tempo se dovessero osservarsi ispessimenti dell’endometrio prodotti dallo stesso farmaco, in caso positivo si dovrà sospendere il trattamento e sostituirlo per non incorrere nel rischio di sviluppo di un tumore dell’utero. Nel tumore della mammella possono essere adoperati altri farmaci sia come trattamento preventivo quindi adiuvante nei tumori che esprimono recettori ormonali, sia nella fase metastatica come trattamento antitumorale. Gli inibitori dell’aromatasi sono efficaci sostanzialmente quanto al tamoxifen, non arrecano tossicità all’utero ma funzionano solo in pazienti in post menopausa, in quanto in premenopausa la via dell’aromatasi non regola la liberazione di estrogeni, in più inducono osteoporosi quindi prima di darli bisogna valutare un'eventuale somministrazione di calcio e vitamine, nonché richiedere una mineralometria per ridurre i rischi da fratture patologiche ed osteoporosi. Accanto a queste strategie si profilano altre quali la terapia cellulare. 7 Studiando il profilo immunitario dei tumori si è visto che in alcuni timori ci sono cellule che infiltrano direttamente la neoplasia riuscendo a tenerla sotto controllo riconoscendone gli antigeni tumorali da qui parte tutta una serie di possibilità terapeutiche con l’utilizzo delle cellule NK, TIL, TCL, sfruttando le cellule attive del sistema immunitario contro il tumore. Un altro meccanismo importante è il trapianto allogenico usando cellule di un soggetto compatibile ma non aploidentico generalmente un fratello si infondono al soggetto cellule staminali di midollo previo trattamento mieloablativo blando per creare lo spazio in cui attecchiranno le cellule infuse. Integrandosi con le cellule del soggetto ricevente si moltiplicano, esse hanno la capacità di riconoscere l’antigene tumorale inducendovi contro una reazione immunitaria. Infatti le cellule del ricevente hanno perso la capacità di riconoscimento e non sono più in grado di attivare una risposta contro il tumore. Le cellule del donatore attivano la GRAFT VERSUS TUMOR meccanismo simile a quello del trapianto di midollo sull’ospite che viene ricercato per contrastare il tumore, e controllato con terapia immunosoppressiva e cortisonica indirizzando la reazione contro gli antigeni tumorali. Farmaci diretti contro il tumore Anticorpi monoclonali , piccole molecole inibitorie tirosin chinasi, e farmaci interferenti con i meccanismi coinvolti nell’angiogenesi sono i più adoperati. Anticorpi monoclonali Negli ultimi anni si è visto che i tumori epiteliali quindi quello della mammella, del polmone, colon ed altri ancora esprimevano i recettori della famiglia HER , ovvero recettori per fattori di crescita epiteliale. Questi recettori dopo legame con il ligando dimerizzano per attivare la cascata delle chinasi intracitoplasmatiche in seguito alla quale parte il segnale alla proliferazione cellulare. Una loro iperattivazione si traduce per tanto in aumento della proliferazione e quindi maggiore probabilità che si originino nuovi cloni resistenti ai farmaci. Si sta cercando di sviluppare farmaci capaci di bloccare questi recettori o con l’uso di anticorpi monoclonali o con piccole molecole tirosin chinasi inibitorie per cui il segnale extracellulare si traduce in inibizione della attività. Nel tumore della mammella abbiamo due modi per dosare l’espressione di HER2 (recettore di tipo 2 della famiglia dei fattori di crescita epiteliali) sappiamo che esso è iperespresso nel 25% dei tumori mammari, la sua espressione ha peggiore prognosi in quanto identifica tumori che danno facilmente metastasi, che sono invasivi, e più frequentemente hanno i recettori ormonali negativi. Possiamo identificarli tramite l’immunoistochimica con colorazioni su vetrino o con tecniche di ibridizzazione in fish che osserva l’amplificazione del recettore sull’epitelio, guardandone anche quante copie del recettore ci sono. Nei tumori che iperesprimono all’immunoistochimica e all’ibridizzazione in fish il recettore HER2 si adopera l’anticorpo monoclonale detto herceptin come terapia. Herceptin è un anticorpo monoclonale umano per il 95% e possiede una parte murina che serve a riconoscere l’antigene sulla cellula neoplastica, è stato approvato come trattamento di seconda linea nel tumore mammario metastatico nel 98. 8 Herceptin ha tossicità zero ed associato alla chemioterapia prolunga la sopravvivenza delle donne pretrattate e con tumore metastatico di 9 mesi. Se apparentemente sembrano pochi 9 mesi in più in realtà si tratta di un grande risultato dato che la sopravvivenza media di queste pazienti è di soli 20 mesi. Oltre alle molecole che agiscono bloccando le porzioni extracellulari dei recettori di membrana ci sono molecole capaci di interagire con il dominio intracitoplasmatico vedi lo ZD1839, farmaco attualmente registrato come trattamento di salvataggio nel tumore del polmone e in quello della mammella. Il farmaco attualmente registrato per la cura della leucemia mieloide cronica e per una forma rara di sarcomi del tratto gastrointestinale è l’STI571. Neoangiogenesi Le cellule tumorali sul terreno ospite producono fattori che inducono la produzione di nuovi vasi i quali raggiungono il nucleo tumorale permettendogli la sopravvivenza da un lato e la possibilità di metastatizzare dall’altro. Sono stati studiati farmaci in grado di interferire con il processo di neoangiogenesi, in particolare farmaci che inibiscono le cellule endoteliali che non stanno avendo molto successo vedi endostatine, talidomide, angiostatine. Considerato il ruolo importante degli induttori angiogenetici soprattutto il VEGF è stato ideato il suo inibitore detto bevacizumab attualmente farmaco importante che è associato alla chemioterapia per la cura dei tumori del colon e del rene uno dei tumori meno sensibile ai trattamenti odierni. Altra categoria di farmaci proposta è quella degli inibitori delle proteasi della matrice extracellulare, proteine importanti a distruggere la matrice extracellulare per favorire la migrazione dei vasi verso la sede dello stimolo e al contempo l’invasione delle cellule neoplastiche nei tessuti vedi PRINOMASTAT e MARIMASTAT. Esistono anche gli inibitori delle molecole di adesione ovvero le integrine proteine che mediamo il legame fra cellule endoteliali che si stanno formando e proteine della matrice extracellulare ma sono ancora in sperimentazione. Per ultimi citiamo gli inibitori delle COX2 ormai non più in uso perché aumentano il rischio di morte, erano stati studiati come antalgici generici. 9