DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO E SCUOLA
Michela Lopez
Introduzione: difficoltà scolastiche e disturbi dell’apprendimento
Il disagio scolastico è un fenomeno di ampie dimensioni (nei paesi sviluppati
ha un’incidenza del 15%) influenzato da un a pluralità di fattori e, stando ai
risultati di alcune ricerche condotte in ambito italiano ed europeo, cresce col
progredire del grado di scolarizzazione. Infatti le difficoltà scolastiche,
intese genericamente come difficoltà a svolgere con successo le attività
richieste dall’insegnante, tendono ad aumentare dalla scuola elementare alla
scuola media.
Questo potrebbe essere in parte spiegato, oltre che con la difficoltà crescente
dei compiti, tenendo conto della delicata fase di sviluppo che i ragazzi
attraversano tra i 10 e i 14 anni, fase caratterizzata da incertezza e da
ambiguità.
Nell’affrontare il discorso del disagio scolastico è comunque necessario tener
presente la diverse cause che ne sono alla base, per poter quindi intervenire
in maniera specifica e appropriata. In particolare possiamo far riferimento a
due tipi di problemi: problemi di origine ambientale e problemi di natura
endogena. Nel primo caso consideriamo quattro elementi fondamentali: le
difficoltà familiari, i problemi relazionali, i rapporti con gli insegnanti, lo
svantaggio culturale. Riferendoci a una difficoltà causata da uno o più di
questi fattori possiamo parlare ad esempio di deprivazione culturale o
insegnamento scadente.
Esistono delle difficoltà indipendenti dai fattori a mbientali, bensì riferibili a
cause endogene: tali disabilità derivano da una peculiare organizzazione del
sistema
neuropsicologico,
determinando
disturbi
permanenti
nella
realizzazione di alcune funzioni, quali la lettura, la scrittura, il calcolo. In
questo caso si parla di Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA).
E’ molto importante mettere in atto protocolli chiari per operare questa
distinzione: non è raro infatti che si faccia confusione tra i due tipi di
difficoltà. Questo può naturalmente provo care grossolani errori nel
predisporre gli interventi: nel caso di bambini con problemi legati a fattori
ambientali è necessario operare sull’ambiente, cercando di rimuovere o
modificare gli elementi che determinano le condizioni di difficoltà; nel caso
di bambini con DSA gli interventi, tenendo conto delle condizioni di partenza
del soggetto, devono mirare a ridurre le conseguenze funzionali del deficit.
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento sono disturbi dell o sviluppo che
determinano rilevanti difficoltà nell’acquisizione delle abilità scolastiche
(lettura, scrittura, calcolo), abilità che costituiscono il nucleo principale
dell’istruzione.
Tali compromissioni nell’apprendimento non sono il risultato diretto di altre
patologie (ritardo mentale, deficit neurologici, deficit sensoriali, disturbi
emotivi) né il risultato di inadeguate opportunità scolastiche; sono di origine
costituzionale; non sono facilmente prognosticabili prima dell’età scolare;
accompagnano il soggetto nel corso dello sviluppo; non sono guaribili, ma è
possibile modificarne le conseguenze funzionali tramite misure rieducative;
spesso sono accompagnati da disturbi della condotta; spesso sono associati a
disturbi dell’attenzione e dell’iperatti vità.
Le difficoltà di lettura, di scrittura e di calcolo possono coesistere o
presentarsi come sintomi isolati. Nel primo caso parliamo di Sindrome
Dislessica; nei casi di sintomi isolati abbiamo rispettivamente la Dislessia
(disturbo di lettura); la Diso rtografia e la Disgrafia (disturbi di scrittura); la
Discalculia (disturbo del calcolo).
La dislessia evolutiva (che si differenzia dalla dislessia acquisita la quale
non è di natura costituzionale) si manifesta quando un bambino, esposto a
normale iter scolastico, non sviluppa, o sviluppa in maniera molto incompleta
o con grandi difficoltà, la capacità di identificare in modo automatico la
parola scritta. I bambini commettono numerosi errori e sono molto lenti
rispetto al grado di istruzione e alla media d ei loro coetanei.
Un bambino disortografico, nonostante una normale istruzione,
non
apprende, o apprende in maniera incompleta la capacità di scrivere
correttamente in modo automatico; egli ha difficoltà nell’applicazione delle
regolo ortografiche.
La disgrafia riguarda le abilità esecutive della scrittura: comporta una
scrittura indecifrabile o comunque di difficile interpretazione, il cui tracciato
è difforme rispetto alle convenzioni di scrittura.
La discalculia riguarda appunto l’aritmetica (scrittura e lettura dei numeri,
conteggio in avanti e reverse; calcoli a mente): è una disabilità specifica
dell’apprendimento del calcolo che ostacola la corretta esecuzione degli
algoritmi delle varie operazioni aritmetiche.
I bambini con DSA possono riportare di fficoltà anche nel ricordare l’ordine
dei mesi, dell’anno, delle stagioni; nell’imparare le tabelline e l’alfabeto; nel
definire le distanze tra località geografiche; nella lettura dell’orologio.
Spesso non riescono a ricordare la loro data di nascita o la data di feste come
natale; molti confondono la destra con la sinistra; non hanno un buon senso
del tempo; a volte hanno difficoltà nell’espressione verbale del pensiero,
hanno un lessico povero.
Essi incontrano grosse difficoltà nell’apprendimento delle l ingue straniere, in
particolare di quelle che non hanno un’ortografia “trasparente” come
l’ortografia italiana: ad esempio nella lingua inglese non vi è una
corrispondenza univoca suono -segno (una lettera ha suoni diversi a seconda
della parola in cui è inserita) e questo genera molte difficoltà nei bambino
che hanno già problemi nella transcodifica dei suoni in segni e dei segni in
suoni.
A queste possono aggiungersi importanti difficoltà comportamentali, quali
facile distraibilità; impulsività, irrequiete zza, insofferenza; aggressività;
pigrizia, svogliatezza; grande senso di frustrazione; basso livello di
autostima. Possono inoltre verificarsi reazioni psicosomatiche come nausea,
cefalea, ecc. Queste reazioni non sono cause, bensì conseguenze del disturbo
(e spesso del modo errato in cui viene affrontato): rappresentano infatti la
risposta ad una situazione di disagio e spesso un rifiuto del bambino ad
operare in un ambito dove trova molti ostacoli. Si è visto che nella maggior
parte dei casi i maschi pres entano più problemi di esternalizzazione
(aggressività, disturbi della condotta) che li porta ad essere rifiutati dalla
classe, mentre le bambine tendono a “scomparire”, ad isolarsi.
L’adulto di fronte al bambino con DSA
Frequentemente per gli adulti i bambini con DSA rappresentano un “enigma”.
Hanno un’intelligenza nella media, sono spesso brillanti e spigliati, eppure si
trovano in difficoltà di fronte a compiti semplici. La lettura e la scrittura
sono infatti abilità di facile acquisizione: il 90% di scolari di prima
elementare apprende il codice alfabetico nel giro di due mesi e anche soggetti
con deficit cognitivo medio riescono a imparare la letto -scrittura.
Spesso gli adulti attribuiscono le difficoltà a scarsa intelligenza o a
svantaggio cultural e, ma una volta scartata questa ipotesi l’interpretazione
diventa più ardua.
Ci si convince frequentemente che il bambino sia pigro e svogliato e lo si
pone di fronte a richieste eccessive, come lunghe ripetizioni di lettura,
rinforzandolo negativamente pe r compiti mal eseguiti. Nonostante ciò il
rendimento non cambia e questo genera frustrazione nell’adulto, oltre che nel
bambino stesso.
A volte si ricorre alla certificazione di handicap e quindi all’insegnante di
sostegno, non sempre in grado di attuare l e misure educative idonee ad un
bambino con certi tipi di disturbo.
Frequenti sono le bocciature, soprattutto durante le scuole medie.
Si genera così un circolo vizioso: il bambino non riesce in compiti per altri
semplici; l’adulto lo pone di fronte a rich ieste eccessive; ciò genera nel
bambino frustrazione, disturbi psicologici e comportamentali che a loro volta
provocano sanzioni e rinforzi negativi da parte dell’adulto. Tutto questo va a
complicare il problema. Frequente è l’abbandono scolastico. Bisogna
aggiungere che il non riconoscimento immediato del disturbo ritarda la
diagnosi e uno degli elementi fondamentali per poter intervenire con
successo sui DSA è proprio la diagnosi precoce (l’ideale sarebbe in seconda
elementare).
Inoltre succede frequentem ente che i genitori si sentano colpevoli delle
difficoltà del figlio: in realtà è assolutamente sbagliato cercare le cause del
DSA nella qualità delle relazioni con i genitori: come già specificato si tratta
di disturbi di natura genetica. E’ molto importa nte quindi spiegare ciò ai
genitori ed al bambino: si eviteranno così frustranti ed inutili sensi di colpa.
Come accorgersi di avere di fronte un bambino con DSA.
L’insegnante è nella posizione più adatta per accorgersi di avere di fronte un
bambino con DSA: è infatti la scuola il luogo dove il bambino mostra
costantemente le sue capacità nell’ambito della scrittura, della lettura e del
calcolo. Certamente l’insegnante non può far diagnosi, ma può segnalare il
problema alla famiglia e alla ASL di compe tenza, oltre che attuare interventi
idonei in classe.
Per questo è necessario che l’insegnante presti particolare attenzione ad
alcuni sintomi caratteristici: la scuola è il luogo primario in cui essi si
manifestano.
Scuola materna
Già nella scuola materna vi sono elementi predittivi, sintomi che evidenziano
il rischio di una futura dislessia. Il bambino può presentare difficoltà di
linguaggio: fare confusione tra i suoni, possedere una sintassi inadeguata alla
sua età, non riuscire a produrre frasi comp lete; può presentare difficoltà
fonologiche, sostituendo lettere (ad esempio s con z o p con b), omettendo
lettere e parti di parole, mostrando inadeguatezza nei giochi linguistici, nel
riconoscere e costruire rime, nell’isolare il primo suono delle parole o
l’ultimo. Il bambino può avere difficoltà a compiere esercizi metafonologici
(per esempio “se ad agosto tolgo sto cosa rimane?”); difficoltà nel copiare da
un modello; può mostrare disordine nello spazio del foglio; difficoltà di
memoria e di attenzione ; problemi di manualità fine, goffaggine nel vestirsi,
allacciarsi le scarpe; difficoltà nel distinguere destra e sinistra; difficoltà a
ripetere sequenze ritmiche e a mantenere il tempo.
A questa età non è ancora possibile fare diagnosi di DSA, ma si può già
intervenire sul disturbo del linguaggio e sulle altre difficoltà con una
didattica adeguata ed eventualmente con interventi riabilitativi mirati.
Scuola elementare, media, superiore
Il bambino può mostrare difficoltà nel copiare alla lavagna; pu ò assumere
una postura particolare per leggere (per esempio particolarmente vicino al
foglio); può saltare parole o righe durante la lettura; non riuscire ad
organizzare lo spazio nel foglio e scrivere con una grafia difficilmente
decifrabile; spesso non r iesce a riconoscere i diversi caratteri tipografici e ha
difficoltà soprattutto nell’uso dello stampato minuscolo. Tra gli errori tipici:
scambio di lettere e numeri ( p/b, 41/14), sostituzione di suoni simili( m/n,
p/b, s/z), difficoltà nei suoni difficili da pronunciare (chi/che, gn/gl), errato
uso delle doppie e della punteggiatura. In generale la padronanza fonologica
risulta inadeguata.
Per quanto riguarda l’aritmetica il bambino può non riuscire a fare calcoli in
automatico, a fare numerazioni regressi ve, ad imparare le procedure delle
operazioni aritmetiche.
Inoltre il ragazzo può presentare difficoltà di memoria (semantica e
procedurale) e di attenzione.
E’ importante che l’insegnante presti particolare attenzione a questi sintomi,
informandosi il pi ù possibile sul problema e confrontandosi poi con gli altri
insegnanti, con i genitori ed eventualmente con la ASL. Nel caso in cui il
bambino abbia già una diagnosi, è importante che l’insegnante si informi
sulle sue difficoltà specifiche in modo da decid ere, con gli altri docenti, la
didattica più adeguata. Non è necessario usare una didattica diversa solo per i
bambini con DSA, è possibile usare la stessa didattica per tutti, tenendo
conto dei tempi e dei modi di ognuno. Ma come?
La didattica: indicazioni per l’organizzazione del lavoro in una
classe con bambini con DSA
Sebbene un lavoro riabilitativo condotto da uno specialista possa risultare
molto importante nei primi anni di scolarizzazione (scuola materna e primo
ciclo elementare), la corretta co nduzione dell’attività scolastica ha
indubbiamente una grossa influenza sullo sviluppo delle capacità del
bambino con DSA (come di tutti gli altri bambini), sul suo successo
scolastico e di conseguenza sulla sua autostima e sulle scelte future.
L’atteggiamento dell’insegnante in classe
E’ fondamentale che l’insegnante abbia un atteggiamento di accoglienza, che
comunichi desiderio di aiutare i ragazzi e di vederne i progressi; che
riconosca la frustrazione del bambino con DSA mostrando comprensione,
premura e interesse; che si impegni a stabilire un buon rapporto con l’allievo,
con i genitori ed eventualmente con i servizi; che spieghi ai compagni la
natura del problema, in modo che il bambino non venga umiliato e deriso;
che incoraggi il bambino a mettere in risalto i suoi talenti. Ma soprattutto
bisogna tener ben presente che lo scopo dell’insegnamento non è di portare
tutti i bambini allo stesso livello, ma considerare le potenzialità di ognuno e
fare in modo che possa svilupparle: è inverosimile aspetta rsi da un dislessico
di terza elementare che legga come i suoi coetanei, come sarebbe
inverosimile chiedere ad un cieco di vedere come gli altri. L’obiettivo di far
raggiungere a tutti i bambini lo stesso livello è sbagliato perché non
realizzabile e spes so destinato a provocare frustrazione in molti bambini e
nell’insegnante stesso.
La presenza di alunni con difficoltà di apprendimento richiede ai docenti
flessibilità mentale e organizzativa, in contrasto con la rigidità di strutture e
modelli gestionali. Non hanno senso regole che prescindano dalle persone cui
sono destinate, né un atteggiamento che non consideri le peculiarità di coloro
che ci sono di fronte.
E’ importante che il docente guardi negli occhi il bambino mentre gli parla,
controllando che faccia attenzione durante le spiegazioni; che scriva le cose
alla lavagna in modo chiaro e in stampato maiuscolo, assicurandosi che non
vengano cancellate finché tutti non le abbiano copiate correttamente, quando
possibile girando fra i banchi per controll are quaderni e diari.
In generale è positivo dedicare del tempo a parlare delle difficoltà di ognuno
in modo che possano essere comprese dal resto della classe. E’ consigliabile
coinvolgere l’alunno nel progetto educativo, spiegandogli a cosa serve un
certo lavoro e riconoscendone le difficoltà. E’ bene inoltre rinforzare
positivamente gli alunni per i loro sforzi, in modo da rafforzarne l’autostima,
senza per questo diventare troppo permissivi e continuando ad esortarli
all’impegno.
Oltre ad adottare misure che dispensino il bambino dislessico da compiti per
lui troppo gravosi (ad esempio lettura di testi lunghi e difficili, verifiche
scritte, in particolare in lingua straniera), gli insegnanti devono incoraggiare
l’utilizzo di ausili che compensino le s ue difficoltà e che gli saranno utili per
il resto della vita (computer con correttore ortografico, calcolatrice, audio registratore, etc.).
L’organizzazione dell’ambiente
L’organizzazione
dello
spazio
ha
un’influenza
fondamentale
sull’apprendimento: una buona organizzazione spaziale permette agli alunni
di orientarsi meglio nelle attività e di avere dei punti di riferimento precisi.
A seconda dell’età dei bambini, si può attrezzare l’aula con cartelloni,
calendari, cartine geografiche chiare, linee dei numeri, grafici. Per tutte le
scritte nell’aula è bene usare lo stampato maiuscolo.
Per i più bimbi di scuola materna si possono appendere alle pareti cartelloni
con i nomi per l’appello, con il programma giornaliero, con gli incarichi; si
possono mettere simboli chiari e scritte sui contenitori, sugli armadi, sugli
oggetti. Con i più grandi sarebbe bene attrezzare una parete per la scrittura,
con riferimenti visivi chiari per ogni lettera, ed una parete per i numeri,
anch’essi ben visibili. Con l’avanzam ento nel percorso scolastico (secondo
ciclo elementare, scuole medie e superiori) si possono costruire riferimenti
visivi per ogni materia ed attività (geografia, lingua straniera, ecc.).
A tutte le età è importante che vi sia in aula un orologio grande e leggibile.
E’ bene inoltre posizionare il banco del bambino dislessico di fronte alla
lavagna, in modo che possa leggere bene ciò che viene scritto.
La lettura
E’ importante evitare la lettura ad alta voce, soprattutto ai soggetti con DSA
per i quali risulta particolarmente frustrante. Non è necessario usare libri
uguali per tutti durante la lettura dei quali tenere il segno, poiché ognuno ha
una velocità diversa. Si può predisporre una biblioteca di classe con libri di
vario tipo, formato, caratteri, difficoltà. Sarebbe utile dedicare una parte
della giornata alla lettura individuale, preferibilmente di testi di svago;
mentre sarebbe meglio che sia l’insegnante a leggere ad alta voce testi
specifici delle varie materie. L’insegnante potrebbe anche leg gere ad alta
voce agli alunni fiabe, favole, racconti che stimolino il desiderio di leggere.
In ogni caso gli allenamenti di lettura devono essere brevi sia a scuola che a
casa (non più di 10-15 minuti) e questo suggerimento è valido anche per le
altre attività: bisogna lasciare ai bambini il tempo di riposare.
La lettura non è l’unico mezzo per studiare: le informazioni possono essere
veicolate attraverso canali alternativi: lezioni verbali o letture fatte
dall’insegnante, da un compagno, dai genitori; al cuni brani possono essere
registrati su audiocassette in modo che il bambino possa riascoltarle
autonomamente; esistono strumenti quali libri parlanti e sintesi vocali.
La scrittura
Per la scrittura bisogna tener presente la frequente confusione che i bambini
con DSA fanno tra diversi caratteri tipografici. E’ preferibile iniziare con lo
stampato maiuscolo, più facile da copiare, scrivere e riconoscere e non
presentare più caratteri contemporaneamente. Bisogna introdurre lo stampato
minuscolo solo quando tutti i suoni, compresi quelli complessi (ad es. i
digrammi) siano stati presentati, in modo da non unire difficoltà a difficoltà.
Il corsivo deve essere introdotto con lentezza, anche in seconda. In ogni
caso è bene permettere di usare ai bambini il carattere che vogliono: si tratta
di un mezzo per scrivere e non deve diventare più importante della scrittura
stessa.
Quando è possibile è meglio sostituire le verifiche scritte con prove orali,
soprattutto per le lingue straniere
E’ importante dare indic azioni molto precise durante le fasi di apprendimento
della scrittura: fornire modelli e soffermarsi sul movimento della mano, le
altezze, la direzione del gesto. Sarebbe preferibile usare i quadretti
centimetrati per lo stampato maiuscolo, i quadretti di mezzo centimetro per
lo stampato minuscolo e le righe di prima classe per il corsivo.
E’ bene cercare occasioni allettanti per motivare i ragazzi alla scrittura: ad
esempio scambiare messaggi con i compagni e con le insegnanti; scrivere
lettere a personagg i famosi; descrivere giocattoli o avvenimenti quali feste e
viaggi; scrivere fumetti e per i più grandi giornali scolastici, poesie,
pubblicità.
Bisogna lavorare molto sull’ortografia ed eventualmente ricorre a mezzi
compensativi (computer con correttore automatico) per i bambini con
difficoltà molto gravi in quest’ambito. Inoltre non bisogna insistere troppo
con lo studio della grammatica, in particolare in senso classificatorio: per i
bambini con DSA è molto difficile ricordare le classificazioni grammat icali
(soggetti, verbi, complementi).
Il calcolo
Per la matematica il consiglio fondamentale è uno lasciare che il bambino
con DSA usi la tavola pitagorica, la calcolatrice, il computer. Le difficoltà di
questi soggetti riguardano soprattutto il contegg io in avanti e indietro,
l’apprendimento delle tabelline, la lettura e la scrittura dei numeri,
l’apprendimento degli algoritmi delle operazioni a mente e in colonna,
mentre solitamente non hanno difficoltà nel problem solving. Permettere ai
bambini dislessici di ridurre il carico esecutivo tramite l’ausilio di strumenti
compensativi fa in modo che essi possano sviluppare la loro capacità di
risolvere i problemi. Ciò non esclude la possibilità di esercitarsi, almeno fino
alla quinta elementare, nel calcolo scritto e in colonna, al di fuori delle
situazioni di problem solving. Ma anche in questo è necessario non essere
troppo esigenti.
L’insegnante di sostegno
Allo stato attuale non esiste una legge specifica per l’integrazione dei
bambini con DSA a scuola . E’ possibile assegnare un’insegnante di sostegno
ai dislessici attraverso la certificazione ai sensi della legge 104/92 per
l’integrazione scolastica dei portatori di handicap.
La scelta di chiedere il sostegno o meno dipende da caso a caso: è necessario
valutare la gravità del problema e il disagio che un eventuale certificazione
comporterebbe, ad esempio l’essere etichettato come “diverso” di compagni o
dagli stessi insegnanti.
La presenza di un insegnante di sostegno può essere utile con la funzione di
lettore; aiutante nel prendere appunti durante le lezione; aiutante
nell’insegnare strategie di studio, nell’utilizzo degli strumenti compensativi
(ad esempio programmi di video scrittura), nello studio di materie
particolarmente difficili per i dislessic i (come la lingua straniera); come
sostegno psicologico. A questo scopo è importante che la persona che abbia
questo incarico sia ben informata sul problema e sulle giuste modalità di
lavoro, che si faccia il possibile affinché la sua presenza non sia viss uta
come un elemento di emarginazione ed infine che la presenza costante di un
aiuto non renda l’alunno incapace di lavorare in modo autonomo.
Conclusioni
E’ molto importante acquisire conoscenze sui DSA, in particolare per coloro
i quali, lavorando in ambito scolastico, vengono frequentemente a contatto
con questo tipo di problema. Purtroppo nel nostro Paese ci sono ancora molti
insegnanti che sanno poco o nulla della dislessia e che non sono in grado di
distinguere (neanche a livello ipotetico) un alu nno svogliato da un alunno
con disturbo dell’apprendimento e comunque non sanno come comportarsi di
fronte a un bambino con diagnosi di DSA. A volte l’insegnante di sostegno
potrebbe essere un modo per non affrontare il problema, per non mettere in
discussione i propri metodi didattici, inadeguati per un dislessico (ma anche
per altri bambini con difficoltà diverse).
Se si affronta nel modo giusto è possibile fare in modo che il problema
dislessia abbia un esito positivo e che l’abbandono scolastico non sia l’unica
alternativa per evitare la frustrazione. Questo non significa che il soggetto
“guarirà”: la dislessia non è una malattia, bensì una caratteristica
costituzionale e quindi non guaribile, ma le conseguenze funzionali si
riducono attraverso misure ri educative e didattiche adeguate.
E’ importante comprendere a fondo la natura di tale disturbo, in modo da
essere in grado di vedere gli strumenti compensativi non come ingiusta
agevolazione, ma come ausilio indispensabile, “protesi” necessaria, come lo
sono le lenti da vista per una persona miope.
Gli insegnanti hanno il dovere di rispettare i tempi di apprendimento di
ciascuno in modo da garantire a tutti il diritto allo studio ed hanno il dovere
di informarsi adeguatamente sui DSA per essere in grado di adottare la
didattica adeguata. E questo è valido per tutte le altre difficoltà che si
possono incontrare in ambito scolastico: per affrontare un problema bisogna
conoscerlo.
La scuola, se ben usata, è il miglior fattore protettivo contro il fallimento
scolastico: è questo il luogo primario dove approfondire, spiegare,
fronteggiare i problemi legati ai disordini dell’apprendimento.
CENNI BIBLIOGRAFICI
-
Associazione Italiana Dislessia, Dislessia e Scuola: Cosa Fare, Cosa Osservare, Cosa
Evitare, Bologna.
-
Associazione Italiana Dislessia, (1998), La Dislessia: Esiste anche in Italia?, (Atti del 1°
convegno nazionale), Bologna.
-
Associazione Italiana Dislessia, (2000), Il Dislessico A Scuola: Cosa Dice la Legge?,
Bologna.
-
Biancardi, A., (1997), La storia Naturale della Dislessia nel percorso scolastico, (Atti
del Convegno A.I.D: Il Bambino Dislessico), Bologna.
-
Biolcati, C., (1997), Le Basi Biologiche della Dislessia , (Atti del Convegno A.I.D: Il
Bambino Dislessico), Bologna.
-
Ghidoni, E.; Simoni, A., Un Fantasma nella Scuola, A.I.D, Bologna.
-
Loperfido, E., (1997), Dislessia e Problematiche Emotive, (Atti del Convegno A.I.D: Il
Bambino Dislessico), Bologna.
-
Luisi, A., (1997), La Scuola di fronte alla Dislessia, (Atti del Convegno A.I.D: Il
Bambino Dislessico), Bologna.
-
Meloni, M., Come Modificare la Didattica in Funzione della Dislessia, A.I.D, Bologna.
-
Meloni, M.; Sponza, N.; Kvilekval, P.; Valente M., C.; Bellantone, R. (2002), La
Dislessia Raccontata agli Insegnanti, Firenze, Libri Liberi.
-
Penge, R., (2001), I Problemi Psicopatologici nella Dislessia Evolutiva, (Seminario
introduttivo su dislessia e discalculia), Vicenza.
-
Profumo, E., (1997), La Riabilitazione del Dislessico, (Atti del Convegno A.I.D: Il
Bambino Dislessico), Bologna.
-
Profumo, E. (2001), La Discalculia: I Disturbi del Processamento Numerico, (Atti del
corso di formazione per insegnanti e operatori socio-sanitari), Thiene (VI).
-
-
Stella, G., (1997), La Dislessia Evolutiva, (Atti del Convegno A.I.D: Il Bambino
Dislessico), Bologna.
-
Stella, G.; Biancardi, A., (1997), La Dislessia Evolutiva e i Disturbi Specifici
dell’Apprendimento, I quaderni del G.L.I.P. – n° 2 – Gennaio 1997.
-
Stella, G,. (2001), Dislessia e Discalculia, (Atti del corso di formazione per insegnanti e
operatori socio-sanitari, ), Thiene (VI).
-
Stella, G. (2001), In Classe con un Allievo con Disordini dell’Apprendimento, Milano,
Fabbri Editore.