DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO E SCUOLA Michela Lopez Introduzione: difficoltà scolastiche e disturbi dell’apprendimento Il disagio scolastico è un fenomeno di ampie dimensioni (nei paesi sviluppati ha un’incidenza del 15%) influenzato da un a pluralità di fattori e, stando ai risultati di alcune ricerche condotte in ambito italiano ed europeo, cresce col progredire del grado di scolarizzazione. Infatti le difficoltà scolastiche, intese genericamente come difficoltà a svolgere con successo le attività richieste dall’insegnante, tendono ad aumentare dalla scuola elementare alla scuola media. Questo potrebbe essere in parte spiegato, oltre che con la difficoltà crescente dei compiti, tenendo conto della delicata fase di sviluppo che i ragazzi attraversano tra i 10 e i 14 anni, fase caratterizzata da incertezza e da ambiguità. Nell’affrontare il discorso del disagio scolastico è comunque necessario tener presente la diverse cause che ne sono alla base, per poter quindi intervenire in maniera specifica e appropriata. In particolare possiamo far riferimento a due tipi di problemi: problemi di origine ambientale e problemi di natura endogena. Nel primo caso consideriamo quattro elementi fondamentali: le difficoltà familiari, i problemi relazionali, i rapporti con gli insegnanti, lo svantaggio culturale. Riferendoci a una difficoltà causata da uno o più di questi fattori possiamo parlare ad esempio di deprivazione culturale o insegnamento scadente. Esistono delle difficoltà indipendenti dai fattori a mbientali, bensì riferibili a cause endogene: tali disabilità derivano da una peculiare organizzazione del sistema neuropsicologico, determinando disturbi permanenti nella realizzazione di alcune funzioni, quali la lettura, la scrittura, il calcolo. In questo caso si parla di Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA). E’ molto importante mettere in atto protocolli chiari per operare questa distinzione: non è raro infatti che si faccia confusione tra i due tipi di difficoltà. Questo può naturalmente provo care grossolani errori nel predisporre gli interventi: nel caso di bambini con problemi legati a fattori ambientali è necessario operare sull’ambiente, cercando di rimuovere o modificare gli elementi che determinano le condizioni di difficoltà; nel caso di bambini con DSA gli interventi, tenendo conto delle condizioni di partenza del soggetto, devono mirare a ridurre le conseguenze funzionali del deficit. I Disturbi Specifici dell’Apprendimento I Disturbi Specifici dell’Apprendimento sono disturbi dell o sviluppo che determinano rilevanti difficoltà nell’acquisizione delle abilità scolastiche (lettura, scrittura, calcolo), abilità che costituiscono il nucleo principale dell’istruzione. Tali compromissioni nell’apprendimento non sono il risultato diretto di altre patologie (ritardo mentale, deficit neurologici, deficit sensoriali, disturbi emotivi) né il risultato di inadeguate opportunità scolastiche; sono di origine costituzionale; non sono facilmente prognosticabili prima dell’età scolare; accompagnano il soggetto nel corso dello sviluppo; non sono guaribili, ma è possibile modificarne le conseguenze funzionali tramite misure rieducative; spesso sono accompagnati da disturbi della condotta; spesso sono associati a disturbi dell’attenzione e dell’iperatti vità. Le difficoltà di lettura, di scrittura e di calcolo possono coesistere o presentarsi come sintomi isolati. Nel primo caso parliamo di Sindrome Dislessica; nei casi di sintomi isolati abbiamo rispettivamente la Dislessia (disturbo di lettura); la Diso rtografia e la Disgrafia (disturbi di scrittura); la Discalculia (disturbo del calcolo). La dislessia evolutiva (che si differenzia dalla dislessia acquisita la quale non è di natura costituzionale) si manifesta quando un bambino, esposto a normale iter scolastico, non sviluppa, o sviluppa in maniera molto incompleta o con grandi difficoltà, la capacità di identificare in modo automatico la parola scritta. I bambini commettono numerosi errori e sono molto lenti rispetto al grado di istruzione e alla media d ei loro coetanei. Un bambino disortografico, nonostante una normale istruzione, non apprende, o apprende in maniera incompleta la capacità di scrivere correttamente in modo automatico; egli ha difficoltà nell’applicazione delle regolo ortografiche. La disgrafia riguarda le abilità esecutive della scrittura: comporta una scrittura indecifrabile o comunque di difficile interpretazione, il cui tracciato è difforme rispetto alle convenzioni di scrittura. La discalculia riguarda appunto l’aritmetica (scrittura e lettura dei numeri, conteggio in avanti e reverse; calcoli a mente): è una disabilità specifica dell’apprendimento del calcolo che ostacola la corretta esecuzione degli algoritmi delle varie operazioni aritmetiche. I bambini con DSA possono riportare di fficoltà anche nel ricordare l’ordine dei mesi, dell’anno, delle stagioni; nell’imparare le tabelline e l’alfabeto; nel definire le distanze tra località geografiche; nella lettura dell’orologio. Spesso non riescono a ricordare la loro data di nascita o la data di feste come natale; molti confondono la destra con la sinistra; non hanno un buon senso del tempo; a volte hanno difficoltà nell’espressione verbale del pensiero, hanno un lessico povero. Essi incontrano grosse difficoltà nell’apprendimento delle l ingue straniere, in particolare di quelle che non hanno un’ortografia “trasparente” come l’ortografia italiana: ad esempio nella lingua inglese non vi è una corrispondenza univoca suono -segno (una lettera ha suoni diversi a seconda della parola in cui è inserita) e questo genera molte difficoltà nei bambino che hanno già problemi nella transcodifica dei suoni in segni e dei segni in suoni. A queste possono aggiungersi importanti difficoltà comportamentali, quali facile distraibilità; impulsività, irrequiete zza, insofferenza; aggressività; pigrizia, svogliatezza; grande senso di frustrazione; basso livello di autostima. Possono inoltre verificarsi reazioni psicosomatiche come nausea, cefalea, ecc. Queste reazioni non sono cause, bensì conseguenze del disturbo (e spesso del modo errato in cui viene affrontato): rappresentano infatti la risposta ad una situazione di disagio e spesso un rifiuto del bambino ad operare in un ambito dove trova molti ostacoli. Si è visto che nella maggior parte dei casi i maschi pres entano più problemi di esternalizzazione (aggressività, disturbi della condotta) che li porta ad essere rifiutati dalla classe, mentre le bambine tendono a “scomparire”, ad isolarsi. L’adulto di fronte al bambino con DSA Frequentemente per gli adulti i bambini con DSA rappresentano un “enigma”. Hanno un’intelligenza nella media, sono spesso brillanti e spigliati, eppure si trovano in difficoltà di fronte a compiti semplici. La lettura e la scrittura sono infatti abilità di facile acquisizione: il 90% di scolari di prima elementare apprende il codice alfabetico nel giro di due mesi e anche soggetti con deficit cognitivo medio riescono a imparare la letto -scrittura. Spesso gli adulti attribuiscono le difficoltà a scarsa intelligenza o a svantaggio cultural e, ma una volta scartata questa ipotesi l’interpretazione diventa più ardua. Ci si convince frequentemente che il bambino sia pigro e svogliato e lo si pone di fronte a richieste eccessive, come lunghe ripetizioni di lettura, rinforzandolo negativamente pe r compiti mal eseguiti. Nonostante ciò il rendimento non cambia e questo genera frustrazione nell’adulto, oltre che nel bambino stesso. A volte si ricorre alla certificazione di handicap e quindi all’insegnante di sostegno, non sempre in grado di attuare l e misure educative idonee ad un bambino con certi tipi di disturbo. Frequenti sono le bocciature, soprattutto durante le scuole medie. Si genera così un circolo vizioso: il bambino non riesce in compiti per altri semplici; l’adulto lo pone di fronte a rich ieste eccessive; ciò genera nel bambino frustrazione, disturbi psicologici e comportamentali che a loro volta provocano sanzioni e rinforzi negativi da parte dell’adulto. Tutto questo va a complicare il problema. Frequente è l’abbandono scolastico. Bisogna aggiungere che il non riconoscimento immediato del disturbo ritarda la diagnosi e uno degli elementi fondamentali per poter intervenire con successo sui DSA è proprio la diagnosi precoce (l’ideale sarebbe in seconda elementare). Inoltre succede frequentem ente che i genitori si sentano colpevoli delle difficoltà del figlio: in realtà è assolutamente sbagliato cercare le cause del DSA nella qualità delle relazioni con i genitori: come già specificato si tratta di disturbi di natura genetica. E’ molto importa nte quindi spiegare ciò ai genitori ed al bambino: si eviteranno così frustranti ed inutili sensi di colpa. Come accorgersi di avere di fronte un bambino con DSA. L’insegnante è nella posizione più adatta per accorgersi di avere di fronte un bambino con DSA: è infatti la scuola il luogo dove il bambino mostra costantemente le sue capacità nell’ambito della scrittura, della lettura e del calcolo. Certamente l’insegnante non può far diagnosi, ma può segnalare il problema alla famiglia e alla ASL di compe tenza, oltre che attuare interventi idonei in classe. Per questo è necessario che l’insegnante presti particolare attenzione ad alcuni sintomi caratteristici: la scuola è il luogo primario in cui essi si manifestano. Scuola materna Già nella scuola materna vi sono elementi predittivi, sintomi che evidenziano il rischio di una futura dislessia. Il bambino può presentare difficoltà di linguaggio: fare confusione tra i suoni, possedere una sintassi inadeguata alla sua età, non riuscire a produrre frasi comp lete; può presentare difficoltà fonologiche, sostituendo lettere (ad esempio s con z o p con b), omettendo lettere e parti di parole, mostrando inadeguatezza nei giochi linguistici, nel riconoscere e costruire rime, nell’isolare il primo suono delle parole o l’ultimo. Il bambino può avere difficoltà a compiere esercizi metafonologici (per esempio “se ad agosto tolgo sto cosa rimane?”); difficoltà nel copiare da un modello; può mostrare disordine nello spazio del foglio; difficoltà di memoria e di attenzione ; problemi di manualità fine, goffaggine nel vestirsi, allacciarsi le scarpe; difficoltà nel distinguere destra e sinistra; difficoltà a ripetere sequenze ritmiche e a mantenere il tempo. A questa età non è ancora possibile fare diagnosi di DSA, ma si può già intervenire sul disturbo del linguaggio e sulle altre difficoltà con una didattica adeguata ed eventualmente con interventi riabilitativi mirati. Scuola elementare, media, superiore Il bambino può mostrare difficoltà nel copiare alla lavagna; pu ò assumere una postura particolare per leggere (per esempio particolarmente vicino al foglio); può saltare parole o righe durante la lettura; non riuscire ad organizzare lo spazio nel foglio e scrivere con una grafia difficilmente decifrabile; spesso non r iesce a riconoscere i diversi caratteri tipografici e ha difficoltà soprattutto nell’uso dello stampato minuscolo. Tra gli errori tipici: scambio di lettere e numeri ( p/b, 41/14), sostituzione di suoni simili( m/n, p/b, s/z), difficoltà nei suoni difficili da pronunciare (chi/che, gn/gl), errato uso delle doppie e della punteggiatura. In generale la padronanza fonologica risulta inadeguata. Per quanto riguarda l’aritmetica il bambino può non riuscire a fare calcoli in automatico, a fare numerazioni regressi ve, ad imparare le procedure delle operazioni aritmetiche. Inoltre il ragazzo può presentare difficoltà di memoria (semantica e procedurale) e di attenzione. E’ importante che l’insegnante presti particolare attenzione a questi sintomi, informandosi il pi ù possibile sul problema e confrontandosi poi con gli altri insegnanti, con i genitori ed eventualmente con la ASL. Nel caso in cui il bambino abbia già una diagnosi, è importante che l’insegnante si informi sulle sue difficoltà specifiche in modo da decid ere, con gli altri docenti, la didattica più adeguata. Non è necessario usare una didattica diversa solo per i bambini con DSA, è possibile usare la stessa didattica per tutti, tenendo conto dei tempi e dei modi di ognuno. Ma come? La didattica: indicazioni per l’organizzazione del lavoro in una classe con bambini con DSA Sebbene un lavoro riabilitativo condotto da uno specialista possa risultare molto importante nei primi anni di scolarizzazione (scuola materna e primo ciclo elementare), la corretta co nduzione dell’attività scolastica ha indubbiamente una grossa influenza sullo sviluppo delle capacità del bambino con DSA (come di tutti gli altri bambini), sul suo successo scolastico e di conseguenza sulla sua autostima e sulle scelte future. L’atteggiamento dell’insegnante in classe E’ fondamentale che l’insegnante abbia un atteggiamento di accoglienza, che comunichi desiderio di aiutare i ragazzi e di vederne i progressi; che riconosca la frustrazione del bambino con DSA mostrando comprensione, premura e interesse; che si impegni a stabilire un buon rapporto con l’allievo, con i genitori ed eventualmente con i servizi; che spieghi ai compagni la natura del problema, in modo che il bambino non venga umiliato e deriso; che incoraggi il bambino a mettere in risalto i suoi talenti. Ma soprattutto bisogna tener ben presente che lo scopo dell’insegnamento non è di portare tutti i bambini allo stesso livello, ma considerare le potenzialità di ognuno e fare in modo che possa svilupparle: è inverosimile aspetta rsi da un dislessico di terza elementare che legga come i suoi coetanei, come sarebbe inverosimile chiedere ad un cieco di vedere come gli altri. L’obiettivo di far raggiungere a tutti i bambini lo stesso livello è sbagliato perché non realizzabile e spes so destinato a provocare frustrazione in molti bambini e nell’insegnante stesso. La presenza di alunni con difficoltà di apprendimento richiede ai docenti flessibilità mentale e organizzativa, in contrasto con la rigidità di strutture e modelli gestionali. Non hanno senso regole che prescindano dalle persone cui sono destinate, né un atteggiamento che non consideri le peculiarità di coloro che ci sono di fronte. E’ importante che il docente guardi negli occhi il bambino mentre gli parla, controllando che faccia attenzione durante le spiegazioni; che scriva le cose alla lavagna in modo chiaro e in stampato maiuscolo, assicurandosi che non vengano cancellate finché tutti non le abbiano copiate correttamente, quando possibile girando fra i banchi per controll are quaderni e diari. In generale è positivo dedicare del tempo a parlare delle difficoltà di ognuno in modo che possano essere comprese dal resto della classe. E’ consigliabile coinvolgere l’alunno nel progetto educativo, spiegandogli a cosa serve un certo lavoro e riconoscendone le difficoltà. E’ bene inoltre rinforzare positivamente gli alunni per i loro sforzi, in modo da rafforzarne l’autostima, senza per questo diventare troppo permissivi e continuando ad esortarli all’impegno. Oltre ad adottare misure che dispensino il bambino dislessico da compiti per lui troppo gravosi (ad esempio lettura di testi lunghi e difficili, verifiche scritte, in particolare in lingua straniera), gli insegnanti devono incoraggiare l’utilizzo di ausili che compensino le s ue difficoltà e che gli saranno utili per il resto della vita (computer con correttore ortografico, calcolatrice, audio registratore, etc.). L’organizzazione dell’ambiente L’organizzazione dello spazio ha un’influenza fondamentale sull’apprendimento: una buona organizzazione spaziale permette agli alunni di orientarsi meglio nelle attività e di avere dei punti di riferimento precisi. A seconda dell’età dei bambini, si può attrezzare l’aula con cartelloni, calendari, cartine geografiche chiare, linee dei numeri, grafici. Per tutte le scritte nell’aula è bene usare lo stampato maiuscolo. Per i più bimbi di scuola materna si possono appendere alle pareti cartelloni con i nomi per l’appello, con il programma giornaliero, con gli incarichi; si possono mettere simboli chiari e scritte sui contenitori, sugli armadi, sugli oggetti. Con i più grandi sarebbe bene attrezzare una parete per la scrittura, con riferimenti visivi chiari per ogni lettera, ed una parete per i numeri, anch’essi ben visibili. Con l’avanzam ento nel percorso scolastico (secondo ciclo elementare, scuole medie e superiori) si possono costruire riferimenti visivi per ogni materia ed attività (geografia, lingua straniera, ecc.). A tutte le età è importante che vi sia in aula un orologio grande e leggibile. E’ bene inoltre posizionare il banco del bambino dislessico di fronte alla lavagna, in modo che possa leggere bene ciò che viene scritto. La lettura E’ importante evitare la lettura ad alta voce, soprattutto ai soggetti con DSA per i quali risulta particolarmente frustrante. Non è necessario usare libri uguali per tutti durante la lettura dei quali tenere il segno, poiché ognuno ha una velocità diversa. Si può predisporre una biblioteca di classe con libri di vario tipo, formato, caratteri, difficoltà. Sarebbe utile dedicare una parte della giornata alla lettura individuale, preferibilmente di testi di svago; mentre sarebbe meglio che sia l’insegnante a leggere ad alta voce testi specifici delle varie materie. L’insegnante potrebbe anche leg gere ad alta voce agli alunni fiabe, favole, racconti che stimolino il desiderio di leggere. In ogni caso gli allenamenti di lettura devono essere brevi sia a scuola che a casa (non più di 10-15 minuti) e questo suggerimento è valido anche per le altre attività: bisogna lasciare ai bambini il tempo di riposare. La lettura non è l’unico mezzo per studiare: le informazioni possono essere veicolate attraverso canali alternativi: lezioni verbali o letture fatte dall’insegnante, da un compagno, dai genitori; al cuni brani possono essere registrati su audiocassette in modo che il bambino possa riascoltarle autonomamente; esistono strumenti quali libri parlanti e sintesi vocali. La scrittura Per la scrittura bisogna tener presente la frequente confusione che i bambini con DSA fanno tra diversi caratteri tipografici. E’ preferibile iniziare con lo stampato maiuscolo, più facile da copiare, scrivere e riconoscere e non presentare più caratteri contemporaneamente. Bisogna introdurre lo stampato minuscolo solo quando tutti i suoni, compresi quelli complessi (ad es. i digrammi) siano stati presentati, in modo da non unire difficoltà a difficoltà. Il corsivo deve essere introdotto con lentezza, anche in seconda. In ogni caso è bene permettere di usare ai bambini il carattere che vogliono: si tratta di un mezzo per scrivere e non deve diventare più importante della scrittura stessa. Quando è possibile è meglio sostituire le verifiche scritte con prove orali, soprattutto per le lingue straniere E’ importante dare indic azioni molto precise durante le fasi di apprendimento della scrittura: fornire modelli e soffermarsi sul movimento della mano, le altezze, la direzione del gesto. Sarebbe preferibile usare i quadretti centimetrati per lo stampato maiuscolo, i quadretti di mezzo centimetro per lo stampato minuscolo e le righe di prima classe per il corsivo. E’ bene cercare occasioni allettanti per motivare i ragazzi alla scrittura: ad esempio scambiare messaggi con i compagni e con le insegnanti; scrivere lettere a personagg i famosi; descrivere giocattoli o avvenimenti quali feste e viaggi; scrivere fumetti e per i più grandi giornali scolastici, poesie, pubblicità. Bisogna lavorare molto sull’ortografia ed eventualmente ricorre a mezzi compensativi (computer con correttore automatico) per i bambini con difficoltà molto gravi in quest’ambito. Inoltre non bisogna insistere troppo con lo studio della grammatica, in particolare in senso classificatorio: per i bambini con DSA è molto difficile ricordare le classificazioni grammat icali (soggetti, verbi, complementi). Il calcolo Per la matematica il consiglio fondamentale è uno lasciare che il bambino con DSA usi la tavola pitagorica, la calcolatrice, il computer. Le difficoltà di questi soggetti riguardano soprattutto il contegg io in avanti e indietro, l’apprendimento delle tabelline, la lettura e la scrittura dei numeri, l’apprendimento degli algoritmi delle operazioni a mente e in colonna, mentre solitamente non hanno difficoltà nel problem solving. Permettere ai bambini dislessici di ridurre il carico esecutivo tramite l’ausilio di strumenti compensativi fa in modo che essi possano sviluppare la loro capacità di risolvere i problemi. Ciò non esclude la possibilità di esercitarsi, almeno fino alla quinta elementare, nel calcolo scritto e in colonna, al di fuori delle situazioni di problem solving. Ma anche in questo è necessario non essere troppo esigenti. L’insegnante di sostegno Allo stato attuale non esiste una legge specifica per l’integrazione dei bambini con DSA a scuola . E’ possibile assegnare un’insegnante di sostegno ai dislessici attraverso la certificazione ai sensi della legge 104/92 per l’integrazione scolastica dei portatori di handicap. La scelta di chiedere il sostegno o meno dipende da caso a caso: è necessario valutare la gravità del problema e il disagio che un eventuale certificazione comporterebbe, ad esempio l’essere etichettato come “diverso” di compagni o dagli stessi insegnanti. La presenza di un insegnante di sostegno può essere utile con la funzione di lettore; aiutante nel prendere appunti durante le lezione; aiutante nell’insegnare strategie di studio, nell’utilizzo degli strumenti compensativi (ad esempio programmi di video scrittura), nello studio di materie particolarmente difficili per i dislessic i (come la lingua straniera); come sostegno psicologico. A questo scopo è importante che la persona che abbia questo incarico sia ben informata sul problema e sulle giuste modalità di lavoro, che si faccia il possibile affinché la sua presenza non sia viss uta come un elemento di emarginazione ed infine che la presenza costante di un aiuto non renda l’alunno incapace di lavorare in modo autonomo. Conclusioni E’ molto importante acquisire conoscenze sui DSA, in particolare per coloro i quali, lavorando in ambito scolastico, vengono frequentemente a contatto con questo tipo di problema. Purtroppo nel nostro Paese ci sono ancora molti insegnanti che sanno poco o nulla della dislessia e che non sono in grado di distinguere (neanche a livello ipotetico) un alu nno svogliato da un alunno con disturbo dell’apprendimento e comunque non sanno come comportarsi di fronte a un bambino con diagnosi di DSA. A volte l’insegnante di sostegno potrebbe essere un modo per non affrontare il problema, per non mettere in discussione i propri metodi didattici, inadeguati per un dislessico (ma anche per altri bambini con difficoltà diverse). Se si affronta nel modo giusto è possibile fare in modo che il problema dislessia abbia un esito positivo e che l’abbandono scolastico non sia l’unica alternativa per evitare la frustrazione. Questo non significa che il soggetto “guarirà”: la dislessia non è una malattia, bensì una caratteristica costituzionale e quindi non guaribile, ma le conseguenze funzionali si riducono attraverso misure ri educative e didattiche adeguate. E’ importante comprendere a fondo la natura di tale disturbo, in modo da essere in grado di vedere gli strumenti compensativi non come ingiusta agevolazione, ma come ausilio indispensabile, “protesi” necessaria, come lo sono le lenti da vista per una persona miope. Gli insegnanti hanno il dovere di rispettare i tempi di apprendimento di ciascuno in modo da garantire a tutti il diritto allo studio ed hanno il dovere di informarsi adeguatamente sui DSA per essere in grado di adottare la didattica adeguata. E questo è valido per tutte le altre difficoltà che si possono incontrare in ambito scolastico: per affrontare un problema bisogna conoscerlo. La scuola, se ben usata, è il miglior fattore protettivo contro il fallimento scolastico: è questo il luogo primario dove approfondire, spiegare, fronteggiare i problemi legati ai disordini dell’apprendimento. 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