Diario delle Lezioni - Elettrotecnica

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Anno Accad. 2007/2008 II anno :Corso di Laurea in Scienza ed Ingegneria dei Materiali
Corso di
Elettrotecnica
(prof.G.Lupò)
Diario delle Lezioni
Materiale didattico di riferimento (disponibile in rete nella cartella del Docente all’indirizzo www.elettrotecnica.unina.it):
G. Lupò – Lezioni del Corso –
A. Maffucci – Esercizi di Elettrotecnica
Testi di consultazione : :
M. de Magistris – G. Miano – Circuiti – Springer, ottobre 2007
L. DE MENNA Elettrotecnica ed. Pironti, Napoli 1998
S. BOBBIO, E. GATTI, Elettromagnetismo e Ottica, ed. Boringhieri, Torino, 1991
L.O. CHUA, C. DESOER, E. KUH, Circuiti lineari e non lineari, ed. Jackson,
Milano, 1991
F. BAROZZI, F. GASPARINI, Fondamenti di Elettrotecnica - Elettromagnetismo, ed. UTET, Torino, 1989
S. BOBBIO, Esercizi di Elettrotecnica, ed. CUEN, Napoli, 1995
G. MIANO – Introduzione ai circuiti (disponibile all’indirizzo indicato, tra i “Testi” nella cartella “Materiale Didattico”)
M. GUARNIERI – A. STELLA – Principi ed applicazioni di Elettrotecnica – Voll. I-II – Ed, Progetto Padova – Terza ed. 2004
Lezione del 27/9/2007 (3h)
INTRODUZIONE
Modello generale dell’elettromagnetismo
Il corso si colloca a valle delle formazione base derivante dai corsi di Analisi Matematica e di
Fisica di cui recepisce integralmente i contenuti.
Si farà particolare riferimento ai concetti tipici dell’Algebra Lineare, dei Campi vettoriali e
scalari, della Geometria Analitica. Si farà continuo riferimento ai principi fondamentali della
meccanica classica, della termodinamica, … con particolare riguardo ai concetti di potenza ed
energia.
Si considereranno preliminari i principi di elettrologia e magnetismo, sia per quanto riguarda
la formulazione di modelli matematici che la loro validazione sperimentali.
Si dovrà ricordare ancora che la massima sintesi dell’Elettromagnetismo risiede nelle
equazioni di Maxwell che, in forma integrale, si ricollegano anche a leggi sperimentali ben
note per le notevoli ricadute tecnologiche ed industriali della seconda metà dell’Ottocento:
d
(1)  E  t dl    B  n dS  (legge dell’induzione elettromagnetica di Faraday-Neumann)
dt S


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(2)
Q
 E  n d  

(3)
(legge di Gauss)
o
 B  n d  0
(legge di conservazione del flusso)

(4)

 B  t dl     J  
o
S
o
E 
  n dS 
t 
(legge di Ampère-Maxwell)
dove Ē e B sono campi vettoriali (convenzionalmente indicati come “elettrico” e
“magnetico”), γ è una curva chiusa, Sγ è una superficie orlata da γ e Σ una superficie chiusa.
La (1) indica che la circuitazione del campo elettrico è pari alla derivata temporale del flusso
del campo magnetico attraverso una qualsiasi superficie orlata da γ (la superficie può essere
generica per la proprietà (3) di conservazione del flusso). La (2) indica che il flusso attraverso
una superficie chiusa (valutato con la normale orientata verso l’esterno) del campo elettrico è
pari alla carica elettrica in essa contenuta1. La (4) indica che la circuitazione del campo
magnetico è pari al flusso del campo vettoriale composto dalla densità di corrente di
conduzione J2 e dalla densità di corrente di spostamento3, legata alla variazione temporale
del campo elettrico4.
Nel caso di grandezze di campo continue e derivabili in domini illimitati o all’interno di
domini limitati si può passare alla descrizione puntuale del campo attraverso gli operatori
fondamentali di divergenza e di rotore. Le equazioni di Maxwell sopra riportate possono
essere riscritte considerando curve e superfici chiuse collassanti intorno al punto considerato
pervenendo alle equazioni di Maxwell in forma locale (vedi appendice I). L’introduzione di
funzioni ausiliari (potenziale scalare o potenziale vettore) permette una descrizione analitica
significativa e generale del campo elettromagnetico.
Forza di Lorentz
Su ogni carica q dotata di velocità v, in presenza di campo elettromagnetico, agisce una forza (di
Lorentz)
La carica Q [C] può essere “puntiforme” ovverosia immaginata concentrata in un punto interno alla superficie, oppure distribuita nel
volume interno alla superficie con densità volumetrica ρ [C/m3], oppure distribuita su una superficie interna (ad esempio un elettrodo) con
densità superficiale σ [C/m2], oppure su una linea interna con densità lineare λ[C/m].
1
2
il campo densità di corrente è dato dal campo di velocità di migrazione (vedi avanti) delle cariche moltiplicato per il valore della densità
volumetrica della carica stessa (J=qNv=ρv). La natura di tali cariche è del tutto generale, intendendosi comprese anche quelle “vincolate”
agli atomi.
3
la densità di corrente di spostamento è significativa solo in presenza di campi variabili. In ogni punto dello spazio (anche vuoto) D=εoE
prende il nome di “spostamento elettrico” ed è direttamente correlabile alla densità di carica superficiale sugli elettrodi e comunque alle
cariche libere. Nel caso di presenza di mezzi materiali, il campo di spostamento D=εE è collegabile alle distribuzioni di cariche libere (ad
es. sugli elettrodi) e non alle cariche vincolate appartenenti al mezzo materiale.
4
Anche nel caso magnetico viene introdotto un campo ausiliario H (B=μH) riconducibile, in caso stazionario, alle sole correnti “libere”.
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(5) F  q E  v  B 
Se la carica è ferma, il campo magnetico non ha effetti, per cui possiamo definire il campo
elettrico come una forza specifica (newton/coulomb) su una carica ferma. In caso di moto, il
campo magnetico produce un effetto ortogonale alla velocità, per cui la particella
necessariamente devia (vedi ad esempio e applicazioni nelle grandi macchine quali il
ciclotrone). La (5) rappresenta anche la base della conversione elettromeccanica, in quanto
stabilisce che si può esercitare una azione sulle cariche muovendole in un campo magnertico
(principio del generatore ad induzione, ad esempio), oppure si può generare una forza su un
conduttore immerso in un campo magnetico se interessato da corrente elettrica ( principio del
motore elettrico). Nei casi ordinari di impiego industriale dell’energia elettrica il termine
mozionale è piccolo rispetto a quello “elettrico” (il campo elettrico varia da 0,1 V/m a 30
MV/m, B è dell’ordine del tesla e la velocità di migrazione è dell’ordine di 0,1 mm/s).
Forza elettromotrice (f.e.m.)
Con tale termine (peraltro improprio trattandosi di una quantità scalare) si deve intendere
sempre la circuitazione del campo elettrico lungo una linea di interesse. La forza elettromotrice
dipende quindi dalla curva scelta (salvo che il campo non sia conservativo, in tal caso è
sempre nulla); essa si misura in volt.
PARTE PRIMA - RETI DI BIPOLI
Tensione elettrica tra due punto A e B lungo una curva : è l’integrale del campo elettrico tra
A e B lungo la linea  e si indica con VAB. . Se l’integrale non dipende dalla particolare curva,
il campo è conservativo. Ciò si verifica senz’altro nei casi di campo stazionario (sono nulle
tutte le derivate temporali nelle equazioni di Maxwell). In generale, se consideriamo una
curva ’ tra A e B la tensione VAB differisce dalla tensione VAB’ di una quantità pari alla
derivata (cambiata di segno) del flusso del vettore campo magnetico attraverso una qualsiasi
superficie orlata dalla linea chiusa ’. Se tale quantità è piccola rispetto a VAB [o a VAB’] il
campo si dice quasi stazionario.
Voltmetro ideale: è lo strumento che realizza il calcolo della tensione elettrica; l’indicazione
dello strumento dipende in generale dalla curva  su cui esso si immagina “disteso”5.
Corrente Elettrica : fenomeno di migrazione (deriva, drift) di cariche elettriche; tale “moto
medio” (che avviene a velocità dell’ordine di 0.1 mm/s) va nettamente distinto dal moto di
agitazione termica (con valori istantanei della velocità anche di km/s); il detto moto medio
5
una realizzazione di voltmetro ideale potrebbe essere ottenuta distendendo una fibra ottica tra A e B lungo la curva
assegnata: la caratteristiche di una luce polarizzata entrante in A sono modificate dalla presenza del campo elettrico lungo il
percorso; la luce uscente da B contiene quindi una informazione correlata all’integrale del campo elettrico lungo il percorso.
I voltmetri reali sono molto meno sofisticati e realizzati su più semplici principi (legge di Ohm,..).
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viene indicato come corrente elettrica di conduzione (in altri casi possono aversi correnti di
convezione o correnti di spostamento); al fenomeno possiamo quindi associare il campo
vettoriale di velocità di migrazione v delle particelle.
Conduttori : materiali in cui possono aver luogo significativi fenomeni di migrazione di
carica; i conduttori più diffusi sono metalli; possono tuttavia manifestarsi rilevanti fenomeni
di conduzioni in altri materiali solidi, in liquidi ed in particolari condizioni anche nei gas.
Isolanti : materiali che non consentono significativi fenomeni di migrazione di carica; gli
isolanti possono essere solidi, liquidi e gassosi; l’isolante ideale è il vuoto assoluto.
Tratto di circuito filiforme: conduttore la cui lunghezza è molto maggiore della dimensione
media trasversale; nel caso di tratto a sezione costante, si può ammettere che il campo di
velocità v sia parallelo all’asse del conduttore. Ad ogni sciame di particelle di velocità v di
carica q e di densità volumetrica n si può associare un campo di “densità di corrente” J=nqv
[A/m2].
Intensità della corrente elettrica nei circuiti filiformi: si considera una sezione retta S del
conduttore filiforme, per la cui normale si fissi un orientamento arbitrario n; si considera la
carica totale q che attraversa S in un generico intervallo di tempo t6; il limite per t che
tende a zero del rapporto q /t, se esiste7, è per definizione la intensità I della corrente elettrica
attraverso la sezione considerata secondo il riferimento n. 8 A tale definizione si perviene
ovviamente anche attraverso il campo densità di corrente come flusso di J attraverso S.
Misura della corrente elettrica nei circuiti filiforme: l’amperometro ideale
Il calcolo dell’intensità della corrente elettrica può essere pensato effettuato da uno strumento
ideale (amperometro ideale) a due morsetti 1-2, inseriti idealmente nella sezione S ed ordinati
in modo che 2 segua 1 nel verso di n.
Moto stazionario di cariche in migrazione in conduttore filiforme: indipendenza
dell’intensità della corrente dalla sezione considerata, fissati riferimenti congruenti. Se il caso
non è stazionario, occorrerà considerare, per ogni sezione, il valore istantaneo dell’intensità
della corrente i(t)S= limt0 =q/tS. Se il caso è stazionario, non vi è variazione media della
carica in moto in ogni volume; in ogni punto è costante la velocità v di migrazione (non
ovviamente la carica q si intende “letta e pesata” secondo il riferimento n: si valutano con un coefficiente (+1) le
cariche che si muovono attraverso S nel verso di n, con un coefficiente ( –1 ) le cariche che si muovono nel verso opposto;
ogni carica ha e mantiene ovviamente un proprio segno.
7
Se il rapporto è indipendente da t la corrente elettrica viene detta stazionaria.
8
Se avessimo considerato un riferimento n’=-n avremmo ovviamente calcolato una intensità della corrente elettrica secondo
il riferimento n’, per cui l’intensità della corrente sarebbe stata I’=-I.
6
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considerando il moto di agitazione termica e il moto vario nell’intervallo tra due interazioni 9.
Si può quindi ritenere che sia nulla, in media, la risultante delle forze che agiscono sulla carica
q in movimento, nel nostro caso la forza qE nel senso del moto ed una “forza d’attrito
equivalente” –kv diretta in senso opposto alla prima.
Campo elettrico associato a corrente stazionaria: Consideriamo un circuito semplice (ad
esempio una regione di spazio di forma anulare). Il campo velocità di migrazione delle
cariche ha linee di flusso anulari e tutte orientate in senso orario o antiorario. Quindi la
circuitazione del campo di velocità v e del campo di corrente J=v non può essere nulla, ossia
il campo di corrente stazionaria non può essere conservativo. Poiché il moto di migrazione è
non è vario e il campo equivalente d'attrito è sempre opposto al senso del moto, il campo di
forze sulle cariche ed il relativo campo elettrico complessivo (che, si ricorda, è la forza applicata alla
particella riferita alla carica della particella) non possono essere conservativi10.
Effetto Joule: l’interazione tra le cariche in moto con le altre particelle comporta (tranne nel
caso dei “superconduttori”) una cessione di energia. Il tratto di conduttore si riscalda; la
quantità di energia ceduta e trasformata in calore nell’intervallo di tempo t dipende dalla
carica trasportata e dalla natura e geometria del tratto. Se q è la carica che ha attraversato
ogni sezione S del tratto A-B il lavoro compiuto dalle forze del campo è £=q E lAB [ = q
(VA-VB) se il campo è conservativo].
Potenza dissipata: la potenza messa in gioco dalle forze del campo e trasformata (in questo
caso) in calore si ottiene dal rapporto tra lavoro svolto e il tempo di osservazione :
P= £/t =q VAB/t= VAB I.
per il rame tale tempo è dell’ordine di 10-14 s
Poiché il campo elettrico derivante da una distribuzione di cariche elettriche è conservativo, ne discende che un moto
stazionario di cariche non può essere generato da una distribuzione (fissa) di cariche. Occorrerà quindi considerare una
sorgente di campo elettrico non di tipo elettrostatico, chiamato campo elettromotore. Il campo elettromotore è quindi un
campo di forza specifica, di natura meccanica, chimica, elettrica …. ma non elettrostatica (trattandosi di campo non
conservativo), che agisce sulle cariche tenendole separate in un mezzo conduttore e consentendo per esse un moto
stazionario (o anche non stazionario). In un circuito semplice interessato da corrente stazionaria, ci deve essere almeno una
parte (tratto generatore) in cui il campo elettromotore è diverso da zero; l'eventuale parte complementare, in cui il campo
elettromotore è nullo, prende il nome di tratto utilizzatore. Nel tratto utilizzatore la forza specifica sulle cariche è quella
derivante dalla distribuzione di cariche (causata a sua volta dal campo elettromotore) ed è quindi un campo a potenziale: nel
tratto utilizzatore la tensione valutata tra due punti non dipende dalla curva di integrazione (all'interno del tratto generatore,
viceversa, la tensione dipende dalla curva scelta).
Se quindi il campo elettromotore è diverso da zero solo in una parte del circuito semplice, di sezioni estreme A e B, la
tensione VAB sarà indipendente dalla curva scelta solo a patto di non "entrare" nel tratto generatore.
Le sezione A e B individuano quindi i confini tra un "bipolo generatore" - identificabile attraverso una caratteristica V-I
valutata all'esterno del tratto generatore - ed un "bipolo utilizzatore" in cui non vi sono vincoli per la valutazione della
tensione.
9
10
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bipolo : caratterizzazione del funzionamento di una regione di spazio interessata da corrente
elettrica accessibile da due punti A-B (primo e secondo morsetto o terminale) e per cui possa
essere fissato un riferimento per la valutazione dell'intensità di corrente I [ IAB oppure IBA] e
un riferimento per la tensione V [VAB oppure VBA].
Convenzioni: per un bipolo qualsiasi A-B è possibile abbinare in quattro modi i riferimenti I
e V; definiamo convenzione dell'utilizzatore l'abbinamento VAB-IAB o l'abbinamento VBA-IBA e
convenzione del generatore l'abbinamento VAB-IBA o l'abbinamento VBA-IAB.
Caratteristica di un bipolo: legame V=f(I) oppure I=g(V), fissati gli abbinamenti di cui sopra.
Tale legame può essere anche non analitico. Dal punto di vista della rappresentazione grafica
della caratteristica, si può utilizzare un unico piano di rappresentazione utilizzando i due
riferimenti possibili sull’asse delle ascisse ed i due riferimenti possibili sull’asse delle
ordinate.
Equivalenza di bipoli
Un bipolo A-B è equivalente ad un altro bipolo A’-B’ se, fissate due convenzioni omologhe V-I
e V’-I’ (ad esempio si considerano i riferimenti VAB-IAB per il primo bipolo e VA’B’-IA’B’ per il
secondo bipolo), i due bipoli hanno caratteristiche uguali.
Legge di Ohm : per un tratto A-B di conduttore metallico filiforme operante a temperatura
costante si verifica sperimentalmente con buona approssimazione la relazione V AB=R IAB con R
numero positivo (al limite nullo) e costante in un ampio intervallo di valori di I AB. Il tratto AB viene classificato come resistore; in termini commerciali per resistore si intende un
componente per le applicazioni circuitali ed industriali (stufe, forni, scaldabagni, ...).
Considerando sempre il parametro R0, la legge di Ohm si scrive anche nel seguenti modi:
VAB=-R IBA
VBA=-R IAB
VBA=R IBA
Resistore ideale: Bipolo ideale A-B di caratteristica V=R I ( oppure I = G V) se viene adottata
la convenzione dell'utilizzatore o di caratteristica V= - R I (o I = -GV) se viene adottata la
convenzione del generatore sul bipolo A-B . Le costanti positive R e G vengono chiamate
resistenza e conduttanza del bipolo e si misurano in ohm [] e siemens [S] rispettivamente.
Resistenza - Resistività (vedi anche nota A): nel caso di un tratto A-B di conduttore filiforme
omogeneo a sezione costante S di lunghezza lAB e a temperatura costante ed uniforme, si
valuta che la resistenza R del tratto, è proporzionale alla lunghezza lAB ed inversamente
proporzionale alla sezione S. Il coefficiente di proporzionalità costituisce la resistività (si
indica con la lettera greca -eta- oppure -rho- e si misura in ohm per metro [m]); il suo
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inverso viene chiamato conducibilità (si indica con la lettera greca -gamma- oppure sigma- e si misura in siemens/metro[S/m])11. Occorrerà valutare opportunamente R nel caso
che il conduttore non sia omogeneo ovvero non sia a sezione costante.
11
Per i materiali metallici, la resistività è valutata in base a parametri congrui con applicazioni ordinarie,
come le linee di alimentazione. Va fissata ad esempio una temperatura di riferimento o (in genere 293 K
ossia 20°C), in quanto la resistività varia con la temperatura  del conduttore, il cui valore a regime è
dipendente a sua volta sia dalla temperatura ambiente che dalla intensità di corrente che interessa il
conduttore (effetto Joule). Per i conduttori metallici la resistività aumenta linearmente con la temperatura
in un ampio intervallo di valori della stessa (fig.1)




      o  1        o 
o





fig.1
Il coefficiente di temperatura  rappresenta quindi la variazione relativa di resistività per salto unitario di
temperatura. Anche  dipende da o. In tab.I vengono riportati i valori della resistività e del coefficiente
di temperatura alla temperatura di 293 K per i materiali di più comune impiego. I valori sono riportati in
modo da indicare anche la resistenza per unità di lunghezza di un conduttore rettilineo della sezione di 1
mm2. Il valore 1 cui corrisponderebbe un valore nullo di resistività vale
1
1  0 
 o
Per il rame 1 assume il valore di circa 43K. A tale temperatura, in realtà, il rame presenta una
resistività significativa: siamo oltre l'intervallo di linearità. A temperature molto basse, inferiori in genere
a 10 K, possono manifestarsi, per alcuni metalli in particolari condizioni di funzionamento, fenomeni di
superconduttività, in cui la resistività scende al valore "nullo", al disotto dei valori correntemente
misurabili. Per alcuni materiali si manifesta anche un crollo dei valori resistività anche a temperature
prossime alla liquefazione dell'azoto (77K). Tale fenomeno (superconduttività ad alta temperatura) è
attualmente oggetto di intensi studi, in vista di interessanti applicazioni nel settore elettrotecnico.
MATERIALI
Resistività  -o=293 K [ m]
Conduttori metallici (conduzione elettronica)
argento
0.016
rame puro
0.016291
rame industriale
0.0178
oro
0.024
piombo
0.022
alluminio
0.028
3.9 10-3
3.7 10-3
tungsteno
0.055
4.5 10-3
Leghe per resistori
Manganina
0.45
Nichel-Cromo
1.1
1.5 10-5
1 10-4
Ferro-silicio per lamierini
0.3
4 10-3
Carbone per lampade ad arco
70
MATERIALI
Resistività  -o=293 K [ m]
Semiconduttori
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coefficiente di temperatura (o)[K-1]
3.8 10-3
3.9 10-3
3.9 10-3
3.4 10-3
Lezione del 4/10/2007
Classificazione dei bipoli:
- bipoli pilotati in tensione : nella caratteristica I=g(V) ad ogni valore della tensione
corrisponde un solo valore dell'intensità di corrente;
- bipoli pilotati in corrente : nella caratteristica V=f(I) ad ogni valore dell'intensità di corrente
corrisponde un solo valore della tensione;
- bipoli pilotati in tensione ed in corrente: caratteristica invertibile.
- bipoli simmetrici: caratteristica simmetrica g(V)=-g(-V) ovvero f(I)=-f(-I);
- bipoli inerti: la caratteristica passa per l'origine: g(0)=0 ovvero f(0)=0;
- bipoli lineari : se ad esempio V'=f(I') e V"=f(I"), si ottiene V=V'+V"=f(I')+f(I");
Bipoli normali
Vengono definiti normali i bipoli a caratteristica rettilinea nel piano V-I.
Esempi di bipoli ideali:
- bipolo resistore ideale : caratteristica lineare, inerte, simmetrica, invertibile.
- bipolo corto-circuito ideale: per ogni valore di I, qualunque sia la convenzione adottata, la
tensione è nulla (caratteristica coincidente con l'asse delle I); tale caratteristica lineare, inerte,
simmetrica, non invertibile (bipolo pilotato in corrente);
- bipolo aperto (o circuito aperto) ideale: per ogni valore di V, qualunque sia la convenzione
adottata, l'intensità di corrente è nulla (caratteristica coincidente con l'asse delle V); tale
caratteristica lineare, inerte, simmetrica, non invertibile (bipolo pilotato in Tensione).
Generatore ideale di tensione
E' un bipolo ideale caratterizzato da una tensione ai morsetti A-B indipendente dalla corrente
I, qualunque convenzione sia stata adottata. La caratteristica è quindi una retta parallela
all'asse delle I. Il simbolo comunemente adoperato è un pallino con un contrassegno (*,+,1,
etc.) su un morsetto ( trattasi quindi di bipolo ordinato) con indicazione numerica E, che indica
il valore della tensione valutata tra il morsetto contrassegnato (primo morsetto) e l'altro
germanio
silicio
Elettroliti
Acqua di mare
Terreni umidi
terreni sabbiosi
terreni rocciosi
Acqua distillata
10
100
Vetro
1010 (isolante)
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0.3
10
100
>1000
104 (isolante)
(secondo morsetto). Il valore E può essere positivo, negativo o nullo; al proposito si pone in
evidenza che un generatore di tensione nulla è equivalente ad un bipolo cortocicuito ( la
caratteristica è la stessa).
Generatore ideale di corrente
Trattasi di bipolo fondamentale, duale del generatore di tensione ideale, con caratteristica I=I*
(costante) qualunque sia la tensione ai morsetti. Il generatore di corrente è un bipolo normale
(non lineare) e non simmetrico. Si rappresenta in genere con un cerchietto con barra trasversa
e morsetti "ordinati".
Bipoli tempo-varianti: la caratteristica dipende dal tempo in maniera continua o discreta. Ad
esempio il bipolo interruttore ideale, a seconda del posizionamento del tasto, realizza un bipolo
aperto ideale o un bipolo corto-circuito ideale.
Potenza assorbita ed erogata dai bipoli
Il prodotto tensione-corrente è omogeneo con una potenza. Se la convenzione adottata sul
bipolo (a caratteristica qualsiasi) è quella dell’utilizzatore, tale prodotto viene chiamato
potenza assorbita12 . Se la convenzione adottata è quella del generatore, tale prodotto prende il
nome di potenza erogata13.
Bipoli passivi ed attivi
Un bipolo si dice passivo se, per tutti i punti della caratteristica, la potenza assorbita non è
mai negativa [la potenza erogata non è mai positiva].
Un bipolo si dice attivo se, per almeno un punto della caratteristica , la potenza assorbita è
negativa [la potenza erogata è positiva]
Generatore reale di tensione
Nel tratto generatore di un circuito semplice si hanno interazioni tra le cariche in migrazione
e le altre particelle; si avrà quindi comunque una dissipazione analoga a quanto avviene nei
resistori. Se non c'è migrazione e la f.e.m. è diversa da zero, vuol dire che il tratto utilizzatore
è non conduttore (equivalente ad un aperto); in questo caso la tensione VAB coincide
numericamente con la f.e.m.
12
la potenza assorbita da un resistore è numericamente uguale alla potenza dissipata in calore dallo stesso
se nella rete vi è un solo generatore, la potenza erogata dal generatore coincide con la potenza messa in gioco (generata)
dallo stesso.
13
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Abbiamo quindi che un generatore reale di tensione può essere caratterizzato dalla tensione a
vuoto, corrispondente alla f.e.m. e dalla dissipazione, che in prima approssimazione può
essere schematizzata attraverso una resistenza Rg (resistenza interna del generatore). In realtà
tale schematizzazione ha una validità abbastanza limitata.
Nel nostro corso, il generatore reale di tensione è un bipolo costituito dalla "serie" di un
generatore ideale di tensione e di una resistenza Rg.
Un punto notevole della caratteristica di un generatore reale di tensione (valutabile anche
sperimentalmente su un generatore commerciale) si ottiene collegando il bipolo generatore di
tensione reale ad un bipolo corto-circuito (nella realtà, ad un conduttore di resistenza molto
più piccola di Rg). Si ottiene quindi il valore della intensità di corrente di corto-circuito.
E' evidente che non si può " collegare" un bipolo generatore ideale di tensione ad un bipolo
corto-circuito ideale, trovandosi in contraddizione le definizioni dei due bipoli.
Serie di bipoli
Due (o più) bipoli si dicono in serie diretta o semplicemente in serie se è possibile stabilire per
essi riferimenti congruenti per l’intensità di corrente I e riportabili l'uno all'altro per
continuità; in tal caso i valori dell’intensità di corrente sono uguali; se sono riportabili per
continuità riferimenti opposti, i valori sono opposti e la serie si dirà contrapposta.
Se due o più bipoli in serie sono contigui, potrà essere valuatata la tensione V* ai capi della
serie e si potrà considerare un bipolo equivalente di caratteristica V*-I.
Partitore di tensione
Se consideriamo due resistori A’-B’ e A”B” di resistenza R’ ed R” in serie (B'=A"), il bipolo
equivalente ai morsetti A’-B” ha resistenza pari a R= R’+R” (resistenza equivalente alla serie).
Detta V la tensione tra A’ e B”, la tensione V’ tra A’ e B’ è pari a [V R’/R], la tensione V” tra A”
e B” è pari a [V R”/R]. In generale, la tensione V si “ripartisce” tra resistori in serie secondo la
relazione (detta del partitore di tensione) [Vk=fVV] essendo Vk la tensione sul resistore k-mo; fV
vien detto fattore di partizione e vale Rk/R (dove R è la somma delle resistenze); il segno
dipende dalla scelta del riferimento Vk rispetto a V.
Collegamento di bipoli – Punto di lavoro
Collegare due bipoli significa considerare una identificazione formale dei morsetti. Ad
esempio il bipolo AB potrà essere collegato al bipolo A’B’ considerando A=A’ o A=B’ o B=A’ o
B=B’ ovvero (A=A’ e B=B’) ovvero (A=B’ o B=A’). In questi ultimi due casi si costituisce un
circuito semplice. Note le convenzioni V-I, V’-I’ assunte sui due bipoli e le relative leggi
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caratteristiche tensione-corrente, è possibile valutare se esistono una o più soluzioni
compatibili con il collegamento previsto.
Risoluzione grafica: si riportano “congruentemente” su uno stesso piano la caratteristica V-I
del primo bipolo e la caratteristica V’-I’ del secondo bipolo, considerando che può essere
V=V’ e I=I’.
Nel caso di collegamento generatore ideale di tensione E-resistore R si ha sempre un solo
punto di lavoro di coordinate I=E/R V=E=RI.
Nel vaso di collegamento generatore ideale di tensioneE – generatore ideale di corrente J sia
ha un solo punto di lavoro V=E, I=J.
Nel caso di collegamento generatore ideale di tensione – lampada a scarica si hanno due
soluzioni se E<V*, una soluzione nel caso E=V*, nessuna soluzione per E>V* (fig.5.1).
Nel caso di collegamento di due generatori ideali di tensione E ed E’, si avranno infinite
soluzioni (l’intensità di corrente può essere qualsiasi) se V=V’=E=E’, non si avrà nessuna
soluzione se EE’.
Nel caso di collegamento di due generatori ideali di corrente J ed J’, si avranno infinite
soluzioni (la tensione può essere qualsiasi) se I=I’=J=J’, non si avrà nessuna soluzione se JJ’.
Poiché i casi con nessuna soluzione o con infinite soluzioni non hanno riscontro fisico ( un
sistema fisico stazionario ammette sempre una soluzione, salvo distinguerla da altre
possibili14, in base alla “storia” subita dal componente reale ed eventuali criteri di stabilità).
Tali casi si definiscono patologici. Ricordiamo al proposito che un generatore ideale di
tensione non può essere cortocircuitato, ovverosia collegato ad un bipolo cortocircuito ideale,
così come un generatore ideale di corrente non può essere aperto, ossia collegato ad un bipolo
aperto.
Bipoli in parallelo
Due (o più) bipoli si dicono in parallelo diretto o semplicemente in parallelo se è possibile
stabilire per essi riferimenti congruenti per la tensione V; in tal caso i valori della tensione
sono uguali; se i riferimenti sono opposti, i valori della tensione sono opposti e il parallelo si
dirà contrapposto.
Se due o più bipoli in parallelo sono contigui, potrà essere valuatata l’intensità di corrente I*
ai morsetti di ingresso del parallelo e si potrà considerare un bipolo equivalente di
caratteristica V-I.*.
Partitore di corrente
Se consideriamo due resistori A’-B’ e A”B” di conduttanza G’=1/R’ e G”=1/R” in parallelo
(A’=A”=A,B’=B”=B), il bipolo equivalente ai morsetti A-B ha conduttanza equivalente pari a
L’insieme delle soluzioni o è finito (come nel caso delle lampade a scarica) o costituisce un insieme numerabile (come nel
caso dei bipoli isteretici).
14
11 -21/06/2017 -874007467
G=G’+G”” (resistenza equivalente pari a R=R’R”/[R’+R”]). Detta I l’intensità della corrente in
ingresso al parallelo A-B, l’intensità della corrente I’ tra A’ e B’ è pari a I’=I G’/G=I R”/R,
l’intensità I” tra A” e B” è pari a I”=I G”/G= I R’/R. In generale, l’intensità di corrente I si
“ripartisce” tra resistori in parallelo secondo la relazione (detta del partitore di corrente) [Ik=fII]
essendo Ik la corrente nel resistore k-mo; fI vien detto fattore di partizione e vale Gk/G, , dove G
è la somma delle conduttanze; il segno dipende dalla scelta del riferimento Ik rispetto a I.
Generatore reale di corrente
Se consideriamo la caratteristica ai morsetti del parallelo tra un generatore ideale di corrente
I* e un resistore R*, essa sarà normale e passerà per il punto (0,I cc=I*) ed il punto (V0=R*I*,0).
Tale parallelo sarà quindi equivalente ad un generatore reale di tensione con tensione a vuoto
V0, resistenza interna R* e corrente di corto circuito I*.
Per realizzare un generatore di corrente praticamente ideale I*, basterà disporre di un
generatore di tensione reale con resistenza interna R* molto maggiore della resistenza R u del
carico; tale generatore dovrà avere una idonea tensione a vuoto V0=R*I*.
Principio di sostituzione
Se il punto di lavoro P della connessione tra un bipolo B1 ed un bipolo B2 è unico, esso può
essere identificato anche sostituendo ai bipoli suddetti due bipoli B1* e B2* le cui
caratteristiche comprendano il punto P e questi rappresenti ancora l’unico punto di lavoro.
Ad esempio, in una connessione generatore ideale di tensione(E)-resistore ideale(R) che ha
come punto di lavoro il punto P di coordinate (E, E/R), si può sostituire al resistore un
generatore di corrente ideale I*=E/R; il punto di lavoro P* della nuova connessione ha le stesse
coordinate del punto P.
Le sostituzioni sono sempre ammesse se il punto di lavoro è unico prima e dopo la
sostituzione. Attenzione quindi ai casi patologici.
12 -21/06/2017 -874007467
Lezione del 11/10/2007 (3h)
Reti elettriche
Connessione significativa di bipoli elettrici.
Topologia delle reti
Lato: costituito da un bipolo o, volendo, dal bipolo equivalente alla serie di più bipoli
Nodo: punto di connessione di più di due bipoli (si parla di nodo degenere se si considera la
connessione di due bipoli)
Maglia: definita dalla connessione di bipoli lungo un percorso chiuso
Grafo (non orientato): mappa della connessione dei bipoli; il grafo si dirà ridotto se non vi sono
connessioni in serie o in parallelo (o si sono considerati i bipoli equivalenti); un grafo si dirà
completo se è prevista la connessione tra tutti i nodi (un grafo potrà essere sempre completato
considerando bipoli aperti in luogo delle connessioni mancanti). Un grafo ridotto e completo
poggiante su n nodi ha un numero di lati pari a L=[n (n-1) /2]
Albero: struttura fondamentale della rete, che collega tutti gli n nodi della rete, senza dar
luogo a maglie; l’albero ha quindi (n-1) rami.
Coalbero: parte della rete complementare all’albero; il coalbero ha quindi L-(n-1) lati.
Sistema fondamentale
Considerata una rete di L lati (su ognuno dei quali vi sia un bipolo per ognuno dei quali è
fissata la caratteristica V-I), risolvere la rete significa trovare i valori delle 2L incognite
tensioni e intensità di corrente. Occorre quindi definire un “sistema fondamentale” risolvente;
è necessario che questo sistema sia costituito da 2L relazioni indipendenti. Un “pacchetto” di
L relazioni indipendenti è dato dalle stesse relazioni caratteristiche. Le altre relazioni saranno
collegate ad elementi topologici della rete (nodi e maglie); saranno quindi chiamate “equazioni
topologiche”.
Equazioni ai nodi indipendenti ( I principio di Kirchhoff)
Ai singoli nodi si può esprimere un bilancio di carica: in condizioni stazionarie non vi può
essere accumulo di carica in ogni volume che comprende il nodo. Facendo riferimento ad un
fissato intervallo di osservazione, potremo esprimere quindi un bilancio di intensità di
13 -21/06/2017 -874007467
corrente: la somma “ponderata” delle intensità di correnti che interessano il nodo deve essere
nulla, dove per “ponderare” le intensità basterà moltiplicare per un coefficiente (+1) [ oppure
(-1)] l’intensità I se il riferimento è uscente dal nodo e per un coefficiente (-1) [(+1)] se il
riferimento è entrante15.
Se si considera l’albero, è immediato costatare che le prime (n-1) equazioni ai nodi che si
scrivono sono indipendenti, mentre l’ultima è combinazione delle altre.
Equazione alle maglie indipendenti (II principio di Kirchhoff)
Per le singole maglie si può esprimere l’irrotazionalità del campo elettrico in condizioni
stazionarie. Potremo esprimere quindi un bilancio di tensioni considerando l’annullarsi della
circuitazione del campo elettrico lungo una maglia percorsa in senso orario [antiorario]: la
somma “ponderata” delle tensioni incognite che interessano la maglia deve essere nulla, dove
per “ponderare” le tensioni basterà moltiplicare per un coefficiente (+1) la tensione V se il
riferimento assunto per la tensione è congruente con la circuitazione che si sta eseguendo e
per un coefficiente (-1) nel caso contrario.
Se si considerano le maglie ottenute appoggiando all’albero i singolo lati del coalbero, si
ottengono [L-(n-1)] equazioni alle maglie indipendenti; si può costatare che ogni altra
equazione ottenuta considerando altre maglie è combinazione delle equazioni suddette.
Sistema fondamentale completo: soluzione
Una volta scritte le L equazioni caratteristiche e le L equazioni topologiche, ci si chiede se il
sistema fondamentale ammette soluzioni. Atteso che le equazioni topologiche sono
semplicissime equazioni lineari, potremo affermare che, se le caratteristiche sono “normali”,
il sistema ammette una ed una sola soluzione.
Se vi sono bipoli non lineari, occorrerà esaminare caso per caso le non linearità. In molti casi il
sistema ammette una ed una sola soluzione (e ad essa potrà pervenirsi analiticamente con
diversi metodi, ad esempio per sostituzione), in altre casi occorrerà procedere per via
numerica (esempio: metodo di Newton-Raphson) o con altri metodi iterativi. In altri casi
possono presentarsi soluzioni dipendenti dalla “traiettoria” nel piano V-I.
Principio di sostituzione
Se il sistema fondamentale ammette una sola soluzione (ad esempio nel caso di sistemi lineari
non omogenei) è possibile sostituire ad un bipolo (con caratteristica qualsiasi purchè
invertibile) un altro bipolo (ad esempio un generatore ideale di tensione o di corrente con il
valore della tensione o della intensità di corrente uguale a quello della soluzione), purchè il
15
Per una scrittura sistematica della matrice dei coefficienti si potranno inserire in tutte le equazioni anche le incognite non
direttamente interessate, moltiplicandole per un coefficiente nullo. La matrice dei coefficienti sarà quindi sparsa, ossia ricca
di elementi nulli. La soluzione attraverso un programma di calcolo del sistema fondamentale sarà in qualche modo
“complicata” dalla inversione di una matrice sparsa.
14 -21/06/2017 -874007467
nuovo sistema ammetta una sola soluzione
“patologici”).
(ad esempio non ci si deve ritrovi nei casi
Teorema di scomposizione – Sovrapposizione degli effetti
Se il sistema è lineare, può essere considerare una qualsiasi scomposizione del vettorecolonna dei termini noti e “scomporre” la soluzione in tante soluzioni. Una utile
scomposizione consiste nel considerare uno alla volta i termini noti relativi ai singoli
generatori, in quanto è molto più semplice risolvere una rete lineare alimentata da un solo
generatore. Quest’ultimo procedimento prende comunemente il nome di sovrapposizione degli
effetti.
15 -21/06/2017 -874007467
Lezione del 18/10/07 (3h)
Generatore equivalente di tensione (Teorema di Thévénin)
Consideriamo una rete costituita da bipoli normali (attivi e passivi), accessibile ai morsetti AB (bipolo attivo A-B), ovverosia collegabile attraverso A-B ad un altro bipolo16.
Al fine di valutare genericamente il funzionamento qualunque sia il bipolo connesso, ossia la
caratteristica della rete suddetta ai morsetti A-B ( ossia valutare il legame tensione corrente VI), nel caso che la rete sia costituita da bipoli normali, può essere considerato un bipolo
elementare costituito da un generatore reale di tensione ossia dalla serie di un generatore
ideale di tensione Vo e di una resistenza Req (bipolo equivalente di Thevenin) dove Vo è la
tensione V “a vuoto” cioè immaginando di collegare A-B ad un bipolo aperto ed Req è la
resistenza equivalente della rete “vista” ai morsetti A-B quando nella stessa rete sono stati
spenti tutti i generatori.
Tale proprietà può essere dimostrata applicando il principio di sostituzione (nel caso la
soluzione esista e sia unica) e la sovrapposizione degli effetti.
Il punto di lavoro effettivo è stabilito dal confronto della caratteristica del bipolo equivalente
di Thevenin con la caratterista del bipolo “esterno” (che può essere un bipolo elementare
[anche non lineare17] o un altro bipolo equivalente [ovviamente lineare]).
Generatore equivalente di corrente (Teorema di Norton)
Al fine di valutare la caratteristica della rete suddetta ai morsetti A-B ( ossia valutare il
legame tensione corrente V-I), nel caso che la rete sia costituita da bipoli normali, può essere
considerato un bipolo elementare costituito da un generatore reale di corrente ossia dal
parallelo di un generatore ideale di corrente Icc e di una resistenza Req (bipolo equivalente di
Norton) dove Icc è la “intensità della corrente di cortocircuito” cioè immaginando di collegare
A-B ad un bipolo cortocircuito ed è Req la resistenza equivalente della rete “vista” ai morsetti
A-B quando nella stessa rete sono stati spenti tutti i generatori.
Il punto di lavoro effettivo è stabilito dal confronto della caratteristica del bipolo equivalente
di Norton con la caratterista del bipolo “esterno” (che può essere un bipolo elementare [anche
non lineare] o un altro bipolo equivalente [ovviamente lineare]). La dimostrazione è analoga
alla precedente.
16
Tale bipolo potrà essere attivo o passivo ed anche non lineare, salvo le considerazioni che faremo più avanti.
17
Se dal confronto delle due caratteristiche si evidenziano una molteplicità di soluzioni, occorreranno ulteriori valutazioni
(legate ad esempio alla “storia” subita dal bipolo, alla “stabilità” della soluzione, ecc.).
16 -21/06/2017 -874007467
I bipoli di Thevenin e Norton sono ovviamente equivalenti tra loro; i tre parametri
equivalenti sono legati dalla relazione Icc = Vo/Req e quindi il terzo si potrà dedurre dalla
conoscenza dei primi due.
Sarà opportuno il ricorso al teorema di Thévénin, quando l’apertura di un ramo “frantuma”
significativamente una rete (es. configurazioni di sottoreti in serie), mentre il generatore
equivalente di corrente sarà più facilmente valutabile nel caso di sottoreti in “parallelo” 18.
Lezione del 8/11/07 (3h)
Ricapitolazione degli argomenti svolti
Esercitazione: sovrapposizione degli effetti, teorema del generatore equivalente
Conservazione della potenza nelle reti elettriche
Considerato che in regime stazionario la tensione su un lato posto tra i lati r ed s può essere
espressa come differenza di potenziale ( Vrs = Vr - Vs ) e che vale la legge di Kirchhoff ai nodi r
ed s, si può facilmente dimostrare che è nulla la somma - estesa a tutti i lati - delle potenze
valutate con la stessa convenzione. Quindi è nulla la somma delle potenze assorbite da tutti i
lati ed è nulla la somma delle potenze generate da tutti i lati. Se non si è adottata per tutti i
bipoli la stessa convenzione, la somma delle potenze assorbite - estesa a tutti i lati per cui si è
fatta la convenzione dell'utilizzatore - è pari alla somma delle potenze erogate - estesa a tutti i
lati per cui si è fatta la convenzione del generatore -.
Potenze virtuali - Teorema di Tellegen
Se si considerano due reti con ugual grafo (in sostanza con lo stesso numero di nodi) e con le
stesse convenzioni sui lati omologhi (r-s,r'-s'), possiamo ugualmente dimostrare che la somma
delle potenze virtuali VrsIr's' estesa a tutti le possibili connessioni è nulla (I teorema di
Tellegen).
Come applicazione del teorema di Tellegen consideriamo da un lato una rete resistiva
R alimentata da un generatore di tensione Ea (per semplicità, ideale) situato nel lato a e
l’intensità di corrente Ib in un ramo b (per semplicità: un cortocircuito) e dall’altro la rete R’
modificata rispetto alla precedente solo nella posizione del generatore Eb’, che trovasi nel lato
Il teorema di Norton si applica infatti continuamente nelle reti di distribuzione dell’energia elettrica, dove i dispositivi
sono collegati a due sbarre o linee equipotenziali.
18
17 -21/06/2017 -874007467
b’ omologo di b ed in cui si prende in considerazione l’intensità di corrente I a’ nel lato a’
omologo di a. La convenzione tra Ea e Ia’sia congrua con la convenzione tra Eb’ e Ia (ad es. del
generatore).
Applicando il teorema di Tellegen alle due reti avremo:
'
Vk I k'  0   Ea I a'   Vk I k'  0  Ib'
lati
V I
'
k k
lati
 0  0  I a   Vk' I k  Eb'  I b
'
dove la sommatoria con apice è estesa a tutti i lati delle reti meno i lati a e b (a’ e b’); per
questi lati, costituiti dagli stessi resistori; sarà VI’=RI I’=RI’ I=V’I e quindi
Ea I’a = E’b Ib
(teorema di reciprocità)
In particolare se i due generatori erogano lo stesso valore della tensione, le due intensità di corrente
sono uguali. Posso quindi calcolare la corrente in un ramo di una rete alimentata da un solo generatore
“spostando” il generatore proprio in quel ramo e calcolando l’intensità di corrente nel ramo dove si
trovava originariamente il generatore.
Si può riscrivere il teorema rimuovendo le ipotesi semplificative anzidette ed anche
considerando l’alimentazione con un generatore di corrente.
18 -21/06/2017 -874007467
Quale applicazione del teorema di reciprocità si può considerare una figura “a ponte di
Weathstone” in cui non si riscontrano configurazioni serie o parallelo di resistori.
R2
R1
R
5
I5
R3
R4
V
E
+
I’1
R2
R1
R
5
I’5
E’
5
+
I’3
R3
R4
I’
19 -21/06/2017 -874007467
Per il calcolo della corrente I5, basta considerare il secondo schema in cui il generatore è stato posizionato
proprio nel ramo 5. Se poniamo E’5=E avremo quindi che il valore cercato è l’intensità della corrente I’. Essendo
nel secondo schema R1 in parallelo con R2 e R3 in parallelo ad R4, avremo, applicando la regola del partitore di
corrente,



E5' 
R2
R4
R2
R4



I 5  I '  I 1'  I 3'  I 5' 



'
R R


R3  R4 
R3  R4 
ReqE '  R1  R2
2
 1

5

R2 R3  R1 R4

R R R R R R R R
2
3
1
4
2
4
 1 3





E
R3 R4
R1 R2
R5 

R1  R2
R3  R4

E
R2 R3  R1 R4 
R1 R3 R5  R2 R3 R5  R1 R4 R5  R2 R4 R5  R1 R3 R2  R1 R3 R4  R1 R2 R4  R2 R3 R4
L’intensità di corrente I5 è nulla se R2R3=R1R4 . Anche la tensione V5 è nulla. Questa condizione
(“ponte bilanciato”) può essere utilizzata per la misura di resistenza, avendo a disposizione
due resistori di resistenza nota, un reostato ( resistenza variabile) , oltre al resistore di
resistenza incognita.
La condizione di “ponte bilanciato” assicura che anche al variare di E non vi è sollecitazione
elettrica sul bipolo R5 anche se trattasi di bipolo generico, attivo o passivo. Quindi in tali
condizioni non vi è “interferenza” tra il lato o diagonale di alimentazione ed il lato o
diagonale di “rivelazione” (contenente R5 o qualsiasi altra apparecchiatura rappresentabile
con un bipolo).
20 -21/06/2017 -874007467
Lezione dell’8 novembre 2007
Bipoli in regime variabile (quasi stazionario): il resistore, il condensatore e l’induttore ideali
(cenni) .
Se le grandezze sono variabili nel tempo, ma possiamo sempre parlare di una unica determinazione per
l’intensità della corrente e della tensione, parleremo di bipoli in regime variabile quasi stazionario.
Definiamo resistore ideale in tali condizioni il bipolo per cui valga la relazione v(t)=Ri(t) qualunque
siano i valori di tensione e corrente e qualunque sia t.
Definiremo condensatore ideale in condizioni quasi stazionarie il bipolo per cui valga la relazione
i(t)=dq/dt=Cdv/dt dove la i è correlata alla variazione della carica q sulle armature del condensatore; il
condensatore è un bipolo dinamico, in quanto abbiamo una relazione differenziale tra tensione e
corrente. Il coefficiente C può essere in prima approssimazione considerato pari al rapporto tra carica e
tensione in condizioni stazionarie (Capacità del condensatore).
L’ intensità di corrente in un condensatore è in relazione differenziale con la tensione. Tale relazione è
lineare, ma non è sufficiente a fornirci le informazioni per risalire al valore della tensione; infatti,
considerando la convenzione dell’utilizzatore, si ha in un generico istante t1
t1
dv
(*)
ic  C c  vc t1    ic dt  vc t o 
dt
t0
dove to è un qualsiasi istante di riferimento.
Si vede quindi che se posso conoscere la tensione in un certo istante t1 solo se conosco il valore della
stessa in un istante precedente e l’andamento dell’intensità della corrente nell’intervallo tra gli istanti to
e t1.
La tensione ai capi di un induttore è in relazione differenziale con l’intensità della corrente. Tale
relazione è lineare, ma non è sufficiente a fornirci le informazioni per risalire al valore dell’intensità di
corrente; infatti, considerando la convenzione dell’utilizzatore, si ha in un generico istante t1
t1
di L
(**)
vL  L
 i L t1    v L dt  i L t o 
dt
t0
dove to è un qualsiasi istante di riferimento.
Si vede quindi che posso conoscere l’intensità della corrente in un certo istante t1 solo se conosco il
valore della stessa in un istante precedente e l’andamento della tensione nell’intervallo tra gli istanti to
e t1.
La caratteristica dinamica lega una grandezza con la derivata dell’altra. Nel condensatore l’intensità
della corrente è proporzionale (con la convenzione dell’utilizzatore, tramite il coefficiente C capacità)
alla derivata della tensione. Nell’induttore la tensione è proporzionale (con la convenzione
dell’utilizzatore, tramite il coefficiente L induttanza) alla derivata della corrente.
La tensione sul condensatore e l’intensità della corrente nell’induttore sono funzioni di stato, legate
all’energia immagazzinata. Per ricavare il valore in un istante generico t, occorre conoscere il valore ad
un istante di riferimento e l’integrale della intensità della corrente nel condensatore e della tensione
sull’induttore tra l’istante di riferimento e l’istante t. Tali grandezze di stato risultano quindi continue
nei casi ordinari e possono essere considerate funzioni-memoria.
21 -21/06/2017 -874007467
I bipoli suddetti sono lineari nelle relazioni differenziali, sono lineari nelle relazioni integrali solo se
scarichi nell’istante iniziale di riferimento .
Grandezze periodiche
Metodo simbolico – Operatori complessi
Operatori di impedenza e di ammettenza
Le funzioni periodiche del tempo a(t) sono caratterizzate da un periodo T tale che, per ogni t, sia a(t)=f(t+kT) con k intero
qualsiasi. L’inverso del periodo f=1/T viene detto frequenza; f si misura in hertz [inverso del secondo].
Le funzioni periodiche sono caratterizzate da un valore massimo (o picco positivo) e da un valore minimo 19, da un valore
medio nel periodo e da un valore medio quadratico ( rms: root mean square) o valore efficace nel periodo
Amedio
1

T

t 0 T
t0
a (t )dt
Arms  Aeff
1
 A
T
t0 T
a
2
(t )dt
t0
Le funzioni periodiche a valor medio nullo si dicono alternative.
Una funzione alternativa rettangolare ha il valore efficace coincidente con il valore massimo.
Una funzione sinusoidale del tipo
 2

a(t ) AM sen
t     AM sen2ft     AM sent   
T

è periodica di periodo T, frequenza f e pulsazione , fase iniziale , è alternativa ed il suo valore efficace è pari a
Aeff 
AM
2
 0,707... AM
Il punto di nullo più prossimo allo zero è l’istante t*=-/. Pertanto se =0 la funzione è tipo seno, se =/2 la funzione è
del tipo coseno.
Una funzione b(t)=BMsen(t+) è sfasata dell’angolo (-) rispetto ad a(t); se tale angolo è positivo, b(t) è sfasata in
anticipo rispetto a a(t), se è negativo è sfasata in ritardo rispetto ad a(t); se il suddetto angolo di sfasamento è nullo, le due
grandezze si dicono in fase, se l’angolo di sfasamento è  le due grandezze si dicono in opposizione di fase, se l’angolo è
/2 le due grandezze si dicono in quadratura (in anticipo o ritardo).
Osserviamo che se consideriamo la somma o la differenza di due funzioni sinusoidali della stessa pulsazione otteniamo una
grandezza sinusoidale della stessa pulsazione; moltiplicando una funzione sinusoidale per una costante positiva [negativa]
abbiamo una funzione sinusoidale della stessa pulsazione in fase [in opposizione di fase]; derivando rispetto al tempo una
funzione sinusoidale abbiamo una funzione sinusoidale della stessa pulsazione in quadratura in anticipo.
Poiché il sistema fondamentale prevede relazioni del tipo anzidetto, se ne deduce che una soluzione sinusoidale di
pulsazione  è compatibile con un sistema in cui i generatori (i termini noti) siano sinusoidali della stessa pulsazione;
applicando il principio di identità dei polinomi trigonometrici, si può anche concludere che la soluzione è unica; tutte le
grandezze incognite hanno pulsazione .
Le grandezze si diversificano quindi solo per l’ampiezza e la fase iniziale; possiamo quindi stabilire una corrispondenza
biunivoca tra le funzioni sinusoidali e le coppie ordinate di numeri reali (numeri complessi) ossia i punti del piano
cartesiano:
a(t )  AM sent     ( AM , )  A( Ax  AM cos , Ay  AM sin  )  AM e j  Ax  jAy
L’operatore di Eulero ej, formalmente definito come (cos+jsen), è un operatore di rotazione: applicandolo ad un vettore
Ā (fasore) del piano della rappresentazione – corrispondente della grandezza sinusoidale a(t)- si ottiene un vettore ruotato di
α. Se in particolare α=/2, si ha ej=j; un’altra rotazione di /2 porta al vettore opposto ad Ā: infatti ej=j2=-1; una ulteriore
19
Ovviamente una funzione costante è un caso banale di funzione periodica.
22 -21/06/2017 -874007467
rotazione di /2 ci porta ad una rotazione complessiva ej3=j3=-j corrispondente ad una rotazione (“negativa”) di -/2: e-j/2=j=1/j; una ulteriore rotazione di /2 ci riporta sul vettore originario: ej2=j4=1
Alle operazioni di addizione, sottrazione e moltiplicazione per costante nel dominio nel tempo corrispondono
addizione, sottrazione e moltiplicazione per costante nel dominio della rappresentazione simbolica. All’operazione di
derivazione corrisponde una moltiplicazione per jω ovvero una rotazione di /2 ed una modifica dell’ampiezza.
N.B. Nella corrispondenza la coppia ordinata di numeri reali può essere sostituita (per tutti i fasori) da un valore
univocamente legato all’ampiezza (ad esempio il valore efficace) e da un riferimento angolare qualsiasi.
Operatori complessi
In generale le operazioni tra fasori corrispondono ad una rotazione e modifica di ampiezza. L’operatore che le descrive avrà
la forma
M  M e j  M x  jM y  M cos  jMsen
con M modulo dell’operatore,  argomento dell’operatore.
Circuito R-C in regime sinusoidale
Se consideriamo un circuito semplice costituito da un generatore ideale di tensione e(t)=E Msen(ωt+), un resistore di
resistenza R ed un condensatore di capacità C, potremo ricavare per la corrente erogata dal generatore l’espressione
e(t )  v R (t )  vc (t )  E  VR  Vc
v R  Ri R
 VR  RI
dvc
 I c  jCVc
dt
X
jarctg c
EM
E
ja
R
I 
 IM e 
e
 ic (t ) 
2
2
R  jX c
R  Xc
ic  C
EM
R X
2
2
c
sen(t  arctg
Xc
)
R
dove Xc=1/ωC è la reattanza capacitiva.
Operatori di impedenza e ammettenza
Nel metodo simbolico, il legame tra tensione e corrente per un bipolo si esprime nella forma (legge di Ohm alle grandezze
simboliche, convenzione dell’utilizzatore):
&
&
V  Z I oppure I  Y V
(***)
(operatori di impedenza e di ammettenza)
V V e j V
Z   M j  M e j (   )  Ze j  R  jX
I
IM
IM e
I
I
1
R
X
Y   M e j (   )  Ye j  e  j  G  jB  2
j 2
2
V VM
Z
R X
R X2
L’argomento φ, per motivi che vedremo in seguito, prende il nome di angolo di potenza. La parte reale R dell’operatore di
impedenza è l’operatore di resistenza, il coefficiente della parte immaginaria X è l’operatore di reattanza. L’impedenza si
misura in ohm.
La parte reale G dell’operatore di ammettenza è l’operatore di conduttanza; il coefficiente dell’immaginario è l’operatore di
suscettanza. L’ammettenza si misura in siemens. Da notare che G non è l’inverso di R e B non è l’inverso di X.
Nel caso del resistore ideale si ha Ż=R+j0,
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Y  G  j 0 , con R=1/G pari al valore di resistenza. La tensione è in fase con
l’intensità di corrente.
Nel caso dell’induttore ideale si ha Ż=0+j(XL), Y  0  j ( BL ) , dove XL=L è la reattanza induttiva (mentre BL=1/L
è la suscettanza induttiva). La tensione è in quadratura ed in anticipo rispetto all’intensità di corrente.
Nel caso del condensatore ideale si ha Ż=0+j(-XC), Y  0  j ( BC ) , dove XC=1/C è la reattanza capacitiva (mentre
BC=C è la suscettanza capacitiva). La tensione è in quadratura ed in ritardo rispetto all’intensità di corrente.
Queste considerazioni inducono ad interpretare l’operatore di impedenza come una “serie” formata da un resistore ideale R
e da un reattore ideale X (=X L-XC), ovvero, con un grado di libertà, come un circuito RLC serie; l’operatore di ammettenza
può essere a sua volta interpretato come un “parallelo” formato da un resistore ideale di conduttanza G e da un reattore
ideale di suscettanza B (=BC-BL), ovvero, con un grado di libertà, come un circuito RLC parallelo.
Data la relazione tra i due operatori, si deduce che ad ogni circuito RLC serie corrisponde un circuito RLC parallelo 20.
I casi X=0 e B=0 corrispondono ai circuiti risonanti (serie e parallelo) equivalenti a resistori ideali.
Se R=X=0 siamo in presenza di un bipolo corto-circuito ideale.
Se G=B=0 siamo in presenza di un bipolo aperto ideale.
La (***) può essere scritta per qualsiasi bipolo formalmente rappresentabile, non solo del tipo RLC. Può essere scritta anche
per un generatore reale o ideale: in tal caso il bipolo non può essere ricondotto ad un circuito equivalente RLC. 21
Circuiti risonanti
Un circuito in regime sinusoidale, comunque complesso, nel quale siano presenti resistenze, induttanze e capacità e un solo
elemento attivo si dice in risonanza quando rispetto al generatore che lo alimenta si comporta come un circuito puramente
ohmico.
Consideriamo per semolicità il circuito RCL serie illustrato in Fig.1.
Fig. 1 – Circuito RLC serie.
Consideriamo il funzionamento in regime sinusoidale di tale circuito.
Il fasore
Eˆ
.
Iˆ  I m e j rappresentativo della corrente i(t )  I m sen(t   ) è dato da Iˆ 
Z eq
ˆ
Dove E
 Em rappresenta il fasore relativo alla tensione del generatore e(t)  Em sen(t) e
1 

 è l’impedenza equivalente della serie del resistore, dell’induttore e del condensatore.
Zeq  R  jL 

C 
Il modulo del fasore corrente è:
20
21
Ovviamente con diversi valori di R,L,C (>0) e con un grado di libertà sulla scelta di L e C.
Può tuttavia essere sostituito da un circuito RLC se risulta R0, G0.
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Im 
Em
2
1 


R2  L 

C 
.
(1)
Consideriamo, ora, l’andamento del modulo della corrente Im al variare della pulsazione ω. È immediato verificare che il
valore del modulo Im tende a zero per ω→0 e per ω→ 
della pulsazione caratteristica del circuito:
1
LC
0 
(2)
La pulsazione (2) prende il nome di pulsazione di risonanza. E’ facile verificare che per tale valore della pulsazione la parte
immaginaria dell’impedenza
quindi il modulo di
Z eq
Z eq è uguale a zero, perché la reattanza del condensatore è l’opposta di quella dell’induttore, e
assume il valore minimo.
Il valore della corrente alla pulsazione di risonanza è quindi uguale a
Em
R
, cioè, alla corrente che si avrebbe se nel circuito
vi fosse solo il resistore. Inoltre, alla risonanza è immediato verificare che la tensione del condensatore
quella dell’induttore
VˆC
è l’opposto di
VˆL , e quindi la tensione sul resistore è uguale a quella del generatore.
In definitiva, alla pulsazione di risonanza il circuito, rispetto alla tensione che lo alimenta, si comporta come se fosse
puramente ohmico (la serie L-C è equivalente ad un cortocircuito).
Si osservi che valgono analoghe considerazioni per il circuito RLC parallelo. In questo caso tuttavia al posto della corrente
va considerata la tensione sui tre carichi in parallelo (alla risonanza il parallelo LC si comporta come un circuito aperto).
I circuiti risonanti, almeno da un punto di vista di principio, sono quelli che si utilizzano nelle telecomunicazioni quando si
voglia selezionare un segnale di un data frequenza presente in tutto lo spettro che il sistema ricevente raccoglie. La
selezione avviene facendo variare la frequenza di risonanza del sistema ricevente che si “accorda” con la frequenza cercata
grazie al fatto che a quella frequenza si ha un picco di corrente.
Occorre tuttavia ricordare, soprattutto nel caso di impianti di potenza, la tensione sul condensatore e sull’induttore –RLC
serie- [l’intensità di corrente nel caso del circuito parallelo] potrebbe assumere valori elevati e quindi pericolori. Infatti si
può mostrare che il valore efficace della tensione sul condensatore [dell’intensità di corrente nell’induttore nel caso
parallelo] è, alla pulsazione di risonanza, pari al valore efficace della tensione del generatore moltiplicato per il fattore di
merito
Qs 
o L
R

1
o RC
[Q p  o RC 
R
]
o L
che può assumere valori molto elevati per R tendente a zero [per R tendente a infinito].
Un circuito RLC può quindi assumere il ruolo di amplificatore passivo, non valendo più in generale le ipotesi di non
amplificazione valide il regime stazionario22.
Lezione del 06/12/07
Argomenti
Consideriamo un bipolo di morsetti r-s funzionante in regime sinusoidale. Consideriamo la potenza
22
Si può mostrare che la proprietà di non amplicazione continua a valere anche in regime sinusoidale per le reti resistive e
per le reti RL o RC, oppure solo L o solo C.
25 -21/06/2017 -874007467
istantanea assorbita dal bipolo:
p rs t   v rs t   irs t   VMrs sin t   rs I Mrs sin t   rs  
VMrs I Mrs
cos rs   rs   cos2t   rs   rs  
2
 Vrs I rs cos rs   rs   cos2t   rs   rs  

 Vrs I rs cos rs   cos2t  2 rs   rs   Pmrs  p frs (t )
La potenza istantanea quindi in genere non è una grandezza sinusoidale, ma è caratterizzabile da un
valore medio Pm (detto potenza media, attiva o reale) e da una potenza fluttuante sinusoidale a
pulsazione doppia.
L’energia assorbita da un bipolo in un intervallo t pari ad un multiplo intero di periodi risulta pari a
Pmt, in quanto il contributo della potenza fluttuante è nullo. Se l’intervallo t non fosse esattamente
pari ad un multiplo intero di periodi, il contributo all’energia assorbita fornito dalla potenza fluttuante
sarebbe tanto più trascurabile quanto più t è grande rispetto al periodo.
La potenza fluttuante è tuttavia significativa. Basti pensare che essa ha un valore massimo superiore o
uguale alla potenza media e che, considerando un bipolo reale, le sollecitazioni meccaniche sono
legate alla potena istantanea. Ad esempio all’albero di un motore potrebbe essere applicata una coppia
istantanea anche superiore alla coppia media; ciò porterebbe ad una sollecitazione di torsione
intollerabile ovvero ad una sollecitazione “a fatica” che limiterebbe le prestazioni meccaniche a lungo
termine.
Nel caso di bipoli resistivi, la potenza media è pari a RI2, dove I è il valore “efficace” (come se
considerassimo un caso stazionario), mentre nel caso di bipoli induttore (=π/2) e condensatore (=π/2) la potenza media è nulla . Per un circuito RLC l’angolo di potenza  è compreso tra –π/2 e π/2 ed
il fattore di potenza cos tra 0 ed 1. Se risulta cos<0 siamo sicuramente in presenza di un generatore o
di un bipolo attivo (un bipolo si dirà passivo se in ogno condizione di funzionamento la potenza media
assorbita risulterà non negativa).
Si definisce potenza reattiva assorbita da un bipolo la quantità Q= VI senφ, dove φ è, al solito, la
differenza tra le fasi iniziali della tensione di valore efficace V e della intensità di corrente di valore
efficace I.
La potenza reattiva Q assorbita da un bipolo è, in genere, dello stesso ordine di grandezza della potenza
media P; nel caso di bipolo passivo, la potenza reattiva ci dà indicazione se il bipolo è prevalentemente
di tipo ohmico-induttivo (Q>0) o di tipo ohmico-capacitivo (Q<0).
Il dimensionamento di un bipolo è legato alla potenza apparente
A  VI  P 2  Q 2
La potenza apparente (che compare sulla targa dei dispositivi) è definita come prodotto del valore
efficace della tensione per il valore efficace della corrente; essa è una quantità positiva ed è da
intendersi come potenza di dimensionamento, in quanto il suo valore è proporzionale al volume
occupato dal dispositivo (la distanza tra i morsetti è proporzionale alla tensione mentre la sezione dei
conduttori è proporzionale all’intensità della corrente) e quindi al suo costo.
Per ogni bipolo si può introdurre una grandezza complessa formale, detta potenza complessa, che
abbia come modulo la potenza apparente e come argomento l’angolo di potenza . Essa si può ottenere
moltiplicando il fasore della tensione per il coniugato del fasore dell’intensità di corrente
~
Prs  Vrs I rs  Vrs e j rs I rs e  j rs  Vrs I rs (cos  rs  jsen rs )  Prs  jQrs
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Poichè la potenza complessa è una potenza virtuale (le correnti coniugate soddisfano per loro conto al
1° principio di Kirchhoff), per il teorema di Tellegen essa si conserva. Ne consegue la conservazione
delle potenze reattive in una rete.
Applicazioni: Rifasamento
Per ottimizzare il dimensionamento dei sistemi di alimentazione – a parità di potenza media in gioco e
quindi di energia – occorrebbe che fosse Q=0. Tutti i bipoli dovrebbero essere modificati in maniera da
avere tensione e correnti in fase. Ciò è in linea di principio possibile se tutti i generatori ideali sono in
fase o in opposizione di fase. In tal caso sarebbe possibile “aggiungere” (in serie o in parallelo) una
reattanza tale che la reattanza (o suscettanza) equivalente sia nulla, ossia i bipoli siano risonanti
(rifasamento locale serie o parallelo).
In genere questa soluzione risulta molto gravosa. Dal punto di vista industriale, un compromesso si
ottiene considerando l’utenza (quasi sempre di tipo ohmico induttivo con angolo di potenza >26°) nel
suo complesso ed inserendo un bipolo (condensatore in parallelo al carico) in maniera che l’Ente
fornitore “veda” un fattore di potenza cosL>0,9 (L<26°).
Dal bilancio di potenza complessa o da considerazioni sul diagramma vettoriale delle grandezze
simboliche otteniamo che il valore della capacità necessaria a rifasare un carico di potenza media P
sotto tensione V vale
P(tg  tg L )
C
V 2
Lezione del 22 Novembre 2007 (3h)
Caratteristiche degli N-poli
Una rete accessibile da N morsetti (poli)1,2..,N prende genericamente il nome di N-polo; una
rete accessibile da N coppie (porte) di morsetti ordinati (1-1’),(2-2’),...,(N-N’) prende il nome di Nbipolo; una rete accessibile da N m-ple di morsetti (1-1’-1”-...-1(m)),..., (N-N’-N”-...-N(m)) prende il
nome N-m-polo. Nel caso di una sola coppia di morsetti ordinati si ritrova il noto bipolo.
La caratterizzazione degli N-bipoli può essere effettuata a partire dalla scelta della convenzione sulle
singole porte (ad esempio può essere scelta per tutte le porte la convenzione dell’utilizzatore). Le
singole porte possono poi essere alimentate con generatori di tensione o di corrente.
La caratterizzazione dell’ N-polo viene in genere effettuata fissando per l’intensità della corrente
elettrica un riferimento congruente su tutte le porte (ad esempio un riferimento entrante); poichè la rete
rappresenta una struttura limitata, le intensità di corrente, supposto un funzionamento stazionario, sono
tra loro dipendenti. Per il principio di conservazione della carica sarà infatti
N
I
k 1
k
0
(1)
Nella scelta della caratterizzazione dell’N-polo – su base corrente o su base tensione – si dovrà tener
conto sia della (1) che della conservazione del campo elettrico stazionario.
Sono previste per i generatori due configurazioni fondamentali: nella configurazione concatenata i
morsetti dei generatori sono collegati in sequenza tra i poli 1_2,2_3, 3_4…,(N-1)_N,N_1, nella
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configurazione stellata un morsetto del generatore è collegato al polo k e l’altro ad un morsetto esterno
O (centro stella) in comune con gli altri generatori.
L’alimentazione in corrente non potrà prevedere quindi N generatori stellati di corrente di valore
arbitrario I1,I2,…,IN: l’N-mo è dipendente dagli altri N-1. Possono viceversa essere previsti N
generatori arbitrari di corrente concatenati J12,J23,…,JN1.
L’alimentazione in tensione non potrà prevedere N generatori concatenati di tensione V12,V23,…,VN1
di valore arbitrario, essendo nulla la somma dei loro valori. Possono viceversa essere previsti N
generatori di tensione stellati E1,E2,…,EN di valore arbitrario, collegati ad un centro stella esterno
comune.
Ci limiteremo in questa sede alla caratterizzazioni di N-poli lineari passivi alimentati da generatori di
tensione stellati.
Le intensità delle correnti I1,I2,…,IN (dette anche correnti di linea) possono essere ottenute come
somma dei contributi dei singoli generatori E1,E2,…,EN (di valore arbitrario); tali contributi, trattandosi
di rete lineare, sono proporzionali a valori E1,E2,…,EN ; i coefficienti di proporzionalità sono omogenei
a conduttanze e saranno indicati con Gjk, dove l’indice j si riferisce alla linea (al polo) e k al generatore
di tensione stellata; per j=k tale coefficiente ha il significato ordinario di conduttanza equivalente ai
morsetti del generatore k (quando gli altri generatori sono spenti) e, pertanto, prende il nome di
conduttanza propria o autoconduttanza del polo j; nei casi in cui j è diverso da k, si parlerà di
conduttanza mutua tra i poli j e k.
Le relazioni tra correnti di linea e tensioni stellate
I1=G11E1+G12E2+…+G1NEN
I2=G21E1+G22E2+…+G2NEN
…………………………….
(2)
IN=GN1E1+GN2E2+…+GNNEN
può essere riscritta in forma matriciale
I  G  E
(3)
dove I rappresenta l’array delle correnti di linea ed E l’array (colonna) delle tensioni stellate. La (3)
ricorda la legge di Ohm per il bipolo.
La matrice delle conduttanze
G 
G11
G12
.. G1N
G 21
G 22
.. G2 N
..
..
G N1
GN 2
..
..
(4)
.. G NN
gode delle seguenti proprietà :
-
ha rango inferiore a N ed il suo determinante è nullo: la matrice non è invertibile;
-
gli elementi della diagonale principale (autoconduttanze) sono quantità non negative;
-
le conduttanze mutue non possono essere quantità positive: se ad esempio G12 fosse positiva, si
avrebbe, alimentando con un generatore E2=1 V, una intensità di corrente positiva I1 secondo il
riferimento entrante del polo 1; avremmo quindi, nella rete resistiva alimentata dal solo
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generatore E2, un nodo interno a potenziale inferiore al potenziale del secondo morsetto del
generatore, che è a potenziale minimo (se la tensione del generatore è positiva);
-
si può mostrare che l’intensità I1 non potrà mai essere superiore in valore assoluto alla intensità
I2; si avrà quindi GjkGjj;
-
il calcolo di Gjk e di Gkj si effettua su schemi reciproci, quindi Gjk=Gkj;
-
considerando che la (1) deve valere qualunque siano i valori delle tensioni dei generatori
stellati, si ricava dalla (2) che la somma di tutti i coefficienti di una colonna (e quindi di riga) è
nulla23.
In definitiva, il numero degli elementi “essenziali” di una matrice delle conduttanze si ottiene
considerando che la matrice è simmetrica e che gli elementi della diagonale principale possono
ottenersi a partire dalle conduttanze mutue di riga o colonna; esso vale quindi (N2-N)/2 ossia N(N-1)/2 .
Tale numero corrisponde alle combinazioni senza ripetizione di N elementi su due posti e quindi al
numero di lati in un grafo ridotto completo con N nodi propri.
Possiamo quindi pensare di associare ad un N-polo una rete equivalente che si ottiene considerando un
grafo ridotto completo attestato su N nodi, ciascuno corrispondente ad un polo; la figura che si genera
viene chiamata poligono completo.
Si può facilmente mostrare che se si parte da un N-polo strutturato come poligono completo con
resistori di resistenza Rjk tra i poli j e k, la conduttanza mutua Gjk di tale N-polo è pari a –1/Rjk.
In altri termini, vi è una corrispondenza biunivoca tra gli elementi Gjk di mutua conduttanza tìdi un Npolo e le resistenze Rjk di un poligono completo di resistori. Quindi possiamo “trasformare” un N-polo
qualsiasi in un poligono completo di resistori di N vertici24.
Con riferimento a strutture a “stella”, di fondamentale impiego nella distribuzione dell’energia elettrica,
ci si chiede se è possibile trasformare un N-polo generico (o anche un poligono) in una stella di N
resistori25. La condizione necessaria è che sia N(N-1)/2=N.
Tale operazione sarà quindi possibile solo nel caso N=3 (trasformazione triangolo-stella) 26.
Poiché l’unica autoconduttanza deve essere non negativa, si conferma che il valore assoluto delle conduttanze mutue, non
positive, deve essere inferiore al valore della autoconduttanza; in particolare, se quest’ultima è nulla, saranno nulli tutti gli
elementi di colonna o di riga .
23
N.B. Se l’autoconduttanza è nulla, il polo corrispondente è “isolato” dagli altri.
E’ da notare che con tale “trasformazione” scompaiono tutti i nodi interni della rete originaria. Se si volessero avere
indicazioni, ad esempio, sui potenziali dei nodi interni, occorrerebbe ricavare tali valori a parte.
25
Ovviamente, ad ogni stella è sempre associabile un poligono completo equivalente.
26
Trasformazione stella-poligono completo
24
Si abbia una stella di resistori di centro O; sia Rio la resistenza del resistore tra il polo i-mo ed il centro stella.
L’autoconduttanza al polo i-mo si otterrà valutando la serie tra Rio ed il parallelo tra le rimanenti resistenze:
Gii 
1
Ri 0 
1
N
1
k 1;( k  i ) Rk 0

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In modo analogo possono essere caratterizzati gli N-bipoli27.
La conduttanza mutua Gij si otterrà considerando il partitore di corrente
Gij 
I j I j Ii
Ij
Ii


 Gii 
E j Ei
I i Ei
Ii
1
R jo
N
1
k 1( k  i ) Rk 0

Gii  
1
R jo
1
N
1
Ri 0 
k 1( k  i ) Rk 0

1
N
1
k 1;( k  i ) Rk 0

Queste espressioni permettono di costruire il poligono completo di resistori ( Rij

1
)
Gij
Se N=3 abbiamo la trasformazione stella triangolo




 1
1 
1




 R10  1
1 
 R20 R30 


R20 R30  R30  R20
1

R12  


1
G12
R30
R20
R23  
R R  R10 R30  R20 R30
1
 10 20
G23
R10
R31  
R R  R10 R30  R20 R30
1
 10 20
G31
R20

R R  R R  R10 R30  R20 R30
 R10  20 30   10 20
R
R30
20  R30 

Sommando le tre relazioni membro a membro abbiamo
2
 1
1
1  R10 R20  R10 R30  R20 R30 
1
 
R12  R23  R31  R10 R20  R10 R30  R20 R30 



R12 R23
R
R
R
R
R
R
R
20
30 
10 20 30
20
 10
da cui
R20 
R12 R23
R12  R23  R31
R10 
R12 R31
R12  R23  R31
R30 
R31 R23
R12  R23  R31
che costituiscono la trasformazione triangolo-stella.
Se le tre resistenze della stella sono uguali (R10=R20=R30=RY) anche le tre resistenze del triangolo sono uguali
(R12=R23=R31=R) ed avremo RY=R/3.
27
Una rete accessibile da N coppie (porte) di morsetti ordinati (1-1’),(2-2’),...,(N-N’) prende il nome di N-bipolo (Nporte). La caratterizzazione degli N-bipoli può essere effettuata a partire dalla scelta della convenzione sulle singole
porte (ad esempio può essere scelta per tutte le porte la convenzione dell’utilizzatore). Le singole porte possono poi essere
alimentate con generatori di tensione o di corrente. Non vi è alcun vincolo per le tensioni e le correnti. Nella scelta della
caratterizzazione dell’N-bipolo – su base corrente o su base tensione – si potrà procedere come per l’N-polo, ricordando che
non ci sono vincoli per i generatori. Sono previste per i generatori due configurazioni fondamentali (alimentazione in
corrente e alimentazione in tensione) ed altre ibride (generatori di corrente su alcune porte e di tensione su altre).
L’alimentazione fondamentale in corrente prevede quindi N generatori di corrente di valore arbitrario I 1,I2,…,IN.
L’alimentazione fondamentali in tensione prevede N generatori di tensione V1,V2,…,VN di valore arbitrario applicati alle
N porteLe relazioni tra correnti e tensioni alle porte (alimentazione su base tensione) è la seguente
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I1=G11V1+G12V2+…+G1NVN
I2=G21V1+G22V2+…+G2NVN
…………………………….
IN=GN1V1+GN2V2+…+GNNVN
che può essere riscritta in forma matriciale
I  G V
(3)
dove I rappresenta l’array delle correnti ed V l’array (colonna) delle tensioni. La matrice delle conduttanze gode delle
seguenti proprietà : a) ha rango stavolta uguale a N (il suo determinante è nullo): la matrice è invertibile; b) gli elementi
della diagonale principale (autoconduttanze) sono quantità non negative; c)le conduttanze mutue possono essere quantità
positive o negative; d)per la proprietà di non amplificazione delle correnti, l’intensità I k non potrà mai essere superiore in
valore assoluto alla intensità Ij, dove sia considerato un generatore; si avrà quindi GjkGjj; e)il calcolo di Gjk e di Gkj si
effettua su schemi reciproci, quindi Gjk=Gkj. In definitiva, il numero degli elementi “essenziali” di una matrice delle
conduttanze si ottiene considerando che la matrice è simmetrica; esso vale quindi [N+ (N 2-N)/2] ossia N(N+1)/2 . Poichè la
matrice è invertibile, si può anche considerare la relazione V  G 1  I  R  I , porta a considerare uno schema
Rc  R m
equivalente a T (T1 o T2 a seconda che sia Rm positivo o negativo), in cui
Ra  R11  Rm
Rb  R22  Rm
Il modello su base tensione
I 1  G11V1  GmV2
I 2  GmV1  G22V2
porta a considerare uno schema equivalente a Π (Π1 o Π2 a seconda che sia Gm negativo o positivo), in cui
Gc  G m
Ga  G11  Gm
Gb  G22  Gm
Ra
1
R
2
1’
2’
Ra
Rb
1
Rc
1’
Rb
1
2
Rc
1’
2’
T2
T1
Gc
1
Gc
1
2
Ga
1’
Gb
…………
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1’
2’
Π2
Ga
Gb
2’
2
2’
2
Sistema trifase : Per sistema polifase in regime sinusoidale si intende un collegamento di n-poli (vedi
lezione n.3) attraverso n linee o fasi. Le tensioni tra i poli si dicono concatenata. Il sistema di
trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica in Italia è un sistema trifase. Esistono, per diverse
applicazioni, sistemi con un numero di fasi superiore, in genere un multiplo di tre (6,12,48,…).
Sistema puro e spurio : se gli n-poli sono a stella, è possibile collegare tra loro con un (n+1)-mo
conduttore ( neutro) i centri stella. In questo caso il sistema si dice spurio; ad esempio, il sistema trifase
di distribuzione in bassa tensione in Italia è un sistema spurio: oltre ai tre conduttori di fase R-S-T è
disponibile un quarto conduttore “neutro” N (oltre ad un eventuale altro conduttore di protezione P). Il
sistema di distribuzione in media tensione è invece un sistema puro, con tre sole linee.
In un sistema spurio le correnti di linea non dipendono dai carichi (impedenze) delle altre linee.
Sistemi simmetrici ed equilibrati: un sistema polifase si dice simmetrico (diretto o inverso) se le
tensioni di alimentazione sono simmetriche (diretto o inverso) , ossia se i moduli sono uguali ed ogni
tensione è in ritardo (in anticipo per la simmetria inversa) di 2π/n rispetto alla tensione che la precede
nella sequenza. Se le tensioni sono simmetriche, i fasori rappresentano un poligono regolare di n lati.
Se anche le correnti di linea sono simmetriche, il sistema si dice equilibrato.
In un sistema simmetrico ed equilibrato l’intensità di corrente nell’eventuale conduttore neutro è nulla.
In un sistema simmetrico ci si riferisce in genere al valore efficace della tensione concatenata ( tensione
di sistema).
Sistemi non equilibrati
Nel caso di sistemi spuri, le correnti di linea sono valutati direttamente dalle tensioni stellate dei
generatori.
Nel caso dei sistemi puri e di carico a triangolo, le correnti di lato sono valutate direttamente a partire
dalle tensioni concatenate.
Nel caso dei sistemi puri e del carico a stella, senza considerare la possibile trasformazione a triangolo,
le correnti di linea possono essere valutate come
 E k  VOu Og 

Ik  



Z
k


valutando la tensione tra i centri stella del carico e dei generatori con l’espressione di Millmann.
32 -21/06/2017 -874007467
Lezione del 29/12/07 (3h)
Trasformatore ideale
Trattasi di un doppio bipolo ideale, caratterizzabile con parametri ibridi o, più semplicemente dalle
relazioni v1/v2=a , i1/i2=-1/a (a - detto rapporto di trasformazione- è numero reale diverso da zero).
Esso può essere letto come trasformatore di tensione e/o di corrente. Le tensioni e le correnti
s’intendono costanti o variabili nel tempo. Il trasformatore ideale è trasparente alla potenza istantanea.
Potenza nei sistemi trifase: in un sistema trifase simmetrico ed equilibrato la potenza fluttuante
erogata dai generatori è nulla. La potenza istantanea quindi coincide con la potenza media: la
sollecitazione meccanica legata alla coppia istantanea non ha quindi un termine di “fatica”,
determinando così prestazioni ottimali.
Un sistema trifase simmetrico ed equilibrato consentirebbe, a parità di energia trasmessa, un risparmio
del 50% sui conduttori rispetto a tre sistemi monofasi. In un sistema spurio, il carico è di norma “quasi”
equilibrato, il conduttore neutro può essere realizzato della stessa sezione dei conduttori di fase e quindi
si ha un risparmio di 1/3 rispetto a tre sistemi monofase.
Cenni sugli impianti elettrici civili ed industriali in bassa tensione. Impianti di terra. Protezione
differenziale.
Esercitazioni sul regime sinusoidale e stazionario
33 -21/06/2017 -874007467
Appendice I (per consultazione ed approfondimento personale)
LE EQUAZIONI DI MAXWELL IN FORMA LOCALE
Laddove le grandezze (scalari e vettoriali) presenti nelle (0.1)-(0.4) siano continue e derivabili,
il campo elettromagnetico può essere descritto in tutti i punti dello spazio attraverso gli
operatori differenziali spaziali e temporali divergenza e rotore 28
B
(1’)   E  
t

(2’)   E 
0
B  0

E 

(4)   B   0  J   0
t 

(3’)
Per integrare queste equazioni nello spazio occorre conoscere le “condizioni al contorno”
(all’infinito o al finito) e le “condizioni iniziali”.
Le equazioni di Maxwell in forma locale ci evidenziano le sorgenti del campo
elettromagnetico, in termini di divergenza (“fontane o pozzi”) o in termine di rotore
(“vortici”).
28
La divergenza di un campo vettoriale A in un punto P è una quantità scalare e può essere definita (cfr. il teorema della
divergenza) con un processo al limite a partire dal flusso del vettore attraverso una superficie chiusa racciudente P,
rapportato al volume definito dalla superficie stessa e facendo implodere la superficie chiusa intorno al punto P.
L’operatore di divergenza si indica con   o con div. Un campo a divergenza nulla è indivergente o solenoidale.
Il rotore di un campo vettoriale A in un punto P è un vettore che può essere definito (cfr. il teorema di Stokes) considerando
una superficie elementare orientata (es. un cerchio) contenente il punto P ; il modulo del rotore è pari al massimo valore –
al variare della giacitura della superficie – della circuitazione lungo l’orlo della superficie stessa, la direzione ed il verso
essendo definiti dalla normale alla superficie nella posizione in cui la circuitazione è massima. L’operatore di rotore si
indica con   o con rot o curl. Un campo a rotore nullo è irrotazionale.
 


 
Un ulteriore operatore differenziale spaziale è il gradiente  . Esso opera su un campo scalare f(P): il suo modulo è
individuato dalla massima derivata direzionale condotta su ogni retta orientata passante per il punto P, la direzione ed il
verso sono dettati dalla retta orientata per cui si ha la massima derivata. Le componenti (ad es. cartesiane) possono generare
una forma differenziale esatta (la circuitazione del gradiente lungo una qualsiasi linea chiusa. Nel caso elettrostatico la
funzione f(P) è il potenziale (elettrostatico) ed il suo gradiente è (a parte il segno) pari al campo (elettrostatico).
Si riconosce che la divergenza del rotore è nulla e quindi anche il flusso del rotore attraverso una superficie chiusa è nullo. Il


gradiente della divergenza è detto laplaciano    .
Un campo ovunque solenoidale è conservativo per il flusso e può essere descritto come il rotore di un altro campo vettoriale
detto potenziale vettore (esempio il potenziale vettore magnetico)
La circuitazione di un campo ovunque irrotazionale è sempre nulla; il campo si dice conservativo per il lavoro (es campo
elettrostatico).
Tali proprietà possono essere opportunamente valutate anche in domini limitati.
34 -21/06/2017 -874007467
2
Le sorgenti possono dipendere direttamente dai campi (“sorgenti interne”, in rosso) o meno
(“sorgenti esterne”, in blu; in realtà, anche le sorgenti “esterne” possono essere “prodotte” dai
campi.
B
(1”)   E  
t

(2”)   E 
0
(3”)
B  0
E 

(4”)   B   0  J   0

t 

Come si nota, le uniche sorgenti esterne previste nelle equazioni locali di Maxwell
sono le densità volumetriche di carica e le densità di corrente. Altri tipi di sorgenti (cariche
puntiformi, lineari o superficiali, ovvero correnti laminari ecc.) determinano singolarità nelle
relazioni differenziali; se ne può tener conto nelle relazioni integrali, che danno luogo a
condizioni di raccordo alla frontiera dei sottodomini all’interno dei quali i campi sono continui
e derivabili (vedi oltre).
Nel caso di moto stazionario di cariche in migrazione ( ad es. in un conduttore
filiforme), non vi è variazione media della carica in moto in ogni volume; in ogni punto è
costante la velocità v di migrazione (non considerando il moto di agitazione termica e il moto
vario nell’intervallo tra due interazioni29. Si può quindi ritenere che sia nulla, in media, la
risultante delle forze che agiscono sulla carica q in movimento, nel nostro caso la forza qE nel
senso del moto ed una “forza d’attrito equivalente” –kv diretta in senso opposto alla prima.
In un circuito semplice (ad esempio una regione di spazio di forma anulare), il campo velocità
di migrazione delle cariche ha linee di flusso anulari e tutte orientate in senso orario o
antiorario. Quindi la circuitazione del campo di velocità v e del campo di corrente J=v non
può essere nulla, ossia il campo di corrente stazionaria non può essere conservativo. Poiché il
moto di migrazione è non è vario e il campo equivalente d'attrito è sempre opposto al senso
del moto, il campo di forze sulle cariche ed il relativo campo elettrico complessivo (che, si ricorda, è
la forza applicata alla particella riferita alla carica della particella) non possono essere
conservativi30.
29
per il rame tale tempo è dell’ordine di 10-14 s
30
Poiché il campo elettrico derivante da una distribuzione di cariche elettriche è conservativo, ne
discende che un moto stazionario di cariche non può essere generato da una distribuzione (fissa) di
cariche. Occorrerà quindi considerare una sorgente di campo elettrico non di tipo elettrostatico,
chiamato campo elettromotore. Il campo elettromotore è quindi un campo di forza specifica, di natura
meccanica, chimica, elettrica …. ma non elettrostatica (trattandosi di campo non conservativo), che
agisce sulle cariche tenendole separate in un mezzo conduttore e consentendo per esse un moto
stazionario (o anche non stazionario). In un circuito semplice interessato da corrente stazionaria, ci
deve essere almeno una parte (tratto generatore) in cui il campo elettromotore è diverso da zero;
l'eventuale parte complementare, in cui il campo elettromotore è nullo, prende il nome di tratto
35 -21/06/2017 -874007467
Il sistema di equazioni differenziali di Maxwell si presta a soluzioni analitiche dirette solo in
alcuni casi (ad es. propagazione di onde piane).
Dal punto di vista generale occorrerà considerare che le equazioni di Maxwell sono
differenziali nello spazio e nel tempo e quindi occorrerà conoscere (vedi oltre) le condizioni
al contorno del dominio di indagine (o le condizioni all’infinito, nel caso di domini illimitati)
e le condizioni iniziali.
§ I.5 Potenziali elettromagnetici - Equazioni di Poisson
Le equazioni di Maxwell permettono di identificare rapidamente potenziale vettore e
potenziale scalare. Infatti abbiamo
(6)   B  0  B    A
( A è il potenziale vettore)
31
Quindi
(7)   E  
B
 (  A)
A 
A
A


   E 
   E  
 
  0  E
t
t
t 
t
t

dove Φ è il potenziale scalare elettromagnetico, riconducibile, in caso stazionario, al potenziale
elettrostatico.
B

(8) E   es   ( A)   ( B )  E  t dl
A
Il campo elettrico ammette un potenziale scalare solo nel caso stazionario (o quasi-stazionario),
mentre il campo magnetico ammette sempre potenziale vettore.
Sostituendo la (7) nella (2) si ha
utilizzatore. Nel tratto utilizzatore la forza specifica sulle cariche è quella derivante dalla distribuzione
di cariche (causata a sua volta dal campo elettromotore) ed è quindi un campo a potenziale: nel tratto
utilizzatore la tensione elettrica (integrale del campo elettrico) valutata tra due punti non dipende dalla
curva di integrazione ma solo dagli estremi di integrazione (all'interno del tratto generatore, viceversa,
la tensione dipende dalla curva scelta). Se quindi il campo elettromotore è diverso da zero solo in una
parte del circuito semplice, di sezioni estreme A e B, la tensione VAB sarà indipendente dalla curva
scelta solo a patto di non "entrare" nel tratto generatore. Le sezione A e B individuano quindi i confini
tra un "bipolo generatore" - identificabile attraverso una caratteristica V-I valutata all'esterno del tratto
generatore - ed un "bipolo utilizzatore" in cui non vi sono vincoli per la valutazione della tensione.
31
Il potenziale vettore è un campo vettoriale di cui è non è in partenza assegnata la divergenza (vedremo poi che potrà
essere assegnata con opportune condizioni o gauges). Il potenziale vettore è sempre definito a meno del gradiente di una
funzione scalare, in quanto il rotore di un gradiente è nullo.
36 -21/06/2017 -874007467
A

 A
 
      2    

t
0
 t
 0
(9)    
Sostituendo nella (4) dalla (6) e dalla (9)
 2A
V 
   0 J
(10)   (  A)   0  0   2  

t

t


Nelle (9)-(10) non compaiono più i campi E e B, ma i potenziali vettore e scalare, in funzione
delle distribuzioni di carica e di densità di corrente.
Per avere una espressione più “leggibile” della (10), ricordiamo che il potenziale vettore A(P,t) è 32definito a
meno del gradiente di una funzione scalare Ψo(P,t) e la sua divergenza è arbitraria. Indichiamo con A0(P,t) un
potenziale vettore indivergente. Ne deduciamo che qualsiasi altro potenziale vettore A dovrà rispettare la
condizione:
(11)
  A0  0    A    0   2 0    A
(gauge di Coulomb)
Nella (10) avremo
  2 A  0 
 
  0 J



(12)   (  A 0 )   0  0 
2



t

t


Ricordando la definizione di Laplaciano vettore
 2 A    A    (  A)
abbiamo dalla (12)
  2 0  
 2 A0
  0 J
  0  0  2 
(13)  A 0   0  0


t
t 2

t


2
Ponendo
(14)  0   
0
t
si ottiene
2A0
 0
  A 0   0 0




 0 J
0 0
t
t 2
2
(15)
ed inoltre
(16)

 A

  E      0   0    2  0 
0
 t

32
Si ricorda che la proiezione sui tre assi cartesiani del laplaciano di un vettore dà luogo a tre laplaciani scalari nelle
componenti cartesiane del vettore.
37 -21/06/2017 -874007467
Con le posizioni (11)-(16) si è pervenuti ad una equazione di Poisson il cui termine noto è
legato dalla sola distribuzione volumetrica delle cariche. In altri termini, la soluzione Φ0
corrisponde ad un caso “elettrostatico” noto costituito dalla soluzione “coulombiana”
relative ad una distribuzione di carica racchiusa in un volume Δτ:
(17)  0 ( P, t ) 
1
40


 (Q, t )
rPQ
d
Questo risultato ha una importanza solo simbolica, poiché il campo elettrico non discende da
questo potenziale scalare, ma occorre anche affrontare la difficile soluzione della (15). 33
Nel caso stazionario le (15)-(16) diventano
(18)
  2 A 0  0J
(19)   2  0 

0
note come equazioni di Poisson. Nel prossimo paragrafo esamineremo alcuni casi
fondamentali.
Notiamo che, nel caso stazionario, le equazioni di Maxwell si disaccoppiano e spariscono le sorgenti
“interne”.
In assenza di mezzi materiali, si introducono due campi vettoriali ausiliari:
- il vettore spostamento elettrico, formalmente legato al campo elettrico dalla relazione
D=ε0 E; si riconosce immediatamente che il vettore spostamento è omogeneo con una
densità superficiale di carica e corrisponde, nel caso del condensatore ordinario nel
vuoto, alla densità di carica superficiale sull’elettrodo; il flusso dei tubi di D è pari alla
carica intercettata sull’elettrodo;
- il vettore campo magnetico H=B/μ0; si riconosce immediatamente che tale vettore è
omogeneo con una densità lineare di corrente e quindi la sua circuitazione definisce
una intensità di corrente “concatenata libera” (di conduzione e/o di spostamento).
Consideriamo ora la presenza di mezzi materiali.
Distinguiamo le sorgenti vincolate da quelli libere.
I fenomeni di polarizzazione elettrica possono essere descritti attraverso il vettore
polarizzazione P, inteso come momento risultante per unità di volume dei momenti dei dipoli
elettrici intorno al punto in esame. Il vettore polarizzazione, anch’esso omogeneo con una
densità superficiale di carica, è quindi legato alla deformazione della materia per effetto delle
sorgenti libere. Il campo all’interno della materia risulterà pertanto pari a
33
In luogo della gauge di Coulomb, potrebbe essere usata un’altra condizione (gauge di Lorentz) tra la divergenza del
potenziale vettore ed la derivata locale potenziale scalare per ottenere, sia per il potenziale scalare che per il potenziale
vettore, una struttura tipica della equazione delle onde.
38 -21/06/2017 -874007467
(20) E 
DP
0
Nel caso dei mezzi lineari P  E  D   0   E  E   r  0 E dove si introduce la
permettività del mezzo εr.
Il contributo ai fenomeni di magnetizzazione della materia può essere considerato un
contributo al campo d’induzione magnetico aggiuntivo a quello delle correnti libere e può
essere descritto attraverso il momento magnetico per unità di volume dei dipoli magnetici
intorno al punto in esame (vettore magnetizzazione M)
(21) B   0 ( H  M )
Nel caso dei mezzi lineari B 
 0 ( H   r H )   0  r H dove si introduce la permeabilità
relativa μr.
Le equazioni ausiliarie di Maxwell diventano
(22)

 H  t dl    J  
S
(23)
o
E 
  n dS 
t 
 D  n d  Q

(24)   H  J
(25)
D  
Dalle equazioni di Maxwell integrali possono essere derivate le seguenti condizioni di
raccordo alla frontiera di due domini di diverse caratteristiche elettriche o magnetiche
-
le componenti tangenziali del campo elettrico E sono continue
temporali di B);
(salvo singolarità
le componenti normali del campo B sono continue; di conseguenza, le componenti
normali di H sono inversamente proporzionali alle permeabilità;
le componenti normali di D differiscono per la densità superficiale di carica libera
eventualmente presente sulla superficie di discontinuità; di conseguenza, le
componenti normali di E non sono continue e sono, in assenza di carica superficiale,
inversamente proporzionali alla percettività.
39 -21/06/2017 -874007467
§I.7 Problema di Laplace – Poisson
Se il campo elettrico E è irrotazionale in tutto lo spazio escluse le zone in cui sia
presente un campo impresso di natura non elettrostatica, esso viene collegato ad un
campo scalare detto potenziale elettrico V(P) [Φ(P)], dando origine al cosiddetto
problema di Poisson, ovvero al problema di Laplace, se la sua divergenza è
 2V ( P)  0
 2V ( P)  f ( P)
identicamente nulla. Le equazioni corrispondenti prendono il nome rispettivamente di
equazione di Poisson ed equazione di Laplace34.
Un problema di Poisson (o di Laplace) si dirà ben posto se sono verificate le
condizioni perché la soluzione sia unica.
Si considerino due possibili soluzioni V’(P) e V”(P) due soluzioni all’equazione di Poisson e la funzione
W(P)=V’(P)-V”(P), continua e derivabile; il laplaciano di W è nullo. Se si considera il dominio di indagine  di
contorno  ed campo vettoriale che si ottiene moltiplicando W(P) per il gradiente di W(P), il flusso attraverso 
di tale campo, per il teorema della divergenza, sarà
 WW  n d      (WW ) d 

da cui
dW
d   W
 W

dn

  W
2
2
2
 W W ) d   
d 
Risulta quindi evidente che se si vuole che i gradienti di V’ e V” siano gli stessi in tutto il dominio , è
sufficiente che sul contorno abbiano la stessa derivata normale (dW/dn=0) o lo stesso valore (W=0); in
quest’ultimo caso, ovviamente avremo lo stesso valore del potenziale in tutto il dominio. L’assegnazione del
valore sul contorno prende il nome di condizione di Dirichlet, l’assegnazione della derivata normale –lato
interno per il problema interno, lato esterno per il problema esterno – prende il nome di condizione di
Neumann.
Nel primo caso, è univocamente individuato il potenziale scalare, nel secondo caso è
univocamente definito il campo elettrico, grandezza significativa dal punto di vista
ingegneristico in quanto rappresenta la sollecitazione specifica sulle cariche e quindi
34
Espressione del laplaciano in alcuni sistemi di coordinate
 2  2  2
 2   2  2  2 (coordinate cartesiane)
x
y
z
2 
 2  1  1  2   2  (coordinate cilindriche)



r 2 r r r 2  2 z 2
 2 
1   2  
1
r
 2
2
r r  r  r sen
40 -21/06/2017 -874007467
 
 
1  2 
(c. sferiche)
sen






2




sen







definisce il moto delle particelle o il comportamento del mezzo materiale. La ricerca della
soluzione prende il nome di problema di Dirichlet o problema di Neumann. Possono
presentarsi anche problemi misti o raccordati, nel senso che le condizioni al contorno non
sono tutte dello stesso tipo e/o sono collegabili ad analoghe condizioni in domini contigui.
Nei due casi, il problema è per noi ben posto, avendo interesse alla sollecitazione
elettrica, cioè al gradiente.
Altri casi, in cui le condizioni al contorno sono di tipo diverso, andranno esaminati a
parte. Se il dominio è illimitato, occorrerà introdurre le opportune condizioni all'infinito,
anche in relazione alla presenza di cariche all’infinito (es. caso piano e cilindrico) .
Si può dimostrare che un problema di Poisson con condizioni alla Dirichlet può
essere ricondotto ad un problema di Laplace.
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