CAPITOLO 12
L’attività oratoria
L'attività oratoria di Cicerone si estende sull'arco di quasi un quarantennio, dall'esordio nell'81. A noi è
pervenuto un corpus di 58 orazioni e vari frammenti. Le orazioni pervenute appartengono in parte al genere
giudiziario, in parte a quello politico.
Se nella Pro Quinctio (81 a.C.) e nella Pro Sexto Roscio Amerino (80 a.C.) Cicerone aderisce all'esuberanza
stilistica dell'indirizzo asiano, nelle orazioni successive al soggiorno dopo aver frequentato la scuola di retorica
di Apollonio Molone egli segue un indirizzo, che chiama «rodiota», ispirato a un maggior controllo dei mezzi
espressivi e a un uso più moderato degli artifici retorici.
Nel 70, fu chiamato dai Siciliani a patrocinare l'accusa di concussione da loro intentata a Verre, Cicerone fece
sette orazioni: la Divinatio in Q. Caecilium, l'Actio prima in Verrem e le cinque che compongono l'Actio secunda.
Solo le prime due furono pronunciate in quanto Verre preferì partire per l’esilio senza attendere la condanna.
Nel 66, rivestendo la pretura, Cicerone esordì nell'oratoria politica con la Pro lege Manilia, prendendo
posizione a favore dell'attribuzione di un imperium proconsulare infinitum maius a Pompeo al fine di portare a
termine la guerra contro Mitridate, re del Ponto, il cui protrarsi si era rivelato dannoso per gli interessi romani
nella ricca provincia d'Asia.
Nel 63, console in carica, Cicerone pronunciò, due orazioni giudiziarie e quattro orazioni De lege agraria
contro la proposta di riforma della proprietà terriera presentata dal tribuno della plebe Rullo (che fu poi ritirata), e
le quattro Catilinarie, due davanti al senato e due davanti al popolo. Con esse denunciò e ottenne i mezzi per
reprimere la congiura ai danni dello stato romano ordita da Catilina.
Del 62 è la Pro Archia, nella quale, difendendo il poeta greco accusato di avere usurpato la cittadinanza romana,
tesse un elogio della poesia e della cultura umanistica.
Tornato dall'esilio, pronunciò, tra il 57 e il 56, quattro orazioni post reditum, di cui due di ringraziamento,
rispettivamente al senato e al popolo, una Pro domo sua ad pontifices, con cui chiese e ottenne la restituzione del
terreno su cui sorgeva la sua casa, fatta abbattere con pubblico decreto da Clodio. Del 56 sono l'orazione
politica De provinciis consularibus, con cui appoggiò la proroga del comando proconsolare di Cesare nelle
Gallie, prevista dagli accordi di Lucca, e due orazioni giudiziarie: la Pro Sestio, con cui difese e fece assolvere
dall'accusa di costituzione di bande armate questo avversario di Clodio, e la Pro Caelio, nella quale difese il
giovane Celio Rufo, accusato di reati ai danni di Clodia (la sorella di Clodio, la Lesbia di Catullo).
Nella Pro Milone Cicerone difende Milone dall’accusa di uccisione di Clodio che rimase ucciso in uno scontro
tra bande armate sulla via Appia.
Cicerone si schierò con Pompeo ma dopo Farsalo cercò il perdono di Cesare e in quel periodo compone le tre
orazione cesariane nelle quali invoca la clemenza del dittatore verso i pompeiani; si avvicina all’indirizzo
atticista.
Dopo la morte di Cesare, Cicerone si schiera contro Antonio attaccandolo con le 14 filippiche pronunciate
davanti al senato; sono cosi chiamate perché accostate a quelle di Demostene, il più apprezzato oratore attico da
Cicerone.
L'eloquenza ciceroniana è alimentata dalla sua vasta cultura umanistica: la storia gli offre gli exempla; la
letteratura greca e latina gli suggeriscono le citazioni; la filosofia gli permette di affrontare ogni tema nella sua
complessità.
Lo stile presenta la varietà di toni. Egli li domina tutti e sa passare con facilità dall’uno all’altro sempre in
funzione della finalità dell’orazione: è capace di informare con chiarezza, descrivere, intrattenere ed essere
persuasivo; è abile nel creare effetti patetici. La lingua si caratterizza per l’uso vario e caratterizzato del
lessico e ampio e mai fine a se stesso e l’ornamento retorico.
© Federico Ferranti S.T.A.
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