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PARTE TERZA
LA FUNZIONE DI RACCORDO CON I MERCATI DI
SBOCCO
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CAPITOLO 8
PRINCIPI DI MARKETING
Tiziano Vescovi
8.1. L’evoluzione del concetto di marketing
8.1.1. Raggiungere il mercato
Il modo con cui l’impresa affronta i propri mercati è uno degli aspetti fondamentali
della vita aziendale, da questo derivano i suoi comportamenti nei confronti dei consumatori, le
sue scelte di offerta e ne viene influenzata l’organizzazione, non solo nelle strutture di
contatto con la clientela, ma nell’intera sua dimensione. Dalla lettura del mercato discendono
le scelte strategiche. Lo studio dell’approccio al mercato è quindi una chiave di comprensione
importante dei comportamenti dell’impresa e delle loro motivazioni.
In questo capitolo saranno affrontati gli aspetti riguardanti le relazioni
impresa-mercato, nelle forme generali, nei fenomeni sociali in cui si manifesta e in quelli più
specifici, presenti nel rapporto fornitore-cliente. Nella prima parte saranno affrontati gli
aspetti definitori dei concetti di base, necessari per interpretare i problemi manageriali e le
logiche decisionali, l’evoluzione del pensiero di marketing nel tempo. La seconda parte del
capitolo è dedicata ad approfondire l’analisi del mercato nel sistema ambientale, nella raccolta
e nella gestione delle informazioni, nei comportamenti di acquisto; verranno proposte infine
alcune considerazioni riguardanti il comportamento etico nei rapporti con il mercato di sbocco
e una prospettiva futura sul commercio elettronico.
L’obiettivo è quindi quello di porre l’attenzione sulle conseguenze che l’assunzione
dell’orientamento al mercato ha sulla politica aziendale, sui decisori e sugli operatori che
agiscono nelle imprese. Il marketing è, infatti, un problema di gestione manageriale, e in
questo senso comprende aspetti e regole di carattere scientifico, ma anche un atteggiamento
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mentale, che richiede di assumere il punto di vista del cliente nel prendere decisioni
riguardanti le relazioni impresa-mercato. Le decisioni saranno perciò guidate dai bisogni e
dalle richieste dei consumatori [MERCER 1996].
L’orientamento di marketing rappresenta un punto di arrivo; infatti la relazione tra
impresa e mercato si è sviluppata nel tempo secondo diversi schemi che hanno focalizzato di
volta in volta problemi diversi che l’azienda via via si trovava ad affrontare, enfatizzando
alcuni schemi di soluzione legati allo sviluppo di diverse competenze (figura 8.1).
Figura 8.1 I diversi orientamenti dell'impresa nei confronti del mercato.
8.1.2. L’orientamento alla produzione
Il primo orientamento dell’impresa nei confronti del mercato è storicamente quello di
produzione. Tale concetto si sviluppa in presenza di due condizioni:
 un alto costo del prodotto, il cui prezzo impedisce lo sviluppo del mercato,
derivante da problemi tecnici di realizzazione.
 la presenza di una domanda superiore all’offerta, che spinge i consumatori a
privilegiare l’ottenimento del prodotto piuttosto che ricercarne caratteristiche sofisticate;
In entrambi i casi, l'enfasi è posta sulle competenze di produzione dell’impresa. Un
aumento della capacità produttiva permetterebbe, infatti, di accrescere la disponibilità del
prodotto e, attraverso il raggiungimento di economie di scala, di apprendimento e d'impianto,
consentire la diminuzione di costi da riversare sul prezzo. Per ottenere quest'obiettivo occorre
progettare un prodotto che permetta una rapida riduzione dei costi, attraverso sistemi di
standardizzazione e concentrando l'azione su alcuni benefici chiave da offrire al mercato. Il
dato di partenza è quindi rappresentato da un'idea semplificata di prodotto, mentre il mezzo
per ottenere i vantaggi di costo ricercati è dato dallo sviluppo tecnologico, che permette
l’innalzamento della produttività.
La Ford Motor Company
Henry Ford si era posto il problema di come sviluppare la propria impresa automobilistica. All’inizio
del XX secolo, la costruzione di automobili seguiva dettami e tecnologie artigianali che spingevano il prezzo di
un’auto verso cifre assai elevate, che rendevano il prodotto accessibile solo a un limitato numero di clienti. Ford
giudicò che, data la domanda potenziale enorme, un’auto per ogni famiglia americana, il problema principale
fosse quello di ridurre il costo della produzione per poter abbassare quindi il prezzo di vendita. A ciò si dispose
attraverso notevoli innovazioni nella tecnologia produttiva, che portarono all’introduzione della catena di
montaggio, ottenute attraverso un profondo processo di standardizzazione del prodotto. Si racconta che Henry
Ford fosse uso affermare: “ogni americano può avere l’auto che vuole purché sia una Ford Modello T nera”. Alla
fine di questo processo, durato alcuni anni una Modello T aveva un prezzo di molte volte inferiore rispetto a
quello di una automobile dei primi anni del ‘900. Ma dopo un periodo di notevoli successi, alla metà degli anni
‘20 la Ford, azienda di punta dell’orientamento alla produzione, aveva i prodotti più economici, ma,
sorprendentemente, aveva perduto la leadership del mercato a favore della General Motors, che proponeva
prodotti diversi a prezzi superiori del 5-10%. Il consumatore aveva mutato criteri di scelta: preferiva un’auto un
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po’ più costosa, ma in grado di soddisfare le sue richieste in modo migliore, piuttosto della spartana, economica
Modello T.
9.1.3. L’orientamento alla vendita
L’orientamento alla produzione entra in crisi nel momento in cui l’offerta di prodotto
supera la domanda, la maggiore disponibilità di beni spinge il consumatore al confronto tra
alternative e il prezzo assoluto non è più il fattore di scelta discriminatorio, divenendo parte di
una relazione prezzo/prestazioni ottenute. Se il consumatore muta l’importanza dei fattori di
scelta, l’impresa che continua a puntare sulla quantità e sul prezzo rischia di essere
rapidamente abbandonata dai clienti.
Un secondo orientamento dell’impresa verso il proprio mercato è quello di vendita,
secondo il quale si presuppone che i consumatori, lasciati soli di fronte alle offerte alternative
delle imprese, trovino difficoltà nel decidere, sia per una limitata disponibilità effettiva di
prodotti, sia per una scarsa informazione, finendo per ridurre le occasioni di acquisto. Le
situazioni cui fa riferimento questa visione sono date da:
 la presenza di una offerta superiore alla domanda che, moltiplicando le
alternative a disposizione, crea imbarazzo e indecisione nei consumatori;
 un tipo di domanda debole e incerta, data la sostanziale omogeneità percepita
nelle offerte delle varie imprese.
Storicamente tale orientamento emerse negli Stati Uniti alla fine degli anni ‘20,
quando il sistema economico entrò in una grande crisi dovuta al passaggio epocale da una
situazione di mercato dominata dalla scarsità di prodotti a una dominata dalla scarsità di
domanda. La soluzione che parve essere percorribile fu quella di focalizzare l’azione delle
imprese sulla pressione di vendita. Il dato di partenza fu rappresentato pur sempre dal
prodotto che l’impresa aveva progettato e costruito, il problema era quello di convincere il
consumatore all'utilità dell'acquisto. Occorreva perciò sviluppare strumenti e tecniche di
comunicazione e di vendita personale (nacquero in quegli anni la pubblicità e la professione
del commesso viaggiatore), che riuscissero a spingere e orientare all’acquisto. In questa
situazione la migliore organizzazione dell’azione di vendita, attraverso personale
specializzato, distribuzione capillare, informazione e comunicazione pubblicitaria, finì per
rappresentare un fattore di vantaggio competitivo.
Evidentemente l’orientamento alla vendita possiede un punto debole nella sua stessa
logica di fondo. La pressione di vendita, infatti, non è sempre bene accetta dal consumatore,
che si sente forzato, oppresso, quindi insoddisfatto, nel momento in cui acquista un prodotto
di cui non sempre avverte chiaramente il bisogno o di cui non riesce a valutare le alternative
in modo soddisfacente, acquisto effettuato anche per sfuggire alla situazione psicologica
negativa rappresentata dalla pressione. Inoltre, allorquando tutti gli operatori del mercato
adottano lo stesso orientamento, questo finisce per non rappresentare più un punto di forza, un
vantaggio, ma soltanto una condizione comune e basilare per la presenza sul mercato di
un’impresa. L’orientamento alla vendita può allora funzionare soprattutto nel breve termine,
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nel momento in cui ottiene un acquisto forzato da parte del consumatore, ma tende a perdere
efficacia nel tempo, poiché è facilmente imitabile dalla concorrenza e può suscitare una
reazione negativa, che spinge l’acquirente a rifuggire o contrastare situazioni simili nel futuro.
La situazione del mercato è andata successivamente caratterizzandosi secondo due
aspetti principali:
 l’aumento generalizzato della disponibilità di reddito discrezionale del
consumatore, destinabile cioè ad acquisti non di sussistenza;
 la crescita di complessità dei mercato e del livello di accuratezza, specificità,
attenzione e conoscenza da parte del consumatore nelle sue scelte di acquisto.
Questi due aspetti hanno ridotto sensibilmente l’efficacia delle azioni d’impresa basate
sull’orientamento alla produzione e alle vendite. In contrapposizione a questi si è sviluppato
l’orientamento al mercato, che nasce per rispondere ai limiti rappresentati dall’indipendenza
sostanziale dell’offerta dalle specifiche richieste del mercato e dall’enfasi sulla persuasione
prima dell’acquisto del consumatore, più che sulla sua soddisfazione dopo l’acquisto.
8.1.4. L’orientamento al mercato
L’orientamento al mercato rinnova completamente il rapporto tra impresa e
consumatore; il punto di partenza del processo di scambio non è più la proposta di prodotto
dell’impresa, ma l’analisi e la valutazione dei bisogni e delle richieste del consumatore. Il
focus della relazione si sposta quindi sui bisogni, che assumono il valore di variabile
indipendente, mentre l’offerta dell’impresa ne diviene conseguenza, rappresenta quindi la
variabile dipendente. La politica dell’impresa nei confronti del proprio mercato passa da un
concetto basato sull’assunto di "vendere ciò che si è in grado di produrre" a quello di
"produrre ciò che si è in grado di vendere". L’offerta prende la forma di un insieme composito
e coerente di elementi chiamato marketing mix, dove trovano posto le soluzioni che l’impresa
propone al proprio consumatore, coerenti con i suoi bisogni.
Occorre sottolineare come i tre orientamenti, sebbene storicamente successivi,
possono essere tuttora presenti contemporaneamente in diverse imprese che affrontano diversi
mercati e differenti situazioni all’interno dei mercati. Esistono, infatti, condizioni in cui un
orientamento di produzione può risultare opportuno anche oggi, in una realtà in cui viene
sviluppata una forte innovazione di prodotto che provoca una domanda maggiore della
capacità dell’offerta di soddisfarla, almeno durante un certo intervallo di tempo, o laddove la
riduzione dei costi è importante per la diffusione del prodotto (è stato il caso in tempi più
recenti del personal computer, del video registratore, della videocamera, del compact disc, del
telefono cellulare ecc.); l'orientamento alla produzione viene a configurarsi quindi come un
modo di soddisfare il cliente attraverso l’attenzione primaria dell’impresa sugli aspetti di
produzione. Tale orientamento viene sostituito da quello di marketing non appena il prezzo
del prodotto è accessibile, il mercato matura, il numero dei concorrenti sale, il consumatore
diviene maggiormente esperto del prodotto, accrescendo la sua capacità di discernimento tra
le alternative. L’orientamento alle vendite può essere mantenuto, almeno per certi periodi,
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quando il mercato presenta forte omogeneità di offerta e basso coinvolgimento nell’acquisto
da parte dei consumatori, come nel caso di alcuni beni di largo consumo quali i detersivi per
la casa, i cibi in scatola ecc. Si tratta per lo più di accentuazioni temporanee, anche se
significative, che si sviluppano comunque su di un orientamento di base riconducibile al
marketing.
Molti studiosi hanno proposto definizioni di marketing, focalizzando l’attenzione su
aspetti diversi dell’azione dell’impresa verso il proprio mercato. William Stanton e Riccardo
Varaldo [1986] affermano che marketing “è un sistema di attività disegnato per pianificare,
attribuire il prezzo, promuovere e distribuire prodotti che siano in grado di soddisfare i
bisogni e i desideri dei clienti attuali e potenziali, nonché di far realizzare all’impresa un
adeguato profitto”, ponendo l’accento sui concetti di sistema e di composizione dell’offerta,
nonché di utilità economica; Richard Bagozzi [1991] propone che marketing sia considerato
come “l’insieme di attività sociali e individuali, che riguardano lo sviluppo, la soluzione e/o la
interruzione di relazioni di scambio”, sottolineando il problema dello scambio; Philip Kotler
[1992] considera il marketing come “il processo sociale mediante il quale si ottiene ciò che
costituisce oggetto dei propri bisogni o desideri, creando e scambiando prodotti e valore”,
enfatizzando l’aspetto di processo di soddisfazione dei bisogni; Umberto Collesei [1994] offre
una definizione più essenziale suggerendo che il marketing è “un insieme di attività
economiche realizzate allo scopo di soddisfare esigenze di consumo attraverso la vendita di
prodotti”.
Si può a questo punto proporre una definizione di marketing, letteralmente “andare al
mercato”, raccogliendo gli stimoli e le annotazioni dei molti autori 1 : l’orientamento di
marketing prevede un insieme di attività economiche, riguardanti il sorgere e la soluzione di
relazioni di scambio, con le quali raggiungere gli obiettivi d’impresa attraverso il
soddisfacimento dei bisogni e delle richieste di mercati prescelti, in modo migliore rispetto ai
concorrenti. Ciò avviene con la creazione e la distribuzione di prodotti, che possono
assumere la forma di beni, servizi e idee.
Più recentemente il marketing ha posto l’accento sulla necessità di stabilire, mantenere
e accrescere relazioni di lungo termine con i clienti con profitto, cosicché siano soddisfatti gli
obiettivi delle parti coinvolte nel processo di scambio.
Il marketing attraverso tecniche e strumenti specifici, che saranno oggetto di
approfondimento di questa Parte Terza, cerca di rendere il processo di scambio più efficiente.
Con "efficiente" si intende che il marketing aiuta l’impresa a definire quali bisogni soddisfare
e in quale modo, identificando successivamente quale consumatore è più interessato
all’acquisto e quindi aiutando tale consumatore trovare e comprare il prodotto con relativa
facilità. La funzione marketing cerca di creare una volontà all’acquisto comunicando il valore
del prodotto ai consumatori, influenzandone in tal modo la domanda [KEEGAN 1992]. La
percezione del valore dell’offerta da parte del cliente è perciò un obiettivo chiave dell’azione
di marketing.
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Si vedano anche le definizioni di GRÖONROS [1990], LENDREVIE e LINDON [1990] che, seppure con diversi
accenti, concordano sostanzialmente sui fondamenti di marketing.
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Le attività principali di cui il marketing si occupa riguardano l’analisi del mercato e
dei bisogni della clientela obiettivo. Questo processo finisce per condurre a una
segmentazione del mercato. La scelta dei segmenti da soddisfare terrà conto delle competenze
dell’impresa e dei suoi possibili vantaggi competitivi, della sua capacità di servire i clienti in
modo migliore rispetto ai concorrenti. Una successiva attività fondamentale riguarda
l’elaborazione dell’offerta per i segmenti prescelti. Si tratta di definire con precisione e
accuratezza il marketing mix più adatto, dallo sviluppo del prodotto, alla sua notorietà e
distribuzione presso i consumatori obiettivo. Altre attività di marketing sono relative alla
pianificazione e al controllo della relazione con il mercato; la costruzione di un piano di
marketing e la sua specificazione in piani di prodotto, di vendita e di comunicazione sono
condizioni indispensabili al mantenimento e al raggiungimento degli obiettivi del processo di
scambio.
8.1.5. Il concetto di bisogno
Il concetto di bisogno e il processo di scelta dei prodotti che ne deriva sono considerati
in modo diverso dalla teoria economica e da quella manageriale. L’economista cerca di
conoscere attraverso le curve di domanda l’intensità dei desideri e dei bisogni dei
consumatori, cioè la misura delle preferenze di ciascun consumatore rispetto ai vari beni. A
differenza dello studioso di management, l’economista non ha la pretesa di analizzare le varie
decisioni nella loro natura psicologica, sociale, culturale, tecnologica ecc., ma si chiede in che
modo i consumatori distribuiscono le loro spese tra i diversi beni, concentrandosi su di un
solo fattore d'influenza delle decisioni, il prezzo del bene in relazione al prezzo degli altri
beni. Le preferenze individuali dei singoli consumatori sono quindi concepite come una sorta
di principio originario, che influisce sul processo economico, ma non ne subisce l’influsso in
alcun modo. Il concetto di bisogno è dato e non analizzato nelle sue parti componenti, le
preferenze dei consumatori non entrano nello studio come causa di comportamenti di mercato,
la focalizzazione è sulla ricerca di quale equilibrio si produrrà nei diversi mercati, sulla base
delle relazioni tra prezzo e quantità. L’approccio manageriale va invece oltre tale visione,
analizzando, oltre all’influenza del prezzo, un più ampio insieme di fattori che riguarda le
abitudini, i valori sociali, psicologici, la complessità delle decisioni aziendali cui un
acquirente si riferisce al momento dell’acquisto. La massimizzazione dell’utilità per un
economista è un dato del problema, ma egli non approfondisce come si forma il giudizio di
utilità, tende inoltre a considerare soprattutto la dimensione generale dei comportamenti di
acquisto e non quella individuale, utilizzando variabili esplicative di tipo aggregato, cercando
di offrire spiegazioni razionali ed economiche a comportamenti sociali. Il manager di
un’impresa invece considera il consumatore, il cliente nella sua individualità negli aspetti
razionali, ma anche in quelli emozionali, psicologici, impulsivi, per poter indirizzare a lui
un’offerta specifica dell’impresa. In alcuni casi l'individualità è massima, soprattutto se si
tratta di pochi grandi clienti, in altri sarà parzialmente aggregata attraverso l'accorpamento in
segmenti di individui con razionalità soggettive simili.
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La centralità che il concetto di bisogno assume nell’orientamento di marketing
richiede perciò una definizione puntuale, poiché frequenti sono le confusioni e le ambiguità
che ad esso si accompagnano. Ciascun individuo esprime, infatti, una molteplicità di bisogni,
da quelli più elementari, come nutrirsi, vestirsi, riscaldarsi, a quelli più complessi, come
amare, conoscere, emergere, realizzarsi. I bisogni si manifestano nella percezione di una
mancanza, di una privazione, che pone l'individuo in una situazione negativa, inducendolo ad
agire per ridurre il disagio che ne deriva. Lo scopo di questa azione può essere cercato nel
campo fisico-funzionale (un oggetto, un servizio), in quello psicologico (un atteggiamento, un
valore), in quello sociale (un segno, un simbolo), ma spesso in tutti e tre i campi
contemporaneamente.
La ricerca della soddisfazione dei bisogni condiziona la generalità della vita delle
persone, che cercano di acquisire beni e servizi e di raggiungere, in termini valoriali,
psicologici, simbolici, sociali, particolari condizioni di vita. La percezione del bisogno è
comunque un evento soggettivo, che non può prescindere dalla situazione individuale, dalle
condizioni sociali, economiche, culturali della persona in cui si manifesta. Essa si articola
gerarchicamente su tre livelli [VESCOVI 1990]:
a) il bisogno generico;
b) il bisogno specifico;
c) i benefici attesi.
Un bisogno generico, nutrirsi ad esempio, diviene specifico attraverso l'identificazione
delle caratteristiche che assume nella percezione del soggetto (nutrirsi si può caratterizzare in
mangiare e bere, in tipologie di gusto, in un ambito temporale in cui consumare il cibo, in un
luogo definito, in un determinato prezzo, ecc.).Queste caratteristiche, oltre a specificare un
bisogno generico, rappresentano la base su cui sono individuati i benefici attesi dal soggetto.
Questi ultimi possono essere raggruppati in tre tipologie:
 benefici funzionali; riguardano il core del bisogno e sono razionalmente definiti (ad
esempio, ridurre la sensazione di fame, assumere una carica energetica, favorire una facile
digestione, assicurarsi genuinità e igiene);
 benefici sociali; attengono alle valenze di rapporto interpersonale presenti nel
bisogno (facilitare la convivialità del pasto, evitare imbarazzi di galateo, sottolineare uno
status);
 benefici psicologici; si riferiscono agli aspetti della personalità (tipologia del gusto,
forme e colori, rapporto psicologico con le vivande, coerenza con gli atteggiamenti e i credi
ecc.).
Il bisogno generico di, ad esempio nutrirsi, si traduce quindi in un insieme complesso
di benefici attesi. Questi non solo, hanno carattere soggettivo, e quindi variano da individuo a
individuo, ma anche contingente, poiché possono variare per lo stesso soggetto al mutare della
situazione in cui percepisce il bisogno. I bisogni rappresentano quindi categorie generali di
disagio2, presenti in ogni tempo e cultura, appartengono all’individuo in quanto tale e sono
Maslow [1970] identifica a questo proposito una “scala dei bisogni”, formata da cinque gradini alla base della
quale pone i bisogni di tipo fisiologico (sopravvivenza e sicurezza), seguiti da quelli sociali (appartenenza e
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difficilmente sottoposti a processi di modifica nella loro sostanza. Contingente è invece la
forma che di volta in volta prendono le richieste di soluzione dei bisogni. Le richieste sono,
infatti, definite dalla declinazione del bisogno secondo il contesto in cui è percepito, dato
dalla cultura (insieme di valori condivisi da una società), dalla tecnologia disponibile, dallo
sviluppo economico, dalla struttura delle relazioni sociali, dalle caratteristiche personali
dell’individuo, come il livello di ricchezza, la professione, la situazione familiare, dalla
situazione specifica in cui avviene la percezione del bisogno. Mentre i bisogni sono
relativamente semplici da identificare, le richieste sono assai difficili, a causa della
complessità della percezione soggettiva e delle mutevoli condizioni di contesto in cui si
manifestano. Le richieste quindi cambiano nel tempo, a parità di categorie di bisogni percepiti
e sono oggetto d'intervento da parte delle imprese. Le diverse aziende, in concorrenza,
suggeriscono al consumatore la loro offerta promuovendo la propria capacità di meglio
soddisfare le richieste del mercato, rispetto agli altri competitori.
Ogni azienda, perseguendo i propri obiettivi, cerca così di instaurare relazioni di
scambio durature con un insieme di clienti, consumatori, utenti che manifestano dei bisogni e
verso i quali è diretta la sua offerta [BAGOZZI, 1975].
Se il cliente è al centro del sistema di marketing e il processo di scambio ne delinea
l’ambito d'intervento, esistono in ogni caso alcuni ostacoli al raggiungimento degli obiettivi di
mercato che un’impresa si pone. Innanzitutto un problema è rappresentato dalla rapidità dei
cambiamenti delle richieste dei consumatori, fenomeno in continua accelerazione, a causa del
quale le scelte di offerta rischiano di essere in continuo ritardo, spingendo le imprese ad
anticipare i mutamenti nella percezione dei bisogni e ad assumersi un rischio di mercato più
elevato. Un secondo aspetto riguarda la difficoltà di progettare e realizzare le soluzioni in
tempi rapidi, problema legato alle vischiosità tipiche di ogni organizzazione. Un terzo aspetto
si collega ai vincoli di costo posti alle decisioni di marketing, che limitano il perseguimento
della soluzione ottima, facendo scivolare l’azienda verso soluzioni possibili, che a volte non si
rivelano corrette o sufficienti.
8.1.6. Dal marketing di massa al marketing personalizzato
Sebbene il problema dello scambio esista da millenni, dal momento in cui le persone
iniziarono a barattare i beni accumulati in eccesso rispetto alle possibilità di consumo, si è
trattato per lungo tempo di un’attività periferica, poiché nelle economie di sussistenza le
eccedenze rappresentavano una parte assai piccola del totale prodotto. Dopo la rivoluzione
industriale l’accumulo di beni fu più frequente e ampio, tanto che lo scambio divenne compito
di uno specialista, il venditore, con competenze specifiche.
Jones e Monieson [1990] suggeriscono che la prima discussione accademica sul
marketing può essere rintracciata all’inizio del XX secolo, con gli articoli apparsi in Mill
Supplies tra il 1911 e il 1914.
stima) e infine da quelli dell’ego (autorealizzazione). Queste categorie di bisogni sono comunque presenti
nell’individuo anche se possono manifestarsi con gradualità e intensità diverse.
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Tuttavia nella più ampia sfera della pratica dell’economia aziendale fu soltanto dopo il
1945, e per tutti gli anni ‘50, che aziende e agenzie di pubblicità iniziarono a ridefinire la
disciplina in un modo vicino all’attuale concetto di marketing. In realtà, si può considerare
che solo all’inizio degli anni ‘60 il marketing assunse la forma moderna, basata sulla
centralità del consumatore (soprattutto con l’uso delle ricerche di marketing nella definizione
e analisi dei bisogni e delle richieste dei clienti). Al 1960 risalgono, infatti, alcuni contributi
fondamentali di studiosi come Levitt e Keith, che introdussero i concetti di marketing myopia
e di orientamento di marketing. Per tutti gli anni ‘60, in assenza di una teorizzazione
complessiva della disciplina, si distinsero soprattutto i pionieri della pratica aziendale, mentre
lo studio del marketing maturò solo successivamente, negli anni ‘70, grazie soprattutto al
contributo di Philip Kotler e del suo testo classico Marketing Management, pubblicato per la
prima volta nel 1967, nel quale furono raccolte e codificate le idee che emergevano dalla
pratica delle imprese. Negli anni ‘80 il marketing incrementò l’assunzione di valore strategico
rispetto al valore operativo degli inizi, attraverso le teorie del comportamento competitivo e
l’adozione di una visione di lungo termine.
In Italia l’introduzione dell’orientamento di marketing nei comportamenti aziendali ha
una storia più recente. Fino ai primi anni ‘60 l’orientamento alla produzione era largamente
dominante, così come quello alle vendite durante gli anni ‘70. Con gli anni ‘80 il marketing
ha assunto una posizione di rilievo negli approcci delle aziende italiane al mercato, spinto
dalla competizione internazionale e interna, così come dalla necessità di riferirsi a mercati
sempre più segmentati, che richiedevano strumenti d'indagine e d'intervento che
l’orientamento alla produzione e alle vendite non potevano fornire.
La storia del marketing è descritta da Tedlow [1993] secondo quattro fasi:
frammentazione, unificazione, segmentazione e ipersegmentazione. Il periodo di
frammentazione, precedente al 1880, l’autore si riferisce al mercato statunitense, fu
caratterizzato da una divisione geografica del mercato e dalle conseguenti risposte localistiche
delle imprese alla propria clientela, causate dall'insufficienza delle infrastrutture logistiche e
dall'alto livello delle spese di trasporto, che impediva il trasferimento delle merci da un luogo
all'altro del mercato. Ne derivarono numerosi prodotti e marche a carattere locale, ben poche
delle quali sopravvissero alla fase successiva.
Nel periodo di unificazione, ipotizzato dal 1880 al 1950 (1960 per la situazione
italiana), vi fu lo sviluppo delle infrastrutture di trasporto e comunicazione (ferrovia e
telegrafo) che consentirono la soddisfazione di richieste e ordini di merci in luoghi molto
lontani. A questa condizione logistica si accompagnò un miglioramento nei sistemi
tecnologici che permise la produzione di grandi volumi di prodotti standard in confezioni
ridotte (packaged goods), distribuiti in un mercato che richiedeva di raggiungere livelli
standard di consumo; nacquero quindi le grandi marche nazionali statunitensi come
Coca-Cola, Nabisco's, Johnson's, o italiane come Star, Barilla, Motta.
Il periodo di segmentazione, successivo al 1950 e perdurante fino alla fine degli anni
‘80, fu caratterizzato da cambiamenti tecnologico-ambientali, come lo sviluppo dei mezzi di
comunicazione di massa, soprattutto radio e TV, e da profondi mutamenti culturali nella
società. Attraverso i mass media la comunicazione dell'impresa entrava nelle case e si
collegava a specifici programmi, seguiti da gruppi diversi di spettatori, che determinavano
segmenti di popolazione di tipo demografico o di stile di vita. Ciò permise di indirizzare
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prodotti specifici a gruppi selezionati di clientela. Il mercato poté essere segmentato e le
offerte furono differenziate. Pepsi-Cola si indirizzava a un altro stile di vita rispetto a
Coca-Cola, la General Motors e la Fiat sviluppavano prodotti-marche rivolgendosi a diversi
target di mercato (Chevrolet, Pontiac, Oldsmobile, Buick, Cadillac, la prima, Fiat, Lancia,
Alfa Romeo, Autobianchi, Ferrari, la seconda).
Nella quarta e attuale fase, definita di ipersegmentazione, l'impegno delle imprese è
teso alla risposta a bisogni differenziati di piccoli segmenti o addirittura di singoli
consumatori. Si tratta di una suggestione che percorre come un fremito numerosi studi di
marketing, seppure identificata da nomi diversi come customer orientation, customer
marketing, marketing individuale, e sembra definire la sfida competitiva dei prossimi anni.
Questa declinazione dell'offerta su dimensioni microscopiche è consentita dallo sviluppo di
tecnologie flessibili, dall'integrazione fornitore-produttore, da sistemi informativi integrati e
interattivi ed è richiesta da consumatori sempre più raffinati, capaci di definire con maggiore
dettaglio i loro bisogni e le loro attese.
Rimane in ogni caso assai difficile scrivere una storia del marketing cercando la
corrispondenza temporale tra vari mercati o le diverse nazioni. Lo sviluppo è stato, infatti,
molto differente, spesso ritardato e a volte modificato in una relazione di contemporanea
arretratezza e modernità nei confronti di settori di punta o dell'esempio americano. Solo
recentemente vi sono stati significativi segnali di affinità nei comportamenti di fondo, mai
nelle singole strategie, che hanno fatto parlare di marketing globale, dovuto a una crescente
omogeneità tecnologica, di modelli di consumo, di benefici attesi, anche se ancora limitato ad
alcuni settori a concorrenza mondiale (automobile, elettronica, servizi, ecc.).
Sono stati presi inoltre in considerazione prodotti-mercati diversi dai tradizionali e
nuovi campi d'intervento del marketing. In particolare si è assistito all'apparizione e allo
sviluppo del marketing per organizzazioni nonprofit (soprattutto a partire dalla Francia, Gran
Bretagna e Stati Uniti), del marketing sociale e del marketing interno.
Le aziende senza fini di profitto hanno acquisito importanza crescente sia nella vita
economica sia in quella sociale, ma spesso hanno agito con strumenti legati ad una cultura
interna, vicina alle necessità e alla ritualità della pubblica amministrazione, più che al modo di
pensare e agire di coloro che sono utenti di tali aziende. Ne sono nate spesso incomprensioni,
sfiducia, demotivazione, immagine negativa. L'uso di un approccio di marketing,
identificando i caratteri dello scambio, i segmenti di pubblico, gli strumenti di costruzione
dell'offerta, si è allora dimostrato utile alle organizzazioni pubbliche, nel perseguimento dei
propri fini istituzionali.
Si è notato inoltre come il reddito a lungo termine di un'impresa sia collegato alla sua
prestazione sociale, caratterizzata dall'integrazione nella società in cui è inserita, attraverso
l’accettazione e lo sviluppo dei valori condivisi (ecologia, solidarietà, correttezza di
comportamenti ecc.). Si va diffondendo una domanda all'impresa di prestazione sociale, oltre
che economica. La prestazione sociale e l’etica del comportamento aziendale diventano perciò
fattori intrinseci all'attività dell'impresa e non un risultato da raggiungere all'ultimo minuto,
attraverso una qualche azione improvvisata di relazioni pubbliche.
Il marketing interno interviene a due livelli: all'interno dell'impresa e del suo corpo
sociale, attraverso la comunicazione interna, e tra le unità d'impresa. Un buon marketing
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interno appare condizione necessaria per un efficace marketing esterno, per la mobilitazione
di tutto il personale in contatto con i clienti.
8.1.7. Il marketing relazionale
In tempi più recenti, alcuni cambiamenti strutturali nei mercati hanno spinto
l’attenzione degli studiosi di marketing su alcuni concetti. In particolare, il problema della
continuità del rapporto con la clientela e della fedeltà del cliente è sunto a problema
fondamentale nella maggioranza dei mercati, dato lo squilibrio esistente fra disponibilità di
offerta e potenzialità della domanda e dato l’alto costo rappresentato dalla conquista di un
nuovo cliente nei mercati stabili o in declino, rispetto al mantenimento di un vecchio cliente.
In particolare, secondo Gröonros [1994] il marketing relazionale ha lo scopo di
stabilire, mantenere e innalzare relazioni con i clienti e altri partner, con profitto, in modo da
raggiungere gli obiettivi delle varie parti coinvolte. Ciò è ottenuto tramite un processo di
scambio e il rispetto di promesse reciproche. Elemento basilare di tale approccio è proprio
quello di “promessa reciproca” in cui la responsabilità del marketing non è solo quella del
mantenimento passivo dell’accordo, ma di un costante incremento e integrazione della
promessa, tale che la relazione continui a innalzare il suo valore. Rispettare e accrescere le
reciproche promesse è importante sia nel raggiungimento della soddisfazione del cliente,
nell’aumento della fedeltà e nel profitto di lungo periodo. Ciò significa produrre nelle imprese
un cambiamento culturale, nel passaggio da un orientamento alla transazione, allo scambio, a
un orientamento alla costruzione della relazione.
Si tratta perciò di un'ulteriore spinta verso un approccio di lungo termine nelle
relazioni di mercato, sempre più lontano dall’orientamento alla vendita, che aveva posto
l’enfasi sul mero scambio. La prospettiva di lungo periodo permette di valutare l’azione
dell’impresa verso il proprio cliente in un’ottica di partnership piuttosto che di antagonismo
contrattuale, dove l’interazione tra le parti conduce a una forma d'integrazione negoziata.
Soprattutto nei mercati industriali, la fornitura di prodotti lungo la filiera produttiva non può
prescindere da una stretta collaborazione tra fornitore e cliente, nella progettazione
dell’offerta e nella definizione di economie di relazione (ad esempio il just-in-time) sempre
più importanti per il raggiungimento non solo dei vantaggi competitivi della singola impresa
ma, come suggerisce Porter [1985], per la crescita del sistema del valore di tutte le aziende
della filiera (si veda anche la Parte Quinta).
Si può comunque osservare che il concetto di marketing relazionale non sia in assoluto
una novità, poiché tale approccio è assolutamente necessario in ogni rapporto duraturo di
mercato, escludendo cioè situazioni speculative e ingannevoli, e che da anni molti autori si
affannano a suggerirlo come guida di ogni azione di marketing.
8.1.8. Marketing locale e marketing globale.
In un celebre articolo, Teodore Levitt [1983] preconizzava la nascita di mercati
globali, resi omogenei da una forza che li spinge con costanza verso l'uniformità, la
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tecnologia. Questa, attraverso nuovi materiali, elettronica, telecomunicazioni, facilitando
comunicazioni, trasporti e viaggi, rendendo più facili i contatti tra le diverse realtà, tende a
unificare i comportamenti di consumo e le richieste di prodotto, naturalmente ai livelli più
avanzati di funzionalità, qualità, affidabilità, servizio e prezzo. Le comunicazioni sono sempre
più strette, le culture di consumo si avvicinano e le tecnologie satellitari rendono possibile il
villaggio globale. Le strategie di comunicazione possono quindi considerare pubblici
omogenei indipendentemente dalla localizzazione geografica: una sola pubblicità per un unico
prodotto in tutto il mondo.
La globalizzazione dei mercati nasce quindi dalla crescente similarità tra i Paesi, in
termini d'infrastrutture, canali distributivi, politiche di marketing, aiutata dalla corrispondente
globalizzazione del mercato dei capitali, dalla riduzione delle barriere tariffarie. Appaiono
quindi due nuovi attori sulla scena del marketing: il consumatore globale e il concorrente
globale. Il primo in grado di scegliere alternative di prodotto su scala mondiale, il secondo in
grado di competere in ogni luogo del mercato, superando ogni frontiera, sfruttando favorevoli
condizioni internazionali e nuove opportunità date dalle innovazioni tecnologiche.
A fronte di tale intuizione rimane una necessità di adattare prodotti globali a
persistenti differenze tra i vari mercati e le varie culture di consumo che sono la realtà di
numerose aree del mondo. Approccio globale e approccio locale sembrano opposti
inconciliabili, ma sempre più frequentemente sono utilizzati come chiave comune
nell’affrontare i mercati internazionali cercando di ottenere i vantaggi dell’una e dell’altra
concezione. Think global, act local è il modo di operare di molte imprese che si presentano di
fronte ai mercati mondiali, attraverso la standardizzazione e globalizzazione delle componenti
base del prodotto, mentre perseguono la differenziazione sugli elementi secondari, nei
riguardi dei prezzi e della comunicazione, che richiede adattamenti culturali.
L'ulteriore apparente contraddizione tra globalizzazione e ipersegmentazione si può
superare attraverso la considerazione che ognuna rappresenta una parte di verità. Alcuni
mercati si stanno globalizzando e alcune tipologie di consumatori paventano similitudini
transnazionali (mercati della moda, dell'auto, dell'elettronica di consumo, della cine foto
ottica, delle bevande ecc.), ma è innegabile che di pari passo avanzi la frammentazione delle
richieste rispetto a cui i prodotti, pensati globali, vengono declinati alle specifiche esigenze
del cliente; l'auto, il personal computer, il sistema video hi-fi vengono moltiplicati in centinaia
di combinazioni possibili. Il prodotto è pensato per un mercato globale, formato di
microsegmenti.
Come conseguenza, la personalizzazione del prodotto fa rinascere la negoziazione dei
prezzi tra produttore e cliente, porta alla parziale sovrapposizione nella progettazione tra i
ruoli di produttore e di consumatore; la demassificazione tende a trasformare i mass media
che diventano dei target media, cioè rivolti ad audience più ristrette. I consumatori
desincronizzati [TOFFLER 1989], liberati dai vincoli del consumo di massa, richiedono
prodotti personali, svolgono i processi di acquisto in ore e modi personali (orario, forme di
vendita, assortimenti differenziati).
Mentre nelle grandi imprese la demassificazione dei mercati ha significato uno
sviluppo di strutture e procedure dedicate, nonché una forte sensibilità alla programmazione,
nelle piccole ciò ha generato soprattutto una superiore attenzione alla clientela, una sorta di
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marketing personalizzato e informale che ha finito per costituire un fattore di vantaggio
competitivo.
8.1.9. Il marketing in Internet
Internet, la rete elettronica mondiale di comunicazione, potrebbe rivoluzionare la
dinamica del commercio internazionale, delle strategie di marketing e del comportamento del
consumatore. I processi di scambio del mercato subiranno forse un forte cambiamento,
attraverso l’accesso a un’incredibile fonte di dati, informazioni, comunicazioni e relazioni
dirette [HOFFMAN e NOVAK 1996].
Internet, nella costruzione del posizionamento d’immagine, affianca all’importanza
della comunicazione pubblicitaria una comunicazione su prodotto, prezzo, distribuzione a
maggiore contenuto informativo, rendendo possibile uno scambio di dati, consigli e servizi,
assai difficile e costoso con i mezzi tradizionali.
Le principali caratteristiche del marketing in Internet sono:
 riduzione della asincronicità temporale; che significa interazione azienda-cliente in tempi
ridotti rispetto ai mezzi tradizionali;
 riduzione o eliminazione di barriere nella comunicazione; per stabilire una connessione
Web sono necessari investimenti relativamente bassi, soprattutto se paragonati a stampa, radio
o televisione;
 alta personalizzazione della comunicazione, resa possibile dall’interattività;
 internazionalizzazione, poiché l’accesso è aperto simultaneamente a tutti, persone e
organizzazioni, in ogni paese del mondo, generalmente senza problemi di orario;
 maggiore attivazione del cliente; nel senso che si richiede al visitatore di partecipare alla
ricerca dell’emittente e delle informazioni che gli interessano, contrariamente ai mezzi
tradizionali in cui è solo l’emittente che cerca e invia comunicazioni al cliente.
Uno degli aspetti che più hanno sviluppato l'attenzione degli studiosi e delle aziende è
la possibilità che Internet modifichi profondamente le abitudini di acquisto dei consumatori.
Tentativi ed esperimenti si succedono costantemente in ogni nazione e in molti settori. Siamo
evidentemente ancora in una fase sperimentale, ma le opportunità che si potranno aprire
nell’home shopping elettronico dipendono da quanto valore aggiunto si potrà inserire nelle
comunicazioni e nelle transazioni effettuate in Internet paragonate alle alternative esistenti. La
maggiore velocità di sviluppo avviene comunque nelle relazioni business to business, dove i
comportamenti più orientati dalla razionalità spingono rapidamente all'adozione di tecnologie
e comportamenti innovativi, se economicamente vantaggiosi [SCHWARTZ 1997].
Le imprese devono considerare con attenzione il relativo minor controllo che saranno
in grado di esercitare sui contenuti della comunicazione e sul modo in cui i clienti potranno
interagire. Il tradizionale controllo centralizzato di messaggi, format e immagini, mantenuto
normalmente dalla funzione comunicazione o marketing, esplode in un’imprevedibile
molteplicità di fonti informative, tanto maggiore è la notorietà e la diffusione di mercato dei
prodotti dell’impresa. Una pagina Web può venire diffusa da un distributore, da un gruppo di
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consumatori, da appassionati di prodotto. Il mantenimento della coerenza della
comunicazione potrebbe divenire uno degli aspetti critici del futuro [VESCOVI 1998].
Esistono poi livelli diversi su cui sviluppare la comunicazione in Internet, il livello
corporate e il livello marketing vero e proprio. Un sito Web corporate concorre a costruire e
mantenere una comunicazione interattiva con i propri pubblici obiettivo. Un sito di marketing
dovrebbe invece essere direttamente e fortemente orientato a favorire un processo di scambio
con i consumatori. Normalmente i siti di marketing dovrebbero prevedere una notorietà
fondata, oltre che su metodi interattivi, anche sull’uso di strumenti di comunicazione più
tradizionali, come la pubblicità su stampa, la TV, le affissioni e con banner su siti di visita
frequente.
L’espansione globale di Internet facilita inoltre la ricerca di mercati sia per i prodotti
nuovi, sia per quelli esistenti, l’annuncio di nuovi prodotti su Internet incontra
immediatamente la domanda. In particolare le PMI, che offrono prodotti per mercati di
nicchia dovrebbero essere in grado, attraverso Internet, di raggiungere la massa critica di
clienti necessaria per sviluppare le esportazioni. I bassi costi di comunicazione di Internet
permettono alle imprese con dimensioni e capitali limitati di divenire globali fin dagli stadi
iniziali del loro sviluppo, facendo cadere varie barriere distributive o addirittura si potrà
attivare un processo di disintermediazione, raggiungendo direttamente il cliente. Tali
opportunità sono presenti soprattutto nel caso dei prodotti complessi o speciali (beni e servizi
destinati alla produzione, specialty goods, servizi finanziari, turistici ecc.), dove i siti Web
possono essere tipicamente visti come complementari all’attività di vendita diretta nei mercati
industriali e integrativi della pubblicità nei mercati di consumo [HAGEL e ARMSTRONG 1997].
In conclusione, Internet rappresenta, per le strategie e le attività di marketing,
un’opportunità di cui ancora non sono chiare le dimensioni e i confini, di cui è facile
immaginare la forza innovativa, ma assai difficile risulta definirne la direzione, la velocità, il
valore per il cliente, il potere di trasformazione dei mercati. Nonostante questo scenario
incerto, la percezione diffusa è che la Internet rappresenti uno dei motori di cambiamento del
marketing dei prossimi anni.
8.2. L’ambiente di marketing
8.2.1. Il sistema di mercato
L'impresa è un sistema aperto, sistema perché comprende ed è formata da elementi
interagenti legati da relazioni reciproche di tipo causa-effetto, aperto perché vive di scambi
con l'ambiente esterno, scambi che gli permettono l'adattamento ai mutamenti del
macrosistema di cui è parte, consentendole di sopravvivere e di svilupparsi. Per essere in
grado di scoprirne i meccanismi e le variabili fondamentali, per poter fornire l'organizzazione
degli strumenti di lettura dei mutamenti e di adattamento agli stessi, si deve individuare di
quale macrosistema è parte l'impresa. L’ottica di marketing porta a privilegiare alcune
variabili che sono in stretta relazione con le tematiche di mercato. Il quadro risultante dovrà
essere poi integrato in un più vasto contesto d'impresa, dove, ad esempio, siano valutate
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appieno le variabili finanziarie, quelle tecnologico-produttive, quelle relative alle risorse
umane, in genere tutti quegli elementi la cui influenza risulti rilevante per la vita
dell'organizzazione stessa. Poiché il marketing rappresenta una funzione di relazione tra
l'impresa e i suoi mercati, la lettura e l’interpretazione delle variabili ambientali è la premessa
per ogni azione di marketing.
Il sistema di mercato dell'impresa è composto da attori e sottosistemi, che agiscono nel
processo di scambio di beni e servizi: i produttori, i distributori, gli utilizzatori
(comprendendo in un termine sia gli utilizzatori industriali sia i consumatori finali).
Accanto a queste figure preminenti possono essere collocate altre che, pur non
acquisendo la proprietà dell'oggetto di scambio, finiscono per avere una parte nel processo
stesso: gli influenzatori e i facilitatori. Gli influenzatori sono tutti gli operatori del sistema di
mercato che possono influenzare i consumi, pur non entrando direttamente nel flusso dei
prodotti, sono cioè coloro che prescrivono, stimolano, consigliano una data scelta da parte del
consumatore-utilizzatore. Gli influenzatori intervengono quindi sugli attori del sistema di
mercato dell'impresa e possono identificarsi anche in soggetti che appaiono occasionalmente
in alcuni processi di scambio (un amico, nell’acquisto di una videocamera), oppure possono
avere carattere permanente o addirittura istituzionale (il medico, nel mercato farmaceutico). I
facilitatori sono individuabili in coloro che, attraverso la loro attività professionale, facilitano
il passaggio dei beni e servizi tra produttori, distributori e consumatori, intervenendo nel
passaggio degli oggetti di scambio da un attore all’altro del sistema. Possono essere
spedizionieri, trasportatori, intermediari finanziari, rappresentanti, enti fieristici, ecc. Il
sistema di mercato dell'impresa ha evidentemente un carattere causale sulla vita dell'impresa
stessa, determinandone le condizioni di sopravvivenza e sviluppo. E’ allora importante
identificare con quale tipo di complessità ambientale l'impresa si trova in posizione
d'interscambio3.
8.2.2. L’influsso dell’ambiente
Il sistema di mercato subisce l’influenza di numerosi altri sistemi, tra i quali si
possono identificare quattro ambienti di importanza elevata e generale, questi sono:
 l’ambiente tecnologico, i cui sviluppi mutano le condizioni dei mercati i
comportamenti e le scelte dei consumatori, sulla base dell’introduzione di innovazioni
nell’offerta di prodotto, nei sistemi di comunicazione e distribuzione;
 l’ambiente economico, il cui sviluppo e le cui regole definiscono il quadro
competitivo e di relazione dell’impresa, così come le attese e la disponibilità di potere
d’acquisto degli operatori del sistema per investimenti e consumi; basta indicare i problemi
legati ai tassi di cambio, all’inflazione, al costo del capitale ecc.
3
Emery e Trist [1965] suddividono l'ambiente in quattro possibili tipologie: tranquillo, dove non esiste
connessione causale tra i vari elementi; tranquillo agglomerato, paragonato a una situazione di concorrenza
monopolistica; perturbato reattivo, paragonato all'oligopolio, in cui i fini di una data azienda coincidono con
quelli di un'altra concorrente e si influenzano reciprocamente; turbolento, i cui mutamenti derivano da forze
dinamiche dell'ambiente stesso e non semplicemente dall'interazione tra le organizzazioni, come nel caso
precedente.
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 l’ambiente istituzionale, che comprende le leggi, i regolamenti, le istituzioni
regolatorie e di controllo del sistema sociale, così come la sua strutturazione territoriale e nei
mercati, il sistema impositivo e fiscale, di incentivi e di pianificazione dell’economia;
 l’ambiente sociale, dove si comprendono i mutamenti demografici e migratori, i
valori diffusi nella società, gli aspetti culturali e simbolici dei consumi.
La dinamica ambientale sta portando a una generale diffusione di condizioni di
turbolenza, dove cioè la velocità di cambiamento è molto elevata e la possibilità di controllo
sugli eventi rimane fortemente limitata. L'identificazione degli obiettivi aziendali dipende
allora dal tipo di rapporto con cui l'azienda è legata alle realtà specifiche dell'ambiente in cui
deve operare. La turbolenza ambientale non consente però il semplice adattamento al
cambiamento, richiede invece la capacità di previsione, di anticipazione, soprattutto per le
organizzazioni che hanno vincoli e rigidità nei loro tempi di adeguamento. Tra queste certo
vanno ascritte le imprese, costrette eternamente a rincorrere l'aumento di elasticità e di
flessibilità come mezzo fondamentale per affrontare la variazione ambientale.
Figura 8.2 Il sistema di mercato e l’ambiente di mercato
Poiché la certezza degli eventi non è mai assoluta, la capacità di adattamento diviene
un importante strumento di gestione dell'incertezza, risultando comunque sempre più una
tendenza verso uno stato ideale, piuttosto che l'ottenimento di una condizione permanente. In
questa realtà ha assunto importanza la capacità di collocare le previsioni ambientali in uno o
più quadri coerenti al loro interno, che forniscano la cornice del processo di pianificazione
strategica delle imprese. Questi quadri coerenti hanno preso il nome di scenari.
Uno scenario delinea una molteplicità di futuri plausibili secondo una visione che
l’impresa ha di se stessa nel futuro. Uno scenario ha il fine principale di facilitare la presa di
decisioni per la formulazione e la pianificazione delle strategie in un ambiente mutevole, uno
strumento indispensabile per la gestione della complessità, redatto in una logica adeguata al
sistema decisionale di chi lo utilizza.
8.3. Il comportamento d’acquisto
8.3.1. Tipi di situazioni d’acquisto
L’analisi del comportamento d’acquisto è un passo necessario nello studio del
mercato, di come si forma la domanda, delle strade che percorre il consumatore, delle
motivazioni che segue, delle difficoltà che incontra nella soddisfazione dei suoi bisogni e
delle sue richieste. Lo studio dei consumi riguarda i comportamenti umani, perciò si tratta di
un'attività assai complessa e difficile, che richiede conoscenze in discipline diverse
dall’economia, anche se contigue, come la psicologia e la sociologia. Il comportamento del
consumatore non è, infatti, descrivibile solo attraverso l’utilizzo di modelli di razionalità
economica, ma comprende aspetti emotivi, motivazioni profonde spesso nemmeno chiare allo
stesso individuo. Nonostante la difficoltà, la sfida deve venire raccolta dal management
dell’impresa, che, mediante l’uso di alcuni modelli interpretativi e strumenti d’indagine, cerca
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quotidianamente di aggiungere informazioni al processo di conoscenza del consumatore, pur
sapendo che alla piena conoscenza non giungerà mai, dovendo inoltrarsi in realtà
continuamente mutevoli e in parte oscure, poiché le decisioni di marketing non possono
prescindere da ipotesi, dati, ricerche sul consumatore, dallo studio del suo pensare e agire nel
processo di scambio.
Tale processo, così come configurato nella maggior parte delle situazioni, si compie
attraverso una relazione che prevede un atto di acquisto, che può derivare da comportamenti
complessi o assai semplificati, la cui analisi permette la conoscenza dei processi decisionali di
scelta e delle azioni compiute dall’acquirente. Su questa conoscenza si fondano molte attività
di marketing, con l’obiettivo di facilitare il compimento dello scambio e la sua continuità nel
tempo.
I processi decisionali e le azioni svolte dalle persone al momento dell’acquisto e
dell’uso dei prodotti riguardano il comportamento di acquisto. Esso può essere riferito al
consumatore finale, che acquista i prodotti per uso personale o familiare, oppure
all’utilizzatore industriale, il quale acquista secondo una prevalente ottica economica,
assegnando al prodotto un ruolo di risorsa da impiegare nella sua attività di trasformazione.
Le modalità d’acquisto di uno stesso individuo, e tra diversi individui, variano secondo
le situazioni che sono di volta in volta affrontate e risolte tramite un processo di scambio; ciò
significa che cambia, secondo i casi, il comportamento decisionale poiché diversi possono
essere il tempo impiegato nel processo e lo sforzo, sia fisico sia mentale sulla base
dell’importanza che la persona assegna alla soluzione del problema e alle condizioni
contingenti in cui l’acquisto avviene, il coinvolgimento personale, emotivo e psicologico che
l’acquisto richiede, l’esistenza di significative differenze percepite tra le alternative possibili
di scelta [ENGEL, BLACKWELL e MINIARD 1986]. Si possono così identificare quattro
categorie in cui comprendere le decisioni d’acquisto del consumatore:
 comportamento d’impulso;
 comportamento di routine;
 soluzione di un problema limitato;
 soluzione di un problema complesso.
Nel caso dell’acquisto d’impulso non vi è una preventiva e cosciente pianificazione,
ma un'urgenza rilevante e consistente di comprare qualcosa immediatamente. Ciò può
provocare conflitti nella persona, poiché la bontà della decisione può venire messa in causa da
una successiva razionalizzazione, una volta che l’impulso è stato soddisfatto dall’acquisto. Per
questa decisione il tempo richiesto è minimo, il coinvolgimento significativo, soprattutto sul
versante emotivo, così come è percepita un'unicità del prodotto o quantomeno dell’occasione
di acquisto (ad esempio una promozione, una svendita ecc.). Si tratta in genere di prodotti che
vanno a coprire bisogni dove la componente psicologica dell’acquisto è elevata.
Il comportamento di routine è tipico di una situazione di acquisto frequente, spesso
quotidiana, che riguarda prodotti di basso valore unitario, che prevedono un sforzo di ricerca
assai limitato, si possono trovare in molti punti vendita, e comportano un basso
coinvolgimento emotivo da parte dell’acquirente; non vengono percepite inoltre sostanziali
differenze tra le offerte presenti in quella data classe di prodotti (ad esempio detersivi,
alimentari di base, accessori per la pulizia della casa). Il consumatore può preferire una marca
particolare, ma nel caso questa non si trovi nel punto vendita prescelto ripiega con facilità su
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altre. Si tratta di acquisto quasi automatico su cui non si ritiene opportuno e conveniente
riporre un’attenzione e uno sforzo significativi.
Là dove nasce la necessità di risolvere un problema limitato l’acquisto è più
occasionale e la scelta richiede una raccolta di informazioni maggiore, poiché l’individuo non
ha una conoscenza sufficiente della classe di prodotto in oggetto e delle marche alternative; il
valore unitario dei prodotti in oggetto non è basso, esistono inoltre differenze significative tra
l’una e l’altra offerta e a queste è associato un coinvolgimento personale significativo
(abbigliamento, alimentari speciali, consumi culturali ecc.). La decisione richiede quindi un
certo ammontare di tempo per la raccolta e analisi delle informazioni e per la valutazione tra
le alternative.
Il caso della soluzione di un problema complesso riguarda acquisti effettuati
raramente, con valore unitario elevato, dove vi è necessità di una conoscenza accurata delle
alternative e di un'analisi approfondita delle differenze tra le offerte; si tratta ad esempio di
automobili, appartamenti, assicurazioni pensionistiche, vacanze. L’acquirente utilizza molti
criteri per valutare le marche e i distributori alternativi, compiendo uno sforzo d’acquisto
elevato che richiede l’impiego di una quantità di tempo e di risorse ampia per il confronto e la
valutazione. Il processo decisionale può durare per molti mesi e attivare una serie di relazioni
e fonti informative assai numerose e approfondite.
Evidentemente passando dall’acquisto d’impulso alla soluzione di un problema
complesso cresce lo sforzo, il tempo, la difficoltà e il rischio del processo decisionale. D’altra
parte uno specifico tipo di prodotto non sempre ricade in una sola categoria della tipologia,
ma uno stesso prodotto può significare per individui diversi impulso, routine, un problema
semplice o complesso, così come per lo stesso individuo in situazioni differenti, per esempio
nel caso di diverse disponibilità di denaro, tempo, scelte.
Un breve approfondimento merita il concetto di coinvolgimento del consumatore
nell’atto di acquisto. Questo può essere definito come uno stato di energia (eccitazione) che
un individuo prova rispetto a un'attività collegata all’acquisto, quindi un alto coinvolgimento
prevede un impegno elevato mentale e fisico al contrario di un basso coinvolgimento. Alcuni
studi4 hanno analizzato il livello di coinvolgimento sulla base dell’esperienza mutuata dal
campo pubblicitario (figura 8.3) che hanno portato alla costruzione della griglia FCB
(dall’agenzia pubblicitaria Foote, Cone & Belding), o alla identificazione di alcune condizioni
in cui cresce il coinvolgimento (LAURENT e KAPFERER 1985): importanza del prodotto per
l’acquirente, rischio percepito nell’acquisto, valore simbolico del prodotto, valore emozionale
o edonistico del prodotto.
Esistono diversi tipi di coinvolgimento, poiché questo può essere collegato alla classe
di prodotto, relativamente all’interesse che un acquirente ha per una categoria di prodotti
(biciclette, macchine fotografiche, gioielli, abbigliamento ecc.) oppure può porsi in relazione
con la scelta di marca, là dove il valore simbolico della marca è elevato per il consumatore. Si
tratta di coinvolgimenti che possono avere una durata temporanea, legata alla particolare
situazione di acquisto, o permanente, relativa alla personalità e ai giudizi di valore espressi
dall’individuo.
4
Si vedano a questo proposito i contributi di Richard Vaughn [1980], di Gilles Laurent e Jean-Noel Kapferer
[1985] e di Brian Ratchford [1987] sull’uso della griglia FCB nella pianificazione pubblicitaria, e sulla misura
del coinvolgimento del consumatore nell’acquisto.
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Figura 8.3 La griglia FCB: grado di coinvolgimento del consumatore
Le dimensioni della matrice riguardano l’alto e il basso coinvolgimento da un lato e il
livello di razionalità-emotività dell’acquisto dall’altro. Mentre l’alto coinvolgimento significa
attenzione alle caratteristiche del prodotto e un processo d’acquisto attento, il basso
coinvolgimento dovrebbe significare bassa attenzione e maggiore importanza del prezzo e
della comodità di acquisto. Tali valutazioni, rapportate di volta in volta nelle specifiche
situazioni dei mercati e della concorrenza poiché diversa cultura, reddito, valori creano
spostamenti tra i quadranti della griglia, possono aiutare le imprese nelle politiche di
immagine e comunicazione, così come nella definizione del marketing mix.
Lo studio del comportamento di acquisto di un prodotto si focalizza sulle motivazioni
e sulle scelte del consumatore, cercando di comprendere i processi e le valutazioni, gli aspetti
razionali e gli aspetti emozionali che ne costituiscono la forma e il contenuto. Il
comportamento del consumatore è definito dall’insieme delle attività, processi mentali e
situazioni emotive, che una persona intraprende nel momento in cui seleziona, acquista e usa
prodotti per soddisfare i suoi bisogni.
Si possono identificare sette chiavi di lettura [WILKIE 1990] che aiutano ad analizzare
il comportamento del consumatore:
1. la motivazione;
2. l'influenza dei fattori esterni;
3. le attività di cui si compone;
4. lo svolgersi di un processo;
5. i ruoli coinvolti;
6. la variabilità nel tempo e nella complessità;
7. l'individualità.
Tali chiavi d'interpretazione rappresentano quindi la base su cui fondare lo studio del
consumatore e dei suoi comportamenti nel processo di scambio. Nella realtà, ovviamente, le
varie chiavi di lettura non appaiono così chiaramente distinte, ma si influenzano
reciprocamente, i confini tra l’una e l’altra non sono netti.
8.3.2. La motivazione
Il comportamento del consumatore è motivato poiché è orientato al raggiungimento di
specifici obiettivi, è in altre parole un mezzo utilizzato per procedere verso un fine, come la
soluzione di un problema funzionale, l’ottenimento di un risultato economico, il divertimento
nel tempo libero, il raggiungimento di un'emozione, la scelta di un regalo, il risparmio di
tempo. Spesso il comportamento d'acquisto è frutto di un insieme di motivazioni razionali ed
emozionali la cui decrittazione non risulta certo facile all’azienda, ma che sovente non è
nemmeno totalmente chiara o completamente percepita da parte del consumatore.
Gli studi sulle motivazioni risultano in genere di notevole difficoltà, sia perché ogni
specifica motivazione può essere soddisfatta in modi alternativi e quindi dare spunto a
comportamenti diversificati (per una motivazione d'apprendimento culturale si può comperare
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un libro, vedere un film, assistere a una conferenza), sia perché diverse motivazioni possono
spingere verso uno stesso comportamento (l'acquisto di una specifica automobile può derivare
da necessità di spostamento, di lavoro, d'impiego di tempo libero).
Un altro fattore che conduce il consumatore a un comportamento motivato può
derivare dalla spinta alla riduzione della tensione provocata dalla rottura di un equilibrio
precedente, come è il caso dell'acquisto d’impulso di un oggetto (generalmente accessori di
abbigliamento, alimentari sofisticati, prodotti relativi a un hobby ecc.) per alleviare uno stato
di stress. Sia forze interne, come il bisogno di conoscenza, sia esterne, come il consiglio di un
amico, producono un impatto sulla motivazione all'acquisto5. Pure il grado di attrattività di un
determinato prodotto riveste una funzione importante: in questo senso gli aspetti estetici,
come la confezione, i colori, i materiali usati, il sistema espositivo rivestono una significativa
importanza oltre ad altri più normali elementi, come la notorietà di marca e la facilità di
reperimento nella distribuzione. Nelle motivazioni gioca anche un ruolo significativo la
volontà di novità e di cambiamento del consumatore, che possiede una componente proattiva
oltre che reattiva nel proprio agire. Questa spinge la persona a cercare oggetti o
comportamenti innovativi, come prodotti mai provati, nuove strutture distributive. Infine, ma
non meno importante, le motivazioni possono essere guidate da una scala gerarchica di
bisogni. Ad esempio Maslow [1970] individua una assai nota scala a cinque gradini successivi
riguardanti le motivazioni di sopravvivenza, di sicurezza, di appartenenza, di stima e di
autorealizzazione in cui la soddisfazione dei bisogni presenti ai primi gradini della scala
permette di salire verso la soddisfazione di altre motivazioni, ma il concetto di gerarchia è
presente anche altri studiosi [HALL, LINDZEY, LOEHLIN e MANOSEVITZ 1985], autori di
ulteriori scale che aiutano a leggere la diversa successione e importanza delle motivazioni
all'acquisto
Più recentemente il concetto gerarchico è stato sottoposto a fondate critiche, sia perché
esistono motivazioni per così dire esterne alla gerarchia, cioè attive in ogni gradino della
scala, sia perché si è notato che le persone sovente saltano dei gradini, seguendo una logica di
importanza soggettiva, dove le precedenze tra le motivazioni sono formulate secondo una
scelta di valori individuale.
Le motivazioni specifiche per la scelta di un prodotto possono perciò essere assai
varie, seguire scale diverse, bisogni e percezioni differenti, assumere forte valore simbolico e
di sostituzione rispetto a comportamenti o prodotti che l’individuo non considera accettabili6.
5
Kurt Lewin ha considerato tali forze nella teoria di campo, che può essere riassunta nella formula:
C = f(P, A)
Dove il comportamento (C) è funzione sia della persona (P), sia dell'ambiente (A). Persona e ambiente
costituiscono quindi il campo psicologico in cui agiscono le forze del comportamento.
6
È stato ad esempio sviluppato un modello di scuola freudiana, che si focalizza sulle tre dimensioni
dell’individuo: es, ego e superego. Quando domina l’es, il principio di motivazione è quello del piacere (libido)
che dà luogo a motivazioni interne alla persona di tipo omeostatico, cioè di ricerca di un nuovo equilibrio
attraverso la riduzione del bisogno, secondo un comportamento impulsivo; ciò si manifesta attraverso acquisti
d’impulso. Quando è l’ego a dominare si fa strada il principio di realtà e le motivazioni sono di tipo esplorativo,
attraverso un comportamento prudente che ricerca l’accettazione degli altri; nell’acquisto dominerebbero allora
le valutazioni di tipo conformista o imitativo. Se, infine, è il superego a prevalere, le motivazioni sono guidate
dal principio di valore, che tende a distinguere tra “bene” e “male”, indirizzando i comportamenti a ciò che si
considera “bene”; in questo caso l’acquisto seguirebbe soprattutto le indicazioni di una razionalizzazione
personale.
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8.3.3. L’influenza dei fattori esterni
Anche l’influenza esterna è assai importante per comprendere il comportamento
d’acquisto. Le fonti di influenza nel comportamento del consumatore sono infatti numerose:
 la cultura, cioè l'insieme di credi, di valori e di visioni che condividono i membri di
una società, che tracciano i confini per l'accettabilità di un prodotto (ad esempio, taluni
prodotti possono venire considerati interessanti, accettabili, inaccettabili, scandalosi o volgari
da persone appartenenti a diverse culture);
 la sotto cultura, che si riferisce a particolari gruppi di individui che, all'interno di
una medesima cultura, accentuano alcuni valori e su questi si differenziano dagli altri (ad
esempio, vi possono essere varie sotto culture rappresentanti diverse religioni, etnie, età e così
via che portano a diverse scelte di acquisto);
 la classe sociale, che comprende variabili come l'occupazione, il reddito, il livello
di scolarità;
 lo stile di vita, che si forma attorno alla composizione di atteggiamenti, di
comportamenti e di valori, tagliando trasversalmente la società;
 la famiglia, che forma nei bambini la personalità di consumatore nelle modalità di
spesa e di acquisto, continuando la sua influenza nell'adulto e ricombinandosi, attraverso
nuove regole e compromessi, nel matrimonio;
 i gruppi di riferimento, composti da colleghi, amici, associazioni sportive, politiche,
filantropiche, che forniscono all'individuo dei modelli comportamentali negli acquisti;
 le condizioni esterne, come l'inflazione, l'accesso al credito, la disoccupazione, il
timore di recessione, che definiscono l'atteggiamento verso il consumo, accentuandolo o
riducendolo;
 l'ambiente di mercato, che attraverso comunicazioni, eventi, promozioni,
innovazioni distributive, può favorire l'acquisto di specifici prodotti;
 gli effetti situazionali, che rendono più facile la scelta di un prodotto (situazione
atmosferica, tempo a disposizione, occasione d’acquisto ecc.).
8.3.4. Le attività e il processo di acquisto
Nel momento in cui un consumatore mette in moto il processo di acquisto, inizia a
compiere una serie di attività a volte semplice, ma spesso assai complessa, dipendente dal tipo
di problema che intende risolvere. Incomincia a pensare ai prodotti che possono soddisfare il
suo bisogno, quindi a porre attenzione agli annunci pubblicitari, a osservare le vetrine, a
discuterne con amici e familiari, visita i punti di vendita, parla con i negozianti, concorda il
pagamento, definisce i dettagli dell'acquisto, porta il prodotto a casa, infine lo utilizza.
Ognuna di queste attività costituisce una prova da superare, da parte del consumatore, ma
anche da parte dell’azienda produttrice e dei distributori. Produttore, grossista e dettagliante
devono perciò facilitare lo svolgimento delle varie attività di acquisto da parte del cliente.
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Se il comportamento di acquisto può essere rappresentato da un processo significa che
le azioni possono essere ricomposte secondo una sequenza logica che comprende attività pre
acquisto, attività di acquisto e attività post acquisto. Ciò aiuta a chiarire quali eventi
precedono l'acquisto e quali effetti questo potrà avere sull’agire successivo del singolo
consumatore, sul modo con cui si avvicinerà nuovamente a un acquisto dello stesso tipo. Il
processo di acquisto, pur presente in letteratura secondo diverse specificazioni7 può essere più
generalmente definito [WILKIE, 1990] dalle seguenti fasi successive (figura 8.4):
 identificazione del problema;
 ricerca di informazioni e valutazione delle alternative;
 decisione di acquisto;
 consumo e valutazione.
A queste fasi si è soliti aggiungere anche una fase di passaggio, per così dire a cavallo
tra un processo di acquisto e un altro, riguardante la valutazione dei risultati del processo
stesso ai fini di una decisione futura.
Figura 8.4 Il processo d’acquisto
In particolare la prima fase, l'identificazione del problema, trova le motivazioni che
conducono all'avvio di un processo di acquisto in cambiamenti nella situazione presente del
consumatore e in cambiamenti nel suo stato desiderato. La seconda fase, la ricerca di
informazioni e la valutazione delle alternative, può passare attraverso un apprendimento
accidentale oppure attraverso una ricerca e valutazione diretta e voluta. Nel primo caso
l'informazione viene raccolta in modo casuale dal consumatore, anche se tale casualità può
essere “provocata” dall’azienda (ad esempio mediante una comunicazione, una confezione,
una innovazione di prodotto o distributiva particolarmente attraente). Nel caso la ricerca sia
diretta, il consumatore intraprende una serie di attività volte al chiaro fine di ottenere
informazioni sul tipo di soluzione più adatta al bisogno che ha percepito: può scegliere
secondo schemi di fedeltà a una fonte informativa o a un punto di vendita, farsi guidare
dall'impulso sotto l'azione di uno stimolo non previsto, chiedere aiuto e consiglio ad amici, a
conoscenti considerati autorevoli rispetto alla scelta del prodotto.
La terza fase concerne la decisione di acquisto vera e propria, in cui emergono le
regole decisionali che possono essere di tipo compensatorio, cioè legate a un metodo multi
attributo in cui il consumatore considera i vari attributi di un prodotto assegnando loro un
punteggio, in modo che, nella scelta, un alto punteggio ottenuto da un attributo compensa il
basso punteggio ottenuto da un altro (ad esempio, un’alta valutazione relativa all'accuratezza
delle finiture compensa un prezzo elevato). La regola seguita può essere anche di tipo
lessicografico, dove gli attributi vengono classificati secondo una gerarchia di importanza e le
alternative di acquisto vengono valutate sulla base degli attributi giudicati più importanti (ad
esempio, si valutano in ordine le caratteristiche funzionali, il prezzo, le caratteristiche
estetiche e la reperibilità, tralasciando altri elementi come la confezione, la pubblicità). Infine
le regole decisionali possono essere di carattere discriminatorio, cioè utilizzate come mezzo
per eliminare un certo numero di alternative e semplificare il processo decisionale (ad
7
Si vedano i contributi di Collesei [1994], di Solomon [1992] di Shiffman e Kanuk [1991].
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esempio, fissando una cifra massima di spesa). Queste regole decisionali possono venire
utilizzate alternativamente dalla medesima persona in diverse situazioni di acquisto o
addirittura congiuntamente in gradi diversi di decisione usando dapprima la regola
discriminatoria, quindi quella lessicografica e alla fine quella compensatoria (“non voglio
spendere più di 50.000 lire, vorrei un libro di viaggi, ma abbastanza recente, se devo spendere
di più vorrei una edizione curata, perché è per un regalo”).
Gli acquisti possono essere pianificati specificamente, è questa la situazione in cui il
cliente chiede un prodotto e una marca specifici al distributore, oppure possono non essere
pianificato, ma legati a un comportamento d'impulso, sotto stimoli visivi o di comunicazione
in genere. È possibile che l'impulso sia relativo più all'occasione d'acquisto che al prodotto;
ossia che il consumatore acquisti un determinato oggetto che per altre strade informative
aveva già preselezionato come potenzialmente acquisibile, ma che non aveva acquistato in
precedenza per cause diverse.
La quarta fase è relativa al consumo e alla valutazione post acquisto, quindi ai
momenti in cui il consumatore è alle prese con il prodotto acquistato in precedenza e ne
formula un giudizio completo. In questa fase prende forma la soddisfazione o
l'insoddisfazione del cliente il quale formula il suo giudizio sulla base di quattro fattori:
aspettative, prestazioni, confronto, discrepanza.
Le basi della soddisfazione del cliente sono poste durante le fasi pre acquisto, al
momento dello sviluppo delle aspettative, cioè di cosa e quanto egli si attende. L’esperienza
nata dall’acquisto, assieme a componenti cognitive allargate, come il parere di altri e le
informazioni reperibili presso altre fonti (libri, riviste, TV ecc.) è una base importante per la
formazione degli atteggiamenti. Questi risentono pure di componenti valoriali, affettive ed
emozionali. L’atteggiamento è formato da un insieme coerente di predisposizioni a valutare
un prodotto, una classe di prodotti o una marca in modo favorevole o sfavorevole.
Evidentemente l’atteggiamento favorisce oppure ostacola un acquisto, per cui le imprese
cercano di comprendere il modo in cui si formano gli atteggiamenti in modo da rinforzare
quelli positivi rispetto alla propria offerta di marche e prodotti e da cambiare quelli negativi o
ridurne l’importanza al momento della decisione del consumatore. Il problema riguarda
quindi come misurare l’effetto complessivo che un atteggiamento riversa nel giudizio sul
prodotto; a questo cercano di dare una risposta i modelli multiattributo, che valutano un
oggetto di giudizio (marca, prodotto, negozio) in quanto portatore di una molteplicità di
attributi o caratteristiche, da cui deriva l’atteggiamento del consumatore. La formula base del
modello multiattributo [FISHBEIN 1975] è la seguente:
n
A jk   O ijk I ik
i 1
A = valutazione dell’atteggiamento del consumatore k sulla marca j
I = l’importanza (peso) assegnato all’attributo i dal consumatore k
O = l’opinione del consumatore k relativamente al livello di soddisfazione che assicura
l’attributo i offerto dalla marca j
dove
i = attributo o caratteristica del prodotto
j = marca
k = consumatore
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Tab. 8.1 Esempio di valutazione multiattributo - modello di Fishbein: tre personal computer portatili
(A, B, C)
Caratteristiche
computer portatile
peso
dimensioni
disponibilità servizio
accessori
memoria ram
velocità
memoria rom
visibilità display
TOTALE
importanza
per
l'acquirente
8
6
5
6
9
8
7
9
punteggio di
valutazione A
Punti
6
6
4
7
9
7
6
6
Ponderaz.
48
36
20
42
81
56
42
36
379
punteggio di
valutazione B
Punti
5
5
8
7
7
7
8
8
Ponderaz.
40
30
40
42
63
56
56
72
399
punteggio di
valutazione C
Punti Ponderaz
8
64
7
42
9
45
5
30
6
54
7
56
5
35
9
81
407
Nonostante le apparenze il modello è utilizzabile con una certa facilità, poiché si tratta
di individuare gli attributi principali, quindi di pesarli e valutarli. La somma delle valutazioni
dà un punteggio che rappresenta l’atteggiamento verso il particolare prodotto o marca.
8.3.5. I ruoli nel processo d’acquisto
Il comportamento del consumatore coinvolge almeno tre diverse funzioni significative
relative ai tre principali momenti del processo di acquisto, a ognuna delle quali si associa un
ruolo; un consumatore può quindi essere:
 influenzatore;
 acquirente;
 utilizzatore.
Il ruolo di influenzatore viene giocato nel momento in cui il consumatore identifica il
problema e ricerca informazioni che possono aiutarlo a risolverlo, il ruolo di acquirente viene
assunto nel momento della scelta e dell'acquisto, mentre il ruolo di utilizzatore è ricoperto
nelle fasi post acquisto in cui il prodotto è utilizzato e il consumatore ne formula un giudizio
rispetto alle sue attese. Questi ruoli possono essere assunti da persone diverse o da una stessa
persona, secondo diverse combinazioni. La definizione di questi ruoli riveste un interesse
specifico per l’azienda, poiché a ognuno di questi occorre declinare la politica di
comunicazione e gli strumenti di vendita. Nel momento in cui il consumatore ricopre il ruolo
di influenzatore la sua sensibilità è alta verso gli elementi tecnici del prodotto, poiché
l'autorevolezza del suo ruolo dipende dalla sua competenza specifica. Allor quando il
consumatore riveste il ruolo di acquirente la sua attenzione è rivolta soprattutto ai criteri di
scelta tra alternative e agli aspetti economici dell'acquisto. E d'altra parte l’azienda non potrà
dimenticare il ruolo di utilizzatore, così importante per ottenere un giudizio positivo e una
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successiva fedeltà da parte del cliente, cercando di comprendere quale uso egli intenda fare
del prodotto, che attese presenti e, di conseguenza, quali consigli appropriati offrire.
8.3.6. La variabilità nel tempo e nella complessità
Il fatto che il tempo sia una componente importante del comportamento di consumo
conduce a due considerazioni: al tempo come beneficio e al tempo come condizione. Come
beneficio tratta il valore che il consumatore attribuisce al fattore tempo durante il processo di
acquisto e nelle valutazioni di scelta. Il tempo riveste infatti una elevata importanza come
risorsa per il consumatore, la cui scarsità viene percepita in modo crescente; recenti ricerche
[VESCOVI, 1994] hanno evidenziato come il consumatore spesso acquisti tempo attraverso i
prodotti e come il suo comportamento nel punto vendita sia influenzato dalla diversa
percezione di tale fattore nelle varie fasi dell'acquisto (tempo di scelta, tempo di attesa alla
cassa ecc.). In questi casi il tempo è considerato un beneficio ottenibile attraverso il processo
di acquisto, scelta e uso del prodotto. Ma il tempo è anche relativo alle condizioni in cui
avviene l'acquisto e riguarda il quando la decisione viene presa e la durata del processo stesso.
Un processo la cui lunghezza si protrae per le più varie ragioni (incertezza sulla scelta,
interruzione del processo, attesa di nuovi prodotti) consente l'ingresso di ulteriori motivazioni,
influenze esterne e interne, modificazioni nelle valutazioni e nelle ragioni d'acquisto, così da
rendere assai imprevedibile la scelta conclusiva rispetto alle condizioni di partenza.
La complessità dell'acquisto aumenta con la crescita delle alternative disponibili e con
la sofisticatezza del consumatore, il quale, in un processo autoalimentantesi, accresce le sue
capacità di discernimento tra i diversi attributi, anche i più marginali, che un prodotto può
offrire. Nonostante ricorra a diversi metodi di giudizio, a causa della limitatezza delle risorse
da impiegare nella scelta (tempo, denaro, informazioni ecc.), il consumatore cerca di risolvere
la complessità attraverso la semplificazione:
 accettando una soluzione soddisfacente piuttosto che ottimale;
 fidandosi dei suggerimenti di altri piuttosto di verifiche personali;
 diventando fedele alla marca o al punto vendita da cui ha ottenuto una buona
soddisfazione per evitare sgradevoli sorprese.
Infine, un'ultima chiave di analisi del comportamento del consumatore riguarda il fatto
che questo differisce rispetto a diversità individuali. Ciò significa che spesso l’impresa
dovrebbe porre attenzione a diverse tipologie di consumatori, adeguando il suo servizio e la
sua offerta a quelle che considera più convenienti, sia per le sue competenze, sia per il loro
valore economico, sia per la situazione della concorrenza, si tratta cioè di definire una
segmentazione del mercato.
8.3.7. Modelli generali di comportamento d’acquisto
Gli studiosi hanno cercato di individuare modelli interpretativi del comportamento
d’acquisto che aiutino a comprendere come il processo si svolge e come si giunga alla
decisione positiva o negativa di acquisto. Evidentemente la conoscenza del processo
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aiuterebbe molto le imprese nel formulare le loro politiche di marketing, ma occorre evitare di
semplificare eccessivamente la realtà in modelli che risulterebbero assai lontani dalla verità.
Tali modelli devono aiutare la lettura del fenomeno e la sua interpretazione generale;
l’applicazione puntuale deve essere relativizzata alla specifica situazione d’acquisto.
Qui di seguito si presenteranno due modelli di comportamento d’acquisto, ognuno dei
quali è frutto di un processo di semplificazione anche se a diverso grado. Un primo modello è
definito della scatola nera (figura 8.5) poiché si basa sulla considerazione della difficoltà di
interpretazione di ciò che avviene all’interno della mente del consumatore.
Fig. 8.5 Modelli generali di comportamento d’acquisto: la scatola nera.
Il modello si basa su tre momenti: il processo di stimolazione all’acquisto,
l’elaborazione decisionale e la risposta conseguente. Gli stimoli all’acquisto sono dati dalle
proposte di marketing mix delle imprese e da una serie di variabili ambientali che
costituiscono e delimitano le condizioni di percezione dei bisogni e di formazione delle
richieste (aspetti demografici, economici, situazionali, sociali e di stili di vita o psicografici).
Questi stimoli vengono processati all’interno della scatola nera [KOTLER 1992; KEEGAN,
MORIARTY E DUNCAN 1992], metafora della mente del consumatore, dove agiscono fattori
interni, relativi alla persona del consumatore: credi, atteggiamenti e valori dell’individuo, il
processo di apprendimento che questi mete in atto, le sue motivazioni e i suoi bisogni, i fattori
di percezione della realtà, la sua personalità e stile di vita. Oltre a questi fattori, nella scatola
nera agisce il processo decisionale che è composto dai sistemi di problem solving utilizzati
dal soggetto, dai modi di ricerca di informazioni e di valutazione delle alternative selezionate,
dalla forma del processo d’acquisto intrapreso e dalle valutazioni post acquisto. Sia i fattori
interni sia il processo decisionale vengono indicati nel modello senza specificare le loro
interrelazioni e condizionamenti; si sottolinea che sono all’interno della scatola nera, ma il
loro agire combinato non può venire descritto perché troppo soggettivo e mutevole. Il terzo
momento del modello è naturalmente dato dalle risposte che discendono da quanto è avvenuto
all’interno della scatola nera, e queste possono essere positive, cioè portare a un acquisto
attraverso la scelta di prodotto, marca, distributore, quantità e modi di pagamento, oppure
negative e quindi non portare a un acquisto. Il modello della scatola nera offre quindi alcune
ipotesi generali di funzionamento attraverso il processo input-trasformazione-output,
suggerendo le variabili coinvolte, ma non le loro relazioni.
Un tipo di schema assai più complesso è rappresentato dal modello Howard-Sheth
(figura 8.6), considerato un punto di riferimento nell’analisi del consumatore, dalla cui
matrice sono poi stati ricavati molti altri modelli8 [HOWARD e SHETH 1967]. Anche questo
modello si basa sul processo input-trasformazione-output, ma considera alcune
concatenazioni, relazioni e influenze che sono presenti nel processo di trasformazione, ciò che
il modello della scatola nera non era in grado di specificare. In particolare analizza tre tipi di
relazioni: il flusso input-output, gli effetti di feedback e l’influenza delle variabili esogene. La
8
Ad esempio Engel, Blackwell e Miniard [1986] hanno sviluppato un noto modello generale di comportamento
d’acquisto che prende le mosse dallo schema Howard-Sheth, inserendo alcuni elementi ulteriori, quali il
processo di memorizzazione e il processo di valutazione delle alternative, sulla base di due processi principali: il
processo di trattamento delle informazioni e quello decisionale.
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parte più interessante del modello è però quella contenuta all’interno del processo di
elaborazione delle informazioni, degli stimoli e delle influenze esterne. Sono considerate la
sensibilità alle informazioni da parte dell’individuo che funge da filtro con l’esterno e che è
seguita da un primo processo di elaborazione, in realtà rappresentato dalla distorsione
percettiva che porta ai costrutti di apprendimento, rappresentati dalle motivazioni specifiche e
non specifiche dell’acquisto, dal set evocato (insieme di marche conosciute dall’individuo e
richiamate alla memoria al momento della scelta), dai mediatori della decisione, che servono a
ordinare secondo importanza relativa le motivazioni d’acquisto, dalla predisposizione verso la
marca e cioè la sua immagine e il suo posizionamento rispetto alle altre marche, dagli
inibitori9 all’acquisto (prezzo, scarso tempo a disposizione, difficoltà di reperimento) e dalla
soddisfazione attesa dal prodotto.
Fig. 8.6 Modelli generali di comportamento di acquisto: il modello Howard-Sheth.
Come appare evidente il processo d’acquisto è un fenomeno che si fonda su un
paradosso: è percorso quotidianamente e più volte da ogni individuo con naturalezza, a volte
quasi con automatismo, fa parte dei nostri atti più comuni, ma la sua spiegazione analitica è
complessa e a volte misteriosa.
8.4. La segmentazione del mercato
8.4.1. Il processo di segmentazione
Il mercato assai raramente presenta attese e richieste affini, poiché la percezione del
bisogno è diversa tra le persone, ciò significa che di fronte a un medesimo bisogno esistono
diverse attese di soluzione. L’impresa deve quindi essere in grado di leggere tali differenze,
confrontarle, raggrupparle, così da poter identificare parti del mercato omogenee come attese,
ma diverse tra loro, per essere in grado di offrire le risposte più appropriate. Questa
situazione, sommata alla crescita di opportunità tecnologiche, che consentono sempre
maggiori personalizzazioni dell’offerta a costi accettabili, e alla necessità di raggiungere
anche parti marginali del mercato, data la crescente saturazione dei principali mercati, crea la
necessità di individuare segmenti di clientela. Un segmento è definito come: un insieme di
consumatori che possiedono una percezione simile di un bisogno, delle sue caratteristiche e
delle motivazioni che a questo si accompagnano, diversa da quella di altri gruppi di
consumatori, sviluppando un comportamento omogeneo nella soluzione del problema
rappresentato dal bisogno.
Ogni segmento individua perciò richieste simili in termini di prodotto e, più in
generale, di marketing mix, alle quali l’impresa dovrebbe rispondere con puntuale precisione
O’Shaughnessy [1987] introduce nel suo modello il problema del rischio d’acquisto, distinguendo rischi fisici,
sociali, psicologici, finanziari e di prestazione, che deve sempre superare l’acquirente per arrivare all’acquisto di
un prodotto e che risultano presenti in diverso grado nelle varie categorie di beni e servizi, e nella percezione dei
singoli individui.
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per essere preferita da parte del consumatore. William Wilkie [1990] propone di basare la
segmentazione su tre possibili metodi di base:
 le caratteristiche personali (socio-demografiche, come età, sesso, scolarità,
professione, reddito, di esposizione ai media, psicografiche e di stile di vita,
geografiche);
 i benefici attesi e le situazioni d’acquisto;
 le misure di comportamento (di atteggiamento verso categorie di prodotto, di
frequenza e dimensione d’uso, di risposta a stimoli promozionali).
Il processo di segmentazione può avere origine da ognuna di queste tre dimensioni,
salvo verificarne il valore esplicativo del mercato tramite il concorso delle altre due. Si può ad
esempio segmentare per caratteristiche personali, verificando che i segmenti così descritti
siano coerenti in termini di benefici attesi; si può segmentare per benefici attesi, definendo i
componenti dei segmenti così formati per caratteristiche personali e misure di comportamento
o delimitare i segmenti secondo misure di comportamento e quindi identificare i componenti
per caratteristiche personali.
Il processo di segmentazione attraversa alcune fasi, la cui descrizione è stata oggetto di
numerosi studi10 che hanno condotto a un'attenta e puntuale suddivisione. Tale processo può
in ogni modo essere ricondotto e semplificato a tre momenti:
a. scelta delle variabili di segmentazione;
b. verifica dei segmenti mediante parametri di valutazione;
c. scelta del numero dei segmenti obiettivo.
La scelta delle variabili di segmentazione rappresenta la fase più delicata di tutto il
processo, poiché da questa dipenderà la logica, la forma e la dimensione dei segmenti. Le
variabili tradizionalmente utilizzate in questa fase sono quelle relative ai benefici attesi,
quelle personali, geografiche, economiche e sociali, di consumo e situazionali.
Di fronte a questa possibile proliferazione di modi di segmentare, l’impresa deve
operare una prima selezione mediante l'utilizzo di parametri di valutazione, che permettono di
verificare se il segmento identificato ha significatività e possibilità applicativa.
I parametri di valutazione appartengono a otto categorie logiche:
 misurabilità; deve essere realizzabile la raccolta di informazioni
quantitative sulle variabili di segmentazione in esame;
 comprensibilità; la variabile prescelta non deve dar luogo a difficoltà e
ambiguità di interpretazione;
 attendibilità; i dati relativi al segmento devono risultare attendibili e non
semplice frutto di impressioni o sensazioni;
 omogeneità; il livello di similitudine dei comportamenti all’interno del
segmento deve essere sufficientemente elevato;
 durabilità; è data dalla probabilità che un consumatore rimanga nello
stesso segmento per un certo periodo di tempo e in differenti condizioni;
 differenzialità; riguarda la diversità di percezioni, richieste e
comportamenti rispetto ad altri segmenti; più questa è elevata, maggiore specificità
deve contenere l’offerta dell’impresa;
10
Si vedano i lavori di HALEY (1968), ABELL (1980), CASARIN (1990), WILKIE (1990), COLLESEI (1994) e altri.
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 accessibilità; la possibilità di aggredire quel determinato segmento, data
dall’assenza di barriere, rappresentate da concorrenti, competenze, tecnologie e
know how specifici non posseduti, investimenti elevati;
 economicità; dimensione e capacità di generare reddito sufficienti per
rendere economicamente attraente il segmento.
8.4.2. Le politiche di offerta
Una volta completata la valutazione dei segmenti, alcuni di questi risulteranno
impraticabili, non rispondendo ai requisiti richiesti dai parametri, ma potrà rimanere lo stesso
un numero rilevante di segmenti possibili, tra cui operare una scelta di carattere strategico.
Tre sono le possibilità che si aprono:
 servire genericamente tutto il mercato;
 servire un solo segmento.
 servire un certo numero di segmenti;
Il primo caso conduce alla proposta di un'offerta indifferenziata, caratterizzata dalla
sua generalità, tesa a colpire il numero maggiore di clienti potenziali, non discriminando tra
loro. A questa decisione si può giungere considerando che i possibili consumatori
dell’impresa non rappresentino segmenti precisi di mercato, o meglio, che la dimensione di
tali segmenti sia insufficiente a giustificare economicamente una scelta di focalizzazione.
L’impresa che opta per questa strategia tende ad avere un’offerta indirizzata a un consumatore
generico non estremamente caratterizzato, con preferenze simili in tutto il mercato. Il rischio
di una scelta di questo tipo è dato dalla possibilità che una proposta al mercato così delineata,
essendo spesso troppo generica, finisca per non accontentare nessuno dei potenziali
acquirenti.
Nel secondo caso l’impresa, identificato un segmento interessante, concentra la
propria offerta su questo, perseguendo una strategia di nicchia. Ciò conduce alla formazione
di una specializzazione per clientela, a volte assai approfondita, che permette anche a piccole
e medie imprese di sostenere il confronto competitivo rispetto a concorrenti di maggiore
dimensione. Optando per questa scelta l’impresa deve assicurarsi che le dimensioni del
segmento, quindi il numero di componenti ponderato per la loro spesa pro capite, siano
sufficienti.
L'ultimo caso comporta la predisposizione di un'offerta differenziata, centrata su un
certo numero di segmenti, che generalmente dà luogo a più marketing mix diversi, ognuno
diretto a uno specifico segmento. Questa strategia è sovente perseguita da imprese che
possiedono un ampio ventaglio di competenze, assunte tramite sviluppo interno, alleanze o
acquisizioni, che portano spesso a notevoli dimensioni aziendali. Esse sviluppano economie
di scala su parti del marketing mix, come il prodotto e le sue componenti, la distribuzione o la
comunicazione e l’immagine di marca che ne deriva, tali da formare una piattaforma comune
sulla quale basare offerte diverse a segmenti diversi.
Spesso, nella realtà, queste tre alternative rappresentano i limiti estremi di scelte che
percorrono vie più mediate. È frequente incontrare casi in cui l’impresa opera una scelta in cui
sono presenti contemporaneamente più strategie di segmentazione, come nella situazione in
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cui, accanto a un marketing mix di nicchia, che caratterizza l'immagine della marca o
dell’impresa, è presente un'offerta più allargata di altri prodotti, necessaria a completare
l'assortimento, consentendo acquisti, per così dire, accessori rispetto a quelli dei prodotti
principali, evitando che la propria clientela sia costretta a emigrare altrove per trovare
soddisfazione alle proprie richieste.
Di fronte a possibili diversi segmenti, l’impresa deciderà in quale o in quali essere
presente con un'offerta edificata sulla base delle proprie strategie di mercato, considerando
pure le competenze chiave11 che la distinguono e avvantaggiano rispetto ai concorrenti. Il
segmento, o i segmenti prescelti, sarà dunque quello dove l’impresa potrà contare su vantaggi
di competenza, conoscenza, risorse.
8.5. L’offerta dell’impresa
8.5.1. Il marketing mix
Il sistema di offerta che l’impresa propone al mercato è definito come marketing mix e
nella sua iniziale forma comprende quattro elementi principali: il prodotto, la distribuzione, la
comunicazione e il prezzo. Sempre più frequentemente, in particolare nello sviluppo del
marketing dei servizi, anche il personale sta assumendo valore di variabile base dell’offerta,
soprattutto perché a questo si deve l’innalzamento del livello di servizio alla clientela (figura
8.2). Al centro della logica del marketing mix è il consumatore, l’utilizzatore industriale,
l’acquirente, il target dell’azione di marketing. Il marketing mix deve essere naturalmente
posto in relazione con l’ambiente di marketing e mantenere con esso una stretta coerenza. Le
variabili dell’offerta mutano in intensità e in importanza secondo le diverse situazioni di
mercato che l’impresa si trova ad affrontare: i bisogni e le richieste dei consumatori, così
come le azioni della concorrenza e i vincoli ambientali, portano a definire una strategia di
marketing il cui risultato è la specifica forma che prende il marketing mix.
Fig. 8.7 Componenti del marketing mix e dell’ambiente di marketing
Il concetto guida nella definizione di tale forma è comunque sempre quello della
coerenza tra le varie parti, in modo da evitare che l’offerta presenti incongruenze che
sarebbero giudicate non accettabili dal mercato a causa della mancanza di credibilità che la
proposta dell’impresa verrebbe ad assumere. Ciò significa che un prodotto di prestigio o di
alto valore non può essere distribuito in una struttura a basso livello di servizio, con un prezzo
non credibile perché troppo basso e una comunicazione inadeguata. Il consumatore ha infatti
una attesa di marketing mix a cui riferisce il controllo delle offerte presenti sul mercato.
Pur rimanendo fondamentale la coerenza e la corretta composizione, così come
l’accentuazione diversa secondo il mercato, alcune offerte, infatti, si basano soprattutto sulla
Si veda a tale proposito il lavoro di Hamel e Prahalad [1990], il quale sottolinea come l’architettura strategica
dell’impresa sia fondata sulle competenze chiave (core competence), che rappresentano le risorse fondamentali
dell’impresa, incorporano la conoscenza in essa diffusa, il know how, le tecnologie, costituendo le basi di
specificità e di distinzione dell’impresa, nonché la base per la costruzione dei vantaggi competitivi.
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comunicazione, altre sulla distribuzione, prezzo e così via, in generale si può parlare di una
certa gerarchia d’importanza dei vari strumenti, soprattutto per quanto riguarda la valutazione
del prodotto.
L’offerta nasce e si sviluppa spesso attorno a un’idea di prodotto, come chiave per la
soddisfazione dei bisogni del consumatore. All’interno del concetto di prodotto sono compresi
alcuni elementi del marketing mix, che di volta in volta possono assumere notevole
importanza e rappresentare fonti rilevanti di valore dell’offerta. È questo il caso ad esempio
della marca, della confezione, delle componenti immateriali di servizio.
La distribuzione consente di rendere disponibile il prodotto nel luogo e nel tempo
richiesti dal mercato, ponendo in primo piano la scelta dei canali distributivi e il rapporto con
gli intermediari commerciali. All’interno di questa variabile è spesso inserita la problematica
riguardante più specificamente la vendita e la gestione della forza di vendita, aspetto che in
alcuni casi supera per importanza quello della definizione dei canali e dei distributori,
soprattutto nei casi di rapporto diretto fornitore/cliente, tipico dei mercati dei beni destinati
alla produzione.
La comunicazione comprende i vari aspetti, i mezzi e le forme in cui avviene il
passaggio d'informazioni tra l’azienda e i propri clienti. Le forme riguardano la pubblicità, la
promozione vendite, le relazioni pubbliche, la comunicazione diretta e personale. Appare
evidente come ognuno di questi strumenti assume rilevanza diversa in ogni realtà aziendale, e
nel corso della vita di un prodotto.
Il prezzo è la misura del valore che l’offerta assume per il mercato, e diviene perciò
variabile critica, poiché completa e qualifica la proposta dell’impresa. A volte la sua
essenzialità non riesce a spiegare la ricchezza dell’offerta causando il rifiuto del consumatore.
La sua immediatezza interpretativa ne fa segnale dei contenuti là dove il consumatore non ha
una informazione sufficiente, causando una possibile distorsione cognitiva e una eccessiva
semplificazione nella comparazione tra alternative.
Come si è già accennato il personale non fa parte della visione tradizionale del
marketing mix, non verrà, infatti, trattato specificatamente in questa Parte Terza come invece
sarà fatto per le altre quattro variabili, e pure è utile porre l’attenzione su tale fattore, elemento
indispensabile alla costruzione del valore del marketing mix per il consumatore. Tutto il
personale di contatto dell’impresa, infatti, diviene parte della proposta alla clientela,
costruisce il servizio, mantiene una relazione profittevole e conveniente per entrambe le parti.
Ma non solo il personale di contatto rappresenta un fattore importante, bensì tutti coloro che
lavorano in impresa contribuiscono alla costruzione dell’offerta e perciò ognuno deve essere
consapevole delle necessità e delle caratteristiche del mercato, sia pure a diverso grado di
approfondimento, per poter compiere il proprio lavoro in coerenza con l’obiettivo della
soddisfazione dei clienti, in un quadro di economicità.
Il concetto di marketing ha allargato nel tempo i suoi confini, da un lato facendo posto
a nuovi strumenti, dall'altro ampliando la sua sfera di applicazione a nuove realtà, dapprima
tralasciate. Si pongono quindi nuove attenzioni sul concetto di marketing mix, alle cui
tradizionali quattro variabili ne sono state aggiunte dapprima altre [KOTLER 1986]: potere e
relazioni pubbliche, strumenti necessari per l'ingresso in mercati internazionali, e personale,
come già sottolineato. Ma, nuova e maggiore dimensione hanno via via assunto la marca, i
servizi e il communication mix si è arricchito attraverso una serie crescente di nuovi
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strumenti. Alcuni autori evidenziano come il concetto tradizionale di marketing mix sia
dominato da una visione interna, si focalizza cioè su ciò che l’azienda fa o è in grado di fare,
dell’azienda più che da un’attenzione esterna come richiederebbe un orientamento al
mercato12. Gröonros [1994] ritiene addirittura prossima la fine delle quattro variabili, alla luce
della proposta del concetto di relationship marketing. D'altra parte, anche l'uso della
semplificazione, insita nella restrizione degli strumenti di marketing a sole quattro categorie
(prodotto, comunicazione, distribuzione e prezzo) rimane un utile strumento di lavoro, quando
non lo si voglia trasformare in una sorta di gabbia da cui ottusamente non uscire. La pratica
aziendale, da cui deriva ogni speculazione di marketing, ha insegnato già da molto tempo a
declinare i metodi di analisi alla realtà delle situazioni cangianti, proponendo circostanze in
cui gli strumenti si sono di volta in volta ampliati, ristretti, approfonditi e ridotti, tanto che le
quattro variabili si trovano da tempo nei libri, ma divengono in azienda tre, sei, otto, dieci, a
seconda delle necessità ambientali e delle scelte strategiche.
8.5.2. Marketing e altre attività aziendali
Sebbene il marketing deve rappresentare un approccio al mercato da parte di tutta
l’impresa, e quindi sia più un modo di pensare che un mero insieme di strumenti, esso
individua normalmente anche una funzione specifica, che comprende e sviluppa le
competenze relative al rapporto con i clienti e con i consumatori. Ciò non deve far
dimenticare che l’azienda lavora e trova il suo modo di operare attraverso l’integrazione delle
varie funzioni più che attraverso la specializzazione isolata, poiché i processi gestionali (ad es.
sviluppo di un nuovo prodotto) con i quali si dipana la gestione intersecano, unendole, tutte le
varie funzioni aziendali [MURRAY e O'DRISCOLL 1996].
Il personale di marketing e quello addetto alla contabilità e al controllo interagiscono
in diversi modi: nella definizione del budget di marketing e nel suo controllo, nel pagamento
della forza di vendita esterna, nella riscossione crediti clienti, nella definizione dei costi
dell’offerta, costi di prodotto, di comunicazione, di distribuzione, nel reperimento delle risorse
finanziarie necessarie agli investimenti di marketing, nel fissare i limiti di spesa commerciale
e di gestione finanziaria della clientela.
Marketing e ricerca e sviluppo interagiscono strettamente nel processo di sviluppo di
nuovi prodotti, ma anche nella gestione e nel miglioramento continuo delle prestazioni del
prodotto. Due possibili alternative muovono lo sviluppo del prodotto: market pull (trazione
del mercato) o technology push (spinta tecnologica). I difensori del market pull sostengono
che è il mercato a suggerire le idee di prodotto. Attraverso le ricerche di mercato e i test di
prodotto, si dovrebbe essere in grado di definire i contorni precisi di ciò che il consumatore
desidera. La progettazione del prodotto non dovrebbe far altro che seguire i risultati emersi e
fornire quanto richiesto in modo economico. Il rischio per le aziende è quello di finire per
concentrarsi su attributi sempre più marginali di miglioramento del prodotto, riducendo i loro
comportamenti a un'ottica di breve termine, non sviluppando innovazioni che conducono a
significativi miglioramenti delle prestazioni e a veri vantaggi competitivi. Umberto Collesei
12
A tale proposito si vedano i lavori di GODLEY [1975] e GRÖONROS [1994], che pongono in guardia da una
visione “orientata alla produzione” che può generare il marketing mix formato dalle quattro variabili tradizionali.
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[1994] afferma che l'impresa “sia per esigenze di domanda, sia di concorrenza, deve cercare
continuamente di anticipare i bisogni e le richieste dei consumatori; assumere perciò una
visione più a lungo termine. Questa considerazione va letta anche alla luce delle difficoltà
connesse con la gestione della tecnologia”. I propugnatori del technology push affermano che
il prodotto deve derivare da innovazioni tecnologiche originali, libere dai condizionamenti del
mercato. La domanda del prodotto da parte dei consumatori sarebbe stimolata dalle arricchite
prestazioni del prodotto. In questi casi si corre il rischio di slegare l'offerta di prodotto dalla
situazione di mercato, proponendo soluzioni non accettate dai consumatori e/o dalla
distribuzione, perché troppo avanzate o complesse, oppure che offrono prestazioni non
immediatamente traducibili in benefici.
I casi aziendali di successo dimostrano come le due logiche debbano procedere di pari
passo in un reciproco stimolo e adattamento. Il patrimonio di conoscenza e gestione
tecnologica, la capacità di lettura del mercato e proposta di marketing mix sono le due
principali armi a disposizione dell'impresa; la ricerca di supremazia di una di esse conduce
solo a storture e insufficienze nell'offerta percepita dai consumatori.
Sempre a questa classe di problemi appartengono le relazioni con le strutture di
engineering e di progettazione dell’impresa, cui sono demandate ad esempio le valutazioni di
producibilità dei prodotti, di utilizzo dei materiali e componenti e del loro giudizio di qualità.
Un buon design aumenta l’immagine del prodotto e può essere utilizzato nelle strategie di
comunicazione, così come in quelle d'innalzamento del valore dell’offerta.
Le decisioni di marketing hanno poi un impatto assai importante sulla produzione. Ciò
avviene per esempio nelle variazioni delle caratteristiche del prodotto che il marketing
propone. Se il marketing mix è variabile dipendente dai desideri dei consumatori, sulla
struttura produttiva vengono spesso scaricate le necessità di flessibilità e adattamento che il
marketing raccoglie dal mercato. D’altra parte il rapporto è duplice, nel senso che pure le
decisioni di marketing sono influenzate da vincoli posti dalla produzione, per quanto riguarda
l’elasticità e la flessibilità.
Fig. 8.8 Il processo di marketing e le relazioni interfunzionali
Un modello che aiuta a comprendere le interrelazioni tra il marketing e le altre
funzioni aziendali è rappresentato dal processo di marketing [COLLESEI 1994]. Il processo
(figura 8.2) parte al momento della fissazione degli obiettivi dell’impresa, dove in realtà sono
coinvolte in modo consultivo tutte le principali funzioni aziendali, procede attraverso la
definizione dei bisogni e delle richieste della clientela obiettivo, dove la responsabilità del
marketing si accompagna l’aiuto delle vendite per le conoscenze che tale funzione sviluppa
sui clienti. Il passo successivo è dato dalla progettazione dei prodotti, attività la cui
responsabilità appartiene alle funzioni marketing e di ricerca e sviluppo, ma dove è necessario
il coinvolgimento di molte altre funzioni aziendali quali gli acquisti, per la loro conoscenza
del mercato dei materiali e componenti, la finanza per la valutazione degli investimenti, la
produzione, per lo studio di fattibilità delle proposte, la vendita per gli aspetti di conoscenza
dei clienti e delle loro insoddisfazioni. La fase della fabbricazione, dove la produzione assume
la responsabilità, richiede interrelazioni soprattutto con la funzione acquisti per la
disponibilità degli input, e con quella di vendita per la definizione dei tempi e delle condizioni
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dell’output. Infine la fase di vendita richiede, sotto la responsabilità della funzione vendite,
l’interrelazione tra questa e il marketing, per la verifica degli strumenti di supporto, compresi
nel marketing mix, e della risposta del target di mercato, così come con la funzione
finanziaria, per gli aspetti relativi alla gestione dei pagamenti.
Come si può notare, l’impresa lavora attraverso le relazioni interfunzionali,
l’importanza delle quali non deve mai passare in secondo piano di fronte alle necessità o ai
legittimi interessi di ogni singola funzione, la quale apporta le sue conoscenze e competenze
al compimento dell’attività economica complessiva dell’organizzazione.
8.6. Il sistema informativo di marketing
8.6.1. Le informazioni di marketing
Un'informazione è un insieme organizzato di dati che compongono un messaggio con
lo scopo di ridurre l'incertezza nell'ambito di una scelta tra più alternative. La teoria
dell'informazione cerca di quantificare la quantità d'informazioni contenuta in un determinato
messaggio. Se, ad esempio, la direzione commerciale riceve il messaggio “Le vendite
potrebbero aumentare” la quantità di informazione a esso collegata è molto scarsa, scontata, e
perciò inutile. Le vendite possono infatti tanto aumentare come diminuire. Se il messaggio è
“le vendite potrebbero aumentare nell'Area 2 del 15%, sui prodotti A e C, nel giro di 6 mesi
per il previsto abbandono del concorrente Y” l'informazione si è arricchita di molto; presenta
comunque dei lati di incertezza che valori vengono assegnati alle parole "potrebbero" e
"previsto". Nell'ipotesi che la percentuale di probabilità legata a queste due parole sia bassa,
3%, di nuovo l'informazione è di scarso valore, se è elevata, ad esempio 85%, allora il
messaggio diviene interessante, poiché ha aggiunto notevole conoscenza a una situazione di
incertezza di base, consentendo di prendere decisioni di carattere produttivo, distributivo, di
prezzo, ecc.
L'informazione ricevuta contiene un insieme di dati, cioè la misurazione di alcuni
fenomeni, stati o processi, come la variazione positiva delle vendite (crescita), la quantità di
questa variazione (15%), l'oggetto di questa variazione (prodotti A e C), il periodo previsto di
accadimento della variazione (6 mesi), l'identificazione della causa (abbandono di un
concorrente), identificazione del concorrente (Y). La loro organizzazione coerente a una data
finalità si traduce in un'informazione significativa. Lo stesso dato può essere utilizzato quindi
in modo diverso da differenti manager della stessa impresa o di imprese diverse, mentre
differenti sistemi decisionali e stili di decisione possono richiedere diverse informazioni,
andando a costituire informazioni destinate al supporto di processi decisionali e decisori
specifici.
Il mercato rappresenta uno dei nodi decisionali principali dell'impresa, punto di
partenza e di arrivo delle scelte aziendali. In questo quadro, la complessità del sistema
decisionale relativo al mercato ha subito nel tempo trasformazioni che ne hanno mutato la
logica, rendendone sempre più complesso il funzionamento e importante la raccolta delle
informazioni.
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Accanto a queste nuove caratteristiche del processo decisionale, si è assistito a un
notevole progresso nella capacità di gestione delle informazioni, che ha permesso, da un lato,
una crescita di valore dell'informazione elaborata, dall'altro, la capacità di trattare un numero
sempre più elevato di dati da trasformare in informazioni per le decisioni. L'aspetto
tecnologico legato al trattamento dei dati e delle informazioni ha assunto spesso un carattere
ambiguo di aiuto-vincolo al processo decisionale di marketing.
In ogni organizzazione il sistema informativo si presenta sempre composto di due
parti, il sistema ufficiale e il sistema privato, a loro volta divisibili in altre due parti, quella
formale e quella informale. Il sistema ufficiale è quello su cui l’impresa opera partendo dai
dati ufficiali, conosciuti, condivisi e distribuiti a tutti gli operatori; ad esempio i dati generali e
complessivi della gestione, come le quantità di merci prodotte, i ricavi, i costi generali, ecc. Il
sistema privato è promosso e sviluppato da singoli per la gestione migliore del proprio lavoro,
spesso su supporti personali (quaderni, floppy disc) in cui si raccolgono dati e si costruiscono
informazioni che vanno a completare quanto il sistema ufficiale offre, aiutando il lavoro del
singolo. Per mantenere e allargare al massimo la razionalità del processo decisionale occorre
sviluppare la parte ufficiale e formale. E d’altra parte un sistema informativo non potrà mai
essere completamente strutturato e formalizzato, vi saranno sempre delle relazioni di tipo
informale (telefonate, colloqui, confidenze), attraverso cui si formano anche informazioni
importanti.
In questo contesto s'inseriscono le necessità peculiari dell'attività decisionale di
marketing. Innanzi tutto le attività di marketing partecipano ai vantaggi derivanti dal generale
miglioramento di trattamento delle informazioni. Pur con i limiti sopra esposti, i sistemi
informativi sono una fonte importante d'informazioni per il marketing, soprattutto nella
considerazione degli eventi aziendali (vendite per area, prodotto, distributore, cliente, gestione
delle condizioni di pagamento, valutazione dell'affidabilità clienti, ecc.) che portano a scelte
commerciali. Le scelte di marketing mix si basano inoltre su informazioni raccolte in una
serie di campi di attività commerciale che riguardano:
 il comportamento di acquisto del distributore, del consumatore o
dell'utilizzatore;
 le caratteristiche della domanda attuale, potenziale, per segmento, ecc.;
 i comportamenti competitivi della concorrenza;
 l'ambiente in senso ampio (tecnologie, situazione e tendenze
economico-sociali, valoriali, demografiche, istituzionali);
 le interconnessioni e i vincoli funzionali interni all'impresa;
 i risultati e gli effetti delle azioni di marketing dell'impresa.
Da un’indagine CNR [VESCOVI, 1991] emerge che le informazioni di marketing
ritenute più importanti dalle aziende italiane riguardano i prezzi praticati dalla concorrenza, la
conoscenza dei potenziali del mercato servito, il posizionamento e l’immagine, il
comportamento della clientela, l’analisi delle vendite. Si può notare come le informazioni
esterne all’impresa siano maggiormente ricercate e più difficili da reperire. Le fonti più
utilizzate sono i clienti, i fornitori, le società di ricerca, le varie pubblicazioni sul settore, le
associazioni di settore e solo in minima parte gli enti pubblici, anche quelli che forniscono
con continuità dati e informazioni come l’Istat e le Camere di Commercio.
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A differenza di altre funzioni aziendali, le decisioni di marketing dipendono in larga
misura da informazioni esterne. Alla generale maggiore difficoltà del reperimento di dati
esterni all'impresa, si aggiunge il fatto che tali informazioni riguardano spesso comportamenti
e atteggiamenti dei clienti, dei distributori, dei concorrenti, e che quindi presentano una
difficile e spesso precaria riconduzione alla forma numerica. Inoltre, la forte componente
qualitativa di tali informazioni ne rende complesso il confronto rispetto ad altri fenomeni, così
come rispetto al suo andamento nel tempo. Spesso, tali comportamenti e atteggiamenti sono
tenuti nascosti o sono inquinati, sia volontariamente (soprattutto nel caso della concorrenza e
dei distributori), sia inconsciamente (soprattutto nel caso dei clienti e dei consumatori).
Di fronte ad una crescita generale della necessità di raccolta e gestione delle
informazioni da e per il mercato, e ai costi che quest'attività induce, l'impresa deve poter
organizzare la sua azione informativa con efficacia ed efficienza, attraverso la costruzione di
un sistema informativo di marketing. Tale sistema non presiede soltanto alla raccolta, ma
anche alla discriminazione e delle informazioni, per evitare che il processo decisionale
rimanga bloccato da un eccesso informativo, o sia supportato in ritardo. Il ruolo del Sistema
Informativo di Marketing (SIM) è infatti quello di raccogliere dati, selezionarli, organizzarli
in informazioni, rendere queste significative e atte a prendere decisioni di marketing.
Smith, Brien e Stafford [1968] hanno proposto una definizione di sistema informativo
di marketing generalmente accolta. Secondo tali autori il sistema informativo di marketing è
“una struttura permanente, interagente e orientata al futuro, di persone, strumenti e procedure,
finalizzata a generare e a gestire un flusso informativo a supporto del processo decisionale,
nel contesto del piano aziendale di marketing”.
Si tratta quindi di un sistema strutturato, le cui componenti interagiscono per ottenere
un risultato destinato a facilitare il processo decisionale di marketing. Queste componenti, in
un ottica sistemica, possono essere comprese in quattro sottosistemi principali:
 il sistema delle rilevazioni interne;
 il sistema di marketing intelligence;
 il sistema dei modelli di marketing;
 il sistema delle ricerche di marketing.
Il sistema delle rilevazioni interne si basa essenzialmente sui dati provenienti dalla
contabilità e quindi legge i passaggi del ciclo dell'ordine, che inizia nel momento in cui sorge
un ordine e termina con la consegna del prodotto e il pagamento, dando vita a una serie di
documenti sia di carattere fiscale sia interno (come la conferma d'ordine e la fattura). Da
questo sistema si possono ottenere informazioni riguardanti l'andamento degli ordini, del
fatturato e delle scorte, gli scostamenti ordinato-fatturato, l'eventuale stagionalità delle
vendite, i tempi di pagamento, gli sconti, la fedeltà della clientela, la curva ABC 13 dei clienti,
la tipologia degli stessi. A queste si aggiungono tutte le informazioni relative ai risultati
economici e di redditività, secondo le suddivisioni che l'impresa ritiene significative. Un'altra
13
La curva ABC dei clienti misura la concentrazione della clientela, basata sul fatturato o sulla quantità di
acquisto rappresentati da ciascun cliente. In questo modo si possono individuare tre tipologie di clienti lungo la
curva di Pareto: quelli di tipo A, solitamente un 10% di clienti che rappresenta il 50% del fatturato; quelli di tipo
B, solitamente un 20% di clienti che rappresenta il 30% del fatturato; quelli di tipo C, solitamente un 70% di
clienti che rappresenta il 20% del fatturato. I dati numerici naturalmente si devono intendere come indicativi,
poiché nella realtà si adattano a ogni specifica realtà aziendale.
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fonte importante è rappresentata dai rapporti del personale di vendita o di controllo delle
vendite (venditori, area manager, export manager, addetti servizio clienti). I commenti e le
rilevazioni che questi rapporti possono contenere, vanno a formare valutazioni e informazioni
di spiegazione e completamento di quanto raccolto dal ciclo dell'ordine. La disponibilità
tempestiva di tali dati rappresenta un altro punto critico che va affrontato nell'organizzazione
del SIM.
Il sistema di marketing intelligence comprende le procedure e le fonti che i
responsabili di marketing utilizzano per monitorare gli eventi ambientali che influenzano le
decisioni di marketing in un senso più generale. Gli strumenti utilizzati comprendono libri,
riviste di settore, colloqui con clienti, fornitori, distributori, opinion leader, colleghi della
stessa impresa e di altre, con esperti e consulenti, concorrenti, pubblicazioni di associazioni di
categoria, di enti pubblici, e quant’altro può risultare utile al processo di analisi dell’ambiente
di mercato. Nonostante la sua apparente casualità, il sistema di marketing intelligence
rappresenta spesso una fonte informativa di tipo predittivo su eventi possibili o futuri, a
differenza del carattere consuntivo del sistema delle rilevazioni interne. La chiave di successo
del sistema sta nella capacità di gestione informativa del manager, che si misura sulla
coerenza e significatività del network realizzato, dove sono indubbiamente presenti forti
caratteri di personalizzazione e flessibilità.
L'utilizzo del sistema dei modelli di marketing misura la capacità di analisi dei dati
raccolti, e si avvale di una serie di tecniche e modelli di analisi statistica e di altra natura. Nel
sistema è solitamente compresa l'analisi della regressione per scoprire le relazioni all'interno
dei dati, l'analisi discriminatoria che identifica le variabili discriminanti di una scelta, l'analisi
fattoriale, l’analisi multivariata, la cluster analysis, utilizzata per raggruppare preferenze
simili e identificare segmenti distinti di mercato. Accanto a queste tecniche statistiche
vengono utilizzati modelli di analisi e previsione dei fenomeni, come le vendite, la
stagionalità, la mortalità e sostituzione dei prodotti, la pianificazione temporale di operazioni
complesse (lancio di un nuovo prodotto, di una campagna pubblicitaria, ecc.), la
visualizzazione grafica di processi decisionali o causali. Spesso, modelli eccessivamente
complessi offrono informazioni di cui si perde la logica compositiva, rappresentano un
pericolo di eccessivo tecnicismo e di assenza di controllo sull'informazione stessa.
8.6.2. Le ricerche di marketing
Il sistema delle ricerche di marketing è composto da studi focalizzati su problemi e
opportunità specifiche, attraverso il ricorso, in larga misura, a fonti e informazioni esterne
all'impresa. Le ricerche di marketing possono venire ordinate secondo la natura delle fonti, le
tecniche utilizzate, il tipo di informazioni ricercate, la periodicità di rilevazione.
Seguendo la natura dell’oggetto si possono identificare tre tipologie di ricerche: le
ricerche sugli aspetti ambientali non controllabili dall'impresa (previsioni economiche,
politiche, sociali, demografiche, ecc.); quelle sugli aspetti ambientali influenzabili dall'azione
dell'impresa (comportamento di acquisto, comportamento competitivo); le ricerche sulle
variabili controllabili (marketing mix).
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Secondo le tecniche utilizzate si parla di sondaggi (interviste, questionari sia diretti
che telefonici, postali, telematici), panel (dai quali l'osservatore raccoglie informazioni
secondo una certa frequenza), test (analisi sperimentali su prodotti, pubblicità, distribuzione,
prezzi).
Il tipo di informazioni ricercate individua due categorie di ricerche di marketing:
quelle qualitative o motivazionali, che indagano sui perché dei comportamenti e degli eventi;
quelle quantitative, orientate a misurare la dimensione dei comportamenti e degli eventi.
Molto spesso una tipologia è complementare all'altra, poiché, logicamente, è necessario
identificare prima i fenomeni, e le loro cause, per poi poterli misurare.
Secondo la periodicità della ricerca si possono distinguere le ricerche ad hoc,
focalizzate su argomenti specifici, definite nel tempo e svolte una tantum, le ricerche servizio,
svolte con cadenza periodica, orientate a monitorare la variabilità nel tempo di fenomeni
stabiliti. Spesso, queste ricerche sono multiclient, rivolte cioè a un gruppo di clienti parimenti
interessati, che si uniscono per sostenerne l'onere.
Il sistema delle ricerche di marketing può fare riferimento a una struttura aziendale
interna, preposta a questo compito, o, sempre più frequentemente, a istituti esterni
specializzati. Il compito del management di marketing è quello di armonizzare l'utilizzo di
questi strumenti con gli altri elementi del SIM, a evitare che vi sia una duplicazione di
informazioni, o una tale separazione che impedisca un contributo sinergico. È evidente che il
sistema delle ricerche di marketing, sia per la sua onerosità, sia per la sua natura specifica, ha
la funzione di coprire le lacune informative lasciate dai sistemi delle rilevazioni interne e di
marketing intelligence e non di sostituirsi ad essi.
La raccolta di informazioni dal mercato dovrebbe essere attività normale di tutte le
imprese, e però tra queste sono soprattutto le maggiori a farsene carico poiché nelle piccole e
medie si suppone, sovente a torto, di non possedere capacità e organizzazione sufficienti. È
vero che per quanto riguarda ricerche complesse e assai specialistiche l’azienda deve
necessariamente ricorrere a competenze esterne che solamente istituti specializzati sono in
grado di fornire; in questi casi il dilettantismo porterebbe a errori metodologici, di valutazione
e di interpretazione che condurrebbero a decisioni sbagliate in grado di creare situazioni
critiche nei comportamenti di mercato dell’impresa. Il falso mito del far da sé per ridurre i
costi genera in questo casi costi aggiuntivi dovuti a errori e incompetenza assai superiori.
L’esternalizzazione non toglie, tuttavia, la necessità di sviluppare all’interno
dell’impresa competenze relative alle ricerche di marketing, utili all’impostazione e al
controllo di ricerche commissionate all’esterno e ad attività di monitoraggio continuo dei
propri mercati. L'organizzazione necessaria è spesso minima, spesso gli ostacoli a questa
pratica sono più di carattere culturale che operativo, relativi alla mancanza di orientamento al
mercato unito a un approccio razionale, basato su informazioni attendibili.
Nell'effettuare indagini e ricerche sui consumatori, distributori, concorrenti o sui
clienti in generale, si dovrebbero seguire alcune regole di semplicità:
1.
definire con precisione il problema da indagare;
2.
identificare il campione
3.
formulare questionari brevi e focalizzati;
4.
evitare domande ambigue;
5.
creare condizioni fisiche favorevoli alle risposte.
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Per quanto riguarda il primo punto, il buon esito della ricerca trova le sue radici nella
chiara definizione del problema da indagare e nella limitazione del campo di conoscenza
parziale che la ricerca cercherà di sondare. Due sono perciò i momenti chiave di questo
passaggio: la definizione e la limitazione. Il rischio è quello di cadere nei due errori tipici di
questa prima fase della ricerca, il primo è quello della genericità, il secondo è quello
dell'ingordigia informativa.
L'ingordigia è data dalla insana speranza di ottenere tutte le informazioni possibili
attraverso una sola ricerca. Sovente, iniziando la stesura di un questionario, vengono alla
mente ulteriori questioni, domande, informazioni interessanti da reperire, in una spirale
sempre più alta che allontana dagli obiettivi iniziali e conduce inesorabilmente verso la
confusione e la impraticabilità. In realtà una ricerca è sempre il punto di partenza di una
successiva indagine, è il tassello di un mosaico che si compone in un quadro informativo
chiaro, sia nella visione complessiva, sia nei particolari. Il risultato di una definizione del
problema da indagare generica e ingorda è una ricerca dispendiosa e inutile.
Il campione di consumatori da intervistare dovrebbe essere definito una volta
identificato l’universo cioè la popolazione da analizzare. I metodi di campionamento possono
essere di tipo probabilistico o non probabilistico. I primi prevedono la scelta casuale di alcuni
componenti dell’universo, avendo in precedenza numerato ciascun componente ed estratti i
numeri casualmente. Nel caso di campioni non probabilistici si procede per quote, ciò
significa che all’interno di un determinato universo (ad esempio persone) vengono assegnate
delle quote da rispettare (ad esempio una percentuale stabilita di uomini e di donne, di
ciascuna fascia d’età ecc.) in relazione alla rappresentatività ricercata dell’universo.
Il questionario 14 va composto con poche domande, chiaramente esposte, a cui si
dovrebbe poter rispondere con facilità e rapidità, visto il disagio sopportato dal cliente, che
non è generalmente disposto a dedicare molto tempo e attenzione a tale attività. Innanzitutto è
necessario definire una sequenza logica delle domande, per condurre il rispondente verso una
sempre più focalizzata attenzione al problema e per facilitare la comprensione della logica
delle questioni.
Frequentemente si presenta la necessità di graduare l'intensità della risposta, per
meglio conoscere il pensiero del rispondente; in questo caso è opportuno utilizzare scale a
cinque o sette punti (scala di Likert), evitando quella a tre che finirebbe per schiacciare la
risposta sulla media. Può risultare molto utile, ai fini della chiarezza della domanda, suggerire
una scala semantica in cui comprendere le risposte o almeno una scala a punti.
8.6.3. La misurazione e la previsione della domanda
Per poter pianificare le azioni di marketing di un’impresa il primo passo è sicuramente
quello di valutare e misurare la domanda attuale, così come quello di prevedere la domanda
14
Per approfondimenti ulteriori sui problemi delle ricerche di marketing, della composizione del
campione, della redazione del questionario e sullo svolgimento delle varie fasi della ricerca si veda Moutinho L.
e Evans M. [1991], Applied Marketing Research, Wokingham, Addison-Wesley, e Dillon W.R, Madden T.J. e
Firtle N.H. [1993] Essential of Marketing Research, Homewood, IL, Irwin.
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futura. Secondo tali valutazioni saranno successivamente studiate e pianificate le strategie più
idonee per rafforzare e accrescere la posizione dell’impresa sul mercato.
Prima di addentrarci nei metodi specifici di misura occorre stabilire cosa misurare,
infatti i tipi di domanda a cui l’impresa può riferirsi possono essere diversi. Una prima
distinzione è posta tra domanda primaria, o domanda di mercato, e domanda selettiva
[COLLESEI 1994]. La domanda primaria riguarda la richiesta cui si riferiscono tutte le imprese
del settore di mercato in oggetto, mentre la domanda selettiva riguarda la domanda alla quale
si riferisce una sola impresa in oggetto. La conoscenza della domanda primaria è quindi
necessaria per definire le dimensioni generali del mercato, mentre quella della domanda
selettiva per definire degli obiettivi di vendita. Un ulteriore approccio riguarda i livelli di
definizione del mercato (figura 8.9), che individuano riferimenti diversi a seconda della
distanza tra mercato attuale dell’impresa e il massimo ipotetico. Ad esempio, se un’azienda
vuole vendere attraverso Internet dei libri, dalla popolazione totale (100%) che è interessata
all’acquisto di libri occorre giungere al sottoinsieme del mercato potenziale (12%), dato da
tutti coloro che possiedono un personal computer, necessario per l'acquisto tramite Internet.
Dal mercato potenziale (riportato al 100%) occorre considerare solo coloro che sono
attualmente collegati ad Internet, identificando in tal modo il mercato disponibile (65%). Solo
una parte di questi poi acquisterà effettivamente libri dall’azienda presente su Internet,
attraverso questa forma di vendita telematica, questa parte rappresenta il mercato servito
(15%).
Fig. 8.9 Livelli di definizione del mercato
La domanda può essere analizzata secondo almeno tre punti di vista (figura 8.12),
nella sua variazione nel tempo, in funzione di una variabile di causa, secondo lo sforzo di
marketing impiegato. Nel primo caso non vi è relazione tra vendite e tempo è puramente
descrittiva e di scarso utilizzo, mentre nel secondo caso conoscendo la variazione del fattore
causale si può prevedere l’andamento della domanda con un’approssimazione direttamente
collegata al grado di correlazione presente fra i due fenomeni. Nel terzo caso la relazione è
posta tra un’attività di marketing specifica (sforzo di marketing) e il suo effetto sulle vendite.
Tale situazione è diversa se si considera il mercato nel suo insieme o la singola impresa. Nella
figura 8.10 è illustrato proprio questo caso, dove si inserisce inoltre il concetto di mercato
potenziale e di mercato potenziale dell’impresa come due limiti da considerare nella
previsione della domanda, relativi ai rispettivi livelli di saturazione. La curva della funzione di
domanda dell’impresa è invece ricavata sulla base di valutazioni ottimistiche e pessimistiche,
scegliendo quindi un’ipotesi più probabile.
Fig. 8.10 Funzione di domanda del mercato e dell’impresa
Per quanto riguarda i metodi di previsione della domanda, questi si possono
raggruppare secondo tre classi [BAGOZZI 1991]:

metodi euristici

metodi soggettivi
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
metodi oggettivi
Tra i metodi euristici si possono individuare il metodo a catena, basato su
un’interconnessione gerarchica di stime della domanda per ogni livello della gerarchia. L’idea
di base è di iniziare con una stima della domanda potenziale totale di una classe di prodotto in
un o specifico mercato e quindi, attraverso successive suddivisioni, giungere alla domanda di
una particolare marca in quel mercato (tabella 8.2).
Tab. 8.2 Esempio di previsione della domanda secondo il metodo a catena: una bevanda "cola"
Popolazione italiana
Spesa pro capite in bibite
Spesa totale in bibite
% di spesa in "cole"
Spesa totale in "cole"
Quota stimata della marca Y
Spesa potenziale del mercato sulla marca Y
58.000.000
x
5€
290.000.000 €
x
35%
101.500.000 €
x
56%
56.840.000 €
Un primo problema riguarda la scelta dei moltiplicatori, poiché ne potrebbero essere
utilizzati molti e diversi. Un secondo aspetto considera che qualsiasi moltiplicatore venga
usato un certo livello di errore permane comunque, dato l’alto livello di astrazione e di ipotesi.
Più questo errore accade nei primi livelli del processo di valutazione, più la sua influenza si
ripercuote in tutta la previsione, portando il risultato lontano dalla realtà.
Un ulteriore metodo è quello che considera la classificazione dei settori, utilizzato
soprattutto nei mercati dei beni destinati alla produzione. Secondo tale approccio il mercato
viene diviso seguendo una classificazione ufficiale (ad esempio quella proposta dall’Istat)
seguendo la quale sono disponibili dati statistici. S'identifica così un’area geografica (regione,
provincia comune o loro aggregati) e se ne stima il mercato sulla base del numero d'imprese
di un determinato settore, della loro dimensione (dipendenti, fatturato, produzione) e di altri
fattori che di volta in volta si considerano significativi (tabella 8.3).
Tab. 8.3
Esempio di previsione della domanda secondo il metodo a classificazione settoriale:
domanda di spalline per abiti
Settore
Abbigliamento
uomo
Abbigliamento
donna
Dimensioni
Numero Unità di prodotto
dell'impresa
di
utilizzate per
(fatturato in €) imprese impresa (stima)
+ 500.000
4
26.000.000
+ 250.000
12
14.000.000
+ 100.000
34
5.600.000
+ 25.000
21
1.500.000
+ 500.000
1
7.000.000
+ 250.000
9
3.700.000
+ 100.000
42
1.600.000
+ 25.000
56
400.000
Mercato
potenziale in
quantità
104.000.000
168.000.000
190.400.000
31.500.000
7.000.000
33.300.000
67.200.000
22.400.000
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Totali
179
623.800.000
Tale metodo aiuta nell’identificazione delle dimensioni del mercato potenziale, anche
grazie a possibili aggregazioni e suddivisioni secondo le necessità d'indagine dell’azienda
offerente, ma necessita di correttivi relativi al passaggio da dati generali a dati specifici dei
clienti industriali.
Un terzo metodo è quello dell’indice del potere di acquisto o indice di consumo,
utilizzato nel caso dei mercati dei beni di consumo. Si tratta di utilizzare una formula
matematica piuttosto semplice per ottenere il mercato potenziale di un determinato prodotto
sulla base della popolazione residente in un’area, del suo potere di acquisto, del suo indice di
consumo. Ad esempio, per determinare il potenziale del mercato dei biscotti di una specifica
area sul totale nazionale, si può considerare la seguente relazione dell’Indice di Consumo:
ICi  Ri  Vi  Pi
dove Ri è la percentuale del potere di acquisto (reddito spendibile) dell’area i sul totale
nazionale, Vi è la percentuale di vendite di beni di consumo alimentare nell’area sul totale
nazionale e Pi è la percentuale di popolazione sul totale nazionale residente nell’area i, mentre
e sono pesi derivati da studi empirici e analisi di regressione (relativamente al consumo
di biscotti). Sostituendo i rispettivi valori nella relazione si ottiene l’indice di consumo e
quindi il potenziale dell’area:
ICi  0,5(2,425)  0,3(1,985)  0,2(1,842)  2,176
Il valore 2,176 rappresenta il potenziale, percentuale delle vendite totali nazionali, di
biscotti che si può ottenere nell’area i. Se ad esempio le vendite nazionali ammontassero a
500 miliardi, nell’area i vi sarebbe un potenziale di 500 x 2,176%, cioè di 10,88 miliardi.
I metodi soggettivi di previsione e stima della domanda sono fondati su una base
maggiormente empirica e più vicini alla situazione della domanda specifica di un’azienda. Il
metodo Delphi comprende il giudizio di un gruppo di esperti Ai quali viene richiesto di
rispondere in modo anonimo a un questionario riguardante uno specifico mercato. I risultati di
questa prima indagine sono elaborati e comunicati al gruppo di esperti che riformula il suo
giudizio, in una seconda tornata, anche sulla base di quanto emerso dalla prima ricerca. In
questo modo si tende a ridurre la soggettività delle risposte del singolo esperto.
Il metodo di previsione della forza di vendita si basa sull’opinione dei distributori o
della forza di vendita dell’impresa alla quale viene chiesto di stimare la domanda nelle aree di
loro pertinenza. Sommando le singole previsioni si giunge a un totale complessivo del
mercato di riferimento dell’azienda. Questo metodo parte dall’assunto che la forza di vendita
abbia una buona conoscenza della sua specifica situazione territoriale, rispetto al potenziale di
vendita e ai trend in atto. Il pericolo è quello di una sottostima, dovuta al fatto che la forza
vendita può sentirsi sottoposta a giudizio sul proprio operato, soprattutto se la distanza tra il
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potenziale e le vendite effettive è alta; questa distanza sarebbe indice di inefficacia nell’azione
di vendita.
Un ulteriore metodo si basa sulle intenzioni d’acquisto fornite dai clienti su
sollecitazione telefonica, postale, o visita personale, rispetto a un prodotto, a una classe di
prodotto o a una marca, rispetto a un orizzonte temporale (ad esempio sei mesi o un anno)
definito con riferimento alla tipologia del prodotto. Le risposte dei singoli clienti vengono
quindi sommate e utilizzate per definire il potenziale. Il metodo è applicabile con un certo
successo nel caso di beni industriali o, al limite, di beni di consumo durevole, dove cioè il
numero degli acquirenti è limitato, la frequenza d’acquisto non elevata e il valore unitario del
prodotto alto. Si deve naturalmente prevedere che le intenzioni non corrispondono
esattamente ai comportamenti e perciò si dovrà ricorrere a indici correttivi, ad esempio
riducendo di una percentuale desunta dall’esperienza i risultati della previsione.
Per quanto riguarda i metodi oggettivi di stima della domanda, essi si basano su due
logiche: la proiezione dei dati del passato e la teoria della regressione multipla.
Nel primo caso si può considerare un metodo naive, legato alla semplice crescita o
diminuzione percentuale delle vendite dell’anno precedente, considerando che le forze che
hanno determinato le vendite passate continuino a mantenere la loro influenza sul futuro nello
stesso grado. Come si può intuire è un metodo che incontra molti limiti e che può essere
utilizzato solo in situazioni di mercati in cui la dinamica tra le varie componenti è piuttosto
bassa.
Un’ulteriore necessità è rappresentata dalla correzione della stagionalità spesso
presente durante l’anno nelle vendite dei prodotti. Per ottenere questo risultato si può operare
separando le vendite all’interno dei periodi di stagionalità (semestri, quadrimestri ecc.), quindi
si dovrebbe trovare una media delle vendite per periodo, da cui desumere un indice di
stagionalità. Per determinare le vendite destagionalizzate si dovrebbero quindi dividere le
vendite di ogni periodo per il suo indice di stagionalità. L’obiettivo è quello di rendere in tal
modo disponibili i dati di vendita per altre elaborazioni di previsione senza che siano inquinati
da stagionalità nelle vendite. Il metodo delle medie mobili aiuta a prevedere le vendite sulla
media di un certo numero di periodi passati. La formula generale è la seguente:
St 1 
St  St 1 ... St n1
n
dove St+1 sono le vendite previste, St sono le vendite dell’anno in corso, St-n+1 sono le
vendite degli anni precedenti e n è il numero di anni considerati.
I metodi di stima della domanda basati interamente sulle vendite passate non sono
modellati secondo elementi predittivi. Per ottenere una stima più accurata della domanda si
devono identificare le causali controllabili e non controllabili ed usarle come fattori di
previsione. Un metodo assai usato è quello della regressione multipla che può essere indicata
dalla seguente equazione:
S     1 X 1   2 X 2 ...  k X k  
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dove S sono le vendite  è un parametro che mostra il livello delle vendite quando le
variabili indipendenti sono fissate a 0, X1, X2,..., Xk sono un numero k di variabili
indipendenti (causali delle vendite) e  è un termine di disturbo che rappresenta l’errore
erratico. La maggiore difficoltà nell’uso della regressione multipla riguarda l’identificazione
delle variabili predittive rilevanti. Si possono comprendere le variabili che hanno un impatto
causale diretto sulle vendite, come la pubblicità, la promozione vendite, il prezzo
l’investimento distributivo. Evidentemente nel caso di un nuovo prodotto o, ancor più, di un
nuovo mercato risulta piuttosto difficile misurare l’impatto di tali variabili. In questi casi si
può ricorrere a test di mercato attraverso i quali, in un’area limitata di quello che sarà poi il
mercato effettivo, vengono provate alcune soluzioni di marketing mix e si misurano gli effetti
di alcune variabili causali, misure che saranno utilizzate successivamente per costruire il
modello di previsione generale delle vendite.
I vari sistemi di previsione portano a risultati diversi e hanno possibilità applicative
diverse a seconda delle varie situazioni, è quindi spesso utile farne un uso combinato,
azionando in tal modo un sistema di controllo reciproco ed evitando di incorrere in errori
significativi in cui ciascun metodo, utilizzato in modo isolato potrebbe incorrere.
8.7. Marketing ed etica
8.7.1. Il comportamento etico
Il problema dell’etica nel marketing va inserito nel più ampio quadro dell’etica del
comportamento d’impresa, nelle ricadute che tale comportamento provoca nella società e nei
singoli individui. Tutte le decisioni d’impresa, come del resto ogni azione umana, sono quindi
passibili di giudizio etico, riguardino queste la finanza, le relazioni industriali, le tecnologie
impiegate o i processi produttivi. In questa parte del testo ovviamente vi è una focalizzazione
sull’applicazione di considerazioni e valutazioni etiche alle decisioni di marketing.
Nello svolgimento delle attività di marketing ci si può trovare di fronte ad alternative
tra diverse azioni di mercato che, pur non avendo carattere d’illegalità, possono essere
considerate non etiche. Si tratta di aree grigie dove esiste una condizione di incertezza nei
comportamenti, che offrono in tal modo il terreno per una interessante sfida nel complesso
agire manageriale, quella rappresentata dal rispetto dei valori individuali e sociali. Sebbene gli
elementi etici di base siano normalmente formalizzati mediante leggi e regolamenti, il
comportamento etico va oltre gli aspetti legali, riguardando comportamenti di correttezza e
fiducia reciproca nelle relazioni di marketing.
Si deve considerare come le persone abbiano idee assai diverse su cosa possa essere
eticamente corretto o meno, sulla base delle proprie esperienze, dei propri valori e del tipo di
organizzazione in oggetto, ad esempio profit o non profit. Dato il contenuto anche soggettivo
del giudizio etico, diviene assai arduo stabilire il bene e il male, migliaia d’anni di storia
umana e di esplorazioni filosofiche non sono riusciti a farlo con chiarezza; un approccio più
utile può forse essere quello di comprendere l’impatto etico delle decisioni di marketing, ciò
potrà forse aiutare ciascuno a riconoscere e risolvere problemi di carattere morale nella
propria attività di lavoro all’interno di un’organizzazione.
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I fattori che influenzano il processo decisionale sono dati dalle filosofie morali cui si
riferisce una persona, dalle strutture organizzative in cui è inserita e dalle opportunità che di
volta in volta si evidenziano sul mercato.
Per quanto riguarda il primo aspetto, le filosofie morali cui si richiama l’individuo,
sono possibili molte alternative, ma in questa sede se ne considerano due che hanno più
sovente influenzato il giudizio etico sulle azioni manageriali: l’utilitarismo e l’etica formale.
L’utilitarismo, già sviluppato nel pensiero greco 15 , giudica un’azione sulla base delle
conseguenze che questa avrà su tutte le persone coinvolte da tale azione. In altri termini, si
confrontano tutte le possibili opzioni decisorie e si sceglie quella che prevede i migliori
risultati per il numero più vasto di attori coinvolti. Secondo questa filosofia sarebbe quindi
etica quella decisione che massimizza il bene comune rispetto alla convenienza personale. In
questo senso il bene dei propri consumatori deve superare come guida nei comportamenti di
mercato la stretta convenienza dell’organizzazione. Numerosi esempi possono ricondursi a
questo, soprattutto di fronte agli interessi contrastanti tra rischio per i consumatori (ad
esempio sulla pericolosità di un prodotto) e immagine aziendale (possibile perdita d'immagine
dovuta all’ammissione di pericolosità del prodotto).
L’etica formale sviluppa regole specifiche 16 , determinando se un'azione può essere
intrapresa in coerenza con regole di comportamento, senza considerare i risultati alternativi
che ne discendono. La decisione è giudicata etica in quanto non infrange diritti individuali e
regole universali. Queste regole sono storicizzate rispetto a una specifica comunità sociale in
contrapposizione spesso a regole “naturali” immanenti nell’uomo. Il comportamento etico
sarebbe allora quello che da una parte rispetta il diritto individuale e soggettivo e dall’altra
non vìola l’insieme dei valori morali realizzati attraverso le istituzioni come la famiglia, la
società civile, lo stato.
Sebbene si assuma che il comportamento morale rimanga costante sia in situazioni
lavorative che quotidiane si è notato come ciò non accada, dando luogo frequentemente a due
morali.
L’individuo, infatti, recepisce i valori morali non solo dalla società in generale, ma
anche dai membri dei suoi gruppi sociali di riferimento. Le relazioni con i collaboratori, con i
colleghi o con i superiori creano problemi etici e propongono soluzioni relative. Per esempio a
un venditore può essere chiesto di mentire a un cliente, così come di denunciare il fatto che un
collega inganni un cliente. il ruolo della dirigenza dell’impresa assume quindi anche questa
responsabilità: nel formare le regole e la cultura dell’organizzazione costruisce la sua etica.
Più frequentemente una persona è esposta ad attività non etiche nell’ambiente aziendale più
forte sarà il conflitto tra il suo comportamento organizzativo e le sue regole valoriali, che lo
15
Tale dottrina sembra già compiutamente articolata in Protagora, con accentuazioni edonistiche nei cirenaici e
negli epicurei. In età moderna assume l’aspetto di scuola con J. Bentham e soprattutto con J.S. Mill, che
svilupparono il principio sociale dell’utilitarismo che ispirò riforme sociali di impronta liberale nella Gran
Bretagna del XIX secolo.
16
Il termine “etica” vene introdotto da Aristotele come insieme delle disposizioni naturali degli uomini in
contrapposizione con l’efficacia pratica e politica della condotta. Successivamente l’etica cristiana di S.
Tommaso e S. Agostino pone l’etica nel contesto delle regole della comunità ecclesiale, mentre l’etica moderna
si riconduce nuovamente al diritto di natura che determina i comportamenti umani, fino Kant il quale pone il
carattere formale dell’imperativo etico, anche se questo si deve misurare con la storia, cioè con la forma che
prende nel tempo e nelle società.
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porteranno a un rapporto negativo con l’organizzazione, o all’abbandono dei propri valori,
che comunque finirà per creare problemi anche nel comportamento organizzativo.
La presenza di opportunità fornisce ulteriore pressione al comportamento etico.
L’opportunità è data da un insieme di condizioni favorevoli che riducono le barriere od
offrono riconoscimenti significativi, che possono essere interni, dati dal sentimento di
soddisfazione generato dall’aver compiuto un’azione, o esterni, dati dalla ricompensa attesa
da altri a causa della generazione di valore ottenuta con l’azione. Tale meccanismo si fonda
sulla relazione premio-punizione generata dall’organizzazione a fronte di determinate azioni. I
codici deontologici cercano di fornire indicazioni di condotta etica, ma naturalmente più lieve
è la punizione e più alto il premio di un comportamento immorale, minori sono gli ostacoli a
tale comportamento.
8.7.2. Le questioni etiche
Nelle decisioni di marketing si possono identificare alcune questioni etiche, dei
problemi specifici che richiedono una scelta tra più alternative, valutabili in termini morali. Le
questioni etiche nascono da conflitti tra le filosofie morali delle persone, le strategie di
marketing e l’ambiente organizzativo in cui lavorano. Nell’ambito delle decisioni di
marketing queste possono riguardare:
 il prodotto; in generale legate alle informazioni sui livelli di rischiosità dei
prodotti, sulle riduzioni di qualità o quantità, sui contenuti e le componenti reali;
 la comunicazione; il processo di comunicazione incontra di frequente situazioni
che creano questioni etiche; in particolare:
 la pubblicità, che può assumere la forma di puffery (montatura) attraverso
esagerazioni costruite in modo vago e generico senza legami con fatti specifici, costituendo
un’ambigua mendacità; può creare dei conflitti morali quando è diretta ai bambini, che per
loro natura risultano maggiormente deboli in termini di capacità di lettura e di
relativizzazione del messaggio pubblicitario; può ricorrere ad alterazioni nelle
dimostrazioni, evidenziando caratteristiche non reali del prodotto attraverso trucchi
fotografici; può far ricorso a testimoni non reali (un generico medico, un odontoiatra, un
insegnante) per rendere più autorevole il messaggio proposto;
 la vendita personale; ciò riguarda l’uso di tecniche di vendita molto aggressive e
manipolatorie, o la riduzione informativa ad esclusivo interesse del venditore;
 i regali nelle situazioni di vendita, legata all’uso di oggetti, denaro, favori, per
ottenere l’acquisto di un prodotto; i regali possono divenire fattore decisorio in alcune
situazioni di mercato, fino ad allontanarsi totalmente dalle considerazioni relative al
prodotto in oggetto. Poiché la relazione di vendita è un campo che a volte si avvicina ai
rapporti personali il passaggio dall’omaggio alla corruzione va misurato sul valore
simbolico e/o venale del regalo e con la sistematicità di un approccio di questo tipo alla
vendita;
 il prezzo, là dove la sua natura emozionale e soggettiva può creare situazioni
d’incomprensione tra venditore e cliente, che non dovrebbero venire utilizzati per ottenere
degli extraprofitti a spese dei clienti più sprovveduti;
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 la distribuzione, riguarda le relazioni tra intermediari e produttori, dove alcune
condizioni di mercato possono creare rapporti di potere che portano a comportamenti non
etici, come la dilazione di pagamento oltre i termini contrattati, la mancanza di
informazioni, l’uso inappropriato dei prodotti (per fini promozionali o speculativi).
Oltre alle specifiche questioni etiche si deve comunque considerare l’emergere sempre
più frequente della responsabilità sociale dell’impresa, nei confronti dei vari stakeholder verso
i quali si raffronta rappresentati oltre che da consumatori e fornitori anche dalle comunità in
cui è inserita, quindi l’impresa stessa viene ad assumere degli obblighi etici di comportamento
ambientale, sociale, economico. Il marketing è direttamente coinvolto nella costruzione di
relazioni etiche con i consumatori17, con la comunità in cui l’impresa è inserita, attraverso
azioni di beneficenza, sponsorizzazione sociale e culturale, con l’ambiente attraverso lo
sviluppo di prodotti ecologici, che riducano al massimo l’impatto ambientale.
Infine si deve comunque ricordare come il marketing, come ogni altra attività umana
può rappresentare uno strumento etico o immorale, in relazione all’uso che ogni individuo ne
fa, legandolo a fini di utilità personale o mantenendo una visione del ruolo sociale che ogni
organizzazione gioca. Evidentemente questo trascende il marketing, coinvolgendo l’intera
impresa e il comportamento di ogni sua funzione.
17
Si veda anche la recente legge 281 del 1998 sui diritti dei consumatori e degli utenti.
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