PARTECIPARE ALLA PASSIONE DI GESÙ omelia: 11 agosto 2011 Crocifisso con Gesù Il punto di partenza e il traguardo della spiritualità di san Paolo della Croce è la «partecipazione alla passione di Gesù». Il santo spiega innumerevoli volte che il dolore concreto, fisico o spirituale, dà all'uomo la possibilità di partecipare alla «croce di Cristo». Già nella prima pagina del suo Diario parla della comunione con il Cristo crocifisso: «Per misericordia del nostro caro Dio desidero solo d'esser crocifisso con Gesù». Questo è il programma e la chiave ermeneutica con cui interpretare la vita e il pensiero del nostro fondatore. Anch’egli può ripetere con l'apostolo Paolo: «Sono stato crocifisso con Cristo. Vivo, ma non io, vive invece Cristo in me» (Gal 2,19-20). La partecipazione alla passione di Gesù e la conformazione con il Cristo crocifisso è il tema centrale di tutto il Diario del santo. Il motivo più forte, che lo spinge a sopportare il dolore fisico e spirituale è il desiderio di diventare sempre più simile al Signore crocifisso, il quale «in tutta la sua vita non ha fatto altro che patire». Questo desiderio è talmente forte che egli ha il timore che la sofferenza possa finire. Dolore e amore Non è in sé il dolore che unisce l'anima a Dio, ma è l'amore con cui esso viene accettato. L'amore che accetta il dolore è genuino e disinteressato. Il dolore è la «forma di decisione più profonda e più convincente dell'amore». Di questa unione intima tra dolore e amore il santo parla continuamente nel suo Diario e nelle lettere; soprattutto quando descrive gli effetti della contemplazione della passione di Gesù, egli richiama l'unione intima che c'è tra l'amore e il dolore. Il dolore spirituale e fisico non è per lui una disgrazia; egli vede nel dolore prima di tutto la possibilità di manifestare l’amore al Signore crocifisso, di diventare una cosa sola con Lui. Riconosce nel dolore la «croce di Cristo», che egli accetta, anzi porta gioiosamente, perché è la croce del suo Signore. Scrive nel Diario: «So che dico al mio Gesù che le sue croci sono le gioie del mio cuore». La funzione purificatrice del dolore e la possibilità di aiutare Gesù a portare la croce sono i motivi che spingono il santo a scrivere: «Vorrei dire che tutto il mondo sentisse la grande grazia che Dio fa, quando manda da patire, e massime quando il patire è senza conforto, perché allora l'anima resta purificata come l'oro nel fuoco e diviene bella e leggera per volarsene al suo Bene...». Il desiderio di «essere crocifisso con Gesù» è il motivo più forte e più profondo per sopportare ogni tipo di dolore. Questo desiderio di unione con il Cristo crocifisso è così forte che egli prega Dio di «non levargli mai i patimenti». Nella maturità, quando Paolo parla del dolore, sottolinea di più la meta alla quale l'uomo arriva quando rassomiglia al Cristo paziente: essere trasfigurato nel Crocifisso. Nel 1743 completa così una celebre frase di Santa Teresa: «Credo che la Croce del nostro dolce Gesù avrà posto radici più profonde nel vostro cuore e che canterete: “Patire e non morire”; oppure: “O patire o morire”: o ancora meglio: “Né patire né morire”, ma solamente la totale trasformazione nel divin beneplacito».(L II p.340). Il dolore, come la partecipazione alla passione del Signore, non è il fine del cristiano. Come Cristo stesso attraverso la croce è entrato nella gloria del Padre, così il cristiano per mezzo della «croce di Cristo» e l’accettazione della divina volontà, raggiunge la perfetta unione con Dio, che è lo scopo della vita. Il merito maggiore di san Paolo della Croce è avere scoperto che il mistero della croce è la via maestra della santità. Molti santi si sono santificati amando e facendo amare Gesù Crocifisso, ma nessuno come il nostro santo aveva sottolineato tanto che la santità implica la conformazione al Crocifisso. La santità segreta della croce Nelle lettere ai laici Paolo sviluppa molto la spiritualità della partecipazione alla passione di Gesù. Parla molte volte anche della “santità segreta o nascosta della Croce” e ne descrive le caratteristiche , come alla signora Cecilia, sposa novella: “Dio benedetto la vuol far santa, ma della santità nascosta della S. Croce. Sia umilissima ed al sommo caritatevole con suo marito, condiscendente in tutto ciò che è giusto e santo”. A un’altra giovane sposa scrive: “Vedo che il Signore la vuole una santa maritata. Sopra tutto si dia all’orazione mentale, meditando la Passione del dolce Gesù ed i Dolori di Maria e vorrei che ciò lo facesse la mattina in camera, almeno per mezz’ora. Sopra tutto le raccomando una grande carità ed unione con suo marito. Soffra in silenzio ogni amarezza, ma corra a Gesù e a Lui apra il suo cuore ed i suoi travagli”. (Lettere, p. 256). “La santità nascosta o segreta della S. Croce” esprime bene l’atteggiamento che deve acquistare chi contempla la Passione di Cristo. La partecipazione alla Passione di Gesù non è né masochismo, né un dolorismo senza senso: essa consiste nell’accettare con serenità e fiducia la croce di ogni giorno, accettando la volontà del Padre e partecipando con Gesù alla salvezza del mondo. Leggendo le Lettere ai Laici, scopriamo che il nucleo originale del pensiero del santo è la Croce meditata, amata, accettata e vissuta. Questo ci aiuta a capire anche perché la spiritualità passionista è stata definita la “spiritualità del cuore”, cioè la spiritualità dell’amore. Ai piedi del Crocifisso non si può imparare che l’amore, anche la croce diventa un atto di amore e quando si ama, diventa meno pesante.. “Il principe dei desolati” Ma c’è un tipo i sofferenza al quale voglio almeno accennare. San Paolo della Croce è stato definito dagli studiosi“Il principe dei desolati”. Si tratta delle prove interiori di cui tutti i santi hanno fatto esperienza, ma che troviamo in un grado eccezionale soprattutto in alcuni santi, chiamati in modo particolare a rivivere nello spirito e nel corpo la passione di Gesù, per riparare il male che dilaga nel mondo e partecipare alla salvezza delle anime. Tra questi “martiri dell’amore”, troviamo Paolo della Croce, Gemma Galgani, Pio da Pietrelcina, M. Teresa di Calcutta... Molti testimoni intimi di Paolo parlano di cinquant'anni di desolazione del santo. Lo stesso Paolo confidava: “Per quanto mi ricordo, da cinquant'anni non ho passato un solo giorno senza sofferenze. Si legge di certe anime che sono state nel crogiuolo cinque, dieci o quindici anni, quanto a me io non posso pensare a quanto ho sofferto; ne fremo”. E’ il “nudo patire”, che non proviene dall’esterno, ma dal “silenzio di Dio”, che appare lontano, che non si fa sentire al cuore, a Paolo sembra che sia stato solo lui la causa della passione del suo Amore Crocifisso e Dio, Padre e Amore, sembra sia diventato nemico. E’ una esperienza terribile, ma tanto fruttuosa per Paolo, che impara il patire senza consolazioni, per poter poi confortare tante anime che attraversano questa prova, alle quali può dire: “Se il Signore ti chiede questo,significa che non sei stata mai tanto vicina a Dio e tanto bene come adesso”. Dopo averlo sperimentato, può scrivere: “Non desideri alcun conforto, ma il puro beneplacito di Dio. Se ne stia in quel nudo patire in sacro silenzio di fede e non si lamenti né di dentro né di fuori. Si lasci martirizzare dal santo amore, giacché il suo stato presente è un prezioso martirio d'amore, (L III, 806-807). Termino, ricordando che questo ha vissuto la piccola grande Gemma Galgani, come lei stessa ci manifesta durante una estasi davanti al Crocifisso: “O Gesù, io sono il frutto della tua passione, un germoglio delle tue piaghe. Mi cerchi amore; non ne ho più: mi hai rubato il cuore. O Gesù, mi dici sempre che chi soffre ama: la croce la dai a chi ami. Tu tratti me come trattò te il Padre tuo. Mi fai bere la Passione fino all'ultima goccia; dammela un poco per volta. Gesù, questi poveri peccatori non li abbandonare. Sono pronta a fare qualunque cosa per loro”. Preghiamo il Signore che ci mandi il freddo secondo i panni, o i panni secondo il freddo. Ci aiuti ad accettare con amore ogni prova, a non vedere mai una prova come un castigo di Dio, a sentirci amati e privilegiati quando siamo chiamati a partecipare alla passione di Gesù per gli stessi fini per i quali Gesù ha sofferto. P. Alberto Pierangioli