LA RELAZIONE SPONSALE TRA UOMO E DONNA NELLA
FAMIGLIA
Negli scritti di Giovanni Paolo II
La famiglia, ogni famiglia, è dono di Dio messo nelle nostre mani e una risorsa immensa da
scoprire nelle sue radici più profonde e da valorizzare in tutte le sue dimensioni, prestando
attenzione al fatto che le difficoltà che la famiglia incontra oggi sono per lo più causate sì da
profonde trasformazioni nell’ambito dei vissuti matrimoniali e familiari, in seguito ai rapidissimi
processi di cambiamento socio-culturale ai quali stiamo assistendo, ma è, essenzialmente, una crisi
di relazione e conseguentemente di autentica comunione.
La famiglia, in questi ultimi anni, è al centro della riflessione, dell’impegno pastorale e della
stessa esperienza della Chiesa. Si sono moltiplicate le attenzioni verso la famiglia e sono stati
proposti, alla luce della riflessione biblica e teologica, alcuni rinnovati indirizzi pastorali.
La prima urgenza presente ritengo sia quella di una precisa comprensione della dinamica
antropologico-culturale della famiglia stessa per poi rispondere, con adeguata competenza e
profezia, alle domande di fondo di essa e ci interpella anche come comunità credente.
Già la Familiaris Consortio affermava: “Poiché il disegno di Dio sul matrimonio e sulla
famiglia riguarda l’uomo e la donna nella concretezza della loro esistenza quotidiana in determinate
situazioni sociali e culturali, la Chiesa, per compiere il suo servizio, deve applicarsi a conoscere le
situazioni entro le quali il matrimonio e la famiglia oggi si realizzano. Questa conoscenza è.
dunque, una imprescindibile esigenza dell’opera evangelizzatrice.”1
La Chiesa del Vaticano II, si caratterizza “casa di Dio” e come mistero di comunione, cioè
come realtà fondata nell’unità dell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (LG 4).La sua
essenza nella storia si configura come forma visibile della comunità trinitaria e come
manifestazione della multiforme sapienza di Dio (Ef 3,10).
Giovanni Paolo II sostiene che la Chiesa prende parte alle gioie e alle speranze, alle tristezze
e alle angosce del cammino quotidiano degli uomini, profondamente persuasa che è stato Cristo
stesso a introdurla in tutti questi sentieri: è lui che ha affidato l’uomo e la donna alla Chiesa; li ha
affidati come “via” della sua missione e del suo ministero. Tra questi numerosi sentieri, la famiglia
“è la prima e la più importante: una via comune, pur rimanendo particolare, unica e irripetibile,
come irripetibile è ogni uomo; una via dalla quale l’essere umano non può distaccarsi” .2
Quindi seguendo il Cristo venuto nel mondo per servire (Mt 20,28), la Chiesa considera il
servizio della famiglia uno dei suoi compiti essenziali.
In tal senso, sia la singola persona che la famiglia costituiscono “la via della Chiesa.”3
La famiglia “casa” prediletta di Dio nel mondo
Se l’avvenire dell’umanità passa attraverso la Famiglia, secondo il pensiero dei vescovi, il
matrimonio e la famiglia costituiscono uno dei beni più preziosi dell’umanità 4 e i valori della realtà
matrimoniale vanno riscoperti, approfonditi e vissuti e, ancora, se la famiglia è riconosciuta
crocevia della pastorale della Chiesa e della società, comprendiamo che ne consegue che la salvezza
1
FC 4.
Lettera alle Famiglie, 2 febbraio 1994.
3
Idem, 1-2.
4
Cf. FC 1.
2
1
della persona e familiare 5, per cui siamo invitati a stimare i valori propri per promuoverli; siamo
chiamati a favorire il suo sviluppo e a ridare fiducia in se stessa, nelle proprie ricchezze e nella
missione che Dio le ha affidato6. Viene chiesto a tutti di disporsi all’evangelizzazione in famiglia e
nella società, sul posto di lavoro, in qualsiasi ambiente ci troviamo ad operare e a vivere.
Ma è altrettanto vero che la famiglia è veramente risorsa se vive la sua identità e la sua
missione a favore dell’intera comunità cristiana, non solo nel modo che le è “proprio ed originale”7 ,
e se, quale comunità continuamente rigenerata da Cristo mediante la fede e i sacramenti, vive la sua
partecipazione alla missione della Chiesa secondo una modalità “comunitaria”, cioè insieme: i
coniugi in quanto coppia, i genitori e i figli in quanto famiglia.
L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”
(Rm 5,5): lo Spirito garantisce la reale presenza dell’amore personale di Dio Padre nella persona
umana e la vita nello Spirito Santo, è una vita penetrata dall’amore divino e vissuta nella risposta a
questo amore, quindi una vita secondo l’amore e nell’amore.
“L’amore è una tuttunità basata sul principio della libera adesione, è una comunione liberamente
vissuta”. La comunione nella fede diviene, allora, sorgente del ministero ecclesiale della famiglia
nel mondo.
La famiglia a immagine di Dio
Il quadro genesiaco non è sufficiente a illustrare compiutamente l’esperienza del rapporto uomodonna; è spostare l’attenzione al cammino dell’Esodo, all’esperienza del deserto.
Anche alla luce del Nuovo Testamento è possibile intravedere come il modello originario della
famiglia vada ricercato in Dio stesso, nel mistero trinitario della sua vita.
Il noi divino costituisce il modello eterno del noi umano; di quel noi che è dall’uomo e dalla donna
creati a immagine l’amore coniugale, e somiglianza divina 8.
Gesù cercherà di riportare l’”immagine” alla sua bellezza iniziale, prima di tutto nello stesso
matrimonio (cf Mt 19, 3-11).
Se, sulla scorta di Ef 5, 25-28, nei manuali di teologia, in passato, il matrimonio cristiano è stato
letto come simbolo dell’amore di Cristo per la sua Chiesa, gli studiosi, oggi, sostengono che il
legame marito-moglie è radicato nel vincolo che lega Cristo alla sua Chiesa. Tale legame è un patto,
che nasce dal mistero di Dio. Mistero, secondo Paolo, è l’intenzione ultima e segreta che Dio ha sul
mondo e sugli uomini, e che nessuno può penetrare, se Egli stesso non lo fa conoscere.
E’ Dio che sostiene gli sposati come sostiene suo Figlio e la sua Chiesa insieme; l’unione di un
uomo e di una donna, se sono credenti, è più che un segno esterno del grande mistero.
Nel Catechismo della Chiesa Cattolica leggiamo: “La Sacra Scrittura si apre con la creazione
dell’uomo e della donna ad immagine e somiglianza di Dio (Gen 1, 26-27) e si chiude con la
visione delle nozze dell’Agnello (Ap 19,9)9 .
Giovanni Paolo II afferma che l’uomo e la donna sono chiamati sin dall’origine ad una “communio
personarum”. Questo legame sponsale non si realizza in una qualsiasi forma di relazione tra l’uomo
e la donna. E’ necessario che essi liberamente si uniscano in un legame sponsale forte, che li riporti
a quel disegno originale per il quale, nell’amore, nello stupore e nella gioia di avere qualcuno che
gli sia pari (Gn 2,23), essi si donino e si accolgano reciprocamente per sempre.
5
Cf. GS 47.
Cf GS 86.
7
FC 50.
8
Lettera alle Famiglie 6.
9
CCC 1602.
6
2
Questa caratteristica originaria dell’uomo e della donna, di essere “dono” l’uno per l’altro,
rappresenta la più alta rappresentazione dell’amore divino. Una tale forma di relazione si realizza
nel sacramento del matrimonio, costituito dal “patto di amore coniugale o scelta cosciente e libera
con la quale l’uomo e la donna accolgono l’intima comunità di vita e d’amore, voluta da Dio
stesso.”10
Ciò che specifica la comunione matrimoniale, è quindi l’amore coniugale, cioè quel “tipo di
amore fedele ed esclusivo, che unisce i coniugi, secondo la loro verità di immagine di Dio”.
Si tratta di capire bene se questo amore che Dio ha iscritto nel cuore dell’uomo è una
manifestazione puramente umana,oppure è espressione e cifra di qualcosa che va oltre l’uomo e di
cui egli è reso partecipe. In ultima analisi si vuole approfondire se l’uomo è “padrone” del suo
amore, oppure se questo è un “dono” da custodire, far crescere e manifestare.
Giovanni Paolo II afferma che l’amore coniugale espresso nella sua totalità ed esclusività è,
nel suo aspetto più visibile ed immediato, il segno dell’autenticità del rapporto tra uomo e donna
che si danno pienamente e definitivamente l’uno all’altro, un amore che vivifica e forma tutta la
famiglia.
“La famiglia fondata e vivificata dall’amore, è una comunità di persone: dell’uomo e della
donna sposi, dei genitori e dei figli, dei parenti.Suo primo compito è di vivere fedelmente la realtà
della comunione nell’impegno costante di sviluppare un’autentica comunità di persone.
Il principio interiore, la forza permanente e la meta ultima di tale compito è l’amore: come, senza
l’amore, la famiglia non è una comunità di persone, così senza l’amore, la famiglia non può vivere,
crescere e perfezionarsi come comunità di persone.”11
La donazione propriamente sessuale-fisica è parte integrante dell’amore con il quale l’uomo
e la donna si donano reciprocamente e trova il suo giusto ambito solo nel sacramento del
matrimonio, il quale manifesta pubblicamente la vocazione dell’uomo all’amore e impegna i
coniugi al servizio alla vita, cioè a trasmettere ed educare la prole.
“L’uomo e la donna, unendosi tra loro (nell’atto coniugale) così strettamente da divenire
“una sola carne”, riscoprono, per così dire, ogni volta e in modo speciale, il mistero della creazione,
ritornano così a quell’unione nell’umanità (carne della mia carne e osso delle mie ossa”), che
permette loro di riconoscersi reciprocamente e, come la prima volta, di chiamarsi per nome”.12
“La dimensione spirituale e quella corporale insieme dicono la totalità dell’esperienza
umana dell’amore. Così, l’esercizio della sessualità, mediante il quale l’uomo e la donna si donano
con atti propri ed esclusivi, non è un fatto puramente biologico, ma personale, perché animato da
quella donazione totale e fedele.”13
Il corpo nell’unione coniugale trova la sua piena dignità e unicità. E’ un luogo “sacrum” a
dire di Giovanni Paolo II; questo “luogo” determina particolarmente profondi rapporti reciproci
delle persone, e soprattutto quelli dell’uomo e della donna”.14
Questa comunione, ricorda ancora la Familiaris Consortio, non può crescere se non nel
rispetto e nel disegno di Dio, disegno che egli ha iscritto nel cuore dell’uomo e della donna al
momento stesso della loro creazione e che è stato reso manifesto in tutta la sua pienezza con la
venuta di Cristo, il quale realizzando la nuova ed eterna alleanza sponsale tra Dio e l’uomo, ha
manifestato in se stesso e nella propria vita la misura, senza misura, del dono di sé e per ciò stesso
dell’amore e della comunione coniugale, fondata nel sacramento del matrimonio. Comunione che
secondo Giovannni Paolo II occorre “far crescere continuamente attraverso la fedeltà quotidiana
alla promessa matrimoniale del reciproco dono totale”.15
10
FC 11.
FC 18.
12
GIOVANNI PAOLO II: Uomo e donna lo creò. Catechesi sull’amore umano, Città del Vaticano, 2003,p. 63.
13
M. DOLDI, Introduzione, in Familiaris Consortio. Sui compiti della famiglia cristiana. Casale Monferrato, 2001, p.
17.
14
GIOVANNI PAOLO II, op. cit., p. 361.
15
FC: n. 19.
11
3
L’amore tra l’uomo e la donna, immagine dell’amore tra Cristo e la Chiesa
La comunione dell’uomo e della donna iscritta nei loro cuori fin dalla loro creazione è per
ciò stessa “sacra”, cioè non appartenente semplicemente ad un ordine naturale, ma quale immagine
e somiglianza di Dio-comunione; immagine e somiglianza manifesta nell’amore coniugale ed
espressa attraverso il corpo e il suo linguaggio, il quale dopo il peccato originale dell’uomo, ha
perso la sua trasparenza e chiarezza.
Un aspetto molto importante messo in luce dalla Familiaris Consortio è la sacra mentalità
dell’amore coniugale nell’ordine della redenzione.
Il matrimonio non è legato al momento del “principio”.
Gesù non ha solo ripresentato in tutta la sua grandezza e splendore la realtà originaria del
matrimonio così come era uscita dalle mani di Dio, ma gli ha dato un nuovo significato.
La sua stessa vita vissuta come dono e la sua morte redentiva, a favore dell’uomo peccatore, è
presentata da s. Paolo nella lettera agli Efesini (5,22-23) nel segno della sponsalità coniugale.
“Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa” (v. 32), sembra
indicare non soltanto l’identità del Mistero nascosto in Dio dall’eternità, ma anche quella continuità
della sua attuazione che esiste tra il sacramento primordiale connesso alla gratificazione
soprannaturale dell’uomo nella creazione stessa e la nuova gratificazione avvenuta quando “Cristo
ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa…” (v. 25-26), gratificazione che
può essere definita nel suo insieme quale Sacramento della Redenzione.”16
Il matrimonio ha la forza del dono, porta con sé la fecondità dell’amore creativo e la grazia
dell’amore redentivo col quale Cristo ha sancito la sua definitiva ed eterna alleanza con l’uomo. Il
matrimonio dei battezzati diviene segno e partecipazione della Nuova Alleanza sancita nel sangue
di Cristo.17
Il valore del legame che avviene tra un uomo e una donna, mediante il sacramento del
matrimonio, non si ferma al “si” fedele e definitivo che essi si promettono reciprocamente, pur
sostenuto dalla grazia, né ad un rimando generico all’amore di Cristo per la Chiesa, ma costituisce
una manifestazione reale del sacrificio della croce mediante il quale Cristo si è dato tutto alla sua
Chiesa.
“In virtù della sacra mentalità del loro matrimonio, gli sposi sono vincolati l’uno all’altra
nella maniera più profondamente indissolubile. La loro reciproca appartenenza è la
rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la
Chiesa. Gli sposi sono pertanto il richiamo permanente per la Chiesa di ciò che è accaduto sulla
Croce; sono l’uno per l’altra e per i figli, testimoni della salvezza, di cui il sacramento li rende
partecipi.”18
Lo Spirito Santo effuso nella celebrazione sacramentale offre agli sposi cristiani il dono di
una comunione nuova d’amore che è immagine viva e reale di quella singolarissima unità, che fa
della Chiesa l’indivisibile Corpo Mistico del Signore Gesù Cristo.19
I coniugi cristiani sono chiamati da Giovanni Paolo II ad avere sempre come riferimento del
loro vivere questa alta missione, che a loro spetta, di testimoniare, davanti ai figli, alla Chiesa e
all’intera società, l’amore di Cristo per la sua Chiesa e per l’intera umanità. Sono chiamati in prima
persona a diventare “testimoni di salvezza di cui il sacramento li rende partecipi”.20
16
GIOVANNI PAOLO II, op. cit., p. 375.
Cf FC 13.
18
FC 13.
19
FC 19.
20
FC 13.
17
4
“Non ci si sposa quindi, per sé o per i figli che verranno, ci si sposa principalmente per Dio,
per mettere a disposizione la propria vita a due perché Dio vi comunichi il proprio amore e
attraverso questo amore si allarghi la salvezza. Il matrimonio è, così, prolungamento e
specificazione della vocazione battesimale: vivere per rendere la propria vita di coppia un luogo
rivelativo di Dio”.21
Indissolubilità matrimoniale: cuore dell’Alleanza
Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio, ribadisce il valore della indissolubilità
dell’amore coniugale come fondamento del matrimonio.
E’ assai opportuno ricordare questo valore, soprattutto oggi, in cui l’egoismo e la mancanza
di generosità rendono assai difficile l’accettazione di questo principio.
oggi con molta facilità si arriva al divorzio perché non si capisce bene il significato ed il
valore dell’unità matrimoniale e che cosa significhi sposarsi nel Signore. Molte coppie affidano il
loro legame alle proprie emozioni personali che non ad un “progetto d’amore” dentro il quale
sentirsi inseriti per crescere e camminare insieme, e quando arrivano le proprie difficoltà molto
spesso si passa velocemente alla separazione, come la soluzione migliore, giustificata dal fatto di
“non sentire più nulla” l’uno per l’altra e viceversa.
Giovanni Paolo II, richiama le coppie ad affrontare insieme e in modo costruttivo,
soprattutto rilegendole alla luce del loro progetto d’amore nel quale, con il sacramento del
matrimonio, esse sono state inserite.
E’ una buona terapia per rafforzare l’amore e per migliorare nelle relazioni per poter
comprendere l’uno i bisogni dell’altro.
Giovanni Paolo II ribadisce nei suoi insegnamenti la difesa di tale valore, ricordando agli
sposi di non perdere le speranze e di non dimenticare la promessa che essi si sono dati nel giorno
del loro matrimonio.
“Voi troverete nell’amore per Dio, per voi stessi e per i vostri figli, la forza di essere fedeli
ai vostri voti matrimoniali. Fate in modo che questo amore sia come uno scoglio che resiste ad ogni
tempesta e tentazione”.22
La familiaris Consortio invita i coniugi a partecipare e condividere questo “amore pieno” di
Cristo nella convinzione che il sacramento del matrimonio, vissuto in tutta la sua pienezza e realtà,
offre loro “un cuore nuovo” per poter superare la “durezza del cuore umano”.23
Gli sposi uniti nel sacramento sono chiamati a crescere continuamente nella loro comunione,
attraverso la fedeltà quotidiana alla promessa matrimoniale costituita dal loro reciproco e totale di
se stessi.
Soltanto nella fede e in una comunione “per sempre”, che ha il sapore dell’eterno, essi possono
scoprire ed ammirare in gioiosa gratitudine a quale dignità Dio abbia voluto elevare il matrimonio e
la famiglia, costituendoli segno e luogo dell’Alleanza d’amore tra Dio e gli uomini, tra Gesù Cristo
e la Chiesa sua sposa, un amore che non conosce ritorno.
La celebrazione del sacramento del matrimonio diventa così autentica “professione di fede”:
“Soltanto nella fede essi (gli sposi) possono scoprire e ammirare in gioiosa gratitudine a quale
dignità Dio abbia voluto elevare il matrimonio e la famiglia, costituendoli segno e luogo
dell’alleanza d’amore tra Dio e gli uomini, tra Gesù Cristo e la Chiesa sua sposa.”24
21
B. BORSATO, Sposarsi nel Signore. Cammino di riscoperta del sacramento del matrimonio, Bologna, 1988, p. 40.
GIOVANNI PAOLO II, Omelia alla Santa Messa per le famiglie a New York (31 marzo 1982).
23
GIOVANNI PAOLO II, op. cit., p. 32.
24
FC 51.
22
5