15-02-2005 Omelia del Vescovo G. Sanguineti nella Festività dei

LA FAMIGLIA DONO DI BENE PER LA SOCIETA’
Tutta la città è coinvolta per festeggiare i santi patroni Faustino e Giovita.
La tradizione li ha connotati come martiri di origine bresciana.
La devozione popolare da allora attribuisce a queste sante figure altissime qualità,
sentimenti nobili e azioni eccelse, vanto ed esempio per la città di Brescia.
Poco sappiamo di loro, soltanto che sono stati dei credenti in Cristo, contagiati dal suo
amore. La loro eroicità non è stata un esercizio di bravura, ma una obbedienza umile,
quotidiana, tenace alla missione ricevuta nel loro Battesimo.
I santi Faustino e Giovita li penso giovani dai sani principi, in ricerca perché la loro vita
avesse senso.
La ricerca di senso è la principale domanda anche di questa nostra società in crisi; a
fronte dei fallimenti che investono l’ordine sociale (instabilità dei rapporti, crisi familiari,
depressioni, divorzi, devianza giovanile, abusi…) si osserva da più parti una forte richiesta
di aumento di relazione.
L’uomo vive per intessere rapporti; il legame naturale con la madre e il padre lo determina
da subito come figlio e fratello e la famiglia è il luogo dove impara gradualmente ad
esprimersi.
Nelle prime relazioni, quelle che ognuno di noi ha vissuto da bambino proprio
nell’esperienza quotidiana, troviamo le prime risposte alla richiesta di senso. Un nuovo
figlio, un nuovo fratello respira in famiglia, naturalmente, con l’aria stessa, il valore della
familiarità, della fraternità della pace.
In questa nostra città, ove giungono e restano con noi tanti fratelli e sorelle immigrati
provenienti da varie culture e tradizioni, e dove anche i cittadini bresciani sono provocati a
confrontarsi con diversi tipi di famiglia, voglio offrire alcune componenti di un tipo di
famiglia e valori familiari non trasmessi unicamente dalla cultura e tradizione cristiana ed
individuare la famiglia come dono di bene per la società. La realtà della famiglia non
appartiene solo all’ordine trascendente della fede ma a quello immanente dell’esperienza
umana, che nella fede trova certamente il suo coronamento, ma non la propria condizione
di possibilità.
Mi perdoneranno i due santi Patroni, se non parlo del martirio dei santi, ma soltanto della
fortezza coraggiosa degli uomini nel mantenere fede ai propri valori.
Propongo alcune riflessioni.
La prima: ogni nato ha diritto ad una famiglia.
Ogni nato ha diritto a una famiglia, considerata come luogo dove l’amore è dovuto e il
prendersi cura supera le logiche della necessità e dello scambio.
L’essere che è procreato esige l’esistenza di una famiglia. Perché l’uomo è persona,
quindi infinitamente di più che un elemento utile alla società. Procreazione quindi è
generare delle persone. Allora non qualunque struttura di riproduzione va bene.
Oggi sono imperanti l’individualismo e la privatizzazione del legame familiare. Partendo
dall’individuo, si affermano i diritti dell’individuo e la famiglia scompare. Partendo dalla
persona, che è un essere di comunione, si arriva invece alla famiglia: al contrario la
privatizzazione del legame familiare diventa rifugio intimistico, la denatalità e la crescente
instabilità matrimoniale sono viste come una difesa della famiglia dall’eccesso di carichi di
cui è gravata..
Porre la famiglia al centro degli interventi della comunità significa diventare più propositivi,
operare con la famiglia, non per la famiglia. Le istituzioni sono ancora lontane dal
riconoscere alla famiglia una vera cittadinanza societaria come soggetto sociale e non
mero oggetto dell’assistenzialismo. I corpi intermedi della società che mediano tra
l’individuo e le istituzioni (famiglie, associazioni) sono ancora in crisi: dovrebbero invece
essere tutelati e promossi.
Tre sono soprattutto gli aspetti di crisi e di involuzione dell’istituto familiare rispetto ai
modelli tradizionali:
la disaffezione nei confronti del matrimonio, negato come istituzione per la cultura
individualistica e che rifiuta la dimensione pubblica del rapporto di coppia;
la crisi di stabilità dei matrimoni esistenti;
la modificazione dell’idea di genitorialità: il figlio non viene desiderato e accolto come
dono, ma risponde ad esigenze e desideri della coppia.
Ne conseguono le sfide relative: ridare senso al matrimonio come istituzione,
reagire all’instabilità dell’istituzione-matrimonio che conduce alla frammentazione,
riscoprire la procreazione come apertura all’altro.
Ovvio è dire che la famiglia deve trovare al suo interno le energie necessarie per
raccogliere la sfida e proiettarsi verso il futuro; ma le politiche sociali in favore della
famiglia sono essenziali.
La seconda riflessione: primato dell’amore nell’esperienza coniugale.
Ciò che distingue gli amanti dagli sposi è che i primi sono coloro che semplicemente si
amano, i secondi sono coloro che in più si sono impegnati ad amarsi. Con un supremo
atto di libertà essi decidono con volontà di dare oggi tutto il loro futuro ad un’altra persona.
Impegnarsi è questo: decidere liberamente di donarsi.
L’atto di volontà sul presente che mette in gioco la totalità futura instaura realmente
l’unione coniugale. Il ‘sì’ non è un semplice accordo a vivere insieme, ma la decisione di
assumere la comunità di vita coniugale come debito (dall’amore gratuito all’amore dovuto)
in giustizia, come unione reciprocamente dovuta: perché si sono dati l’uno all’altra si
devono l’uno all’altra. L’amore coniugale quindi è amarsi fino all’estremo “doversi” amare:
è questa la massima espressione possibile dell’amore, ciò che rende sposi (non “fin che
dura”…).
E’ chiaro che quando nell’unione matrimoniale manca quella mutua donazione a titolo di
debito non c’è matrimonio.
La radice naturale della famiglia è il matrimonio e la radice del matrimonio è la natura
personale dell’uomo, uomo e donna.
Il desiderio di nascondere sotto il nome di matrimonio delle relazioni che, nel piano
naturale, non possono essere tali dà origine: alla banalizzazione del ‘sì’, alla diffusione
dell’idea che sposarsi è un atto di conformismo sociale, all’ambiguità per l’affermarsi di
unioni molto diverse e contrapposte tra loro che poco hanno a che vedere con il significato
naturale vero e proprio di unione coniugale.
La perdita dell’identità personale dell’uomo nella sua mascolinità e femminilità è la causa
radicale della perdita dell’identità del matrimonio; questa a sua volta è la ragione principale
della perdita dell’identità della famiglia in quanto cellula naturale e basilare di ogni società
autenticamente umana.
L’amore, nella sua dimensione familiare, è quello che riconosce che è bene per l’uomo
riconoscere la sua donna ed è bene per la donna riconoscere il suo uomo.
E’ bene per i genitori riconoscere i loro figli e per i figli riconoscere i loro genitori.
E’ bene che esista la famiglia dove c’è spazio per un mettersi in relazione in pienezza e
per comunicare in modo totale.
L’assenza dell’amore coniugale come fondante riduce la famiglia in definitiva ad un centro
di coordinamento e di promozione di interessi: interessi genealogici, di status sociale e di
promozione di ricchezza nel modello di famiglia patriarcale, interessi strettamente
domestici in quello individualistico.
Riconoscendo la famiglia come comunità di amore e di solidarietà si ottiene il
riconoscimento di una immagine di uomo che è quella sola su cui fondare la speranza di
una società e di un futuro non disumani.
L’essere umano che si apre all’amore familiare e ne riconosce il suo valore donativo, è
capace di costruire e difendere una scala di valori in cui la dimensione comunitaria e
solidaristica sta ai vertici.
Questa scala di valori può essere un modo per tenere sotto controllo le pulsioni
egocentriche, violente ed al limite distruttive di cui l’uomo è indubbiamente portatore e che
nessuna forma di politica sociale potrà riuscire a soffocare pienamente.
Terza riflessione: famiglia e benessere.
Il benessere, che è una condizione determinata dall’interagire di diversi fattori relazionali,
affettivi, psicologici, sociali, si può intendere come benessere individuale e familiare: se
quello individuale si basa su autonomia, autosufficienza, assenza di vincoli e legami quello
familiare è un legame interpersonale dove emergono la cura reciproca, la comunicazione,
il legame solidale: paradossalmente la libertà e l’autonomia degli individui vengono
maggiormente garantiti attraverso il perseguimento del benessere familiare.
Occorrono delle condizioni per promuovere il benessere familiare: la prima è che lo Stato
collochi la famiglia come soggetto rilevante per la vita pubblica; inoltre lo Stato stimoli e
sostenga il rapporto tra la famiglia come sfera privata ed i servizi ad essa orientati; infine lo
Stato sociale tuteli la famiglia e non la consideri come forma di relazioni privatistiche
orientate la consumo.
Per raggiungere il benessere familiare è richiesto che la società guardi alla famiglia come
valore e pensi gli interventi necessari con le famiglie, e con gli organismi in grado di
rappresentarle.
Anche alle famiglie viene chiesto di sapersi aprire al contesto esterno, assumendo la
responsabilità di partecipare e collaborare alla produzione del bene comune.
Alla famiglia viene chiesto però, e innazitutto, di aprirsi al contesto interno, voglio dire al
dialogo fra generazioni.
La famiglia nucleare,modellata sulle esigenze del mondo produttivo, lascia pochi spazi per
esaltare la funzione educativa del dialogo: è ridotto il tempo, se non lo si difende a denti
stretti, fra genitori e figli; degli anziani nei confronti delle giovani generazioni: per gli
anziani è sempre più difficile la comunicazione della propria esperienza ai giovani.
Sotto l’aspetto educativo i giovani hanno bisogno che qualcuno trasmetta loro modelli di
riferimento. Il rischio è che aumenti l’incomunicabilità inergenerazionale.
E’ importante che ogni adulto sia consapevole del bagaglio di esperienza e del suo sapere
sulle questioni fondamentali della vita quali l’amore, la fede, la sofferenza, la speranza, i
valori: bagaglio che aspetta di essere comunicato alle giovani generazioni.
I giovani hanno bisogno di testimoni credibili con cui confrontarsi per trovare la propria
strada nel mondo, hanno bisogno di adulti che sappiano “compromettersi” nella relazione
educativa.
La famiglia può diventare protagonista e interprete della e nella società civile solo
diventando più famiglia, cioè ambito primario, sia di cura delle persone che in essa vivono,
sia delle relazioni che esse attuano tra di loro e nella società: in tal senso
l’associazionismo familiare diviene una realtà sempre più rilevante nella nostra società,
perché esso, attraverso la sua azione, ‘produce famiglia’, generando una solidarietà
specifica e familiare. Deve essere favorito uno scambio fra Enti Pubblici, Terzo Settore e
Volontariato sulle politiche sociali familiari per attivare azioni che aiutino le famiglie più
fiduciose a sperimentare con creatività diverse modalità di relazione per essere promotrici
di iniziative a favore delle famiglie.
Quarta riflessione: famiglia e società.
La stabilità delle famiglie rende stabile la società; il disorientamento familiare genera
disorientamento: pensiamo ai tanti casi di devianza giovanile, ai disturbi comportamentali
che sono in aumento nella società.
Abbiamo la profonda convinzione che è nella famiglia che si costruiscono i destini degli
abitanti del nostro Paese. E' in famiglia che si formano i cittadini di domani. E’ la qualità
della vita familiare che determina la qualità della vita dell’intera società.
La famiglia è una realtà che riguarda l’intera collettività: purtroppo le famiglie per prime
non sempre ne sono convinte e vivono ai margini della scena sociale e politica. Le
Istituzioni, da parte loro, le escludono dal dibattito relativo ai grandi problemi del Paese.
La Costituzione italiana, nell’art. 29, non dà luogo a fraintendimenti: la famiglia è “la
società naturale fondata sul matrimonio”.
La famiglia ha un ruolo insostituibile nell’umanizzare la società: questa funzione si lega ai
diritti fondamentali dell’uomo, in particolare al diritto alla vita. In famiglia ogni uomocittadino scopre di essere accettato come persona unica e irripetibile; così in famiglia
viene educato ad accettare l’altro cittadino come un essere personale, dotato degli stessi
diritti e meritevole di rispetto senza condizioni, indipendentemente dalle sue diversità
ideologiche, economiche, sociali.
Il servizio educativo e socializzante della famiglia è la chiave per una società democratica
e umanizzata.
La famiglia educa alla ricerca della verità, del bene e della bellezza.
I genitori educano continuamente i propri figli, dal concepimento fino alla morte. In famiglia
qualunque atto educa o deforma (deforma, ad esempio, l’essere concepito in modo
egoistico, l’essere rifiutato dai genitori).
I genitori educando educano se stessi ed educano altri genitori: è una interazione
reciproca che si allarga fuori delle mura domestiche e avvia un processo di genesi sociale
della famiglia, un progresso che vede la famiglia stessa come fonte che armonizza l’intera
società.
La famiglia protegge la vita, sin dal primo albore; rifiuta l’aborto e le sperimentazioni
aberranti della biogenetica.
La famiglia accetta l’anziano, rispetta la dignità dell’extracomunitario; presta attenzione ai
problemi sociali, come l’ingiusta distribuzione del benessere, l’uso delle risorse naturali a
beneficio di pochi, la distruzione dell’ambiente, il razzismo, il fiorire di conflitti etnici ed
armati.
La diffusione della cultura della famiglia che esalti la continuità del legame di coppia e
l’impegno educativo dei coniugi, favorisce l’avvento di una società a vera misura
d’uomo.
* * *
Le nostre voci si uniscano quindi in questo giorno di festa a ricordo dei nostri Patroni,
esempi di virtù umane, per affermare che una famiglia che si fonda sui valori ispirati dal
profondo senso di umanità, è sicura garanzia anche del buon funzionamento di tutte le
istituzioni sociali, politiche, economiche ed educative della società civile.