Il regime fascista in Italia Il ruolo della Prima Guerra Mondiale Crisi finanziaria Disoccupazione Reducismo e delusione degli ex combattenti Difficile riconversione delle industrie all’economia di pace Inflazione Forte conflittualità sociale (la “settimana rossa”) Instabilità politica L’appoggio al fascismo: la corte e la classe dirigente conservatrice la grande borghesia (industriale, agraria, finanziaria) la grande burocrazia l’esercito, la magistratura, le forze dell’ordine il ceto medio delle professioni i pubblici dipendenti e la piccola borghesia il movimento nazionalista il reducismo Le idee del fascismo La storia è caratterizzata dallo scontro tra le nazioni Nello scontro sopravvivono solo le nazioni più compatte e coese Rifiuto della lotta di classe che divide la nazione Ciascun cittadino è tenuto a concorrere in concordia alla potenza e grandezza dello stato Lo Stato sovrasta il singolo cittadino, si appropria di tutti i suoi diritti, ne organizza tutta l’esistenza l'individuo non esiste se non in quanto è nello Stato e subordinato alla necessità dello Stato Il Il Il Il culto culto culto culto della Roma antica (imperiale) della violenza (sia verso l’esterno che verso l’interno) della giovinezza del “capo” Il corporativismo (l’organizzazione del mondo produttivo in corporazioni gerarchicamente organizzate, corporazioni che, ognuna dal suo ambito, danno il loro contributo alla grandezza della nazione-stato) Le fasi del fascismo Il primo fascismo e il fenomeno dello squadrismo (marzo 1919 – ottobre 1922). I Fasci italiani di combattimento Composizione: a maggioranza reduci interventisti Obiettivo di fondo: contrastare l’attività comunista nelle fabbriche; contrastare l’azione della lega dei braccianti nelle campagne; destrutturare l’organizzazione socialista (sedi di partito, giornali, leghe, case del popolo, amministrazioni socialiste, ecc.) Appoggi: la grande borghesia delle industrie; la grande proprietà terriera; le forze dell’ordine e della magistratura Sfondo: debolezza dello Stato e dei suoi organi, incapacità di mantenere il monopolio della violenza, violenza diffusa tra opposte fazioni, scioperi, occupazioni di fabbriche e luoghi di lavoro Organizzazione: forte gerarchizzazione attorno a un capo (ras) Metodi: azione punitiva spettacolare e pubblica, devastazione delle sedi, bastonature, purghe, talvolta sparatorie La marcia su Roma e la presa del potere La marcia su Roma fu una vasta manifestazione, tenutasi il 28 ottobre 1922, che vide l'afflusso da varie zone d’Italia verso la capitale di decine di migliaia di fascisti che rivendicavano il potere politico nel Regno d'Italia. Fu una rivoluzione? Fu un colpo di stato? La fase statutaria (1922-24) Governo di coalizione (fascisti, nazionalisti, liberali e popolari) Completa restaurazione dell'autorità statale Soppressione dell'estrema sinistra (partito comunista) Inserimento dei fasci di combattimento nell'interno dell'esercito (fondazione nel gennaio 1923 della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale) Nuova legge elettorale maggioritaria (luglio 1923), che assegnava due terzi dei seggi alla coalizione che avesse ottenuto almeno il 25% dei suffragi Elezioni del 6 aprile 1924: il "listone fascista" ottenne uno straordinario successo, agevolato anche da ingenti brogli, violenze, intimidazioni e rappresaglie contro gli oppositori L’attacco alla democrazia e la svolta dittatoriale (1924-1929) Il delitto Matteotti (10 giugno 1924) La Secessione aventiniana La crisi del regime e il suo superamento (il discorso di Mussolini alla Camera del 3 gennaio 1925) Biennio 1925-26: le leggi liberticide Riforme costituzionali e dittatura 24 marzo 1929: il plebiscito Il consolidamento (1929-1935) La grande depressione e la fase corporativa I rapporti con la Chiesa tra conflitto e accordo (i Patti lateranensi) La propaganda e l’educazione 25 marzo 1934: secondo plebiscito La fase imperialistica e l’autarchia 3 ottobre 1935 – 5 maggio 1936: invasione dell’Etiopia 18 novembre 1935: sanzioni contro l’Italia da parte della Società delle Nazioni Sanzioni e autarchia 9 maggio 1936: Mussolini annuncia la fondazione dell’Impero 1936-39: L’Italia di Mussolini interviene direttamente nella guerra civile spagnola a fianco delle forze franchiste L’alleanza con la Germania nazista, le leggi razziali, la guerra 22 maggio 1938: Italia e Germania firmano il Patto d’acciaio 14 luglio 1938: pubblicazione del Manifesto della razza 17 novembre 1938: promulgazioni delle leggi razziali 1 settembre 1939: la Germania nazista invade la Polonia e dà inizio al secondo conflitto mondiale 10 giugno 1940: l’Italia dichiara guerra a Francia e Inghilterra La disfatta e il crollo del fascismo 10 luglio 1943: gli Alleati invadono la Sicilia 25 luglio 1943: il Gran Consiglio del Fascismo destituisce Mussolini e consegna i pieni poteri al Re. Mussolini viene arrestato. 5 settembre 1943: il nuovo governo italiano firma segretamente l’armistizio con le forse alleate 8 settembre 1943: l’armistizio è reso pubblico dagli Alleati; il re e il governo fuggono da Roma e si rifugiano a Brindisi; l’esercito è lasciato senza ordini e si scioglie 12 settembre 1943: Mussolini viene liberato da truppe scelte tedesche dalla prigione di Campo Imperatore e posto a capo della neonata Repubblica Sociale Italiana (Repubblica di Salò) autunno 1943-primavera 1945: l’Italia è divisa in due (nel nord occupazione nazista, guerra civile e di liberazione; nel sud occupazione alleata, Regno del Sud e lenta avanzata degli Alleati verso nord) 25 aprile 1945: l’Italia è liberata dall’esercito tedesco e dal fascismo. Il partito fascista La struttura. In ogni Comune esiste un Fascio di combattimento, a capo del quale sta un Segretario, coadiuvato da un Direttorio del Fascio; tutti i Fasci di una Provincia formano la Federazione provinciale, a capo della quale sta il Segretario federale, coadiuvato da un Direttorio federale. Tutti i Segretari federali costituiscono il Consiglio Nazionale, a capo del quale sta il Segretario del Partito, coadiuvato da un Direttorio Nazionale. Al di sopra del Segretario del Partito non vi è che il Duce, autorità suprema. Il Partito è collegato all'ordinamento costituzionale e quindi allo Stato in vari modi: anzitutto, il Gran Consiglio del Fascismo comprende nel suo seno i più alti dignitari dello Stato e del Partito, ed è, per legge, un organo costituzionale centrale; in secondo luogo il Segretario del Partito è nominato per decreto Reale, ha funzioni ufficiali di vario genere, ed è un alto dignitario dello Stato; infine, varie organizzazioni del Partito, come ad esempio, l'Opera Nazionale Balilla e la Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, sono alle dirette dipendenze dello Stato. La politica sociale del regime Le organizzazioni sociali giovanili 1) Opera Nazionale Balilla, che comprendevano i Balilla, cioè i fanciulli dai 6 ai 13 anni; gli Avanguardisti, cioè i giovani dai 14 ai 18 anni compiuti; le Piccole Italiane, cioè le fanciulle dai 6 ai 12 anni compiuti; le Giovani Italiane, cioè le giovinette dai 13 ai 18 anni 2) Fasci Giovanili di Combattimento, che comprendevano i giovani dai 18 ai 21 anni. Uscendo dai Fasci Giovanili, i giovani entrano nel Partito. 3) Gruppi Universitari Fascisti, che comprendevano gli studenti universitari e quelli delle scuole superiori. 4) Gruppi Giovani Fasciste. (Fasci Femminili) Il Partito Fascista, allo scopo di organizzare tutte le forze della nazione, comprende anche le seguenti istituzioni: 1) Fasci Femminili, ai quali erano affidate la protezione dell'infanzia. 2) Fasci all'Estero, che comprendevano gli italiani all’estero. 3) Associazioni fascista del pubblico impiego, che comprendevano i pubblici impiegati, ai quali non era permesso di appartenere ai sindacati. 4) Associazione fascisti addetti alle aziende industriali dello Stato; 5) Associazione fascista dei ferrotranvieri; 6) Associazione dei postelegrafonici; 7) Associazioni fasciste della scuola (divisa in 4 sezioni: professori Universitari, Scuola media, Scuola elementare); 8) Opera Nazionale Dopolavoro. La politica economica del regime 1922-1926: Fase liberista (diminuzione della spesa pubblica; pareggio di bilancio; aumento margine profitti; privatizzazioni; diminuzione tasse sulle imprese) 1927-1935: Fase dirigista (quota 90; l’IRI e le partecipazioni statali; controllo statale sulle operazioni valutarie; divieto di esportare valuta; controllo statale sulle importazioni) 1935-1938: Autarchia e pianificazione (cancellazione della banca mista; la battaglia del grano; la bonifica integrale) 1938-1943: Economia di guerra (Carbonia) «Dichiaro qui, al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l'ho creato con una propaganda che va dall'intervento ad oggi.» torna indietro Il 24 dicembre 1925 una legge cambia le caratteristiche dello Stato liberale: Benito Mussolini cessa di essere Presidente del Consiglio, cioè primus inter pares tra i ministri e diventa Primo Ministro Segretario di Stato, nominato dal re e responsabile di fronte a lui e non più al Parlamento; a loro volta i vari ministri sono nominati dal re su proposta del primo ministro e responsabili sia di fronte al re sia di fronte al primo ministro. Inoltre la legge stabilisce che nessun progetto potrà essere discusso dal Parlamento senza l’approvazione del primo ministro. Il 4 febbraio 1926 i sindaci elettivi vengono sostituiti da podestà nominati con decreto reale, mentre gli organi elettivi quali consigli e giunte vengono sostituiti da consulte comunali di nomina prefettizia. Il 16 marzo 1928 la Camera dei Deputati è chiamata a votare il criterio per il rinnovo della rappresentanza nazionale. Il criterio prevede una lista unica di 400 candidati scelti dal Gran Consiglio del Fascismo su proposta dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro nonché da altre associazioni riconosciute. Gli elettori approveranno o meno tale lista. La riforma passa, quasi senza discussioni, con 216 sì e 15 no. Viene poi ratificata dal Senato con 161 voti favorevoli e 46 contrari. torna indietro I Patti Lateranensi (11 febbraio 1929) constavano di due distinti documenti: il Trattato che riconosceva l'indipendenza e la sovranità della Santa Sede e fondava lo Stato della Città del Vaticano; il Concordato che definiva le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa ed il Governo. Il governo italiano acconsentì di rendere le sue leggi sul matrimonio ed il divorzio conformi a quelle della Chiesa cattolica di Roma e di rendere il clero esente dal servizio militare. I Patti garantirono alla Chiesa il riconoscimento di religione di Stato in Italia, con importanti conseguenze sul sistema scolastico pubblico, come l'istituzione dell'insegnamento della religione cattolica, già presente dal '23 e tuttora esistente seppure con modalità diverse. torna indietro Il termine corporativismo deriva dalle corporazioni delle Arti e dei Mestieri che controllavano la vita cittadina in molte istituzioni comunali nell'Italia medievale. Considerato in rapporto all’esperienza del fascismo, si intende per corporativismo un sistema economico in cui gli scambi ed i rapporti non sono regolati dalle leggi di mercato, prima fra tutte quella di domanda e offerta, ma dai superiori interessi dello Stato. L’organizzazione corporativa dell’economia avrebbe dovuto, tra le altre cose, consentire di eliminare la lotta di classe con la sua conflittualità sociale e il danno che reca allo sviluppo economico. Essa prevedeva l’associazione di lavoratori e datori di lavoro all'interno di un'ampia gamma di corporazioni, corrispondenti alle varie attività economiche e controllate dal governo, riunite nella "camera dei fasci e delle corporazioni". torna indietro A partire dal delitto Matteotti (1924) il Fascismo avvertì la necessità di assicurarsi, oltre al potere coercitivo, un consenso molto vasto fra le masse, condizionando la stampa e l’opinione pubblica. Una delle vie attraverso le quali tentò di raggiungere lo scopo fu il totale controllo dell’educazione e dell’insegnamento scolastico. La stampa fu sottoposta ad un controllo sempre maggiore fino a subire la completa fascistizzazione a partire dagli anni ‘30. In questo processo acquisì un’importanza sempre più decisiva l’Ufficio Stampa del Presidente del Consiglio (poi Capo del governo): esso controllava e “distribuiva” le notizie da pubblicare. E’ il periodo delle veline con cui il regime dettava in maniera analitica e quotidiana le notizie. Il Duce in persona controllava i comunicati dello Stato e dava le disposizioni alla stampa, le quali si estendevano fino a comprendere direttive sulle fotografie, sullo stile, sui caratteri e sull’impaginazione. Il controllo della stampa non era però sufficiente. L’Italia era un paese in cui i giornali erano poco diffusi e non raggiungevano le grandi masse. Il regime allora si occupò anche della propaganda, del cinema, del teatro, del turismo e del tempo libero. Nel 1937 venne istituito il Ministero per la cultura popolare che aveva il compito di coordinare ed organizzare tutte le attività rivolte a creare il consenso. In questo modo lo Stato totalitario arrivava ad occuparsi di tutti gli aspetti della vita del popolo: non solo dettava le notizie, manipolava l’informazione e gestiva il sapere ma regolava il tempo libero, organizzava i momenti di incontro, inquadrava il vivere quotidiano in scadenze il più precise possibili. Il tutto all’ombra della costante, crescente ed infine ingombrante celebrazione del Duce e del “culto littorio”. La politica raggiunse una elevata spettacolarizzazione, creando un efficace sistema di miti, suggestioni e liturgie con l’utilizzo di tecniche moderne. Ma il controllo dell’informazione e le grandi adunate non bastavano, si dovevano apprendere i valori fondamentali per il fascismo fin dai primi anni. L’idea di Mussolini era di impadronirsi del cittadino a sei anni e restituirlo alla famiglia a sedici. In questa frase è racchiuso il senso della politica educativa del fascismo. Attraverso le associazioni giovanili e la scuola lo Stato totalitario, esercitando un severo controllo, faceva una colossale opera di inquadramento e convincimento delle masse. Soprattutto per quanto riguarda i bambini ci fu un notevole sforzo affinché nel loro immaginario entrasse una nuova concezione dello Stato, della società e del potere. Nati in epoca fascista o poco prima essi dovevano diventare fascisti perfetti. Non a caso un motto mussoliniano diceva libro e moschetto, fascista perfetto: infatti fu proprio attraverso l’inquadramento paramilitare e l’istruzione di base (elementare e media) che il regime tentò di rendere efficace la sua pedagogia di massa. Scopo principale era di radicare nei cittadini la fede nel Duce, il servizio dello Stato, i valori di unità nazionale. (…) In una società che negli anni ‘30 stava diventando pienamente una società di massa il fascismo cercò di avvolgere tutto tra le braccia dello Stato: esso diventava il regolatore della vita pubblica e privata, la fonte suprema ed assoluta di ogni sapere e conoscenza. Questo obiettivo però non era di facile realizzazione, lo sforzo del regime fu notevole ma non sempre raggiunse i risultati sperati e quanto gli italiani furono condizionati è questione non facile da stabilire. (…) (…) … gli obiettivi della pedagogia fascista, volti a formare un cittadino che sa di dovere per tutta la sua vita potenziare e difendere lo Stato, un cittadinosoldato, pronto ugualmente a brandire la vanga e il moschetto. Sono qui presenti due temi essenziali per la propaganda: il ruralismo (la vanga) e il militarismo (il moschetto), concetti che si trovano spesso insieme (é l’aratro che traccia il solco ma è la spada che lo difende) e che sono la base della stessa ideologia fascista. Il regime considerò sempre l’Italia fondata sui valori del mondo contadino, anche quando faceva l’elogio della modernità. Dalle campagne proveniva l’esaltazione della famiglia, la cultura patriarcale e sempre dalla campagna era giunto il grosso dell’esercito nella Grande Guerra dalle cui macerie nacque il fascismo. A fare da corollario a questi obiettivi c’erano la gerarchia e la disciplina. Tratto da Educazione scolastica, formazione del consenso e regime fascista, Davide Montino, Università di Genova torna indietro Attaccando il paese africano, che era membro della Società delle Nazioni, l'Italia aveva violato l'articolo XVI dell'organizzazione medesima: "se un membro della Lega ricorre alla guerra, infrangendo quanto stipulato negli articoli XII, XIII e XV, sarà giudicato ipso facto come se avesse commesso un atto di guerra contro tutti i membri della Lega, che qui prendono impegno di sottoporlo alla rottura immediata di tutte le relazioni commerciali e finanziarie, alla proibizioni di relazioni tra i cittadini propri e quelli della nazione che infrange il patto, e all'astensione di ogni relazione finanziaria, commerciale o personale tra i cittadini della nazione violatrice del patto e i cittadini di qualsiasi altro paese, membro della Lega o no". Per questo motivo, la Società delle Nazioni, espressione principalmente della volontà della Francia e del Regno Unito (i due stati più forti ed influenti), condannò l'attacco italiano il 7 ottobre e il 18 novembre l'Italia venne colpita dalle sanzioni economiche approvate da 52 stati con i soli voti contrari di Austria, Ungheria, Albania e Paraguay. Le sanzioni risultarono inefficaci perché numerosi paesi, pur avendole votate ufficialmente, mantennero buoni rapporti con l'Italia, rifornendola di materie prime. Tra queste la Germania: di fatti, la guerra d'Etiopia rappresentò il primo punto di avvicinamento tra Mussolini e Adolf Hitler. Inoltre, le sanzioni non riguardarono materie di vitale importanza, come ad esempio il petrolio. Gli Stati Uniti, pur condannando l'attacco italiano, ritenevano inappropriato che le sanzioni fossero state votate da nazioni con imperi coloniali come Francia e Gran Bretagna. Il 18 novembre le sanzioni divennero operative. Per rispondere alle sanzioni, esattamente un mese dopo, il 18 dicembre, fu proclamata la Giornata della fede, giorno in cui gli italiani furono chiamati a donare il proprio oro per sostenere i costi della guerra. Durante il corso della guerra e nell'immediata fase prebellica, le truppe etiopi vennero rifornite di armi e mezzi da alcune potenze europee, tra le quali Francia e Regno Unito, che fornirono anche ufficiali per istruire meglio le truppe del Negus, circa il doppio rispetto a quelle italiane. torna indietro L'effetto emotivo delle sanzioni venne sfruttato dal regime affinché l'Italia si stringesse intorno a Mussolini. La Gran Bretagna venne etichettata col termine di perfida Albione, e le altre potenze coloniali occidentali furono etichettate come nemiche perché impedivano all'Italia il raggiungimento di un posto al sole. Ritornò in voga il patriottismo e la propaganda politica spinse affinché si consumassero solo prodotti italiani. Fu in pratica la nascita dell'autarchia, secondo la quale tutto doveva essere prodotto e consumato all'interno dello stato. Tutto ciò che non poteva essere prodotto per mancanza di materie prime venne sostituito: il tè con il carcadè, il carbone con la lignite, la lana con il lanital (la lana di caseina), la benzina con il carburante nazionale (benzina con l'85% di alcool) mentre il caffè venne abolito perché «fa male» e sostituito con il "caffè" d'orzo. L'autarchia entrò anche nel linguaggio. Furono infatti bandite tutte le parole straniere da ogni comunicazione scritta ed orale: ad esempio chiave inglese diventò chiave morsa, cognac diventò arzente, ferry-boat diventò trenobattello pontone. Conseguentemente vennero rinominate tutte le città con nome francofono dell'Italia nord-occidentale e con nome tedescofono dell'Italia nord-orientale: secondo la toponomastica fascista, per fare un paio di esempi, Courmayeur diventò Cormaiore e Kaltern diventò Caldaro. Inoltre si scoprì che anche l'uso del lei aveva origini straniere, perciò venne inaugurata una campagna per la sostituzione del lei con il voi, capeggiata dal segretario del partito Achille Starace. torna indietro Il "Manifesto della razza" (1938) Il ministro segretario del partito ha ricevuto, il 26 luglio XVI, un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle università italiane, che hanno, sotto l’egida del Ministero della Cultura Popolare, redatto o aderito, alle proposizioni che fissano le basi del razzismo fascista. 1. Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realtà è rappresentata da masse, quasi sempre imponenti di milioni di uomini simili per caratteri fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire che esistono le razze umane non vuol dire a priori che esistono razze umane superiori o inferiori, ma soltanto che esistono razze umane differenti. 2. Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono chiamati razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come per es. i nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali è una verità evidente. 3. Il concetto di razza è concetto puramente biologico. Esso quindi è basato su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose. Però alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di razza. Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti, che da tempo molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente, sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse razze. 4. La popolazione dell'Italia attuale è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà ariana. Questa popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni la nostra penisola; ben poco è rimasto della civiltà delle genti preariane. L'origine degli Italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell'Europa. 5. È una leggenda l'apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo l'invasione dei Longobardi non ci sono stati in Italia altri notevoli movimenti di popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della nazione. Da ciò deriva che, mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l'Italia, nelle sue grandi linee, la composizione razziale di oggi è la stessa di quella che era mille anni fa: i quarantaquattro milioni d'Italiani di oggi rimontano quindi nella assoluta maggioranza a famiglie che abitano l'Italia da almeno un millennio. 6. Esiste ormai una pura "razza italiana". Questo enunciato non è basato sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storicolinguistico di popolo e di nazione ma sulla purissima parentela di sangue che unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l'Italia. Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana. 7. È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l'opera che finora ha fatto il Regime in Italia è in fondo del razzismo. Frequentissimo è stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l'indirizzo ariano-nordico. Questo non vuole dire però introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli Italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca completamente da tutte le razze extra-europee, questo vuol dire elevare l'Italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore responsabilità. 8. È necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d'Europa (Occidentali) da una parte gli Orientali e gli Africani dall'altra. Sono perciò da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine africana di alcuni popoli europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie ideologiche assolutamente inammissibili. 9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale è rimasto. Anche l'occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato all'infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano l'unica popolazione che non si è mai assimilata in Italia perché essa è costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli elementi che hanno dato origine agli Italiani. 10. I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli Italiani non devono essere alterati in nessun modo. L'unione è ammissibile solo nell'ambito delle razze europee, nel quale caso non si deve parlare di vero e proprio ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un ceppo comune e differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi altri. Il carattere puramente europeo degli Italiani viene alterato dall'incrocio con qualsiasi razza extra-europea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani. torna indietro torna indietro