Valeria MAZZOTTA
“LE RELAZIONI OMOSESSUALI IN ITALIA”
SOMMARIO: 1- Introduzione; 2- Il rispetto dei diritti umani e il principio di non discriminazione
basato sull’orientamento omosessuale. La normativa comunitaria; 3- La soluzione italiana; 4- Uno sguardo
all’estero; 5- Coppia omosessuale e genitorialità; 6- Segue. Le soluzioni straniere.
1- INTRODUZIONE.
La questione della rilevanza giuridica delle coppie omosessuali si pone nell’ambito di quella più
ampia relativa ai “nuovi modi del vivere familiare”, vale a dire la diffusione di modelli familiari alternativi
rispetto a quello tradizionale della famiglia legittima. Che la famiglia fondata sul matrimonio non costituisca
più un’entità assoluta è oramai un dato inconfutabile 1 sol che si volga lo sguardo alla società; la stessa
scienza giuridica, divenuta consapevole di quanto il concetto giuridico di famiglia sia mutevole e plasmabile
a seconda dell’evoluzione dei costumi e della realtà sociale 2, riconosce che la famiglia “non è più una ma
plurima” e “il processo storico – sociale sembra dunque menare dalla famiglia alle famiglie"3.
Ad essere mutato è dunque il modo stesso di intendere il fenomeno “famiglia” 4. Eppure, venendo al
dato normativo, è agevole riscontrare che l’intero sistema giuridico, a partire dalle norme costituzionali,
conferma un generale favor matrimonii, essendo la famiglia coniugale la sola nozione di famiglia
istituzionalizzata. Pertanto, innanzi allo scarto tra nuova realtà sociale e realtà giuridica, è legittimo chiedersi
quali strade il diritto debba perseguire, se esso debba cioè porsi in posizione neutrale rispetto alle scelte
individuali di vita familiare o se debba piuttosto intervenire prestabilendo i modelli del familiare e
regolandone tutti, o solo alcuni aspetti5.
In ogni caso, pur ammettendosi la necessità che il diritto si confronti anche con i nuovi fenomeni
emergenti6, è tuttavia doveroso chiedersi se esista un limite minimo imprescindibile oltre il quale
l’ordinamento non potrebbe andare7. La questione diviene ancor più rilevante allorquando ci si appresti ad
Si è infatti sostenuto che al concetto di famiglia non potrebbe attribuirsi un valore assoluto, dovendosi piuttosto “far leva
esclusivamente sui modi di rilevanza concretamente riscontrabili in un determinato sistema positivo”: così BARCELLONA, voce
Famiglia. Diritto civile, in Enc. Dir., XVI, Milano, 1967, p. 780; alla necessità di una rivisitazione dell’istituzione familiare avendo
riguardo anche alle sue differenziazioni nella dimensione storico – sociale, fa riferimento anche SCALISI, La famiglia e le famiglie(Il
diritto di famiglia a dieci anni dalla riforma), in Scritti catanzaresi in onore di Falzea, Napoli, 1987 cit., p. 441
1
2
SCALISI, La famiglia e le famiglie (Il diritto di famiglia a dieci anni dalla riforma), cit., p. 441
ID., La famiglia e le famiglie (Il diritto di famiglia a dieci anni dalla riforma), cit., p. 440
4
ID., op. ult. cit., p. 431 ss.
5
vi è chi ritiene che famiglia legittima sia l’unica struttura giuridica ammissibile e riconosciuta dalla Costituzione: tra gli altri,
SCHLESINGER, L’unità della famiglia (Studi sassaresi, II, Famiglia e società sarda) Napoli, 1968, p. 368 – 369; PULEO, voce
Famiglia. II) Disciplina privatistica. In generale, in Enc. Giur. Treccani., p. 1 ss.; laddove altri ritengono il dettato normativo non
individui nella famiglia coniugale uno schema unico e vincolante, bensì funga da criterio di riferimento, lasciando spazio ad esperienze
familiari diverse: ZATTI, Familia, familiae: declinazione di un’idea. I. La privatizzazione del diritto di famiglia, in Familia, 2002, p. 9
ss.; PROSPERI, La famiglia di fatto tra libertà e coercizione giuridica, in Persone e comunità familiare, Napoli, 1985, p. 301
6
ZATTI, Op. ult.. cit. p. 12; CASSANO, Manuale del nuovo diritto di famiglia, Piacenza, 2002, pp. 1408
7
ZATTI, Familia, familiae: declinazione di un’idea. I. La privatizzazione del diritto di famiglia, cit., p.16
3
1
analizzare il fenomeno delle unioni omosessuali, che rappresentano senza dubbio la relazione di coppia più
estrema e meno convenzionale, poiché la loro ammissibilità giuridica si scontra sia contro alcuni principi
costituzionali dettati per la disciplina della famiglia, sia contro i valori espressi da una parte della coscienza
sociale.
In primo luogo, si tratta di verificare la possibilità di ricondurre le unioni tra persone della stesso sesso
alla nozione di famiglia. Ciò che richiede, inevitabilmente, l’abbandono dei parametri tradizionali, vale a dire
il matrimonio come base giuridica, la finalità procreativa e la diversità di sesso. Ad essere valorizzata ne
risulterebbe l’affettività, elemento fondamentale che contraddistingue tutte le relazioni di coppia senza
distinzione, e che si sostanzia nella solidarietà tra i partners, nella cura e nel rispetto reciproco, nel sostegno
allo sviluppo della personalità dell’altro. D’altronde sono proprio le relazioni e i legami affettivi che
connotano la nuova famiglia nel senso moderno del termine 8. Riconoscere e tutelare il diritto ad esplicare
liberamente i propri sentimenti affettivi all’interno di forme aggregative di natura familiare, stabili e
caratterizzate dalla reciproca solidarietà tra i partners – anche se dello stesso sesso -, consentirebbe di
superare la contrapposizione tra il modello istituzionale di famiglia riconosciuto e promosso giuridicamente e
le altre forme di interazione personale di carattere familiare, così contemperando la salvaguardia dello statuto
privilegiato proprio della famiglia legittima con la garanzia del pluralismo, il diritto all’autodeterminazione
individuale e la tutela della sfera privata di ogni cittadino.
Allo stato, tuttavia, il fenomeno omosessuale si colloca nell’area del giuridicamente indifferente 9, ciò
che rende i soggetti coinvolti assolutamente invisibili per la legge e la società; ad esserne rallentato
fortemente è il processo di rivendicazione dei diritti: infatti, in molti Paesi occidentali, si è giunti
all’individuazione del soggetto omosessuale come destinatario di diritti proprio partendo dalla
criminalizzazione dell’omosessualità e, quindi, dalla esplicitazione di divieti discriminatori, i quali hanno
indotto gli individui a rivendicare a piena voce il riconoscimento dei propri diritti. In Italia, invece, il silenzio
legislativo ha generato una tolleranza che cela una realtà di diritti negati, di torti e discriminazioni, a
testimonianza della “distanza ancora grandissima tra gli sforzi di rinnovamento civile e la condizione
concreta dell’omosessuale”10.
Solo di recente, a fronte dell’attivismo dei movimenti omosessuali e del mutato atteggiamento
dell’opinione pubblica, nonché delle copiose iniziative legislative intraprese in molti Paesi europei, la
dottrina giuridica italiana ha iniziato a porsi il problema della rilevanza giuridica delle unioni omosessuali 11,
8
DE LUCA, La famiglia non coniugale. Gli orientamenti della giurisprudenza, 1996, Padova., p. 1
in questo senso BIANCA, Diritto civile. La famiglia. Le successioni. Vol.II, 2001, Milano, p. 27, nota 53; QUADRI, Rilevanza attuale
della famiglia di fatto ed esigenze di regolamentazione, in Dir. fam. pers., 1994, p. 293
10
così RODOTA’, in MENZIONE, Diritti degli omosessuali, Roma, 2000, p. 7
9
Per un’ampia prospettiva sul tema delle relazioni omosessali, si veda AA.VV, Matrimonio, matrimonii, a cura di BRUNETTA
D’USSEAUX - D’ANGELO, Milano, 2000. Inoltre BALLETTI, Le coppie omosessuali, le istituzioni comunitarie e la Costituzione
italiana, in Rass. dir. civ., 1996, p. 241; SCHLESINGER, Una risoluzione del Parlamento Europeo sugli omosessuali, in Corr. Giur.,
1994, p. 393; COSTANZA, Adottare è un diritto di tutti?, in Dir. Fam. Pers., 1994, pp. 1079-1083; FORDER, Riconoscimento e regime
giuridico delle coppie omosessuali in Europa, in Riv. critica dir. priv., 2000, p. 107; GRILLINI, Omosessuali e diritti. Il Pacs in
11
2
il cui referente normativo potrebbe ravvisarsi negli articoli 2 e 3 della Costituzione 12. Da una lettura
coordinata delle suddette norme, scaturisce un modello di famiglia ordinato sul principio di libertà di
espressione e di tutela dei valori della persona13. Se a ciò si aggiunge che, secondo la moderna scienza
giuridica, l’art. 29 Cost. riconosce non i diritti della famiglia, bensì quelli dei singoli in quanto suoi membri14,
ne deriva che, seppur innegabilmente il legislatore costituente abbia attribuito una tutela rinforzata alla
famiglia legittima, garanzia e protezione vanno offerte anche a quelle forme diverse di convivenza che si
Francia e il confronto con la situazione italiana, in Riv. critica dir. priv., 2000, p. 183; LONGO, Le convivenze «registrate» nei paesi
dell’U.E., in Notariato, 2000, p. 186; BONINI BARALDI, Società pluraliste e modelli familiari: il matrimonio tra persone dello stesso
sesso in Olanda, in Familia, 2001, p. 419. Numerosi poi gli autori che, occupandosi della convivenza in generale, fanno riferimento
anche alla questione delle coppie omosessuali: si segnalano, tra gli altri, FERRANDO, Gli accordi di convivenza: esperienze a
confronto, in Riv. critica dir. priv., 2000, p.163; RODOTÀ, Presentazione al volume Stare insieme. I regimi giuridici della convivenza
tra status e contratto, a cura di Grillini - Marella, Napoli, 2001, p. XIII; MARELLA, Il diritto di famiglia fra status e contratto: il caso
delle convivenze non fondate sul matrimonio, in Stare insieme. I regimi giuridici della convivenza tra status e contratto, cit., p. 3;
QUADRI, Problemi giuridici attuali della famiglia di fatto, in Fam. e dir., 1999, p. 503; SOLAINI, La famiglia di fatto, in Il diritto
privato nella giurisprudenza. La famiglia, a cura di Cendon, vol. I, Torino, 2000, p. 510; SESTA, Diritto di famiglia, Padova, 2003, pag.
349 ss.. L’omosessualità è un fenomeno sempre più generalmente accettato, essendo minoritaria quell’opinione pubblica che accoglie la
definizione della omosessualità, fornita dalla Sacra romana rota, come "perversione sessuale particolarmente grave": 16 Sacra Romana
Rota 28 luglio 1981, Foro it., Rep. 1983, voce Matrimonio, n. 148, commentata da GULLO, in Dir. eccles.,1982, II, 48.
12
sui profili costituzionali della famiglia si veda CUOCOLO, voce Famiglia. 1)Profili costituzionali. In Enc. Giur. Treccani, pp. 1-5 ove
sono reperibili ulteriori riferimenti bibliografici. L’inciso iniziale dell’art. 2 esprime il cd. il principio personalista, per il quale
l’ordinamento riconosce la preesistenza giuridica, rispetto ad esso, della persona e dei diritti fondamentali che le appartengono, e si
impegna a difenderli, attribuendo ad essi importanza e forza primaria. Quei diritti non possono dunque che essere "riconosciuti" e non
invece "attribuiti". Sull’art. 2 Cost., si vedano, tra gli altri, PERLINGERI, Introduzione alla problematica della proprietà, Camerino –
Napoli, 1970, pp. 21 e 70; ID., Profili istituzionali del diritto civile, Camerino – Napoli, 1975, p. 10 ss; ID., Il diritto civile nella legalità
costituzionale, Napoli, 1984, p. 82 ss; PROSPERI, La famiglia non fondata sul matrimonio, Camerino – Napoli, 1980, p. 28 ss;
FURGIELE, Libertà e famiglia, Milano, 1979, p. 60 ss.; UCCELLA, Persona e famiglia, Padova, 1980, p. 5 ss.; PARADISO, La
comunità familiare, Milano, 1984, p.56 ss.; BESSONE, Sub art. 29, Rapporti etico – sociali, in Commentario alla Costituzione a cura di
Branca, Bologna – Roma, 1976, p. 7. Secondo l’insegnamento della migliore dottrina e della giurisprudenza costituzionale l’impiego del
termine "Repubblica", nel dettato dell’Art. 3, esprime un invito e un richiamo rivolto alla collettività, di cui lo Stato è espressione, e a
tutte le articolazioni di cui si compone, affinché si adoperino allo scopo di eliminare gli ostacoli che si frappongono al pieno sviluppo e
alla realizzazione della persona umana, anche nella vita di relazione, e al tempo stesso esprime la necessità del rispetto e della tutela
delle "diversità", quale espressione anche del fondamentale principio pluralistico
13
BESSONE, Sub art. 29, Rapporti etico – sociali, cit., p. 4
14
BARCELLONA, Famiglia (dir. civ.), cit., p. 782 ss.; BESSONE, Rapporti etico-sociali, (artt. 29-31), cit., p. 17 ss; PIEPOLI, Realtà
sociale e modello normativo della famiglia di fatto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1972, 143, ss.; FURGIELE, Libertà e famiglia, cit., p. 72
ss.; PROSPERI, La famiglia non fondata sul matrimonio, Camerino – Napoli, 1980, p.53 ss.; PARADISO, La comunità familiare, cit., p.
56 ss.; secondo BESSONE, ALPA, D’ANGELO, FERRANDO, SPALLAROSSA, La famiglia nel nuovo diritto, cit., “gli artt. 29, 30 e
31 altro non sono se non una specificazione, all’interno del gruppo familiare, delle direttive degli artt. 2 e 3 della Costituzione, là dove
la famiglia appare innegabilmente come formazione sociale ove si svolge la personalità dei singoli, di cui la Repubblica tutela i diritti
inviolabili”. Sulla formula famiglia = società naturale molto è stato scritto. Non vi è chi non abbia osservato che tale espressione si
caratterizza per l’assoluta indeterminatezza: in particolare scrive JEMOLO: “che utilità quel volere definire la famiglia società naturale
fondata sul matrimonio quasi con l’intento di condannare l’opinione di chi non crede nel diritto naturale e in una particolare natura e
particolari diritti delle società spontanee non generate da previo accordo?”, cfr. JEMOLO, La Costituzione: difetti modifiche,
integrazioni, Accademia Nazionale dei Lincei, Roma, 1966, in Ornaghi (a cura di), La Costituzione della Repubblica, Milano, 1996, p.
52; critico è anche BIN, La famiglia: alla radice di un ossimoro, in Studium Iuris, 2000, 1066 ss., il quale definisce l’espressione
contenuta nell’art. 29 “impossibile”, avente “un senso, ma non un significato: ossia muove reazioni emotive abbastanza precise sul
piano ideologico, ma non si traduce in regole giuridiche che possano basare un ragionamento argomentativo serrato”. Per
l’interpretazione giusnaturalista, oggi minoritaria, si veda STELLA RICHTER, Aspetti civilistici del concubinato, in Riv. Trim. dir. proc.
civ.,1965, p. 1123; DE CUPIS, Il concubinato nel diritto privato, in Foro pad., 1961, III, 75; BARBERO, I diritti della famiglia nel
matrimonio, in Iustitia, 1955, 451 ss.; DEL GIUDICE, Sulla riforma degli istituti familiari, in Jus, 1950, p. 293; GISMONDI, Il
matrimonio e la società civile, in Iustitia, 1955, p. 440; DEPUIS, Cenni sull’unità della famiglia nella Costituzione, in Iustitia, 1972, p.
370 ss. Per l’interpretazione storicistica: MANCINI, Uguaglianza tra coniugi e società naturale nell’art. 29 della Costituzione, in Riv.
Dir. Civ., 1963, p. 223 ss.; ma anche BESSONE, Rapporti etico-sociali, (artt. 29-31), in Commentario della Costituzione, a cura di
Branca, Bologna-Roma, 1976, p. 17 ss.; ID., Favor matrimonii e regime del convivere in assenza di matrimonio, in Dir. fam. e pers.,
1979, p. 1192; FERRANDO, Convivere senza matrimonio: rapporti personali e patrimoniali nella famiglia di fatto, in Fam. e dir., 1998,
p. 185; ID., Assegno di divorzio e convivenza more uxorio, in Fam. e dir., 1997, p. 30
3
esplicano all’interno delle formazioni sociali diverse dalla famiglia fondata sul matrimonio, ma ciò
nonostante caratterizzate da comunanza di valori, affettività e solidarietà reciproca tra i partners, ed entro le
quali, pertanto, l’individuo può liberamente esplicare la propria personalità 15. Una forma di convivenza che
ben potrebbe essere anche tra persone dello stesso sesso, poiché il valore della persona umana e la tutela della
sua dignità prescindono dallo status giuridico, dalle scelte di vita e, non si vede perché negarlo, anche
dall’orientamento sessuale16.
La strada del riconoscimento giuridico appare abbastanza spianata per la famiglia di fatto
eterosessuale. Non altrettanto può dirsi con riferimento alla coppia omosessuale, nei cui confronti la
discriminazione, a ben vedere, è duplice: da un lato, infatti, viene negata la possibilità di scegliere il
matrimonio, atto libero e consapevole cui sono ammesse solo le coppie eterosessuali; dall’altro, nessuna
forma di tutela viene offerta 17. Il dubbio che inevitabilmente sorge è che il fondamento di tale ingiustificata
discriminazione stia in un giudizio negativo sull’omosessualità, quasi che essa sia una scelta consapevole o
una volontaria ribellione alle rigide regole del sistema.
L’omosessualità è piuttosto una condizione personale ascritta, non scelta e non modificabile 18, come
scientificamente riconosciuto anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’inclinazione omosessuale,
da qualsiasi ragione sia determinata, atterrebbe quindi alla natura della persona: in quanto tale, essa è una
questione attinente ai diritti umani19 e così andrebbe trattata dall’ordinamento giuridico, come è accaduto in
molti Paesi, alcuni dei quali aventi tradizioni culturali analoghe a quelle italiane.
2 - IL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI E IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE BASATO
SULL’ORIENTAMENTO SESSUALE. LA NORMATIVA COMUNITARIA
l’opinione è accolta dalla dottrina prevalente. Si veda, in particolare, BESSONE, Rapporti etico-sociali, (artt. 29-34), cit., p. 36;
PIEPOLI, Realtà sociale e modello normativo della famiglia di fatto, cit., 1445; GANDOLFI, Alcune considerazioni (“de iure
condendo”) sulla famiglia naturale, in Foro It., 1974, IV, c. 219; PERLINGERI, Sui rapporti personali nella famiglia, in Dir. Fam. e
Pers., 1979, p. 1256; BESSONE – FERRANDO, Regime della filiazione, parentela naturale e famiglia di fatto, in Dir. Fam. e Pers.,
1979, p. 1322; PROSPERI, La famiglia non fondata sul matrimonio, cit., p. 98; OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia di fatto,
Milano, 1991, p. 41; GAZZONI, Dal concubinato alla famiglia di fatto, Milano, 1983, p. 148; TOMMASINI, Riflessioni in tema di
famiglia di fatto, in Riv. Dir. Civ., 1984, p. 265 ss.; DOGLIOTTI, voce Famiglia di fatto, Digesto IV disc. Priv., vol. VIII, Torino, 1992,
p. 193.
15
Osserva BARILE in Diritti dell'uomo e libertà fondamentali, Bologna, 1984, p. 358, che anche le coppie omosessuali “sono fondate,
come le altre, su un'affectio che le assimila a quelle eterosessuali; rendendone anzi più essenziale l'elemento spirituale".
16
17
Interessanti sono le osservazioni svolte da MENZIONE e MANNA, Omosessualità: torti e discriminazioni, in CENDON (a cura di),
Trattato breve dei nuovi danni, Vol. I, Padova, 2001, pp. 793 – 845, i quali, pur consapevoli della difficoltà di individuare tanto il torto e
la discriminazione che il danno e il suo responsabile, profilano tuttavia la possibilità del riconoscimento, in capo all’omosessuale, di un
danno esistenziale, il quale deriverebbe dalla lesione di molteplici situazioni “esistenziali” dell’individuo, dalla nascita fino al periodo
successivo la morte.
18
GRILLINI, Omosessuali e diritti. Il Pacs in Francia e il confronto con la situazione italiana, cit., p. 186; ID., Le ragioni di una
normativa contro le discriminazioni motivate dall’orientamento sessuale, in I contratti di convivenza, a cura di Moscati e Zoppini,
Torino, 2002, p. 127 ss..; con riferimento al fenomeno dell’omosessualità, coesistono due concezioni contrapposte: secondo la prima –
cd. essenzialismo –, maggiormente diffuso presso l’opinione pubblica, l’omosessualità è una caratteristica obiettiva dell’individuo,
riconducibile e fattori biologici o psicologici, e quindi innata, involontaria, fissa ed universale; per la seconda – cd. costruzionismo –, più
diffuso presso gli studiosi delle scienze sociali, l’omosessualità dipende invece da fattori sociali e culturali, è liberamente scelta e può
mutare nello spazio e nel tempo: si veda BARBAGLI, Omosessuali moderni, 2001, Bologna, pp. 11 – 12.
4
La piena attuazione del principio di uguaglianza, garantito dall’art. 3 della Costituzione italiana,
impone di non attuare alcuna differenza di trattamento tra i cittadini sulla base delle loro caratteristiche. Il
diritto all’eguaglianza si connette al principio di non discriminazione, per il quale è da considerarsi vietato
qualsiasi trattamento deteriore riservato ad alcuni soggetti rispetto ad altri, sul presupposto dalla presenza di
una caratteristica distintiva degli uni rispetto alla generalità degli altri.
Il principio di uguaglianza e quello di non discriminazione assumono rilevanza preminente
allorquando si discute dei diritti umani e civili delle persone e delle coppie omosessuali 20. Anzi, a ben vedere,
è proprio con riferimento alle relazioni omosessuali che è maturato un generale riconoscimento del principio
di non discriminazione in base all’orientamento sessuale degli individui 21. D'altronde, storicamente le
condotte omosessuali sono state spesso oggetto di forti repressioni, e ancora oggi continuano a perpetrarsi
abusi e maltrattamenti in molti Paesi; tuttavia, nonostante permangano comportamenti e legislazioni
omofobiche, l’enorme energia e la determinazione dei movimenti di rivendicazione dei diritti degli
omosessuali ha svolto un ruolo determinante nell’accrescere l’attenzione e la sensibilità nei confronti del
fenomeno22.
Nella direzione del riconoscimento del principio di non discriminazione basato sull’orientamento
sessuale, da molto tempo ormai si sono mosse la normativa comunitaria e alcuni trattati internazionali, nel
quadro di una più vasta operazione di intervento nel settore della promozione dei diritti umani fondamentali.
In particolare, a livello comunitario, è sempre più forte la tendenza dell’Unione Europea ad intervenire
in situazioni personali di carattere non patrimoniale, considerate fino a tempi recenti assolutamente estranee
alle finalità comunitarie23. Fondamentale in questo senso, accanto alla Dichiarazione dei diritti e delle libertà
fondamentali del 1989, è l’operato della Corte di giustizia, la quale, in un’occasione oramai non più recente 24,
individuò quattro principi basilari nei quali è a tutt’oggi ravvisabile il fondamento della sua competenza in
COLORNI, L’Italia laica e i diritti degli omosessuali,in http:/www.gay.it/view.php?ID=1731
Alcune Costituzioni hanno introdotto un esplicito divieto di discriminazione fondato sull’orientamento sessuale: ad esempio, , l’art. 9
della Costituzione del Sud Africa del 1996, l’art. 38.2 della Costituzione delle Isole Fiji o la Costituzione dell’Ecuador. La Costituzione
svizzera del 1999 all’art.9 vieta le discriminazioni basate sul “modo di vita” degli individui. Anche molte Costituzioni statili di Stati
federali sanzionano le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale: oltre ad alcuni Stati degli Stati Uniti, anche l’art. 10 III della
Costituzione del Mato Grosso (Brasile) del 1989, l’art. 3, II della Costituzione del Sergipe e alcuni Lander tedeschi, come l’art. 12, c.2
della Costituzione di Brandeburgo del 1992, l’art. 2, c. 3 della Costituzione della Turingia del 1993 e l’art. 10, c. 2 del Lander di Berlino
21
GARNERI, Le droit constitutionnel et les discriminations fondées sur l’orientation sexuelle (première partie), in Rev. fran. dr. const.,
40, 1999, 727 s.; WINTEMUTE, Sexual Orientation and Human Rights, Oxford, 1995, p. 6 ss. La precisione della definizione permette
anche di escludere altri manifestazioni relative alla sfera sessuale della persona, quale il transessualismo, con il quale si configura come
il desiderio di un soggetto di appartenere al sesso opposto e la conseguente determinazione di operare una trasformazione in tal senso del
proprio corpo.
Con riferimento al fenomeno delle sexual orientation discriminations, si veda BONINI BARALDI, Società pluraliste e modelli
familiari: il matrimonio di persone dello stesso sesso in Olanda, cit., pp. 419 ss.
19
20
22
nel 1988 solo in 36 paesi esistevano organizzazioni di omosessuali, mentre, già nel 1993, il numero era salito a 56, registrando un
aumento del 55% in cinque anni : HEINZE, Sexual Orientation: A Human Right, Dordrecht-Boston-London, 1995, p.58
23
RUSCELLO, La famiglia tra diritto interno e normativa comunitaria, in Familia, 3, 2001, p. 698; ad esempio, con la direttiva
2000/78/CEE del 27 novembre 2000 sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, l’Unione europea
impone agli Stati membri di adottare – attuando la direttiva entro il dicembre 2003 - misure dirette a vietare qualsiasi forma di
discriminazione diretta ed indiretta che si fondi sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali.
5
materia di diritti umani: a) l’assunzione dei diritti fondamentali nell’ambito dell’ordinamento comunitario; b)
la necessità di trarre la tutela di questi diritti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri; c) la
possibilità di trarre dai trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell’uomo, a cui gli Stati membri
hanno aderito o cooperato, elementi idonei ad assumere rilevanza nell’àmbito del diritto comunitario; d) la
legittimità di eventuali provvedimenti comunitari incompatibili con i principi costituzionali degli Stati
membri.
Dalla costante giurisprudenza della Corte si ricava che i diritti fondamentali fanno parte dei principi
giuridici generali e sono equiparati al diritto comunitario primario all'interno della gerarchia normativa
comunitaria.
Il principio di non discriminazione è alla base della protezione dei diritti dell'uomo. Nel contesto
normativo europeo, esso trova in primo luogo riconoscimento all’art. 13 del Trattato di Amsterdam, che
autorizza il Consiglio, su proposta della Commissione e sentito il Parlamento europeo, a prendere
all’unanimità le misure necessarie a combattere ogni discriminazione fondata sull’orientamento sessuale;
esso pone esplicitamente sullo stesso piano le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e quelle
fondate su “sesso, razza, origine etnica, religione, opinioni, handicap fisici o età”, e attribuisce al Consiglio il
potere di adottare i provvedimenti opportuni per combattere tali discriminazioni. Si ritiene che la norma
possa essere utilizzata anche dalla Corte di Giustizia o dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, quale
attestazione “di un certo livello di condivisione da parte degli Stati membri dell’esigenza di accettare le
unioni omosessuali”25. Con l’entrata in vigore del Trattato, l’Unione Europea ha quindi acquistato il potere
specifico di intraprendere le azioni necessarie per eliminare le varie forme di discriminazione, tra le quali
quelle basate sull’orientamento sessuale.
Tra gli atti dell’Unione europea e le risoluzioni, va in primo luogo segnalata la risoluzione del
Parlamento europeo dell’8 febbraio 1994 Sulla parità di diritti per gli omosessuali nella Comunità 26, la
quale, da un lato invita gli Stati membri a promuovere i diritti degli omosessuali e ad abolire eventuali
discriminazioni; dall’altro, esorta la Commissione a raccomandare di porre fine, da una parte, “agli ostacoli
frapposti al matrimonio di coppie omosessuali ovvero a uno statuto giuridico equivalente, garantendo
pienamente diritti e vantaggi del matrimonio e consentendo la registrazione delle unioni”, e dall’altra, “a
qualsiasi limitazione degli omosessuali di essere genitori ovvero di adottare o avere in affidamento dei
bambini”. Le reazioni della dottrina italiana innanzi a tali affermazioni non sono state unanimi: a fronte di
coloro27 che hanno salutato con soddisfazione le sollecitazioni del Parlamento europeo, altri autori hanno
24
25
26
27
i principi sono ricavabili dalla causa Nold, Corte giust. Cee, 14 maggio 1974, causa 4/73, in Foro it.,1974, IV, c.296 ss.
FOLDER, Riconoscimento e regime giuridico delle coppie omosessuali in Europa, in Riv. crit. dir. priv.,2000, p. 122
in GUCE, 28 febbraio 1984, n. 61, p.40
COSTANZA, Adottare è un diritto di tutti?, cit., p. 1079 - 1083
6
assunto posizioni fortemente critiche 28, principalmente in ragione della supposta inadeguatezza della nozione
di famiglia accolta dall’art. 29 Cost. a comprendere forme di affectio diverse da quella tradizionale
rappresentata dalla famiglia coniugale eterosessuale.
Successivamente, con la Risoluzione del 16 marzo 2000, il Parlamento europeo è intervenuto
ribadendo i medesimi principi e, rivolgendosi agli Stati membri, ha chiesto di "garantire alle famiglie
monoparentali, alle coppie non sposate e alle coppie dello stesso sesso parità di diritti rispetto alle coppie e
alle famiglie tradizionali, in particolare in materia di legislazione fiscale, regime patrimoniale e diritti
sociali”; inoltre, il Parlamento “vede con soddisfazione che in numerosissimi Stati membri vige un crescente
riconoscimento giuridico della convivenza al di fuori del matrimonio indipendentemente dal sesso; sollecita
gli Stati membri che non vi abbiano già provveduto ad adeguare le proprie legislazioni per introdurre la
convivenza registrata tra persone dello stesso sesso riconoscendo loro gli stessi diritti e doveri previsti dalla
convivenza registrata tra uomini e donne; chiede agli Stati che non vi abbiano già provveduto di modificare
la propria legislazione al fine di riconoscere legalmente la convivenza al di fuori del matrimonio
indipendentemente dal sesso; rileva pertanto la necessità di compiere rapidi progressi nell’àmbito del
riconoscimento reciproco delle varie forme di convivenza legale a carattere non coniugale e dei matrimoni
legali tra persone dello stesso sesso esistenti nell’UE»”29.
Il principio di non discriminazione è stato poi ribadito dall’Assemblea parlamentare del Consiglio
d’Europa con la raccomandazione 1474 del 26 settembre 2000, in cui la discriminazione fondata
sull’orientamento sessuale viene definita come “una delle forme più odiose di discriminazione”, la quale
dovrebbe essere prevista e sanzionata anche dalla Convenzione europea sui diritti umani.
La Convenzione europea sui diritti umani del 1950, la quale enuclea una serie di diritti fondamentali e
ne predispone uno specifico sistema di attuazione, non contiene alcun riferimento espresso alla condizione
degli omosessuali, seppure in occasione di alcuni casi che hanno investito gli organi della Convenzione si
siano riscontrate e sanzionate alcune ipotesi di discriminazioni basate proprio sull’orientamento sessuale e
sulla possibile violazione dei diritti umani, in considerazione della violazione dell’art. 8 che tutela il rispetto
alla vita privata, e dell’art. 14, relativo alle discriminazioni in generale 30. Vi è da dire che la Convenzione
assume una rilevanza modesta per l’Unione Europea, poiché essa è applicabile solo se le sue disposizioni
rientrano nell’ambito delle competenze dell’Unione, e purché attinenti a questioni che riguardino cittadini
28
SCHLESINGER, Una risoluzione del Parlamento Europeo sugli omosessuali, cit., p. 395; BALLETTI, Le coppie omosessuali, le
istituzioni comunitarie e la Costituzione italiana, cit., p. 245.
29
Art. 56 della Risoluzione del Parlamento europeo sul rispetto dei diritti umani nell’Unione Europea, A5-0050/2000.
30
In Dudgeon v. U.K. (1981, Ser. A, n. 45), sia la Commissione che la Corte hanno sostenuto che il divieto legale di atti omosessuali era
contrario all’art. 8 e non poteva essere giustificato come difesa della morale45. Questa giurisprudenza è stata in seguito confermata sia in
Norris v. Ireland (1988), Ser. A, n. 142 che in Modinos v. Cyprus (1993), Ser. A, n. 259. ERMANSKI, A Right to Privacy for Gay
People Under International Human Rights Law, in Boston Coll. Int’l &Comp. L., 15, 1992, 141 ss.; GLENDON, Rights Talk: The
Impoverishment of Political Discourse, New York, 1991; HELFER, Consensus, Coherence and the European Convention on Human
Rights, in Cornell Int’l L. J., 26, 1993, 133 ss.; DUBBER, Homosexual Privacy Rights Before the United States Supreme Court and the
European Court of Human Rights: A Comparison of Methodologies, in Stanford J. Int’l L., 27, 1990, 189 ss.
7
comunitari. In ogni caso, nonostante l’omissione di qualsiasi riferimento esplicito, si è creduto31 di poter
individuare anche nella Convenzione alcune norme poste a tutela delle relazioni omosessuali; in particolare,
l’art. 8 recita: “Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della
sua corrispondenza”, di guisa che se ne potrebbe invocare l’applicazione agli omosessuali solo nella misura
in cui la pretesa di sposarsi potesse essere considerata “vita privata o familiare”; l’art. 12, a detta del quale
“Uomini e donne in età adatta hanno diritto di sposarsi e di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali
regolanti l’esercizio di tale diritto”; infine l’art. 14, per il quale “Il godimento dei diritti e delle libertà
riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza distinzione di alcuna specie, come di
sesso, di razza, di colore, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o
sociale, di appartenenza a una minoranza nazionale, di ricchezza, di nascita, o di altra condizione”; norma,
quest’ultima, che, in ragione del limitato ambito di applicazione del quale si è detto, potrebbe costituire il
fondamento del potere di azione a titolo di discriminazione nei confronti degli omosessuali solo qualora si
ammettesse che i matrimoni omosessuali ricadano nella nozione di vita privata di cui al menzionato art. 8, o
nell’art.12.
Una svolta verso la piena legittimazione dei modelli di convivenza diversi da quello coniugale, è
rappresentata dall’approvazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea32, firmata al vertice
di Nizza nel dicembre 2000.
La Carta rappresenta una logica conseguenza dell'introduzione nel Trattato sull'Unione europea degli
articoli 6, 7 e 49, relativi al rispetto dei diritti fondamentali, alle sanzioni per gli Stati membri rei di violarli in
modo grave e permanente e all'obbligo degli Stati candidati di rispettare tali diritti, nonché dell'articolo 13 del
Trattato di Amsterdam sul principio di non discriminazione.
Essa costituisce un passo importante verso la definizione di una "Costituzione Europea", tanto che il
Consiglio europeo, compiacendosi della proclamazione, ha dichiarato che la Carta “riunisce in un unico testo
i diritti civili, politici, economici, sociali e societali finora enunciati in fonti diverse, internazionali, europee
o nazionali. Il Consiglio europeo auspica che alla Carta sia data la più ampia diffusione possibile presso i
cittadini dell'Unione." (Doc. 30/2000).
Quanto al contenuto, per ciò che riguarda la questione della rilevanza delle unioni omosessuali,
vengono in rilievo gli articoli 7, 9 e 21, oltre all’art. 1, relativo al principio del rispetto della dignità di ogni
individuo.
L’art. 7, riaffermando l’analogo diritto già sancito dall’art. 8 CEDU, si riferisce al rispetto della vita
privata e familiare. Diritto che, a ben vedere, può anche essere inteso come diritto alla privacy, così
introducendo il principio della libertà di manifestare il proprio orientamento sessuale senza condizionamenti
31
FOLDER, Riconoscimento e regime giuridico delle coppie omosessuali in Europa, cit., p. 108 ss.
per una spiegazione della Carta, si veda DI MAJO, La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: aspetti giuridici e politici,
in Europa e dir. priv, 2001, p. 50; ID., La Carta dei Diritti spiegata dagli autori, in Diritto e Giustizia,2000, n. 33, p. 64; CONETTI, La
Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea, in Studium iuris, 2001, p. 1163
32
8
esterni o controlli sociali, vale a dire il diritto a intraprendere relazioni sessuali affettive intime e ad esprimere
autonomamente le proprie idee al riparo da reazioni esterne ostili33. La privacy, nel senso citato, si sostanzia
dunque nel diritto di ciascuno ad adottare quelle decisioni, intime e personali, idonee ad incidere
significativamente sulla propria vita individuale, eventualmente affermandole anche contro gli interessi
statali 34.
Viene poi in rilievo l’art. 9 che, modificando il principio stabilito dall’art. 12 CEDU, riconosce il
diritto di sposarsi e di costituire una famiglia, senza alcuna specificazione relativa al sesso, e quindi senza
imporre alcun divieto espresso alla concessione dello status matrimoniale alle coppie omosessuali. In
proposito, è stato osservato che esso “fonda la piena legittimazione delle diverse forme di convivenza nel
quadro dei diritti fondamentali della persona, come espressione della sua dignità” e che “l’antico tabù d’un
diritto matrimoniale ruotante intorno ad un’unica forma è ufficialmente caduto”, in tal modo “ampliando la
possibilità di scelta” 35.
Infine, l’art. 21 - riprendendo l’articolo 13 Trattato CE, l’art. 14 CEDU e l’art. 11 della Convenzione
su diritti umani e biomedicina in riferimento al patrimonio genetico - prevede il divieto di qualsiasi
discriminazione fondata sulle tendenze sessuali, scelta giustificata dal paragrafo 4 del Preambolo, il quale
indica la necessità di "rafforzare la tutela dei diritti fondamentali alla luce dell’evoluzione della società, del
progresso sociale e degli sviluppi scientifici e tecnologici".
In merito ai rapporti tra la Convenzione europea e la Carta dei diritti, l'art. 52 comma 2° della Carta
precisa che, pur equivalendosi il significato e la portata dei diritti contemplati contemporaneamente dalla
Carta e dalla Convenzione europea del 1950, al diritto dell'Unione non è precluso di concedere una
protezione più estesa, autorizzando la Corte di giustizia dell'Unione europea ad interpretare i diritti civili e
politici in maniera più favorevole al cittadino di quanto stabilito dalla Convenzione europea dei diritti
dell'uomo o dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo .
La Carta ha quindi una portata innovativa assolutamente rilevante 36, oltre a uno straordinario valore
ideale e storico, e ciò a prescindere dal valore giuridico, ossia dalla vincolatività, che resta subordinata alla
sua integrazione nei Trattati.
33
BLOUSTEIN, Privacy as an Aspect of Human Dignity: An Answer to Dean Prosser, in N.Y.U.L. Rev., 39, 1964, 962 s.; RICHARDS,
Unnatural Acts and the Constitutional Right to Privacy: A Moral in Fordham L. Rev., 45, 1977, 1281 ss.; Id., Sexual Autonomy and the
Constitutional Right to Privacy: A Case Study in Human Rights and the Unwritten Constitution, in Hastings L. Journ., 30, 1979, 957 ss.;
Id., Sexual Autonomy and the Constitutional Right to Privacy: A Case Study in Human Rights and the Unwritten Constitution, in
Hastings L. Journ., 30, 1979, 957 ss..
Si veda CECCHERINI, Il Principio di Non Discriminazione in Base all’Orientamento Sessuale in Alcuni Ordinamenti Stranieri: lo
Stato del Dibattito, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 1, 2001, 39-60, la quale rinvia a The Right of Intimate Sexual Relations:
Normative and Social Bases for According It "Fundamental Right" Status, in S. Cal. L. Rev., II, 1996-1997, 1817 ss. ; MCCLAIN,
Inviolability and Privacy: The Castle, the Sanctuary, and the Body, in Yale J.L. & Human., 7, 1995, 195 ss.; REIMAN, Privacy,
Intimacy, and Personhood, in Phil.& Pub. Aff., 6, 1976, 26 ss.; SAUNDERS, Privacy and Social Contract: A Defense of Judicial
Activism in Privacy Cases, in Ariz. L. Rev., 33, 1991, 811 ss.
35
RODOTÀ’, Presentazione al volume Stare insieme. I regimi giuridici della convivenza tra status e contratto, cit., p. XIII
36
sulla rilevanza della Carta, si veda RODOTA’, op.ult.cit., per il quale la Carta “politicamente vincola già tutti i soggetti,
sovranazionali e nazionali, che ad essa hanno dato il loto consenso”;RUSCELLO, La famiglia tra diritto interno e normativa
comunitaria, cit., p. 710;
34
9
Per quanto riguarda l’efficacia e la rilevanza della Carta per l’ordinamento italiano, va segnalato che
la Commissione per le politiche comunitarie della Camera ha ritenuto opportuno configurare la Carta come
un documento giuridicamente vincolante, il cui inserimento nei Trattati rappresenti il segno concreto che
l'Europa si pone come soggetto politico portatore di valori di civiltà condivisi, garantendo inoltre l'esito
positivo del processo di allargamento37.
In sede di discussione in Assemblea, pur essendosi delineate diverse posizioni ed avendo
l’opposizione manifestato numerose riserve sia sull'impianto ideologico che sottende ai principi fissati nel
documento, sia sulla sua natura compromissoria tra culture ed esperienze politiche europee profondamente
diverse, si è concluso che la Carta rappresenta un minimo comune denominatore di "un'Europa che riesce a
realizzare la sua unità rispettando le sue diversità, cercando di costruire tale unità su fattori comuni a tutti.
Tali fattori non necessariamente portano ad un consenso totale da parte di ciascuna opinione pubblica
nazionale così come rappresentata in ciascun Parlamento nazionale". Pur tuttavia, nella risoluzione
conclusiva approvata l’11 ottobre 2000, si è altresì auspicato un miglioramento della Carta, soprattutto in
relazione ai principi fondamentali della tradizione costituzionale italiana.
Ed è proprio con riferimento ai principi costituzionali che si porranno i maggiori problemi, se e
quando la Carta acquisterà efficacia vincolante. Infatti, se da un lato la previsione di una tutela delle unioni
omosessuali, sia pure minima, deve ritenersi senz’altro conforme al principio di uguaglianza sancito dall’art.
3 Cost., ben maggiori difficoltà potranno sorgere con riferimento ad altri profili. In particolare, ci si riferisce
alla compatibilità tra l’art. 29 Cost. e l’art. 9 della Carta, che prevede, sia pure in termini di possibilità, il
diritto di sposarsi anche per le coppie omosessuali. Non è difficile prevedere interpretazioni dottrinali
antitetiche, considerato che l’ammissibilità del matrimonio omosessuale in Italia si presta a molteplici
argomenti contrari, talora fondati su motivazioni di ordine morale, talaltra sulla contrarietà rispetto all’ordine
pubblico o ad altri principi dell’ordinamento giuridico; a ciò si aggiunga la reazione della Chiesa Cattolica 38,
la quale mostra atteggiamenti di netta chiusura con riguardo a qualsiasi modello familiare alternativo a quello
coniugale tradizionale. Infine, potrebbero porsi anche complicate questioni relativamente al rapporto
gerarchico tra le fonti del diritto.
III- La situazione italiana
Gli omosessuali sempre più frequentemente danno vita a relazioni di convivenza connotate da forti
legami affettivi, e molto spesso condotte secondo le stesse regole di vita domestica osservate dalle coppie
37
nella relazione finale della XIV Commissione politiche dell'Unione Europea della Camera dei Deputati, approvata martedì 3 ottobre
2000, si è sottolineata l'opportunità di "configurare la Carta come un documento giuridicamente vincolante, il cui inserimento nei
Trattati rappresenti il segno concreto che l'Europa si pone come soggetto politico portatore di valori di civiltà condivisi, garantendo
inoltre l'esito positivo del processo di allargamento"
38
Già il Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa ha criticato la Carta per il fatto che "si intendono legittimare, chiamandole
famiglie, forme di unione diverse dai matrimoni", nonché per l'omesso riferimento a Dio, che "sarebbe stato necessario considerato le
tradizioni della comunità europea”
10
eterosessuali: i partners omosessuali cercano nella coppia totale soddisfazione affettiva e sessuale, sostegno
emotivo, cognitivo e materiale, l’autonomia dalla famiglia e dall’ambiente di origine, l’equilibrio personale.
Eppure, allo stato, l’ordinamento giuridico italiano appare sordo innanzi alle istanze di riconoscimento
giuridico avanzate dai movimenti omosessuali, tanto che il termine “omosessualità” è praticamente
sconosciuto al legislatore, che quasi nulla ha sinora fatto per rimuovere le discriminazioni e realizzare la
piena dignità sociale dei cittadini omosessuali.
a) La giurisprudenza. I casi in cui i giudici italiani sono stati chiamati a pronunciarsi su situazioni
inerenti a coppie omosessuali sono rari. Dalle pronunce in materia, emerge tuttavia un unico motivo
ispiratore, vale a dire l’applicazione alle unioni omosessuali degli stessi principi elaborati con riferimento alla
convivenza eterosessuale; ciò sulla base dell’identità di presupposto, vale a dire la sussistenza di un’unione
affettiva stabile e duratura39.
b) la famiglia anagrafica e i registri delle unioni civili. La famiglia anagrafica è definita dall’art. 4 del
d.p.r. n. 223/1989 come "l’insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione,
tutela o da vincoli affettivi, coabitanti e aventi dimora abituale nello stesso comune", precisando che per tale
può intendersi anche quella costituita da una sola persona. Pertanto, purché ricorrano i tre requisiti
(l’esistenza di un vincolo, anche se puramente e semplicemente affettivo; la coabitazione in un medesimo
appartamento; la residenza nello stesso comune), il concetto di “famiglia anagrafica” potrebbe essere riferito
anche alla coppia omosessuale40, seppure tale qualificazione sia valida solo agli affetti della certificazione
anagrafica e priva di altra conseguenza giuridica.
Orbene, sulla base dell’art. 4 del regolamento anagrafico, alcuni Comuni, ai fini di agevolare lo
svolgimento delle loro funzioni, soprattutto nel settore socio-assistenziale, hanno istituito un registro delle
unioni civili da cui risulti “il rapporto di unione civile tra due persone, anche dello stesso sesso”, residenti nel
39
In breve, queste sono le pronunce note: TRIB. ROMA, 20.11.1982, in Temi rom., 1983, 379: il locatore aveva sfrattato il
proprio inquilino sostenendo che la convivenza di questi con un altro uomo costituiva in realtà un modo per simulare la sublocazione di
un immobile, i giudici romani hanno affermato che la locuzione convivenza more uxorio esprime il modo di vivere insieme come
conviventi, ugualmente riferibile sia alla convivenza eterosessuale che a quella omosessuale. Inoltre, anche in quest’ultima, l’assistenza
reciproca o l’esborso di somme di denaro in occasione di malattie o di particolari situazioni di bisogno possono ritenersi oggetto di quei
doveri di natura morale o sociale che si qualificano come obbligazioni naturali; Nel medesimo senso si sono espressi i giudici in altre
due pronunce: TRIB. FIRENZE, 11.08.1986, in Dir. eccl., 1989, II, 367; CASS., 22.02.1995, n. 1989, in Arch. civ., 1996, I, 484, con nota di
DE TILLA: riconducendo la relazione omosessuale nell’alveo della famiglia di fatto, si è ritenuto di poter qualificare le prestazioni di
carattere assistenziale e gli esborsi in denaro effettuati da un convivente a favore dell’altro come obbligazioni naturali, in quanto tali non
ripetibili. In particolare, la Corte fiorentina, innanzi a un uomo che chiedeva agli eredi del proprio convivente la restituzione delle spese
sostenute per l’ospitalità e le cure offerte al defunto negli ultimi anni, ha giustamente ritenuto che, sussistendo tra i due un legame
affettivo serio e stabile, il rapporto di convivenza, pur fra persone dello stesso sesso, non poteva considerarsi semplice coabitazione, ma
comportava l’assunzione di determinati doveri. Nel caso di specie, peraltro, le prestazioni effettuate erano proporzionate al dovere di
assistenza morale di colui che liberamente sceglie di convivere con qualcuno a cui è sentimentalmente legato: il defunto, infatti, pur di
stare con il proprio compagno, aveva troncato ogni rapporto con la propria famiglia d’origine e aveva offerto dedizione totale al proprio
partner, anche contribuendo economicamente alla gestione del bilancio familiare. Infine, ASSISE TORINO, ord. 19.11. 1993, in Riv. pen.,
1994, 55, ha riconosciuto al convivente omosessuale il diritto di astenersi dal testimoniare ed ha altresì enucleato i tratti caratterizzanti la
relazione omosessuale, corrispondenti, a detta della Corte, a quelli del rapporto coniugale, ed individuati nella sussistenza di un legame
affettivo stabile, che includa anche rapporti sessuali, in una situazione caratterizzata da reciproca assistenza e solidarietà.
11
Comune, e che “costituiscono famiglia anagrafica ai sensi della l. 24 dicembre 1954 n.1228 e del d.p.r.
30.05.1989 n. 223”41. Tale provvedimento è stato spesso contrastato dai Comitati Regionali di Controllo, e
successivamente abolito dai Tribunali Amministrativi Regionali, sulla base di argomenti sostanzialmente
riconducibili da un lato al diniego della rilevanza costituzionale delle unioni civili, e dall’altro alla
sussistenza dei limiti di competenza che il Comune incontra in materia anagrafica e di stato civile 42.
b) progetti di legge. Tra le più significative proposte di legge che fanno riferimento anche alle unioni
omosessuali43, va in primo luogo menzionato il p.d.l. “Soda” 12.03.1998, n. 465744, il quale, abbandonato il
tentativo di dare una regolamentazione unitaria a situazioni eterogenee, adotta una disciplina specifica per le
“unioni affettive” omosessuali; esso si compone di due parti, una normativa antidiscriminatoria, e un’altra sul
“matrimonio”, che ha come modello la legislazione vigente in Danimarca, introdotta in seguito in altri paesi
A parere di Balletti (BALLETTI, cit., 246), la famiglia anagrafica costituisce l’unica forma di riconoscimento ammissibile per le
“aggregazioni” omosessuali, poiché esse “secondo il nostro legislatore non sono fondate su quello spirito di mutua assistenza e
comunione che naturalmente e unicamente legherebbe esclusivamente le coppie eterosessuali conviventi..”.
41
tra le delibere comunali si segnalano: Comune di Bologna, o. d. g. Cons. 03.03.1997; Comune di Pisa delibera Cons. 08.07.1997;
Comune di Firenze, delibera Cons. 20.07.1998; Comune di Prato proposta o.d.g. 30.10.1997; Comune di Vaiano Cremasco, mozione
01.04.1997
42
significativa in proposito è T.A.R. TOSCANA 09.02.1996, n.49, in Foro it., 1996, III, 524, con commento di ROMBOLI E ROSSI, che
conferma la decisione del Co.Re.Co. relativa all’annullamento della delibera del Comune di Empoli, istitutiva di un registro delle unioni
civili, sulla base della assoluta incompetenza degli enti locali in materia di anagrafe, oltre che sull’affermazione secondo cui il Comune
avrebbe “attribuito valore giuridico a forme di convivenza o unioni di cui l’ordinamento statale, cui spetta ogni valutazione politiconormativa sul punto, non reca positivo riconoscimento quali fatti sociali giuridicamente rilevanti”. Tuttavia l’esperienza del Comune di
Bologna si è rivelata particolarmente positiva, ed è a tutt’oggi operativa. La stessa amministrazione comunale ha altresì riconosciuto il
diritto di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica - di cui al d. p.r. 30.12.1972, n. 1035 – anche alle coppie
omosessuali conviventi, con ciò suscitando vivaci dibattiti nonché la contestazione della Chiesa e dei movimenti cattolici.
40
43
Tra le tante proposte di legge si segnalano alla Camera dei Deputati, p.d.l. Vendola 17.05.1996, n. 1020, contenente la previsione di
una certificazione dell’unione civile ad opera dell’ufficiale di stato civile previo accertamento della sussistenza di una convivenza
protrattasi per almeno due anni, e dell’assenza di determinate cause impeditive; p.d.l. Buffo 11.12.1996 n. 2870, che fa riferimento a
rapporti tra maggiorenni anche dello stesso sesso, legati da comunione di vita materiale e spirituale perdurante da almeno un anno e
risultante da iscrizione anagrafica o da atto pubblico; al Senato, il d.d.l. Cioni 30.07.1997,m n. 2725, in base al quale l’unione civile è
certificata dall’ufficiale di stato civile.
Per un commento si veda COLORNI, Matrimonio, convivenze, unioni civili: la “soluzione scandinava” del progetto Soda, in
htto://www.gay.it/view.php?ID5702.
44
Si riporta il testo del progetto, che definisce “unione affettiva” il rapporto fra “due persone di maggiore età, dello stesso sesso, legate da
vincoli affettivi, di solidarietà e di reciproca assistenza, morale e materiale” (art. 1) La costituzione e lo scioglimento delle unioni
affettive sono iscritti in appositi registri comunali; il rapporto fra i contraenti delle “unioni” è assimilato alla “relazione di coniugio”, e
alle unioni affettive si applicano le norme civili e penali relative al matrimonio (artt. 2-3). La natura dell’unione comporta la sua
irrilevanza sullo stato dei figli dei contraenti; è esclusa la disciplina delle adozioni dei minori; non si estende alle unioni affettive, se non
prevista espressamente, la disciplina dettata dai trattati internazionali per il rapporto matrimoniale (art. 3). Gli artt. 5-6 disciplinano la
prevenzione e la repressione della discriminazione motivata dall’orientamento sessuale. L’art. 7 garantisce il diritto alla riservatezza
sessuale (comunicando sanzioni penali per l’eventuale violazione). L’art. 8 vieta – nell’ambito dei corsi di formazione o educazione
sessuale nelle scuole di ogni ordine e grado – qualsiasi manifestazione di intolleranza, dileggio, disprezzo, discriminazione o
colpevolizzazione, nei confronti di scolari o studenti omosessuali. L’art. 9 prescrive l’esclusione, nei contratti sanitari assicurativi, di
qualsiasi incidenza dell’orientamento sessuale (ai fini della determinazione dei premi da corrispondere e delle prestazioni da ricevere),
sotto pena di sanzioni pecuniarie (art. 10).
12
scandinavi. Lo stesso progetto, in parte modificato ma lasciando immutate le principali disposizioni e i tratti
fondamentali, è stato successivamente riproposto45.
Infine, recentemente, è stata avanzata un’ulteriore proposta 46, la quale introduce l'istituto dell'unione
domestica registrata, il cui scopo è quello di porre i cittadini omosessuali stabilmente conviventi nella
condizione di poter scegliere quale assetto conferire ai loro propri rapporti giuridici e patrimoniali, al pari
delle coppie eterosessuali.
d) il disegno di legge contro le discriminazioni. Considerato che per le coppie omosessuali si pone in
primo luogo il problema della parità di trattamento rispetto alle coppie eterosessuali, e quindi di un generale
divieto di discriminazione fondato sull’orientamento sessuale, anche in Italia, come in molte altre
legislazioni, è stato presentato alla Camera il d.l. 6582, intitolato “Misure contro le discriminazioni e per la
promozione di pari opportunità”47.
Analogo, anche se recante un’apposita sezione dedicata alla prevenzione e repressione della discriminazione basata sull’orientamento
sessuale, è il progetto Disciplina dell’unione affettiva, presentato alla Camera il 20.09. 2001
46
la proposta è stata presentata nel marzo 2002 dal deputato Grillini. Si riporta qui di seguito il contenuto:
Art.
1
(Nozione
di
unione
domestica
registrata)
1. Due persone fisiche dello stesso sesso, almeno una delle quali cittadino italiano o regolarmente residente nel territorio della
Repubblica, possono contrarre fra loro un'unione domestica registrata. Non può contrarre un'unione domestica registrata chi è vincolato
da
un
matrimonio
precedente
o
da
una
precedente
unione
domestica
registrata.
2. All'unione domestica registrata, alla sua celebrazione, al suo scioglimento, ai rapporti fra i contraenti e alle loro vicende, anche in
materia di successione, si applicano tutte le disposizioni civili, penali, amministrative, processuali e fiscali relative al matrimonio, alla
sua celebrazione, al suo scioglimento, ai rapporti fra i coniugi e alle loro vicende, incluse le eventuali modifiche successive all’entrata in
vigore della presente legge, in quanto applicabili e con le sole eccezioni espressamente disposte dagli articoli seguenti della presente
legge.
3. All'art. 86 del Codice civile, dopo la parola "precedente", sono aggiunte le parole "o da una precedente unione domestica registrata".
Art.
2
(Uso
dei
cognomi)
1. I contraenti mantengono ciascuno il proprio cognome, salvo che, all'atto della celebrazione dell'unione domestica registrata,
stabiliscano che uno dei due, o entrambi, aggiungano al cognome dell'uno quello dell'altro. In tal caso si osservano in quanto applicabili
gli artt. 143 bis e 156 bis del Codice civile e l'art. 5 comma 2 della Legge 1° dicembre 1970 n. 898.
Art.
3
(Condizione
dei
figli)
1. La celebrazione dell'unione domestica registrata non ha effetti sullo stato dei figli dei contraenti.
2. Le disposizioni relative alla presunzione di concepimento nel matrimonio e al divieto per la donna di contrarre matrimonio prima che
siano passati trecento giorni dallo scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio precedente non si
applicano
all'unione
domestica
registrata.
3. Le disposizioni sulla disciplina delle adozioni speciali relative alle famiglie e ai coniugi non si applicano alle unioni domestiche
registrate.
Art.
4
(Contratti
collettivi
di
lavoro)
1. Le disposizioni dei contratti collettivi di lavoro dirette a garantire l’assolvimento dell’obbligo di reciproca assistenza, relative al
matrimonio
e
al
coniuge
del
lavoratore,
si
applicano
anche
all’unione
domestica
registrata.
Art.
5
(Trattati
internazionali)
1. Le disposizioni dei trattati internazionali relative al matrimonio non si applicano all'unione domestica registrata senza il consenso
dell'altro Stato contraente
45
47
il disegno di legge, predisposto dal Ministero delle pari opportunità, è stato approvato dal Consiglio dei ministri l’8 ottobre 1999
e presentato alla Camera il 23 ottobre 1999; in data 11 gennaio 2001 è stato presentato alla Commissione Affari Costituzionali della
Camera in sede referente, ma l’esame è stato rinviato. Il provvedimento, peraltro riproposto successivamente al Senato in forma identica,
ma ad iniziativa di un diverso senatore, testimonia una rinnovata sensibilità delle forze politiche italiane per l’argomento delle
discriminazioni.
Si riporta di seguito il testo del d.l. 6582: “Misure contro le discriminazioni e per la promozione delle pari opportunità”.
Art. 1 (Finalità) 1. La presente legge ha lo scopo di promuovere la piena attuazione del principio di uguaglianza, assicurando che le
differenze di sesso, di razza, di origine etnica, di lingua, di religione o di convinzioni personali, di opinioni politiche, di disabilità, di età,
di orientamento sessuale, di condizioni personali e sociali non siano causa di discriminazione, al fine di consentire il pieno sviluppo della
persona umana e l'effettiva partecipazione di donne e uomini all'organizzazione politica, economica e sociale del paese.
Art. 2 (Principi e definizioni) 1. E’ vietato porre in essere atti, patti o comportamenti che producono un effetto pregiudizievole
discriminando anche in via indiretta le persone in ragione delle qualità soggettive indicate all’articolo 1 della presente legge. 2. Per
discriminazione indiretta si intende ogni disposizione, criterio o pratica formalmente neutri, che svantaggiano in misura
13
Scopo del provvedimento è di dare piena attuazione al principio di uguaglianza sancito dall'art.3 Cost.,
eliminando qualsiasi forma di discriminazione alla luce del nuovo art.13 del Trattato di Amsterdam, inclusa
quella basata sull’orientamento sessuale. A tale fine, agli strumenti normativi esistenti se ne affianca uno
ulteriore di carattere cautelare, il quale offre a coloro che abbiano sofferto una discriminazione, per qualsiasi
causa e in qualsiasi contesto, la possibilità di agire in giudizio in via d’urgenza per la cessazione del
comportamento discriminatorio e per la rimozione dei suoi effetti.
e) il disegno di legge sugli accordi di convivenza: nell’ottica delle soluzioni prospettabili, un cenno
conclusivo va fatto all’accordo di convivenza, relativamente al quale giacciono in Parlamento alcune
proposte di regolamentazione48. Si tratta, in buona sostanza, di una convenzione di natura contrattuale
proporzionalmente maggiore una o più persone in ragione delle qualità soggettive indicate all’articolo 1 della presente legge, salvo che
tale disposizione, criterio o prassi siano giustificati da ragioni obiettive, non basate sulle suddette qualità ovvero, nel caso di lavoro o di
impresa, riguardino requisiti essenziali al loro svolgimento. 3. I soggetti privati e pubblici e le amministrazioni pubbliche promuovono
azioni positive, intese come misure adottate con atti normativi o con contratti collettivi, o nell’esercizio di poteri autoritativi o di
sovraordinazione, volte a eliminare le disuguaglianze di fatto che ostacolano la piena partecipazione di ogni persona a tutte le attività e a
tutti i livelli, compresi quelli decisionali. Le azioni positive non ricadono nel divieto di discriminazione. 4. Le amministrazioni pubbliche
anche ad ordinamento autonomo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, gli enti pubblici, anche economici, gli enti
locali ed i loro consorzi ed i soggetti a controllo o a partecipazione maggioritaria pubblica, ovvero esercenti pubblici servizi, conformano
la
propria
attività,
anche
mediante
atti
organizzativi,
ai
seguenti
principi:
a) integrazione dei principi di non discriminazione e pari opportunità nelle politiche generali e di settore, negli atti di programmazione ed
organizzativi;
b) promozione di politiche per l’occupazione, anche attraverso idonee misure relative ai tempi e all’organizzazione del lavoro, volte a
riconoscere
e
garantire
libertà
di
scelte
e
qualità
sociale
a
donne
e
uomini.
Art.3 (Tutela giudiziale) 1. Fuori dai casi regolati da altre disposizioni di legge, quando il comportamento di un soggetto privato o
pubblico o di un’amministrazione pubblica produce una discriminazione per i motivi di cui all’articolo 1, l’interessato può chiedere al
giudice la cessazione del comportamento pregiudizievole e la rimozione dei suoi effetti, salvo il risarcimento del danno.
2.
L’azione
si
propone
dinanzi
al
giudice
del
luogo
di
domicilio
dell’istante.
3. Quando la domanda è rivolta alla pronuncia di provvedimenti urgenti, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 669-bis e
seguenti del codice di procedura civile. Se l’ordinanza è pronunciata prima del giudizio di merito, il giudice provvede alla liquidazione
delle spese del procedimento anche nel caso di accoglimento dell’istanza; in tal caso non si applicano le disposizioni di cui all’articolo
669-octies ed ai commi primo e, secondo e quarto, n. 1, dell’articolo 669-novies del codice di procedura civile.
4. Se viene posto in essere un atto, patto o comportamento discriminatorio di carattere collettivo, anche quando non siano individuabili
in modo immediato e diretto le persone lese dalla discriminazione, la domanda può essere proposta dagli enti o associazioni
rappresentativi dei diritti e degli interessi del gruppo a cui appartengono i soggetti passivi della discriminazione.
5. Il ricorrente, al fine di dimostrare la sussistenza a proprio danno del comportamento discriminatorio per i motivi di cui all’articolo 1,
può dedurre elementi di fatto, anche a carattere statistico, relativi a fenomeni di carattere collettivo. Il giudice valuta i fatti dedotti nei
limiti
di
cui
all’art.
2729,
comma
1,
cod.civ..
6. Chiunque elude l’esecuzione dell’ordinanza che accoglie il ricorso è punito ai sensi dell’articolo 388, primo comma, del codice
penale.
7. Con la sentenza che definisce il giudizio, il giudice condanna il responsabile della discriminazione al risarcimento dei danni non
patrimoniali, a norma dell’art. 2059 cod. civ..
Successivamente, su iniziativa del Sen. Cortiana, è stato presentato al Senato il d. l. n.45, di contenuto identico al d. l. 6582 “Misure
contro le discriminazione e per la promozione delle pari opportunità”. Il provvedimento è stato assegnato alla 1^ Affari Costituzionali in
sede referente in data 18 luglio 2001, ma l’esame non è ancora iniziato.
48
Si segnala il d.d.l. del Dipartimento per le Pari Opportunità intitolato “Disciplina degli accordi di convivenza”, nel quale sono
sostanzialmente confluite le proposte di legge presentate in Parlamento nel biennio 1997 – 1999. Al di là dell’esito dell’iniziativa
legislativa, il progetto di legge ha un connotato fortemente innovativo e si propone di disciplinare gli accordi di convivenza stipulati
dalle coppie conviventi, a prescindere dall’orientamento sessuale, al fine di regolare la vita in comune e le conseguenze della rottura
della relazione. In generale, tuttavia, parte della dottrina ritiene che il ricorso allo strumento negoziale per regolare i rapporti di
convivenza sia precluso alla coppia omosessuale, in ragione dell’insussistenza di un interesse meritevole di tutela da realizzare, e ciò
poiché, nei confronti della relazione tra persone dello stesso sesso, “non pare potersi andare (..) al di là di un atteggiamento di
indifferenza dell’ordinamento”: così QUADRI, op.cit., 293; contra parrebbe OBERTO, I regimi patrimoniali della famiglia di fatto, op.cit.,
7, nota 9; sul tema si veda anche I contratti di convivenza, a cura di MOSCATI e ZOPPINI, op. cit.; TOMMASINI, La famiglia di fatto, in
Tratt. dir. priv., diretto da BESSONE, IV,I, Giappichelli, 1999, 512; ANGELONI, Autonomia privata e potere di disposizione nei rapporti
familiari, Cedam, 1997, 509; FRANZONI, I contratti tra conviventi “more uxorio”, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1994, 737; BERNARDINI,
14
conclusa tra due persone maggiorenni conviventi, al fine di regolare i reciproci rapporti durante il tempo
della convivenza e per il periodo posteriore alla sua cessazione. Tale strumento, seppure consenta anche alle
coppie omosessuali di regolamentare sotto il profilo patrimoniale alcuni aspetti importanti del rapporto,
tuttavia non soddisfa appieno né le loro legittime esigenze di tutela né le istanze di equiparazione.
III- Uno sguardo all’estero. In Italia, chi si occupa della materia, auspicando un intervento
normativo, guarda con speranza al processo d’integrazione europea49 e a soluzioni che si ispirano alle
esperienze straniere, atteso che molti sono i governi europei che già da tempo hanno provveduto ad attuare,
in varie forme, la parità dei diritti degli omosessuali.
In generale la strada percorsa altrove è passata preliminarmente attraverso un preventivo
riconoscimento delle convivenze eterosessuali, poiché è difficilmente ipotizzabile che si possa giungere a una
regolamentazione giuridica della famiglia omosessuale se prima non sono state superate le resistenze che si
frappongono ad una adeguata tutela normativa della famiglia di fatto eterosessuale 50.
Tra le due forme di convivenza esistono innegabili analogie, in special modo per quanto concerne i
riflessi negativi connessi alla carenza di tutela giuridica, e alla conseguente negazione di alcuni diritti
fondamentali. Tuttavia le esigenze poste alla base di una richiesta di riconoscimento giuridico delle unioni
omosessuali sono diverse da quelle invocate per la famiglia di fatto eterosessuale. Volendo ragionare in
termini di parità di trattamento e divieto di discriminazione, bisogna infatti riconoscere che la coppia
eterosessuale, oltre alla libera scelta di una convivenza non formalizzata, può optare, in quei sistemi che
l’ammettono, per forme di registrazione, siano esse volontarie o imposte; ma soprattutto, essa può
liberamente accedere al matrimonio, da cui discende una esaustiva regolamentazione dei rapporti personali e
patrimoniali.
Pertanto, estendere alla famiglia omosessuale la tutela minima che venga eventualmente offerta alla
famiglia di fatto eterosessuale, non soddisferebbe affatto esigenze di uguaglianza e di parità di trattamento.
Ecco perché i movimenti omosessuali reclamano una qualche forma di regolamentazione dell’unione che
garantisca la piena libertà di regolare i propri rapporti, qualora lo desiderino, nello stesso modo consentito
agli eterosessuali con il matrimonio.
Volendo indagare sulle motivazioni poste a fondamento dell’introduzione di una normativa ad hoc, da
una panoramica delle legislazioni europee in materia si ricavano in linea di massima tre argomentazioni
diverse: il rispetto della vita privata e familiare, la necessità di far fronte a situazioni pratiche (ad esempio,
l’approvazione del Pacte Civil de Solidaritè in Francia è stata agevolata dalla consapevolezza delle devastanti
conseguenze della diffusione dell’Aids) e il divieto di discriminazione (sancito dalle risoluzione del
La convivenza fuori dal matrimonio tra contratto e relazione sentimentale, Cedam, 1992, 204; OBERTO, Convivenza (contratti di), in
Contr. e impr., 1991, 369; BALESTRA, Gli effetti della dissoluzione della convivenza, in Riv. dir. priv., 2000, 468 ss..
49
GRILLINI, op.cit., 183
50
MARELLA, op.cit., 3
15
Parlamento europeo dell’8 febbraio 1994, e a cui fanno riferimento le legislazioni sulla registrazione
introdotte in Spagna e in Germania) 51.
L’introduzione di norme a carattere antidiscriminatorio, in particolare, con o senza riferimento
esplicito all’orientamento sessuale, ha un forte significato simbolico, poiché consente di aggirare le leggi che
vietano il matrimonio, o una qualsiasi forma di unione, fra individui dello stesso sesso, o ancora il divieto
all'accesso all'inseminazione artificiale o all'adozione. L'area principale di riferimento è quella scandinava.
Danimarca, Svezia, Norvegia sono stati fra i primi Paesi ad aver introdotto nel loro codice penale norme che
proibiscono ogni discriminazione motivata dall'orientamento sessuale. Analogo processo si è verificato in
altri Paesi dell’Europa occidentale, sebbene solo in Olanda e Svizzera siano state introdotte nella Carta
costituzionale norme antidiscriminatorie, mentre sia in Francia che in Spagna norme analoghe sono previste
solo dal codice penale.
Venendo ad un esame più dettagliato delle soluzioni adottate negli altri Paesi europei ed extraeuropei52, cui il legislatore italiano potrebbe ispirarsi non ultimo per esigenze di armonizzazione del sistema
comunitario di tutela dei diritti umani, emerge una certa uniformità di modelli, che di eseguito esamineremo.
A) la tutela della convivenza (convivenza non registrata)
Alcuni Paesi hanno predisposto strumenti legislativi a tutela della convivenza, con particolare
riguardo al momento della cessazione e alla conseguente regolamentazione dei rapporti patrimoniali. La
convivenza non registrata comporta l’automatica acquisizione di alcuni diritti e doveri connessa a un periodo
minimo di durata della convivenza, senza la necessità di procedere ad alcuna registrazione formale. Tali
diritti e doveri possono essere legislativamente previsti o giudizialmente individuati, e normalmente
concernono solo un ambito di situazioni circoscritto; ambito, peraltro, solitamente inferiore a quello valevole
per le coppie eterosessuali. Talvolta, e in via eccezionale, poiché il riconoscimento di alcuni diritti deriva
automaticamente dal matrimonio, cui la coppia omosessuale non è ammessa, ad essa tali diritti vengono
autonomamente riconosciuti con provvedimenti specifici102.
Si tratta tuttavia di ipotesi straordinarie, poiché normalmente nell’attribuire diritti e doveri non si fa
alcuna distinzione basata sull’orientamento sessuale: così accade, ad esempio, in Canada, dove, in seguito a
una decisione della Corte Suprema del 1999 (la quale, invocando il principio di uguaglianza sancito nella
Carta dei diritti e delle libertà contenuta nella Costituzione canadese, estende la definizione di “sposo” anche
al partner omosessuale), il legislatore dell’Ontario ha emanato una legge che estende agli omosessuali tutti i
diritti e i doveri sanciti per la coppia eterosessuale, pur rigettando la dicitura “coniuge” e utilizzando quella di
“partner dello stesso sesso”. In Canada, attualmente, il governo federale riconosce alle coppie gay i diritti di
51
FORDER, op.cit., 125 ss.
per una panoramica delle soluzioni offerte nell’ambito mondiale, si veda DINESEN, op.cit., 185 ss.; CECCHERINI, Il Principio di Non
Discriminazione in Base all’Orientamento Sessuale in Alcuni Ordinamenti Stranieri: lo Stato del Dibattito, in Dir. pubb. comp. eur., 1,
2001, 39 ss.; FORDER, op.cit., 123 ss
52
16
convivenza di fatto. Tutti i vescovi anglicani hanno sottoscritto il cosiddetto Accordo di Cambridge, con il
quale chiedono apertamente ai popoli di qualsiasi nazionalità e credo religioso di rispettare in egual modo
etero e omosessuali.
In Europa, forme analoghe di tutela della convivenza ope legis, cioè indipendenti da alcuna
formalizzazione, esistono in Ungheria e in Svezia, ed investono il diritto di proprietà sui beni acquistati e
sulla casa comune (quest’ultima in Svezia in particolare). Variano poi da Paese a Paese le condizioni per
accedere alla disciplina53.
B) la registrazione dell’unione
L’istituto della registrazione fornisce alle coppie una tutela analoga a quella che discende dal
matrimonio. Due sono le soluzioni ipotizzabili, vale a dire la “registred cohabitation” (coabitazione
registrata) e la “registred partnership” (unione registrata): la prima, diversamente dall’altra, attribuisce alla
coppia omosessuale convivente diritti e doveri in misura inferiore a quelli riconosciuti alla coppia
eterosessuale.
a- coabitazione registrata (registred cohabitation): nella maggior parte dei casi, l’istituto si applica
indifferentemente a qualsiasi coppia, a prescindere dall’orientamento sessuale. Costituiscono un’eccezione i
sistemi vigenti nello Stato delle Hawaii (1997), in California (1999) e nel Vermont (2000), ove la convivenza
registrata è applicabile principalmente alle coppie omosessuali54.
In Belgio dal 1998 vige la legge sulla coabitazione legale che regola solo alcuni aspetti privatistici e
prevede un obbligo di cura reciproca, e che dal gennaio 2000 può essere sottoscritta per unirsi civilmente.
Essa è accessibile a chi non desidera unirsi in matrimonio, indipendentemente dal sesso o dalla natura della
relazione. I firmatari beneficiano di una protezione giuridica minima ma devono regolare davanti a un notaio
le modalità della coabitazione. Anche in Svizzera si sta elaborando un progetto di legge volto a consentire la
registrazione delle unioni omosessuali. Il progetto è stato preceduto da una consultazione pubblica svoltasi
nel novembre 2001, il cui scopo è stato quello di monitorare l’opinione di gruppi d’interesse, parti politiche e
autorità pubbliche e di prefigurare, conseguentemente, una regolamentazione in armonia con le idee della
maggiorana.
102
si tratta normalmente di speciali benefici connessi al rapporto di lavoro, quali, ad esempio, negli Stati Uniti le assicurazioni sanitarie.
In Inghilterra, la legislazione sull’immigrazione introdotta nel 1997 consente l’immigrazione ai soli partners non coniugati cui non è
legalmente concesso di contrarre matrimonio (in sostanza, le coppie omosessuali)
53
FORDER, ,op. cit., 129 ss.
54
Per quanto riguarda la situazione normativa vigente negli Stati Uniti, è impossibile stilare una regola unica valida per tutti gli Stati.
Per esempio, nel novembre 2001 i cittadini di Huston (Texas) hanno votato per emendare la carta costituzionale della città e proibire
l’estensione ai partner omosessuali dei dipendenti comunali dell’assicurazione sanitaria e della pensione. Il governatore della California
ha invece approvato una legge che prevede per la coppia gay la possibilità di adozione del figlio del partner defunto e di prendere
decisioni al posto del partner impossibilitato, mentre lo Stato del Vermont consente addirittura il matrimonio tra persone dello stesso
sesso.
17
Una variante è costituita dal PACS francese55, il quale, peraltro, non è finalizzato alla tutela della
convivenza, bensì, espressamente, a quella della solidarietà – economica e non – tra i partners. Il PACS si
applica a tutte le coppie, a prescindere dall’orientamento sessuale, e produce effetti analoghi a quelli del
matrimonio: dovere di sostegno reciproco, diritto all’alloggio, statuto fiscale, diritti ereditari, legislazione
sociale, permesso di soggiorno. Termina su comune accordo dei partners, per matrimonio o per decesso; non
fa sorgere alcun diritto all’adozione né all’esercizio congiunto della potestà genitoriale o all’inseminazione
artificiale. Anche in Svizzera, dall'8 maggio 2001 sono entrati in vigore i "partenariati registrati", il cui
contenuto equivale a quello del Pacs francese, mentre una proposta analoga è stata presentata anche dal
governo conservatore dello Stato di Alberta, in Canada. In Catalogna, nel 1998, è stata approvata la legge
10/98 a tutela delle coppie stabili, la quale predispone due diversi sistemi di tutela a secondo che la coppia sia
eterosessuale o dello stesso sesso, mentre in Aragogna dal 1999 vige una disciplina unica che regola
numerosi aspetti privatistici del rapporto di coppia: entrambe le normative predispongono per le coppie
stabili, anche omosessuali, uno statuto analogo alle coppie sposate, nelle materie di competenza della
comunità autonoma, dal quale discende, tra l’altro, l’obbligo di reciproca assistenza e responsabilità solidale
per le spese comuni, oltre a un indennizzo in caso di separazione. Anche in Navarra (2000) ed Asturia (2002)
è stata approvata una legge che garantisce alle coppie omosessuali un vero e proprio statuto legale, volto a
risolvere molte delle questioni che sorgono all’interno della convivenza non coniugale. Una
regolamentazione della convivenza, a prescindere dall’orientamento sessuale, vige anche a Valencia (2001),
nelle Isole Baleari (2001), e a Madrid (2001), mentre è in via di approvazione in Andalusia, Isole Canarie,
Castiglia, e Paesi Baschi.
Infine, un sistema di registrazione della convivenza opera anche in Scozia56, unico esempio in materia
vigente nel Regno Unito. Infatti, eccezion fatta per l’istituzione di un registro per coppie omosessuali istituito
dalla città di Londra, il governo britannico, che pure sta studiando l’eventualità di estendere questa soluzione
a tutta la nazione, incontra le forti ostilità dei Lord e della chiesa anglicana. Si pensi che solo nel dicembre
2000 l'età minima richiesta per le relazioni omosessuali legali è stata elevata dai 16 ai 18 anni, con ciò
equiparandola a quella prevista per le relazioni eterosessuali. Non solo. In Inghilterra, così come in Romania
e nel Leichtenstein (dove è anche legalmente vietato agli omosessuali di associarsi), è proibito promuovere
l’omosessualità.
55
La traduzione si trova in AA.VV., op.cit., 218; per un’analisi della legge francese si veda RESCIGNO, op.cit., 269; IEVA, , ibidem, 273;
MARELLA,, ibidem, 88; FERRANDO, Convivenze e modelli di disciplina, in Matrimonio, matrimonii, a cura di Brunetta d’Usseaux e
D’Angelo, Giuffrè, 2000, 318
56
In seguito all’introduzione dello Human Rights Act , è stata approvato l’Ethical Standards in Public Lige (Scotland) Act 2000, la
quale attua il riconoscimento legale alle coppie omosessuali.
18
b- unione registrata (registred partnership): l’unione registrata57, la quale, come detto, conferisce alla
coppia sostanzialmente gli stessi diritti e doveri che derivano dal matrimonio, rappresenta una alternativa al
rapporto di coniugio: i doveri sono quelli tradizionali della reciproca assistenza, mentre i diritti sono quelli
previdenziali e assistenziali previsti per i coniugi.
In Europa ha riscosso molto favore il modello di registrazione danese.
La Danimarca58 è stata il primo Paese ad adottare nel 1989 una legge sulle convivenze registrate,
accessibile alle sole coppie omosessuali, per la cui applicazione è sufficiente che almeno uno dei partners sia
cittadino di un Paese in cui viga una legislazione analoga oppure che abbia risieduto in Danimarca per
almeno due anni; la legge, modificata nel 1999, consente ai partners di registrare il contratto che sancisce la
loro unione, la quale viene in tal modo totalmente equiparata al matrimonio, tanto che le procedure di
celebrazione sono analoghe, così come lo sono le conseguenze patrimoniali della rottura: alla coppia sono
riconosciuti gli stessi diritti e doveri dei coniugi e il diritto all’adozione congiunta. A differenza dei coniugi,
tuttavia, i partners non possono sottoporsi all’inseminazione artificiale, né adottare un bambino straniero.
L'esempio danese è stato seguito nel 1993 dalla Norvegia, nel 1995 dalla Svezia (dove già dal 1987
esisteva una legge sulla convivenza more uxorio, applicabile anche alle coppie dello sesso) e nel 1996
dall’Islanda. Recentemente, il modello scandinavo è stato adottato anche in Germania59, Portogallo60 e
Finlandia.
L’Olanda ha adottato una legge sulla convivenza registrata nel 1998, la quale regola gli aspetti
patrimoniali del rapporto, attribuendo ai partners gli stessi diritti delle coppie coniugate eterosessuali. La
disciplina è applicabile a tutte le coppie, senza distinzione di orientamento sessuale e a prescindere dalla
nazionalità. In favore dell’opzione per un simile modello, è stato osservato 61 che esso consentirebbe di
superare le accuse mosse contro quello riservato alle sole coppie omosessuali, che rafforzerebbe il carattere
speciale di tale categoria quale minoranza identificata in base all’orientamento sessuale, alla quale sarebbe
riservato uno statuto particolare, con ciò ulteriormente ghettizzando ed emarginando gli omosessuali.
57
La soluzione che riserva l’istituto è riservato alle sole coppie omosessuali è ben vista anche in Italia, poiché non interferirebbe né con
il matrimonio né con la nozione di famiglia accolta dall’art. 29 Cost., o con i diritti inerenti alla status coniugale.
58
il modello danese costituisce il punto di riferimento di tutte le recenti proposte di legge italiane in materia
59
Dal 1° agosto 2001, le coppie omosessuali possono farsi registrare ufficialmente presso lo stato civile (cd. partenariato dichiarato),
portare un cognome comune e fare entrare nel Paese un partner di nazionalità straniera; è stato anche equiparato il diritto ereditario,
regolata la materia dei contratti di locazione e della carta di soggiorno e lavoro per un partner straniero. I partners possono anche
decidere di estendere l'assistenza sanitaria al partner non coperto e hanno il dovere di assistenza reciproca.
60
La legge sulle coppie gay, adottata il 15 marzo 2001, prevede per coloro che hanno convissuto per almeno due anni una serie di
agevolazioni fiscali e il riconoscimento dei diritti di successione e nei contratti di affitto, del diritto a ferie e a permessi retribuiti per
motivi di famiglia, assolutamente analoghi a quelli previsti per le coppie eterosessuali coniugate. L’unico divieto è quello dell’adozione.
61
GARNERI, op.cit., 96 ss.; BLACHÈR, SEUBE, Le PACS à l’epreuve de la Constitution, in Rev. dr. pub., 1, 2000, 203 ss.; WINTEMUTE,
Legal Recognition of Same-Sex Couples: An Overview of Changes Within and Outside Europe, paper presentato al Convegno: Stare
insieme: Studi, ricerche e proposte sulle famiglie di fatto, Pisa, 5-6 novembre 1999;
19
C) il matrimonio
La possibilità di consentire alle coppie omosessuali la celebrazione di un matrimonio civile ha da
sempre incontrato forti resistenze politiche e culturali, in ragione della paventata minaccia che un simile
riconoscimento costituirebbe per l’istituto matrimoniale tradizionale. Al fine di aggirare tutte le possibili
obiezioni e i conseguenti veti al riconoscimento di tutela giuridica per le famiglie omosessuali, sono state
elaborate le forme di registrazione delle unioni, delle quali si è detto in precedenza. Tuttavia, seppure anche
dal mondo omosessuale provengano alcune voci contrarie alla formalizzazione dell’unione mediante il
matrimonio, in generale l’introduzione di istituti alternativi non ha placato la richiesta del riconoscimento del
diritto di sposarsi, in attuazione del principio di uguaglianza e di non discriminazione rispetto alle coppie
eterosessuali.
Il Paese che per primo ha riconosciuto agli omosessuali il diritto di contrarre matrimonio, è stato
l’Olanda62, ove il 21 dicembre 2000 si è proceduto a una modifica del codice civile, cui è seguita il 1 aprile
2001 l’entrata in vigore di una legge che estende agli omosessuali tutte le disposizioni relative alla
celebrazione e allo scioglimento del matrimonio e ai diritti che ne conseguono, valevoli per gli eterosessuali,
anche per molti aspetti inerenti alla filiazione, sui quali si dirà in seguito.
Ovviamente, l’innovazione legislativa, che non a caso proviene da un Paese “pionieristico” in materia
di tutela dei diritti civili, ha una valenza fortemente simbolica, poiché riscatta gli omosessuali da quella
dimensione di diversità cui erano stati emarginati e consente un superamento delle concezioni tradizionali
che ancorano la validità del matrimonio alla differenza di sesso tra gli sposi, in virtù della finalità procreativa.
Sull’esempio olandese, nel mese di gennaio 2003 anche il Parlamento belga ha approvato una legge
che riconosce i matrimoni tra persone dello stesso sesso: l’innovazione legislativa è tanto più sorprendente se
si considera che in Belgio l’influenza della Chiesa Cattolica è ancora notevole, e fa riflettere sulla possibilità
che riforme analoghe possano essere introdotte anche in altri Paesi di matrice cattolica, nonostante la
pregnanza di certi valori etici e culturali tradizionali.
In ogni caso, a testimonianza delle insormontabili difficoltà poste all’introduzione del matrimonio tra
omosessuali, si possono portare alcuni esempi, dai quali si rileva che, nonostante alcune aperture manifestate
soprattutto a livello giurisprudenziale, si sono successivamente registrate nette chiusure del legislatore o
giudizi negativi in sede di vaglio della legittimità costituzionale63. Un primo esempio è costituito da quanto è
accaduto nella Comunità autonoma della Navarra, in Spagna, ove una legge del 2000 che aveva
sostanzialmente parificato la disciplina giuridica di tutte le coppie, a prescindere dal sesso, ha incontrato il
veto del Tribunale Costituzionale, sul presupposto della impossibilità riproduttiva.
62
per un esame del testo di legge si veda http://ruljis.leidenuniv.nl/user/cwaaldij/www/NHR/new.htm e N. Maxwell, Opening Civil
Marriage to Same-Gender Couples: A Netherlands-United States Comparison, in http://law.kub.nl/ejcl/43/abs43-1.html; sul tema
BONINI BARALDI, op. cit., 452 ss.
63
per un’ampia ed approfondita analisi della casistica internazionale, si veda CECCHERINI, op. cit., dalla quale sono tratti gli esempi
citati.
20
Una situazione parzialmente diversa si è verificata nello Stato del Vermont, dove i giudici della Corte
Suprema, chiamati a decidere sull’interpretazione di una norma che escludeva gli omosessuali dal rilascio
delle licenze matrimoniali, ha statuito che lo Stato è costituzionalmente tenuto ad estendere alle coppie
omosessuali gli stessi benefici e le stesse protezioni che la legge garantisce alle coppie eterosessuali mediante
il matrimonio, e ha deferito al legislatore la decisione discrezionale di introdurre il matrimonio omosessuale
oppure una diversa disciplina attributiva di diritti e tutele analoghe a quelle offerte ai coniugi. In
ottemperanza all’ordine dei giudici, il Parlamento ha optato per la seconda alternativa, ed ha emanato una
legge sulla registrazione delle unioni omosessuali, la quale salvaguarda il tradizionale istituto del matrimonio
e contemporaneamente protegge le coppie dello stesso sesso.
In parte analogo è il caso dello Stato delle Hawaii 64: qui i giudici hanno dichiarato l’incostituzionalità
di una legge che riservava il matrimonio alle sole coppie eterosessuali, sulla base di una disposizione
costituzionale che sanciva il divieto di discriminazioni fondate sul sesso. L’organo legislativo, dal canto suo,
discostandosi dalle indicazioni dei giudici, ha proposto un emendamento alla Costituzione al fine di riservare
espressamente il matrimonio alle sole coppie eterosessuali. Di conseguenza, la Corte Suprema non ha potuto
che dichiarare legittima la legge impugnata.
Sulla scia delle vicende narrate, nel timore che il caposaldo costituito dal matrimonio eterosessuale
potesse essere destabilizzato da ulteriori decisioni giudiziali o da provvedimenti legislativi, il Congresso
americano, nel 1996, ha emanato il Defense Marriage Act65, con il quale si dà facoltà agli Stati di non dare
attuazione a quei provvedimenti che, seppur legittimi, conferiscono alle coppie omosessuali uno status
analogo a quello matrimoniale.
In Canada, a Vancouver, alcuni funzionari della Chiesa anglicana hanno approvato l’istituzione di un
rito volto a benedire le coppie omosessuali: seppure si tratti di una iniziativa priva di valore legale, essa sta a
dimostrare la volontà di rompere con le concezioni tradizionali e la presa di coscienza dell’esistenza di realtà
affettive diverse da quella coniugale eterosessuale, che pure meritano riconoscimento. Il 7 giugno 2002, in
Quebéc, come già avvenuto in precedenza in Nuova Scozia, sono stati autorizzati i matrimoni civili
omosessuali, mentre recentemente, dopo Ontario e Quebéc, anche la provincia del British Columbia è stata
chiamata a valutare la costituzionalità della definizione del matrimonio.
64
Baehr v. Lewis, 852 P.2d 414 (Haw. 1993).
65
Sull’argomento: D’ANGELO, La difesa del matrimonio eterosessuale negli Stati Uniti, in Pol. dir., 2, 2000, 312 ss.; KRAMER, SameSex Marriage, Conflict of Laws, and the Unconstitutional Public Policy Exception, in Yale L. J., 106, 1997, 1965 ss.; RUSKAY-KIDD,
The Defense of Marriage Act and the Overextension of Congressional Authority , in Colum. L. Rev., 97, 1997, 1435 ss.; LAYLOCK,
Equal Citizens of Equal and Territorial States: The Constitutional Foundations of Choice of Law, in Colum. L. Rev., 92, 1992, 249 ss.;
COX, Same-Sex Marriage and Choice of Law: If We Marry in Hawaii, Are Will Still Married when We Return Home?, in Wis. L. Rev.,
1994, 1033 ss.; GUILLERMAN, The Defense of Marriage Act: The Latest Maneuver in the Continuing Battle to Legalize Same-Sex
Marriage, in Houston L. Rev., 1997, 425 ss.
21
Da una lettura delle soluzioni proposte nel panorama legislativo internazionale, emerge la
generalizzata tendenza ad introdurre forme di tutela più o meno penetrante anche in favore della famiglia
omosessuale. Le difficoltà maggiori che si frappongono alla realizzazione di un sistema di protezione
completo, che non lasci spazio a diversità di trattamento e a conseguenti discriminazioni basate
sull’orientamento sessuale, sono dettate dalla resistenza dei legislatori nazionali ad abbattere le barriere
culturali, e a dichiarare definitivamente superati gli istituti civilistici tradizionali, quantomeno sin quando non
si sia attuata una radicale rivoluzione dei costumi e dei valori in seno alla realtà sociale.
Queste difficoltà sono tanto più evidenti in un Paese come l’Italia, nel quale gioca un peso rilevante
anche la presenza di una radicata tradizione cattolica. Pur nella consapevolezza che la strada verso la
realizzazione della piena equiparazione dei diritti è lunga, una qualche soluzione potrebbe comunque iniziare
a prospettarsi anche per il nostro Paese. Allo stato dei fatti, la migliore parrebbe quella presentata in
Parlamento dall’On. Grillini il 7 giugno 2001. Si tratta dell’unione domestica registrata, la quale si limita a
regolare gli aspetti patrimoniali della relazione, facendo salva la nozione e l’istituto matrimoniale – riservato
agli eterosessuali -, e nulla disponendo con riguardo all’adozione e ai rapporti filiazione. Una simile
soluzione preserva gli istituti tradizionali (matrimonio, filiazione ed adozione), soddisfacendo nel contempo
le legittime richieste di parità di trattamento e di non discriminazione, in conformità al principio di
uguaglianza sancito dall’art. 3 Cost., quanto meno con riferimento ai rapporti patrimoniali tra conviventi.
V- Coppia omosessuale e genitorialità
L’argomento dell’incapacità riproduttiva delle coppie omosessuali è uno di quelli che più spesso viene
invocato per negare il loro riconoscimento legale. Si sostiene infatti che la capacità riproduttiva rappresenta
un elemento caratterizzante sia il matrimonio che la convivenza eterosessuale, di guisa che la sua
impossibilità tra partners dello stesso sesso preclude la strada a qualsiasi forma di regolamentazione 66.
66
L’incapacità riproduttiva è, tra gli altri, un argomento fortemente sostenuto dalla Chiesa Cattolica al fine di negare la rilevanza
giuridica e il riconoscimento delle unioni omosessuali: si legge in Giovanni Paolo II, Discorso al Tribunale della Rota Romana, 21-11999 “si rivela anche quanto sia incongrua la pretesa di attribuire una realtà coniugale all’unione fra persone dello stesso sesso. Vi si
oppone, innanzitutto, l’oggettiva impossibilità di far fruttificare il connubio mediante la trasmissione della vita, secondo il progetto
inscritto da Dio nella stessa struttura dell’essere umano…". E ancora, in Giovani Paolo II, Discorso ai partecipanti della XIV Assemblea
Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia, “Le ‘unioni di fatto’ tra omosessuali costituiscono d'altra parte una deplorevole
distorsione di ciò che dovrebbe essere una comunione di amore e di vita tra un uomo e una donna, in una donazione reciproca aperta alla
vita". Inoltre, in Pontificio Consiglio per la Famiglia, Dichiarazione sulla Risoluzione del Parlamento Europeo che equipara la famiglia
alle 'unioni di fatto', comprese quelle omosessuali, 17-3-2000: “Ancor più grave è la pretesa di equiparare tali unioni al "matrimonio
legale", come reclamano alcune iniziative recenti”.
In dottrina, si veda POLITI, La confessione, Editori Riuniti, 2000; SULLIVAN, Virtually normal: an argument about homosexuality, trad.
it. Praticamente normali. Le ragioni dell’omosessualità, Giuffrè, 1996
Con riferimento alle iniziative tendenti a rendere legalmente possibile l’adozione di bambini nel quadro dei rapporti omosessuali, si è
affermato che” Non possiamo ignorare che, come riconoscono alcuni dei suoi promotori, una tale legislazione costituisce un primo
passo, ad esempio, verso l’adozione di bambini da parte di persone che vivono un rapporto omosessuale. Abbiamo paura per il futuro,
mentre deploriamo quanto successo nel passato", in Dichiarazione del Presidente della Conferenza Episcopale Francese, dopo la
promulgazione del "patto civile di solidarietà", 13-10-1999. Sostiene BALLETTI, op.cit., 248 ss., che “il minimo comune denominatore
tra le due realtà – quella di fatto e quella legittima – rimane comunque la non uniformità di sesso fra i suoi componenti. Non potendosi
riscontrare in natura i fenomeni riconducibili alla maternità o paternità naturali nell’ambito di convivenze di tipo omosessuale e
riconducibili ( in un rapporto di causa ed effetto) ad esse, la minima equiparazione…fra i conviventi di fatto rispetto a quelli legittimi,
non può essere riconosciuta in alcun modo ai membri di una coppia omosessuale rispetto alle altre due “specie”. Si veda inoltre
22
Diversamente altri opina che la necessaria diversità di sesso tra i coniugi non è sancita da nessuna
norma e che, in ogni caso, è possibile che la stessa coppia eterosessuale non possa o voglia riprodursi per via
biologica naturale67. D’altro canto, un tale obbligo non può dirsi legalmente imposto alla coppia
eterosessuale, e quindi il fatto che per quella omosessuale sussista l’impossibilità biologica di procreare
usando materiale genetico interno alla coppia stessa sarebbe irrilevante.
Ma quali sono le ragioni che ostano all’ammissibilità della filiazione per la coppia omosessuale?
Innanzitutto il fatto che storicamente l’omosessualità sia stata identificata con la pedofilia e ancor di più con
la pederastia. Ma una tale convinzione scaturisce da un’erronea concezione dell’omosessualità, intesa quale
perversione o malattia di natura psichica, e non invece quale condizione personale ascritta. Peraltro, a ben
vedere, nel sistema sussiste anche qualche irragionevolezza normativa, che appare priva di valida
giustificazione. Ci si riferisce alla disciplina del matrimonio del transessuale che abbia mutato sesso in
seguito ad intervento chirurgico: se tale operazione avviene successivamente alla celebrazione del
matrimonio, esso resta valido – salva la possibilità di chiedere il divorzio -, ma si nega la liceità del
matrimonio tra omosessuali o tra il transessuale operato e persona dello stesso sesso.
In realtà, il vero punto nodale è che tutta la disciplina giuridica della filiazione, naturale o artificiale,
gravita attorno al modello tradizionale di famiglia accolto dal legislatore costituente all’art. 29 Cost., vale a
dire la coppia coniugata eterosessuale, “naturalmente” finalizzata alla procreazione, tradizionalmente
considerata il luogo in cui può meglio realizzarsi il superiore interesse del minore: il matrimonio è destinato a
completare l’individuo, e quindi l’unione tra uomo e donna è naturale, spontanea e necessaria 68, e ad essa
consegue, come esigenza ulteriore, la creazione della famiglia, intesa quale “rapporto stabile con persona
dell’altro sesso, che consenta la procreazione di figli, e quindi la creazione di un centro di affetti che lo
[l’individuo] completi veramente e pienamente”69. La disciplina vigente in materia di filiazione rappresenta,
in sostanza, uno strumento di preservazione del dominio della famiglia coniugale eterosessuale rispetto ad
ogni altro modello di famiglia presente nella realtà sociale.
Nessuna norma esclude esplicitamente l’affidamento del bambino al genitore che abbia instaurato una
relazione omosessuale con un nuovo partner, e quindi l’opportunità andrebbe valutata caso per caso avendo
D’AGOSTINO, Le coppie omosessuali, problema per i giuristi, in Iustitia, 1994, 80-81 In senso analogo, CASTELLO, Sulle proposte di
istituzione dei registri delle unioni civili e di introduzione del matrimonio tra persone dello stesso sesso, in Giur. merito, 1994,993,
secondo cui la famiglia è "null'altro che la consacrazione sociale dell'istinto di conservazione e prosecuzione della specie", mentre il
matrimonio omosessuale sarebbe un contratto tra due persone che vogliono reciprocamente imporsi diritti e doveri”; SCHLESINGER,
op.cit., 393 ss..
L’orientamento costante dei tribunali ecclesiastici ravvede nell'omosessualità una possibile causa di nullità del matrimonio come "causa
di natura psichica" che impedisce di instaurare un vero consortium vitae coniugalis per l'impossibilità psicologica del contraente di
condividere una donazione sessuale fedele con una persona di sesso diverso o, più spesso, come errore di persona, con esplicito
riferimento alla creazione di una famiglia cristiana con prole e alla costituzione di un rapporto d'amore ordinato alla prole: v., tra le altre,
TRIB. ECCLES. UMBRIA 26.02.1993, Foro it., Rep., 1994, voce Matrimonio, n. 120; TRIB. APOSTOLICO ROMANA ROTA 24.11.1987, id.;
Rep. 1990, voce cit., n. 104; TRIB. ECCLES. ABRUZZO, 18.06.1987, id., Rep. 1989, voce cit., n. 93; SACRA ROMANA ROTA 24.11.1983,
id., Rep. 1985, voce cit., n. 85, e 31.01.1980, id., Rep. 1981, voce cit., n. 88.
67
WINTEMUTE, op.cit.
68
SAVIGNY, Sistema del diritto romano attuale, trad. it., Giappichelli, 1886, 346-347
23
riguardo all’interesse del minore. Tuttavia, quand’anche l’affidamento fosse disposto, al nuovo partner non
verrebbe riconosciuta la responsabilità genitoriale, poiché il nostro ordinamento attribuisce la titolarità della
potestà al nuovo partner del genitore affidatario, solo se costoro siano uniti in matrimonio e solo se il
“nuovo” genitore abbia adottato il figlio del coniuge ex art. 44 lett. b) l. 184/1983. Due quindi gli ostacoli
posti alla coppia omosessuale: l’impossibilità di celebrare il matrimonio e (conseguentemente?) quella di
adottare.
Quanto alla possibilità di ricorrere alla procreazione artificiale, essa è consentita dal progetto di legge
attualmente in discussione al Parlamento alla sola coppia eterosessuale, coniugata o convivente, e solo nelle
forme della fecondazione omologa. Di guisa che il medico che accettasse di assistere nella fecondazione la
donna single potrebbe ricevere una sanzione disciplinare da parte della Federazione dell’Ordine medico.
Astrattamente può dirsi che l’unica possibilità che residua all’individuo omosessuale, desideroso di
realizzare la propria naturale inclinazione alla genitorialità, è quella di ricorrere alle forme dell’adozione
speciale di cui all’art. 44 lett. a). c) e d), l.184/1983 70, cui sono eccezionalmente ammessi anche i singles.
Non vi è notizia che nella pratica ciò sia mai avvenuto, ma non è difficile prevedere che innanzi alla richiesta
di adozione proveniente da un omosessuale dichiarato, i giudici addurrebbero insuperabili argomenti contrari,
presumibilmente fondati sull’interesse del minore e sull’idoneità dell’omosessuale a fornire al bambino un
ambiente familiare adeguato a un sano sviluppo della personalità.
La legge sull’adozione, infatti, è ispirata al criterio dell’imitatio naturae, riferibile anche alla diversità
di sesso dei membri della coppia, i quali, è “naturale” che siano coniugati, poiché la famiglia legittima, realtà
fondamentale, primaria e preesistente al diritto, “isola che il diritto può solo lambire”, è assunta dal
legislatore ad indiscusso ed assoluto parametro di riferimento.
Rispetto ad essa, tutte le altre realtà sono fenomeni estranei, innanzi ai quali il legislatore italiano si
pone in una posizione di assoluta indifferenza: se ne riconosce l’esistenza, ma ci si astiene dall’intervenire
con una regolamentazione ad hoc, quasi nel timore che innovare significhi rivoluzionare un sistema,
stravolgerne i caratteri fondamentali, sovvertire l’ordine sociale. La famiglia omosessuale, in questo contesto,
è considerata un “monstrum privo di qualsiasi valida giustificazione”71, completamente al di fuori da ciò che
tradizionalmente può considerarsi “naturale”, e, come tale, ignorata dal diritto.
Si comprende, pertanto, il motivo per il quale la risoluzione del Parlamento europeo dell’8 febbraio
1994, là dove sancisce “il diritto degli omosessuali di essere genitori ovvero di adottare o di avere in
69
PULEO,op. cit..
La “speciale” adozione del minore trova applicazione, ai sensi dell’art. 44:
1- quando il minore è orfano di genitori e l’adottante è un parente entro il sesto grado o una persona unita al minore da un rapporto
stabile preesistente alla morte dei genitori (lett. a)
2- quando l’adottante è il coniuge del genitore naturale del minore (lett. b)
3- quando sia stata constata l’impossibilità di procedere all’affidamento preadottivo (lett. c)
4-quando il minore si trovi nelle condizioni indicate dall’art. 3, comma 1, l. 104/92, e sia orfano di padre e di madre
70
24
affidamento i bambini”, sia stata fortemente criticata dalla dottrina italiana: ammettere che gli omosessuali
possano diventare genitori, significherebbe equipararli alla coppia eterosessuale, riconoscere loro il diritto
all’adozione comporterebbe un’inconcepibile assimilazione alla famiglia legittima, da escludersi in via
assoluta in ragione della “natura” delle cose72.
Tuttavia, l’omosessualità, quale identità personale ascritta dell’individuo, è un fenomeno naturale:
essa esiste in natura. Gli omosessuali sono individui, portatori degli stessi bisogni espressi dalle persone
eterosessuali, tra i quali il desiderio di filiazione.
E qui si pone un problema molto delicato, perché tra le esigenze dell’individuo omosessuale, che
costituisca con il proprio partner una comunione di vita stabile, basata sull’affetto e sull’amore reciproco, vi
può ben essere quella di veder attuato il proprio comprensibile desiderio procreativo: necessità, questa, che,
per quanto astrattamente condivisibile, si scontra con l’interesse di un altro soggetto, il minore, il cui diritto
soggettivo ad avere una famiglia è tutelato in via assoluta. Ma in quale famiglia ha diritto di crescere il
minore?
Ora, non si vuole affatto negare che la famiglia omosessuale possa essere un “luogo di affetti” idoneo
alla sana crescita del bambino, o che i genitori dello stesso sesso non siano in grado di offrire tutto l’amore e
le cure necessarie per il sereno sviluppo del minore. Si verificano certamente tante situazioni di procreazione
naturale in cui il minore non è adeguatamente curato, in cui i genitori, benché eterosessuali, si rivelano
irresponsabili ed incapaci ad esprimere una genitorialità compiuta e sana.
Non costituisce dato scientificamente accertato neppure il fatto che l’orientamento sessuale dei
genitori possa in qualche modo influenzare quello del bambino, tant’è che normalmente si scopre
omosessuale proprio il figlio di genitori eterosessuali, nato e cresciuto in una famiglia “normale”.
Tuttavia, le moderne scienze psicologiche, psichiatriche e psicanalitiche hanno dimostrato la necessità
di offrire al bambino un modello genitoriale costituito da un individuo di sesso maschile e uno di sesso
femminile, al fine di uno sviluppo equilibrato delle personalità, di una corretta formazione del carattere e di
un regolare processo di socializzazione73.
Ma soprattutto nell’attuale società italiana, a fronte di alcune aperture in favore dell’omosessualità, si
registrano radicati ostruzionismi di carattere culturale, i quali potrebbero nuocere alla serena crescita e
71
72
BALLETTI, op.cit., 250
COSTANZA, op.cit., 1079 ss.
73
A. e F. FINOCCHIARO, Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori, Giuffrè, 1983, 72 s., ove sono reperibili ulteriori
indicazioni bibliografiche.
Si noti che altre indagini condotte negli Stati Uniti hanno dato risultati opposti, nel senso che il bambino cresciuto nella famiglia
omosessuale non avrebbe né incertezze sulla propria identità sessuale, né sulla distinzione tra generi, né, infine, avrebbe problemi di
inserimento sociale. In tal senso, CAGGIA, Convivenze omosessuali e genitorialità: tendenze, conflitti e soluzioni nell’esperienza
statunitense, in I contratti di convivenza, cit., 248 - 249.
25
all’inserimento del minore nella società, col rischio di fare del bambino un individuo emarginato, non
integrato ed escluso dai rapporti sociali in genere.
Quello descritto, a parere di chi scrive, costituisce il principale ostacolo effettivo e concreto, se si
vuole “culturale”, che oggi si frappone al riconoscimento del diritto alla filiazione per gli omosessuali. Non
bisogna poi dimenticare che, al di là della sacrosanta necessità di depurare la nostra società da ogni attitudine
discriminatoria fondata sull’orientamento sessuale, in materia di filiazione non esiste un diritto dell’adulto di
essere genitore, un diritto ad adottare finalizzato esclusivamente alla soddisfazioni di egoistici desideri
individuali o alla realizzazione personale: preminente è solo il diritto del minore a crescere sano, in un
ambiente sereno ed idoneo alla formazione della propria personalità.
Lo stesso movimento gay e lesbico, consapevole dei troppi impedimenti, legislativi e fattuali, alla
realizzazione dell’obiettivo “filiazione” nel contesto della famiglia omosessuale, non pone la questione al
centro delle proprie rivendicazioni. Ciò che più conta, per ora, è il valore simbolico che acquisterebbe il
riconoscimento dell’astratto diritto della coppia omosessuale ad essere considerata idonea come famiglia
genitoriale74.
VI- Le soluzioni straniere
Negli Stati Uniti la famiglia composta dai partner omosessuale e da figli minori è divenuta oramai una
realtà molto diffusa75.
Lo strumento dell’adozione, sia nella forma della co-parent adoption (il minore è il figlio biologico o
adottivo di uno dei partner, e con esso l’altro partner instaura una relazione genitoriale) che in quella della
strangers adoption (non sussiste alcun legame giuridico tra aspiranti genitori e minore),in molti Stati76 è
accessibile anche alle coppie omosessuali, che lo utilizzano “come veicolo per il conseguimento della
rilevanza giuridica per la propria unione, con effetti determinanti in primo luogo,.., sotto il profilo
74
D’altro canto, ben difficilmente può ipotizzarsi una trattazione della questione “figli” prima che si sia affrontata quella diversa del
riconoscimento della convivenza omosessuale, e della conseguente regolamentazione dei rapporti tra partners: di tale opportunità si
rendono conto gli stessi promotori delle recenti proposte di legge in materia di unione registrata, i quali esplicitamente escludono dalla
regolamentazione tutta la materia della filiazione. Ad esempio, si legge nel recente progetto Grillini sull’unione domestica registrata
Art.
3
(Condizione
dei
figli)
1. La celebrazione dell'unione domestica registrata non ha effetti sullo stato dei figli dei contraenti.
2. Le disposizioni relative alla presunzione di concepimento nel matrimonio e al divieto per la donna di contrarre matrimonio prima che
siano passati trecento giorni dallo scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio precedente non si
applicano
all'unione
domestica
registrata.
3. Le disposizioni sulla disciplina delle adozioni speciali relative alle famiglie e ai coniugi non si applicano alle unioni domestiche
registrate.
75
CAGGIA, op.cit., 243 ss..
Le adozioni da parte di gay e lesbiche sono espressamente vietate in Utah, Mississippi e Florida, mentre in altri Stati l’adozione è
concessa al single e non è espressamente vietata agli omosessuali. Essa è invece espressamente consentita dalle giurisdizioni di New
York, Massachusetts, Vermont e dal Distretto della Columbia: l’adozione cui ci si riferisce è quella congiunta, in cui i partners
condividono diritti e doveri nei confronti del figlio adottivo, quanto meno nel senso di permettere al genitore non biologico di adottare il
figlio naturale del partner. In altri Stati, ad esempio nel New Jersey, è possibile adottare anche un bambino con il quale non sussista
alcun legame di parentela.
76
26
successorio”77. Preliminare all’adozione è la valutazione della sua conformità all’interesse del minore, che
sussiste allorquando i rapporti tra costui e il/la partner del genitore naturale o adottivo siano stabili e basati su
un’intensa relazione di affetto 78. Ma anche negli Stati Uniti la questione della filiazione resta controversa, se
si considera, ad esempio, che nel mese di giugno 2002, su ricorso di una associazione religiosa per la difesa
dei bambini orfani, un giudice dello Stato del Michigan, interpretando restrittivamente proprio la legge che
consente l’adozione solo alle coppie sposate o ai singles, è intervenuto per bloccare ed impedire le adozioni
da parte di coppie omosessuali.
In Canada, la legislazione vigente in British Columbia prevede espressamente che due individui
adulti, indipendentemente dal sesso, possano adottare un bambino, mentre, in generale è consentita
l’adozione da parte del single, senza riferimento all’orientamento sessuale. In Quèbec il 7 giugno 2002 è
entrata in vigore una legge che espressamente riconosce agli omosessuali il diritto all’adozione e
all’inseminazione artificiale.
Venendo a realtà più vicine a quella italiana, l’adozione è espressamente prevista solo in alcuni Paesi
europei. In Olanda, la legge entrata in vigore il 1° aprile 2001 consente alla coppia omosessuale, che abbia
convissuto per almeno tre anni, anche se non coniugata, di adottare un bambino, la cui famiglia d’origine non
gli assicuri la necessaria cura morale e materiale. E’ altresì ammessa l’adozione del figlio biologico del
partner, del quale ci si sia presi cura per almeno un anno, e verso il quale la coppia eserciterà congiuntamente
la responsabilità genitoriale.
In Svezia, la legge che consente l’adozione alle coppie omosessuali registrate è stata approvata il 5
giugno 2002. Rispetto alla legge olandese, essa conferisce una facoltà ulteriore, poiché consente l’adozione
di bambini provenienti anche da altri Paesi (seppure la novità non potrà che produrre effetti marginali, visto
che la maggior parte dei Paesi vieta l’adozione da parte di coppie omosessuali). La coppia potrà procedere sia
all’adozione congiunta, sia all’adozione del figlio del partner.
L’adozione congiunta è consentita anche in Navarra (Spagna), in Danimarca e in Islanda (in Norvegia
è stata fatta una raccomandazione in favore del riconoscimento), mentre in Inghilterra il 17 maggio 2002 è
stata approvata alla Camera dei Comuni una proposta di legge che consente l'adozione anche alle coppie di
fatto. La proposta deve ora passare al vaglio della Camera dei Lord, e deve anche superare un emendamento
che esclude le coppie omosessuali dal diritto all'adozione.
77
MARELLA, L’adozione dei minori oltre il canone dell’imitatio naturae: l’impatto dei nuovi modelli di genitorialità sulla disciplina
vigente, in http://www.jus.unitn.it/cardozo/Review/Persons/Marella1.html, ID., voce Adozione, in Dig. Iv ed., Disc. Priv., sez. civ., Utet,
2000.
78
l’Associazione degli Psicanalisti Americani, e in precedenza l’Associazione degli Psichiarti Americani, hanno approvato un
documento in cui si chiede che venga eliminato il divieto di adozione da parte delle coppie gay, e si dichiara che l’orientamento sessuale
non rappresenta un elemento discriminante per le adozioni. Si afferma infatti che non sussiste alcuna prova scientifica del nocumento
che al figlio deriverebbe dall’avere due genitori adottivi dello stesso sesso, poiché il migliore interesse del figlio richiede esclusivamente
l’attaccamento
a
genitori
motivati,
dedicati
e
competenti.
27
Numerose discriminazioni nei confronti dei genitori naturali o acquisiti omosessuali permangono, in
generale, con riferimento al “parenting”, termine inglese con cui ci si riferisce all’insieme degli obblighi di
cura ed educazione nei confronti del bambino. In caso di separazione di una coppia, in cui uno dei coniugi sia
dichiaratamente omosessuale, è abbastanza improbabile che a costui venga attribuito l’affidamento del figlio.
Nei casi in cui il bambino venga affidato al genitore omosessuale convivente con un partner dello stesso
sesso, normalmente al nuovo compagno non viene riconosciuto il coaffidamento, salvo in Danimarca, Islanda
e Norvegia, che prevedono la possibilità dell’esercizio congiunto della potestà genitoriale sui figli di uno dei
conviventi, mentre il legislatore olandese dispone che il partner del genitore affidatario abbia la
responsabilità del mantenimento, anche dopo la cessazione della relazione di affidamento.
Venendo alla procreazione assistita, in molte giurisdizioni del Nord America 79 e in Inghilterra non
vige alcun divieto di inseminazione della donna non coniugata mediante seme di un donatore esterno. In
Canada, i giudici hanno ritenuto che il rifiuto opposto dal medico a procedere all’inseminazione di una
coppia lesbica fossa contrario al divieto di discriminazione basato sull’orientamento sessuale (e, come detto
in precedenza, il 7 giugno 2002 è entrata in vigore in Quèbec una legge che espressamente riconosce alle
coppie omosessuali il diritto di sottoporsi a inseminazione artificiale). In Inghilterra, la partner di una donna
che si sottopone a inseminazione eterologa non acquista automaticamente la responsabilità genitoriale, e in
caso di maternità surrogata, il partner maschio – a differenza del partner donna - dell’uomo che ha prestato il
proprio sperma non può ottenere il riconoscimento giudiziale del rapporto legale di genitorialità. Infine, in
Svezia, è in discussione una legge che espressamente riconosce alla coppia lesbica il diritto di procedere a
inseminazione artificiale.
79
l’inseminazione artificiale della donna non coniugata è ammessa in California, Colorado, Illinois, New Jersey, New Mexico, Oregon,
Washington, Wisconsin e Wyoming.
28