“BIOPOLITICA: LE NUOVE SFIDE CULTURALI” Appunti dalla lectio magistralis del Prof. Francesco D’Agostino Il primo esempio di Biopolitica è senz’altro, sia per dimensioni che per arroganza, il limite del figlio unico imposto dal Governo Cinese a tutte le famiglie. Non era mai accaduto che un Governo legiferasse sul numero dei figli che una coppia può avere! E pensate a quante famiglie vengono a subire questo sopruso, perché la Cina è il Paese più popolato del Mondo! La Biopolitica è proprio questa ingerenza dei Governi su quella che Aristotele chiamava la “nuda vita” (Bios) della persona, ovvero il suo nascere, il suo morire e il suo procreare. Non si tratta della traduzione parlamentare delle questioni di Bioetica, quanto piuttosto il tentativo di legiferare in un ambito che si sottrae, per sua natura, a questa possibilità. C’è una distinzione –diceva già Aristotele nel quarto secolo a.C. – tra la vita privata e la vita pubblica di una persona. La prima ha a che fare con la sua famiglia, lo spazio intimo in cui si nasce, in cui si impara a parlare, ad amare, a rispettarsi e ancora… in cui si muore (nessuno desidera morire in una stanza asettica di una clinica). La famiglia è ancora il luogo dove ogni membro è chiamato per nome o addirittura per soprannome, dove si fa festa per il fatto di essere legati da vincoli di sangue fortissimi e dove nessuno viene ricercato per la professione che fa, ma solo per il nome che ha. I due ambiti, quello privato e quello pubblico, devono rimanere separati. Nell’Impero romano e nei regni antichi si assiste ad una invasione della sfera pubblica in quella privata: al Sovrano si deve ogni rispetto ed ogni attributo, compresi quelli divini. Come al Divo Augusto. Il Cristianesimo cosa fa? Desacralizza, laicizza la vita, ovvero riporta la divisione tra le due sfere d’azione dell’uomo. Paradossalmente la Chiesa, accusata oggi di ingerenza nella vita pubblica, è stata la prima a separare “ciò che è di Cesare da ciò che è di Dio”. Infatti i primi cristiani muoiono martiri pur essendo assolutamente obbedienti alle leggi. Perché li uccidono? Perché non vogliono riconoscere l’Imperatore come Dio e quindi non mettono l’incenso nel braciere che arde davanti a lui. Cioè i cristiani sono i primi a dire che la vita religiosa non può essere decisa dal Sovrano di turno. La libertà religiosa è la prima di tutte le libertà. Arriviamo ad oggi, agli Stati civili che legiferano sull’aborto, sulla fecondazione in provetta, sul fine morte, sul matrimonio. Si assiste cioè ad un ritorno dello Stato totalizzante, quello che il Cristianesimo aveva sempre voluto arginare. L’aborto non è un evento politico perché la gravidanza è un fatto fisiologico e quindi è di competenza del medico. Faccio un esempio al proposito: la legge 194 stabilisce che fino al terzo mese di gravidanza l’aborto sia estremamente facile, mentre superato questo termine è ammesso solo in due condizioni, molto particolari e specifiche. Ora ci domandiamo: che cosa cambia nel feto umano allo scoccare della mezzanotte del terzo mese di gravidanza? Quale trasformazione avrà mai subito in pochi istanti per non essere più abortibile? Ancora: se una donna abbandona il neonato è imputabile di tentato omicidio. Ma perché allora ha potuto abortirlo solo qualche giorno prima, quando era ancora intrauterino, nella perfetta legalità, senza essere imputabile? Che cosa è cambiato dal punto di vista della realtà biologica? Nulla. Ci sono diversi bioeticisti che sostengono oggi la possibilità di accettare l’aborto postnatale (infanticidio) alle stesse condizioni in cui è legale prima del parto. In una clinica olandese è possibile farlo per un accordo tra i medici e i magistrati. Arriviamo alla rivendicazione di oggi del “matrimonio” tra persone dello stesso sesso. Si deve precisare che il matrimonio è il “matris munus” (il dono della madre) ovvero è da sempre il nodo che unisce le generazioni. Per la prima volta nella storia la Spagna di Zapatero ha ridefinito l’istituto matrimoniale estendendolo anche alle coppie dello stesso sesso. Ma si tratta di un’ingerenza indebita della Biopolitica: il matrimonio è per definizione legato alla generazione e quindi non può che essere un contratto tra un uomo e una donna. I Romani erano chiarissimi a proposito. Si parla di matrimonio quando c’è la generazione dei figli, di concubinato quando non c’è e ancora di contubernium quando si parla di prostituzione. Era assodato per tutti che nel momento in cui il rapporto diventava generativo, si doveva passare al matrimonio. Si chiede anche l’adozione per le coppie dello stesso sesso. La cosa stranissima è che si chiudono gli occhi sulla vastissima letteratura che riporta alla dualità sessuale dei genitori la costruzione della identità sessuale del bambino. Partendo dal complesso di Edipo. La madre veicola l’amore e il padre veicola la legge e l’autonomia. Assurdo parlare di omoparentalità. Assurdo da un punto di vista psicologico e antropologico. Il narcisismo delle coppie omosessuali che vogliono imitare le coppie eterosessuali non trova limiti nemmeno di fronte ai diritti sacrosanti dei bambini. Se un giudice affida un minore ad una coppia omosessuale non lo fa perché manchino quelle eterosessuali (superano infinitamente l’offerta), ma solo perché si è fatta un’unica graduatoria e si affidano in base all’ordine. Cioè si fanno sperimentazioni sui bambini: vediamo cosa accade a loro quando crescono in una famiglia di omosessuali. Anche quando un bambino cresce con la sola madre, perché il padre se n’è andato, la figura del padre continua ad essere presente e ad educare. La madre infatti ricorda al bambino che un buon padre si prende cura dei suoi figli… Il padre e la madre sono necessari per la strutturazione della personalità del bambino. Umberto Fasol