L’ eterno ritorno della “libertà degli antichi” l’episodio E’ notizia di oggi 21 novembre 2010 che la Francia si propone (iniziativa della pediatra e deputato Edwige Antier) di proibire per legge, oltre l’uso della forza fisica nei confronti dei figli minori, quello della “violenza psicologica e (del) le sofferenze morali”, le umiliazioni, cioè, e gli atteggiamenti troppo severi che possono produrre conseguenze negative nella personalità dei bambini. Ventinove Paesi d’Europa, tra cui le nazioni scandinave (la Svezia fu il primo Stato che proibì, nel 1979, le punizioni corporali), Gran Bretagna, Spagna e Portogallo, sui 47 del Consiglio europeo, hanno già vietato le “violenze fisiche”. In Francia, introducendo il divieto, ci si propone di andar oltre estendendolo alle “violenze psicologiche” nell’intento, e nella convinzione, probabilmente fondata, di trovare orecchie sensibili nell’area europea. Il dibattito sulla questione si sta concentrando sulla irrealizzabilità, denunciata da molti esperti, di un divieto del genere per la sostanziale indefinibilità del suo oggetto: la concreta individuazione, ed il riconoscimento, della “violenza psicologica” nel vivere corrente della famiglia. Il notista, che sul “Corriere” del 21 novembre 2010 riferisce dell’iniziativa, titola “La ricerca impossibile di genitori perfetti” con una intuizione corretta sul piano della sua presumibile irrealizzabilità nella pratica, e, va aggiunto, nella valutazione giudiziaria delle fattispecie, ma che merita ben più approfondita elaborazione su quello dell’approccio delle Istituzioni al problema. uno sguardo all’indietro Sul crinale mediano del diciassettesimo secolo John Milton (Areopagitica, 1644) e Thomas Hobbes (Leviatano, 1651) si misurarono sull’analisi del rapporto tra il “principio” di “libertà”e quello di “autorità”. Il primo a sottolineare che il “principio di libertà” legittima le diversità così elidendo le contrapposizioni cruente tra principi morali e politici diversi. Il secondo ad individuare il “principio di autorità” come il supporto di legittimazione di un “dispotismo” regolatore della contrapposizione tra le diversità. Il dibattito, in cui Milton apriva il sentiero ad una visione nuova (chiamiamola quella della “libertà nuova”) trovava le proprie radici nella Riforma Protestante di più di un secolo prima che, ponendo nel mirino la funzione di mediazione teologica della Chiesa nel rapporto tra credenti e divinità e mettendo in discussione 1 il principio di autorità papale nell’organizzazione della Chiesa, aveva eroso una lunga notte di conformismo acritico che assegnava al pontefice romano il “potere” in tema di religione ma, in parallelo, al sovrano, quello sulla società civile. Riflettendo su questi temi, Benjamin Constant, scrivendo agli albori del XIX secolo, segnalò che l’Europa si trovava in un passaggio epocale: dalla “libertà degli antichi” per cui il singolo individuo si trovava identificato e assorbito nella collettività e subordinato al “potere” che la regge ed alle regole che il potere detta (religioso e politico), alla “libertà (radicalmente) nuova” (dei “moderni”, la definì) che avrebbe conformato la libertà politica non più incentrandola sul collettivo ma sull’individuo affrancato dal dispotismo della politica e dalla tirannia, superstiziosa e religiosa, della morale. Donde l’equilibrio liberatorio per il singolo tra democrazia (partecipazione alla “polis”) e autonomia (assenza di costrizioni nel perseguire ideali personali). Il pensiero fece breccia nel corso del secolo; da Stuart Mill a Kant a tutti i pensatori dell’epoca che, sia pur con percorsi diversi, opposero al contratto sociale di delega al “potere” dei diritti dell’uomo l’ipotesi di un patto per cui ogni diritto personale dovesse trovare incondizionata espressione se il suo esercizio producesse effetti destinati a restare circoscritti nella sfera del suo autore. la restaurazione della prima parte del XX secolo Nella pratica sociale la “libertà nuova” non fu mai vittoriosa (potrebbe mai esserlo, a ben pensare, in una specie di primati?) ma trovò spazio nelle convinzioni e nelle iniziative di molti che, sia pur frammentariamente, contribuirono al varo di tutele per il singolo impensabili nel corso dei due millenni precedenti. La prima parte del XX secolo vide il prepotente ritorno, sotto forme nuove ma del tutto coerenti al fenomeno delle società di massa, della “libertà degli antichi” attraverso l’assimilazione da parte di fascismo, nazismo e comunismo della società civile a quella politica per la via di una concezione organicistica che rappresentò una perfetta attualizzazione dello sperimentato istituto. l’attualità e il nuovo ritorno; più forte ancora? Dal secondo conflitto mondiale ad oggi il ricco occidente si è omogeneizzato, nel risallamento. Premono da oriente i nuovi “barbari” ma il capitalismo, tempestivamente riciclatosi assumendo forme e sostanze diverse, ne rallenterà la conquista, comunque inevitabile. 2 Nel frattempo ha assunto la gestione subdola delle società e si è fatto da “potere economico” visibile nelle sue manifestazioni politiche, “potere politico” tanto occulto quanto, proprio per questo, più forte e, in buona sostanza, assoluto. Naturale, perciò, il ritorno a piene mani a quella concezione della “libertà degli antichi”, allo strumento principe per spegnere ogni autonomia individuale col risultato di frantumare gli ostacoli al proprio agire col supporto dello spontaneo, e convinto, asservimento del singolo. recupero dell’evento di esordio E’ sicuramente vero che sul piano del buon senso, prima ancora che su quello dell’intelligenza, è “impossibile” la ricerca di “genitori perfetti”. E’ altrettanto vero, però, che l’ordinamento che regolamenta, sanzionando, questo aspetto così privato, personale ed intimo del nucleo sociale primo, la famiglia, altro non può essere che quello di uno Stato che pone alla base del suo agire la “libertà degli antichi”. Col risultato, in buona sostanza, di creare una cappa tanto invisibile (la novità) quanto difficilmente riconoscibile e, quindi, aggredibile, (il risultato). 3