REPUBBLICA ITALIANA
N. 2872/08 REG.DEC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 9231 REG:RIC.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione
ANNO 2007
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 9231/2007, proposto da Carlo Alberto Tesserin, Antonio Di
Luzio, Marina Baleello, Daniele Bison, Mario Dalla Tor, Massimo Parravicini, Gianni
Sopradassi, rappresentati e difesi dagli Avvocati Prof. Chiara Cacciavillani, Ivone
Cacciavillani, Luigi Manzi ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo,
in Roma, Via Confalonieri, n. 5.
CONTRO
la Provincia di Venezia, rappresentata e difesa dall'Avvocato Francesco Caffarelli ed
elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, Via Tigré, n. 37.
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione Terza,
1 agosto 2007, n. 2621.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della parte appellata;
Esaminate le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;
Relatore alla pubblica udienza del 15 gennaio 2008, il Consigliere Marco Lipari;
Uditi gli avv.ti Manzi, Cacciavillani e Caffarelli, come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
1. La sentenza impugnata ha in parte dichiarato inammissibile e in parte dichiarato
irricevibile il ricorso proposto dagli attuali appellanti, per l’annullamento dei
seguenti atti:
a) deliberazione 2 marzo 2006, n. 20, con cui il Consiglio provinciale di Venezia
aveva approvato il regolamento per l’elezione dei consiglieri provinciali stranieri
aggiunti al Consiglio della Provincia di Venezia;
b) articolo 8-bis dello Statuto provinciale, introdotto con deliberazione consiliare 8
aprile 2004, n. 28, concernente la previsione della figura dei consiglieri provinciali
stranieri aggiunti;
c) deliberazione 4 luglio 2006, n. 186, della Giunta provinciale di Venezia, che ha
indetto l’elezione dei consiglieri provinciali aggiunti per l’aprile del 2007;
2. Gli appellanti contestano la pronuncia del tribunale e ripropongono i motivi
disattesi dalla sentenza impugnata.
3. L’amministrazione resiste al gravame.
DIRITTO
1. Il Consiglio provinciale di Venezia, con la deliberazione 8 aprile 2004, n. 28, ha
2.
3.
4.
5.
introdotto nello statuto dell’Ente l’articolo 8-bis, intitolato al “consigliere
straniero aggiunto”, in rappresentanza di apolidi o cittadini stranieri, non
appartenenti all’Unione europea.
La nuova norma statutaria prevede la seguente disciplina. «1. È istituita la figura
del Consigliere Straniero aggiunto, riconoscendo ai cittadini stranieri
maggiorenni, residenti nel territorio provinciale, il diritto di eleggere propri
rappresentanti chiamati a partecipare ai lavori del Consiglio Provinciale con
diritto di convocazione alle sedute del Consiglio Provinciale, di informazione
preliminare sugli oggetti trattati, con solo diritto di parola. 2. Partecipa ai lavori
delle Commissioni Consiliari permanenti e delle Commissioni Speciali con le
stesse modalità previste al punto 1. 3. L’elezione della figura del Consigliere
Straniero aggiunto, disciplinata da apposito regolamento, avviene, di norma, in
coincidenza delle elezioni per il rinnovo del Consiglio Provinciale. Questi rimane
in carica per la durata del mandato dello stesso Consiglio Provinciale».
Il regolamento per l’elezione dei consiglieri stranieri aggiunti, cui si riferisce il
punto 3 della disposizione statutaria, è stato poi approvato dal Consiglio
provinciale, con la deliberazione 2 marzo 2006, n. 20.
L’articolo 1 del regolamento stabilisce che, ai sensi del citato art. 8-bis, al
Consiglio provinciale sono aggiunti tre consiglieri stranieri, eletti secondo un
sistema elettorale proporzionale, e definisce la formazione di tre collegi elettorali,
elencando i Comuni inclusi in ciascuno di questi.
L’articolo 2 prevede l’istituzione di un ufficio centrale, cui sono affidate tutte le
competenze in materia elettorale; gli articoli 3 e 4 disciplinano l’elettorato attivo
ed i criteri per la formazione delle liste, mentre gli articoli da 5 a 17 regolano, nei
diversi aspetti, le operazioni elettorali, e così le sezioni (art. 5) , l’elettorato
passivo (art. 7), la presentazione delle candidature (art. 9), l’ufficio elettorale di
sezione (articoli 12 e 13), la votazione e le seguenti operazioni di scrutinio con la
proclamazione dei risultati (articoli 14-17), la decadenza e la surrogazione
(articoli 18 e 19).
6. L’art. 21, dopo aver riprodotto le previsioni contenute nell’art. 8-bis dello statuto,
stabilisce che, per la partecipazione alle sedute del Consiglio provinciale e delle
commissioni consiliari, ai consiglieri stranieri aggiunti è corrisposto il gettone di
presenza e il rimborso delle spese di viaggio nella misura e con le modalità
previste per i consiglieri provinciali.
7. Alberto Tesserin, Giovanni Anci, Marina Balleello, Daniele Bison, Luciano
Compagno, Mario Dalla Tor, Antonio Di Luzio, Massimo Parravicini e Gianni
Sopradassi - ciascuno «nella duplice veste di consigliere provinciale ed elettore
della Provincia di Venezia» - hanno impugnato, dinanzi al competente TAR per il
Veneto, il regolamento elettorale, nonché la delibera di giunta n. 186/2007, che ha
indetto l’elezione dei consiglieri provinciali aggiunti per l’aprile del 2007e, per
quanto possa occorrere, anche il citato articolo 8-bis, con ricorso notificato il 2
maggio 2006.
8. Secondo il tribunale, il ricorso è inammissibile, perché proposto da soggetti privi
della necessaria legittimazione, e irricevibile, nella parte in cui mira a contestare
un provvedimento (il regolamento elettorale), ritenuto meramente esecutivo di
una precedente disposizione statutaria, concernente l’istituzione della nuova
figura del consigliere straniero aggiunto, non tempestivamente impugnata.
La pronuncia ha escluso, in primo luogo, che la legittimazione dei ricorrenti possa
scaturire dalla loro posizione di cittadini elettori della Provincia, “non potendo
lamentare alcuna riduzione dei loro diritti elettorali; né ovviamente in tale veste – o in
qualsiasi altra veste – essi possono fare valere violazioni della legalità che non siano
correlate a proprie situazioni giuridiche sostanziali che si assumono lese dal
provvedimento, da cui far derivare l’esistenza di un interesse attuale e concreto
all’annullamento dell’atto: “altrimenti l’impugnativa verrebbe degradata al rango di
azione popolare a tutela dell’oggettiva legittimità dell’azione amministrativa, con
conseguente ampliamento della legittimazione attiva al di fuori dei casi espressamente
previsti dalla legge, in insanabile contrasto con il carattere di giurisdizione soggettiva
che la normativa legislativa e quella costituzionale hanno attribuito al vigente sistema di
giustizia amministrativa” (così Cons. St., sez., IV, 28 agosto 2001, n. 4544)”.
9. Questa statuizione è contestata dagli appellanti, i quali sostengono che gli atti
impugnati incidono sulla loro sfera giuridica di elettori, i quali hanno interesse,
qualificato, alla regolare composizione dei collegi elettorali che formeranno
l’assemblea elettiva.
10. La tesi degli appellanti è, in parte, condivisibile.
11. Va ricordato, al proposito, che la “qualità” di elettore è requisito sufficiente per
attribuire la legittimazione al ricorso in materia di operazioni elettorali.
12. Le norme che disciplinano le modalità e i requisiti di partecipazione sono
strettamente connesse allo svolgimento delle elezioni e, quindi, non può essere
contestata la legittimazione dei cittadini elettori a contestare la legittimità delle
determinazioni adottate dagli enti locali, suscettibili di influenzare la regolarità del
procedimento.
13. Poiché la contestazione ha per oggetto immediato la legittimità delle impugnate
norme statutarie e regolamentari, la questione del diritto all’elettorato attivo e
passivo, che radicherebbe la giurisdizione ordinaria, resta in secondo piano e non
incide sulla cognizione affidata al giudice amministrativo.
14. La sentenza ha ritenuto, poi, che nemmeno la posizione di consiglieri provinciali
sia idonea a costituire idoneo titolo legittimante la proposizione del ricorso contro
gli atti relativi all’istituzione della figura del consigliere aggiunto.
15. A dire della pronuncia, “Per quanto poi riguarda l’interesse all’impugnazione che
i ricorrenti possono avere nella loro veste di consiglieri provinciali, va intanto
ricordato come, secondo la giurisprudenza consolidata, in linea di principio i
consiglieri dissenzienti non hanno un interesse protetto e differenziato a
impugnare le deliberazioni dell’organismo del quale fanno parte.
In quanto tali, cioè, essi non appaiono legittimati ad agire contro l’Amministrazione
di appartenenza, “dato che il giudizio amministrativo non è di regola aperto alle
controversie tra organi o componenti di organi di uno stesso ente, ma è diretto a
risolvere controversie intersoggettive; sicché, un ricorso di singoli consiglieri (…) può
ipotizzarsi soltanto allorché vengano in rilievo atti incidenti in via diretta sul diritto
all’ufficio dei medesimi e, quindi, su un diritto spettante alla persona investita della
carica di consigliere” (così Cons. St., sez. V, 15 dicembre 2005, n. 7122; cfr. , altresì,
per ulteriori riferimenti giurisprudenziali, Tar Veneto, sez. I, 8 novembre 2006, n. 3749).
4.5. Orbene, quando gli odierni ricorrenti affrontano la questione del pregiudizio
arrecato ad essi, quali consiglieri, dai provvedimenti impugnati, affermano (così la
memoria 22 febbraio 2007) di essere legittimati a far valere “il riverbero negativo” che
sulle loro prerogative si produce “per effetto dell’estensione della qualità di consiglieri
a soggetti ai quali – in assenza di legge statale – detta qualità non può assolutamente
essere conferita”.
Peraltro, quando devono dare concrete dimensioni a tali affermazioni, essi
individuano, anche nelle ultime difese, un novero assai limitato - e, si vedrà,
inconsistente - di siffatti pregiudizi.
In particolare, secondo i ricorrenti, ai consiglieri provinciali stranieri è riconosciuto
il diritto di partecipare ai lavori del consiglio e di prendervi la parola, e ciò influirebbe
in via diretta sulle prerogative dei consiglieri ordinari.
Il diritto di parola, infatti, sarebbe “assoggettato a contingentamento dei tempi”, in
forza dell’art. 67 del regolamento provinciale per il funzionamento del consiglio, sicché
“la sua estensione a soggetti che non possono far parte del collegio incide direttamente
sul tempo assegnabile per l’esercitabilità di quel diritto … da parte dei consiglieri
provinciali ordinari”.
Inoltre, proseguono i ricorrenti, il diritto di parola può essere limitato, ex art. 78 del
regolamento testé citato, se lo richieda un terzo dei componenti assegnati al collegio: e
se tra questi rientrano anche i consiglieri aggiunti, anch’essi concorrono a formare il
quorum richiesto per la richiesta della chiusura della discussione”.
4.6.1. Ora, anche tenuto conto di tali specifiche doglianze, non sembra al collegio
che lo stesso art. 8 bis – e, a fortiori, le norme del regolamento elettorale - incida
direttamente sul diritto all’ufficio dei consiglieri provinciali ricorrenti, ovvero, come
sostiene il ricorso, sulle loro prerogative: dal tenore della disposizione non si desume
quale, di tali prerogative, sarebbe stata così revocata o anche soltanto limitata, mentre
le due sole ipotetiche restrizioni, prospettate dai ricorrenti e sopra esaminate, sono
insussistenti, ancor prima che ipotetiche ed eventuali.
4.6.2. Per quanto riguarda la richiesta di chiusura della discussione, l’art. 78
consente che questa sia richiesta da un terzo dei consiglieri assegnati: ma, diversamente
da quanto sembrano ritenere i ricorrenti, tra questi non possono essere inclusi i
consiglieri stranieri poiché, con la predetta richiesta, si esprime una volontà decisoria,
ed essi non hanno diritto di voto.
Pertanto, la loro inclusione nel quorum sarebbe illegittima, e vizierebbe gli atti
conseguenti; se poi si dovesse ritenere che disponesse in senso opposto, sarebbe
evidentemente l’art. 78 del regolamento del consiglio provinciale ad essere illegittimo, e
non l’art. 8 bis dello statuto.
4.6.3. Ugualmente, non è chiaro per quale motivo l’esistenza dei consiglieri stranieri
pregiudicherebbe le prerogative dei consiglieri ordinari in relazione all’art. 67 del
regolamento.
A parte che la disposizione disciplina specificatamente le comunicazioni del
Presidente della Provincia, essa non prevede affatto una ripartizione del tempo degli
interventi con riguardo al numero degli iscritti, ma limita invece, in certi casi, gli
interventi ad un solo oratore per ciascun gruppo, per un tempo massimo di cinque
minuti: la scelta dell’interveniente, interna al gruppo, non ha ovviamente nulla a che
vedere con la presenza nell’assemblea di consiglieri stranieri i quali, dunque, non
possono influire sulla durata degli altri interventi.
(…) Il ricorso è parimenti inammissibile per difetto d’interesse giacché, secondo
quanto si è detto sopra, con l’introduzione del consigliere straniero la sfera di
attribuzioni dei consiglieri ordinari non è stata in alcun modo pregiudicata, sicché essi
non sono legittimati ad impugnare i relativi provvedimenti.”
16. La tesi del tribunale non è condivisibile, perché sovrappone il profilo
dell’interesse al ricorso con quello della fondatezza delle censure proposte.
17. I ricorrenti di primo grado sono componenti del Consiglio Provinciale di Venezia.
In tale veste, hanno certamente interesse a contestare le disposizioni statutarie e
regolamentari che disciplinano le modalità di funzionamento e l’articolazione
strutturale dell’organo di governo assembleare. In tal modo, essi non fanno valere
un generico interesse al rispetto della legalità amministrativa, ma agiscono per
tutelare la propria posizione direttamente connessa allo svolgimento dell’ufficio
pubblico elettivo al quale sono preposti.
18. In base alle disposizioni contestate, i “consiglieri aggiunti” entrano a far parte,
formalmente, del consiglio provinciale, seppure con poteri meramente consultivi e
senza funzioni deliberative.
19. È indiscutibile, quindi, che la disciplina regolamentare introdotta dalla Provincia
di Venezia è potenzialmente idonea ad incidere sulle modalità di svolgimento dei
lavori del consiglio, toccando la sfera degli interessi dei consiglieri provinciali.
20. Pertanto, questi hanno un interesse differenziato a contestare i provvedimenti
amministrativi che disciplinano la composizione del collegio di cui fanno parte e
definiscono le competenze dei consiglieri aggiunti.
21. È appena il caso di evidenziare, peraltro, che l’accertata legittimazione dei
ricorrenti di primo grado non implica alcun riconoscimento della fondatezza dei
motivi proposti. Questi devono essere valutati nel merito, in relazione ai diversi
aspetti prospettati dagli interessati, compresi quelli che deducono l’illegittimità
degli atti proprio nella parte in cui essi determinerebbero una limitazione dei
diritti e dei poteri dei consiglieri provinciali.
22. La sentenza impugnata afferma, inoltre, che il ricorso è tardivo.
23. Secondo il tribunale, la lesione prospettata dai ricorrenti è direttamente correlata
alla norma statutaria (articolo 8-bis), che ha introdotto la figura del consigliere
aggiunto. Pertanto, il regolamento impugnato assume valore meramente esecutivo
di una determinazione non impugnata tempestivamente.
24. La sentenza ritiene che “l’art. 8 bis non sia una mera norma programmatica,
generica espressione di una volontà politica, ma priva di effetti immediati
nell’ordinamento.
Al contrario, la disposizione in esame istituisce direttamente e compiutamente, nei
suoi elementi essenziali, la figura del consigliere straniero, di cui stabilisce sia poteri e
facoltà, sia la durata del mandato, e del quale definisce altresì l’elettorato attivo e
passivo: soltanto la disciplina del procedimento per la sua scelta viene rinviata ad un
successivo regolamento – necessariamente dello stesso organo – il quale ha, pertanto,
un contenuto meramente attuativo della disposizione statutaria.
4.1.3. Il raffronto, sostenuto dai ricorrenti mediante il richiamo alla sentenza 2
dicembre 2004, n. 372, della Corte costituzionale, tra l’ art. 8 bis dello statuto
provinciale e l’art. 3, comma 6, dello statuto della Regione Toscana, appare del resto
improponibile. Quest’ultimo, infatti, si limita a prevedere che «la Regione promuove, nel
rispetto dei principi costituzionali, l’estensione del diritto di voto agli immigrati»: e
questa è una disposizione, di evidente contenuto programmatico, inidonea perciò ad
attribuire direttamente posizioni di vantaggio, diversamente da quella esaminata.
4.2. Non si può dunque accogliere la tesi, proposta dai ricorrenti, che l’art. 8 bis sia
divenuto lesivo a partire dal momento in cui è stato introdotto il regolamento elettorale:
o lo era già prima, quando è stato approvato – e dunque i termini per impugnarlo erano
già ampiamente decorsi, quando il ricorso in esame è stato proposto – o non lo è
neppure adesso; (…)
Le giustificazioni, esposte nel ricorso a fondare la presunta legittimazione dei
ricorrenti, comprovano definitivamente che l’unico provvedimento, da cui essi si
ritengono effettivamente pregiudicati, è l’art. 8 bis dello statuto, il quale ha riconosciuto
ai consiglieri stranieri il diritto di partecipazione e di parola nel consiglio provinciale.
Peraltro, secondo quanto si è prima illustrato, la disposizione è efficace dal 2004, e,
dunque, sin da quel momento immediatamente lesiva dell’interesse fatto attualmente
valere, senza necessità di alcun provvedimento applicativo, e segnatamente del
regolamento elettorale; il quale, d’altra parte, per tale non determina alcun pregiudizio
diretto per i ricorrenti, poiché non è tale regolamento a conferire agli stranieri la
legittimazione ad esprimere propri rappresentanti, quanto l’art. 8 bis.
Non può allora che conseguirne l’irricevibilità “in parte qua” del ricorso, poiché il
provvedimento che ha modificato lo statuto provinciale, ed ha introdotto il citato art. 8
bis, avrebbe dovuto essere impugnato, al più tardi, entro 60 giorni dalla sua
pubblicazione.
5.1. A questo punto, si può agevolmente concludere che il ricorso non può trovare
accoglimento anzitutto perché irricevibile, quanto all’impugnazione del menzionato art.
8 bis, e conseguentemente inammissibile, quanto all’impugnazione delle norme
contenute nel regolamento elettorale, le quali presentano un contenuto meramente
attuativo del primo, sicché non v’è alcun interesse alla loro autonoma caducazione.”
25. In questa parte, la pronuncia del tribunale è largamente condivisibile. Tuttavia, la
sentenza sembra trascurare la considerazione delle censure basate sull’asserita
nullità della contestata disposizione statutaria; né valuta la tempestività delle
censure direttamente riferite al regolamento elettorale.
26. In effetti, un ampio gruppo delle censure proposte dagli attuali appellanti
riguardano la validità della decisione, in sé considerata, della istituzione della
figura del consigliere straniero aggiunto.
27. La determinazione adottata al riguardo dall’amministrazione è racchiusa nella
delibera recante la modifica dello statuto provinciale e, pertanto, avrebbe essere
dovuta essere contestata tempestivamente.
28. Gli appellanti affermano, peraltro che detta previsione statutaria:
a. avrebbe carattere meramente programmatico, limitandosi ad indicare un
indirizzo politico volto alla istituzione della nuova figura del consigliere
straniero aggiunto;
b. è da considerarsi radicalmente nulla, perché adottata in carenza di potere,
nell’ambito di una materia riservata, dalla Costituzione, alla legislazione
esclusiva statale.
29. Nessuno dei due argomenti può essere condiviso.
30. La disposizione statutaria non si limita affatto a preannunciare un possibile
intervento normativo, futuro ed eventuale, ma definisce chiaramente i compiti e il
ruolo di una nuova figura destinata a integrare, a determinati fini, l’organo
consiliare.
31. La norma stabilisce, inoltre, che le modalità di elezione del consigliere saranno
disciplinate con apposito regolamento consiliare.
32. La previsione statutaria non riguarda una mera possibilità di modificare la
struttura organizzativa degli organi della Provincia, ma indica il nuovo assetto
dell’Ente, che deve essere obbligatoriamente realizzato mediante i necessari
provvedimenti attuativi.
33. Ne deriva, quindi, che la delibera istitutiva della nuova figura del consigliere
aggiunto costituisce un atto immediate lesivo delle posizioni giuridiche dei
consiglieri. L’annullabilità dell’atto deve essere fatta valere tempestivamente
dagli interessati, senza alcuna necessità di attendere l’adozione del regolamento
elettorale o l’indizione del procedimento elettorale.
34. Peraltro, gli appellanti prospettano anche la nullità dei provvedimenti impugnati,
con particolare riguardo alla contestata disposizione statutaria, asserendo che le
determinazioni adottate dalla Provincia siano adottate in difetto assoluto di
attribuzioni, trattandosi di materia riservata alla legislazione esclusiva statale, ai
sensi dell’articolo 117, comma secondo, lettera p), della Costituzione, il quale
prevede, al riguardo, una “riserva di legge assoluta”.
35. In tale parte il ricorso, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, è certamente
tempestivo, considerando che l’azione di nullità dell’atto amministrativo, nella
sua generale configurazione, delineata in ambito civilistico, non è sottoposta a
termini decadenziali.
36. La Sezione osserva, al riguardo, che il nuovo articolo 21-septies della legge n.
241/1990, recependo i risultati di una ricca elaborazione interpretativa, ha
codificato la categoria concettuale del provvedimento amministrativo nullo,
definendone i caratteri sostanziali.
37. La disposizione, tuttavia, non ha espressamente indicato la disciplina dell’azione
di nullità, con particolare riguardo ai termini di decadenza o di prescrizione. La
carenza di disciplina espressa, variamente criticata dalla dottrina, non impedisce
di applicare, analogicamente, il nucleo essenziale delle norme contenute nel
codice civile, riguardanti la nullità del contratto, nella parte in cui esse riflettono
principi sistematici di portata più generale.
38. In particolare, trova applicazione la regola della imprescrittibilità dell’azione di
nullità. La gravità delle patologie elencate dall’articolo 21-septies comporta che
l’atto sia, in radice, inidoneo a produrre effetti giuridici. Questa assoluta
inidoneità strutturale dell’atto comporta che l’interessato possa fare accertarne la
nullità, senza limitazioni temporali, ferma restando l’eventuale prescrizione delle
connesse azioni di condanna.
39. Ne deriva, quindi, che il ricorso di primo grado, nella parte in cui esso deduce la
nullità dei provvedimenti impugnati, non può essere considerato irricevibile.
40. Secondo la Provincia, la deduzione della nullità del regolamento e della norma
statutaria, in riferimento agli articoli 48 e 117, comma secondo, lettera p) della
Costituzione, è compiuta ora, solo nel giudizio di appello e, pertanto, costituisce
domanda nuova, inammissibile in questo grado.
41. L’eccezione non è condivisibile.
42. In primo grado, i ricorrenti hanno sostenuto la radicale nullità dei provvedimenti
impugnati, svolgendo articolate deduzioni difensive, che, nel presente grado di
giudizio, sono state arricchite di ulteriori argomentazioni, anche con riferimento
alla indicazione delle norme costituzionali che si ritengono violate.
43. Il “titolo” della prospettata nullità concerne, in sostanza, l’asserito difetto di
attribuzioni della Provincia a dettare la disciplina riguardante l’elezione dei
consiglieri stranieri aggiunti. La causa petendi della domanda, letta nel suo
effettivo contenuto sostanziale, è rimasta immutata in secondo grado, non essendo
determinante la circostanza che soltanto in appello sia stato effettuato un esplicito
richiamo alla ipotizzata violazione dell’articolo 48 della Costituzione.
44. Nel merito, tuttavia, le censure di nullità degli atti impugnati sono infondate.
45. In linea di principio, è pienamente condivisibile l’impostazione ricostruttiva
indicata dagli appellanti, che richiamano, correttamente, un orientamento
interpretativo consolidato, seguito anche dalla giurisprudenza consultiva di questo
Consiglio (Sez. I, n. 9771/04 del 16 marzo 2005; Sez. I e II, n. 11074/04 del 13
luglio 2005, Sez. II, n. 8007 del 28 luglio 2004, riguardanti i casi dei comuni di
Genova e Forlì).
46. Ai sensi dell’articolo 117, comma secondo, lettera p), della Costituzione, spetta
alla legislazione esclusiva statale la materia “legislazione elettorale, organi di
governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”.
47. La potestà autorganizzativa degli enti locali, pure riconosciuta e incoraggiata dalla
stessa Costituzione, incentrata sul valore essenziale del principio autonomistico
(articolo 5), è, in questa parte, subordinata alla disciplina legislativa statale, diretta
a fissare regole omogenee in ambito nazionale e consentire eventuali margini di
autonoma scelta ai singoli enti.
48. Le disposizioni contestate, tuttavia, se considerate nel loro effettivo contenuto,
non sono destinate ad alterare la struttura e le funzioni degli organi di governo
della Provincia e, segnatamente, dell’assemblea consiliare e, pertanto, non
determinano alcuna concreta invasione nella sfera dei poteri normativi statali.
49. Se è vero, infatti, che la formula utilizzata dalle determinazioni adottate dalla
Provincia (“consigliere provinciale aggiunto”), isolatamente considerata, potrebbe
indicare un’alterazione della composizione del consiglio, la reale consistenza
della figura è tale da scongiurare qualsiasi ingerenza nelle materie riservate alla
legislazione statale. In altri termini, il dato formale e lessicale tende ad enfatizzare
il significato latamente politico della scelta compiuta, senza, per questo, indicare,
effettivamente, una modifica strutturale dell’organo di governo assembleare e
delle sue funzioni “fondamentali”.
50. Le norme statutarie della Provincia di Venezia chiariscono, dettagliatamente, i
compiti dei consiglieri aggiunti, che assumono connotazione partecipativa,
conoscitiva e consultiva, senza assumere alcun peso determinante nella fase
strettamente decisionale del Consiglio. I consiglieri aggiunti non votano alcuna
delibera, non esercitano poteri di “veto”, non entrano a far parte del quorum
strutturale e funzionale del consiglio.
51. Al proposito, è opportuno chiarire che, contrariamente a quanto paventato dagli
appellanti, i consiglieri aggiunti non integrano affatto il quorum strutturale del
consiglio. Pertanto, la loro presenza o assenza non influisce in alcun modo sulla
maggioranza necessaria in funzione dell’auto-scioglimento dell’organo.
52. Inoltre, i consiglieri aggiunti non partecipano al quorum necessario per la richiesta
di chiusura della discussione o per il “contingentamento” dei tempi di intervento.
53. Anche il “diritto di parola” attribuito ai consiglieri aggiunti risulta strettamente
connesso alla funzione partecipativa del ruolo. Pertanto, tale diritto non
comprende quello di presentare emendamenti, ordini del giorno, mozioni,
trattandosi di atti riconducibili alle funzioni tipiche del consiglio quale organo di
governo dell’ente.
54. Si deve escludere, allora, che un diritto di partecipazione così definito possa
alterare, nella sostanza, il potere spettante al consiglio provinciale, modificando
significativamente il corretto esercizio della funzione di governo dell’ente locale.
55. Dunque, le determinazioni adottate dalla Provincia di Venezia non toccano
materie affidate alla legislazione esclusiva statale. Pertanto, non è configurabile la
dedotta nullità degli atti per difetto assoluto di attribuzione.
56. Restano da considerare i vizi propri del regolamento impugnato.
57. Gli appellanti sostengono, anzitutto, che il regolamento sia illegittimo perché
privo di copertura finanziaria.
58. La censura è infondata.
59. Il regolamento prevede alcune funzioni aggiuntive delle strutture dell’ente,
demandandone la copertura alle risorse già stanziate dall’ente. Non assume
particolare rilevanza il fatto che il bilancio non contempli interamente la spesa
preventivata, dovendosi valutare, concretamente, la disponibilità di somme in
relazione ai successivi atti esecutivi.
60. Gli appellanti affermano, ancora, che il regolamento sia illegittimo nella parte in
cui esso regola la composizione dell’organo elettorale, stabilendo che esso è
formato esclusivamente da dirigenti e funzionari dell’ente.
61. La censura è infondata.
62. È vero che, in linea di principio, la disciplina legislativa statale prevede particolari
garanzie soggettive degli organi titolari delle funzioni riferite al procedimento
elettorale dei consigli degli enti locali, esigendo una composizione che valorizza
la provenienza “neutrale” dei membri degli uffici elettorali.
63. Ma nel caso di specie non si è in presenza di un procedimento riconducibile alla
tipica funzione elettorale riguardante l’assemblea elettiva dell’ente, titolare dei
poteri di governo della Provincia. Il consigliere provinciale straniero aggiunto
svolge funzioni meramente partecipative alla vita pubblica dell’ente.
64. Ne consegue che l’organo elettorale può essere legittimamente costituito anche
solo da funzionari dello stesso ente, senza che ciò determini alcuna potenziale
lesione delle garanzie democratiche dell’organo locale.
65. In definitiva, quindi, l’appello, nella parte in cui ripropone le censure disattese dal
tribunale deve essere respinto.
66. La sentenza appellata deve essere confermata, pur non essendo pienamente
condivisibili le statuizioni di irricevibilità e inammissibilità del ricorso originario.
67. Le spese possono essere compensate, considerando la complessità delle questioni
giuridiche trattate.
Per Questi Motivi
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l'appello,
compensando le spese;
ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 15 gennaio 2008, con l'intervento
dei signori:
Emidio Frascione - Presidente
Giuseppe Severini - Consigliere
Marco Lipari - Consigliere Estensore
Caro Lucrezio Monticelli - Consigliere
Aniello Cerreto - Consigliere
L'estensore
Il Presidente
f.to Marco Lipari f.to Emidio Frascione
Il Segretario
f.to Agatina Maria Vilardo
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 9/06/08
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
F.to Antonio Natale
N°. RIC. 9231-07
RA