CONVEGNO NAZIONALE
L’ANGELO FERITO
IL BAMBINO AUTISTICO, LA SUA FAMIGLIA, LA RETE DEI SERVIZI
Rimini, 19/20/21 Ottobre 2000, a cura di Francesco Nardocci e Chiara Della Betta
1
PREMESSA
In questo ultimo decennio, le conoscenze sull’autismo hanno avuto un fortissimo sviluppo: si sono
modificate convinzioni, si sono appresi sistemi diagnostici e protocolli valutativi, si sono diffuse
modalità operative e di intervento.
Un insieme differenziato e variegato di iniziative attivate dai servizi, dalla scuola e, in modo assai
significativo. dalle famiglie e da gruppi del volontariato: questo sviluppo si è caratterizzato anche per
disomogeneità nella distribuzione delle risorse, per una certa frammentazione e discontinuità degli
interventi per difficoltà nei collegamenti e nei raccordi interistituzionali; di fatto la rete complessiva
dei servizi riesce tuttora faticosamente ad adeguarsi ai bisogni complessivi delle persone con
autismo e delle loro famiglie. I servizi sanitari, sociali e scolastici, nella loro esigenza oltretutto di
operare in rete, hanno pertanto la necessità di essere sostenuti da un approccio metodologico
corretto, di potersi collegare a esperienze concretamente operative, nonché di utilizzare processi di
formazione ben organizzati sul piano scientifico e facilmente raggiungibili.
Ma esigenza prioritaria è anche quella di stabilizzare, quando non di recuperare, un rapporto di
fiducia e di mutuo raccordo tra famiglie e servizi per superare, ove ve ne fosse ancora bisogno,
quelle distanze e incomprensioni determinate da teorie e stereotipi ormai scientificamente superati.
Diviene quindi essenziale indirizzare le attività sanitarie, diagnostiche e riabilitative, educative e di
supporto sociale secondo un percorso che tenga fortemente collegata la necessaria crescita di
competenze e di capacità operativa della rete dei servizi con il raccordo e il coinvolgimento dei
genitori. In questo contesto è fonte di precise indicazioni e di utili informazioni il materiale
scientifico e divulgativo che ormai diffusamente può essere rintracciato o in letteratura o su Internet.
Molto di questo materiale proviene anche da Associazioni e Organizzazioni delle Famiglie: la
particolarità è che questo materiale è indirizzato non solo ai famigliari ma anche, e alle volte
soprattutto, ai professionisti e agli educatori. Il punto di partenza di ogni approccio rimane
comunque la comprensione delle emozioni e del vissuto dei genitori; a titolo esemplificativo si
riporta la "Premessa" che si può trovare su uno di questi documenti diffuso da una delle più attive e
capaci di iniziative Associazioni delle Famiglie: la National Autistic Society del Regno Unito.
UNA BREVE PREMESSA PER I GENITORI1
Se al vostro bambino è stato recentemente diagnosticato un disturbo autistico o tratti autistici, o
magari voi stessi ne avete il sospetto, beh, sicuramente avrete tante domande o dubbi cui vorreste
dare una risposta. Desidererete sapere cosa significhi "disturbo autistico" per il vostro bambino e
anche quale sarà il suo impatto sull'intera famiglia.
Prima di tutto vorremmo puntualizzare due concetti fondamentali:
1. NON È COLPA TUA! L'autismo non ha nulla a che fare con il modo in cui avete cresciuto ed
educato il vostro bambino. I genitori di soggetti con disturbo autistico sono tali e quali a tutti gli altri
genitori.
1
N.d.C.:Tradotta dal sito della National Autistic
www.oneworld.org/autism_uk/family/parleaf.html
2
Society,
consultabile
al
sito
2. NON SEI SOLO! In Inghilterra ci sono più di 500.000 persone autistiche o con tratti autistici.
Indubbiamente, ognuno di loro, compreso il vostro bambino, è unico, ma ci sono problemi,
caratteristiche e tratti che li accomunano tutti.
Nonostante in passato ci sia stata molta ignoranza diffusa attorno all'autismo, oggi c'è una crescente
consapevolezza di quali siano i bisogni particolari e le difficoltà che devono affrontare questi
bambini, e un notevole aumento di specialisti ed operatori nel campo.
A proposito della percezione di solitudine: secondo i più recenti dati epidemiologici (vedi l'articolo di
Pauline A. Filipek et Al., "The Screening and Diagnosis of Autistic Spectrum Disorders" la cui
traduzione viene qui riportata) in Italia le persone comprese nello "spettro autistico" sarebbero
circa 31.500 nella fascia 0-24, e circa altri 35.000 nella fascia 25-40 anni. Nella Regione Emilia
Romagna sarebbero 1.700 nella fascia 0-24 e 2.300 in quella tra i 25 e i 40 anni. Questi numeri
assumono poi anche una particolare significatività se si considera che le persone autistiche non
trattate precocemente, o comunque non trattate per la specificità dei disturbi, rischiano fortemente
una condizione di disabilità grave che conduce fatalmente a condizioni di totale non autosufficienza
con dei costi di gestione assistenziale altissimi. Secondo le stime dell'Economista Carlo Hanau
basterebbe considerare che, con le rette attuali, un anno in struttura residenziale per disabili non
autosufficienti costa 100 milioni anno per persona, per rendersi conto sia della "economicità" degli
interventi precoci ma soprattutto quanto possa essere elevato il carico emotivo, assistenziale e
economico che grava sulle famiglie che arrivano comunque alla richiesta di istituzionalizzazione dei
loro figli autistici solamente quando ogni altra strada è preclusa o impercorribile.
La raccolta di materiale che qui proponiamo segue quindi il criterio della scientificità e della
utilizzabilità da parte delle famiglie, degli operatori sanitari e sociali, degli educatori.
All'interno della raccolta di saggi e di articoli, molti dei quali sono presentati per la prima volta nella
loro traduzione italiana, qui riportata si ritiene utile sottolinearne alcuni di particolare significatività e
completezza.

il materiale edito dalla National Autistic Society (NAS) che sottoforma di saggi
scientifici o di fogli di informazione garantisce utilizzabilità e fonte di informazioni
di primaria importanza anche per i servizi;

la pubblicazione “Autism” del National Institute of Mental Healt (NIHM) che
rappresenta una riuscita sintesi tra le esigenze di informazione scientifica e quelle
di diffusione e divulgazione anche per le famiglie e per i servizi non sanitari;

il saggio “The Screening and Diagnosis of Autistic Spectrum Disorders” di Pauline
A. Filipek et Al., che risulta una delle più complete e recenti sintesi di quanto
attualmente conosciuto in tema di autismo;

Il "Manuale delle Buone Pratiche nei Confronti delle Persone Autistiche" elaborato
nell'ambito del Progetto Europeo Daphne che
fornisce la cornice etica e
professionale di riferimento all'operatività quotidiana;
In ultimo si vuole sottolineare che questa pubblicazione, con gli ulteriori contributi diffusi in forma
cartacea, è stata di complicata e faticosa redazione. Si ringraziano quindi tutti i professionisti e gli
3
operatori che hanno contribuito a realizzarla: Christina Paci e Michela Marchi per il loro contributo
alle traduzioni, Massimo Ferrari e soprattutto Marisa Porta per le attività di editing e di segreteria
redazionale.
I Curatori
INFORMAZIONI PER UNA FACILITATA CONSULTAZIONE DEL MATERIALE CONTENUTO IN QUESTO
DISCHETTO
Per una migliore facilità di consultazione, il materiale che seguirà
è stato suddiviso a seconda dell’argomento e del tema trattato
durante le giornate del Convegno; consultando questo particolare
indice, quindi, sarà sufficiente posizionare il puntatore del mouse
sull'argomento interessato e cliccare con il pulsante sinistro
quando apparirà la “manina”. Dopo aver consultato la pagina
interessata, potrete facilmente tornare alla pagina-indice
semplicemente cliccando sulla freccetta verso sinistra che
troverete sullo schermo del vostro computer (o solitamente sulla
"Barra degli strumenti Web"). Ricordiamo che il dischetto è in
formato “Word 2.x per Windows; ogni volta che troverete
l'indicazione si un sito Internet, sarà quindi sufficiente cliccare su
questo per accedere direttamente al sito (ovviamente se avete l'accesso a Internet sul vostro PC).
I^ SEZIONE
MATERIALE DI RIFERIMENTO AI TEMI DEL
CONVEGNO
GIOVEDÌ
…PANORAMICA SULLA DEFINIZIONE DI AUTISMO
AUTISMO: PROGRESSI E PRIORITÀ
CHE COS'È L’AUTISMO (DOCUMENTO “NIHM”)
CHE COS’E’ L’AUTISMO; (DOCUMENTO DELLA “NATIONAL AUTISTIC SOCIETY” NAS)
CHE COS'È L’AUTISMO (DOCUMENTO DI “AUTISM EUROPE”)
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I LINGUAGGI DELLA METODOLOGIA
AUTISMO, AUTISMI, PROCESSI EDUCATIVI
UN SINTETICO PERCORSO TRA LE SCHEDE DI VALUTAZIONE
IL MANUALE DI BUONE PRATICHE NEI CONFRONTI DELLE PERSONE AUTISTICHE
QUALITY MANAGEMENT NEI PROGRAMMI PER LE PERSONE CON AUTISMO (RAMON
BARINAGA OSINALDE, GAUTENA, SPAGNA)
BIBLIOGRAFIA SPECIALIZZATA
VENERDI’
TRA LAVORO DIAGNOSTICO E IMPEGNO RIABILITATIVO E
EDUCATIVO
DOCUMENTO “NIMH”
DOCUMENTO DELLA “NATIONAL AUTISTIC SOCIETY”
DOCUMENTO DELL’ “AUTISTIC SOCIETY OF AMERICA” (ASA)
NAVIGANDO TRA I PROGETTI EDUCATIVI E I TRATTAMENTI!
SITO DEL “NIMH”
SITO DELLA “NATIONAL AUTISTIC SOCIETY”
BIBLIOGRAFIA SPECIALIZZATA
SABATO
PER UN PATTO DI SOLIDARIETÀ TRA LE ISTITUZIONI, I
SERVIZI E LE FAMIGLIE
CARTA DEI DIRITTI PER LE PERSONE AUTISTICHE
STILI DI COMUNICAZIONE CON I BAMBINI AUTISTICI
LINEE GUIDA PER VALUTARE LE TERAPIE NON-TRADIZIONALI NELL'AUTISMO
BAMBINI DIFFICILI, GENITORI DIFFICILI
LA FAMIGLIA FRA BISOGNI E RISPOSTE DEI SERVIZI
II^ SEZIONE
COLLEGAMENTO SITI ITALIANI AUTISMO
COLLEGAMENTO SITI STRANIERI AUTISMO
BIBLIOGRAFIA GENERALE
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III^ SEZIONE
MATERIALE SCIENTIFICO DI CONSULTAZIONE E
STUDIO
LO SCREENING E LA DIAGNOSI DEI DISTURBI DELLO SPETTRO
AUTISTICO (PAULINE A. FILIPEK)
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GIOVEDÌ
…PANORAMICA SULLA DEFINIZIONE DI AUTISMO

Autismo: Progressi e Priorità (Lancet, 2000)

Che cos’è l’autismo (documento “NIMH”)

Che cos’è l’autismo (documento della “National Autistic Society”)

Che cos’è l’autismo (documento di “Aitsme Europe”)
AUTISMO: PROGRESSI E PRIORITÀ2
“Il nostro scopo immediato per gestire meglio l’autismo, dovrebbe essere: aumentare la coscienza
dei primi segni del disturbo e spingere per ottenere diagnosi accurate più precoci”, dice Pauline
Filipek (University of California, Irvine, CA, USA). La Filipek guida una commissione, della Child
Neurology Society e dell’American Academy of Neurology, per pubblicare, questo mese, parametri
pratici per lo screening e la diagnosi dell’autismo (Neurology 2000; 55:468-79 [PubMed]). Le
raccomandazioni sono già state approvate, il 10 di Luglio, dalla maggioranza delle organizzazioni
coinvolte nella salute dei bambini negli Stati Uniti. “Gli scopi non sono legali, ma di sole linee guida
per migliorare la pratica, ci aspettiamo però che siano ampiamente usate negli U.S.A”, dice.
Punto centrale della proposta è che lo screening per l’autismo sia realizzato ad un anno d’età, come
parte del normale controllo sanitario dello sviluppo. Negli U.S.A gli screening prescolastici sono già
ampiamente effettuati e sono forniti trattamenti successivi. Nel Regno Unito, la disponibilità degli
screening precoci varia fra le diverse autorità sanitarie. Lo strumento di screening chiamato CHAT
(CHecklist for Autism in Toddlers), che può essere utilizzato con bambini di 18 mesi, fu sviluppato
da Simon Baron-Cohen (Cambridge University, UK) e dai suoi colleghi al Guy’s Hospital (Londra,
UK). “E’ un questionario di 10 minuti, riempito dai genitori e controllato successivamente dai
pediatri, per eventuali indicazioni di anormalità; è veloce ed economico e non richiede training
particolari”. A metà anni ’90 Baron-Cohen portò avanti uno studio di 16000 bambini che mostrò
come quelli che fallivano il test della CHAT a 18 mesi, avevano più del 90% di possibilità d'essere
diagnosticati come autistici.
Tony Charman (Institute of Child Health, Londra, UK) un collega coinvolto nello studio sulla validità
della CHAT, ha evidenziato, in ogni caso, che “solo il 20-40% dei bambini con un disordine dello
spettro autistico furono rilevati dalla CHAT, essa non è dunque un indicatore assoluto”. “E la
difficoltà non è contenuta nel test di screening, ma nella valutazione successiva e nel trattamento
richiesto quando un bambino fallisce il test”, aggiunge Baron-Cohen.
Oltre che ad essere una proponente della necessità di diagnosi precoci, la Filipek è convinta che un
intervento comportamentale precoce nell’autismo è di grande valore e beneficio. Negli USA, un
intervento di questo tipo, coinvolge solitamente un professionista istruito che lavora con bambini di
età prescolastica, inizialmente a casa con i genitori del bambino, poi in setting pre-scolastici con
insegnanti del nido e dell’asilo. “Molti bambini autistici rispondono davvero bene alla terapia
2
Lancet, 2000. Autismo: progressi e priorità. 356; 490-494.
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intensiva: se iniziata all’età di 2 anni, alcuni bambini mostrano solo qualche vestigia dell’autismo, a
6-7 anni, —nell’età in cui molti altri bambini sono appena stati diagnosticati”, dice.
Nel Regno Unito gli interventi comportamentali e di educazione speciale sono estremamente
irregolari e tendono ad essere molto scarsi e molto in ritardo. Nelle aree nelle quali non vi è
possibilità di assistenza successiva, le autorità sanitarie pensano non sia etico sottoporre il test di
screening, determinando forse una ridotta percezione del bisogno. Charman sottolinea che “il
sistema educativo è spesso messo sotto accusa”; assicura che: “il complesso processo di valutazione
diagnostica attuato per fornire informazioni sui bisogni educativi speciali del bambino—è percepito
come troppo lungo”. Comunque, dato che i disturbi dello spettro autistico ora sono solitamente
diagnosticati a 3-4 anni, od addirittura prima, “non possiamo aspettarci che il settore educativo si
assuma tutte le responsabilità; hanno necessità di essere migliorati sia la coordinazione fra il settore
sanitario, che l’aiuto alle famiglie e la disponibilità dell’intervento”, ha aggiunto.
Sebbene il sistema statunitense sia già più avanti rispetto a quello inglese, i ricercatori americani
stanno cercando di spingere i tempi della diagnosi ancora più indietro. “Da quando i bambini piccoli
sono stati trattati con successo, stiamo cercando gli indicatori diagnostici nei neonati”, ha detto
Geraldine Dawson (University of Washington, Seattle, WA, USA). La Dawson è attualmente
impegnata nel terzo anno di uno studio longitudinale della durata di 5 anni, sull’autismo. “Non solo
seguiamo veramente i progressi del bambino dopo la diagnosi, ma analizziamo anche gli anni
precedenti a questa, usando i video famigliari dei compleanni e degli altri eventi, per cercare di
evidenziare i segni più precoci del comportamento autistico”, ha spiegato. Il gruppo è ora sicuro,
utilizzando queste tecniche, di poter definire i segnali dell’autismo che si verificano così
precocemente come a 8/10 mesi. “A questa età, la mancanza di una normale “lallazione” e del
rispondere al nome, sono segnali visti di solito, in bambini che saranno poi diagnosticati
definitivamente come autistici”, ha detto.
La Dawson ed il suo collega Stephen Dager stanno usando anche la risonanza magnetica
spettroscopica e i target neuropsicologici con l’obiettivo di valutare le funzioni cerebrali nei bambini
autistici di età diverse, per provare a scoprire quali sono le regioni cerebrali che contribuiscono
all’apparire dei sintomi. I risultati neuropsicologici ottenuti fino ad ora hanno convalidato molti dei
risultati provenienti dagli studi dei primati. “Nell’autismo due aree, in diverse parti del cervello, sono
sicuramente anormali”, dice la Dawson. Il lobo prefrontale, in molti pazienti, è una di queste, ed è
stato un punto focale della ricerca sull’autismo negli anni passati. “Negli ultimi 5 anni, o quasi, è
diventato chiaro che possono anche essere coinvolti il sistema limbico, l’ippocampo e,
particolarmente, l’amigdala”, aggiunge Baron-Cohen. Il gruppo di Baron-Cohen ha dimostrato che un
gruppo di adulti normali risponde con attività elettrica aumentata, focalizzata sull’amigdala, quando
sono mostrate loro illustrazioni di facce paurose, ma che questa risposta è molto ridotta o assente
nelle persone autistiche.
“Capire come scoprire quali parti del cervello sono colpite e in quali bambini, può essere una chiave
per capire perché certi bambini, ma non tutti, rispondono bene ad una terapia di intervento
precoce”, dice la Dawson. L’amigdala e l’ippocampo, le regioni più primitive del cervello,
incominciano a mostrare un’attività metabolica aumentata –“iniziano a funzionare” a circa 8 mesi. La
corteccia prefrontale non entra in questo processo fino ai 12-14 mesi. “Un bambino in cui l’autismo
si radica in anormalità dell’amigdala potrebbe avere meno possibilità di rispondere al trattamento
iniziato, ipotizziamo, a 2 anni, dato che molte delle difficoltà nell’interazione sociale o nel
comportamento, potrebbero già essere diventate “fortemente strane” entro il tempo in cui la terapia
è iniziata”, dice ancora la Dawson.
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La Filipek è d’accordo e conclude affermando che “è chiaramente evidente che la terapia funziona ma
far sì che ciò accada, nel momento giusto per tutti i bambini autistici, sarà la parte più difficile”.
Kath Senior
CHE COS'È L’AUTISMO (documento “NIHM”)3
www.nimh.nih.gov/publicat/autism.cfm
Isolati in un mondo tutto loro, gli individui con autismo paiono indifferenti e distanti, incapaci di
stabilire legami con gli altri. Le persone con questo sconcertante disordine cerebrale, possono sì,
mostrare un’ampia gamma di sintomi e menomazioni, ma, spesso, non sono in grado di capire i
pensieri, le emozioni e i bisogni degli altri. Il linguaggio e l’intelligenza non si sviluppano, nella
maggior parte dei casi, pienamente, rendendo difficili la comunicazione e le relazioni sociali. Molte
persone autistiche si impegnano in attività ripetitive, come il dondolarsi o il battere le mani, o nel
seguire rigidamente modelli a loro famigliari nelle routines quotidiane. Alcuni sono dolorosamente
sensibili al suono, al tocco, alla vista o all’odore.
I bambini autistici non seguono davvero i modelli tipici dello sviluppo infantile. In alcuni, cenni di
problemi futuri, possono apparire fin dalla nascita. In molti casi i problemi diventano invece più
evidenti quando il bambino inizia a “rimanere indietro” rispetto agli altri bambini della stessa età.
Altri bambini iniziano il loro sviluppo piuttosto bene. Ma, fra i 18 ed i 36 mesi, improvvisamente
rifiutano le persone, si comportano stranamente e perdono il linguaggio e le abilità sociali che
avevano già acquisito.
Come genitore, insegnante, persona che si occupa di loro, forse puoi conoscere la frustrazione del
provare a comunicare e a stabilire un collegamento con i bambini o gli adulti autistici. Puoi forse
sentirti ignorato quando loro si impegnano ininterrottamente in comportamenti ripetitivi. Puoi forse
disperarti di fronte ai modi bizzarri con cui esprimono i loro bisogni più interiori. E puoi forse
affliggerti per le speranze e i sogni che hai per loro e che forse non si materializzeranno mai.
Ma c’è aiuto e speranza. Sono passati i tempi in cui le persone con autismo erano isolate, mandate
lontano, in istituti. Oggi molti giovani possono essere aiutati ad andare a scuola con gli altri bambini.
Sono disponibili metodi per migliorare le loro abilità sociali, linguistiche e scolastiche. Anche se più
del 60% degli adulti autistici continua ad aver bisogno di cure per tutta la vita, alcuni programmi
hanno iniziato a dimostrare che con un supporto appropriato, molte persone autistiche possono
essere educate a svolgere lavori significativi e partecipare alla vita della comunità.
L’autismo è presente in ogni Stato e in ogni regione del mondo, in famiglie provenienti da tutte le
razze, le religioni ed i livelli economici. Si manifesta nell’infanzia, colpisce 1 o 2 persone ogni mille,
ed è tre o quattro volte più comune nei bambini, che nelle bambine. Le bambine con questo
disturbo, tendono però ad avere sintomi più gravi, e minor intelligenza. In aggiunta alla perdita
delle potenzialità personali, il costo dei servizi sanitari e scolastici per le persone colpite, supera,
ogni anno, i 3 miliardi di dollari. Così, per questo verso, l’autismo influisce su tutti noi.
Questo pamphlet è fornito dal National Institute of Mental Health (NIMH), l’agenzia federativa che
conduce e finanzia le ricerche sui disturbi mentali e cerebrali, incluso l’autismo. Il NIMH è parte del
National Institutes of Health (NIH), che è l’agenzia americana governativa federale principale per le
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N.d.C.: Il documento è aggiornato al 6 Gennaio 1999
9
ricerche biomediche e comportamentali. Le ricerche sull’autismo e sui disturbi ad esso correlati, sono
finanziate anche dal National Institute of Child Health and Human Development (NICHD), dal
National Institute on Deafness and other Communication Disorders (NIDCD) e dal National Institute
of Neurological Disorders and Stroke (NINDS).
Gli scienziati del NIMH sono specializzati nel comprendere il funzionamento e le interrelazioni fra le
varie regioni del cervello e nel costruire misure preventive e nuovi trattamenti, per i disturbi che,
come l’autismo, mettono le persone in posizione di svantaggio nella scuola, nel lavoro, e nelle
relazioni sociali.
In questo pamphlet sono incluse le ultime informazioni sull’autismo e sul ruolo del NIMH
nell’identificarne le cause basilari e i trattamenti efficaci. Sono descritti anche i sintomi, le procedure
diagnostiche, le opzioni di trattamento, le strategie per fronteggiare la situazione e le fonti di
informazioni e supporto.
Gli individui a cui ci si riferisce in questa brochure non sono reali, ma le loro storie sono basate su
colloqui con genitori che hanno bambini autistici.
Capire il problema
Paul
Paul è sempre stato ossessionato dall’ordine. Quand’era bambino allineava le costruzioni,
raddrizzava le posizioni delle sedie, teneva lo spazzolino da denti sul lavandino sempre nello stesso
posto, ed aveva un accesso di collera quando qualcosa veniva spostato. Paul poteva anche diventare
aggressivo. Alcune volte, quando turbato o ansioso, poteva esplodere improvvisamente scagliando
l’oggetto più vicino, o rompendo una finestra. Se sopraffatto dal rumore e dalla confusione, si autocolpiva o si mangiava le unghie fino a farle sanguinare. A scuola, dove il suo programma e il suo
ambiente erano attentamente strutturati, aveva un comportamento più normale. Ma a casa, fra la
confusione imprevedibile e rumorosa di una grande famiglia, era spesso fuori controllo. Per i suoi
genitori divenne sempre più difficile, a causa di ciò, aver cura di lui e soddisfare anche i bisogni degli
altri figli. In quel periodo, più di dieci anni fa, questo disturbo era molto meno conosciuto,ed erano
disponibili poche opzioni terapeutiche. Così, all’età di 9 anni, i suoi genitori lo misero in una struttura
residenziale dove poteva ricevere attenzioni e vigilanza 24 ore su 24.
Alan
Alan da piccolo era giocoso ed affettuoso. A 6 mesi sapeva già sedersi e gattonare. A 10 mesi
iniziava a camminare e a dire qualche parola e a 13 sapeva contare. Un giorno, a 18 mesi, sua
madre lo trovò seduto in cucina, solo, che faceva girare ripetutamente le ruote dell’aspirapolvere con
una tale persistenza e concentrazione che non le rispose quando lei lo chiamò. Da quel giorno in poi,
lei dice: “Fu come se qualcuno avesse gettato un’ombra su di lui”. Alan ha smesso di parlare e di
relazionarsi con gli altri. Spesso, corre velocemente attorno a casa come un demone. E’ diventato
fissato con le luci elettriche, correndo attorno a casa, le accende e le spegne. Se viene fermato, ha
un accesso di collera, picchia e scalcia chiunque si trovi alla sua portata.
Janie
Fin dalla nascita, Janie è sembrata diversa dagli altri bambini. All’età in cui la maggioranza dei
piccoli ama relazionarsi con la gente ed esplorare l’ambiente circostante, Janie sedeva senza
muoversi nella sua culla, e non rispondeva ai sonaglini o agli altri giocattoli. Non sembrava crescere
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neanche in sequenza normale. Si alzò prima di gattonare, e quando iniziò a camminare, lo fece sulla
punta dei piedi. A 30 mesi ancora non parlava. Afferrava invece, le cose o piangeva per ottenere ciò
che voleva. Sembrava avere anche un’immensa forza di concentrazione, sedeva per ore guardando
un giocattolo che teneva fra le mani. Quando Janie fu portata in una clinica speciale per essere
controllata, trascorse tutto il tempo della visita tirando via i pelucchi di lana dal pullover dello
psicologo.
Cos’è l’autismo?
L’autismo è un disturbo cerebrale che influisce tipicamente sull’abilità della persona di comunicare,
di avere relazioni con gli altri, e di rispondere in modo appropriato all’ambiente circostante. Alcune
persone con autismo sono relativamente ad alto funzionamento, con eloquio ed intelligenza intatti.
Altre sono ritardate mentalmente, mute o con gravi ritardi del linguaggio. L’autismo fa sembrare
alcune persone, chiuse in se stesse e silenziose, mentre altre sembrano intrappolate in
comportamenti ripetitivi e in rigidi modelli di pensiero.
Sebbene le persone autistiche non abbiano esattamente gli stessi sintomi e gli stessi deficit, esse
tendono a condividere certi problemi sociali, comunicativi, motori e sensori, che hanno influenza
prevedibile sul loro comportamento.
Sintomi sociali
In genere i bambini, fin dall’inizio sono esseri sociali. Ben presto nella loro vita, iniziano a guardare
le persone, si voltano verso le voci, afferrano teneramente un dito, e sorridono addirittura.
Al contrario, molti bambini autistici sembrano avere enormi difficoltà ad imparare a districarsi nelle
interazioni umane quotidiane. Durante i primi mesi della loro vita, possono addirittura non interagire
ed evitare lo sguardo diretto. Sembrano preferire l’essere soli. Pongono resistenza alle attenzioni e
all’affetto, od accettano passivamente abbracci e coccole. Raramente cercano conforto o rispondono
alla rabbia o all’affetto. Diversamente dagli altri bambini, solo di rado diventano tristi quando i
genitori li lasciano soli come, solo di rado, mostrano piacere quand’essi ritornano. I genitori che non
vedono l’ora di provare la gioia delle coccole, dell’insegnare, del giocare con il loro bambino, possono
sentirsi a pezzi a causa di questa mancanza di risposte.
I bambini autistici impiegano molto tempo anche ad imparare ad interpretare cosa pensano o
provano gli altri. Segnali sociali sottili, come un sorriso, l’occhiolino, una smorfia, possono avere ben
poco significato. Per un bambino che non recepisce questi segnali il “vieni qui” significa sempre la
stessa cosa, sia che colui che parla stia sorridendo ed allungando le braccia in un abbraccio, sia che
lo stia guardando di traverso con i pugni sui fianchi. Senza l’abilità di interpretare la gestualità e le
espressioni facciali, il mondo sociale può sembrare assai confuso.
Le persone autistiche hanno problemi nel vedere le cose dalla prospettiva di un’altra persona. In
genere i bambini di 5 anni capiscono che gli altri hanno informazioni, sentimenti ed obiettivi diversi
rispetto a loro. Un individuo autistico può non comprenderlo mai. Questa mancanza li rende incapaci
di predire o di capire le azioni degli altri.
Alcune persone autistiche tendono anche, alle volte, ad essere fisicamente aggressive, rendendo le
relazioni sociali ancor più difficili. Alcuni perdono il controllo, particolarmente quando sono in un
ambiente strano o che li coinvolge intensamente, o quando sono arrabbiati e frustrati. Alle volte
sono capaci di rompere oggetti, di aggredire gli altri o di farsi del male. Alan, ad esempio, può
essere preda di rabbia intensa, picchiando e scalciando, quando è frustrato od arrabbiato. Paul,
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quando nervoso o fuori di sé, può rompere una finestra o scagliare oggetti lontano. Altre persone
sono autodistruttive, sbattono la testa, si strappano i capelli, si colpiscono le braccia.
Difficoltà linguistiche
All’età di 3 anni, la maggioranza dei bambini, ha già superato molte delle tappe previste lungo la
strada dell’acquisizione del linguaggio. Una delle prime fasi è la lallazione. Entro il primo
compleanno, un bimbo “normale”, esprime alcune parole, si volta quando viene chiamato, indica
quando vuole un giocattolo, e quando gli è offerto qualcosa che non gli piace, rende chiaro che la
sua risposta è no. All’età di due anni, molti bambini iniziano a mettere insieme brevi frasi come
“guarda il cagnolino” o “ancora biscotti” e sono capaci di seguire indicazioni semplici.
Le ricerche mostrano che circa la metà dei bambini diagnosticati con autismo, rimane muta per tutta
la vita. Alcuni bambini che mostrano segni di autismo in un periodo successivo a quello della nascita,
emettono suoni e lallano durante i primi sei mesi di vita. Ma smettono ben presto e possono non
parlare mai, sebbene possano riuscire a comunicare usando il linguaggio dei segni, o usando
apparecchi elettronici speciali. Altri possono essere in ritardo, sviluppando il linguaggio fra i 5 e gli 8
anni.
Quelli che parlano davvero, usano spesso il linguaggio in modo inusuale. Alcuni paiono incapaci di
combinare le parole in frasi significanti. Alcuni producono solo parole singole. Altri ripetono la stessa
frase, indipendentemente dalla situazione.
Alcuni bambini autistici sono solo capaci di ripetere a pappagallo quello che sentono, una condizione
chiamata ecolalia. Senza un’istruzione adeguata, ripetere come una eco le frasi delle altre persone,
può essere l’unico linguaggio che potranno mai acquisire. Ciò che ripetono può essere una domanda
che gli era appena stata formulata, o una pubblicità televisiva. Oppure, in maniera del tutto
inaspettata, un bambino può urlare “Stai sul tuo lato della strada!”- qualcosa che aveva sentito dire
da suo padre alcune settimane prima. Anche i bambini non autistici intercorrono in una fase in cui
ripetono quello che sentono, ma essa solitamente finisce attorno ai tre anni di età.
Le persone autistiche hanno anche la tendenza a confondere i pronomi. Hanno problemi ad afferrare
il significato di parole che, come “mio”, “io” e “tu”, cambiano di significato in relazione a chi sta
parlando. Quando l’insegnante di Alan chiede: ”Come mi chiamo?”, lui risponde “Il mio nome è
Alan”.
Alcuni bambini esprimono la stessa frase in una gran varietà di situazioni. Un bambino, per esempio,
diceva “Vai in macchina”, a casaccio durante il giorno. Superficialmente la sua affermazione può
apparire bizzarra, ma c’è forse un modello significativo in ciò che il bambino dice. Potrebbe dire “Vai
in macchina” ogni volta che vuole uscire. Nella sua mente ha associato “Vai in macchina” con il
lasciare la casa. Un altro bambino, che dice “latte e biscotti” ogni volta che sta bene, ha forse
associato la buona sensazione provata mangiando, con le altre cose che lo rendono contento.
Anche capire il linguaggio corporale di una persona autistica può essere ugualmente difficile. La
maggioranza di noi sorride quando parla di cose piacevoli, o scrolla le spalle quando non sa
rispondere ad una domanda. Ma, per i bambini autistici, le espressioni facciali, i movimenti e la
gestualità, raramente si accompagnano a ciò che stanno dicendo. Anche il loro tono di voce non
riflette i sentimenti. Sono comuni voci acute, cantilenanti, piatte o simili a quelle di robot.
Senza gestualità significativa o senza il linguaggio per chiedere le cose, le persone autistiche sono in
una posizione di inferiorità nel far conoscere agli altri ciò di cui hanno bisogno. Il risultato è che
allora possono semplicemente strillare od afferrare ciò che vogliono. Temple Grandin, una donna
12
autistica eccezionale, che ha scritto due libri sul suo disturbo, ammette: “Non essere in grado di
parlare fu sempre una frustrazione totale. Urlare era la sola via che mi permetteva di comunicare”.
Spesso pensava logicamente: “Adesso inizierò a strillare perché voglio dire a qualcuno che non
voglio fare qualcosa”. Fino a quando non sono insegnati loro mezzi migliori per esprimere i bisogni,
le persone autistiche fanno qualunque cosa siano in grado, per andare verso gli altri.
La storia di Temple Grandin
Temple Grandin, malgrado una vita intera combattuta con l’autismo, conseguì il dottorato in scienze
animali. Oggi inventa apparecchi per controllare il bestiame, ed insegna in una delle maggiori
università. E’ una donna di straordinario talento, ha scritto diversi libri sulle scienze animali,
l’autismo e la propria vita.
Già a 6 mesi, Temple aveva molti dei sintomi tipici dell’autismo. Se presa in braccio si irrigidiva e
voleva essere rimessa giù. A due anni, era ormai chiaro che lei era ipersensibile al gusto, al suono,
all’odore e al tatto. I suoni erano per lei strazianti. Indossare abiti fu una tortura: la sensazione di
certe fibre tessili era come carta vetrata che grattava la pelle. Costantemente sottoposta a
sensazioni troppo forti, urlava, era preda di rabbia, e tirava oggetti. In altri momenti, scopriva che
concentrandosi intensamente ed esclusivamente su un oggetto che teneva in mano, su una mela,
una monetina che rotolava, la sabbia che passava fra le sue dita, poteva rifugiarsi in un temporaneo
paradiso di ordine e prevedibilità.
Un dottore, come era abitudine a quel tempo, consigliò che Temple venisse istituzionalizzata. Sua
madre rifiutò e la inserì in un programma terapeutico per bambini con gravi compromissioni
qualitative del linguaggio. La classe era piccola e rigidamente strutturata. Quei metodi furono efficaci
per Temple, sebbene il programma non fosse indirizzato a trattare l’autismo. A 4 anni iniziò a parlare
e a 5 fu capace di frequentare l’asilo. Temple ha attribuito il suo successo a diverse persone–chiave
presenti nella sua vita: sua madre, che continuò incessantemente a cercare aiuto, il suo terapeuta,
che la tenne lontana dall’annientarsi dentro il suo mondo interiore, e un insegnante di scuola che la
aiutò a trasformare il suo interesse per gli animali in una professione nell’ambito della scienza
animale.
La comprensione di Temple per i bisogni degli animali, una forte abilità sviluppata nel pensare “a
disegni” e la coscienza dei suoi bisogni speciali, la portarono ad inventare apparecchiature che hanno
aiutato straordinariamente sia il bestiame che lei stessa. Dopo aver visto un dispositivo usato per
calmare gli animali, creò una “macchina comprimente”. La macchina fornisce pressione autocontrollata che aiuta Temple a rilassarsi. Ha scoperto che dopo aver usato la macchina comprimente
si sente meno aggressiva e meno ipersensibile. Con il suo amore per gli animali e la sua personale
sensibilità come guida, ha disegnato anche apparecchiature, usate in tutto il mondo, sia per gli
uomini che per facilitare l’allevamento degli animali. Il suo forte inusuale senso visivo le permette di
pianificare e creare progetti complessi nella mente. Prima di disegnarne le tracce, può vedere con
precisione nuovi e complessi congegni e come i diversi pezzi di questi si uniscono assieme.
La storia di Temple Gradin afferma in modo potente che l’autismo non deve trattenere le persone dal
realizzare il proprio potenziale.
Comportamenti ed ossessioni ripetitive
Le mosse strane e ripetitive che compiono i bambini autistici, sebbene, di solito, fisicamente normali
e con un buon controllo muscolare, li isolano dagli altri bambini. Un bambino può trascorrere ore
movendo le dita a scatti o sbattendole, o dondolandosi avanti e indietro. Molti sbattono le braccia o
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camminano in punta di piedi. Alcuni “si congelano” improvvisamente in una posizione. Gli esperti
chiamano questi comportamenti stereotipie o auto-stimolazioni.
Alcune persone autistiche hanno la tendenza a ripetere certe azioni all’infinito. Un bambino può
passare ore allineando grissini. O, come Alan, può correre da una stanza all’altra spegnendo ed
accendendo le luci.
Alcuni sviluppano fissazioni problematiche con oggetti specifici, che possono portare a
comportamenti insalubri o pericolosi. Per esempio, uno può insistere nel portare gli escrementi dal
bagno alla classe. Altri comportamenti sono semplicemente sorprendenti, divertenti od imbarazzanti
per quelli che sono loro attorno. Una ragazza, ossessionata dagli orologi digitali, afferra le braccia
degli estranei per guardare i loro polsi.
Per ragioni sconosciute, le persone autistiche richiedono che il loro ambiente rimanga costante. Molti
insistono nel mangiare gli stessi cibi, alla stessa ora, seduti precisamente nella stessa posizione a
tavola, ogni giorno. Possono diventare furiosi se un quadro sulla parete è storto, o molto
scombussolati se il loro spazzolino è stato mosso, anche se di pochissimo. Un piccolo cambio nella
loro routine, come prendere una strada diversa per andare a scuola, può farli stare tremendamente
male.
Gli scienziati stanno esplorando tutte le spiegazioni possibili per questo comportamento ripetitivo ed
ossessivo. Forse l’ordine e la costanza portano una certa stabilità in un modo di confusione sensoria.
Forse i comportamenti stereotipati sono un aiuto per bloccare all’esterno gli stimoli dolorosi. Un’altra
teoria ancora, afferma che forse questi comportamenti sono collegati ai sensi che funzionano bene o
a quelli che funzionano malamente. Un bambino che odora ogni cosa nel suo campo visivo, forse sta
usando il senso stabile dell’odore per esplorare l’ambiente. O forse è vero l’opposto: sta provando a
stimolare un senso che è incerto.
Anche il gioco immaginativo è limitato da questi comportamenti ed ossessioni ripetitive. Molti
bambini, già a due anni, usano la loro immaginazione per fingere. Creano usi nuovi per un oggetto,
magari utilizzano un contenitore come cappello. O fanno finta di essere qualcun altro, come la
mamma che prepara la cena per la “famiglia” delle bambole. In modo opposto, i bambini autistici
fanno raramente finta. Piuttosto che cullare una bambola o far correre la macchinina, tengono gli
oggetti semplicemente in mano, annusandoli o rigirandoli per ore.
Sintomi sensori
Quando le percezioni dei bambini sono accurate, essi possono imparare attraverso le cose che
vedono, provano o ascoltano. D’altro canto, se l’informazione sensoria fallisce, o se l’imput
proveniente dai diversi sensi non si distingue in maniera coerente, le esperienze del bambino
rispetto al mondo sono confuse. Le persone autistiche sembra abbiano uno od entrambi questi
problemi. Ci possono cioè essere problemi nei segnali sensori che raggiungono il cervello o nella
integrazione di questi e, abbastanza facilmente, negli uni e nell’altra.
Apparentemente, come risultato di un malfunzionamento cerebrale, molti bambini autistici sono
altamente ricettivi, od addirittura dolorosamente sensibili, a certi suoni, a certi tessuti, a certi gusti
ed odori. Alcuni bambini trovano la sensazione dei vestiti sulla loro pelle così fastidiosa da essere
incapaci di focalizzare la loro attenzione su qualcos’altro. Per altri, un tenero abbraccio può essere
opprimente. Alcuni bambini si coprono le orecchie e strillano al rumore dell’aspirapolvere, di un
aeroplano lontano, dello squillo del telefono od addirittura del vento. Temple Grandin dice: “Era
come avere un aiuto uditivo capace di sentire qualunque cosa, con il controllo del volume fermo sul
14
massimo”. Dato che ogni rumore era così forte, scelse spesso di ritirarsi in se stessa e di eliminare i
suoni, al punto da sembrare sorda.
Nell’autismo, il cervello sembra anche incapace di bilanciare appropriatamente i sensi. Alcuni
bambini autistici sembrano insensibili all’estremo freddo o al dolore, ma hanno reazioni isteriche per
cose che non darebbero nessun fastidio agli altri. Un bambino autistico può rompersi un braccio
cadendo e non piangere. Un altro bambino può picchiare la testa contro il muro senza fare una
grinza. Ma, d’altro canto, un lievissimo tocco può farlo strillare allarmato.
In alcune persone i sensi sembrano addirittura scambiati. Un bambino ride quando tocca certi
tessuti. Un uomo autistico sente un suono quando qualcuno gli sfiora un punto del mento. Altri
vivono certi suoni come colori.
Abilità inusuali
Alcune persone autistiche mostrano abilità sorprendenti. Altri esternano possibilità veramente fuori
dall’ordinario. Da piccolissimi, quando gli altri bambini disegnano linee e scarabocchi, alcuni bambini
autistici sono capaci di realizzare disegni ricchi di dettagli, realistici e con una prospettiva
tridimensionale. Alcuni sono così dotati di abilità visuali da essere capaci di comporre puzzle
complessi. Altri, iniziano a leggere eccezionalmente presto, addirittura prima di quando imparano a
parlare. Altri ancora, con uno sviluppatissimo senso del suono, riescono ad usare strumenti musicali
che non hanno mai visto prima, possono suonare accuratamente una canzone dopo averla ascoltata
una sola volta, o possono dare un nome ad ogni nota che ascoltano. Come il personaggio
interpretato da Dustin Hoffman in Rain Man, alcune persone autistiche possono memorizzare intere
trasmissioni televisive, intere pagine dell’elenco telefonico, o tutti i punteggi delle maggiori squadre
di baseball ottenuti negli ultimi 20 anni. Tali abilità, conosciute come islets of intelligence o savant
skills, sono comunque rare.
15
CHE COS’E’ L’AUTISMO; (documento della “NATIONAL AUTISTIC SOCIETY”
NAS)4
http://www.oneworld.org/autism_uk/asd/autleaf.html
L'autismo è un disturbo che nel corso della vita, colpisce le abilità sociali e comunicative.
Generalmente, i soggetti con disturbo autistico presentano anche difficoltà di apprendimento, e
indipendentemente dal loro livello intellettivo, condividono la difficoltà a dare senso al mondo nel
modo in cui la maggioranza delle persone fanno. In molti bambini con autismo, alcune abilità sono
migliori di altre cosicché il loro sviluppo non è soltanto più lento del solito, ma anche discontinuo e
diverso da molti bambini con altri disturbi di apprendimento. C'è anche una forma di autismo che è
conosciuta come Sindrome di Asperger; questa appare nella parte finale di maggiori abilità dello
spettro autistico.
Quali sono le caratteristiche dell'autismo:
I gradi per cui le persone con un disturbo dello spettro autistico sono colpite variano, ma tutte le
persone colpite manifestano ciò che è conosciuto come la Triade delle Compromissioni. Questa
Triade riguarda:

interazione sociale: difficoltà ad instaurare relazioni sociali

comunicazione sociale: difficoltà nella comunicazione verbale e non-verbale

immaginazione: difficoltà nello sviluppo del gioco e dell'immaginazione
In aggiunta a questa Triade, i modelli di comportamento ripetitivo sono un'altra caratteristica
percettibile e difficilmente modificabile.
4
N.d.C.: Il documento è aggiornato al Giugno 2000
16
CHE COS'È L’AUTISMO (documento di “Autism Europe”)
www.autismeurope.arc.be/english/frame.htm
L'autismo è probabilmente il peggiore di tutte le disabilità; può non essere visto, non essere
individuato, non essere capito.
Oggi, l'autismo è considerato un Disturbo Generalizzato dello Sviluppo delle funzioni cerebrali
(definizione del DSM IV e dell'ICD 10) che impedisce al soggetto l'organizzazione e la comprensione
delle informazioni trasmesse attraverso i sensi. Può causare al soggetto il ritiro verso se stesso e
colpisce drammaticamente le interazioni sociali con il mondo esterno.
I sintomi più importanti dell'autismo sono:

i deficit nella interazione sociale reciproca

i deficit nella comunicazione verbale e non-verbale e nell'immaginazione

una serie ristretta di attività e interessi
L'autismo è una disabilità grave. Sebbene una volta si pensava che l'autismo fosse raro, gli studi
clinici hanno ora dimostrato che la prevalenza di tutto l'autismo classico è 4/5 per 10.000 e che ci
possono essere fino a 10/20 per 10.000 persone che manifestano molti dei sintomi e che quindi
potrebbero essere inclusi all'interno del "continuum autistico". L'autismo è, qualche volta, associato
con altre disabilità come la Sindrome di Down, l'epilessia, la Sindrome di Rett o la Sclerosi Tuberosa.
Ancora oggi, a causa della carenza di diagnosi appropriate e di servizi, molte persone con autismo
non ricevono cure adeguate. L'esperienza ha dimostrato che il miglior trattamento per le persone con
autismo è l'educazione precoce e specializzata che aiuta a rendere l'ambiente più accessibile alle
persone con autismo e personalizza gli interventi alle specifiche compromissioni di ogni individuo.
17
I LINGUAGGI DELLA METODOLOGIA

“Autismo, Autismi, Processi Educativi” (Andrea Canevaro)

Un sintetico percorso tra le Schede di Valutazione
pag 18
pag 27
a) GLI INDICATORI DI SVILUPPO NORMALE (dal sito “NIMH”)
b) LE DIFFERENZE TRA BAMBINI NORMALI E BAMBINI AUTISTICI (dal sito
“NIMH”)
c) AUTISM CHECKLIST (dal sito “Autism Society of America”)
d) PONI DOMANDE PRECISE SULLO SVILUPPO (dal Documento “The
Screening and Diagnosis of Autistic Spectrum Disorders ” di Pauline A.
Filipek)
e) LE BANDIERE ROSSE DELL’AUTISMO (dal Documento “The Screening
and Diagnosis of Autistic Spectrum Disorders ” di Pauline A. Filipek)
f)
CH.A.T. (Checklist for Autism in Toddler)

Il Manuale di Buone Pratiche nei confronti delle Persone Autistiche ( da “Autisme
Europe”, 1998)

Quality Managment nei programmi per le persone con autismo (Ramon Barinaga
Osinalde, Spagna)

BIBLIOGRAFIA SPECIALIZZATA
AUTISMO, AUTISMI, PROCESSI EDUCATIVI5
di Andrea Canevaro
Premessa
Parlare di autismo significa, per noi, parlare piuttosto di autismi. Abbiamo sempre più l'impressione
che il termine vada proposto o in relazione alla singola situazione, che quindi va incontrata, in una
dimensione clinica, oppure vada sempre proposta al plurale, non essendoci un modo solo di vivere
l'autismo ma diversi.
Dimensione clinica: chiariamo che cosa ciò significa. Vorremmo evitare l'equivoco di utilizzare il
termine clinico nel senso riduttivamente medico. Parliamo di clinico nella sua derivazione
etimologica, che ha molti risvolti pratici, essendoci nell'approccio clinico, la sostanziale necessità di
un incontro singolare, originale, caso per caso. L'approccio clinico è l'incontro con la persona. Non
può quindi essere incontro con una patologia, con un deficit, ma è l'incontro con l'individuo nella sua
originalità di bambino, di bambina, di uomo o di donna, e con la sua situazione che non è
unicamente quella rappresentata dalla patologia o dal deficit L'approccio clinico è quindi quello che
5
N.d.C.: Tratto da Atti del Seminario di Studio “IL BAMBINO AUTISTICO E LA SCUOLA”.
Rimini, 26 maggio 2000
18
vorremmo seguire: l'approccio non sanitarizzante, in cui, però, l'aspetto sanitario ha la sua parte, e
in cui, per quanto ci riguarda, la dimensione educativa è fondamentale.
Vorremmo parlare degli autismi, inoltre, perché abbiamo la certezza, ormai, ma per prudenza
diciamo la sensazione, che si tratti di una condizione che ha molte cause, una multifattorialità e una
multicausalità, e quindi che sia una situazione da affrontare non con un solo modo, o metodo, o con
una sola proposta, ma tenendo conto di quella necessità di intreccio, di proposte, che ormai diventa
il terreno su cui molte indagini si sono svolte e anche molte convinzioni hanno cominciato a prendere
piede. Per questo riteniamo che non sia nostro compito quello di proporre una modalità di affrontare
l'autismo, ma che sia piuttosto importante ragionare e sempre aggiornare una riflessione sulla
metodologia, che consenta anche di accogliere diverse proposte, di accoglierle non unicamente
ciascuna isolata, ma anche cercando di correttamente fare delle connessioni fra le proposte, e
arrivare a nuove individuali (individuali: nella dimensione dell'approccio clinico) proposte.
Parlando di intreccio vorremmo dire questo: non abbiamo l'idea che vi sia una proposta che elimini,
e in qualche modo faccia invecchiare, improvvisamente, tutte le altre. Non abbiamo questa
sensazione. Abbiamo piuttosto la convinzione che si tratti sempre di ragionare in termini di intreccio.
E se, qualche volta, eccezionalmente, una proposta ritiene di avere qualche vantaggio sulle altre, o
noi riteniamo che una certa proposta abbia un primato, dobbiamo rimanere - è nostra convinzione nell'approccio clinico, quindi saperla valida per quella situazione, e non farci prendere la mano con
una operazione di divulgazione, che rinunci a questo presupposto di miticciato di intreccio dei
metodi, e di costruzione di una proposta personalizzata all'interno di questo approccio.
Una riflessione sullo sviluppo della relazione in educazione
Nel bambino o bambina che cresce si sviluppa un'interazione con l'ambiente che ha come elemento
privilegiato il rapporto con alcune figure di adulti, e in particolare con la figura che chiamiamo
materna. La figura materna, a sua volta, è tale anche in rapporto a una possibilità di esercitare le
funzioni che vengono definite maternanti, in una certa tranquillità. E' quindi più che evidente che si
parla di una relazione che ne sottende altre, e quindi di una sistematicità in cui vive una relazione
duale, con confini e con implicazioni. La triangolazione diventa una necessità dal momento che il
rapporto interattivo fra la figura materna e il neonato immediatamente ha bisogno di mediatori, ha
bisogno quindi di organizzare il rapporto con mediatori sia fisici - il cibo, il latte - sia impalpabili - i
suoni, le luci, che diventano poi la parola, lo spazio, il tempo, l'organizzazione dei ritmi, ecc.
In un rapporto di questo genere, ha una certa importanza la costruzione di abitudini che permettano
all'individuo, sia neonato che adulto, di cominciare a distinguere tra ciò che può essere, in qualche
modo, previsto, e gli imprevisti, e quindi a esercitare una forma di controllo, di codifica mentale di
ciò che avviene e di previsione, e quindi di controllo della situazione. La crescita, poi, nel e del
linguaggio permette a ciascun individuo di regolare l'afflusso delle informazioni, di rispondere alle
informazioni, deviando o mantenendo le pressioni e le dinamiche che le informazioni hanno fornito,
di chiudere l'accesso delle informazioni, ecc. Parliamo di informazioni ma non unicamente nel senso
delle informazioni verbali, anche di quelle che si vivono attraverso l'importante canale informativo
che sono i cibi, e quindi con gli aspetti che sono prettamente nel contesto, e non possono che essere
tali, come possono essere gli odori, i colori, i sapori. Ma questo fa si che ciascuno possa anche
desiderare di sentire un odore, quando non lo sente, e di esprimere il desiderio, con gli strumenti
che può avere, per poter avere quel cibo, e quindi per potere realmente sentire quell'odore. Può
evocare, e desiderare. Può ricordare e programmare.
19
Quando questo sviluppo interattivo magmatico, composto cioè da mille elementi che si intrecciano
tra loro e che sono poco dicibili, se non per alcune parzialità, ha delle interruzioni, vi sono degli
imprevisti. Li consideriamo tali se sono in rapporto a qualcosa che è sostanzialmente prevedibile, e
quindi che, come imprevisto, sa essere affrontato per tornare a ciò che è previsto, oppure per
aumentare la prevedibilità di nuovi elementi, e renderla quindi più complessa, più reale, più
completa. In un individuo che cresce vi sono sempre degli eventi che non erano previsti, e chi vive
intorno a lui, a sua volta, provoca in quell'individuo degli imprevisti. Tutto questo alimenta una
costruzione della realtà più ricca, più capace di flessibilità, di ricostruzione, di riformulazione. Ma
rimangono altri imprevisti che sono tali perché si aprono e si chiudono e, se non fosse possibile
chiuderli, provocano delle situazioni di difficoltà più complessa, più grave.
E' questo il caso dei deficit: quando vi è un deficit che insorge, o comunque che viene percepito solo
in una linea di sviluppo, la situazione rimane compromessa, e vi sono molte difficoltà a proseguire
con la dinamica dell'intreccio magmatico: si ha più bisogno di una tecnica, di suggerimenti tecnici.
Come posso recepire il ritorno di informazione da parte un individuo, un bambino, una bambina - ma
naturalmente questo vale per le situazioni di adulti - che non utilizza più, e non sappiamo se
utilizzerà in seguito, delle strutture comunicative semplici come possono essere le comunicazioni
mimiche, e quelle un po' più articolate e complesse che sono il linguaggio orale, l'articolazione
fonetica? Come possiamo stabilire dei rapporti interattivi, dinamici, che crescano, progrediscano,
abbiano uno sviluppo, quando non capiamo se vi è una ricezione delle nostre comunicazioni, perché
manca un ritorno della comunicazione, una risposta, anche una risposta di contrasto? Le
testimonianze, a volte, sono molto drammatiche: una madre con il nodo alla gola racconta come
desidererebbe tanto che la sua bambina di quattro anni arrivasse a rompere un bicchiere, arrivasse a
fare dei gesti che avrebbero bisogno di essere rimproverati! Che cosa vuoi dire con questo? Vuoi dire
che di fronte a una bambina che sembra una bambola rotta ha il desiderio di una normalità anche
nei contrasti, anche nei piccoli disastri che un bambino o una bambina che cresce può compiere, e
che fanno parte di quella dinamica magmatica e interattiva di cui parlavamo. Se questo non avviene
si ha bisogno, dicevamo, delle tecniche. Si ha bisogno, cioè, che qualcuno che riteniamo conosca
queste situazioni ci suggerisca il come, il quando, il perché. E se il come e il quando sono
abbastanza operativi, noi non riteniamo poi necessario che il perché sia confrontato con autorevoli
altre fonti, ci accontentiamo.
Dicendo quello che stiamo scrivendo ci siamo messi in una identificazione con le figure parentali, che
sono quelle più colpite: i familiari sono coloro che si trovano immediatamente in una grave difficoltà,
progressivamente sempre più grave, di non sapere come fare, cosa fare. Se incontrano tecnici i quali
sono piuttosto remissivi, o appaiono tali, dicendo loro: "Bisogna accettare, bisogna convincersi che
questa è una situazione che perdura", e nello stesso tempo incontrano proposte seducenti, che
dicono: "No, c'è da fare, è questo che bisogna fare, bisogna occupare il tempo, bisogna impegnarsi
nell’attivare…ecc”, è evidente che queste proposte, quali che siano le loro sostanziali referenze
scientifiche, diventano persuasive. Non tanto persuasive nella razionalità, quanto organizzative di
una vita che si sente molto destabilizzata, nel marasma. Questa situazione, simbolicamente, e
banalmente, è abbastanza conosciuta. Ed è a partire, però, da questa conoscenza che si deve
sviluppare una metodologia. E' li che abbiamo bisogno di ragionare sulla qualità di una relazione di
aiuto che permetta di stabilire - o di ristabilire, si dice a volte, anche se questo ristabilire è una
rievocazione a volte un po' misteriosamente mitologica, perché c'è già stata una relazione di
crescita, di dinamica magmatica di interscambio, a volte è stata sognata, è ritenuta esistere ma
potrebbe essere un mito, e non sempre i miti organizzano una costruzione, a volte bloccano anche
una costruzione -.
20
Quando vi sono ricordi dei primi mesi di vita come di mesi normali, che avevano tutte le
caratteristiche di promettere e premettere a una vita normale, e poi si è bruscamente interrotta,
potremmo anche ritenere che la memoria sia un poco alterata. Ma queste sono interpretazioni che
non hanno una grandissima importanza, e potrebbero, anzi, danneggiare la qualità della relazione
d'aiuto perché potrebbero immediatamente porre il sospetto che noi ci avvaliamo di una posIzione di
potere per essere interpretativi. Molte delle relazioni d'aiuto sono guastate in partenza da un
sospetto di interpretatività: tu mi dici una cosa e io la interpreto e capisco che, invece, le cose sono
andate diversamente.
Dicendo questo riteniamo importante e necessario discutere. Non pensiamo che bisogna dir ragione.
Essere interpretativi e dare ragione sono due dimensioni entrambe che contengono molti rischi,
mentre la necessità è quella di essere capaci di raggiungere una dimensione dialogica. Nella
relazione d'aiuto bisogna accettare per poter discutere, non ritenendo che lo sviluppo sia sempre
lineare. Uno sviluppo lineare esige che, di fronte a un interlocutore che afferma qualcosa che io
ritengo non esatto, immediatamente stabilisca che quell'affermazione che ha fatto non è esatta, e
quindi proceda; questo è uno sviluppo lineare che non ha una grande validità. Noi abbiamo bisogno
di partire dalle affermazioni, di prenderle certamente sul serio, di cominciare, però, a trasformarle in
ipotesi di una realtà che c'è stata, che è difficile da verificare, e che potrebbe essere accostata ad
altre ipotesi.
Ma questo che dico e che diciamo è un po' presuntuoso perché ci pone in una posIzione veramente
poco simpatica: ritenere di saperla cosi lunga da insegnarla a tutti gli altri, cosa che non è. Noi
avanziamo con una permanente incertezza che non può trasformarsi, però, in una destabilizzazione
degli altri. Dobbiamo, nel rapporto d'aiuto, mostrare una curiosità che afferma: "Non so tutto" e
nello stesso tempo mostrare una certezza: "Quello che so mi permette di andare avanti". Questa
coppia di elementi fanno sì che si possa parlare della attività dell'educatore come una attività in cui il
punto importante è: la curiosità permette di andare avanti. Si potrebbe dire anche con
un'espressione che è stata usata in contesti legati più alle esperienze di apprendimento, che gli
educatori dovrebbero essere motivati dalla loro ignoranza, nel senso che non sanno cosa c'è oltre la
svolta, oltre la curva, oltre la montagna. E sono motivati ad andare a vedere, andare oltre. Non
sanno, ignorano. Però sanno camminare, sanno muoversi, o sanno appoggiarsi a chi si muove.
Hanno quindi una certezza accompagnata da molta incertezze. Nel rapporto d'aiuto bisogna che
facciano valere la certezza per non aumentare la crisi, la drammaticità della situazione in cui l'altro
interlocutore si trova. Questa parte di riflessione è legata alle relazioni d'aiuto con i familiari.
Riteniamo che un gran numero delle situazioni in cui siamo impegnati si riferiscano a bambini e
bambine, e quindi, implicitamente, a coloro che ne hanno una responsabilità educativa: per primi i
familiari, poi naturalmente anche gli altri educatori del contesto extrafamiliare quali possono essere
gli o le insegnanti, gli educatori o le educatrici professionali, gli educatori o le educatrici.
Nella relazione il transfert o la pertinenza
Nell'approccio clinico prima o poi si incontra la parola transfert, che ha una efficace derivazione dalla
parola trasferire: capacita, quindi, di permettere uno scambio, un trasferimento reciproco di
informazioni e, però, con l'aggiunta di un valore emotivo che ha preso il sopravvento. E' un termine
ampiamente usato nel rapporto di psicoterapia. Per questo ha una connotazione sicuramente
interessante e importante, che non va rifiutata, ma che rischia, nello stesso tempo, di creare qualche
equivoco, perché dovrebbe sempre essere precisata con un'altra parola, e collocare il transfert nella
dimensione, ad esempio, educativa. Forse è la stessa riflessione che si dovrebbe poter fare anche
con il termine clinico o clinica, che abbiamo già utilizzato definendo il nostro approccio clinico.
21
Il termine transfert può essere sia utilizzato nella dimensione del rapporto psicoterapeutico, ma può
esservi un transfert educativo e un transfert cognitivo. Proprio per questo riteniamo che sia
importante utilizzare anche un altro termine, che permette di evitare una continua necessità di
riferimenti o evitare una polisemia continua che può generare equivoci. E' il termine pertinenza.
Questo termine si riferisce a locutori, cioè coloro che dialogano, connessi da un principio generale:
quello di cooperazione. Secondo questo principio ogni locutore deve permettere al suo interlocutore
di disporre degli elementi necessari per comprendere gli enunciati prodotti. E la locuzione ha delle
radici profonde anche nei comportamenti elementari, vale a dire nella postura, nel sorriso, e quelle
che con termini dal significato molto ampio chiamiamo "comunicazione pre-verbale" e
"comunicazione non verbale" - che non sono linguaggio: il linguaggio non verbale è codificato
mentre la comunicazione pre-verbale e non verbale non è codificata, ancorché entrando nelle routine
della quotidianità possa essere conosciuta e quindi in qualche modo prevista, annunciata e provocata
-.
La locuzione ha quindi questa radice nella comunicazione pre-verbale e nella comunicazione non
verbale. E anche in questa fase, o in questa dimensione, vi è una attenzione alla cooperazione, cioè
vi è la necessità di far comprendere e di comprendere gli enunciati. E' questa la situazione che
abbiamo in qualche modo indicato con una interazione dinamica e magmatica. La pertinenza, quindi,
diventa una capacità di avere un rapporto con l'alterità attraverso mediatori reciprocamente
chiaribili, comprensibili. Vediamo che in questo vi sono profonde analogie col significato di transfert,
di trasferibilità reciproca. Ma, probabilmente, la pertinenza mette più in luce la necessità di avere dei
mediatori che permettano un punto di incontro: mediatori gestuali, mimici, posturali, e poi, o
contemporaneamente, mediatori linguistici. Mediatori, quindi, che possono avere inizialmente un
senso solo per il microcosmo costituito da una relazione duale, che si allargano alle altre persone,
agli altri soggetti di un contesto delimitato, e che crescono e diventano mediatori di tutta una
comunità.
Nei mediatori la polisemia consente certamente una quantità innumerevole di malintesi, di conflitti.
Ma anche il temine conflitto è polisemico, e permette sia un'interpretazione negativa, sia
un'interpretazione eminentemente positiva, che è quella di far scoprire delle nuove organizzazioni di
pensiero, e quindi delle nuove interpretazioni di realtà.
Come si può dedurre, nessun progetto si può fare isolatamente, e l'educazione non è un rapporto a
due: implica necessariamente una quantità di mediatori legati a un'interazione allargata. Per questo
vi sono delle possibilità che i mediatori, sia non verbali, sia prettamente linguistici, assumano dei
significati di maggiore intesa quando sono fra persone che sottintendono, ad esempio, un ricordo
comune, una quantità emotiva intensa comune, un' interpretazione gergale. Possono quindi
significare una maggiore amicizia, intimità, complicità; e possono anche permettere, però,
l'esclusione. Possono permettere una costruzione difensiva, l'aggressione verbale o comunicativa. In
questo senso si può ben capire quanto la situazione polisemica di alcune parole abbia creato fratture
molto profonde tra una comunità scientifica che aveva un suo gergo e chi entrava in contatto con
questa comunità come erano i familiari di bambini, in questo caso i bambini e le bambine autistici.
E' una banalità il dire come l'espressione madre fredda o madre frigorifero abbia suscitato una tale
serie di reazioni conflittuali da non permettere più di capire in che senso era usata primariamente e
in che senso dovrebbe essere percepita, ma da permettere di capire che è meglio passare oltre e non
utilizzarla più. E' evidente che quando un significato ha delle profonde differenziazioni conflittuali,perché non è più un significato ma è più significati contrapposti, vi è la necessita, propria di alcune
costruzioni positive del conflitto, di andare oltre e di trovare altre parole che rimedino agli equivoci,
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e quindi alle contrapposizioni distruttive che gli equivoci possono avere generato. La necessità di
pertinenza è collegata alla necessità di partenariato. Non si può sviluppare un percorso, o una
proposta educativa, senza tenere conto della pluralità di soggetti che la proposta e il percorso
educativo implicano, e quindi senza tenere conto che i soggetti devono essere dei veri e propri
partner. Il termine non può essere qui utilizzato con una dimensione di sintonia spontanea. In
questo caso, il partenariato è uno sviluppo necessario dei rapporti tra le figure che storicamente
sono presenti nell'approccio clinico. Non possiamo trascurare la dimensione di partenariato nei
rapporti con i famigliari, e se prima la nostra riflessione si Sviluppava identificandosi, almeno in
parte, nella figura del familiare adesso vorremmo identificarci nella figura del tecnico, dell'educatore
professionale, dell'insegnante, che non può evitare di sviluppare una dimensione di partenariato con
i familiari. Non può interpretare il partenariato a piacere, ma lo deve interpretare, se si può dire, a
dovere: deve trovare una capacità di intesa con quelle figure che sono presenti nelle situazioni.
Molte volte noi sottolineiamo i limiti, le carenze, le difficoltà di carattere, le pretese assurde, che gli
altri, i familiari, possono avere. Questa sottolineatura è fatta a volte con eleganza, a volte con una
preoccupazione di rappresentare realisticamente una situazione, quindi con una buona disponibilità
di trovare forme di aiuto. Se, però, prende il sopravvento nella nostra rappresentazione dell'altro,
finisce per ancorare l'altro ai limiti, anziché provocarne un superamento attraverso un
riconoscimento di quella che può essere indicata come identità competente.
Noi dovremmo, quindi, valorizzare soprattutto gli aspetti che permettono si sviluppare il partenariato
in positivo, in cui la relazione d'aiuto è cooperazione, e non correzione o imposizione di qualche
cosa. Allora, siccome abbiamo già espresso la convinzione che quando i familiari che sono nel
marasma incontrano una proposta che permette loro di ritenere finalmente possibile un fare,
un'attività, un uscire dalla situazione in cui si sono trovati nell'impotenza, nell'incapacità, nella
disperazione; avendo sottolineato già che questa è una situazione molto comprensibile, è
un'adesione a progetti che prometto qualche cosa mentre da altre parti c'è il vuoto; avendo detto
questo dobbiamo ritenere che vi sia un passaggio a un fare potenzialmente costruttivo. E anche se
noi siamo più che convinti che quel fare, quella proposta ha delle basi incerte - è quindi costruita
attraverso delle ipotesi che sono avventurose, che sono fantastiche - dobbiamo però capire che la
dimensione psicologica dell'altro è quella che ci interessa, perché non partiamo con l'incontro con la
patologia, con la situazione deficitaria, ma dall'incontro col soggetto e con gli altri interlocutori che
sono attorno al soggetto.
E quindi questo progetto, che non si può fare isolatamente, che ha bisogno di mediatori, che ha
bisogno di uno sviluppo di partenariato, non può che accogliere i mediatori che sono stati suggeriti e
che sembrano avere una valenza assoluta, per farli diventare mediatori polisemici; per sviluppare da
un significato che sembra assoluto, perché protetto da una specie di bolla tecnica, farne un
significato di carattere semantico e quindi legata ai contesti, cambiabile, mutabile.
Uno degli assiomi di qualsiasi intervento educativo è che l'attività è mediatrice di un cambiamento.
E' quindi quasi scontato il pensare che chi propone un'attività a chi è in una situazione di
disperazione perché non sono pensabili, non sono previsti, non sono deducibili i cambiamenti di
crescita, accetta quell'attività proprio perché la pensa utile per il cambiamento. E può essere anche
vero. Non parliamo tanto di un effetto placebo quanto di una possibilità che si costruisca attorno ad
un'ipotesi, che potremmo poi verificare non reale, una serie di relazioni e di altri indotti che invece
diventano sostanzialmente veri. In questo affrontiamo una quantità di antinomie, ovvero di
contrapposizioni, che possono riportare a una conflittualità paralizzante, oppure possono introdurre
degli elementi di dialettica. Sta molto a noi capire se è possibile sviluppare una struttura dialettica, e
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quindi che permette un avanzamento, un'evoluzione, un cambiamento, oppure se blocchiamo in
contrapposizioni rigide quelle antinomie.
Per procedere su questo ragionamento vorremmo introdurre una apparente divagazione che riguarda
ancora i mediatori.
Chi si incontra venendo da lontano ha bisogno di buoni mediatori e di buoni rituali
Possiamo immaginare che l'incontro fra chi nasce e chi è già al mondo da tempo, possa essere
paragonato a un incontro di persone che vengono da due punti opposti dell'orizzonte, e che quindi
hanno percorso delle grandi distanze. E' un'immagine che può essere fantasticata, perché è
l'incontro tra un bambino che era dentro una persona adulta e nello stesso tempo era sognato, più o
meno desiderato, rappresentato, configurato e comparato nell'immaginario, con altri bambini, con
altre bambine. Se ne immaginava il sesso, o lo si prevedeva dalla conformazione della pancia della
mamma oppure da indagini più precise. Lo si metteva in correlazione con la luna, con il momento
dell'anno, con tanti altri elementi, con gli incontri che avvenivano. Veniva da un mondo che veniva
rappresentato per immagini fantastiche, e che esprimeva certamente dei desideri e dei timori. Poi è
avvenuto l'incontro. L'incontro ha bisogno di essere regolato e organizzato attorno a dei mediatori. I
mediatori sono tanto più sicuri quanto più sono vissuti come naturali. in realtà sono culturali, ma
hanno la possibilità di essere assunti come abituali riti di introduzione, di incontro, di passaggio.
Sono stati percepiti più o meno confusamente o lucidamente nelle nascite di altri e anche nella
nostra nascita, così come ci è stata a volte raccontata, rappresentata. Dai pochi brandelli dei racconti
degli altri abbiamo avuto, poi, la possibilità di ricostruire delle immagini, non certamente di cronaca
ma più di rappresentazione, in cui l'elemento di realtà e quello simbolico sono saldamente intrecciati
e difficili da scindere. Nelle popolazioni che vivono le grandi distanze gli incontri sono caratterizzati
da rituali di mediazione. Nel mondo arabo i 7 thé che vengono offerti all'ospite, nella tenda, sono il
rituale di mediazione che permette di regolare l'incontro, prima ancora che sulla presenza attiva di
un ospite, sulla disponibilità dell'ospite di stare attorno al rituale. Chi ospita e chi arriva prendono
delle posizioni regolate da qualcosa che è ritenuto naturale, ed è culturale, e che ha, nello stesso
tempo, degli elementi di realtà: soccorrere la sete di chi, viaggiano, può averne, e degli elementi di
simbolo: il simbolo dell'ospitalità ma anche il simbolo di una posizione da assumere di non
invadenza, di organizzazione degli spazi e dei tempi dell'incontro.
I rituali di mediazione e gli oggetti mediatori organizzano lo spazio e permettono di trovare, più o
meno, la distanza giusta. Questa, che sembra una divagazione, ci permette di capire quanto forte sia
il bisogno di fare introdurre da chi riteniamo ne sappia qualcosa, e quindi di introdurre dei rituali di
mediazione, dei mediatori, che permettano l'incontro con quello sconosciuto estraneo, lontano, che
può essere nostro figlio o nostra figlia, che può essere il bambino o la bambina di cui dobbiamo
occuparci, in quanto educatori, in quanto insegnanti, in quanto tecnici.
I tecnici hanno dei rituali che sono l'organizzazione di un protocollo per visitare, per osservare, per
testare, mettere alla prova le qualità, le competenze, le caratteristiche dell'altro. Anche questi sono
rituali. I familiari avrebbero avuto dei rituali ma si sono rivelati inadatti, impertinenti, non capaci,
quindi, di sviluppare quel rapporto di pertinenza, cioè di cooperazione, che sembra istintivamente
fattibile sulle orme di quelli che abbiamo già vissuto quando eravamo bambini, quando eravamo
bambine, che abbiamo osservato, che abbiamo fatto nostri per sedimentazioni quotidiane. Non c'è
più questa possibilità. Bisogna introdurre dei nuovi mediatori adatti, e quindi le proposte sono molto
importanti, ma vivono la contraddizione di essere proposte tecniche in rapporto a una situazione che
non può rendere oggetto tecnico un bambino o una bambina.
24
Con un esempio che può essere considerato un po' azzardato usciamo dalla relazione umana e
pensiamo alla relazione con un oggetto: sto usando il computer con cui ho un'interazione, mi offre
una tastiera che mi da l'accesso ad uno schermo su cui appaiono dei segni e io devo scegliere il
segno giusto, per poter procedere, e sempre organizzare le scelte che costruiscano qualche cosa. Il
mediatore è la tastiera, è lo schermo e sono i simboli che appaiono sullo schermo, quindi un
mediatore mobile, efficace, come tale. Se, procedendo, ho delle risposte impertinenti, cioè inadatte
alla mia progettazione, a quello che io voglio fare con il computer, posso ritenere di aver sbagliato
qualche cosa e di incominciare a ricostruire il percorso che ho fatto, annullando quello che ho fatto e
che ho sbagliato, ecc. ecc. Se l'operazione si complica ancora e non ottengo nessun risultato posso
ritenere che devo fare appello a chi ne sa più di me, a un tecnico, ritenendo che c'è qualcosa che non
va, genericamente, nel computer. il tecnico può arrivare e può dirmi qualche cosa di molto radicale;
può dirmi: "Questo computer non funziona più, bisogna sostituirlo". Oppure può dirmi: "Questo
computer ha bisogno di riparazioni fattibili"; o ancora: "La tua procedura è stata viziata da alcuni
errori; li ricostruiamo, ti insegno, ti riporto nella condizione che ti permette di usare il computer". In
queste tre possibilità l'elemento tecnico si è adattato a una situazione, ma ha fatto quello che noi
non possiamo fare in una relazione umana: cioè ha fatto anche l'ipotesi che il computer sia da
sostituire. Quindi, la tecnica di per sé consente di sviluppare un discorso puramente tecnico, quando
ha a che fare con oggetti. Quando ha a che fare con umani la tecnica non può arrivare a questa
soluzione. Deve, quindi, scartare a priori l'ipotesi che la tecnica in sé può contenere.
La dimensione tecnica, nella proposta di ricostruzione nei mediatori di sviluppo deve contenere la
possibilità di superare la tecnica, e questo può essere il contrasto, l'antinomia. Molte volte le
proposte tecniche vengono dettate con una certa ossessività, e vengono assunte da persone che,
non essendo tecnici, ritengono di dovere mantenere la purezza della tecnica, e quindi di non
costruire adattamenti, ne' tantomeno di inserire nella proposta tecnica le loro scoperte, le intuizioni,
oppure altri suggerimenti. Questo contrasto è rappresentabile con uno schema: la tecnica rende un
oggetto tecnico; oppure la tecnica rende un oggetto soggetto. il bivio è molto importante, e non è
rappresentato dal reale bivio, è una costruzione quotidiana. Gli elementi di seduzione, già evocati in
alcune proposte tecniche, accolte come la possibilità di incontrare quell'individuo che risulta strano,
e che non vorremmo fosse strano, che è nostro figlio, nostra figlia, ha bisogno proprio di ricostruire
una relazione umana. Abbiamo usato il termine relazione, che fa scattare quel Sospetto complicato e
conflittuale per cui noi siamo allora classificabili tra i "relazionali". No, non ci sentiamo in queste
categorizzazioni. Sappiamo che abbiamo bisogno delle tecniche, non dimenticando che devono
essere strumenti di liberazione e non strumenti di modellamento: non devono modellare degli
oggetti tecnici ma devono liberare delle individualità: il percorso è questo.
L'antinomia, il contrasto, è proprio all'interno del rapporto che esiste fra tecnica e individuo:
può sviluppare un rapporto dialettico, costruttivo, evolutivo, o può bloccare. Nella nostra assunzione
di responsabilità vorremmo che, proprio per la condizione storica in cui il nostro paese si è trovato e
si trova, vi sia una curiosità continua per le proposte tecniche che vengono, anche, da altri paesi.
Vogliamo però, rivendicare la possibilità, dopo averle capite certamente, dopo averle studiate, senza
averle disprezzate o ritenute adatte solo ad ambiti di esclusione e di specialismo - di esclusione
magari tecnologica-, di liberarle dal conflitto negativo e di avviare un conflitto positivo, cioè di
mettere in rapporto la tecnica con la situazione dell'approccio clinico, e quindi permettere delle
intrusioni, nella tecnica, di elementi di contesto reale. E' l'integrazione: questo noi vorremmo
arrivare a proporre. In questo noi incontriamo anche altre antinomie, perché noi sappiamo quanto
sia importante mantenere un rigore, e nello stesso tempo sappiamo come il rigore possa deformare
la percezione della realtà Abbiamo bisogno di essere rigorosamente capaci di documentare quello
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che facciamo, ma dobbiamo evitare di fare in modo che lo ~mento' di documentazione diventi
prevalente sulla realtà E siccome nella dimensione educativa e del progetto educativo vi sono molte
pratiche che sono difficilmente riassumibili o rappresentabili nel discorso, noi abbiamo bisogno di
tener conto che la documentazione è sempre una rappresentazione parziale, soprattutto quando i
diversi interlocutori, i partner, hanno delle provenienze culturali diverse: alcuni sono professionisti,
altri hanno ruoli familiari, alcuni sono educatori con una certa preparazione accademica e altri sono
educatori di contesto. E allora la documentazione può essere trasformata in una narrazione
sentimentale importante, oppure in una narrazione tecnica.
Gli ibridi sono interessanti, e a volte pericolosi. Molte volta abbiamo rilevato come, soprattutto negli
educatori professionali, vi sia un uso esagerato della letteratura poetica, e quindi una difficoltà a ~
capire esattamente la propria posizione professionale. Può essere un uso esagerato, che non tiene
conto del percorso per cui si arriva alla metafora ma fornisce la metafora, l'espressione poetica, il
romanzo, la poesia, il teatro, unicamente come rappresentazione, non come possibilità di percorso.
Un altro rischio è rappresentato dall'estrapolazione da ambiti disciplinari diversi. La possibilità di
utilizzare delle indicazioni che vengono da discipline come la biologia, e mi riferisco in particolare
alle interpretazioni di Maturana e Varela, rischia di essere qualcosa che rende incomprensibile sia il
nostro lavoro, sia l'ambito di collegamento, che a volte avrebbe bisogno di una elaborazione
maggiore. Questo ci può portare ad una ipotesi un po' azzardata, ma su cui vale la pena lavorare:
nelle difficoltà che tutti incontrano attorno alla tematica degli autismi vi sono delle necessità di base,
quelle di avere un oggetto organizzatore - non solo, quindi, di un oggetto mediatore o dei mediatori
- che permetta di riformulare la strutturazione del nostro piccolo o grande universo. E questo
oggetto organizzatore è a volte costituito da estrapolazioni o suggerimenti importanti ma non
costruiti con la dovuta rigorosità. Certo, questo può richiamare l'immagine, anche abusata, di un
passaggio nel racconto del Barone di Munchausen, in cui il Barone, caduto nello stagno, si sottrae
all'annegamento con un invenzione brillantissima che è quella di tirarsi su su afferrandosi per i
capelli. In questo caso, però, l'organizzazione dello schema è leggermente diverso, perché non è
tanto un auto-sollevamento quanto è il trovare un punto d'appoggio in qualcosa che permette la
costruzione di un percorso.
Potrebbe anche essere un miraggio? Certo: potrebbe anche essere un miraggio, ma tale da
permettere un avanzamento e quindi la scoperta di qualcosa che non è più un miraggio.
Difficilmente, però, abbiamo testimonianze di chi riconosce di aver provocato l'avanzamento grazie
al miraggio. Difficilmente l'inventore del miraggio riconosce di avere proposto un miraggio. E qui
entriamo nel problema, che può essere definito "del mercato", in cui l'inventore del miraggio ha tutti
i vantaggi a non rivelare che si è trattato di un miraggio, perché ha bisogno di continuare a vendere
miraggi. Questo aspetto può abbassare il tono della riflessione; è quindi bene mantenerlo in limiti
molto angusti. La necessità è la costruzione di un sistema di comunicazione tra le diverse esperienze
che permetta di mantenere un rigore di approccio clinico, una conoscenza degli elementi che
compongono un percorso, la possibilità di avere pertinenza, il partenariato dei mediatori, degli spazi
di mediazione, le possibilità di incontro. E quindi la possibilità che l'autismo di un soggetto, non
l'autismo in generale, non l'autismo in assoluto, venga ridotto; che si esca da una situazione di
impossibilità di reciprocità, e che vi sia capacità di apprendimento reciproco.
L'importanza dei coetanei
Nella nostra Situazione storica e culturale, abbiamo detto, dovremmo accogliere con curiosità le
proposte che vengono da altri contesti, non sentendoli come lontani e arretrati, ma neanche
26
subendone un fascino paralizzante. Nei confronti di proposte molto articolate tecnicamente noi
potremmo, come succede spesso, sentirci "parenti poveri", e quindi incapaci di produrre delle
contaminazioni feconde. Noi dovremmo invece lavorare perché le proposte siano contaminate dalle
presenze dei coetanei. Se abbiamo a che fare con un bambino, con una bambina, il contesto tecnico
porta lontano. Dal contesto di partecipazione alla vita dei coetanei noi dobbiamo operare perché i
due contesti si avvicinino, si intreccino e operino in un nuovo contesto di integrazione.
Come raggiungere questo? Quello che riteniamo essere stato il frutto delle migliori esperienze di
questi anni e' interpellando, come "consulenti attivi" proprio i coetanei, quindi facendo in modo che i
problemi non vengano risolti unicamente da noi, ma che si continui nella linea del partenariato,
sapendo che anche i coetanei, bambini, bambine, ragazzi e ragazze, sono interlocutori e partner, e
con loro va fatto il progetto. Questo è l'elemento su cui abbiamo bisogno di approfondire e in
qualche modo di riportare tutte le riflessioni finora prodotte. La capacità di coinvolgimento, non in
una dimensione unicamente pietistica, ma in una condivisione attiva e con crescita di competenze
anche cognitive: capire di più, capire meglio, partecipare alla rielaborazione, alla riformulazione
delle proposte, nell'incontro con l'altro e non all'incontro con la patologia, o con la diversità, o con la
disabilità, o con il deficit. Questo è l'impegno maggiore, ricapitolativo dei tanti elementi di riflessione
che in questi anni abbiamo potuto mettere insieme.
27
UN SINTETICO PERCORSO TRA LE SCHEDE DI VALUTAZIONE6
Presenteremo ora, alcune tabelle che mettono in rilievo i sintomi e i tratti autistici più evidenti, per
una prima analisi della situazione (gli originali, potrete consultarli nel sito “The Autism Society of
America-ASA”,
nel sito “NIHM” o nell’articolo della Filipek riportato nella sezione “Materiale
scientifico di consultazione e studio”).
Tabella1. GLI INDICATORI DI SVILUPPO NORMALE
http://www.nimh.nih.gov/publicat/autism.cfm#aut4
Tabella 2. LE DIFFERENZE TRA BAMBINI NORMALI E BAMBINI AUTISTICI
http://www.nimh.nih.gov/publicat/autism.cfm#aut3
Tabella 3. AUTISM CHECKLIST http://www.autism-society.org/checklist.html
Tabella 4. PONI DOMANDE PRECISE SULLO SVILUPPO (dall’articolo “The Screening and Diagnosis of
Autistic Spectrum Disorders ” di Pauline A. Filipek)
Tabella 5. COSA DEVONO CERCARE I PROFESSIONISTI DELLA SALUTE QUANDO I GENITORI
ESPRIMONO LE LORO PREOCCUPAZIONI ? LE BANDIERE ROSSE DELL’AUTISMO (dall’articolo
“The Screening and Diagnosis of Autistic Spectrum Disorders ” di Pauline A. Filipek)
Tabella 6. CH.A.T. CHECKLIST FOR AUTISM IN TODDLERS
6
N.d.C.: Le Tabelle, sia chiaro, non sono state create al fine di essere usate per valutare se
un bambino sia autistico o meno. La diagnosi deve essere fatta solo da uno
specialista,
usando
informazioni
altamente
dettagliate
ed
osservazioni
comportamentali.
28
Tabella 1
INDICATORI DI SVILUPPO NORMALE7
ETÀ
Nascita
- 3 mesi
COMUNICAZIONE
CAPACITÀ,
ABILITÀ,
CONSAPEVOLEZZA
E PENSIERO
ATTIVITÀ
MOTORIA
INTERAZIONE
SOCIALE
Risponde a nuovi suoni
Segue con gli occhi il
movimento delle mani
Guarda oggetti e persone
Gorgheggia ed emette
suoni
Sorride alla voce della
mamma
Gli piace essere
solleticato e tenuto
Mantiene un breve
contatto oculare
mentre è alimentato
Apre la bocca al
biberon o al seno
della mamma e
succhia
Riconosce la madre
Allunga le mani per
afferrare le cose
Gira la testa ai suoni e
alle voci
Inizia a vocalizzare
Imita I suoni
Varia il modo di
piangere
Pronuncia sillabe senza
senso come “ga-ga”
Usa la voce per
richiamare attenzione
Muove mani e
piedi
Afferra oggetti
Osserva il
movimento della
propria mano
Solleva la testa e il
tronco
Sbatte gli oggetti
giocando
Nota gli estranei e i
posti nuovi Esprime
piacere o dispiacere
Ama il gioco fisico
Mangia il cibo per
bambini col
cucchiaio
Afferra e trattiene
il biberon
Cammina carponi
Si sostiene
tenendosi agli
oggetti
Batte le mani
Sposta gli oggetti
da una mano
all’altra
Gioca a “bu-bu
settete” (“cucù”)
Ama stare con gli
altri bambini
Comprende i segnali
vocali come i toni
severi e quelli
accompagnati dal
sorriso
Ride ad alta voce
durante il gioco
Mostra preferenza
verso un gioco
rispetto ad un altro
Risponde al
cambiamento di
umore dell’adulto
Mastica
Beve da una tazza
con aiuto
Ripete un’azione per
far ridere Mostra le
emozioni come la
paura o la rabbia
Restituisce un bacio
o un abbraccio
Piange un po’
quando i genitori
vanno via Percepisce
le frustrazioni
Pone attenzione agli
altri bambini
Collabora
nell’essere vestito
Indica il pannolino
bagnato
Finge e fa giochi di
finzione
Evita situazioni
pericolose
Inizia giochi
Tenta di rispettare I
turni
Si alimenta usando
il cucchiaio
Usa il gabinetto
con qualche aiuto
3-6
mesi
6-9
mesi
Imita gesti semplici
Risponde al suo nome
Fa semplici giochi
Si muove per raggiungere
gli oggetti desiderati
Guarda le immagini nei
libri
Fa “ciao-ciao” con le
manine
Si ferma se gli viene
detto “no!”
Imita nuove parole
12 - 18
mesi
Imita suoni e gesti non
famigliari
Indica un oggetto
desiderato
Muove la testa per
indicare “no!”
Inizia ad usare le parole
Segue comandi semplici
18 - 24
mesi
Identifica parti del proprio
corpo
Segue i ritmi del nido
Indica le immagini nei libri
Indica due parole per
descrivere le azioni
Si riferisce a se stesso
con il suo nome
24 - 36
mesi
Confronta forme e oggetti
Ama I libri con immagini Si
riconosce in uno specchio
conta fino a 10
Partecipa alle canzoni e
ai balli
Usa frasi di tre parole
Usa semplici pronomi
Segue due istruzioni
contemporaneamente
9 - 12
mesi
7
Adattata
dall’originale
“Growth
and
Cammina
appoggiandosi ai
mobili
Si muove
deliberatamente
verso un oggetto
Fa segni con una
matita o con un
oggetto
Sale e scende
lentamente le
scale
Cammina da solo
Impila i cubi
Saltella sul posto
Spinge e tira
oggetti
Gira le pagine del
libro una per volta
Usa le dita e il
pollice
Calcia e tira una
palla
Corre e salta
Disegna linee
diritte
Infila perline
Development
Program, Baltimore, MD, 1995.
29
Milestones,"
Maryland
Infants
AUTO-AIUTO
Mangia con le dita
Beve dalla tazza
Usa le cerniere
Si veste senza
aiuto
Apre le cose
and
Toddlers
Tabella 2
DIFFERENZE COMPORTAMENTALI TRA BAMBINI NORMALI E BAMBINI AUTISTICI8
BAMBINI AUTISTICI
BAMBINI NORMALI
COMUNICAZIONE

Evitano il contatto visivo

Studiano il viso della madre

Sembrano sordi

Sono facilmente stimolati dai suoni

Iniziano a sviluppare il linguaggio, poi
improvvisamente smettono
completamente di parlare

Continuano ad ampliare il loro
vocabolario e ad espandere l’uso
grammaticale
RELAZIONI SOCIALI

Agiscono come inconsapevoli
dell’andare e venire degli altri

Piangono quando la madre lascia la
stanza e sono in ansia con gli estranei

Attaccano fisicamente e fanno del male
agli altri senza esser stati provocati

Manifestano turbamento se arrabbiati o
frustrati

Sono inaccessibili, come in un guscio

Riconoscono i visi famigliari e sorridono
ESPLORAZIONE DELL’AMBIENTE
8

Rimangono su un singolo oggetto od
attività

Si muovono da un oggetto od attività
ad un altro

Fanno strane azioni come il dondolarsi
o lo sbattere le mani

Usano il corpo per raggiungere o
prendere un oggetto

Odorano o leccano I giocattoli

Esplorano e giocano con i giocattoli

Non mostrano sensibilità alle scottature
o alle ferrite, e si fanno male, ad
esempio mettendosi oggetti negli occhi

Cercano il piacere ed evitano il dolore
Quest’elenco non è stato creato al fine di essere usato per valutare se un bambino è autistico. La diagnosi deve essere
fatta solo da uno specialista, usando informazioni altamente dettagliate ed osservazioni comportamentali.
30
Tabella 3.
DIFFICOLTÀ A STARE INSIEME
CON GLI ALTRI BAMBINI
INSISTENZA SULLA
COSTANZA; RESISTENZA AL
CAMBIAMENTO
MANIFESTAZIONI DI RISO
INAPPROPRIATE
MANCANZA DI REALE PAURA
DEI PERICOLI
CONTATTO OCULARE SCARSO O
ASSENTE
GIOCO
BIZZARRO
SOSTENUTO
NEL
TEMPO
APPARENTE INSENSIBILITÀ AL
DOLORE
ECOLALIA (RIPETE PAROLE O
FRASI AL POSTO DEL
LINGUAGGIO NORMALE)
PREFERENZA A RIMANERE
SOLO, ISOLATO
MANCATA RECIPROCITÀ
NELLE “COCCOLE”
RUOTARE GLI OGGETTI IN
MODO OSSESSIVO
MANCATA RISPOSTA ALLE
INDICAZIONI VERBALI; PUÒ
SEMBRARE SORDO
ATTACCAMENTO
INAPPROPRIATO AGLI OGGETTI
DIFFICOLTÀ AD ESPRIMERE
BISOGNI; USO DI GESTI E
INDICAZIONI AL POSTO
DELLE PAROLE
31
EVIDENTE ECCESSO O ESTREMA
SCARSEZZA DI ATTIVITÀ FISICA
EPISODI DI ANSIA-COLLERA
(CAPRICCI) SENZA
APPARENTE MOTIVO
MANCATA RISPOSTA AI
NORMALI SISTEMI EDUCATIVI
ABILITÀ GROSSO E FINOMOTORIE INCONGRUE (ES:
NON GIOCARE A PALLA MA
RIUSCIRE NELLE
COSTRUZIONI)
Please note this symptom list is not a substitute for a full-scale diagnostic assessment Consult your health care provider to
obtain a complete diagnostic evaluation.
32
Tabella 4.
PONI DOMANDE PRECISE SULLO SVILUPPO
“Lui o lei…” oppure “C’è…”
SOCIALIZZAZIONE
…ama le coccole come gli altri bambini?
…vi guarda in faccia quando parlate o giocate?
…sorride in risposta al sorriso degli altri?
…partecipa al gioco reciproco di scambio?
…fa semplici giochi di imitazione come <batti batti le manine!> o <bu-bu settete!> o <cucù!>?
…mostra interesse per gli altri bambini?
COMUNICAZIONE
…indica col dito?
…fa gesti? Fa no o sì con il capo?
…guida la tua attenzione alzando oggetti per mostrarteli?
…qualcosa di strano nel suo linguaggio?
…conduce un adulto per mano?
…dà risposte inconsistenti quando è chiamato?…ai comandi?
…utilizza un linguaggio meccanico, ripetitivo o ecolalico?
…memorizza pezzi di parole o di frasi?
COMPORTAMENTO
…ha un comportamento motorio ripetitivo, stereotipato o bizzarro?
…ha delle preoccupazioni o un repertorio ristretto di interessi?
…è interessato maggiormente alle parti degli oggetti (ad es. le ruote)?
…ha un gioco del “far finta” limitato o assente?
…imita le azioni delle altre persone?
…gioca coi giocattoli esattamente nello stesso modo ogni volta?
…è fortemente attaccato a particolari e inconsueti oggetti?
33
Tabella 5.
Cosa devono cercare i professionisti della salute quando i genitori esprimono le
loro preoccupazioni ?
Le BANDIERE ROSSE dell’autismo9
PREOCCUPAZIONI INERENTI LA COMUNICAZIONE
Non risponde al suo nome
Non è capace di chiedere cosa desidera
Il linguaggio è in ritardo
Non segue le indicazioni
A volte sembra sordo
A volte sembra capace di udire altre no
Non indica e non saluta con la mano
Prima diceva qualche parola, ora non più
PREOCCUPAZIONI INERENTI LA SOCIALITÀ
Non sorride socialmente
Sembra preferisca giocare da solo
Prende gli oggetti da solo
E’ molto indipendente
Fa le cose “precocemente”
Attua scarso contatto con gli occhi
E’ nel suo mondo
Ci chiude fuori
Non è interessato agli altri bambini
PREOCCUPAZIONI INERENTI IL COMPORTAMENTO
Ha crisi di collera-aggressività
E’ iper-attivo, non-cooperativo, provocatorio
Non sa come usare i giocattoli
Si blocca regolarmente sulle cose
Cammina in punta di piedi
Ha attaccamenti inusuali ai giocattoli
Allinea gli oggetti
E’ ipersensibile a certe fibre tessili o a certi suoni
Ha strani modelli di movimento
INDICAZIONI ASSOLUTE PER ULTERIORI VALUTAZIONI DIAGNOSTICHE
IMMEDIATE
Nessuna lallazione entro i 12 mesi
Nessuna gestualità (indicare, muovere la mano, salutare etc.) entro i 12 mesi
Nessuna parola entro i 16 mesi
Nessuna frase spontanea (non ecolalia) di due parole entro i 24 mesi di età
QUALUNQUE perdita di QUALSIASI abilità linguistica o sociale ad OGNI età.
9
N.d.C.: Riprodotto con il consenso dell’autore e dell’editore da Filipek et al.,1999.
34
Tabella 6.
CH.A.T.
:
CHECKLIST FOR AUTISM IN TODDLERS10
SEZIONE A : DOMANDE DEL PEDIATRA AI GENITORI
1. Al vostro bambino piace essere cullato, fatto saltellare sulle ginocchia?
SI
NO
2. Vostro figlio si interessa agli altri bambini?
SI
NO
3. Gli piace arrampicarsi sui mobili o sulle scale?
SI
NO
4. Si diverte a fare giochi tipo “nascondino”?
SI
NO
5. Ogni tanto gioca a “far finta” di preparare da mangiare o altro?
SI
NO
6. Ogni tanto usa il dito per indicare o chiedere qualcosa?
SI
NO
7. Ogni tanto usa il dito per indicare interesse per qualcosa?
SI
NO
8. E’ in grado di giocare in modo appropriato con giocattoli (es. macchinine
o mattoncini ) oltre che metterli in bocca o manipolarli o farli cadere?
SI
NO
9. Il vostro bambino vi porge ogni tanto oggetti per farveli vedere?
SI
NO
1. Durante la visita il bambino vi fissa mai negli occhi?
SI
NO
2. E’ possibile ottenere l’attenzione del bambino, indicare poi un oggetto
interessante, segnarlo col dito o nominarlo con un “oh, guarda…” e
osservare che il bambino effettivamente si gira a guardare ciò che gli è
stato indicato?
SI
NO
3. E’ possibile interessare il bambino a un gioco di finzione, ad esempio
preparare qualcosa da bere o da mangiare?
SI
NO
4. Chiedendogli “dov’è la luce” o “mostrami la luce”, ripetendo
eventualmente la domanda con un altro oggetto conosciuto (es.
l’orsacchiotto),
il
bambino
riesce
ad
indicare
con
il dito
e
contemporaneamente a guardarvi in faccia?
SI
NO
5. Riesce a fare una torre? Con quanti cubi?
SI
NO
SEZIONE B : OSSERVAZIONE DEL PEDIATRA O DELL’A.S.V.
10
N.d.C.: Azienda Unità Sanitaria Locale di Reggio Emilia; Centro per l’Autismo e i DGS
35
N.d.C.: Le considerazioni sulla differente significatività delle domande sono riportate nel
saggio in successione riportato:
DIPARTIMENTO AZIENDALE SALUTE MENTALE
CENTRO PER L’AUTISMO E DGS
DIRIGENTE II liv. : Dott.ssa A.M.DALLA VECCHIA
V. Amendola, 2 - 42100 Reggio Emilia
Tel. 0522/335598-Fax 0522/335597.
Il Centro per l’Autismo e i DGS dell’AUSL di Reggio Emilia ha curato la traduzione della CHAT
(Checklist for Autism in Toddlers), strumento di screening molto sensibile alla formulazione di un
sospetto diagnostico di autismo a 18 mesi di età, meno sensibile alla diagnosi degli altri disturbi
dello spettro autistico.
Il Centro Autismo ha utilizzato tale strumento per attivare - nel 1998 - la formazione dei pediatri di
famiglia sull’autismo, allo scopo di costruire insieme un percorso operativo per la diagnosi precoce,
uno degli obiettivi principali del modello di Reggio Emilia.
Esiste ormai una ricca letteratura in ambito internazionale che sottolinea l’importanza della precocità
della diagnosi per attivare repentinamente un piano di trattamento educativo e abilitativo, con il
vantaggio di ottenere anche una significativa riduzione dello stress e dell’angoscia familiare.
Inoltre la letteratura degli ultimi 10 anni evidenzia come un intervento precoce con settings
educativi ottimali comporti un aumento delle capacità dei bambini autistici, sia in termini di sviluppo
del linguaggio che delle performances intellettive.
CARATTERISTICHE E USO DELLA CHAT
(traduzione e adattamento a cura del Centro per l’Autismo) (3)
Gli Autori dello strumento CHAT sono Simon Baron-Cohen di Cambridge, Toni Cox, Gillian Baird,
Auriol Drew, Kate Morgan e Natasha Nightingale del Guys Hospital; Tony Charman del London
College University e John Swettenhan del Goldsmith; ne hanno effettuato la standardizzazione con la
collaborazione di 300 Assistenti Sanitarie Visitatrici (A.S.V.) e 30 General Pratictioners (Pediatri di
Famiglia) per la raccolta dati.
A livello molto concreto è importante tener conto che la CHAT è uno strumento agile e veloce da
somministrare, soprattutto in considerazione della poca disponibilità di tempo che hanno, nella loro
pratica standard, sia gli A.S.V. che i P.d F.
Cosa contiene lo screening CHAT?
Si definisce così una check-list formulata per sospettare la diagnosi di autismo nei bambini di 18
mesi; essa si compone di due sezioni distinte, una per le risposte dei genitori e una per le risposte
degli operatori.
36
Lo strumento, validato in Inghilterra su una popolazione di 16.000 bambini, è stato studiato per
essere utilizzato da operatori di base (Pediatri di Famiglia e Assistenti Sanitarie Visitatrici), con
scarse possibilità di errore.
Fa parte di un progetto di studio epidemiologico sull’autismo e i disturbi pervasivi dello sviluppo che
ha coinvolto ricercatori provenienti da quattro centri di Londra.
Lo studio si è posto l’obiettivo della diagnosi precoce dell’autismo.
L’autismo è chiaramente considerato come uno dei più severi disturbi neuropsichiatrici della
popolazione infantile e d’altra parte normalmente viene diagnosticato relativamente tardi, raramente
prima dei tre anni di età e questo a dispetto del fatto che esiste un consenso sull’opinione che esso si
instauri nel periodo pre – perinatale.
Ci sono varie possibilità di spiegazione che giustificano il ritardo della diagnosi.
La prima è che P.d F. e gli A.S.V., nella realtà inglese, non sono formati in modo specifico e
quindi messi in grado di fare facilmente una diagnosi di autismo.
Secondariamente non ci sono procedure note di screening per l’autismo nelle procedure di
routine dei A.S.V. Attualmente, in Inghilterra, gli A.S:V effettuano uno screening solo per lo
sviluppo motorio, intellettuale o percettivo.
Terzo il disturbo è raro, cosicchè se anche un P.d F. vede un bambino con autismo nella sua
pratica, possono passare svariati mesi prima che emerga qualcosa di specifico.
E infine i deficit da autismo sono subdoli, cosìcchè spesso accade che essi vadano confusi
come causati da altri disturbi.
In effetti è difficile fare una valutazione della normalità sociale e dello sviluppo comunicativo prima
dell’età scolare.
Sezione A
Considerando ora la CHAT nella sua strutturazione, vediamo che essa si rivolge ai vari aspetti dello
sviluppo: procediamo esaminando per prima la sezione A ( per i genitori ):
1)
“Il vostro bambino trova piacevole essere cullato, gli piace ballare, saltare sulle
vostre ginocchia?” Domanda relativa al piacere del gioco motorio e del gioco condiviso
2)
“Vostro figlio si interessa agli altri bambini?” Questo item indaga l’ambito della
socializzazione ed è fondamentale, visto che proprio questa è gravemente compromessa
nell’autismo.
3)
“Piace a vostro figlio arrampicarsi sui mobili o sulle scale?”
indaga sullo sviluppo
motorio
4)
“Piace al vostro bambino giocare a Cucù? e a nascondino?” Questo item indaga
nell’ambito del gioco sociale ed è inserito in quanto predittivo, visto che i bambini autistici non
sono in grado di rispondere a questo item e sono comunque sempre riluttanti ad iniziare un tipo
di interazione sociale
37
5)
“Ogni tanto gioca a “far finta” di preparare da mangiare o altro?”
Si
considerano
le abilità acquisite del gioco simbolico. C’è una evidente anormalità in questo campo nell’autismo
visto che i bambini autistici sono sempre in difficoltà ad impegnarsi in tutto ciò che ha attinenza
col far finta, anche rispetto all’uso di oggetti ai quali si dovrebbero attribuire altre identità e/o
proprietà.
6)
“Ogni tanto usa il dito per indicare o chiedere qualcosa?” Questa domanda chiede di
verificare se il bambino è in grado di indicare per chiedere (indicazione protorichiestiva).
Questo è un importante gesto protoverbale di comunicazione, il bambino dovrebbe saper
richiamare l’attenzione di una persona per ottenere qualcosa attraverso l’indicazione. Qualche
bambino autistico può in effetti mostrare di possedere la capacità di indicare ma per un
presupposto non legato all’interazione sociale.
7)
“Ogni tanto usa il dito per indicare interesse per qualcosa?” Questa domanda invece
indaga la capacità di indiicare per interesse ( cioè se il bambino sa usare l’indicazione come
gesto protodichiarativo ), anche questa si denota come una chiara incapacità nell’autismo. In
effetti l’indicare per interesse è un importante gesto di attenzione congiunta che il bambino usa
nel momento in cui fa asserzioni su un oggetto. In questo modo noi possiamo trovare che all’età
di 18 mesi può essere assente l’abilità di indicare per interesse ma salva la capacità di indicare
per chiedere. La Chat valuta per questo motivo tutte e due le forme dell’indicazione in quanto
comunque predittive; per lo stesso motivo è utile la distinzione fra il gioco funzionale, il gioco del
Cucù e il gioco del far finta.
8)
“E’ in grado di giocare in modo appropriato con giocattoli (es. macchinine o
mattoncini ) oltre che metterli in bocca o manipolarli o farli cadere?”
del gioco funzionale.
9)
Indaga le abilità
“Il vostro bambino vi porge ogni tanto oggetti per farveli vedere?” Indaga l’attenzione
congiunta e il gesto del mostrare, in genere assenti nell’autismo.
Questi items non sono normalmente sottoposti a screening anche se il gioco del far finta e l’interesse
per il comportamento degli altri sono o dovrebbero essere universalmente presenti nella popolazione
di 18 mesi di età.
Gli Autori ritengono che l’assenza di questi comportamenti possa costituire in specifico un chiaro
indicatore di autismo e di disordini correlati.
Infine un dato significativo, in merito alla sezione A, è che si è avuto cura di sistemare la stesura
della compilazione degli items, in modo che si possa rispondere in termini di Si/No, in maniera
variata. In altre parole si è voluto evitare ai genitori di trovarsi di fronte ad una deprimente
sequenza di risposte No.
Sezione B
La sezione B è la sezione di osservazione di competenza degli Assistenti Sanitari e dei Pediatri di
Famiglia.
Il primo punto da rilevare è che qualcuno degli items che la compongono corrispondono agli stessi
della sezione A.. Per esempio la B 3 è una domanda relativa al far finta , dove l’ASV o il Pediatra di
Famiglia deve proporre un gioco al bambino dove si usa un servizio da the (da bambole) o altri
giocattoli.
38
Questa è quindi una proposta che ha corrispondenza con il gioco del far finta presente nella sezione
destinata ai genitori (A 5).
La B 4 indaga sulla capacità di produrre un gesto protodichiarativo (correlata ad A 7).
In questo modo (attraverso quindi la comparazione fra le due sezioni) siamo in grado di valutare se i
genitori hanno sovra o sottostimato le performances dei loro figli.
Anche nella sezione B, abbiamo poi una domanda relativa all’uso del contatto visivo, che sappiamo
essere anormale nell’autismo (domanda B 1).
E infine una indicazione di base sullo sviluppo del bambino attraverso la richiesta della costruzione di
una torre di cubi (B 5).
Nello studio epidemiologico gli items predittivi di rischio di autismo sono stati B 2
(monitoraggio dello sguardo), A 5 e B 3 ( gioco del far finta ) e A 7 e B 4 (indicazione
protodichiarativa). I bambini con questo profilo venivano fatti rientrare nel gruppo a rischio di
autismo. Come per la maggior parte degli screening mirati alla sorveglianza sulla salute pubblica, un
caso è stato definito positivo per il rischio di autismo se aveva fallito la CHAT iniziale ed una
successiva somministrata circa 1 mese più tardi.
I bambini con sospetto di ritardo del linguaggio o ritardo mentale e non di disturbo autistico sono
stati quelli che hanno fallito 1 o 2 degli items del monitoraggio dello sguardo (B 2), della indicazione
protodichiarativa ( A 7 e B 4) e il gioco del far finta (A 5, B 3).
Il gruppo dei bambini normali ha superato tutti gli items significativi.
Una successiva valutazione clinica, a 3 anni di età, dei 12 bambini con sospetto di autismo,
effettuata con gli strumenti diagnostici specifici, ha confermato la diagnosi di autismo per 10
bambini, mentre gli altri 2 rientravano nello spettro autistico.
Gli studi più recenti hanno confermato la validità della CHAT per lo screening di autismo, mentre
continua la ricerca per l’individuazione di strumenti ancora più sensibili per i PDD-NOS, autismo
atipico e la Sindrome di Asperger (1).
Note Bibliografiche
1. Filipek P.A. e coll. : The Screening and Diagnosis of Autistic Spectrum Disorders.
Journal of Autism and Developmental Disorders, Vol.29, n°6,1999
2. Baron-Cohen S., e coll.:Caan autism be detected at 18 month? The needle,
thehaystack, and the CHAT. British Journal of Psychiatry, 161, 839-843, 1992
3. Swettenham J. : Uno Studio epidemiologico sull’autismo a 18 mesi di età. Congresso di
Barcellona di Autisme Europe, 1996
4. Baron-Cohen S., e coll.: Psychological Markers in the detection of autism in infancy in
a large population. British Journal of Psychiatry, 168, 158-163, 1996
39
IL MANUALE DI BUONE PRATICHE NEI CONFRONTI DELLE PERSONE
AUTISTICHE11
Yvette Dijkxhorn, psicologa, Università di Leiden, Olanda; André Foubert, direttore di servizi per
adulti, Francia; Gunilla Gerland, persona affetta da autiamo, Svezia; Bill Meldrum, esperto di
etica, consulente della chiesa anglicana, Scottish Society, RU; Theo Peeters, neurolinguista,
direttore Opleidingscentrum Autisme, Belgio; Rita Jordan, psicologa, Università di Bimingham, RU;
Paula Pinto de Freitas, neuropsichiatra infantile, Università di Porto, Portogallo; Paul Shattock,
biochimico ricercatore, Università di Sunderland, RU; Donata Vivanti, genitore, medico, Autismo
Italia, Italia; Christopher Williams, giurista, Università di Londra, RU.
In seguito alle numerose denunce di maltrattamenti nei confronti di persone autistiche di ogni età,
nel 1997 Autisme Europe presentava alla Commissione europea nell’ambito del progetto DAPHNE un
progetto per la redazione di un “ Manuale di buone pratiche” nei confronti delle persone con autismo.
Nel manuale, realizzato con il contributo della Comunità Europea nel 1998 da una équipe
transnazionale di esperti, vengono prese in considerazione le forme di violenza cui le persone
autistiche sono particolarmente vulnerabili, anche attraverso le drammatiche testimonianze di
familiari, e si identificano strumenti di prevenzione di tali violenze.
Si affrontano problematiche diverse, dalla necessità della formazione specifica di genitori e
professionisti agli aspetti etici della terapia farmacologica, alla vulnerabinità delle persone con
autismo e delle loro famiglie, soprattutto se abbandonate dai servizi, evidenziando le situazioni a
rischio, ma anche dando suggerimenti per prevenire forme di violenza spesso tanto più drammatiche
anche per chi le esercita in quanto inconsapevoli espressioni di tentativi di controllo di situazioni
incontrollabili.
Nel testo che segue si presentano alcuni brani tratti del Manuale di Buone Pratiche, attualmente
disponibile in inglese e francese presso l’associazione internazionale Autisme Europe. Il manuale è
stato tradotto anche in italiano, e sarà presto disponibile presso l’associazione Autismo Italia.
Introduzione
(dal Manuale di Buona Pratica nei confronti delle Persone Autistiche, Autisme Europe, 1998)
Al di là dell’handicap autismo, le nostre società scoprono con spavento le statistiche dei casi di
violenza all’interno delle istituzioni ( fra cui scuole, parrocchie e organizzazioni giovanili) e delle
famiglie stesse .
Molte testimonianze riferiscono pratiche inaccettabili nei confronti delle persone autistiche accolte
nelle istituzioni, sia ospedaliere che socio-sanitarie. Infatti, come vedremo, se le persone autistiche
non sono ahimè le sole vittime di maltrattamenti nei centri, presentano un rischio di maggiore
vulnerabilità a causa delle loro difficoltà o impossibilità a comunicare le esperienze vissute.
11
N.d.C.: Progetto Daphne 1997-98, Con il contributo della Comunità Europea
40
La tendenza all’isolamento, il ripiegamento su se stessi, l’apparente indifferenza agli altri e alle cose,
l’intolleranza al cambiamento rappresentano altrettanti ostacoli ad una armoniosa vita in comunità.
Il misconoscimento di queste difficoltà proprie dell’autismo determina spesso risposte inadeguate da
parte degli operatori, genitori o professionisti, che rinforzano a loro volta i problemi di
comportamento e aprono la strada a diverse forme di maltrattamento .
Per questo motivo Autisme Europe ha presentato un proprio progetto di stesura di un “ manuale di
buona pratica” nei confronti delle persone con autismo, che è stato approvato e finanziato
nell’ambito del progetto europeo Daphne.
Il manuale è stato redatto da una équipe di professionisti di diversa nazionalità, formazione e
cultura, e da un genitore per quanto riguarda la parte concernente la famiglia.
Per quanto riguarda la mia parte in quest’opera, vorrei innanzi tutto ringraziare i genitori che mi
hanno confidato i loro problemi e il loro dolore, non solo attraverso le lettere, ma anche durante le
conversazioni avute in questi anni, e che sono i veri autori del testo che ho scritto.
In questo manuale vengono prese in considerazione le forme di violenza cui le persone autistiche
sono particolarmente vulnerabili, anche attraverso le drammatiche testimonianze di familiari, e si
identificano strumenti di prevenzione di tali violenze.
I centri istituzionali vengono identificati come situazioni di per se stesse a rischio di violenza e
abuso, e per questo motivo la legge italiana ( la famosa “180” ) privilegia una presa in carico sul
territorio.
Tutto bene allora in Italia? Certamente no, perchè anche la negligenza , nei confronti di persone il
cui futuro dipende più da una presa in carico specifica, tempestiva, generalizzata e costante che
dalla gravità dell’handicap stesso, si configura come un grave abuso, una violenza sul diritto della
persona di sviluppare al meglio le proprie potenzialità.
Anche quando i ragazzi o gli adolescenti hanno beneficiato durante l’età scolare di aiuti educativi e
terapeutici corretti, in età adulta i genitori assistono impotenti al deterioramento del loro stato fisico
e mentale per mancanza di proposte adeguate.
Questa carenza nei servizi di presa in carico costituisce ai nostri occhi una ulteriore violenza nei
confronti sia delle persone autistiche che delle loro famiglie.
Allo stesso modo della mancanza di controllo dei poteri pubblici sui criteri di ammissione da parte dei
servizi, qualora non ci sia una disponibilità di posti che risponde interamente alle esigenze del
territorio.
Ne derivano discriminazioni nell’orientamento dell’accoglienza: i casi detti gravi saranno il più delle
volte lasciati da parte, essendo la tentazione delle équipe quella di reclutare persone con un più
elevato grado di autonomia e di selezionare le ammissioni in funzione della costituzione di gruppi di
persone con minori problemi di comportamento, in contrasto con la legge quadro 104 che indica
nella gravità un fattore di precedenza per usufruire dei servizi.
1) MALTRATTAMENTO NELLE ISTITUZIONI (A. Foubert)
I cattivi trattamenti fanno molto spesso riferimento a brutalità, assenza di cure e negligenza che
comportano grave disturbo dello stato generale o lesioni fisiche.
41
Sarà necessario parlare in particolare del rischio di abuso e di aggressione sessuale che alcune
situazioni possono favorire.Tuttavia il maltrattamento riguarda spesso altre pratiche più insidiose,
altrettanto preoccupanti.
Testimonianza
Malgrado le nostre preoccupazioni e contro il nostro parere il medico responsabile del centro ha
prescritto a nostra figlia un pesante trattamento farmacologico. Le hanno somministrato dosi
pesantissime di neurolettici malgrado il fatto che la paralizzassero pericolosamente. Al ritorno a casa,
cadeva pericolosamente in avanti, e noi dovevamo camminare davanti a lei per evitare che quando si
bloccava cadesse subendo dei traumi, spaccandosi le labbra, ferendosi le ginocchia, rovinandosi le
mani. Un giorno ha rischiato di annegare in piscina. Quando mi sono lamentata dell’abbrutimento
provocato dai farmaci, il medico mi ha risposto:” Cade per farsi prendere fra le sue braccia ” ! E le
educatrici avevano il coraggio di farle gli occhiacci e di sgridarla davanti a me perchè camminasse
dritta e la smettesse di sbavare. Perchè nessuno fa qualcosa per proteggere queste vittime innocenti
dai loro carnefici?
Adesso, da tre anni, sta con noi e vive senza farmaci. Abbiamo finito per trovare un neuropsichiatra
che capisce i suoi problemi, e finalmente la nostra vita familiare è tornata ad essere serena .
(Testimonianza di L. P.)
Nel 1994, Eliane Corbet definì le violenze nelle istituzioni come tutto ciò che è contrario e si oppone
alle leggi dello sviluppo ( dove sviluppo è inteso nelle sue diverse dimensioni psicoaffettiva,
cognitiva, fisica, sociale), tutto ciò che privilegia gli interessi dell’istituzione rispetto agli interessi
dell’utente. L’autore enumera in proposito le seguenti pratiche:
- violenze psichiche ( che pregiudicano il futuro equilibrio psichico),
- linguaggio sprezzante (intenzionalmente offensivo, ingiurioso, umiliante) che attenta alla stima di
sè e della famiglia
- minacce ( concernenti la continuità della relazione o della presa in carico) talvolta messe in atto
- ricatto sull’efficacia dell’impegno professionale
- controllo minuzioso anche nell’intimità che denota una volontà di dominio sulla persona
- sottrazione arbitraria del bambino o dell’adolescente alla famiglia o eccesso di divieti
- violenze derivate da omissioni, incoerenza, dimenticanza , trascuratezza.
A questo elenco aggiungeremo i seguenti abusi, troppo spesso riscontrati nella presa in carico delle
persone autistiche:
- prescrizioni farmacologiche inappropriate finalizzate più alla tranquillità del personale che al
benessere della persona
- trascuratezza nei confronti dei problemi di salute fisica (fra cui il mal di denti o le coliche
addominali che spiegano molti problemi di comportamento)
- negligenza dell’igiene personale ( nell’attesa che la persona manifesti il desiderio di prendersi dura
di sè spontanramente)
- ignoranza degli interessi della persona e delle sue preferenze alimentari (compresa l’imposizione di
menù senza alcun riguardo per i suoi gusti )
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- attività inesistenti o ripetitive o inadeguate alle difficoltà e alle competenze della persona
- tempi di attesa ingiustificati (fonte di ansia e conseguentemente di agitazione) motivati da
esigenze del personale
Testimonianza:
Una sera al rientro dal day hospital, come al solito, stavamo per fargli fare il bagno. Al momento di
spogliarlo ci accorgiamo che ha profonde ferite sulla schiena, ematomi sul collo , sulle spalle e sulle
braccia. Chiamiamo immediatamente il medico di famiglia che constata e certifica lo stato in cui C. si
trova dopo una giornata trascorsa in istituto.Il giorno dopo decidiamo cmunque di riportarlo in
istituto. L’équipe non era contenta di vederci perché non l’avevamo avvisata del nostro arrivo.
Insistiamo per essere ricevuti dalla Direttrice dell’ istituto. Riteniamo di avere diritto a delle
spiegazioni. Alla fine ci viene concesso di parlarle e le consegniamo il certificato medico. Esprime
sorpresa e dice:”Non è successo qui”. Noi rispondiamo che di certo non è successo a casa nè
tantomeno sul pulmino che riporta i bambini a casa. L’autista ce ne avrebbe parlat,o dal momento
che era la sola persona con cui potevamo parlare del comportamento di C. Solo all’ultimo giorno
siamo stati informati dal medico psichiatra del Day Hospital che C. non sarebbe più stato accolto,
senza la minima preparazione né il minimo riguardo e soprattutto senza la minima prospettiva di
presa in carico all’infuori dell’internamento in Ospedale Psichiatrico (CHS), da noi rifiutato.Coscienti
della nostra impotenza di fronte a tale genere di abuso, decidemmo di non affidare C. ad altri istituti
ma di tenerlo a casa.Oggi, a distanza di cinque anni, siamo convinti che questa sia stata la soluzione
migliore.Questa scelta ha comportato l’abbandono dell’attività professionale e la pensione anticipata
dalla funzione pubblica per mia moglie.
La particolare vulnerabilita’ delle persone autistiche
Forse dovremmo iniziare con l’accettare il fatto che il primo atto di violenza di cui soffre la persona
autistica è l’essere nata autistica.
I deficit di linguaggio e/o di attitudine a comunicare rendono le persone autistiche vulnerabili e
gli autori di atti violenti possono facilmente negarne la responsabilità: la ragione fondamentale per
la quale la violenza può essere usata nel corso del trattamento delle persone autistiche è
semplicemente la possibilità di farlo: in molti casi, le persone autistiche non si pronunceranno affatto
in proposito, o lo faranno parzialmente o attraverso modi di comunicazione alternativi. Anche se la
persona autistica è verbale non sarà in grado di riferire fatti di cui altri o essa stesa sono stati
vittime, soprattutto se l’autore degli atti violenti propone un’altra versione.
La violenza aumenta nelle situazioni in cui le possibilità di essere scoperti sono minime (Blunden &
Allen, 1987).
Il successo a breve termine della violenza può incoraggiarne l’uso , e se non viene scoperta il ciclo
degli abusi può continuare.
Inoltre esistono forme più sottili di violenza: non dimentichiamo che per una persona con
autismo, anche il più piccolo dettaglio ha la sua importanza: l’immotivata assenza di un
educatore, la modifica di un programma di attività, la mancanza di prevedibilità nel tempo
sono altrettante situazioni concrete che possono avere gravi ripercussioni per un soggetto autistico.
Quando i sintomi di autismo non sono correttamente interpretati , la solitudine e lo sconforto si
aggravano. La persona si sente improvvisamente inserita in un contesto le cui regole le sfuggono
totalmente.
43
Non c’è dunque da sorprendersi se la persona autistica reagisce con una recrudescenza dei problemi
di comportamento rendendo ancor più difficile la sua accettazione da parte dei compagni e degli
educatori.
La seconda violenza è quella conosciuta dalla famiglia la cui vita precipita improvvisamente in
una situazione di sgomento. In mancanza di sostegno al momento dell’apparire dei disturbi, si vede
a volte costretta alla discordia e alla disperazione che in certi casi porta al maltrattamento.
Sino a poco tempo fa gli esperti erano a favore della separazione della persona autistica dai legami e
dall’affetto della famiglia nell’interesse della sua salute e di una possibile cura. Tale violenza della
separazione condannava la persona autistica a una esclusione sociale e familiare per nulla
giustificabile. Additati e allo stesso tempo privati di giusti consigli che avrebbero potuto metterli in
grado di accettare e di lavorare con il loro figlio, i genitori vivevano in un clima di violenza che
l’attuale approccio all’autismo dovrebbe permettere di evitare.
Alcuni ambienti terapeutici ancora oggi tuttavia rifiutano qualsiasi collaborazione con le famiglie,
considerate difficili o patologiche. Le informazioni mediche sono tenute segrete e né la persona con
autismo né i parenti hanno diritto all’informazione. Soprattutto rifiutano alla persona autistica quel
sostegno affettivo che solo i genitori e i parenti più vicini sono in grado di darle.
I FATTORI DI RISCHIO
Se nel nostro paese la scelta di non istituzionalizzare i disabili psichici dovrebbe garantire un minore
rischio di abuso, situazioni che inducono alla violenza sono insite nella organizzazione stessa dei
nostri servizi.
1- Mancanza di strutture adeguate
I bambini e gli adolescenti autistici in Europa sono in parte esclusi dal mondo dell’educazione,
persino da quella specializzata.
In Francia, più di un terzo dei bambini autistici non vengono seguiti e restano a carico delle famiglie.
In Italia tutti i bambini, a parole, hanno diritto a frequentare la scuola pubblica . Nei fatti, il
disconoscimento delle difficoltà specifiche dell’handicap e l’interpretazione ingenua del termine
“integrazione” come mezzo in sè sufficiente a garantire le pari opportunità comportano situazioni di
grande sofferenza per il bambino e per la famiglia, e spesso la richiesta della scuola di limitare il
tempo di frequenza, o l’abbandono scolastico da parte della famiglia esasperata, non certo
contrastato dalle istituzioni.
Con l’adolescenza e l’età adulta, la mancanza di strutture d’accoglienza si fa sentire ancor più
crudelmente.
2- Mancanza di formazione professionale
Testimonianza
Non esisteva alcun dialogo con i genitori. La diagnosi di autismo confermata dal nostro medico
curante veniva smentita quando ne facevamo menzione. Nel giro di qualche mese, a G. è stato
negato l’uso della piscina con grande stupore da parte nostra, dal momento che G. adorava l’acqua.
Ma ciò gli procurava troppo piacere e poteva nuocere allo sviluppo della comunicazione! (sic). Il
metodo di comunicare per mezzo di immagini proposto dal Centro di C. dava risultati molto positivi,
44
ma il Day Hospital rifiutava categoricamente di utilizzarlo.” Deve uscire da solo dal suo stato.Non
siamo qui per educare”.
A dodici anni avevamo un figlio incontinente sia di giorno che di notte, che mangiava con le mani,
violento, ostile, che impiastricciava le pareti della sua camera con i suoi escrementi e rompeva i vetri
delle finestre.
Nel 1991 G. fu accettato in un centro specializzato nella cura dei sordi e dei ciechi.
Professionalmente avevamo lasciato tutto e avevamo traslocato. Nel giro di un mese abbiamo
ritrovato un bambino calmo, rilassato (senza trattamenti medici). Dopo qualche mese era tornato
continente, aveva imparato a stare a tavola. Il centro aveva ripreso con lui la comunicazione per
immagini e gesti. Questo centro aveva svolto una pratica educativa insegnandogli l’autonomia e le
relazioni sociali. Organizzava anche un grosso lavoro di scambio con le famiglie (fine settimana con i
genitori, confronto sui programmi educativi). Dopo 7 anni G. è migliorato. è felice e la nostra vita è
tornata quasi normale: andiamo in vacanza, al ristorante, ecc. Certo, è ancora gravemete disabile e
avrà sempre una vita protetta, ma la cosa più importante è che nel suo stato possa svilupparsi. Che
dire degli anni persi quando sappiamo che s’impara soprattutto nell’infanzia?. Che spreco per questi
bambini e per le loro famiglie! E questo succedeva sino a poco tempo fa. Speriamo che non succeda
mai più! (M.B.)
Come ogni essere umano, la persona autistica vuole imparare e agire, ma non può farlo che in un
quadro adeguato al suo livello di sviluppo.
Tuttavia i metodi tradizionali di formazione non preparano sempre i futuri operatori, o cosa più grave
li preparano male al confronto con queste persone affette da disturbi del comportamento.
Per molti professionisti permane l’opinione comune che l’autismo si identifichi con la manifestazione
di comportamenti bizzarri o aggressivi e il comportamento è spesso interpretato in un modo che non
considera le difficoltà specifiche di questo handicap.
Le recenti ricerche sull’autismo obbligano quindi i professionisti a un dovere di formazione
permanente e a una rivoluzione culturale per comprendere meglio i problemi dei soggetti loro
affidati.
FATTORI DI RISCHIO NELL’AMBIENTE FAMILIARE ( Donata Vivanti )
Non si ripeterà mai abbastanza che la famiglia non ha alcuna responsabilità nel causare l’Autismo
del proprio bambino, come purtroppo nessun genitore può evitarlo.
Ciò detto, il bambino autistico non è evidentemente per questo al riparo dal maltrattamento
nell’ambiente familiare.
Al contrario le caratteristiche stesse dell’autismo, rappresentando fin dai primi mesi di vita del
bambino un fattore di stress per la famiglia, costituiscono un fattore di rischio di maltrattamento.
L’eccesso di aspettative, il divario fra il bambino reale e il bambino immaginato che espone i bambini
con handicap al rischio di maltrattamento, è ancora maggiore nel caso dell’autismo, a causa della
mancanza di segni fisici evidenti e di condizionamenti culturali obsoleti: è facile che all’aspetto fisico
normale si accompagni un eccesso di aspettative.
Le caratteristiche comportamentali dell’autismo inoltre costituiscono un fattore di stress per la
famiglia, e generano essi stessi un rischio di abuso.
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La famiglia è il primo ambiente sociale nel quale ogni bambino si trova a vivere: l’integrazione
nell’ambiente familiare è quindi il primo obiettivo educativo nei confronti del bambino autistico.
Aiutare il bambino autistico a sviluppare le sue capacità sociali e i suoi interessi nell’ambiente
domestico deve costituire il primo passo del processo riabilitativo e ha come conseguenza verso un
miglioramento della qualità della vita per lui e per la famiglia: il benessere del bambino e della sua
famiglia sono imprescindibili .
1) fattori di stress nell’ambiente familiare
1.1) disturbo dell’interazione sociale
Testimonianza:
All’inizio, non sapevamo che nostro figlio era autistico. Era talmente carino, talmente vivace,
talmente disinvolto...; sembrava capire tutto, almeno quando gli faceva comodo, perché se qualcosa
non gli andava, faceva il sordo. Allora dovevamo gridare per farci ascoltare. Quando mio marito o io
ci arrabbiavamo, si degnava di prestare attenzione. Credevamo che fosse pigro, ostinato, non
sapevamo che fosse autistico.
(Testimonianza verbale di genitori di un giovane autistico).
L’indifferenza del bambino autistico, vera o apparente che sia, nei confronti di genitori che hanno già
investito amore e devozione sulla loro creatura apparentemente perfetta, costituisce una vera e
propria tragedia affettiva: i genitori si sentono rifiutati dal bambino che non corrisponde ai loro
sentimenti, ma che non possono nè vogliono abbandonare.
Alcuni bambini autistici possono anche dimostrare un grande attaccamento per i genitori; ma anche
in questo caso il senso di responsabilità verso la loro creatura che intuiscono essere indifesa di fronte
al mondo e di cui comprendono ben presto la sofferenza li spinge a cercare di aiutarla con ogni
mezzo, senza riuscire a tradurne l’attaccamento in partecipazione emotiva o in apprendimento.
Talvolta può capitare che i genitori, nel lodevole tentativo di aiutarlo e stimolarlo, gli impongano una
promiscuità sociale eccessiva, senza rendersi conto che la sua incapacità di capire l’ambiente e la
complessità delle regole implicite nelle nostre relazioni sociali lo espongono alla sofferenza,
all’umiliazione e al senso di inadeguatezza.
Questi insuccessi non rappresentano solo una violenza psicologica, ma anche un fattore di rischio di
maltrattamento fisico: il bambino che non risponde alle cure e ai tentativi educativi dei genitori può
essere considerato pigro e testardo, e diventare vittima di punizioni ingiustificate
2) disturbo della comunicazione
I genitori si accorgono ben presto dei problemi di comunicazione del bambino, ma spesso cercano di
placare l’angoscia aggrappandosi come ad un’ancora di salvezza alle parole di conforto di amici,
parenti e talvolta anche all’incomprensione di professionisti incompetenti: ”Ogni bambino ha un suo
ritmo di crescita... Il bambino non ha niente, siete voi che siete troppo ansiosi e che dovreste
curarvi...”.
Ma il fallimento di ogni tentativo educativo li snerva e avvelena i rapporti familiari, e l’apparente
mancanza di collaborazione da parte del bambino, mal interpretata, lo espone al rischio di essere
punito per la sua disobbedienza, di cui non è in alcun modo responsabile. In una parola, di essere
punito per il suo handicap.
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3) problemi di comportamento
La vita di famiglia è ben presto sconvolta dai problemi di comportamento del bambino autistico,
soprattutto se il bambino sviluppa atteggiamenti etero o auto aggressivi: niente è più doloroso per i
genitori che assistere impotenti al dramma del figlio che si picchia, si graffia, batte la testa contro il
muro, o che, accompagnato in mezzo ai coetanei con il cuore colmo di speranza, li respinge a calci e
morsi.
Anche manifestazioni meno gravi, come grida, scoppi di riso o di pianto apparentemente immotivati,
lancio di oggetti, o qualunque altra attività stereotipata, possono spingere i genitori esasperati a
ricorrere ai castighi; e di nuovo il bambino sarà punito per il suo handicap.
I problemi di comportamento accrescono quindi il rischio di abbandono educativo o di abuso di mezzi
di correzione.
Inoltre, ciò che viene percepito come violenza nei confronti di un adulto (come immobilizzarlo a forza
o punirlo fisicamente per i comportamenti disturbanti) nei confronti di un bambino, che pure è più
debole e più indifeso, può più facilmente essere considerato come uno strumento educativo o un
intervento necessario (per il suo bene!).
4) logorio della famiglia
La vita con un bambino autistico è massacrante: spesso ai problemi di comportamento, già così
difficili da gestire, si aggiungono l’iperattività e i problemi di sonno e di alimentazione.
Il bambino iperattivo, inconsapevole dei pericoli, non lascia un attimo di tregua, e la casa finisce ad
assomigliare più a una nuda prigione che ad un focolare: le porte e le finestre barricate, i
soprammobili nascosti, le sostanze pericolose messe al sicuro fuori della sua portata; e ancora non
basta: restano da sorvegliare i rubinetti, i fornelli, le provviste, le bevande, e così via.
Uscire non dà alcun sollievo: una passeggiata al parco può trasformarsi ben presto in inseguimento
affannoso; un attimo di distrazione può essere fatale.
Nemmeno i genitori di un bambino autistico tranquillo sono al riparo dal logorio: il suo isolamento,
quelle ore e ore passate a guardarsi le mani o a giocare con uno spago li angosciano, e li spingono a
cercare di coinvolgerlo in una attività qualunque, non ricevendo di regola dai loro sforzi che ulteriore
frustrazione.
Non esistono vacanze, ammalarsi è un lusso, riposarsi impossibile: la fatica è schiacciante, i rapporti
familiari ne sono ben presto compromessi, gli altri figli necessariamente trascurati; lo stress della
famiglia diventa cronico e il rischio di maltrattamento ne è gravemente aumentato.
5) false credenze sull’autismo
La credenza secondo la quale l’autismo sarebbe imputabile ad una cattiva relazione madre-bambino
rappresenta un ulteriore fattore di stress: anche nella famiglia più consapevole il dubbio si insinua,
si rimugina il passato, e il senso di colpa logora la coppia e mina fatalmente il già difficile rapporto
con il bambino.
Anche nel caso in cui i genitori non siano esplicitamente colpevolizzati, la concezione psicogenetica
dell’autismo può generare delle aspettative esagerate nei confronti del bambino, da una parte
incoraggiando l’idea che il bambino rifiuti volontariamente di aprirsi, e che basti trovare la chiave del
suo rifiuto per trasformarlo in un bambino normale, dall’altra spingendo i genitori a rinunciare al
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proprio compito educativo per paura di interferire negativamente in questo improbabile processo di
guarigione. La falsa credenza che i bambini autistici siano tutti molto intelligenti
comporta
evidentemente lo stesso rischio.
6) incomprensione sociale
Succede moto spesso che i comportamenti bizzarri dei bambini autistici siano considerati
dall’ambiente sociale come manifestazioni di maleducazione di cui è responsabile la famiglia: frasi
come “ se fosse mio figlio, saprei io come educarlo...” sono ben conosciute dalla maggior parte dei
genitori .
Anche la famiglia più unita e più competente deve così affrontare non solo le difficoltà di vivere con
un bambino tanto difficile, ma anche il giudizio, le critiche e l’intolleranza di vicini, amici e parenti,
della cui solidarietà avrebbe invece disperatamente bisogno.
7) incertezza per il futuro
“Che ne sarà di mio figlio quando non ci saremo più noi ad occuparcene, a volergli bene?”
Questa domanda, motivata dall’attesa di vita normale delle persone affette da autismo, accompagna
come un incubo l’intera esistenza dei genitori.
Si può anche aver superato la disperazione, aver capito l’handicap del bambino, aver imparato come
comportarsi con lui; ma la paura per il suo avvenire si riaffaccia ogni mattina, ogni momento di ogni
giorno che passa inesorabilmente.
La famiglia non è tormentata solo dallo spettro di un avvenire di solitudine che attende la persona
autistica quando i suoi genitori saranno troppo vecchi, malati o morti, ma anche dall’incertezza del
futuro più prossimo, di ciò che accadrà domani, o fra un attimo: anche quando tutto sembra andare
per il meglio si sa che in ogni momento potrebbe nascere un nuovo problema.
La mancanza di soluzioni adeguate e dignitose per la vita adulta del figlio può trasformare ben
presto lo stress in disperazione, e non esiste genitore di persona autistica che non si sia augurato di
poter sopravvivere al proprio figlio, per non doverlo mai abbandonare alla solitudine e
all’emarginazione.
Questi sentimenti non fanno che aumentare i sensi di colpa e di impotenza dei genitori, e talvolta ,
in condizioni estreme di abbandono da parte dei servizi, possono rappresentare un rischio reale per
la vita stessa della persona autistica.
8) isolamento
La paura e l’angoscia che i comportamenti bizzarri e incomprensibili delle persone autistiche possono
suscitare, la vergogna di essere ritenuti genitori inetti, il senso di inadeguatezza possono indurre i
genitori a rintanarsi con il bambino nell’ambiente domestico e a rinunciare al proprio compito
educativo, sprofondando il figlio nel caos e la famiglia intera nell’isolamento sociale.
Le conseguenze dell’incomprensione sociale sono ancora più devastanti quando il bambino è rifiutato
dalle istituzioni a causa dei suoi problemi di comportamento o per mancanza di servizi specializzati o
di personale formato e motivato. I genitori si vedono spesso costretti a implorare come un favore ciò
che per gli altri è un diritto acquisito, e perfino a scusarsi dell’handicap del figlio, sentendosi perciò
rifiutati essi stessi, e respinti nell’isolamento, soli contro tutti.
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Spesso la madre, per mancanza di un aiuto adeguato, è costretta a lasciare il lavoro, e a poco a poco
finisce per trovarsi imprigionata in una relazione esclusiva con il bambino che la distoglie da ogni
altro interesse, la isola dal resto del mondo che non capisce i suoi problemi.
C’è un solo genitore di bambino autistico che , dopo lo choc della diagnosi, non abbia pensato:” se
c’è una sola possibilità al mondo che un bambino autistico guarisca, quel bambino sarà il mio?” C’è
una sola madre che, delusa dai fallimenti e dall’incomprensione dei professionisti, non abbia ceduto
alla tentazione di dichiarare una sua guerra personale all’autismo, una guerra che rischia ben presto
di trasformarsi in guerra contro il bambino? L’amore e la sollecitudine dei genitori più affettuosi
purtroppo non bastano, e non danno loro il diritto di privare il bambino di cure adeguate al di fuori
della famiglia.
Testimonianza:
Volevo assolutamente essere una buona madre, e pensavo di potermi occupare da sola di mio figlio.
Ho tentato così accanitamente da ammalarmene, e ho dovuto riconoscere che non ero la “mamma
infallibile” che credevo. All’inizio mi è costato molto ammettere che avevo bisogno di chiedere aiuto,
ma l’ho fatto per il bene di mio figlio.
(Testimonianza di una madre al seminario Daphne, settembre 1998)
LA PREVENZIONE DEI MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA
1) l’informazione
Per poter mitigare l’angoscia e l’incertezza dei genitori di fronte a un bambino talmente diverso e
ridurre così i rischi di maltrattamento in famiglia, é innanzitutto necessario che la diagnosi di
autismo sia accessibile e precoce.
E’ indispensabile inoltre che i genitori ricevano al più presto informazioni corrette sull’origine e le
caratteristiche della sindrome autistica, in modo da poter essere aiutati a capire e ad affrontare
meglio i problemi specifici del loro bambino.
Al giorno d’oggi è inaccettabile non solo che la madre sia colpevolizzata, ma che sia anche solo
sottinteso un sospetto che la diagnosi stessa di autismo può comportare: i professionisti dovrebbero
essere molto espliciti su questopunto, e sollevare fin dall’inizio i genitori da sensi di colpa e
pregiudizi.
Tuttavia l’idea che il proprio bambino sia portatore di un handicap permanente può essere difficile
da accettare: la speranza di poter risolvere ogni problema cambiando il proprio atteggiamento è
molto più seducente.
E’ necessario spiegare ai genitori che la diagnosi di handicap mentale non rappresenta una condanna
a vita, che una presa in carico adeguata potrà migliorare significativamente le capacità del bambino
che ha comunque diritto al rispetto e alla fiducia.
Inoltre, data l’eterogeneità delle manifestazioni e dei livelli di sviluppo, la diagnosi di autismo non da
ancora ai genitori informazioni sufficienti sul loro bambino. La diagnosi deve essere completata da
una valutazione individuale delle sue capacità e delle sue possibilità per proteggerlo da aspettative
esagerate e dagli insuccessi educativi della famiglia.
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2) la formazione
“ Il bambino non mi guarda nemmeno, non obbedisce, si comporta come se non esistessimo, sembra
che ci prenda in giro. Come dobbiamo fare con lui?”
A questa domanda molti professionisti rispondono: “ Fate semplicemente i genitori”.
Ma fare i genitori di un bambino autistico non è affatto semplice: è necessario conoscere la diversità
dell’autismo, le strategie per ottenere attenzione e collaborazione, le difficoltà sottostanti ai problemi
di comportamento, insomma imparare come comportarsi con lui.
Se i servizi non offrono abbastanza informazioni e occasioni di formazione fin dall’inizio, la famiglia,
per sopravvivere è costretta a cercare informazioni da sè e, nell’intento di non trascurare nessun
possibile aiuto per il bambino, rischia di perdersi in una babele di messaggi confusi, continuamente
sballottata fra speranza e delusione.
Sarebbe invece opportuno che i professionisti si facessero carico anche della formazione dei
famigliari, non solo attraverso corsi pratici e la collaborazione attiva in programmi educativi
individualizzati .
3) il coinvolgimento nella presa in carico
La famiglia riveste nei confronti del proprio bambino un ruolo educativo primario, e nessun genitore
può accettare di assistere passivamente al suo sviluppo. Un programma d’intervento dovrebbe non
solo essere elaborato tenendo conto della profonda conoscenza che del proprio bambino ha ogni
famiglia, delle sue priorità e del suo stile di vita, ma anche prevedere la partecipazione dei genitori
come partner attivi del piano educativo.
Sfortunatamente capita ancora troppo spesso che i genitori, e soprattutto le madri di bambini con
autismo, perdano agli occhi dei professionisti la propria identità e la propria dignità personale: tutto
ciò che hanno fatto nella loro vita , la loro stessa umanità vengono dimenticati e cancellati e, in
quanto genitori di bambini con handicap, si sentono essi stessi giudicati degli incapaci.
Il coinvolgimento attivo della famiglia in un programma di presa in carico aumenta le possibilità del
bambino di svilupparsi al meglio, e allo stesso tempo rappresenta il modo più efficace di sollevare i
genitori dai sensi di colpa e di inadeguatezza, restituendo loro il ruolo di educatori e la fiducia nelle
proprie capacità.
4) pianificazione e coordinamento dei servizi
L’angoscia della famiglia di fronte ad un incerto avvenire potrebbe essere sollevata da una
programmazione precoce della presa in carico del bambino estesa a tutta la sua giornata e per tutta
la durata della sua vita.
Questo richiede evidentemente una collaborazione fra servizi , istituzioni e famiglie, in una coerenza
d’intervento da parte di ogni persona coinvolta nel piano d’intervento, e un programma politico che
preveda l’istituzione di servizi adeguati per adulti con autismo di ogni livello di sviluppo: laboratori
protetti, residenze e così via.
D’altronde è logico che un disturbo generalizzato come l’autismo che coinvolge diversi settori,
educativo, psicologico, neurologico ecc. , richieda un intervento generalizzato. L’operatore o il
professionista che lavorasse senza collaborare con le altre persone coinvolte nella presa in carico,
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compresi i genitori, sarebbe responsabile di aver negato alla persona con autismo tutte le possibili ”
chances” di sviluppare le proprie potenzialità.
5) supporto sociale ed emotivo
I genitori delle persone con autismo dovrebbero essere aiutati a mantenere lo stesso stile di vita e le
relazioni sociali che avevano precedentemente, il che implica la disponibilità di servizi specificamente
organizzati e accessibili e di personale formato e competente, per poter conservare il lavoro e la
cerchia di amici, e per trovare il tempo di coltivare anche il rapporto di coppia e di occuparsi degli
altri figli.
Infatti non bisogna dimenticare che la famiglia del bambino autistico non è esonerata dai problemi di
tutti, difficoltà finanziarie, malattie o obblighi nei confronti dei genitori anziani.
Il rischio di maltrattamento comunque diminuisce se il bambino non é il perno , ma semplicemente
un membro della famiglia con un problema in più.
Qualche momento di riposo, la possibilità per genitori e fratelli di godere di brevi periodi di vacanza
confortati dalla consapevolezza che il bambino è affidato a personale competente in un contesto
adeguato, consentono di ricaricarsi e di trovare nuove energie per affrontare le difficoltà della vita
quotidiana.
Anche la solidarietà e la comprensione degli altri genitori all’interno delle associazioni possono
rappresentare un sostegno emotivo, ma non dovrebbero sostituire le relazioni sociali e gli interessi
coltivati al di fuori dell’autismo, nè diventare una ulteriore fonte di emarginazione.
L’aiuto concreto dei servizi per salvaguardare la propria vita sociale e relazionale all’interno e al di
fuori della famiglia, una prospettiva dignitosa per il futuro del bambino, la fiducia dei professionisti e
conseguentemente in se stessi e nelle possibilità del bambino, rappresentano contemporaneamente
per i genitori il sostegno emotivo più efficace.
L’IMPORTANZA DELLA FORMAZIONE NELLA PREVENZIONE DEGLI ABUSI
Peeters)
(T.
I genitori e i professionisti che vivono o lavorano con persone autistiche corrono il rischio di essere
sottoposti ad uno stress estremo, a causa dell’amore che provano verso le persone di cui si occupano
e delle numerose difficoltà di comprensione dei loro comportamenti e delle loro emozioni. Amare una
persona sofferente senza avere alcun mezzo nè alcuna idea su come poterla aiutare costituisce
senza dubbio una delle situazioni più estenuanti che si possano immaginare. In molti casi, il ricorso
alla violenza rispecchia un tentativo disperato di controllare un comportamento incomprensibile che
non si è veramente imparato a trattare o a prevenire
Troppo spesso la formazione nell’autismo viene vista unicamente in una prospettiva di intervento
nel momento di crisi, e non abbastanza come un fattore importante di prevenzione della crisi (Jordan
& Jones, 1996). Si vede spesso, e comprensibilmente, come, fin dal primo giorno di formazione, i
professionisti cerchino di trovare una soluzione a breve termine a problemi a lungo termine, cioè
“una formazione fondata su un approccio-ricetta” (Jordan, 1996a).
Quando si trattano dei problemi di comportamento ( e si cerca di prevenire il ricorso alla violenza,
che rispecchia una reazione disperata a un problema di comportamento incontrollabile), è essenziale
operare una distinzione chiara tra i sintomi e le cause.
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Le nostre relazioni con le persone autistiche possono essere paragonate al mito di Procuste. Procuste
aveva un singolare senso di ospitalità: adattava la lunghezza delle gambe dei suoi visitatori alle
dimensioni del letto, tirandole o accorciandole. Anche noi sembriamo avere uno strano concetto di
ospitalità: senza alcuna formazione, adattiamo le persone autistiche alle nostre conoscenze
generiche. In una relazione di questo tipo, appare naturale che si venga a creare un clima di
violenza, anche se non sempre deliberata o evidente.
Così la comprensione dell’autismo diventa la pietra miliare della formazione necessaria ad evitare
abusi e violenze nel corso del trattamento. Questo principio è conosciuto sotto iL nome di teoria
dell’iceberg (Gilberg & Peeters, in presse ; Peeters, 1997 ; Schopler, 1995 ; Schopler & Mesibov,
1994), che suggerisce la similitudine fra i problemi di comportamento nell’autismo e la punta di un
iceberg. La punta rappresenta il sintomo, ma la parte più importante dell’iceberg resta invisibile; la
punta deriva dalla parte più vasta sommersa sotto il pelo dell’acqua.
Per esempio; quando una persona autistica lancia degli oggetti, si colpisce o colpisce un’altra
persona, osserviamo dei sintomi. Per limitare o eliminare i sintomi, è necessario trattare le cause.
Se un adulto con autismo si annoia a morte perché ogni giorno ha a disposizione da sette a otto ore
di tempo libero non organizzato, e picchia la testa contro il muro perché non ha altro modo di
attirare l’attenzione, ne deriva chiaramente che ha bisogno di un accompagnamento pedagogico
mirato a sviluppare le sue attitudini in tema di comunicazione e tempo libero.
Se al contrario trattiamo i suoi problemi di comportamento in modo sintomatico, ignorando le cause,
questa è in se una forma di violenza, o di negligenza, o peggio ancora se l’educatore ricorre all’uso di
punizioni. Da un punto di vista etico, è intollerabile che una persona ne punisca un’altra perché
quest’ultima è incapace di comunicare come noi.
Una formazione specializzata nel campo dell’autismo costituisce la miglio forma di trattamento dei
problemi di comportamento perché mette la prevenzione al centro dell’attenzione.
I professionisti devono innanzi tutto capire che le persone autistiche trattano le informazioni in modo
differente. Il ragionamento autistico è un’espressione chiave in tema di prevenzione dei problemi di
comportamento e la violenza non ha alcuna parentela con una qualsiasi ricetta. In sostanza, si tratta
di mettersi nei panni di una persona con autismi e cercare di vedere il mondo con i suoi occhi.
Quanto più riusciremo a capire le cause delle sue difficoltà, tanto più saremo capaci di eliminare gli
ostacoli e di prevenire sia i problemi di comportamento che la violenza, spesso risultato di una
reazione disperata.
I PRINCIPI DELLA FORMAZIONE
1) Sviluppare una buona comprensione dell’autismo
Un professore che insegna a persone non vedenti sa che cosa significa la cecità, un professionista
che lavora con persone affette da sordità non ignora gli effetti dei problemi uditivi sullo sviluppo. Chi
esercita la professione nel campo dell’autismo deve comprendere correttamente questo disturbo
pervasivo dello sviluppo. L’amore e l’intuizione sono necessarie, ma insufficienti. I criteri diagnostici
internazionali per l’autismo (APA, 1994 ; OMS, 1992) parlano di deficit qualitativi, e la diversa
qualità di certi comportamenti non è sempre facilmente comprensibile)
In una cultura in cui spesso si enfatizzano le terapie verbali la mediazione verbale dell’educazione, è
estremamente importante che i professionisti si rendano conto che un certo uso del linguaggio o
della parola possono essere più d’impaccio che di aiuto per le persone autistiche.
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Un altro esempio deriva dal fatto che bambini che presentano autismo associato a un handicap
mentale grave, con un’età di sviluppo intorno ai due anni (un’età mentale che permette al bambino
con sviluppo normale o con difficoltà di apprendimento di parlare) possono aver bisogno di imparare
a usare una modalità di comunicazione espressiva che si serve di immagini o oggetti, perché la loro
capacità di derivare un significato dalle percezioni o la loro conoscenza simbolica è inferiore a quella
teoricamente riferibile all’età mentale (Happe, 1995 ; Jordan, 1996b ; Peeters, 1997). Nel caso
dell’autismo lo sviluppo della comunicazione è vitale, se vogliamo creare delle aperture verso il
nostro mondo, ma un uso scorretto della comunicazione può essere fonte di sofferenze, abusi, o
anche di violenze psicologiche.
Qualcuno ha dichiarato che le persone autistiche soffrono di cecità mentale o di cecità sociale
(Baron-Cohen, 1995). Provano un’estrema difficoltà a decifrare i nostri occhi, i nostri visi, e ancor
più quando si trovano in un gruppo che a tu per tu con una sola persona (Lee et al., 1994). Questo
fenomeno è spesso poco compreso e le persone autistiche, in una cultura in cui molti effetti
terapeutici sono associati a situazioni di gruppo in base al principio che altrimenti diventerebbero
più autistiche, sono talvolta catapultate nei gruppi, situazione che provoca loro confusione e
sofferenze intollerabili.
Comportamenti ricorrenti, stereotipati, ossessivi possono ostacolare quella che noi chiamiamo
evoluzione pedagogica, ma talvolta rappresentano la sola difesa contro il sovraccarico cognitivo e
sociale presente nell’ambiente (Grandin, 1995 ; Williams, 1996), una forma di autoprotezione.
Non si arriva automaticamente a sviluppare una forma di rispetto verso questo riflesso di autodifesa:
un professionista insufficientemente formato può sbarazzarsi dell’unica forma di difesa di cui la
persona autistica ancora dispone. E’ un atto crudele e violento derivato dall’ignoranza e da una
carenza di formazione.
2) La valutazione: un punto di partenza per un programma individuale
L’autismo può essere associato a tutti i livelli di intelligenza, cosicché una conoscenza generale
dell’autismo si rivela insufficiente, perché bisogna ugualmente poter disporre di elementi relativi allo
sviluppo cognitivo. Un programma educativo destinato a Rainman sarà certamente diverso dal
programma elaborato per una persona la cui età mentale non di livello modesto. Inoltre, le persone
autistiche presentano dei profili estremamente disomogenei, derivandone la necessità di avere a
disposizione informazioni dettagliate sulle diverse aree di funzione. Prendere l’età mentale come
base per l’elaborazione di un programma educativo rappresenta una pratica professionale scadente,
suscettibile di generare demotivazione, senso di fallimento e diminuzione dell’autostima. Il progetto
educativo deve mirare alla riuscita, perché in mancanza di successi il personale si sentirà
terribilmente stressato, e le sue reazioni negative si ripercuoteranno su terzi (Harris et al., 1996).
La riuscita si rivela possibile esclusivamente se si sono effettuate valutazioni dettagliate e concordati
programmi individuali sulla base dei risultati delle valutazioni.
3) Adattare l’ambiente
L’adattamento è un processo reciproco. Attraverso l’elaborazione di un programma educativo
specifico, il professionista cerca di adattare la persona autistica allo scopo di farle raggiungere quella
che noi chiamiamo una qualità di vita. Tuttavia l’autismo è un disturbo pervasivo dello sviluppo,
cosicché non ci si può aspettare che gli adattamenti provengano dalla persona autistica stessa
Se una persona vive in un mondo presimbolico o le percezioni non sono che percezioni ( assenza di
significato al di là del letterale), la sua esistenza è completamente dominata dalla coincidenza.
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Situazioni di questo tipo sono favorevoli allo scatenamento della violenza: un livello estremo di
stress sfocia in problemi di comportamento per la mancanza di “significato”, di prevedibilità, di
“potere” sulla propria vita.
Nessuno è pronto ad affrontare programmi educativi. quando la sua esistenza è governata dal caos e
dalla confusione. Essere capace di anticipare il tempo e il luogo in cui si verifica un avvenimento
sembra costituire il punto di partenza dell’indipendenza e dell’autostima. Senza prevedibilità, la
persona è troppo impotente e terribilmente dipendente.
Se i professionisti non afferrano che il problema di comportamento è un tentativo disperato di
sollecitare il controllo (un significato), una reazione istintiva e violenta (o negligente) può aumentare
il senso di impotenza della persona autistica.
4) Il ricorso a strategie educative specificamente adatte all’autismo.
L’utilità di un approccio educativo specificamente adatto all’autismo ( cioè l’elaborazione di metodi e
strategie appropriate) è evidente.
Immaginate una scuola per sordi dove si usino metodi educativi per ciechi. Molti sarebbero d’accordo
nell’affermare che la situazione avrebbe dell’assurdo.
Immaginate ora un centro per persone autistiche dove fossero adottate strategie per persone con
gravi difficoltà di apprendimento, ma senza autismo. Assurdo, certamente, ma nel contesto europeo
sfortunatamente questa situazione è più la regola che l’eccezione.
Tuttavia non dovrebbe accadere, nemmeno nelle situazioni miste; la pratiche efficaci specifiche per
l’autismo sono note, e le necessità delle persone autistiche sono prioritarie (e tra l’altro a beneficio di
un gruppo più vasto di un centro per bambini con difficoltà di apprendimento).
IL PROFILO DEL PROFESSIONISTA
La formazione è essenziale, ma non è ancora tutto: chi sceglie di lavorare con l’autismo può
comunque trovarsi in difficoltà, se non presenta caratteristiche che lo rendono idoneo e
“straordinario”, in grado quindi di occuparsi di persone fuori dall’ordinario
Le caratteristiche che chi sceglie di occuparsi di autismo dovrebbe avere sono le seguenti:
Essere attratti dalle diversità
Pensiamo che sia utile essere degli “avventurieri del mentale” e sentirsi attratti dall’ignoto. Certe
persone temono le differenze, altre ne sono attratte e desiderano scoprire sempre nuove cose
Avere una vivace immaginazione
Per condividere lo spirito di una persona autistica, che soffre di problemi di immaginazione, per
metterci nei suoi panni, dobbiamo per compensazione sfoderare enormi tesori di immaginazione.
Essere capaci di dare senza ricevere ringraziamenti (normali)
Dobbiamo essere capaci di dare senza ricevere molto in cambio e non sentirci delusi per la
mancanza di reciprocità sociale.
Con l’esperienza, si imparerà a scoprire che forme alternative di ringraziamento e di gratitudine più
o meno giustificata manifestata da molti genitori sono una generosa ricompensa.
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Provare il desiderio di adattare il proprio stile naturale di comunicazione e di interazione
sociale.
Lo stile che si richiede ha rapporto più con le necessità della persona autistica che con i nostri livelli
spontanei di comunicazione sociale (di tipo logorroico?). Il compito non è agevole, e implica molti
sforzi di adattamento, ma è di vitale importanza prendere in considerazione i bisogni che siamo
chiamati a soddisfare.
Avere il coraggio di lavorare soli nel deserto
Poche persone comprendono l’autismo, soprattutto durante i primi passi dei servizi organizzati in
questo campo, cosicché un professionista motivato , invece di essere lodato per tutti i suoi sforzi,
rischia di essere criticato. I genitori hanno conosciuto già da tempo questo genere di critiche: “ tutto
quel che occorre è disciplina”, “ se fosse figlio mio..;”, “madri frigorifero”, ecc.
Non sentirsi mai soddisfatti del proprio grado di conoscenza
L’apprendimento dell’autismo e delle strategie educative è un processo continuo perché la
conoscenza in questi campi si allarga continuamente. Il professionista che pensa di averla trovata, di
fatto l’ha perduta. La formazione nell’autismo non è mai finita.
Accettare che ogni piccolo progresso porti con se un nuovo problema
Talvolta la gente ha la tendenza a buttare via le parole crociate che non riesce a risolvere. Questo è
impossibile nel caso dell’autismo: una volta cominciato, dovete sapere che la vostra missione di
“detective” non avrà mai fine.
Capacità pedagogiche e analitiche straordinarie
Il professionista dell’autismo deve progredire molto gradualmente, ricorrere a supporti visuali a livelli
estremamente individualizzati. Bisogna continuamente fare parecchie valutazioni e continuamente
adattarsi.
Essere disponibili a lavorare in équipe
Dato che l’approccio deve essere coerente e coordinato, tutti i professionisti devono essere informati
degli sforzi compiuti dai colleghi come del livello di aiuto proposto, compresi i genitori, soprattutto
nel caso di bambini piccoli.
Essere umili
Noi possiamo essere degli “esperti” in generale, ma i genitori sono gli esperti riguardo al loro
bambino, e noi dobbiamo tener conto della loro saggezza e della loro esperienza.
Nel campo dell’autismo, il professionista che pretenda di stare sul piedistallo non serve. Nel corso
della collaborazione con i genitori, è importante parlare delle riuscite, ma anche ammettere gli
insuccessi (“ per piacere, aiutatemi). I genitori devono anche imparare che gli esperti non sono dei
dell’Olimpo.
Ci sarà certamente qualcuno che si aspetta di trovare in questo elenco la parola amore. L’amore è
ovviamente essenziale, ma come un genitore ha già detto l’amore non è un rimedio miracoloso.
I genitori e i professionisti che contano troppo sull’effetto dell’amore resteranno delusi. Se il bambino
non fa abbastanza progressi, è forse perché non è stato abbastanza amato? O forse l’abbiamo amato
abbastanza, ma lui non ha accettato a sufficienza il nostro amore.
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Questi atteggiamenti sono distruttivi e scavano abissi là dove è necessaria una collaborazione
ottimale. Amor NON vincit omnia. L’autismo è diverso.
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QUALITY MANAGEMENT NEI PROGRAMMI PER LE PERSONE CON
AUTISMO (Ramon Barinaga Osinalde, GAUTENA, Spagna)12
INTRODUZIONE
Nei prossimi minuti, ho intenzione di spiegare l’iniziativa che GAUTENA compie nell’area della
Qualità. Questo articolo è strutturato secondo l’indice sopra citato.
Prima di occuparsi del lavoro, permettetemi di darvi alcune informazioni sul background, che vi
aiuteranno a conoscere un po’ di più la nostra istituzione, e perciò fare più luce sul nostro processo
della Qualità.
GAUTENA è un’Associazione di genitori, creata nel 1978 a San Sebastian, che lavora in tutta la
contea di Guipuzcoa. Guipuzcoa è una provincia situata nella costa Nord della Spagna sulla frontiera
francese. Approssimativamente è 50x60 km., con una densità di popolazione relativamente
disseminata (663.000).
Guipuzcoa è una delle tre contee della Comunità Autonoma Basca, retta da uno Statuto di
Autonomia che conferisce tutte le competenze in termini di Salute, Educazione e Servizi Sociali. I
Diputaciones Forales (consigli di contea) hanno i propri ordinamenti di tassazione nei rispettivi
territori storici.
GAUTENA, un Ente giuridico DI Iniziativa Sociale senza scopo di lucro, si regge fondamentalmente
sul finanziamento pubblico. Ad ogni modo, gli onorari dei membri ricoprono approssimativamente il
9% della spesa. Circa un centinaio di persone costituiscono il personale (di cui il 60% lavorano a
tempo pieno) impiegati nell’aiuto nei servizi forniti a quasi duecento famiglie a Guipuzcoa.
Al momento, GAUTENA fornisce i seguenti servizi:
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
Programma Psichiatrico. Questo programma è stato stilato dal Gruppo di lavoro
Tecnico di GAUTENA – Neuropsichiatri infantili e Psicologi dell’età evolutiva – e
garantisce la diagnosi e il trattamento della popolazione assistita.

Programma Educativo. Composto da 12 classi, 10 delle quali sono integrate nei
plessi scolastici ordinari per tutto il paese, mentre le altre 2 classi sono localizzate in
una Scuola Speciale a San Sebastian.

Centro Diurno di Attività. Un Programma per gli over 20 sia di natura educativa che
occupazionale.

Programma Residenziale. La funzione di questo programma è di fornire Alloggio
Comunitario nel senso di Unità Casa integrate nella comunità, per far fronte alla
sistemazione delle persone più severamente colpite.

Tempo libero e Riposo della Famiglia dalle Cure. Da una parte, le attività incluse
in quest’area sono rivolte al tempo libero e alla promozione dello sviluppo individuale
dei pazienti di GAUTENA, mentre dall’altra parte, la famiglia può “prendersi un
intervallo” in queste sistemazioni a breve termine - festività legali, fine settimana e
ferie.
N.d.C.: Traduzione dell’articolo originale: “Quality Management in programmes for people
with Autism”. Ramon Barinaga Osinalde, Spain.
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PIANO PER LA QUALITA’ E IL CONTINUO MIGLIORAMENTO:
Perche’?
La Qualità, dal nostro punto di vista, e senza entrare nel merito delle definizioni, ricerca il meglio per
le persone alle quali noi dirigiamo la nostra attenzione e per le loro famiglie. Tale ricerca, per la
qualità del nostro lavoro, è un processo permanente di miglioramento.
Abbiamo raggiunto la conclusione che l’obiettivo della Qualità e del Miglioramento Permanente a
GAUTENA è utile, poiché nel 1996 GAUTENA ha oltre 18 anni di esperienza e una dimensione che
giustifica la necessità di incanalare tutti gli scopi del miglioramento della Qualità in un piano
strutturato stabilito formalmente.
L’iniziativa attuale di GAUTENA, a favore della Qualità, fornisce un contributo alle metodologie
dell’Assicurazione della Qualità che, superando la visione della Qualità nel senso solo di ispezione e
di controllo, costituisce un passo necessario verso l’obiettivo della Qualità Totale.
Per noi, la Qualità, nei servizi per le persone con Autismo e altri problemi correlati, è intesa come
congiunzione di due linee di lavoro complementari: da una parte, possedere uno specifico corpo di
conoscenze nel campo dell’autismo, e dall’altra gestire l’organizzazione secondo le linee guida delle
metodologie della Qualità. In questo modo, siamo in grado di applicare come uno “stato d’arte” i
migliori protocolli pratici in qualsiasi momento, per condurci verso un lavoro più efficace e più
efficiente.
Secondo la nostra opinione, i due punti sono indispensabili e complementari. L’unione di entrambi ci
condurrà più vicino allo scopo della Qualità.
A Quale Scopo?
Qui a GAUTENA abbiamo iniziato un processo di Qualità, che segue le procedure standards di
Assicurazione della Qualità.
E’ perciò una metodologia che ci obbliga a mettere i nostri pensieri su carta, ossia ad essere concreti
sul come le cose dovrebbero essere, - dal punto di vista etico, tecnico ed amministrativo -, ossia la
nostra idea sulla Qualità in qualsiasi momento.
Il piano di Assicurazione della Qualità comtempla una serie di procedure, che nell’essere applicate,
forniranno un servizio migliore, garantendo, agli utenti e alle loro famiglie, chiare procedure che
assicurano loro un itinerario ben definito, in cui non ci sia alcun dubbio sui contenuti e sulle
responsabilità, ossia , il che cosa, il come, il quando e il chi di ogni questione.
L’idea è di dare ad ogni famiglia la possibilità di conoscere per iscritto il programma individuale del
loro bambino, di conoscere chi sono i referenti, o le persone in carico di ogni specifico programma,
dell’educazione, del trattamento e del tempo libero; quanto spesso e con quale frequenza sarà
mantenuto il contatto con le famiglie, quale tipo di materiale scritto dovrebbe essere ricevuto dalla
famiglia e quando, ecc.
L’idea è, perciò, di garantire un approccio integrale ed individualizzato alla persona disabile,
l’identificazione degli interlocutori, e di evitare errori quali le mancanze di coordinamento tra servizi
differenti, le incertezze sui contenuti dei vari programmi.
Attraverso questi metodi, è possibile garantire la comunicazione tra il personale e le famiglie, e la
partecipazione delle ultime in tutte le fasi del processo che assiste i loro bambini.
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Come?
Consulenza esterna. Norma ISO 9002.
GAUTENA ha deciso di avvicinarsi all’obiettivo della Qualità da un punto stabilito formalmente.
Questa è la norma ISO 9002, adottata dall’Unione Europea, e dai principali funzionari internazionali
che si occupano di Qualità.
Per fare ciò, abbiamo deciso di cercare il parere di specialisti della Qualità, Arthur Andersen Business
Consulting, che supervisionano e regolano il processo.
In breve, è un sistema atto ad Assicurare la Qualità, avendo come riferimento una norma stabilita
predeterminata.
La norma ISO 9002 richiede la composizione di un Manuale della Qualità e di un Manuale delle
Procedure con la disposizione dei seguenti indici:
Manuale della Qualità’
INDICE (ISO 9002)
1. Responsabilità della Gestione (Management)
2. Sistema di Qualità.
1. Riesame temporaneo.
2. Controllo del progetto.
3. Controllo del documento.
4. Fruizione del servizio ed erogazione.
5. Il fruitore ha erogato il prodotto.
6. Identificazione del prodotto e rintracciabilità
7. Controllo del processo.
8. Ispezione e valutazione.
9. Ispezione, misurazione e materiale testistico.
10. Ispezione e condizione della valutazione.
11. Controllo della non conformità del prodotto.
12. Azione correttiva.
13. Discussione, elaborazione, produzione.
14. Registri della Qualità.
15. Registri della Qualità interna.
16. Formazione.
17. Aggiustamento.
18. Tecniche statistiche.
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Il Manuale della Qualità contiene gli aspetti più teorici correlati alla filosofia e agli obiettivi
dell’Associazione, come anche l’individuazione della nostra personale definizione di Qualità nel
contesto del nostro lavoro, basati su approcci tecnici ed etici adottati a GAUTENA.
Il Manuale della Qualità contiene aspetti relativi alla cultura – il modo in cui le cose sono fatte –, e i
valori - il sistema di riferimento - di GAUTENA.
Il Manuale delle Procedure regola la sequenza delle azioni richieste per andare incontro a tutti coloro
che entrano in contatto con la nostra Organizzazione.
Manuale delle Procedure
1. Diagnosi & valutazione.
2. Ammissione.
3. Piano iniziale.
4. Programma annuale.
5. Accordo del cliente.
6. Controllo della Qualità.
7. Controllo dei documenti del Cliente.
8. Identificazione del cliente.
9. Registrazione del modello.
10. Elenco dei documenti.
11. Informazioni esterne.
12. Follow up del piano annuale.
13. Verifiche della soddisfazione delle famiglie.
14. Verifiche della soddisfazione del personale.
15. Verifiche dell’auto – valutazione.
16. Reclami e suggerimenti.
17. Registro della Qualità.
18. Verifiche della Qualità interna.
19. Piano di sviluppo del personale.
20. Verifica della soddisfazione dei clienti.
In tal senso, il Manuale delle Procedure descrive minuziosamente l’intero processo, dal momento
dell’accoglienza nel programma, la diagnosi iniziale, fino al referente del caso al servizio
corrispondente di GAUTENA, per lo sviluppo di un programma individualizzato di intervento e
l’adeguato follow up e l’aggiornamento.
Il capitolo sulla Formazione delle Risorse Umane nell’azienda merita una considerazione speciale,
non solo dovuta alla sua enorme importanza in tutte le moderne organizzazioni, ma anche, per la
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diretta incidenza sulla Qualità del servizio fornito. Perciò, la composizione annuale del Piano di
Formazione viene indirizzata come obbligatoria.
Entrambi i documenti – “Manuale della Qualità” e “Manuale delle Procedure” -, sono integrati da una
parte, un “Manuale Informativo” e alcune “Pagine sulle Procedure”.
Il Manuale Informativo raccoglie la parte principale delle tecniche specifiche sull’Autismo
dell’Organizzazione, sul come consideriamo la Qualità dei servizi per le persone con Autismo a
GAUTENA. Ciò sta a significare che, il Manuale Informativo raccoglie lo “stato dell’arte”, adottato nel
contesto di GAUTENA.
Manuale Informativo del Servizio
1. Introduzione.
2. Dichiarazione del mandato.
3. Presentazione dell’Autismo e dei disturbi correlati.
4. Statuto delle persone con Autismo (IAAE).
5. Valutazione diritti umani.
6. Una vasta prospettiva dei bisogni dei nostri clienti.
7. Il nostro modello di erogazione del servizio.
8. Storia della nostra società, sviluppi attuali e bisogni futuri.
9. Aspetti del finanziamento.
10. Relazione con le istituzioni private e pubbliche.
11. Mezzi di partecipazione nella società.
12. Politiche sociali e procedure.
13. Descrizione dettagliata dei nostri servizi.
14. Il nostro impegno al miglioramento continuo.
Le “Pagine sulle Procedure” ci introducono nella pratica per seguire e completare ogni passo di
ciascuna procedura.
Partecipazione nel processo: Gruppo di lavoro direttivo, Famiglie, resto del Personale.
In accordo con la definizione stabilita da GAUTENA, in questo processo della Qualità e sotto la
responsabilità della Direzione, abbiamo considerato essenziali la parte ricoperta dal gruppo di lavoro
Tecnico, dei Supervisori di GAUTENA e dello Specialista Medico. Fin dall’inizio, hanno intrapreso la
direzione del processo e l’hanno trasmessa correttamente al personale subordinato.
In tal senso, a GAUTENA cerchiamo di incoraggiare le seguenti caratteristiche che noi consideriamo
essenziali in un Gruppo di lavoro Direttivo:
Caratteristiche del Team direttivo
1. Coesione sul contenuto.
2. Impegno individuale nell’importanza della gestione (management) delle Risorse Umane.
3. Abilità a portare a termine l’attività personale per lo sviluppo degli scopi generali.
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D’altra parte, un Comitato della Qualità, composto da un rappresentante delle famiglie, - membro
del Comitato -, il Management, il Consulente sanitario e il Direttore sanitario, è stato istituito per
occuparsi dell’esecuzione del piano.
Il piano stabilisce i meccanismi per le verifiche sistematiche delle opinioni dei clienti, delle famiglie e
del personale.
E’ stato fatto uno sforzo particolare per coinvolgere le famiglie alle quali noi forniamo i servizi e i
membri dello staff, non solo tramite il contatto personale ma anche tramite le verifiche della
soddisfazione familiare e le verifiche della soddisfazione dello staff. Muniti dei risultati di queste
verifiche e di impazienza a completare ed arricchire le informazioni ivi contenute, gli incontri del
gruppo per le famiglie e per lo staff sono avvenuti in sezioni differenti.
Nel complesso, si potrebbe concludere, dalla verifica alle famiglie, che la maggioranza esprime un
accordo ragionevole di soddisfazione dell’Associazione, sottolineando la sua flessibilità ad adattarsi
alla domanda in ogni situazione.
Ora conosciamo le aree in cui le famiglie reclamano un miglioramento nel servizio. In primo luogo, la
richiesta di una maggiore attenzione individualizzata, seguita da una richiesta di più servizi. Un’altra
richiesta è il miglioramento nelle informazioni che ricevono dall’Associazione.
Richieste delle famiglie

Più servizi.

Più attenzione personalizzata.

Miglioramento nell’informazione.
Nonostante ciò, le famiglie riconoscono una generale riluttanza – 80% dell’Associazione di famiglie –
a partecipare più attivamente agli incarichi dell’Associazione per il follow up e il controllo.
Lo staff nota un’atmosfera “piacevole e positiva” del lavoro e indica i seguenti fattori di
miglioramento:
Richieste dello staff

Maggiore disponibilità di risorse umane e di strumenti.

Formazione.

Cooperazione delle famiglie.

Coordinamento interno allo staff.
Dove stiamo andando?
Consideriamo l’impianto di un sistema che assicuri la Qualità, come uno strumento che ci consentirà
di migliorare in tutto ciò che è relativo al come organizziamo le nostre azioni, ma dall’altra parte, lo
vediamo anche come un mezzo per introdurre noi stessi nella cultura della Qualità, la ricerca
dell’eccellenza a disposizione dei servizi.
Allo scopo di guidarci lungo questa strada, abbiamo utilizzato gli obiettivi della Qualità Totale come
nostro riferimento:
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Definizione della Qualità Totale
Una strategia globale che venga accettata dall’organizzazione e sia progettata per “mobilitare e
coinvolgere tutte le risorse dell’organizzazione per raggiungere una soddisfazione permanente delle
aspettative dei consumatori/clienti in uno sforzo costante di miglioramento continuo”.
Allo scopo di raggiungere il nostro obiettivo, la nostra guida è stata i principi della Gestione della
Qualità Totale (Management of Total Quality):
Principi della Qualità Totale
1. Orientamento verso il cliente.
2. Coinvolgimento globalizzante.
3. Miglioramento continuo.
4. Controllo del processo.
5. Controllo del documento.
6. Leadership.
Nella nostra strada verso la Qualità Totale, abbiamo preso, come linea guida, il Modello Europeo di
Gestione (European Model of Management), la Fondazione Europea di Gestione della Qualità
(European Foundation of Quality Management), poiché oggigiorno riassume la conoscenza più
avanzata e i miglioramenti più concreti nella gestione (management) delle organizzazioni esistenti
nell’Unione Europea.
Questo modello raccoglie i principi del Modello Europeo di Management in direzione della Qualità
Totale ed evidenzia nove criteri per definire le aree in cui dovrebbe essere poste la riflessione o
l’analisi.
Questo modello raccoglie i nove criteri in due parti, dando ad ognuna di esse un determinato risalto:
gli AGENTI o gli aspetti che dovrebbero gestire la direzione dell’organizzazione e i RISULTATI che
sono le conseguenze della gestione (management) degli agenti e, allo stesso tempo, consentono il
feedback.
Operare secondo questi principi significa essere in un “processo senza fine” di miglioramento
continuo in cui “nulla o nessuno” dovrebbe essere lasciato fuori, e costituisce il pezzo centrale
dell’Organizzazione basato sulla “SODDISFAZIONE DEL CLIENTE”.
Punti forti e punti deboli nel processo avviato a gautena
Punti forti
1) L’identificazione pura dell’obiettivo.
2) Applicazione di metodi standard della Qualità alle nostre Organizzazioni.
3) Importanza di un consulente specializzato esterno.
4) Feedback sistematico sia dallo staff che dalle famiglie.
1) In primo luogo, si potrebbe dire che l’identificazione dell’obiettivo costituisce in se stesso un
aspetto molto positivo nella vita di un’organizzazione di questa natura, poiché essa implica
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dinamica e volontà a migliorare. L’idea centrale che ci sprona è che noi eroghiamo un servizio per
il disabile e la sua famiglia ed è con questo in mente che utilizziamo la nostra energia per
migliorare, e questo, di per sé, è una questione importante da sottolineare.
2) In secondo luogo, riconoscere che le entità, che sono rivolte all’attenzione del disabile, non sono
essenzialmente differenti da un’altra entità che eroga dei servizi alle persone, e che, perciò, sono
applicabili gli stessi metodi di Qualità.
3) Dall’altra parte, riconosciamo che è necessaria una consulenza esterna delle caratteristiche
specialistiche. Dal nostro punto di vista, questo è un altro fattore che offre delle garanzie nel
processo intrapreso a GAUTENA.
4) Un altro aspetto positivo di questo processo è la quantità di feedback sistematico delle opinioni e
delle osservazioni riportato sia dallo staff che dalle famiglie.
Punti deboli
1) Metodi “strani”, sconosciuti, non familiari allo staff e ai clienti.
2) Limitazioni di tempo, pressione delle richieste giornaliere.
3) Paura di essere “impantanati nelle carte”. Rimedio “attenersi al fondamentale” e “non caricare
troppo”.
4) Riluttanza al cambiamento
1) Forse il principale “punto debole” nell’impiantare le metodologie della Gestione della Qualità
(Management of Quality) a GAUTENA, riconosciuto in questo momento, è il fatto che queste sono
considerate “strane” e “irrilevanti” nel lavoro giornaliero nei servizi, a causa dei metodi non familiari.
In questo senso, grazie alla nostra esperienza ci permettiamo di raccomandare che prima di
installare un piano di tale natura, è importante che sia le famiglie che lo staff siano informati e
istruiti riguardo la filosofia e la metodologia del Sistema di Qualità da applicare,
2) Un altro aspetto, che non è stato risolto troppo bene a GAUTENA, è stata la richiesta di tempo e di
ritmi di lavoro che l’impianto del Piano richiede. Per fare questo nello stesso tempo di altri impegni è
qualcosa che non risulta certamente facile. Un modo per risolvere questo potrebbe essere
l’entusiasmo e l’auto motivazione. Nonostante ciò, questi stimoli sono difficili da conseguire.
3) Un altro indietreggiamento a tutte queste iniziative, che fortunatamente è stato sopraffatto, è
stato il sentimento di “impantanati nelle carte ”. Rispetto a ciò, la nostra esperienza ci ha insegnato
ad “attenersi al fondamentale” e non caricare troppo.
4) Tutti i processi che implicano l’introduzione di cambiamenti, si scontrano con delle resistenze.
Anche noi ci siamo scontrati con esse, ad ogni modo possiamo affermare che più avanzavamo nel
programma, più debole diveniva la resistenza. Complessivamente, è stata, senza dubbio,
un’esperienza positiva.
Sommario e conclusioni
La Qualità del servizio alle persone con autismo e alle loro famiglie è una ragione autentica
dell’esistenza della nostra Organizzazione. A GAUTENA, con la nostra specifica conoscenza nel campo
dell'Autismo, abbiamo deciso di applicare una metodologia di Assicurazione della Qualità, in cui lo
stimolo è stato la volontà di migliorare il nostro lavoro.
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Con l’aiuto di un consulente esterno specializzato – Arthur Andersen Business Consulting -, abbiamo
progettato e applicato un sistema di Assicurazione della Qualità.
Ciò significa un grande passo in avanti nel nostro lavoro, e più incorporiamo i sistemi di controllo, di
revisione e di aggiornamento, più siamo convinti che ciò servirà ad incanalare le energie future per
migliorare la qualità dei nostri servizi.
In questo processo permanente, seguiamo le linee guida secondo i principi della Qualità Totale,
come è nel Modello Europeo di Gestione (Management) - (E.F.Q.M.).
A GAUTENA abbiamo introdotto la Cultura della Qualità. Ora il nostro scopo è di migliorare giorno
per giorno per essere in grado di offrire il miglior servizio possibile alle persone con Autismo e alle
loro famiglie.
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69
VENERDI’
TRA LAVORO DIAGNOSTICO E IMPEGNO RIABILITATIVO
E EDUCATIVO

Documento del “NIMH”

Documento della “National Autistic Society” (NAS)

Documento dell’ “Autistic Society of America” (ASA)
DOCUMENTO “NIMH”
Com’è diagnosticato l’autismo?
I genitori sono solitamente i primi a notare comportamenti strani nel loro bambino. In molti casi, il
bimbo sembra “diverso” dai neonati, senza abilità di risposta per le persone e i giocattoli, o perchè
pone intensa attenzione su un oggetto, per lungo tempo. I primi segni di autismo possono apparire
anche in bambini che hanno avuto uno sviluppo precedente normale.
Quando un bambino
affettuoso e “chiacchierone” diventa improvvisamente silenzioso, chiuso in se stesso, violento o
autolesionista, qualcosa sta andando per il verso sbagliato.
Possono anche passare degli anni prima che la famiglia cerchi una diagnosi. Amici vicini alla famiglia
e parenti aiutano spesso i genitori ad ignorare il problema con rassicurazioni del tipo: “Ogni bambino
è diverso” o “Janie può parlare, solo non desidera farlo”. Sfortunatamente ciò ritarda solo
l’ottenimento di una valutazione diagnostica e di un trattamento appropriati.
Le procedure diagnostiche
Al giorno d’oggi non esistono test medici, come radiografie od analisi del sangue, per scoprire
l’autismo. E non ci sono due bambini con questo disturbo che si comportano nello stesso modo.
Inoltre diverse condizioni possono causare sintomi che assomigliano a quelli dell’autismo. I genitori e
il pediatra del bambino devono così escludere la possibilità di altri disturbi, come la perdita
dell’udito, i problemi di linguaggio, il ritardo mentale, e i problemi neurologici. Una volta che queste
possibilità sono state eliminate, è necessaria la visita da un professionista specializzato nell’autismo.
Tali specialisti includono persone con il titolo di psichiatri infantili, psicologi infantili, pediatri dello
sviluppo o neurologi infantili.
Gli specialisti dell’autismo usano una gran varietà di metodi per identificare questo disturbo.
Utilizzando una scala di percentuali standardizzate, lo specialista osserva e valuta da vicino, il
linguaggio ed il comportamento sociale del bimbo. Un colloquio strutturato è usato invece per avere
informazioni dai genitori sul comportamento e il primo sviluppo del bambino. Riguardare i video
della famiglia, le fotografie e l’album del piccolo, può aiutare i genitori nel ricordare l’inizio di ogni
70
comportamento e il raggiungimento di certe tappe fondamentali dello sviluppo del loro bambino. Gli
specialisti possono anche analizzare l’esistenza di problemi genetici e neurologici.
I medici specialisti considerano anche le altre condizioni che possono produrre molti degli stessi
comportamenti e degli stessi sintomi dell’autismo, come la Sindrome di Rett o il disturbo di
Asperger. La Sindrome di Rett è un disturbo cerebrale progressivo che affligge solo le bambine ma
che, come l’autismo, produce movimenti ripetitivi delle mani e conduce alla perdita del linguaggio e
delle abilità sociali. I bambini con la sindrome di Asperger sono invece davvero simili ai bambini con
autismo ad alto funzionamento. Sebbene abbiano comportamenti ripetitivi, problemi sociali gravi e
movimenti goffi, il loro linguaggio e la loro intelligenza sono solitamente intatti. Diversamente
dall’autismo, i sintomi del disordine di Asperger appaiono solitamente nella tarda infanzia.
I criteri diagnostici
Dopo aver ottenuto i risultati delle osservazioni e dei test, gli specialisti fanno una diagnosi di
autismo solo se vi è chiara evidenza di:

Relazioni sociali povere o limitate;

Abilità di comunicazione sottosviluppate;

Comportamenti, interessi ed attività ripetitivi.
Le persone autistiche hanno solitamente compromissioni qualitative in ognuna di queste categorie,
sebbene la severità di ogni sintomo, possa invece variare. I criteri diagnostici richiedono che questi
sintomi compaiano entro i 3 anni.
Alcuni specialisti sono reclutanti a fornire una diagnosi di autismo. La loro paura è di far perdere la
speranza ai genitori. Utilizzano allora termini più generici che descrivono semplicemente i
comportamenti del bambino od i suoi deficit sensori. “Disturbi gravi della comunicazione con
comportamenti simili all’autismo”, “disturbo del sistema multi-sensorio” e “disfunzione
dell’integrazione sensoria” sono solo alcuni dei termini che vengono usati. Bambini con sintomi lievi
o con pochi sintomi di autismo, sono spesso diagnosticati come aventi il Disturbo pervasivo dello
sviluppo (PDD).
Sebbene termini come disturbo di Asperger o PDD, non cambino significativamente le opzioni di
trattamento, essi possono impedire al bambino di ricevere la totalità dei servizi disponibili per gli
individui diagnosticati con autismo. Possono inoltre dare ai genitori la falsa speranza che i problemi
del loro bambino siano solo temporanei.
Cosa causa l’autismo?
E’ generalmente accettato che l’autismo è causato da anormalità nelle strutture o nelle funzioni
cerebrali. Usando nuovi strumenti di ricerca per studiare la crescita del cervello umano e animale, gli
scienziati stanno scoprendo nuove informazioni sullo sviluppo normale e su come si strutturano le
anormalità.
Il cervello del feto si sviluppa durante la gravidanza. Partendo da poche cellule, che crescono e si
dividono, alla fine il cervello contiene miliardi di cellule specializzate, chiamate neuroni. Le ricerche
sponsorizzate dal NIHM e da altre componenti del National Institutes of Health, stanno giocando un
ruolo importante nel mostrare come le cellule trovino la loro specifica via verso una particolare area
del cervello, ed assumano funzioni speciali. Una volta nel proprio posto, ogni neurone emette lunghe
fibre che si uniscono agli altri neuroni. In questo modo sono stabilite linee di comunicazione fra le
71
diverse aree del cervello e fra il cervello e il resto del corpo. Ogni neurone riceve così segnali che
rilasciano sostanze chimiche chiamate neurotrasmettitori, che passano il segnale al neurone vicino.
Alla nascita, il cervello è evoluto in un organo complesso con regioni e sotto-regioni diverse, ognuna
con una precisa gamma di funzioni e responsabilità.
Le diverse parti del cervello hanno diverse funzioni:

L’ippocampo rende possibile ricordare eperienze recenti e informazioni nuove;

L’amigdala dirige le nostre risposte emotive;

I lobi frontali permettono di risolvere problemi, fare piani futuri, capire il
comportamento degli altri, e frenare gli impulsi:

Le aree parietali controllano l’udito, l’eloquio e il linguaggio;

Il cerebellum regola il bilanciamento, i movimenti del corpo, la coordinazione e i
muscoli usati per parlare;

Il corpo calloso passa le informazioni da una parte del cervello ad un’altra.
Ma la crescita del cervello non si ferma alla nascita. Il cervello continua a cambiare durante i primi
anni di vita, ed appena vengono attivati nuovi neurotrasmettitori, si stabiliscono linee aggiuntive di
comunicazione. La rete neuronale forma e crea così, le basi per elaborare il linguaggio, le emozioni
ed il pensiero.
Ora gli scienziati sanno che un numero notevole di problemi può infierire sullo sviluppo normale del
cervello. Le cellule possono stabilirsi nel posto sbagliato del cervello. Oppure, a causa di problemi
con la rete neurale o con i neurotrasmettitori, alcune parti della rete comunicativa possono fallire nel
loro compito. Un problema nella rete comunicativa può interferire con l’obiettivo più generale del
coordinamento delle informazioni sensorie, del pensiero, dei sentimenti e delle azioni.
Le ricerche supportate dal NIMH e da altri Istituti del NIH, stanno analizzando in dettaglio le
strutture e le funzioni del cervello, per individuare in cosa il cervello di un individuo autistico
differisce da un cervello normale. Alcuni ricercatori stanno indagando sui difetti potenziali che
sopravvengono durante lo sviluppo iniziale del cervello. Altri, stanno invece cercando le anomalie nei
cervelli di persone già diagnosticate come autistiche.
Gli scienziati stanno inoltre cercando le anormalità nelle strutture cerebrali che costruiscono il
sistema limbico. Nel sistema limbico vi è un’area chiamata amigdala, conosciuta come capace di
regolare gli aspetti del comportamento sociale ed emotivo. Uno studio sui bambini autistici ad alto
funzionamento, ha evidenziato che la loro amigdala presentava sì delle menomazioni qualitative ma
che un’altra area del cervello, l’ippocampo, non le presentava affatto. In un altro studio gli scienziati
seguirono il comportamento di alcune scimmie con amigdala distrutta dalla nascita. Man mano che
crescevano, come i bambini autistici, le scimmie diventavano sempre più chiuse in se stesse e
manifestavano la tendenza ad evitare i contatti sociali.
Sono state anche esplorate le differenze nei neurotrasmettitori, i messaggeri chimici del sistema
nervoso. Per esempio sono stati trovati, in molti individui autistici, alti livelli del neurotrasmettitore
della serotonina . Dato che i neurotrasmettitori sono i responsabili del passaggio degli impulsi
nervosi nel cervello e nel sistema nervoso, è possibile che essi siano coinvolti nella distorsione delle
sensazioni che accompagnano l’autismo.
72
Gli studi del NIMH stanno esplorando anche le differenze nel funzionamento cerebrale completo,
usando una tecnologia chiamata Risonanza magnetica (MRI) con lo scopo di identificare quali parti
del cervello vengono usate durante obiettivi mentali specifici. In uno studio di adolescenti, i
ricercatori dell’NIHM hanno osservato che durante il raggiungimento di obiettivi, includenti la
risoluzione di problemi (problem-solving) e il linguaggio, i ragazzi con autismo non ottenevano
successi minori rispetto ai loro compagni senza autismo, ma le immagini dell’MRI dei loro cervelli,
mostravano minor attività. In uno studio sui bambini piccoli, i ricercatori osservarono bassi livelli di
attività nelle aree parietali e nel corpo calloso. Tali ricerche possono aiutare gli scienziati a
determinare se l’autismo riflette un problema in aree specifiche del cervello, o nella trasmissione di
segnali da una parte del cervello ad un’altra.
Ognuna di queste differenze è stata vista in alcune, ma non in tutte, le persone autistiche, che sono
state testate. Cosa significa ciò? Forse che il termine autismo copre diversi tipi di disturbi, ognuno
dei quali è causato da un diverso problema cerebrale? O forse che le varie differenze cerebrali sono
esse stesse causate da un solo disordine sottostante, non ancora identificato dagli scienziati?
Scoprire le basi fisiologiche dell’autismo potrebbe, un giorno, permetterci di identificarlo meglio, di
trattarlo e possibilmente di prevenirlo.
I fattori che influiscono sullo sviluppo cerebrale
Ma cosa determina uno sviluppo sbagliato del cervello? Alcuni ricercatori del NIMH stanno indagando
sulle cause genetiche, sul ruolo che giocano l’ereditarietà ed i geni nel passare il disturbo da una
generazione ad un’altra. Altri stanno studiando invece, cause patologiche relative alla gravidanza ed
a altri fattori.
L’ereditarietà: Molti studi sui gemelli suggeriscono che l’autismo, o almeno una più alta possibilità
di disfunzioni cerebrali, possa essere ereditario. Per esempio, i gemelli monozigoti hanno possibilità
maggiori rispetto ai gemelli eterozigoti di avere entrambi autismo. Ciò perché i fratelli eterozigoti si
sviluppano da due ovuli separati, mentre quelli monozigoti da un singolo ovulo ed hanno allora lo
stesso identico corredo genetico.
Sembra che i genitori di un bambino autistico abbiano un rischio lievemente maggiore di avere un
altro bambino autistico. Ciò suggerisce un collegamento genetico. Ma l’autismo non pare dovuto ad
un gene particolare. Se l’autismo, come il colore degli occhi, si trasmettesse lungo un singolo gene,
il disturbo sarebbe ereditato da più membri famigliari.
Le ricerche del NIHM usando tecniche sulle unioni dei geni, stanno ora cercando segmenti irregolari
di codice genetico che i membri autistici della famiglia possono aver ereditato.
Alcuni scienziati credono infatti che sia ereditato un segmento irregolare di codice genetico o un
gruppetto di 3-6 geni instabili. In molte persone il codice sbagliato può causare solo piccoli problemi.
Ma sotto certe condizioni, i geni instabili possono interagire ed interferire in modo serio con lo
sviluppo del cervello del feto.
Un organo del NIMH che sostiene la ricerca, sta cercando conferme a questa teoria. Uno studio sta
esplorando se i genitori ed i fratellini senza autismo mostrino sintomi minori, come lievi problemi
sociali, linguistici o inerenti la lettura. Se così fosse i risultati potrebbero suggerire che diversi
membri della famiglia possono ereditare i geni irregolari o instabili, ma anche che devono essere
presenti condizioni tutt’ora non identificate per permettere al disturbo di manifestarsi pienamente.
Gravidanza ed altri problemi: Durante la gravidanza il cervello del feto diviene più grande e più
complesso con il formarsi di nuove cellule, di regioni specializzate e di reti comunicative. In questo
73
periodo ogni cosa che disturba lo sviluppo cerebrale normale, può avere effetti a lungo termine sulle
funzioni sensorie, linguistiche, sociali e mentali di un bambino.
Per questo motivo, i ricercatori stanno esplorando se certe condizioni, come lo stato di salute della
madre durante la gravidanza, i problemi legati al parto, o altri fattori ambientali, possano interferire
con lo sviluppo normale del cervello. Infezioni virali come la rosolia, specie durante i primi tre mesi
di gravidanza, possono portare a tutta una serie di problemi, inclusi l’autismo ed il ritardo mentale.
Il rischio di autismo è anche aumentato dalla mancanza di ossigeno sofferta dal bambino o da altre
complicazioni occorrenti durante il parto. Non vi sono comunque collegamenti chiari. Fattori di
questo tipo si verificano durante la nascita di molti bambini che non sono autistici e d’altro canto,
molti bambini autistici sono nati senza complicazioni alcune.
Ci sono dei disturbi correlati?
L’autismo è comunemente accompagnato da molti altri disturbi. In molti ambiti, essi possono essere
causati da un comune problema sottostante il funzionamento cerebrale.
Il ritardo mentale
Fra i problemi correlati all’autismo, il ritardo mentale è quello più comune. Il 75-80% delle persone
autistiche sono, in un qualche grado, mentalmente ritardate.
Il 15-20% sono considerate
gravemente ritardate, con Q.I. inferiore a 35 (un punteggio di 100 rappresenta un’intelligenza
media). Ma all’autismo non corrisponde necessariamnte una menomazione mentale. Più del 10 %
delle persone autistiche ha un Q.I. medio o superiore alla media. Poche persone mostrano
un’intelligenza eccezionale.
Interpretare i punteggi del Q.I. è difficile, in quanto molti dei test di intelligenza non sono designati
per le persone autistiche. Gli individui autistici non percepiscono la relazione con l’ambiente nel
modo tipico. Quando sottoposte a test, alcune aree di abilità sono normali o addirittura sopra la
media, mentre altre aree possono mostrarsi estremamente deboli. Per esempio, un bambino
autistico può avere risultati molto buoni nella parte del test che misura le abilità visive, ma
guadagnare punteggi bassi nel sottotest linguistico.
Crisi epilettiche
Circa un terzo dei bambini autistici sviluppa crisi epilettiche che iniziano nella prima infanzia o
nell’adolescenza. I ricercatori stanno cercando di scoprire se c’è una relazione significativa fra
queste ed il momento della loro strutturazione, dato che le crisi appaiono spesso quando certi
neurotrasmettitori diventano attivi.
Siccome le crisi epilettiche vanno da brevi blackout a convulsioni dell’intero
elettroencefalogramma (EEG) può aiutare a confermare la loro reale presenza.
corpo,
un
In molti casi, fortunatamente, le crisi epilettiche possono essere controllate con cure mediche.
X Fragile
La sindrome da X Fragile è un disturbo trovato in circa il 10% delle persone autistiche,
prevalentemente negli individui di sesso maschile. Questo disturbo ereditario deve il suo nome ad
un pezzo del cromosoma X che è imperfetto, ed appare stentato e fragile se osservato al
microscopio.
74
Le persone che ereditano questo pezzo di codice genetico imperfetto sono più facilmente soggette a
ritardo mentale, a molti degli stessi sintomi dell’autismo, e a tratti fisici inusuali che non sono
invece, tipici dell’autismo.
Sclerosi Tuberosa
Ci sono anche alcune relazioni fra l’autismo e la Tuberous Sclerosis, una condizione genetica che
causa crescita anormale dei tessuti cerebrali e problemi in altri organi. Sebbene la Tuberous
Sclerosis sia un disturbo raro, che si verifica in meno di una nascita ogni 10.000, circa un quarto di
coloro che ne sono affetti, sono anche autistici.
Gli scienziati stanno esplorando le condizioni genetiche, come la sindrome da X Fragile e la Tuberous
Sclerosis, per vedere perché esse coincidono così spesso, con l’autismo. Capire esattamente come
queste condizioni influenzano lo sviluppo cerebrale normale, può farci comprendere i meccanismi
biologici e genetici dell’autismo.
Cercare aiuto e speranza
Paul
L’adolescenza fu un buon periodo per Paul. Parve rilassarsi e diventare più socievole. Divenne più
affettuoso. Se avvicinato, conversava con le persone. Per diversi mesi furono usate medicine per
aiutarlo a controllare la sua aggressività, ma vennero sospese in quanto fornivano effetti collaterali
indesiderati. Anche così, raramente scagliava o rompeva oggetti.
Due anni fa i genitori di Paul decisero di avvantaggiarsi delle nuove scoperte mediche sull’autismo, e
lo iscrissero ad un programma innovativo che fornisce supporto a tempo pieno, dandogli la
possibilità di vivere e lavorare all’interno della comunità. Oggi, a 20 anni, ha un lavoro sottoposto a
stretto controllo, in cui assembla pezzi per una società editoriale. Vive in un bell’appartamento con
un altro uomo autistico e un supervisore. Paul ama i picnic e le passeggiate alla biblioteca per
controllare libri e cassette. Gli piace anche andare a casa ogni settimana per visitare la sua famiglia.
Ma chiede ancora costanza ed ordine. Appena arriva a casa, sposta ogni mobile ed ogni oggetto nella
posizione a lui famigliare.
Alan
L’estate in cui Alan ebbe sei anni, dopo un lungo periodo senza apparenti progressi, iniziò a parlare.
Sebbene rovesciasse i significati dei pronomi, iniziò a produrre frasi che gli altri potevano capire.
Ora, a 13 anni, ha perso la sua costante ossessione per le luci, ritornando a quest’attività solo
quando si sente stressato. Si nasconde spesso sotto una grande pila di cuscini che pare rilassarlo e
confortarlo. Le sue crisi di rabbia capitano più raramente, ma dato che è più grande, reagisce con
maggior forza. Tuttora quando perde il controllo continua a dare calci, colpi e pugni. Una volta al
centro commerciale ebbe un attacco di collera così forte che sua madre per controllarlo dovette
tenerlo fermo a terra.
Nello stesso tempo, ha compiuto con successo il passaggio alla scuola superiore e sta imparando più
velocemente che in passato. Pare più cosciente di ciò che lo circonda e si ricorda delle persone. Non
75
gioca ancora con gli altri bambini, ma spesso si siede e li guarda dalla finestra. Come se sapesse di
essere diverso. Pare anche più cosciente delle proprie emozioni e, alle volte dice sommessamente,
“Sei triste”.
Janie
Oggi, a 4 anni, Janie frequenta un programma intensivo con il quale viene istruita a casa da sua
madre e da altri specialisti. Sta iniziando a mostrare progressi reali. Adesso sostiene lo sguardo
diretto ed ha iniziato a parlare. Può chiedere le cose, con il risultato che pare più felice, meno
frustrata e meglio capace di entrare in contatto con gli altri. Ha anche iniziato a mostrare certe
capacità sorprendenti. Può impilare blocchi ed accoppiare oggetti come fosse più grande dei suoi
anni. La sua memoria è sbalorditiva. Sebbene il suo eloquio sia spesso poco chiaro, può recitare un
intero programma televisivo. I suoi genitori sperano che il prossimo anno possa frequentare un asilo
normale.
C’è ragione per la speranza?
Quando i genitori vengono a sapere di avere un bambino autistico, sperano che il problema possa
sparire magicamente da solo. Non vedono l’ora di avere un bambino e di guardarlo apprendere e
crescere. Invece devono affrontare il fatto che hanno un bambino che forse non potrà mai dare vita
ai loro sogni e che quotidianamente sfiderà la loro pazienza. Alcune famiglie negano il problema e
fantasticano su una cura istantaneamente miracolosa. Portano il bambino da uno specialista all’altro,
sperando in una diagnosi diversa. E’ importante invece per la famiglia superare finalmente il dolore
ed aver contatti con il problema, mentre ancora sperano per il futuro del loro bambino. Molte
famiglie capiscono che la loro vita può andare avanti.
Le persone autistiche, oggi più che in passato, possono essere aiutate. Una combinazione di
interventi precoci, educazione mirata, supporto famigliare e in alcuni casi, supporto farmacologico,
sta aiutando un numero crescente di bambini autistici a vivere una vita più normale.
Interventi specifici e programmi educativi possono espandere la loro capacità di apprendimento, di
comunicazione e di relazione mentre riducono la gravità e la frequenza dei comportamenti più
distruttivi.
Un aiuto farmacologico può essere usato per alleviare certi sintomi. I bambini più grandi e gli adulti,
come Paul, possono anche beneficiare di trattamenti particolari. Così, mentre non è ancora possibile
guarire dalla malattia, è possibile migliorare notevolmente la vita giornaliera dei bambini e degli
adulti autistici.
Oggi, un bambino che riceve terapie ed educazioni efficaci, ha ogni speranza di usare tutte le sue
potenzialità di apprendimento. Addirittura alcuni bambini con ritardi mentali gravi, possono spesso
sviluppare al massimo le abilità di auto-aiuto, come cucinare, vestirsi, fare la lavatrice, e
maneggiare il denaro. Per questi bambini, una maggior indipendenza unita alla cura di se stessi, può
rappresentare la loro conquista principale. Altri giovani possono imparare abilità scolastiche di base,
come leggere, scrivere e contare. Alcuni finiscono le scuole superiori. Altri, come Temple Grandin,
possono addirittura ottenere una laurea. Come in tutti noi, i loro interessi personali forniscono
grandi incentivi ad imparare. Un fattore chiaramente importante nello sviluppo a lungo termine del
potenziale del bambino per l’indipendenza ed il successo, è l’intervento precoce. Quanto prima un
bambino inizia a ricevere aiuto, tanto più avrà l’opportunità di imparare. Dato che il cervello del
bambino è ancora in formazione, gli scienziati credono inoltre, che gli interventi precoci diano al
bambino la miglior chanche possibile per sviluppare il loro potenziale personale.
76
Ma non importa quando il bambino viene diagnosticato come autistico, non è mai troppo tardi per
iniziare un trattamento.
Possono essere migliorate le abilità sociali ed il comportamento?
Da quando l’autismo è stato identificato, si è evoluto un gran numero di approcci diversi di
intervento. Alcuni programmi terapeutici si indirizzano allo sviluppo di abilità e alla sostituzione dei
comportamenti disfunzionali con altri più appropriati. Altri si indirizzano invece verso il creare un
ambiente di apprendimento stimolante tagliato sui bisogni unici dei bambini autistici.
I ricercatori hanno iniziato ad identificare i fattori che rendono certi programmi di trattamento più
efficaci nel ridurre –o nel modificare- le limitazioni imposte dall’autismo. I programmi di trattamento
che sembrano produrre i migliori risultati sono quelli che attivano gli interessi del bambino, offrono
un progetto prevedibile, indicano gli obiettivi da raggiungere attraverso una serie di semplici gradini,
occupano l’attenzione del bambino in attività altamente strutturate e forniscono un rinforzo regolare
del comportamento.
Come uno dei maggiori fattori di successo, è emerso anche il coinvolgimento dei genitori. I genitori
lavorano con gli insegnanti ed i terapeuti per identificare i comportamenti da cambiare e le abilità da
insegnare. Riconoscendo che i genitori sono i primi maestri dei bambini, sempre più programmi
iniziano ad istruirli affinché essi possano continuare la terapia a casa. La ricerca sta iniziando ad
evidenziare che i padri e le madri istruiti per lavorare con il bambino, riescono ad ottenere gli stessi
effetti positivi degli insegnanti e dei terapeuti professionali.
77
DOCUMENTO DELLA “NATIONAL AUTISTIC SOCIETY”
La precisa o le precise cause dell'autismo non sono state ancora pienamente identificate anche se
laricerca sat continuando a tutto campo. Ciò che emerge dalla ricerca è che l'autismo può essere
causato da diverse condizioni che colpiscono lo sviluppo del cervello e che sopragiungono prima,
durante o dopo la nascita. Comprendono, ad esempio, la rosolia, la Sclerosi Tuberosa, la carenza di
ossigeno alla nascita e le complicazioni delle malattie infantili come la pertosse e il morbillo. Gli studi
sui gemelli ipotizzano una relazione genetica nell'autismo, ma i siti dei geni coinvolti non sono stati
ancora identificati, questa è una domanda che tutti fanno. Purtroppo è anche una delle più difficili
risposte perché i pattern di comportamento attraverso cui l'autismo è diagnosticato, possononon
risultare da un'unica causa. C'è, comunque, una forte evidenza che lì'autismo possa essere
determinato da una varietà di cause fisiche tutte le quali colpiuscono lo sviluppo del cervello. Non è
dovuto a problemi emozionali o a deprivazione emotiva. Colpisce 4 volte maggiormente i bambini
piuttosto che le bambine, e non ha barriere di classe o di razza.
L'importanza di una diagnosi precoce
È cruciale che un disturbo dello spettro autistico sia riconosciuto precocemente, per permettere il più
efficace intervento e la gestione della situazione. La diagnosi dell'intervento precoce è altresì
essenziale per assicurare alle famiglie e algi operatori l'accesso ai servizi appropriati e al sostegno
dei professionisti. Sicuramente ci sono segni che devono essere riconosciuti. Nella maggioranza dei
casi, la Triade delle compromissioni compare nei primi 2/3 anni di vita, mentre ci sono spesso
segnali di problemi nello sviluppo già durante il primo anno. Comunque, siccome i disordini dello
spettro autistico sono complessi, è facile non accorgersi di segni importanti.
Sebbene le caratteristiche dell'autismo siano generalmente evidenti nei primi anni di vita, la
situazione può essere non evidenziata per molti anni specialmente in quelli che sono di più alto
livello dove i segni possono essere meno evidenti.
Quando io fui diagnosticato essere affetta da Sindrome di Asperger un anno fa, questo mi portò una
sensazione di sollievo insieme ad un profondo senso di sofferenza per i 25 anni persi. Prima che io
fossi diagnosticato, non ricevetti nesssun aiuto a causa della mancanza di conoscenza e di
comprensione delle mie difficoltà. Questa è una delle ragioni perché è vitale che una diagnosi di
autismo o di Sindrome di Asperger sia fatta il prima possibile. A cinque anni, una persona ha un
potenziale molto più alto di migliorare di una di 25.
Le persone che sono ai livelli più alti dello spettro autistico, sono spesso consapevioli di essere
differenti dalle altrepersone e di avere difficoltà nel costruire e mantenere relazioni; se non sono
diagnosticati, il loro comportamento può apparire strano che può condurre a comportamenti
aggressivi o provocatori a scuola. La depressione perciò, può essere una conseguenza quando le
persone diventano adulte.
78
DOCUMENTO DELL’ “AUTISTIC SOCIETY of AMERICA” (ASA)
Cause
Ricercatori di tutto il mondo hanno dedicato considerevole tempo ed energie per scoprire la risposta
a questa critica domanda. Ricercatori medici stanno esplorando diverse spiegazioni per le varie
forme di autismo. Sebbene una singola e specifica causa di autismo non è conosciuta le attuali
ricerche correlano l'autismo a differenze biologiche o neurologiche del cervello. In molte famiglie,
compare un pattern di autismo o di disabilità correlate che fa supporre esserci una base genetica al
disturbo, sebbene a tutt'oggi nessun gene è stato direttamente collegato all'autismo. La base
genetica è ritenuta dai ricercatori essere di alta complessità, probabilmente coinvolgente numerosi
geni in combinazione. Numerose passate teorie circa le cause dell'autismo sono state dimostrate
essere false. L'autismo non è una malattia mentale. I bambini con autismo non sono ragazzini
senza regole che scelgono di non averne. L'autismo non è determinato da cattive cure genitoriali.
Per di più nessun fattore psicologico conosciuto nello sviluppo del bambino è stato dimostrato
causare autismo.
Diagnosi
Non ci sono test medici per diagnosticare l'autismo. Una diagnosi accurata deve essere basata
sull'osservazione della comunicazione, comportamento dell'individuo, e sui livelli di sviluppo.
Comunque, siccome molti dei comportamenti associati all'aurtismo sono comuni ad altri disturbi vari
test medici devono essere indicati per escludere o identificare altre cause possibili dei sintomi
manifestati.
Poiché le caratteristiche del disturbo variano così tanto, idealmentye un bambino dovrebbe essere
valutato da un gruppo multidisciplinare che include neurologi, psicologi, pediatri dello sviluppo
terapisti del linguaggio, esperti dell'apprendimento o altri professionisti competenti sull'autismo. La
diagnosi piuò risultare difficile per un medico generico con una limitata conoscenza o esperienza in
campo di autismo. Qualche volta l'autismo non è stato diagnosticato da esperti professionisti.
Difficoltà nel riconoscere e conoscere l'autismo spesso conduce a una carenza di servizi per i
complessi bisogni degli individui con autismo.
Una breve osservazione in un singolo ambiente non può rappresentare il quadro vero delle abilità e
dei comportamenti di un individuo. Le segnalazioni dei genitori e degli altri operatori che conoscono
la persona nnonchéla storia dello sviluppo sono componenti importantissimi per fare una diagnosi
accurata. A un primo sguardo, alcune persone con autismo possono sembrare con un ritardio
mentale, un disordine del comportamento, con problemi di udito, o anche con un comportamento
strano ed eccentrico. A complicare ulteriormente i problemi, queste condizioni, possono convivere
con l'autismo. Comunque, è importante distinguere l'ìautismo dalle altre condizioni, poichè una
diagnosi accurata e una precoce identificazione possono costituire le basi per costruire un
appropriato ed efficace programma educativo e di trattamento. Qualche volta professionisti che non
conoscono i bisogni e le opportunità per un intervento precoce nell'autismo non effettuano una
diagnosi di autismo anche se questa è appropriata. Questa esitazione può essere dovuta a un
desiderio di risparmiare la famiglia. Purtroppo questo può condurre anche al fallimento di fornire
appropriati servizi al bambino.
79
NAVIGANDO TRA I PROGETTI EDUCATIVI E I
TRATTAMENTI!

Sito del “NIMH”

Sito della “National Autistic Society”
SITO DEL “NIMH”
Gli approcci che favoriscono lo sviluppo
Gli specialisti hanno scoperto che molti bambini autistici imparano meglio se inseriti in un ambiente
costruito intorno alle loro abilità ed ai loro interessi, ed al tentativo di soddisfare i loro bisogni
particolari. I programmi che utilizzano un approccio che favorisce lo sviluppo, forniscono consistenza
e strutture insieme ad appropriati livelli di stimolazione. Per esempio, un programma giornaliero
strutturato di attività, aiuta i bambini autistici a pianificare e organizzare le loro esperienze. L’usare
un’area diversa della classe per ogni attività aiuta gli studenti a conoscere cosa faranno. Per quelli
con problemi sensori, possono essere di speciale aiuto le attività che sensibilizzano o desensibilizzano, il bambino da certi tipi di stimolazione.
In una classe dell’asilo, una sessione tipica inizia con l’attività fisica che aiuta a sviluppare
l’equilibrio, la coordinazione e la coscienza corporea. I bambini infilano le perline, compongono
puzzles, dipingono e partecipano ad altre attività strutturate. Nel momento della merenda,
l’insegnante incoraggia l’interazione sociale e mostra come usare il linguaggio per chiedere altro
succo di frutta. Successivamente, l’insegnante stimola il gioco creativo spingendo i bambini a far
finta di essere un treno. Come in ogni classe, i bambini imparano facendo.
Sebbene i bambini ad alto funzionamento possano essere capaci di cavarsela con il lavoro scolastico,
a volte hanno bisogno di aiuto nell’organizzare gli obiettivi e nell’evitare distrazioni. Ad uno studente
autistico possono essere assegnati gli stessi problemi dei suoi compagni di scuola. Ma invece di
assegnargli lo studio di molte pagine del libro di testo, l’insegnante dovrebbe assegnargli una pagina
alla volta, o fare una lista di obiettivi specifici, facile da controllare quando ognuno di questi viene
eseguito.
Gli approcci comportamentali
Quando le persone sono ricompensate per un certo comportamento, è probabile che ripetano o
continuino quello specifico comportamento. Gli approcci comportamentali dell’istruzione, sono basati
su questo principio. Se i bambini autistici sono premiati ogni volta che provano a compiere una
nuova abilità, è probabile che mettano in atto lo stesso comportamento più spesso. Con pratica
sufficiente possono infine acquisire la nuova abilità. Per esempio, un bimbo ricompensato ogni volta
che guarda il terapeuta può infine imparare gradualmente ad effettuare, di sua volontà, lo sguardo
diretto.
Il dottor O. Ivar Lovaas usò per primo, più di 25 anni fa, i metodi comportamentali con i bambini
autistici. Il suo metodo coinvolge sequenze ripetitive ad alta intensità di tempo, fortemente
strutturate, nelle quali ad un bambino è dato un comando ed un premio ogni volta che risponde
correttamente. Per esempio, nell’insegnare ad un bimbo come sedersi, il terapeuta può posizionarlo
di fronte ad una sedia e dirgli di sedersi. Se il bambino non risponde il terapeuta lo mette sulla
80
sedia. Una volta seduto, il bambino viene in qualche modo premiato. Un premio può essere un
pezzetto di cioccolata, un sorso di succo di frutta, un abbraccio, o un applauso, qualunque cosa
piaccia al bambino. Il processo viene ripetuto molte volte per un periodo di due ore. Infine il
bambino inizia a rispondere senza essere posizionato sulla sedia e siede per periodi di tempo più
lunghi. Imparare a sedersi e a seguire le indicazioni ricevute fornisce al bambino un fondamento per
imparare comportamenti più complessi. Usando quest’approccio fino a 40 ore a settimana, alcuni
bambini possono arrivare fino al punto di comportarsi quasi normalmente. Altri forniscono molte
meno risposte a questo tipo di trattamento.
Alcuni ricercatori e terapeuti credono che trattamenti meno intensivi, particolarmente quelli iniziati
precocemente nella vita del bambino, possono essere più efficienti ed efficaci. Così, con il passare
degli anni, i ricercatori sponsorizzati dall’NIMH e da altre agenzie, hanno continuato a studiare e
modificare l’approccio comportamentale. Oggi alcuni di questi programmi di trattamento
comportamentale, sono molto individualizzati e costruiti attorno agli interessi e alle capacità propri
del bambino. Molti programmi coinvolgono nell’insegnamento i genitori o altri bambini non autistici.
Le istruzioni non sono più limitate ad un ambiente controllato, ma prendono posto nei settings
naturali, giornalieri. Così una uscita al supermarket può diventare un’opportunità per praticare l’uso
di parole inerenti le dimensioni e le forme. Sebbene il rinforzo del comportamento sia ancora un
elemento chiave, i premi dati sono appropriati alle situazioni. Un bambino che attua lo sguardo
diretto può venir ricompensato con un sorriso, piuttosto che con una caramella. L’NIHM sta cercando
diversi approcci di trattamenti comportamentali per aiutare a determinare il miglior tempo per
iniziare il trattamento, l’ottimizzazione della durata e dell’intensità di questo, e il metodo di ricerca
più efficace per approcciare sia i bambini ad alto, che quelli a basso, funzionamento.
Gli approcci non standardizzati
Nel tentare di fare ogni cosa possibile per aiutare i loro bambini, molti genitori, sono veloci nel
provare nuovi trattamenti. Alcuni di questi sono sviluppati da terapeuti attendibili e altri da genitori
di bambini autistici, ma quando sottoposti a tests scientifici non viene provato siano di alcuna utilità.
Prima di spendere tempo e denaro e magari anche ritardare i progressi del bambino, la famiglia
dovrebbe parlare con esperti e valutare i risultati con critici obiettivi.
Di seguito ci sono alcuni degli approcci che non si sono dimostrati utili, nel trattare la maggioranza
dei bambini autistici:
 Comunicazione facilitata, presume che fornire supporto alle braccia e alle
dita dei bambini non verbali, affinché scrivano usando una tastiera, renda loro
in grado di esprimere i pensieri più interiori. Molti studi scientifici hanno
dimostrato che i messaggi stampati riflettevano, in verità, i pensieri delle
persone che provvedevano al supporto del bambino.
 Terapia dell’abbraccio,13 nella quale i genitori abbracciano il bambino per
lunghi periodi di tempo, anche se egli oppone resistenza. Coloro che usano
questa tecnica affermano che in questo modo si crea un legame fra il genitore
ed il bambino. Alcuni rivendicano il fatto che questa terapia aiuta a stimolare
certe parti del cervello in quanto il bambino percepisce i limiti del proprio
corpo. Questi presupposti non hanno però alcuna conferma scientifica.
13
Holding Therapy
81
 Istruzione dell’Integrazione Uditiva, con la quale il bambino ascolta una
gran varietà di suoni con l’obiettivo di aumentare la comprensione linguistica.
I sostenitori di questo metodo sostengono che aiuta le persone autistiche a
ricevere, dall’ambiente, imput sensori più bilanciati. Quando testato usando
procedure scientifiche, questo metodo non si è dimostrato più valido
dell’ascoltare musica.
 Metodo Doman/Delicato, nel quale le persone vengono messe nella
condizione di camminare a quattro zampe e di muoversi, come avevano fatto
negli stadi del primo sviluppo, nel tentativo di imparare ora le abilità
mancanti. Anche questa volta non esistono prove scientifiche della validità del
metodo.
E’ di importanza cruciale che i genitori, prima di inserire il bambino in un qualunque programma di
trattamento, ottengano, su questo, informazioni affidabili e obiettive. I programmi che non sono
basati su principi validamente fondati e che non sono testati attraverso solide ricerche, possono fare
più male che bene. Possono rendere il bambino ancor più frustrato e causare alla famiglia perdita di
denaro, tempo e speranza.
Scegliere un programma di trattamento
I genitori sono spesso delusi dall’apprendere che non esiste un miglior metodo di trattamento in
assoluto per i bambini autistici e, probabilmente neanche per un singolo bambino.
Anche dopo che un bambino è stato sottoposto a tests e diagnosticato, non esiste un solo corso
d’azione chiaro, “giusto”. Il team diagnostico può suggerire metodi di trattamento e fornitori di
servizi, ma in ultima analisi, sono i genitori che devono considerare i bisogni unici del bambino,
valutare le diverse opzioni e decidere.
I genitori devono soprattutto considerare le loro sensazioni su ciò che funzionerà con il loro bambino.
Tenendo in mente che l’autismo assume molte forme, i genitori hanno bisogno di considerare se un
programma specifico ha aiutato bambini che assomigliano al loro.
Alla fine di questo pamphlet c’è una lista di libri e di associazioni che forniscono informazioni più
dettagliate sulle risorse e su ogni tipo di terapia.
82
ESPLORARE LE OPZIONI DI TRATTAMENTO
Forse i genitori possono trovare di una qualche utilità queste domande nel momento in cui
considerano i diversi programmi di trattamento:
 Quale successo ha avuto questo programma con gli altri bambini?
 Quanti bambini hanno poi trovato posto in una scuola regolare e come si
sono inseriti?
 I membri dello staff sono stati istruiti e hanno accumulato esperienza nel
lavorare con bambini ed adolescenti autistici?
 Come sono organizzate e pianificate le attività?
 Ci sono routine e programmi giornalieri strutturati?
 Quante attenzioni individuali riceverà il bambino?
 Come sono misurati i progressi? Il comportamento del bambino sarà
osservato e annotato scrupolosamente?
 L’ambiente è strutturato per minimizzare le distrazioni?
 Questo programma mi preparerà a continuare la terapia a casa?
 Qual è il costo, la richiesta di tempo e la localizzazione del programma?
Quali terapie farmacologiche sono disponibili?
Nessun farmaco può correggere le strutture cerebrali e le compromissioni delle connessioni nervose
che sembrano sottostare all’autismo. Gli scienziati hanno scoperto però che le medicine sviluppate
per trattare altri disturbi con sintomi simili, possono qualche volta, avere effetti positivi nel trattare i
sintomi e i comportamenti che rendono difficile il funzionamento delle persone autistiche negli
ambienti di casa, scuola o lavoro. E’ importante notare che nessuna delle medicine descritte in
questa sezione è stata approvata per la cura dell’autismo, dal Food and Drug Administration (FDA).
L’FDA è l’agenzia federale americana che autorizza l’uso delle medicine per i disturbi specifici.
I farmaci usati per diminuire l’ansia e la depressione sono stati esplorati come mezzo per dare
sollievo a certi sintomi dell’autismo. Queste medicine includono: fluoxetine (Prozac), fluvoxamine
(Luvox), sertraline (Zoloft) e clomiparine (Anafranil). Alcuni scienziati credono che l’autismo e questi
disturbi, possano condividere un problema nella funzione del neurotrasmettitore della serotonina,
che queste medicine, apparentemente aiutano.
Uno studio ha evidenziato che circa il 60% dei pazienti autistici che hanno usato fluoxetine diventa
meno turbato ed aggressivo, più calmo e meglio capace di fronteggiare i mutamenti nelle routine o
nell’ambiente. La fenfluramine, un altro farmaco che influisce sui livelli della serotonina, non ha
invece dimostrato di essere di alcuna utilità.
83
Le persone con problemi di ansietà, chiamati disturbo ossessivo-compulsivo (OCD)14, come gli
individui autistici, sono ossessionate da azioni ripetitive che non possono controllare. Basandosi
sulle premesse che i due disturbi possono essere correlati, una ricerca del NIMH ha trovato che la
clomipramine, una medicina usata per aiutare l’OCD, appare efficace nel ridurre il comportamento
ossessivo e ripetitivo in alcune persone autistiche. I bambini autistici sottoposti a queste medicine
sembrano anche meno chiusi in se stessi, inquieti ed ansiosi. E’ però necessario svolgere altre
ricerche per avere conferme ulteriori ai risultati di questo studio.
Alcuni bambini autistici sono iperattivi, hanno una attività convulsa, come quella vista nelle persone
con disturbo della attenzione e della iperattività (ADHD) 15 . Da quando medicine stimolanti come il
Ritalin, sono utili nel trattamento di persone con ADHD, i medici hanno provato a ridurre nello stesso
modo l’iperattività degli autistici. Questa medicina pare più efficace se data ai bambini ad alto
funzionamento che non hanno crisi epilettiche od altri problemi neurologici.
Dato che molti bambini autistici hanno disturbi sensori, e spesso paiono indifferenti al dolore, gli
scienziati stanno cercando di trovare medicine che aumentano o diminuiscono la trasmissione delle
sensazioni fisiche. Le endorfine sono degli antidolorifici naturali prodotti dal corpo. Ma in certe
persone autistiche sembra che esse funzionino troppo. Gli scienziati stanno così esplorando possibili
sostanze in grado di bloccare gli effetti delle endorfine, per vedere se possono stabilizzare il senso
del tatto su sensazioni più normali. Queste medicine possono aiutare i bambini autistici che vivono
sensazioni troppo deboli. Nel momento in cui sono in grado di provare dolore è più difficile che essi si
mordano, sbattano la testa, o si facciano del male in altri modi.
Sono state usate anche chlorpromazine, theridazine e haloperidol. Sebbene questi farmaci siano
solitamente usati per il trattamento di adulti con gravi problemi psichiatrici, alle volte possono dare
alle persone autistiche temporanee riduzioni dell’agitazione, dell’aggressione e dei comportamenti
ripetitivi. Dato che, comunque, i tranquillanti sono medicine potenti che possono produrre effetti
collaterali seri e talvolta permanenti, dovrebbero essere prescritti ed usati con estrema precauzione.
La vitamina B6, presa con il magnesio, è stata provata efficace nello stimolare l’attività cerebrale.
Visto che la vitamina B6 gioca un ruolo importante nei creare gli enzimi necessari al cervello, alcuni
esperti pensano che dosi massicce possano favorire intensamente l’attività cerebrale delle persone
autistiche. Gli studi effettuati fino ad ora non sono però giunti a nessuna conclusione definitiva: sono
necessarie ricerche ulteriori.
Come le medicine, anche le vitamine, modificano l’equilibrio chimico del corpo e possono causare
effetti collaterali indesiderati. Per questa ragione dosi massicce di vitamine possono essere date solo
sotto la stretta supervisione di un medico. Ciò vale per tutte le vitamine e tutte le medicine.
Quali sono le opzioni educative?
La legge chiamata Individuals with Disabilities Educational Act del 1990 (U.S.A.) garantisce
educazione pubblica gratuita ed appropriata, a tutti i bambini con diagnosi di deficit
dell’apprendimento diagnosticati. La versione del 1991 di questa legge estende gli stessi servizi ai
bambini dell’asilo che hanno ritardi dello sviluppo. Con il risultato che le scuole pubbliche devono
fornire servizi ai bambini con handicapp anche di 3-5 anni. Data l’importanza dell’intervento precoce
alcuni Stati offrono anche servizi speciali dalla nascita ai tre anni.
14
Obsessive-compulsive disorder
15
Attention Deficit Hyperactivity Disorder
84
La scuola è anche responsabile del fornire qualunque servizio sia necessario per permettere al
bambino di andare a scuola e di imparare. Servizi di questo tipo possono includere il trasporto, la
terapia per il linguaggio, la terapia occupazionale, e ogni attrezzatura speciale. I Parent Training
Information Centers, strutturati federalmente, e le Protection and Advocacy Agencies, possono
fornire, in ogni stato, informazioni sui diritti delle famiglie e del bambino.
Secondo la legge, le scuole pubbliche devono anche preparare i bambini e aiutarli a portare a
termine gruppi specifici di apprendimento strutturati secondo programmi personali che espongono le
abilità specifiche che verranno insegnate al bambino. La lista delle abilità crea ciò che viene
conosciuto come un “IEP”, ovvero il Programma Educativo Individuale16 del bambino. Lo IEP funge
da accordo, sugli obiettivi educativi, fra la famiglia e la scuola. I genitori svolgono un ruolo di
fondamentale importanza nel creare questo piano, dato che sono coloro che meglio conoscono il
bambino. Essi dunque lavorano in stretta collaborazione con lo staff della scuola per identificare
quali sono le abilità di cui il bambino ha più bisogno.
Nel pianificare lo IEP, è importante indirizzarsi su quelle conquiste che saranno importanti per lo
sviluppo del bambino e per il suo stare bene. Per ogni abilità i genitori e gli insegnanti devono
considerare queste domande: è un’abilità di importanza cruciale nella vita? Cosa succederà se il
bambino non sarà istruito ad essere in grado di far ciò da solo?
Tali domande rendono i genitori e gli insegnanti liberi di considerare diverse alternative di istruzione.
Dopo diversi anni di eroici ed inutili sforzi per insegnare ad Alan ad allacciarsi le stringhe delle
scarpe, i suoi genitori ed insegnanti hanno deciso che Alan poteva semplicemente indossare le
scarpe da tennis con il velcro: hanno così tolto questa abilità dallo IEP di Alan.
Dopo che Alan ha inutilmente lottato per memorizzare le tabelline, hanno deciso di insegnargli ad
usare la calcolatrice.
I successi di un bambino a scuola non vanno misurati su standard basati sul diventare i migliori nel
campo dell’algebra o sul completamento delle scuole superiori. I progressi devono piuttosto essere
misurati per ciò che sono i potenziali unici del bambino, nella cura del sé e nell’autosufficienza come
adulto.
16
Individualized Educational Programme
85
ADOLESCENZA
Per tutti i bambini l’adolescenza è un periodo di stress e confusione. Non è nulla di meno per i
bambini autistici. Come tutti i bambini, necessitano di aiuto per avere contatto con lo sbocciare
della loro sessualità. Mentre certi comportamenti migliorano nel periodo dell’adolescenza, altri
peggiorano. L’aumento di un comportamento autistico od aggressivo può essere, nei teenagers,
un modo per esprimere le tensioni e le confusioni nuove.
Il periodo dell’adolescenza è anche un momento i cui i bambini diventano più sensibili e coscienti
socialmente. Nel periodo in cui molti teenagers sono preoccupati dell’acne, della popolarità, dei
voti, degli appuntamenti, i ragazzi autistici possono diventare dolorosamente coscienti del loro
essere diversi dai compagni. Possono notare la loro mancanza di amici. E diversamente dai loro
compagni di scuola non hanno appuntamenti o piani inerenti la loro carriera. Per alcuni la
tristezza che accompagna tale presa di coscienza è una spinta ad imparare nuovi comportamenti.
Sean Barron, che ha scritto la sua esperienza di autismo in un libro “There’s a boy in here” , ha
descritto proprio come il dolore provato nel sentirsi diverso l’abbia motivato ad acquisire più
abilità sociali normali.
L’autismo può scomparire con l’età?
Attualmente non esistono cure per guarire l’autismo. Non è nemmeno possibile che i bambini
superino l’autismo crescendo. Ma la capacità di imparare e sviluppare nuove abilità è insita in ogni
bambino.
Con il tempo i bambini autistici maturano ed emergono nuovi punti di forza. Molti bambini autistici
sembrano attraversare impeti nuovi nello sviluppo, fra i 5 ed i 13 anni. Alcuni iniziano a parlare
spontaneamente -sebbene ripetitivamente- attorno ai 5 anni o dopo. Altri, come Paul, diventano più
socievoli, o come Alan, più propensi ad imparare. Fuori tempo, e con aiuto, questi bambini possono
imparare a giocare con i giocattoli in modo appropriato, a vivere socialmente, a tollerare
cambiamenti lievi nelle loro routines. Alcuni bambini inseriti in programmi di trattamento, perdono
molti dei sintomi che li rendono più disabili, tanto da funzionare poi piuttosto bene in una classe
normale. Alcuni bambini autistici compiono passi in avanti davvero enormi. Di certo, quelli con
intelligenza normale, o quasi normale, e quelli che sviluppano il linguaggio, tendono ad ottenere
risposte migliori. Ma anche i bambini che iniziano con minori basi possono ottenere progressi
davvero notevoli. Per esempio, un bambino dopo 9 anni in un programma che coinvolgeva i genitori
e i terapeuti, avanzò da un Q.I. di 70 ad uno di 100 e iniziò a frequentare le classi di una scuola
regolare.
Mentre è naturale per i genitori sperare che il loro bambino diventi “normale”, essi dovrebbero
inorgoglirsi di qualunque passo in avanti lui faccia. Molti genitori, guardando indietro negli anni,
scoprono poi che il loro bambino è migliorato ben al di là delle loro iniziali aspettative.
Gli individui autistici adulti possono vivere autonomamente?
La maggior parte degli adulti autistici necessita di istruzione per tutta la vita, di supervisione, e di
rinforzo delle abilità. La responsabilità delle scuole pubbliche nel fornire questi servizi finisce con il
superamento dell’età scolastica. Quando il bambino diventa un giovane adulto, la famiglia è
86
costretta a fare i conti con la creazione di un piano basato sull’ambiente famigliare o con la selezione
di un programma che può offrire servizi appropriati.
In alcuni casi, gli adulti autistici possono continuare a vivere a casa, fornendo loro qualcuno che
possa controllare, a tempo pieno, la situazione. Anche molte facilitazioni abitative di tipo diverso,
forniscono supervisione nell’arco dell’intera giornata. Diversamente dalle vecchie istituzioni, quelle
odierne vedono i residenti come persone con bisogni umani ed offrono opportunità per il
divertimento e lavori semplici ma significativi. Ciò nonostante, alcune istituzioni sono lontane dalla
comunità sociale, e separano le persone autistiche dal resto del mondo.
Oggi, alcune città stanno esplorando modi nuovi per aiutare le persone autistiche a mantenere lavori
significanti e a vivere e lavorare entro comunità più ampie. Programmi innovativi per il supporto
delle persone adulte autistiche rendono esse capaci di vivere e lavorare nelle società normali,
piuttosto che in ambienti segregati.
Attraverso l’insegnamento e il rinforzo delle abilità utili al lavoro e dei comportamenti sociali positivi,
questi programmi aiutano le persone a tirare fuori le loro potenzialità. Il lavoro, sempre con uno
scopo, è basato sui punti di forza e sulle capacità del soggetto. Per esempio, persone autistiche con
buona coordinazione occhio-mano, che fanno spesso complesse azioni ripetitive, sono
particolarmente brave nei target dell’assemblaggio e industriali. Un lavoratore con Q.I. basso e
poche abilità linguistiche potrebbe essere istruito per lavorare in un ristorante, per dividere le posate
e per arrotolare i tovagliolini. Gli adulti con alti livelli di abilità possono essere istruiti per assemblare
apparecchiature elettroniche o per fare lavori d’ufficio.
I partecipanti a tali programmi, basati sulle loro capacità ed i loro interessi, trovano una posizione
nelle compagnie legate all’editoria, al commercio, all’amministrazione, alla produzione e altro
ancora. Una volta che sono stati attentamente istruiti per un obiettivo, sono messi a lavorare di
fianco allo staff regolare. Come gli altri impiegati, sono pagati per il loro lavoro, ricevono gli incentivi
lavorativi, e sono inclusi negli avvenimenti che coinvolgono il personale della società, come i picnic
della compagnia o i party per i pensionandi. Le compagnie che noleggiano persone attraverso tali
programmi trovano che esse siano impiegati affidabili. I datori di lavoro sostengono inoltre che i
comportamenti autistici, le abilità sociali limitate, e addirittura anche qualche attacco di collera o di
aggressività, non abbiano troppa influenza sull’abilità lavorativa di questi impiegati.
Come ogni altro lavoratore, i partecipanti a questi programmi vivono in case ed appartamenti entro
la comunità. Sotto la direzione di un organizzatore residente, ogni abitante condivide il più possibile
gli impegni come la pianificazione dei pasti, la spesa, la cucina e la pulizia. Durante il tempo libero
vanno al cinema, fanno picnic, e mangiano al ristorante. Quando sono pronti vengono insegnate loro
abilità che possano renderli ancor più indipendenti. Gli organizzatori del lavoro e dell’abitazione, che
fungono da collegamenti fra i partecipanti ai programmi e la comunità, sono le chiavi importanti di
questi programmi. Di solito sono affidati loro pochi adulti autistici, circa due per ogni organizzatore.
L’organizzatore della parte lavorativa mostra le mansioni del lavoro all’impiegato, ne osserva i
comportamenti e prende atto regolarmente delle buone performance ottenute. Serve anche come
ponte fra i lavoratori autistici e i loro colleghi. Per esempio, l’organizzatore interviene se un
lavoratore perde il controllo o vive un qualsiasi problema sul lavoro. Egli fornisce anche brevi corsi di
istruzione su abilità sociali specifiche, come il salutare i compagni di lavoro. A casa l’organizzatore
rinforza i comportamenti sociali e di auto-aiuto e trova i modi per aiutare le persone ad organizzare
il loro tempo e le loro responsabilità.
87
Attualmente, circa un terzo delle persone autistiche può vivere e lavorare nella comunità, con diversi
gradi di indipendenza. Come indica una ricerca scientifica, con terapie valide e nuovi programmi per
le comunità, in grado di fornire supporto appropriato, questo numero, secondo le aspettative, è
destinato a salire.
Come le famiglie possono imparare ad affrontare la situazione?
L’obiettivo di crescere un bambino autistico è fra le cose più impegnative e stressanti che una
famiglia si trova ad affrontare. Gli attacchi di urla e le crisi di collera del bambino possono rendere
chiunque davvero nervoso. Dato che il bambino richiede attenzione quasi costante, i fratelli e le
sorelle si sentono spesso ignorati o gelosi. I bambini più piccoli possono aver bisogno di essere
rassicurati sul fatto che loro non diventeranno autistici o che crescendo non diventeranno come i loro
fratelli. I bambini più grandi possono essere preoccupati per la prospettiva di avere, a loro volta, un
figlio autistico. Le tensioni possono stravolgere un matrimonio.
Anche se gli amici ed i parenti possono offrire supporto, non riescono comunque a capire le difficoltà
del crescere un bambino autistico. Possono criticare i genitori che lasciano che il bambino si perda in
certi comportamenti ed affermare come loro gestirebbero invece la situazione. Alcuni genitori di
bambini autistici sono gelosi dei bambini dei loro amici. Ciò può far sì che essi si allontanino dalle
persone che, una volta, offrivano loro sostegno.
Le famiglie possono anche sentirsi a disagio portando il bambino in certi luoghi pubblici. I bambini
che hanno crisi di collera, che camminano sulla punta dei piedi, che sbattono le mani o che si
intrufolano sotto i tavoli dei ristoranti per giocare con i calzini altrui, possono essere davvero molto
imbarazzanti. La madre di Janie si è scoperta felice una volta che, dopo aver spiegato alla gente che
la sua bambina era autistica, tutti si sono mostrati più accondiscendenti. La madre di Paul ha
imparato a ricordare a se stessa: “Questo è un posto pubblico. Abbiamo il diritto di stare qui.”
Molti genitori si possono sentire profondamente delusi dal fatto che il loro bambino non si comporti
mai normalmente o mai superi quelle che sono le tappe fondamentali della vita. I genitori possono
essere profondamente addolorati per il fatto che il loro bambino non imparerà mai a giocare a
baseball, a prendere il diploma, a sposarsi ed avere figli. La maggior parte dei genitori arrivano
comunque ad accettare questi sentimenti e ad attivarsi per aiutare i loro bambini ad ottenere ciò che
sono in condizione di conquistare. I genitori iniziano poi a trovare gioia e piacere nel loro bambino,
malgrado le limitazioni.
Gruppi di supporto
Molti genitori trovano che i loro più stretti alleati sono coloro che affrontano le stesse preoccupazioni.
I genitori di bambini autistici tendono a formare comunità di mutuo aiuto e supporto. Non
acquisiscono solo incoraggiamento ed ispirazioni dalle storie delle altre famiglie, ma anche consigli
pratici, informazioni sulle ultime ricerche ed indicazioni per usufruire di servizi comunitari e
personale qualificato. Attraverso conversazioni con persone che hanno esperienze simili, le famiglie
che hanno bambini autistici si rendono conto di non essere sole.
La Autism Society of America, elencata alla fine di questo pamphlet, ha organizzato gruppi di
supporto per genitori in comunità sparse lungo tutto il paese. In tali gruppi, i genitori condividono
supporto emotivo, affermazioni, e suggerimenti per risolvere problemi. La sua newsletter, la
Advocate, è piena di informazioni sia pratiche che mediche.
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STRATEGIE PER AFFRONTARE MEGLIO LA SITUAZIONE
I seguenti suggerimenti sono basati sulle esperienze delle famiglie che hanno a che fare con
l’autismo, e sugli studi sponsorizzati dall’NIMH sulle strategie più efficaci per superare lo stress.

Lavorare come una famiglia. Nei momenti di stress, i membri delle famiglie tendono a
far emergere le frustrazioni l’un contro l’altro, quando invece necessitano maggiormente di
supporto reciproco. Malgrado le difficoltà del trovare chi possa prendersi cura del bambino,
le coppie pensano che prendersi delle pause, senza i figli, aiuti loro a rinnovare il legame.
Anche gli altri bambini hanno bisogno di attenzioni e devono poter esprimere la loro
opinione sulle soluzioni ai problemi.

Mantenere alto l’umore. I genitori trovano che l’abilità di ridere e dire:” Non crederai mai
a ciò che il bambino ha fatto ora!” aiuti a mantenere un salutare senso delle prospettive.

Notare i progressi. Quando sembra che tutto l’aiuto, l’amore, e il supporto vadano non si
sa bene dove, è importante ricordare che nel lungo periodo, è stato fatto un progresso
reale. Le famiglie sono più abili nel mantenere viva la speranza, se celebrano i piccoli segni
di crescita e i cambiamenti che vedono.

Agire. Molti genitori guadagnano forza lavorando con gli altri per il beneficio di tutti i
bambini autistici. Lavorare per guadagnare risorse aggiuntive, programmi comuni, o servizi
scolastici, aiuta i genitori a vedere se stessi come contributo importante nello stare bene
degli altri, così come del proprio bambino.

Pianificare. Naturalmente, molti genitori vogliono essere certi che, quando moriranno, i
loro discendenti saranno protetti e riceveranno attenzioni. Avere un piano aiuta a
risollevarsi da alcune preoccupazioni. Alcuni genitori realizzano un contratto con un tutore
che è d’accordo nel seguire gli interessi della persona autistica, come ricordarsi dei
compleanni e stabilire le cure.
Quale speranza offre la ricerca?
La ricerca continua a rivelare come il cervello, il centro di controllo per il pensiero, il linguaggio, i
sentimenti ed i comportamenti, espleti la sua funzione. Il National Institute of Mental Health (NIMH)
finanzia scienziati in diversi centri della nazione, che stanno esplorando come il cervello si sviluppa,
trasmette i suoi segnali, integra gli imput che provengono dai diversi sensi, e traduce tutto questo in
pensieri e comportamento. Nel riconoscere i maggiori successi della ricerca, il President e il Congress
hanno ufficialmente designato gli anni ‘90 come “Decade del cervello”.
Ci sono nuove iniziative di ricerca del NIH sponsorizzate dal NIMH, NICHD, NINDS, e dal NIDCD. Il
risultato, oggi come mai in passato, è che gli scienziati delle diverse discipline stanno unendo le
forze per svelare i misteri del cervello. Le prospettive guadagnate dalla ricerca negli aspetti genetici,
biochimici, fisiologici e psicologici dell’autismo, possono fornire un quadro più completo di questo
disturbo.
Ogni giorno, i ricercatori del NIH, imparano qualcosa di nuovo su come si sviluppa normalmente il
cervello e su cosa può andar storto in questo processo. Per esempio, gli scienziati hanno già scoperto
89
che i risultati clinici suggeriscono che, nell’autismo, ad un certo punto, prima della trentesima
settimana di gravidanza, lo sviluppo del cervello rallenta.
Gli scienziati hanno ora anche i mezzi e le tecniche che permettono di esaminare il cervello in modi
che erano impensati solo fino a pochi anni fa. Le nuove tecniche di immagine che mostrano il
cervello vivente in azione, permettono agli scienziati di osservare con sorprendente chiarezza come
il cervello cambia quando un individuo attua operazioni mentali, si muove o parla. Queste tecniche
aprono finestre sul cervello, permettendo agli scienziati di imparare quali regioni cerebrali sono
occupate in una particolare operazione.
Recenti avanzamenti nella ricerca, stanno inoltre permettendo l’esplorazione di nuovi campi di
ricerca sulle regole dell’ereditarietà nell’autismo. Usando metodi statistici sofisticati, insieme alle
tecniche della divisione del gene, che permette di manipolare pezzi microscopici di codice genetico, i
ricercatori del NIH e di altre istituzioni, stanno cercando geni anormali che possono essere coinvolti
nell’autismo. L’abilità di identificare i geni irregolari –o i fattori che rendono un gene instabilepossono portare a diagnosi precoci. Allo stesso tempo, gli scienziati stanno lavorando per
determinare se c’è un collegamento genetico fra l’autismo e gli altri disturbi cerebrali, comunemente
associati con esso, come il Disturbo di Tourette e la Tuberous Sclerosis. Nuove comprensioni della
trasmissione genetica di questi disturbi, insieme a nuove conoscenze dello sviluppo cerebrale
normale e non, potranno fornire importanti indicazioni sulle cause dell’autismo.
Una chiave per sviluppare la comprensione del cervello umano, è la ricerca sugli animali. Come gli
uomini, i primati (scimpanzè, scimmie ecc.) hanno emozioni, forme di attaccamento e sviluppano alti
livelli dei processi del pensiero. Per questa ragione, gli studi sulle loro funzioni cerebrali e sul
comportamento portano luci sullo sviluppo umano. Gli studi sugli animali hanno provato con certezza
che le distruzioni del cervello in sviluppo, hanno influenza sul comportamento, sulla percezione
sensoria e sullo sviluppo mentale, e quindi hanno permesso una miglior comprensione dell’autismo.
In ultima analisi, i risultati dei programmi di ricerca estensiva dell’NIMH possono tradursi in una vita
migliore per le persone autistiche. Man mano che ci avviciniamo alla comprensione del
funzionamento del cervello, ci avviciniamo anche al giorno in cui saremo in grado di fornire una
diagnosi precisa al bambino piccolissimo e di offrirgli un trattamento efficace e precoce. I dati
accumulati riguardati la chimica cerebrale coinvolta nell’autismo, ci avvicinano alla produzione di
farmaci che riducono o ribaltano gli squilibri chimici.
Un giorno potremmo addirittura prevenire il disturbo. Forse i ricercatori impareranno ad identificare i
bambini a rischio di autismo alla nascita, permettendo ai medici, di fornire terapie preventive
addirittura prima che si sviluppino i sintomi. O, forse, appena gli scienziati impareranno di più sulla
trasmissione genetica dell’autismo, potranno essere capaci di sostituire ogni gene difettoso
addirittura prima che il bambino nasca.
Quali sono le fonti di informazione e di supporto?
I genitori trovano spesso che i films e i libri sull’autismo che hanno un finale felice, li entusiasmano,
ma, parallelamente, fanno aumentare le false speranze. In queste storie, l’approccio da romanzo dei
genitori funziona immediatamente, oppure il bambino supera semplicemente i propri comportamenti
autistici. Ma, in verità, non ci sono cure per l’autismo e crescere richiede tempo e pazienza. I genitori
dovrebbero cercare pratiche e realistiche fonti di informazione, particolarmente quelle basate su
attente ricerche.
90
In modo simile, certe fonti di informazione sono più affidabili di altre. Certe riviste popolari e certi
giornali sono veloci nel riportare nuove “cure miracolose” prima che esse siano state
approfonditamente studiate. Materiali scientifici e professionali, come quelli pubblicati dalla Autism
Society of America, e altre organizzazioni che valutano attentamente le diverse ricerche, forniscono
informazioni attuali basate su dati ben documentati e su ricerche cliniche attentamente controllate.
91
SITO DELLA “NATIONAL AUTISTIC SOCIETY”
Quale è la prognosi?
L'autismo non è curabile ma è trattabile specialmente se è diagnosticato precocemente.
Il processo educativo
I bambini con autismo hanno bisogni educativi molto diversi, e perciò sono necessarie molte
differenti opportunità. Ed è perciò assai importante che le abilità e i bisogni del tuo bambino siano
valutati così come è importante che si decida sui più appropriati programmi educativi. Genitori e
operatori hanno un ruolo importante da giocare in questo processo valutativo e la National Autistic
Society cercherà sempre di consigliare i genitori circa queste procedure. Sulla base di questa
valutazione, possono essere decisi successivamente i percorsi più appropriati per incontrare i bisogni
del tuo bambino; una opportunità può essere di condividere i servizi organizzati per altri bambini che
hanno difficoltà di apprendimento; un'altra può essere una scuola specializzata o un’unità per
bambini con disturbi dello spettro autistico; una terza possibilità potrebbe essere una collocazione
all'interno del sistema educazionale normale con un aiuto aggiuntivo.
Il nodo più importante è di assicurare che i bisogni particolari del tuo bambino siano riconosciuti e
affrontati.
Terapie
A parte i programmi educativi e gestionali una varietà di terapie sono state anche tentate. Alcuni
genitori hanno trovato che una terapia particolare è stata di aiuto, ma, purtoppo nessun singolo
approccio ha avuto successo per tutti. In quanto associazione di genitori cerchiamo di informare e
consigliare tutti i genitori e perciò dobbiamo essere cauti circa le richieste di ogni tipo di trattamento
non valutato. Naturalmente noi sosteniamo la decisione di ogni famiglia che sceglie di provare una
terapia o un metodo particolare e offriamo informazioni su tutti imetodi e trattamenti che sono
conosciuti da noi.
Sebbene gli esponenti dei diversi trattamenti e delle diverse terapie sostengano che esse offrano
risultati a lungo termine, in molti casi non ci sono risultati evidenti per sorreggere tali affermazioni.
Attualmente né la National Autistic Society, né una Local Education Authority si è formalmente
impegnata con un trattamento o una terapia particolari.
I genitori e gli operatori sono dunque incoraggiati ad indagare, fra gli approcci disponibili, e
basandosi sulle proprie necessità, quello più appropriato per ogni individuo.
N.d.C.: Vengono ora riportate le schede informative elaborate dalla National Autistic Society
sottoforma di "Fact Sheet" (Fogli di informazione), sui metodi di intervento.
Si è ritenuto opportuno inserire a questi “Fogli di Informazione”, notizie sul “Metodo
Delacato”, non presente nelle indicazioni della “National Autistic Society”; se ne riporta
l’illustrazione
presentata
nel
sito
“Autismo
e
Psicosi
Infantili”
http://www.alihandicap.org/ali/Altri%20Trattamenti.html#delacato

TEACCH
92

SPELL

TRAINING DELLA INTEGRAZIONE UDITIVA (AIT)

COMUNICAZIONE FACILITATA

POSSIBILE UTILIZZO DEL COMPUTER CON PERSONE AUTISTICHE

TERAPIA DELLA VITA GIORNALIERA

LOVAAS

MUSICOTERAPIA

L’USO DEL SUPPORTO VISIVO
METODO DELACATO
TEACCH
Treatment and
Education of
Autistic and related
Communication handicapped
CHildren
Trattamento ed Educazione dei Bambini Autistici e con disturbi della comunicazione correlati.
La divisione TEACCH cominciò nel 1966 come parte del Dipartimento di Psichiatria della Facoltà di
Medicina dell'Università del North Carolina negli Stati Uniti. Cominciò come un progetto di ricerca in
infanzia per fornire servizi ai bambini con autismo e alle loro famiglie. Nel 1972 l'Assemblea
Generale della North Carolina, emanò una legge che permise alla Divisione TEACCH di diventare il
primo programma diffuso su tutto lo Stato di servizi di comunità per bambini e adulti con autismo o
altri similari disturbi dello sviluppo. Attualmente la Divisione TEACCH fornisce una nutrita serie di
servizi, per un ampio spettro di bambini della prima e della seconda infanzia, adolescenti e le loro
famiglie che includono diagnose e valutazione, programmi di trattamento indivuidualizzato,
educazione specializzata, training professionali, consulenze scolastiche, training e counselling per i
genitori, facilitazioni peri gruppi di genitori, attività del tempo libero. La Divisione TEACCH inoltre
mantiene un attivo programma di ricerca, e fornisce training multidisciplinari per i professionisti che
operano con bambini/adolescenti/adulti con autismo e le loro famiglie.
Lo scopo principale del Programma TEACCH è di aiutare a preparare le persone con autismo a vivere
o lavorare con più possibilità a casa, a scuola e nella comunità. Uno sforzo speciale è condotto al fine
di aiutare le persone con autismo e le loro famiglie a vivere meglio insieme riducando o rimovendo "i
comportamenti autistici".
Il Concetto del TEACCH
I principi e i concetti che indirizzano il sistema del TEACCH possono essere riassunti come:
93

Migliorare l'adattamento: attraverso le due strategie di miglioramento delle
abilità con l'educazione e la modificazione dell'ambiente per ridurre i deficit.

Collaborazione con i genitori: i genitori operano con i professionisti come coterapisti per i loro bambini cosicchè il trattamento può continuate a casa.

Valutazione per il trattamento individualizzato: programmi educativi unitari
sono strutturati per tutti gli individui sulla base di regolari valutazioni delle abilità.

Insegnamento strutturato: si è scoperto che i bambini con autismo beneficiano
di più di un ambiente educativo strutturato piuttosto che da approcci liberi.

Accrescere le abilità: la valutazione identifica abilità in emergenza e lavora
affinchè ci si focalizzi su di queste. (Questo approccio è anche applicato allo staff e
al training dei genitori).

Terapia cognitiva e comportamentale: le procedure educative sono guidate
dalle teorie cognitive e comportamentali supponendo che le difficoltà del
comportamento possano risultare da problemi sottostanti nella percezione e nella
comprensione.

Training generalista: i professionisti nel sistema TEACCH acquistano competenze
generali che portano a comprendere la globalità del bambino e non a specializzarsi
come psicologi, terapisti del liguaggio ecc.
(Estratto da "Approaches to Autism: an annotated list" pubblicato dalla National Autistic Society
1993, rivisto 1997).
N.d.C.: la Divisione TEACCH ha prodotto numerose pubblicazioni, molte delle quali sono già
state tradotte in lingua italiana, comunque le pubblicazioni e un'ampia scelta di
videoregistrazioni sono disponibili presso:
The Health Sciences Consortium
201 Silver Cedar Court,
Chapel Hill, NC 27514, USA.
Tel: + 001-919-942-8731.
94
SPELL
Qual e’ l’approccio dello SPELL?
Durante gli anni passati l’approccio educativo delle scuole e dei centri per adulti della National
Autistic Society, si è concentrato su programmi specifici atti a ridurre gli effetti delle
compromissioni qualitative dell’immaginazione, della comunicazione e delle abilità sociali che
sottostanno l’autismo. Ciò, in aggiunta all’enfasi, generalmente accettata, posta sulla struttura, la
consistenza, la riduzione degli stimoli disturbanti e l’alto livello d'organizzazione.
Nei servizi del National Autistic Society, ogni minuto del giorno è inteso come opportunità
d’apprendimento. Il personale lavora in maniera collaborativa, strutturando l’educazione e avendo
cura della pianificazione, che attraversa tutte le 24 ore del giorno per i bambini inseriti nelle
strutture residenziali.
L’acronimo usato per descrivere quest’approccio è SPELL.
Structure
Positive
Empathetic
Low arousal
Links
L’approccio è formulato per rispondere ai bisogni di continuità ed ordine nella vita del bambino
autistico. Il bambino ha la necessità di essere in grado di programmare gli eventi futuri e il suo
ambiente ha bisogno di essere sufficientemente modificato al fine di ridurre l’ansia.
Si è cercato di superare o ridurre gli effetti disabilitanti dell’autismo fornendo un curriculum ampio e
bilanciato che offre un aiuto speciale nelle aree delle menomazioni.
___________________________________________________________________________
STRUCTURE (STRUTTURA)
La struttura aiuta creando organizzazione e senso in quello che potrebbe essere un mondo davvero
molto confuso. Può aiutare a formare un mondo più sicuro attraverso la rimozione o la riduzione,
degli eventi imprevisti od inaspettati.
___________________________________________________________________________
POSITIVE (ATTITUDINE POSITIVA)
Le attitudini positive e le aspettative appropriate (non così alte da causare ansietà e non così basse
da essere noiose) sono indirizzate a sviluppare l’aver fiducia in sé e l’autostima del bambino.
Stabiliamo programmi educativi che intervengono nell’autismo del bambino indirizzandosi a
massimizzare e a costruire sui suoi punti di forza.
___________________________________________________________________________
EMPATHETIC (EMPATIA)
95
Il vedere il mondo dall’unico punto di vista del bambino e l’indirizzarsi a capire le sue percezioni
richiede empatia e usa l’abilità dell’insegnante per strutturare un programma differenziato che parte
dalla posizione individuale del bambino.
___________________________________________________________________________
LOW AROUSAL (INDUZIONE BASSA)
La classe e l’ambiente di cura devono essere tranquilli e focalizzarsi sul permettere opportunità di
rilassamento e sollievo della tensione. La confusione e la distrazione possono inibire e un setting con
induzione bassa è facile sia quello più rassicurante. Sono usate l’educazione fisica e molte tecniche
di rilassamento per mantenere un’atmosfera ordinata ed armonica.
Il nostro stile è essenzialmente non-competitivo (confrontational) e attraverso ripetizioni guidate gli
studenti sono incoraggiati a provare esperienze nuove e potenzialmente avverse alla propria natura
aumentando così la fiducia in se stessi.
___________________________________________________________________________
LINKS (COLLEGAMENTI)
Il comunicare efficacemente con i genitori, le altre scuole e le agenzie educative, è vitale.
Esaminiamo il National Curriculum e ci poniamo come target il mantenere tutti i collegamenti vitali
con la comunità, con l’obiettivo di massimizzare le opportunità dei bambini per includerli nelle scuole
“comuni”.
Il National Curriculum è spesso denunciato come mezzo inutile per i bambini con disturbi gravi, ma
in una accezione più fantasiosa, addirittura il più etereo dei soggetti può essere modificato ed
adattato per assicurare programmi educativi significativi e piacevoli.
Per esempio, l’arte può essere collegata alla geografia, alle scienze e alla matematica.
I bambini con un interesse per i numeri possono estendere queste abilità ad aree di rilevanza
curricolare e di applicazione pratica a lungo termine. Alcune materie presenti nel National Curriculum
possono essere usate per rispondere direttamente alla triade delle compromissioni. Per esempio, i
bambini con disturbi dello spettro autistico hanno difficoltà con l’ipotizzare ed il predire. Le materie
come scienze possono fornire loro opportunità per esplorare queste aree in modo sicuro ma
comunque confrontativo.
Lo SPELL rende capace l’osservatore che ha svolto il training, di analizzare l’ambiente educativo e di
partecipare alla creazione di un setting favorevole all’apprendimento in un bambino con un disturbo
dello spettro autistico.
Lo SPELL come approccio, è ancora agli stadi iniziali. In quanto tale è continuamente monitorato e
valutato.
La National Autistic Society ha introdotto un nuovo programma di training sotto forma di workshops
delineanti i principi dello SPELL e la loro applicazione pratica quando si lavora con bambini e adulti
con un disturbo dello spettro autistico.
Per informazioni ulteriori contattare la National Autistic Society Training Services Department.
Contatti
Se Vuoi ricevere un consiglio in materia di educazione, contatta:
96
MIKE COLLINS o ROSEMARY SIDDLES
Education Advisors, NAS Services Division,
Church House, Church Rd.
Filton, Bristol, BS34 7BD
Tel. +44 0117 974 8400
Fax. +44 0117 987 2576
Email: [email protected]
Se vuoi richiedere informazioni sui training, contatta:
NAS Training Services Department
4th floor, Castle Heights, 72 Maid Marian Way
Nottingham, NG1 6BJ
Tel. +44 0115 911 3363
Fax. +44 0115 911 3362
Email: [email protected]
97
TRAINING DELLA INTEGRAZIONE UDITIVA (AIT)
Cos’e’ l’AIT?
Il Dottor Guy Berard (ora in pensione) era uno specialista dell’orecchio, del naso e della gola, ad
Annecy, in Francia, che inventò e sviluppò l’apparato dello AIT dimostratosi utile nel trattamento
della iper acusis (o dell’eccessiva sensibilità uditiva).
Il Dott. Berard iniziò a sviluppare questo metodo nei primi anni ’80 quando si rese conto che lui stesso stava
diventando sordo.
Iniziò a concepire l’idea di sviluppare una macchina elettronica capace di porre in esercizio l’intero
apparato uditivo -il timpano, le ossa piccole dell’orecchio, le membrane cocleari ecc. come forma di
terapia fisica, con una modalità in un certo qual senso simile a quella con cui le giunture ed i
muscoli deteriorati possono migliorare attraverso la fisioterapia e gli esercizi appropriati. Questa
tecnica fu usata su molti pazienti del Dott. Berard, alcuni dei quali erano autistici e altri avevano una
vasta gamma di difficoltà uditive. In relazione all’autismo il Dott. Berard pensò che la sensibilità ai
suoni e il conseguente disturbo comportamentale poteva essere il risultato di distorsioni uditive. Il
Dott. Berard affermò che “L’AIT non può essere considerato una cura per l’autismo ma, molte
(persone) beneficiano ampiamente del trattamento” (Berard, 1997).
L’apparato terapeutico consiste in una macchina contenente un consistente numero di elementi
elettronici, includenti una varietà di filtri uditivi, che rendono il suono emesso dalla macchina
modificabile in modo appropriato per ogni singolo individuo, in accordo con la sua sensibilità e le sue
deficienze uditive così come risulta dai test audiometrici. Durante l’uso, il bambino/l’adulto siede di
fronte alla macchina, indossando le cuffie mentre vengono suonati, all’interno della macchina, brani
musicali attentamente selezionati. La macchina filtra e amplifica la musica per quanto è necessario e
invia la musica modificata risultante, ad ogni orecchio, indipendentemente. Il volume è stabilizzato
al livello più alto possibile, prima che causi disagio.
Il Dr. Bernard Rimland (dell’Autism Research Institute americano) è in contatto con molti dei genitori
dei bambini autistici che avevano seguito il programma del Dr. Bernard. Fra questi bambini c’è
Georgiana Manning, che si laureò alla Arizona State University. Sua madre ha scritto un libro su
quest’esperienza (Stehli, 1992).
Le ricerche sull’AIT
Non sono attualmente disponibili grandi quantità di dati inglesi sui quali valutare l’AIT, ma sono
state effettuate due ricerche negli USA e in Australia.
Un progetto pilota iniziale, condotto dal Dott. Rimland e dal Dott. Edelson alla Portland State
University, nel 1990, offrì risultati interessanti, tanto da iniziare un secondo studio, che ha
esaminato diversi temi specifici alla procedura dell’AIT.
Un altro progetto di ricerca portato avanti dal The Autism Research Institute di Sidney (Bettison,
1996) indicò che, sebbene l’AIT portò ad un miglioramento significativo della generale sensibilità al
suono, un programma di ascolto strutturato17 (SL) determina circa lo stesso miglioramento. (Il
programma SL è una versione semplificata della procedura AT che omette l’input fornito dallo
speciale equipaggiamento usato dall’AT).
17
Structured Listening Programme (SL)
98
La Bettison sottolinea comunque che i risultati non provano che l’AIT e l’SL furono le cause effettive
dei miglioramenti dei bambini e nemmeno se gli interventi furono benefici, quali aspetti avevano
avuto un effetto benefico. Conclude che sia l’SL che l’AIT pare aiutino a ridurre la sensibilità uditiva
in molti, se non in tutti, i bambini autistici che sono sensibili al suono.
l’ait nel Regno Unito
L’AIT non è molto disponibile nel Regno Unito, ma sappiamo di alcuni centri che offrono sessioni di
training. Ci sono anche due associazioni americane che hanno stabilito contatti nel Regno Unito allo
scopo di organizzare corsi di training e/o direttamente sessioni di AIT in questo stato. La National
Autistic Society è ovviamente felice di condividere tutte queste informazioni con le persone che sono
interessate all’AIT ma sottolinea che ciò non implica una “presa di posizione favorevole”, o una
“raccomandazione”, del Nas stesso.
99
COMUNICAZIONE FACILITATA
Cos’e’ la Comunicazione Facilitata?
La Comunicazione Facilitata (FC) iniziò in Australia durante gli anni ’70. Rosemary Crossley, un
aiuto in un istituto per persone con menomazioni multiple gravi, incoraggiò una giovane donna con
paralisi cerebrale, a comunicare fungendosi suo “supporto” (Crossley e MacDonald, 1980).
Solitamente il “supporto” sorregge la mano del cliente, il polso ed il braccio, mentre la persona usa
un comunicatore per sillabare parole e frasi.
La Crossley fondò a Melburne, nel 1986, il DEAL Communication Centre, con l’obiettivo di “assistere
persone senza linguaggio o con compromissioni di questo, per trovare vie alternative di
comunicazione”. L’uso della FC con le persone autistiche, poggia sulla convinzione che molte delle
difficoltà presenti, sono dovute a disturbi del movimento, più che a deficit sociali o comunicativi.
Molta della filosofia del Centro DEAL era basata sulla premessa che le abilità linguistiche (opposte a
quelle d’eloquio) delle persone autistiche e con altri disturbi della comunicazione erano
generalmente meno compromesse di quanto le ricerche precedenti avevano supposto. La
supposizione è che il problema della comunicazione nelle persone autistiche sia essenzialmente una
difficoltà di espressione. L’interesse nella FC si sparse velocemente ad altri paesi –in particolare in
USA, Canada e Danimarca e, recentemente è stato usato anche nel Regno Unito.
Molta pubblicità è stata fatta sulla efficacia di questo metodo. “Molte persone adesso comunicano... e
producono un linguaggio di tale complessità che dobbiamo modificare le nostre comuni credenze sul
linguaggio delle persone diagnosticate come autistiche o come aventi significanti menomazioni
intellettuali (Crossley e Remington-Gurley, 1992).
La ricerca sulla CF
Assieme all’entusiasmo ci sono state anche critiche significative a questo metodo. Ci sono stati atti di
reclutanza da parte di alcuni promotori della FC nel presentare, per valutazioni indipendenti, i loro
risultati, sulla base che tali valutazioni sarebbero state artificiali e capaci di interferire nella relazione
di fiducia fra il “supporto” ed il cliente.
Gli sperimentatori durante gli anni passati hanno, comunque, costruito un utile corpus di ricerca.
Howlin (1997) nella sua rivisitazione di 45 esperimenti controllati di FC, coinvolgenti più di 350
soggetti, ha trovato una conferma di comunicazione indipendente solo nel 6% dei casi. In più del
90% le risposte furono invece influenzate, inconsciamente, dai “supporti” piuttosto che dai clienti.
Bebko, Perry e Bryson (1996) hanno trovato alcune tracce di comunicazione indipendente in 9
soggetti (su 20). Fra gli studenti capaci di rispondere in modo indipendente, le loro affermazioni
erano comunque peggiori quando sottoposti a condizioni facilitate piuttosto che quando non avevano
alcun supporto.
Intanto negli Stati Uniti, con una mossa senza precedenti, 5 dei maggiori corpi professionali
nazionali hanno ora adottato una posizione di opposizione formalizzata, all’accettazione della FC
come modalità valida per sviluppare l’espressione nelle persone con disturbi.
Questi corpi professionali includono: The American Association on Mental Retardation, The American
Academy of Child & Adolescent Psychiatry e la The American Speech-Language-Hearing Association.
100
Non è compito del Nas sostenere o raccomandare qualunque particolare approccio usato con le
persone autistiche, ma siamo ovviamente disponibili a condividere informazioni con chiunque sia
interessato alla FC.
Dimostrare come la FC può funzionare, con chi e come il modello generale può essere migliorato, è
ora responsabilità di chi propone questo metodo.
101
USO DEL COMPUTER PER LE PERSONE AUTISTICHE
Questo “Sheet” offre una breve introduzione all’uso delle tecnologie informatiche da e per le persone
autistiche. Per una consultazione più dettagliata i lettori devono riferirsi agli articoli e ai siti web elencati.
Introduzione
I commentatori ed i medici hanno notato la validità, per le persone con disturbi dello spettro
autistico, dell’utilizzo del computer sia da un punto di vista terapeutico che educativo. Murray (vedi
“Bibliografia generale”) ha notato che le persone con disturbi dello spettro autistico, pare abbiano
sistemi di interesse monotropici (Monotropic Interest System): la loro attenzione tende a fissarsi su
oggetti isolati che sono visti come fossero dentro un tunnel, separati dal contesto. I computer sono
una risorsa ideale per irrompere in questo mondo, dato che “iniziano dov’è il bambino”, permettendo
interazioni contropiche (Contropical Interactions), unendosi al tunnel dell’attenzione dell’individuo.
Gli eventi esterni possono essere ignorati più facilmente quando ci si focalizza sullo schermo di un
computer dato che l’area di concentrazione è limitata dai bordi dello schermo. La piccola area
d’attenzione può spiegare perché alcune persone autistiche possono tollerare input sensori più alti
via computer rispetto a quelli che possono tollerare in qualunque altro modo.
Dato che i computer offrono un ambiente, svincolato dal contesto, nel quale molte persone autistiche
si sentono a proprio agio, i terapeuti e gli insegnanti stanno aumentando l’uso di strumenti di realtà
virtuale per insegnare abilità di vita, come l’attraversare la strada, e abilità di tipo sociale, come il
riconoscere le emozioni nelle altre persone.
Altri vantaggi per gli individui autistici sono relazionati al fatto che i computer:

sono prevedibili e dunque controllabili;

permettono di fare errori in tutta sicurezza;

offrono un medium altamente perfettibile;

danno possibilità di espressione verbale e non-verbale.
Murray suggerisce che è importante permettere al bambino autistico la libertà di esplorare i
computer prima di provare i programmi con scopi più didattici. Dato che i computer seguono le
scelte degli individui e offrono un ambiente di rinforzo semplificato e altamente positivo, essi
possono essere di grande beneficio per la popolazione autistica. Possono servire da aiuto per
rendere la comunicazione efficace, specie fra la persona autistica e chi si prende cura di lui. Possono
motivare gli individui autistici a parlare (sia al computer che ad un’altra persona), a leggere o a
mostrare e condividere le loro conquiste.
I computer possono creare coscienza di sé in quanto, toccando un tasto, il bambino determina
cambiamenti visibili sullo schermo. L’uso del computer è un processo interattivo, che può essere
documentato usando giochi fra due persone. Non solo promuove coscienza sia di sé che degli altri,
ma il giocare con il computer permette alle persone autistiche anche di comunicare con un’altra
persona in un ambiente non verbale. Offre un’entità attraverso la quale due persone possono
impegnarsi in un “meccanismo di risposta riflessa inanimata e asociale”.
Murray sottolinea che a tutti gli individui autistici sia garantito l’accesso ad un computer, a scuola o
a casa. Per ottenere il maggior beneficio sarebbe meglio assicurarsi che coloro che si occupano del
bambino siano attrezzati adeguatamente per fornire l’aiuto necessario. Sarebbe utile che avessero
famigliarità con il software disponibile non per competere con i bambini, ma per fornire loro, quando
102
usano il programma, validi suggerimenti. Molti bambini autistici troveranno quest’esperienza capace
di accrescere la sicurezza in sé e ciò è probabile riduca i comportamenti provocatori e di sfida.
Una volta che l’individuo è a proprio agio nella relazione con il computer, il suo potenziale educativo
può essere realizzato attraverso l’uso di programmi educativi individualizzati.
Questo factsheet evidenzia prevalentemente il valore educativo e sociale dei computer per le
persone autistiche. Ma, per le stesse ragioni per cui i computer possono essere utili mezzi di
apprendimento per le persone autistiche, molte persone dello spettro autistico ad alto
funzionamento, scoprono di essere davvero brave nei lavori che prevedono l’utilizzo dei computer.
Molti fra coloro che partecipano al “Prospects”, il servizio di impiego finanziato dalla National Autistic
Society, dispongono di abilità e di aree di conoscenza altamente specializzate, come una notevole
memoria per i fatti e le figure e abilità numeriche fuori dalla norma. La tecnologia e l’informatica
possono fornire alle persone autistiche o con Sindrome di Asperger, un’opportunità per massimizzare
il loro potenziale lavorativo.
Scegliere l’hardware del computer per le persone autistiche
Molte persone autistiche saranno a proprio agio usando computer hardward di tipo standard. Alcune,
però, potranno trovare più facile usare degli strumenti adattati in modo speciale. Le persone con
difficoltà motorie fini, possono usare touch screens, joysticks e switches invece del mouse standard
e/o della tastiera per interagire con il computer. I bambini che trovano la tastiera standard troppo
complessa potrebbero preferirne una con pulsanti più grandi o con un overlay grafico (un ‘overlay’ è
una tavola piatta con una struttura molto semplice formata da lettere, parole o disegni, che può
essere usata invece di, o di fianco a, una tastiera standard).
103
TERAPIA DELLA VITA QUOTIDIANA: HIGASHI
Le informazioni fornite da questo factsheet furono originariamente elaborate da Wendy Welch della
scuola Higashi, Boston, Usa, per il libretto:
“Approaches to ’Autism” , 3 ed., London, The National Autistic Society, 1997. 1899280154. Guida comprensiva ad alcuni
dei molti diversi approcci che sono usati nell’educazione e nella cura dei bambini e degli adulti autistici.
Storia e filosofia
Il Boston Higashi School Inc., è un programma internazionale indirizzato ad individui autistici di età
compresa fra i 3 ed i 22 anni. La sua filosofia è basata sulle credenze, ampiamente riconosciute,
della terapia della vita quotidiana, sviluppate dallo scomparso Dott. Kiyo Kitahara di Tokyo,
Giappone. L’approccio olistico cattura l’essenza dell’umanità e riflette la sensibilità e la sensitività,
l’intelletto e le estetiche del genere umano, dando armonia a tutti gli aspetti della vita.
Il metodo del Dott. Kiyo Kitahara fornisce ai bambini un’educazione sistematica attraverso le
dinamiche di gruppo, il ‘modelling’ e l’attività fisica. Il target di quest’approccio educativo è che lo
sviluppo, dei bambini coinvolti, sia il più possibile vicino alla normalità, non solo fisicamente ed
emotivamente, ma anche intellettualmente per permettere loro il raggiungimento di indipendenza
sociale e dignità.
Programmi e servizi
La terapia della vita quotidiana è una metodologia svolta entro l’ambito educativo dello sviluppo
normale. basato su: dinamiche di gruppo, educazione fisica, arte, musica, attività scolastiche e
training personalizzato. Il linguaggio e un approccio comunicativo sono usati assieme all’acquisizione
del linguaggio e allo sviluppo delle abilità comunicative. Il centro informatico, dotato di software
all’avanguardia, promuove il linguaggio e l’abilità della lettura e della scrittura.
Sono enfatizzate le attività scolastiche strutturate sulle abilità personali. L’educazione fisica e
l’esercizio vigoroso riducono l’ansietà, danno resistenza e stabiliscono ritmo e routine. Gli esercizi
fondati sul principio dell’integrazione sensoria e della stimolazione vestibolare sviluppano la
coordinazione e l’interazione cooperativa di gruppo.
Le attività scolastiche, nelle aree del linguaggio, delle arti, della matematica, degli studi e delle
scienze sociali, sono compatibili con i normali curricula scolastici al fine di preparare ogni studente
ad una possibile inclusione. L’arte e la musica forniscono valide opportunità per raggiungere abilità e
apprezzamento dell’estetica.
Il programma residenziale è un servizio educativo correlato, strutturato per insegnare l’abilità del
vivere quotidiano e le capacità sociali e per aiutare il programma giornaliero a far mantenere e
compiere i progressi educativi agli studenti. Il programma residenziale è una componente educativa
atta ad ottimizzare l’inclusione a vita nella comunità, nel mondo, e non un posto che fornisce
possibilità di vita a lungo termine. Il servizio di aiuto alle famiglie offre training e coinvolge i genitori
in meeting di studio regolarmente pianificati.
Il programma giornaliero opera 217 giorni all’anno mentre quello residenziale 304.
IL PROFILO SCOLASTICO
Età incluse nel programma:
3-22
Età di ammissione:
3-12 e fino a 16
104
Iscritti attuali:
102
105
LOVAAS
I genitori e gli operatori sono incoraggiati ad indagare fra gli approcci disponibili per, basandosi sui
propri bisogni, individuare quello più appropriato per ogni individuo.
Questo Factsheet non deve essere considerato una raccomandazione. Vuole essere la base di studi
successivi.
Cos’e’ il metodo Lovaas
Il metodo Lovaas è un approccio terapeutico intensivo, precoce e comportamentale per bambini
autistici o con altri disturbi ad esso relazionati. E’ conosciuto anche come “Programma UCLA
(University of California Los Angeles) del Dott. Lovaas”, “”Home based Behavioural Intervention” e
“UCLA Model of Applied Behavioural Analysis”, come sviluppato nell’Istituto Lovaas per l’Intervento
Precoce18.
E’ basato su un’ampia esperienza e sulle ricerche cliniche, portate avanti, negli Usa, per più di
trent’anni, dallo psicologo Dr O. Ivar Lovaas.
Durante la fine degli anni ’60 e negli anni ’70, Lovaas lavorò con bambini, diagnosticati come
autistici, non verbali e istituzionalizzati. Concentrò il suo lavoro sulla comunicazione verbale usando
strategie di analisi comportamentale applicata.
In quel periodo, il lavoro di Lovaas fu molto criticato dai suoi colleghi, rappresentanti di un approccio
psicodinamico, perché molti bambini perdevano le abilità verbali acquisite, una volta terminato il
programma e tornati alla vita istituzionalizzata. Coloro che tornavano dai genitori, che volevano
essere informati sul trattamento, ottennero comunque risultati di molto migliori. Ciò ha evidenziato
l’importanza crescente del ruolo dei genitori nel processo educativo.
Lovaas continuò a lavorare con i bambini più piccoli, dai 2 ai 4 anni, a casa loro e con i loro genitori
coinvolti nel trattamento per capire se le nuove abilità imparate potessero essere mantenute. I
bambini ricevettero 40 ore a settimana di input strutturati sulla base di una relazione 1 ad uno, da
studenti che avevano seguito un training particolare, ed il cui lavoro fu controllato da vicino dal Dr.
Lovaas e dal suo staff.
I risultati furono pubblicati nel 1987 e destarono grande interesse dato che fino ad allora, non vi
erano state ricerche che avessero mostrato quali positivi risultati era possibile ottenere con strategie
comportamentali.
Lovaas comparò tre gruppi di 20 bambini:
1. Il gruppo sperimentale di bambini che ricevettero 40 ore a settimana di trattamento;
2. Un primo gruppo di controllo che ricevette 10 ore di trattamento comportamentale
assieme ad altri trattamenti provenienti da risorse diverse, ad es. quelle fornite da
piccole classi educative speciali;
3. Un secondo gruppo
comportamentale.
di
controllo
che
non
ricevette
Lovaas descrisse i risultati del primo gruppo, sperimentale, come segue:
18
Lovaas Institute For Erly Intervention
106
nessun
trattamento

Un gruppo di individui fu capace di migliorare e, seguendo l’intervento, non
dimostrò più le caratteristiche dell’autismo. Lovaas affermò che il 47% dei
bambini che lavorò 40 ore a settimana a casa, raggiunse un “funzionamento
normale” entro il tempo che permise loro di entrare con successo, a tempo pieno,
nel sistema educativo “normale” entro l’età di 7 anni.

Un gruppo intermedio (40%) fece progressi sostanziali ma continuò a mostrare
caratteristiche autistiche. Molti di loro continuarono ad avere difficoltà di
linguaggio o una disfunzione intellettuale.

Un piccolo numero (10%) ricevette poco o nessun beneficio dall’intervento.
I risultati mostrarono anche che i bambini che seguirono il programma di Lovaas per due anni o più,
guadagnarono una media di 30 punti di Q.I. mentre i bambini degli altri due gruppi non ottennero
alcun miglioramento del Q.I.
Uno studio successivo realizzato da McEachin, Smith e Lovaas nel 1993, indicò che la maggioranza
aveva mantenuto i loro miglioramenti durante l’adolescenza. Apparvero essere a funzionamento
normale e in interviste con medici inconsapevoli, venne detto che essi erano indistinguibili dai
bambini senza storia di autismo.
Cosa coinvolge il programma
Lovaas ed i suoi colleghi raccomandano che il trattamento inizi il prima possibile, preferibilmente
prima che il bambino abbia 5 anni e, idealmente, prima dei 3 anni e mezzo. Ciò è necessario al fine
di insegnare abilità di base sociali, educative e della vita quotidiana. Può anche ridurre i
comportamenti stereotipati e distruttivi prima che si stabilizzino definitivamente.
Il programma a casa consiste di 40 ore settimanali di terapia intensiva.
I risultati degli studi di Lovaas mostrano l’importanza del mantenere queste ore per massimizzare i
benefici al bambino. La terapia è strutturata sulla base di 1 educatore, 1 bambino, per 6/8 ore
giornaliere per 5/7 giorni alla settimana, per due anni o più. Le lezioni sono di circa 2/3 ore, seguite
da una pausa. L’intensità della terapia determina il bisogno di stabilire un “team di programmazione”
normalmente formato da almeno 3 persone. Questi educatori hanno tutti completato il programma
di training totale.
La partecipazione famigliare è un elemento molto importante nel trattamento, perché come i
ricercatori avevano a loro volta evidenziato, le abilità imparate in ambienti medici e in classi speciali,
non si trasferiscono nell’ambito famigliare se non vi è un coinvolgimento dei genitori nel trattamento
del bambino. Tutte le abilità sono suddivise in piccoli obiettivi raggiungibili ed insegnati in modalità
molto strutturate ed accompagnate da molti complimenti e rinforzi. Gli esempi di rinforzi sono:
piccoli bocconi di cibo, uso di uno dei giocattoli preferiti, ricompense sociali come elogi verbali,
abbracci o solletico. Gradualmente il cibo e gli altri rinforzi artificiali sono sostituiti, se possibile, da
rinforzi più sociali e legati alla vita di tutti i giorni. I comportamenti aggressivi o auto-stimolatori
sono ridotti o sostituiti attraverso l’ignorarli o attraverso l’introduzione di forme di comportamento
socialmente più accettabili.
Il programma di intervento progredisce molto gradualmente dall’insegnamento delle abilità basilari
di auto-aiuto e di linguaggio, all’insegnamento delle abilità imitative verbali e non, e allo stabilire gli
inizi del gioco con i giocattoli.
107
Una volta che il bambino ha raggiunto dei risultati ottimali in questi obiettivi, inizia il secondo livello
che insegna il linguaggio espressivo, della prima astrazione ed il gioco interattivo con i compagni. I
livelli più avanzati dell’intervento potranno essere insegnati al bambino sia a casa che a scuola.
La modificazione comportamentale
La modificazione comportamentale è basata sul fatto che le conseguenze piacevoli possono
promuovere un buon comportamento e quelle spiacevoli, come una punizione, possono ridurre un
comportamento inaccettabile. Negli anni ’60 e ’70, le procedure contrarie, le punizioni, erano usate
dagli analisti comportamentali di tutti i tipi, quando i trattamenti alternativi fallivano e se il
comportamento del cliente era pericoloso per lui o per gli altri. La modificazione del comportamento
è stata criticata per questa ragione. Nel suo primo lavoro Lovaas difese l’uso delle punizioni corporali
in situazioni in cui il bambino usava comportamenti autolesionisti o auto-stimolatori. Constatò che
comunque, le procedure contrarie costituivano, nel suo programma, non più dell’1% delle interazioni
tipiche e che, generalmente, non erano più necessarie dopo le prime settimane.
Il progetto dell’UCLA non implica più le punizioni corporali mentre viene posta più enfasi sulle
procedure positive di rinforzo.
Quali sono i benefici?
Lovaas ed i suoi colleghi credono che, con un intervento precoce, un’ampia minoranza di bambini
autistici o con disturbi ad esso relazionati, sia capace di ottenere un’educazione e un funzionamento
intellettuali normali entro i 7 anni di età. Per i bambini che non raggiungono un funzionamento
normale viene solitamente riportata una sostanziale diminuzione dei comportamenti inappropriati e
l’acquisizione di un linguaggio di base.
Sulla validità dei risultati di Lovaas, durante gli ultimi vent’anni, sono stati scritti numerosi articoli e
critiche e si sono svolte molte discussioni.
Il trattamento è estremamente lungo ed intensivo e può dimostrarsi molto costoso. Un crescente
numero di genitori ha comunque usato questo metodo ed è stato contento dei risultati ottenuti.
Recentemente c’è stato un rinnovato interesse per il metodo Lovaas conseguente alla pubblicazione
di “Let Me Hear Your Voice” (“Lasciami ascoltare la tua voce”), la descrizione toccante di Catherine
Maurice sull’uso del metodo Lovaas con i suoi due bambini.
108
MUSICOTERAPIA
La musicoterapia è stata accettata come intervento utile per le persone autistiche, fin dalla sua
introduzione nel Regno Unito negli anni ’50 e ’60, da medici come Juliette Alvin, Paul Nordoff e Clive
Robbins. Sebbene la musicoterapia possa essere usata con persone con altri disturbi fisici, cognitivi
ed emotivi, porta benefici particolari alle persone autistiche; molto del lavoro iniziale svolto da
terapeuti come Alvin, Nordoff e Robbins fu con questo tipo di pazienti.
Dal 1982 questa professione è stata riconosciuta dal National Health Service come una ‘Profession
Allied to Medicine’ (professione correlata alla medicina) e, nel 1999, nel Regno Unito, la
musicoterapia è diventata una professione registrata statalmente. Ci sono ora più di 200
musicoterapeuti ufficialmente registrati. Molti sono impegnati dal Health Service, dalle autorità
educative locali e dai servizi sociali, altri lavorano autonomamente.
I dipartimenti di musicoterapia sono ben organizzati entro alcuni “Child Development Centres”
(Centri per lo sviluppo del bambino) ed entro altri possibili fornitori di cure primarie e terziarie.
Inoltre, anche alcune organizzazioni caritative forniscono servizi di musicoterapia- fra di esse: il
Nordoff Robbins Music Therapy Centre ed il MusicSpace (vedi: “organizzazioni utili”, sotto).
L’Associazione dei Musicoterapeuti Professionali (Association of Professional Music Therapists –APMT)
può mettere i clienti, o gli operatori, in contatto con un musicoterapeuta che lavora nella loro area.
La musicoterapia è una professione riconosciuta, in più di 50 paesi oltre al Regno Unito. E’ stata
formata la World Music Therapy Federation per promuovere la comprensione, l’uso e lo sviluppo della
musicoterapia per la salute mentale del mondo intero.
Diventare un musicoterapeuta
Per diventare un musicoterapeuta professionista è necessario innanzitutto avere un diploma o una
laurea in musica, o una istruzione simile nell’ambito musicale ed una laurea in un’altra materia
rilevante, ad es. psicologia.
Nel Regno Unito ci sono ora 7 università che offrono una specializzazione post-laurea in
musicoterapia. La APMT possiede una lista aggiornata dei corsi.
Musicoterapia ed autismo
Gli studi dei casi effettuati dai musicoterapeuti (Agrotou, 1998; Alvin e Warwick, 1991; Nordoff e
Robbins, 1985; ecc.) indicano che, sebbene in modo più limitato che nella comunicazione musicale
attuata con un bambino con sviluppo normale, nelle persone autistiche, la musica può stimolare e
sviluppare una comunicazione più significativa e divertente. Ovviamente ciò si verifica di più con
certi individui che con altri, ma è generalmente ottenuta un’universale capacità di risposta di un
qualche tipo, alla musica che fa si che i bambini autistici non debbano essere esclusi da questo
piacere universale.
Il fare musica coinvolge molti degli elementi fondamentali dell’interazione sociale –l’autocoscienza e
“l’autorelazione con un altro”. Per questo, gli aspetti musicali del conteggio del tempo interpersonale
–la sensibilità alla reciprocità nel gioco condiviso, il parlare a turno, l’ascoltare ed il rispondere ad
un’altra persona- possono essere aumentati in musicoterapia, con i bambini/adulti autistici al fine di
meglio strutturare ed indirizzare i loro stili di comunicazione, frequentemente idiosincratici e di tipo
evitativo.
109
Piuttosto che insegnare un gruppo di comportamenti, che potrebbero essere allora specifici alla
musicoterapia stessa o al contesto musicale, la musicoterapia incoraggia invece l’aumento della
autocoscienza/coscienza degli altri, portante ad interazioni sociali più visibili. La terapia stimola e
sviluppa l’uso comunicativo della voce e del dialogo pre-verbale con l’altro, costruendo significato e
relazione per stabilire lo sviluppo del linguaggio. Il cliente può anche beneficiare dell’aumentata
tolleranza al suono, della tolleranza e capacità alla comunicazione a due vie, dell’opportunità di
esercitare l’attenzione condivisa e degli altri bisogni emotivi incontrati nel processo terapeutico.
E’ controverso (Brown, 1994) che la partecipazione alla musicoterapia permetta alla persona
autistica di aver esperienza, e di esplorare, una più ampia gamma di emozioni. La natura della
musica è il combinare una struttura sicura con un cambio costante; nella terapia la musica può
formare un ambiente familiare al quale la persona autistica può partecipare, occasionalmente
divergendo in episodi di gioco più spontaneo e di nuove esperienze, in accordo con (o qualche volta
leggermente indietro) le proprie abilità.
Quando è stabilito un gioco significativo con il cliente, i modelli di comportamento ossessivocompulsivo, l’autolesionismo e gli altri comportamenti di questo tipo, solitamente diminuiscono,
sebbene ciò dipenda ampiamente dall’individuo e dalla sua famiglia, oltre che dalle loro circostanze
sociali, educative e generali.
La musica è usata sempre più come parte di programmi di intervento precoce per bambini autistici,
perché è stato riconosciuto che l’interazione musicale stimola un comportamento comunicativo simile
alle prime interazioni emotive fra madre e neonato, che è cruciale nello sviluppo successivo delle
abilità sociali, ma è solitamente molto limitato dall’autismo del bambino. Per tutti i gruppi di età, la
musicoterapia è, il più delle volte, parte di un programma multidisciplinare che offre un ricco
ambiente educativo per lo sviluppo della comunicazione e degli altri aspetti della personalità del
bambino.
Quale teoria c’e’ dietro la musicoterapia?
Il trattamento è basato sul fatto che tutte le persone hanno un’innata capacità di risposta alla
musica e che questa capacità può rimanere, malgrado handicap fisici, cognitivi ed emotivi e che può
essere usata per costruire una relazione fra il terapeuta ed il cliente. I musicoterapeuti parlano del
ritmo del nostro battito cardiaco, della melodia della voce e del turno nel dialogo interattivo fra un
neonato e sua madre per evidenziare come la musicalità sia una caratteristica umana di base.
Robarts (1998:176) descrive questi fenomeni come una “gerarchia musicale o un’orchestrazione di
auto-regolazione ed auto-organizzazione”. E visto che la musica è così integrata nel nostro essere,
“attraverso il lavorare per liberare le limitazioni musicali della persona, le resistenze e le difese, e
attraverso il costruire sui punti di forza dei suoi elementi musicali, dei suoi comportamenti e delle
sue strutture entro una relazione improvvisazionale, noi lavoriamo simultaneamente verso il
rimarginare anche gli altri aspetti cognitivi, fisici, neurologici ed emotivi del suo essere “ (Brown,
1994:18).
Quali forme prende la terapia?
Ci sono diversi approcci alla musicoterapia, ma la maggior parte di essi poggia sulla improvvisazione
musicale spontanea. Il terapeuta usa strumenti a percussione o a corde, o la propria voce, per
rispondere in modo creativo ai suoni prodotti dal cliente ed incoraggiarlo a creare il proprio
linguaggio musicale. Gli strumenti saranno selezionati fra quelli incapaci di spaventare il cliente;
alcune persone hanno una forte preferenza per un tipo di suono e trovano gli altri intollerabili:
110
questo approccio individualistico è uno dei punti di forza della musicoterapia per le persone
autistiche. L’obiettivo è creare un contesto di suoni nel quale il cliente si sente a proprio agio e
sicuro di sé tanto da esprimere se stesso, da sperimentare una più ampia gamma di emozioni e da
scoprire cos’è probabile ci sia in una relazione comunicativa a due vie.
Le canzoni semplici, i pezzi o gli stili musicali possono essere usati tanto da diventare un elemento
ricorrente nelle sessioni terapeutiche, ma questi saranno comunque sempre usati flessibilmente per
assolvere l’umore e i bisogni clinici o dello sviluppo, del cliente in ogni momento dato. Infatti la
musica come terapia ha bisogno di non cadere nei modelli convenzionali od addirittura di usare le
parole; il musicoterapeuta può rispondere ai pianti, agli urli ed ai movimenti corporei del cliente in
quanto essi hanno tutti ritmo e timbro e sono suscettibili di organizzazione in termini musicali.
E’ importante sottolineare la differenza fra la musicoterapia e le lezioni di musica –nel contesto
terapeutico, non è insegnato, al paziente, a suonare alcuno strumento e se egli potrà acquisire
conoscenze musicali nel corso delle sessioni terapeutiche, questo sarà un effetto secondario e non lo
scopo primario della terapia.
Le sessioni di musicoterapia di solito sono tenute settimanalmente -il numero e la durata delle
lezioni è deciso di norma, precedentemente, per calzare i bisogni particolari e le circostanze del
cliente. Potrà capitare che un cliente risponda meglio alla musicoterapia come parte di un gruppo
che di una relazione 1 ad 1 fra lui ed il terapeuta. Dato che, per questo gruppo di clienti sono
importanti anche la struttura e la consistenza, a livello ideale, la musicoterapia si svolge nello stesso
luogo ogni settimana, in una stanza silenziosa nella quale non vi sono distrazioni. Le lezioni possono
essere registrate su cassette o video per rendere possibile al terapeuta lo sviluppo di componenti
musicali significative per lo sviluppo dell’individuo, da una settimana all’altra. Queste registrazioni
sono normalmente trattate come appunti clinici confidenziali; in alcuni casi il video è comunque
usato per condividere il lavoro con i genitori e gli altri operatori e per scopi di insegnamento clinico.
La musicoterapia interattiva
Wendy Prevezer (1990) ha descritto il suo uso della “musicoterapia interattiva” con i bambini
autistici della Southerland House School. La Prevezer ha usato la musica per rinforzare il lavoro che
stava facendo nella terapia d’eloquio e linguaggio e non come un medium dotato di un suo proprio
potenziale guarente.
Il suo metodo differisce dalla musicoterapia nel fatto che il musicoterapeuta interattivo non deve
essere un musicista e non deve nemmeno aver ricevuto un training in uno dei corsi riconosciuti
(APMT) (vedi anche Chandler 1997, Christie e Wimpory 1986, e Wimpory et al., 1995).
La ricerca in musicoterapia
L’efficacia della musicoterapia come intervento per le persone autistiche è ampiamente affermata
dalla evidenza aneddotica di genitori e operatori. Gli studi dei casi pubblicati durante gli anni dagli
stessi terapeuti (Alvin e Warwich, 1991; Nordoff e Robbins, 1985; Nolan, 1989 e altri) descrivono
modifiche significative nel comportamento comunicativo e sociale degli individui autistici che hanno
preso parte alla musicoterapia. La ricerca di Nordoff e Robbins (1964-1968) produsse valutazioni e
scale di punteggi per la Child-Therapist Relationship and Musical Communicativeness: un esempio
precoce di ricerca qualitativa in musicoterapia (Robarts, 1998). La natura della terapia, che è
costruita sulle relazioni 1 ad 1 e sugli stati emotivi degli individui, ha reso difficile ottenere prove
scientifiche del suo successo; non c’è controllo neutrale rispetto al quale misurare i risultati
apparenti e il preconcetto dell’osservatore può sempre essere presente.
111
Più recentemente, la collaborazione fra i ricercatori psicologici e i musicoterapeuti ha elaborato dei
risultati, entro tipologie sia qualitative che quantitative. Le fondamenta musicali della comunicazione
nella interazione normale fra genitore e neonato, sono state scientificamente stabilite nella ricerca
dello sviluppo infantile.
Robarts (1998) e Pavlicevic (1997) hanno dimostrato come l’adattamento e l’aumento clinico dei
primi modelli di comunicazione sia fondamentale per un uso terapeutico della musica.
Studi controllati, come quelli di Edgerton (1994) e Aldridge, Gustorff e Neugebauer (1995), hanno
confermato che l’improvvisazione nella musicoterapia può aumentare il comportamento
comunicativo dei bambini autistici e che queste abilità sono poi generalizzate agli altri contesti. Sono
comunque necessarie ulteriori ricerche basate su maggiori dati concreti per spiegare il successo della
musicoterapia.
Organizzazioni utili
Association of Professional Music Therapists (UK)
http://www.roehampton.ac.uk/artshum/apmt/apmt.html
Corpo professionale dei musicoterapeuti qualificati nel Regno Unito. Può consigliare fra i corsi di
musicoterapia e mettere in contatto clienti e terapeuti.
British Society for Music Therapy
http://www.roehampton.ac.uk/artshum/bsmt/bsmt.htm
Promuove l’uso e lo sviluppo della musicoterapia. Pubblica giornali, monografie e video, organizza
conferenze e meeting.
MusicSpace
Leslie Bunt, Director,
The Southville Centre,
Beauley Road,
Bristol BS3 1QG
U.K.
The Nordoff-Robbins Music Therapy Centre
http://www.nordoff-robbins.org.uk/
Offre sessioni di musicoterapia a Londra; training per operatori e pubblico; mantiene un centro
documentario e promuove la ricerca.
World Federation of Music Therapy
http://www.psychotherapie.org/MUTIG/wfmt.html
112
113
L’USO DEL SUPPORTO VISIVO
Introduzione
La triade dei comportamenti che definisce il disturbo dello spettro autistico include difficoltà nella
comunicazione sociale. La comunicazione consiste nello scambio di messaggi fra le persone;
nell’espressione dei bisogni; nella condivisione di pensieri, idee e sentimenti. La comunicazione
spesso, ma non sempre, coinvolge l’uso del linguaggio verbale o scritto. Gli esseri umani usano la
comunicazione nelle diverse situazioni sociali e provano piacere nel condividere una conversazione.
I bambini con un disturbo dello spettro autistico hanno difficoltà a scoprire la forza ed il piacere della
comunicazione sociale. Tendono ad impegnarsi meno negli scambi di ogni giorno con chi si prende
cura di loro e spesso sono più lenti a sviluppare il linguaggio. Possono anche avere difficoltà di
apprendimento che interferiscono a loro volta con l’apprendimento del linguaggio.
Le persone autistiche tendono comunque ad imparare visivamente e la visualizzazione dei significati
della comunicazione può aiutarli a capire e ad usare il processo della comunicazione -incoraggiando
così lo sviluppo del linguaggio parlato e della comunicazione sociale appropriata. Temple Grandin
(una studiosa americana degli animali, affetta da autismo) descrive come pensi tramite figure e
come le parole siano per lei un secondo linguaggio (Grandin, 1995).
Coloro che pensano
visivamente possono essere aiutati tramite aiuti visivi e tramite l’approccio TEACCH che incoraggia
l’uso della “struttura visiva” per ridurre lo stress e promuovere l’apprendimento nelle persone
autistiche, rendendo il loro ambiente più facilmente comprensibile. Gli aiuti visivi possono aiutare le
persone autistiche a dare un senso al mondo e alle altre persone, incluso il processo di
comunicazione.
Modalita’ visive per aumentare e facilitare la comunicazione
Ci sono molte modalità basate sulla visualizzazione per aiutare la comunicazione nelle persone
autistiche. La visualizzazione dei significati può essere usata per accompagnare o “aumentare” le
parole dette al fine di aiutare le persone autistiche a capire le informazioni verbali. Possono anche
essere usate per aiutare le persone preverbali ad esprimere i propri bisogni attraverso il domandare
cosa vogliono.
Oggetto, fotografia o simbolo?
Oggetti, fotografie, simboli illustrati e parole scritte possono essere utili per accompagnare l’eloquio:
la scelta del quale dipenderà dai bisogni dell’individuo. L’uso di “oggetti di riferimento” era
tradizionalmente considerato più appropriato per un primo livello di sviluppo, seguito poi dall’uso di
fotografie e solo più tardi da quello dei simboli. I simboli illustrati (disegni lineari solitamente
accompagnati dalla parola scritta) sono una via per migliorare (o “aumentare”) la parola verbale, per
aiutare a comunicare coloro che imparano visivamente.
Come con molti aspetti dello sviluppo, la normale propensione di sviluppo dall’oggetto alla foto al
simbolo, può, nell’autismo, non essere appropriata –infatti la persona autistica trova, alle volte, un
simbolo disegnato tramite linee, meno confuso che una fotografia dettagliata. Le persone autistiche
tendono a percepire i dettagli in modo più potente rispetto all’intero (possono essere “incapaci di
vedere il legno dagli alberi”) e possono confondersi o divenire ansiosi se la fotografia usata (es.
quella di un particolare tipo di caramella o di un certo campo di gioco) non corrisponde esattamente
all’oggetto reale o al posto al quale si riferisce. Alcune persone autistiche sono capaci di riconoscere
le parole scritte più facilmente dalle parole verbalizzate (“Hyperlexia”) cosicché è consigliabile usare
sempre i simboli illustrati unitamente ad una parola scritta (in minuscolo). Ciò potrà aiutare la
114
persona autistica ed altre persone a capire il simbolo. I simboli illustrati sono facilmente capibili dal
pubblico generale (specie se usati in associazione con la parola scritta) e stanno cominciando ad
essere più facilmente disponibili con la diffusione del computer, che ha generato altri sistemi, oltre ai
migliori set di disegni disponibili dai fornitori dell’educazione.
Etichettare: capire i nomi delle cose e dei luoghi
I simboli illustrati dovrebbero inizialmente essere associati con le cose che rappresentano attraverso
“l’azione dell’etichettare”: attaccando un simbolo all’oggetto od al luogo che rappresenta (es.
‘biscotto’ o ‘bagno’).
Una volta che la persona autistica ha iniziato ad associare il simbolo con la cosa reale (o il posto),
può essere introdotto allora un simbolo identico, a poca distanza dalla cosa in questione,
permettendo al genitore o all’educatore di mostrare il simbolo mentre sta raccontando alla persona
autistica cosa prendere o dove andare. Il simbolo diviene così “portabile” e può essere usato lontano
dalla cosa che rappresenta. La quantità di nuovi simboli che sarà possibile introdurre varierà da
persona a persona, ma sarà importante usare per primi i simboli che si riferiscono a cose motivanti
la persona autistica e aspettare chiari segni di comprensione prima di introdurre un nuovo simbolo.
Imparare a chiedere: scambiare un simbolo per un oggetto desiderato
Le persone autistiche hanno difficoltà ad imparare come funziona la comunicazione. La loro “cecità
mentale” aumenta i problemi nel raffigurarsi come funziona la comunicazione. Se non comprendi che
qualcun altro può non conoscere cosa vuoi, perché fare lo sforzo di comunicare cosa desideri? Per
aiutare la persona autistica ad imparare come funziona la comunicazione, può essere veramente
utile insegnare loro a scambiare un simbolo per un oggetto desiderato.
Il sistema di Picture Exchange Communication System (PECS) fu sviluppato da Bondy e Frost per
aiutare i bambini più piccoli autistici ad imparare ad iniziare a domandare e a comunicare i loro
bisogni. Il PECS usa un programma basato sul comportamentismo per insegnare al bambino a
scambiare una carta illustrata con qualcosa che gli piace e che vuole. Possono essere usati oggetti,
pitture e simboli in accordo con il livello di sviluppo del bambino, ma molti bambini piccoli autistici
trovano che i disegni realizzati con linee meno dettagliate, siano più facili da capire, specie quando
accompagnati dalla parola scritta. Una parola ritagliata da un certo pacchetto di patatine può essere
rifiutata dal bambino autistico se viene usata con un altro tipo (o marca!), laddove la forma più
generale del simbolo sarà invece accettata come referente per tutte le “patatine”.
Il PECS valuta per prima cosa le preferenze del bambino per un piccolo numero di cibi e di giocattoli.
Al bambino viene allora insegnato, seguendo un modello attentamente graduato su piccoli livelli, a
scambiare un simbolo rappresentante una delle cose volute con l’oggetto in se stesso. All’inizio sono
necessari due adulti cosicché possa essere fisicamente (ma non verbalmente) suggerito al bambino
di scambiare il simbolo piuttosto che afferrare l’oggetto desiderato. Si lavora su un oggetto (ed il suo
simbolo) alla volta. Non sono dati suggerimenti verbali. La prima parola che il bambino ascolterà
sarà il nome dell’oggetto, pronunciato dall’adulto che lo offre, quando lo scambio è realizzato. Il
secondo adulto è in piedi, dietro al bambino, pronto ad offrire un “suggerimento fisico” per
incoraggiare il bambino a scambiare il simbolo, ma non parlerà mai. Una volta che il bambino
impara ad offrire il simbolo, questo secondo adulto non è più necessario.
Le sei fasi del PECS sono strutturate attentamente per rendere il bambino capace di imparare lo
scambio delle illustrazioni; per trovare attivamente qualcuno a cui dare il simbolo come richiesto;
per discriminare fra diversi simboli; per usare un libro trasportabile sulla comunicazione; e per
costruire frasi semplici sia di richiesta che di commento.
Il bambino diventa gradualmente
115
indipendente dal suggerimento dell’adulto e impara che la comunicazione è un processo a due vie
che può essere indirizzato ai bisogni desiderati. Il PECS ha mostrato di facilitare lo sviluppo del
linguaggio verbale e di stabilire le basi della comunicazione precedentemente all’emergere
dell’eloquio sperato.
I bambini imparano a comunicare con il PECS perché sono altamente motivati a chiedere un oggetto
desiderato e perché il PECS insegna abilità esplicite visivamente, usando solo suggerimenti fisici che
possono essere gradualmente diminuiti, evitando così che il bambino diventi dipendente dagli input
degli adulti. Il PECS è facile da usare e non richiede attrezzature costose, prove o training, sebbene
siano disponibili corsi e video di istruzione per operatori professionisti.
Fare scelte
I simboli illustrati possono essere usati anche per introdurre l’idea della scelta –per esempio con il
cibo. Se è stata stabilita la comprensione (e lo scambio) dei simboli per una varietà di cibi, gli stessi
simboli possono allora essere usati per mostrare le scelte disponibili e la persona autistica può
essere incoraggiata a comunicare la scelta preferita. Le tavole di scelta possono essere usate per il
gioco e per le attività di svago, incoraggiando così la persona autistica a scegliere un’attività
disponibile (piuttosto che lasciarla passiva o a persistere ripetitivamente in un’attività).
La struttura visiva
Le persone autistiche, sia verbali che non, possono avere benefici dall’uso di simboli illustrati anche
sulle tabelle degli orari che mostrano la sequenza delle routine giornaliere. Usando i simboli illustrati
in questo modo si possono evitare le crisi di collera o il crescere dell’ansietà ed è possibile
incoraggiare lo sviluppo dell’indipendenza in abilità come il vestirsi. Le tabelle degli orari realizzate
con i simboli possono essere adattate per essere usate a casa, a scuola, sul posto di lavoro o in un
ambiente di vita indipendente. Quest’uso della struttura visiva aiuta le persone autistiche a capire il
mondo attorno a loro e a sviluppare abilità di indipendenza. I simboli illustrati possono aiutare a
rendere organizzato e prevedibile il loro ambiente, incoraggiando un comportamento tranquillo.
I simboli possono essere usati anche per aiutare la persona autistica a capire le possibili attività
disponibili, a rinforzare il concetto che qualcosa è “finito” e a mostrare alla persona autistica cosa
succederà dopo. Quando è stata selezionata e completata un’attività alla persona autistica può
essere insegnato (se lo desidera) a mettere il simbolo dell’attività completata, in un contenitore
denominato “attività finite” dedicandosi poi a qualche cosa d’altro.
Quest’uso della “struttura visiva” fa parte dell’approccio TEACCH e può essere modificato per essere
usato, se necessario, attraverso tutta la vita della persona autistica.
116
METODO DELACATO19
C: Delacato inizialmente faceva parte, con G. Doman e R. Doman, di un gruppo di lavoro di chiara
impostazione medico-fisiatrica, dedicato alla riabilitazione di bambini cerebrolesi.
Una delle conclusioni del gruppo di lavoro era che lo sviluppo del bambino procede per stadi, i quali,
se vengono saltati, impediscono al bambino di raggiungere il suo potenziale. Compito del
programma di riabilitazione è far ripetere al bambino lo stadio che è stato saltato, e farglielo
ripercorrere in modo da stimolare il suo cervello allo sviluppo (Delacato, 1974). Inoltre, si constatò
che esistono diversi gradi di lesione cerebrale, dalla grave alla lieve, e che il fattore più comune della
lesione cerebrale lieve erano i problemi di percezione (tattile, visiva o acustica).
In seguito Delacato iniziò a lavorare con bambini normali dal punto di vista motorio, ma che
presentavano gravi disturbi del comportamento. Di qui passò a studiare l'autismo.
Dall'osservazione che molti dei sintomi di bambini cerebrolesi sono simili a quelli dell'autismo, inizia
a considerare gli atteggiamenti autistici come una conseguenza di un problema sensoriale o
percettivo.
I bambini autistici vengono considerati come cerebrolesi con gravi problemi sensoriali: non potendo
sfruttare gli stimoli che provengono dall'esterno, perché i canali di comunicazione col cervello sono
difettosi, essi cercano di normalizzare la via attraverso un comportamento ripetitivo che va a
stimolare il canale stesso.
I bambini autistici non sono dunque psicotici, ovvero non si comportano così per cause psicologiche
ma per motivi neurologici.
Vengono individuati 3 tipi di deficit sensoriale:
1. ipersensibilità: passa troppa parte di informazione al cervello e si crea un sovraccarico.
2. Iposensibilità: passa una parte troppo piccola di informazione che quindi non riesce ad essere
adeguatamente processata ed elaborata.
3. Rumore bianco: la percezione è disturbata da un'interferenza sensoriale interna, ovvero la
stessa attività dell'inefficiente sistema sensoriale crea interferenza nel sistema.
Per la cura di questo disturbo bisogna quindi prima aiutare il bambino a sopravvivere agli stimoli per
poi procedere a normalizzare il suo sistema sensoriale.
In sintesi (Delacato, 1974):
1. i bambini autistici non sono psicotici ma cerebrolesi
2. la lesione cerebrale causa disfunzioni percettive
3. le vie sensoriali sono anormali, di tre tipi: iper, ipo e rumore bianco.
19
N.d.C.: Si è ritenuto opportuno inserire a questi “Fogli di Informazione”, notizie sul
Metodo Delicato, non presente nelle indicazioni della “National Autistic Society”; se
ne riporta l’illustrazione presentata nel sito “Autismo e Psicosi Infantili”
http://www.alihandicap.org/ali/Altri%20Trattamenti.html#delacato
117
4. Gli autismi (stereotipie) sono sintomi di lesione cerebrale
5. Vengono qui chiamati atteggiamenti sensoriali, e sono tentativi di normalizzare le vie
sensoriali lese.
6. Il bambino cerca di curare se stesso
7. Cercando di farlo si distrae dalla realtà
8. Dall'osservazione del comportamento si possono individuare le vie lese
9. Si può capire se il deficit è di tipo iper, ipo o rumore bianco
10. Si possono normalizzare le vie offrendo al bambino l'esperienza e la stimolazione giusta
attraverso quella specifica via compromessa
11. Quando il canale è normalizzato, il comportamento ripetitivo cessa
12. Quando questo comportamento cessa, il bambino riesce a concentrarsi sul mondo reale.
13. A questo punto lo si curerà come si curano le lesioni cerebrali lievi, offrendogli l'opportunità di
ripercorrere lo stadio che è stato in qualche modo saltato.
Ulteriori informazioni possono essere reperite al sito internet www.delacato.com
118
I SERVIZI DI CURA PER LE PERSONE AUTISTICHE
Questo Fact Sheet è stato formulato per facilitare l’avvio del “NHS and Community Care Act 1990”. I
contenuti sono comunque applicabili a tutti i servizi, presenti e futuri, destinati alle persone
autistiche.
I fattori che devono essere considerati durante la valutazione diagnostica delle persone autistiche
L’autismo è un disturbo “enigmatico” che dura tutta la vita, causato probabilmente da un danno
organico cerebrale, piuttosto che da un trauma emotivo. Lo spettro delle condizioni autistiche copre
una gamma ampia. Varia dalla profonda gravità in alcuni soggetti a sottili problemi di comprensione
in altri di intelligenza apparentemente nella media o al di sopra di questa. L’autismo è spesso
associato ad altre difficoltà di apprendimento.
Le persone autistiche hanno un disturbo caratterizzato da una triade di compromissioni
qualitative quali:

Assenza o compromissione dell’interazione sociale a due vie;

Assenza o compromissione della comprensione o dell’uso del linguaggio e della
comunicazione non-verbale;

Assenza o compromissione della verità flessibile dell’attività immaginativa, con la
sostituzione di una stretta gamma di interessi ripetitivi e stereotipati.
Questo disturbo porta a problemi ad esso relazionati che possono includere:

Resistenza al cambiamento;

Ossessione o comportamento ritualistico;

Alti livelli di ansia;

Mancanza di motivazione;

Incapacità a trasferire le conoscenze da un setting ad un altro;

Vulnerabilità e suscettibilità alla marginalizzazione sociale;

Depressione;

Comportamenti provocatori, di sfida;

Autolesionismo.
Informazioni aggiuntive sul fornire servizi di cura alle persone autistiche
Le persone autistiche hanno bisogno, e il servizio dovrebbe fornire:
1. IPPs (Individual Programme Plans) individuale e dettagliato;
2. strategie dettagliate e specifiche per conquistare abilità di interazione sociale, comunicazione
ed indipendenza;
3. attività strutturate attentamente pianificate;
4. staff appropriati all’avvio delle strategie in tutti i livelli e disponibilità di personale di aiuto in
tutte le aree;
5. un ambiente fisico appropriato.
Il servizio e lo staff devono fornire:
1. costanza e stabilità nell’ambiente e in tutte le interazioni;
2. motivazione esterna continua e intervento positivo.
119
Il servizio ha anche la necessità di provvedere:
1. un sistema di aiuto per maneggiare ed alleviare lo stress dello staff;
2. istruzione specializzata per il personale fornente sia un programma di induzione che un
programma di mantenimento per rinforzare e aggiornare le abilità necessarie allo staff stesso.
Il ruolo del personale è cruciale nel rendere le persone autistiche capaci di partecipare più
intensamente alla vita di ogni giorno. Lo staff necessita della totale comprensione della
menomazione sottostante e deve essere attento al modo in cui la persona autistica vede il mondo.
I programmi di training per lo staff dovrebbero essere indirizzati a fornire:
1. la capacità di capire ed interpretare le comunicazioni verbali e non verbali della persona
autistica;
2. la capacità di tradurre situazioni, eventi e concetti in un linguaggio che può essere compreso
ed afferrato dalla persona autistica;
3. la sensibilità al riconoscimento dei livelli di ansia;
4. le abilità nella gestione e nella riduzione dei comportamenti di sfida;
5. il riconoscimento del valore del rinforzo ripetuto e l’abilità a fare un uso attento della
struttura al fine di contrattaccare la mancanza di motivazione insita in questo disturbo.
120
LE OPZIONI DIAGNOSTICHE NELL’AUTISMO: UNA GUIDA PER I PROFESSIONISTI
DELLA SALUTE
Pochi fra noi amano le “etichette”. Esse hanno comunque il proprio uso. Per i bambini autistici e con
la Sindrome di Asperger esse hanno un ruolo fondamentale. Senza un’accurata diagnosi precoce i
bambini con un disturbo dello spettro autistico possono essere condannati ad una vita che fornisce
loro servizi inadeguati, nella quale i loro bisogni speciali non sono considerati e la loro vita futura
non è valutata adeguatamente. Per gli adulti una specifica diagnosi corretta è spesso cercata e
valutata per la spiegazione che essa dà a quella che è un’esistenza confusa. L’obiettivo della
diagnosi è allora di:

rendere possibile la comprensione;

fornire una guida agli insegnanti, ai genitori e agli altri sulla natura delle condizioni
del bambino e sui possibili problemi conseguenti;

suggerire modalità di gestione efficaci e strategie di insegnamento.
Diagnosi
La diagnosi di una condizione così complessa come l’autismo non è facile e non può essere fatta
attraverso una semplice analisi del sangue.
La diagnosi richiede sia un’attenta osservazione del comportamento che la storia dello sviluppo del
bambino fin dalla prima infanzia. Coloro che elaboreranno la diagnosi, guarderanno specificatamente
all’esistenza della triade di compromissioni e ai modelli di comportamento ripetitivo. Ma dato che
l’autismo è spesso presente con altre diverse patologie, questo processo non è così chiaro come
parrebbe. Altri disturbi di apprendimento e altre patologie indirizzano spesso colui che elabora la
diagnosi fuori strada, lontano dalla diagnosi corretta. Addirittura medici professionalmente vicini
all’autismo, trovano difficile riconoscere alcuni individui con questo disturbo (Larcombe, 1998).
La necessita’ della diagnosi precoce
E’ generalmente accettato che prima viene elaborata una diagnosi valida meglio è per il bambino, la
famiglia e coloro che sono attorno a loro. Ciò perché le strategie efficaci possono essere impiegate
solo se è conosciuta la reale natura delle condizioni del bambino. Sarà vitale per la famiglia ricevere
un aiuto precoce dall’esterno, sia per ridurre lo stress all’interno della famiglia stessa che per
assicurarsi che i comportamenti problematici del bambino non si stabilizzino. Una volta stabilitesi,
essi diventano infatti sempre più, con la crescita del bambino, difficili da risolvere (Howlin, 1998).
Il bisogno di una precoce identificazione è reso più urgente dall’aumentare dei dati confermanti che
un intervento intensivo precoce in setting educativi ottimali, ha come risultato un miglioramento
delle risposte nella maggioranza dei bambini piccoli autistici, includenti l’eloquio nel 75% o più, ed
aumenti significativi nella percentuale dei progressi dello sviluppo e delle prestazioni intellettuali
(Dawson & Osterling, 1997; Rogers 1996, 1998).
Una diagnosi precoce rende possibile fornire aiuto alla famiglia, ridurre lo stress famigliare ed
elargire al bambino cure mediche appropriate (Cox et al., 1999).
Wolley et al. (1989), dimostrarono come la presentazione della diagnosi ai genitori, abbia un
notevole impatto sulla loro accettazione della situazione, sulla loro attitudine a lungo termine, sullo
stress e sulle strategie generali messe in atto per affrontare la situazione.
121
Una diagnosi precoce è vitale anche per assicurare la disponibilità di un consulto genetico ai genitori
che potrebbero considerare di avere, o potrebbero avere già, altri bambini. C’è un aumento di rischio
di fenotipo più ampio fra i fratellini di bambini con un disturbo dello spettro autistico. I fratellini, per
esempio, potrebbero apparire meno colpiti rispetto al loro fratello o alla loro sorella, ma avere
comunque problemi reali in aree come l’interazione sociale o la comunicazione, che un intervento
tempestivo potrebbe evitare diventino immaneggiabili.
Lo screening precoce
L’autismo è molto più comune di ciò che una volta, si pensava, con circa mezzo milione di individui
colpiti nel solo Regno Unito. E’ anche più difficile da diagnosticare che, per esempio, il cancro, il
diabete o la sindrome di Down. Per questi motivi è necessario adottare, come prima cosa, un
approccio di screening. Sarebbe attualmente impossibile, per i medici, testare tutti i bambini per un
possibile disturbo dello sviluppo come l’autismo. La prima tappa deve essere così l’uso di semplici
strumenti di screening per identificare quei bambini più facilmente a rischio di tali problemi.
Simon Baron-Cohen ed i suoi colleghi (1996) attraverso l’aggiunta di alcune domande a quelle
formulate di routine dal pediatra e dagli altri operatori della salute, hanno sviluppato un utile
strumento di screening che pare sia in grado di predire bene la possibilità che un bambino sia affetto
da un disturbo dello spettro autistico. La Checklist for Autism in Toddlers (CHAT) valuta
particolarmente il monitoraggio dello sguardo, il gioco simbolico e l’indicare proto-dichiarativo
(proto-declarative pointing).
Il fallire in queste aree è fortemente associato ad un disturbo dello spettro autistico. Diversamente
dalla CHAT, la Pervasive Developmental Disorders Screening Test-Stage 1 (Siegel, 1998) quota sia i
sintomi positivi che quelli negativi ed include alcune domande inerenti la regressione. E’ un
questionario per genitori di derivazione clinica, diviso in 3 stages, ognuno dei quali indirizzato ad un
diverso livello di screening. E’ formulato per essere usato nel setting del Primary Care con obiettivi
strutturati incrementalmente dalla nascita ai 36 mesi. Le osservazioni dei genitori, che utilizza, per i
comportamenti stereotipati, probabilmente sono un mezzo più accurato che il contare solo
sull’osservazione, dato che i genitori hanno più tempo per osservare il bambino e possono vedere i
suoi comportamenti in ambienti diversi. Il PDDST-Stage 1 non è stato pubblicato ma è disponibile.
La Australian Scale for Asperger’s Syndrome (Garnett e Attwood, 1998) è una scala di punteggi, per
genitori o insegnanti, destinata ai bambini più grandi ad alto funzionamento, che non sono stati
identificati come aventi un disturbo dello spettro autistico in età scolastica. Consiste di 24 domande
con un punteggio da 1 a 6, più una checklist di 10 possibili “si” o “no” aggiuntivi inerenti
caratteristiche comportamentali. Se viene risposto “si” alla maggior parte delle domande e la
maggioranza dei punteggi varia da 2 a 6, è indicata una valutazione diagnostica successiva.
E’ stato compiuto un lavoro davvero estimabile nel diminuire l’età in cui l’autismo può essere
identificato. Sono stati individuati, attraverso l’uso dei videotape famigliari, i comportamenti specifici
che distinguono i neonati autistici (Osterling & Dawson, 1994). I quattro comportamenti che
identificano correttamente più del 90% dei bambini normali ed autistici, riaffermati poi in Mars,
Mauk e Dowrick (1998), sono:
20

contatto con gli occhi20

orientarsi al chiamare del proprio nome21
Eye contact
122

indicare22

mostrare23.
Osterling e Dawson (1999) hanno dimostrato anche che i bambini autistici di 12 mesi possono
essere riconosciuti dai loro compagni della stessa età con disturbi idiopatici d’apprendimento. Questi
comportamenti possono essere identificati ad età inferiori (Brown et al., 1998; Baranek, 1999;
Teitelbaum et al., 1998). L’utilità predittiva di questi risultati deve essere ancora studiata, ma essi
suggeriscono che l’autismo potrà essere infine diagnosticato in modo affidabile a 12 mesi di età od
addirittura prima.
Visite di routine sullo sviluppo
Esistono molti mezzi di screening e di pre-screening oltre a molti test, che possono essere usati con
i bambini con possibili disturbi dello spettro autistico, per indagare il loro particolare sviluppo e le
loro abilità cognitive, di linguaggio e gioco. Negli USA la Denver-II (precedentemente: Denver
Developmental Screening Test Revisited; Frankenburg et al., 1992) è stata usata tradizionalmente
per screening sullo sviluppo di bambini fino a 6 anni di età. Sebbene sia facile usarla ed attribuirne i
punteggi, la sua validità non è comunque stata studiata. E’ stato trovato manchi di specificità (un
numero significativo di bambini normali vennero classificati come ritardati) e di sensibilità (ha
mancato la classificazione di un certo numero di bambini ritardati) (Glascoe et al., 1992). Il Revised
Denver Pre-Screening Developmental Questionnaire (R-DPDQ; Frankenburg 1986) è strutturato per
identificare i bambini che necessitano di valutazioni ulteriori. Dato che è creata sulla versione
originale della Denver Developmental Screening Test, anch’essa ha mancanza di sensibilità e
specificità.
L’Autism Screening Questionnaire (ASQ) è un tentativo di sviluppare uno strumento di screening
affidabile e valido, basato sui criteri diagnostici attuali per l’autismo. Usa la versione rivisitata del
ADI Algorithm (Lord et al., 1994) usata dall’ICI-10 (World Health Organisation, 1994) e dal DSM-IV
(American Psychiatric Association, 1994). Strutturata da Rutter e Lord (Berument et al., 1999) per
essere usata con tutti i gruppi di età, è completata dal pediatra su coloro che possono avere un
disturbo dello spettro autistico. L’ASQ consiste di 40 domande, basate sull’ADI-R ma modificate per
essere comprese dai genitori senza spiegazioni ulteriori. E’ disponibile in due versioni, una per
bambini sotto i sei anni e l'altra per individui con più di 6 anni. E’ stato provato che l’ASQ è uno
strumento di screening ad alta efficacia per i bambini di 4 anni e oltre. Ovviamente, come ogni altro
questionario, non può fornire una diagnosi individuale.
Gli strumenti di screening sullo sviluppo standardizzato
includono:
con accettabili proprietà psicometriche,
nd
1. Il The Ages and Stages Questionnarie, 2
ed, ASQ (Bricker and Squires 1994, 1999;
Squires, Bricker and Potter, 1997) usa le descrizioni dei genitori per i bambini fino a tre anni.
E’ importante riconoscere che i genitori sono solitamente corretti nelle loro preoccupazioni
sullo sviluppo del bambino (Glascoe, 1994, 1997, 1998; Glascoe & Dworkin, 1995). Ci sono
anche versioni per altre gamme di età. Sebbene sia un mezzo standardizzato e convalidato,
è comunque breve e usato particolarmente come pre-screening.
2. BRIGANCE Screens (Brigance, 1986, Glascoe, 1996) contiene sette diversi modelli, uno per
ogni anno, da 21 a 90 mesi di età. Disponibile in inglese e spagnolo, richiede 10 minuti per
21
Orientating to name being called
22
Pointing
23
Showing
123
essere svolto ed evidenzia le chiavi dello sviluppo e le prime abilità scolastiche, incluso il
linguaggio; le abilità motorie fini e globali, lo sviluppo grafomotorio, la conoscenza generale
nei primi anni e la lettura e la matematica negli anni successivi.
3. Il The Child Development Inventories (Ireton, 1992; Ireton e Glascoe, 1995) include tre
misurazioni separate che coprono dalla nascita ai 72 mesi di età e sono completate dalle
indicazioni dei genitori in circa 5-10 minuti. Il CDIs è strumento di screening per problemi di
linguaggio, motori, cognitivi, prescolastici, sociali, di auto-aiuto, comportamentali e di
salute; ha una buona specificità ed un’eccellente sensibilità. Se i genitori non parlano bene
l’inglese, esso può essere direttamente somministrato ai bambini.
4. Il The Parents’ Evaluation of Devolopmental Status (PEDS; Glascoe, 1998) aiuta gli operatori
a comprendere ed interpretare le preoccupazioni dei genitori. Esso valuta le probabilità
dell’esistenza di ritardi e di menomazioni inerenti i diversi tipi di preoccupazione, rendendo
possibile ai medici: prendere decisioni basate su fatti evidenti, fornire consigli e riassicurare i
genitori. I genitori devono rispondere a dieci domande scritte in inglese o spagnolo che
saranno poi interpretate dai medici in circa due minuti. Il PEDS è uno strumento sottoposto a
controlli di validità e standard e la ricerca ha dimostrato che i genitori hanno molte
probabilità di essere accurati.
5. Bayley Scales II (Bayley, 1993) è una revisione della Bayley scales classica sullo sviluppo
infantile, destinata a bambini di 1-42 mesi. Nei setting clinici queste scale sono state usate
per identificare i bambini con ritardi dello sviluppo o quelli sospetti di esserne a rischio. Può
essere usata in una o due sessioni in quanto la sua applicazione necessita di circa 45-60
minuti. Le tre scale utilizzate sono:

Mentale, include la valutazione delle sensibilità sensorio/percettive, la memoria,
l’apprendimento ed il problem solving, la vocalizzazione e le prime funzioni
comunicative;

Motoria, include la valutazione del grado di controllo del corpo e le abilità di
manipolazione fine;

Comportamentale, include le misurazioni dell’attenzione e
l’orientamento e la capacità di impegno, e la regolazione emotiva.
dell’induzione,
6. La Wechsler pre-school and primary scale of intelligence, nell’edizione rivisitata (WPPSI-R)
(Wechsler, 1990) è un metodo di valutazione delle capacità dei bambini di 3-7 anni, molto
affidabile. E’ stato modificato per essere utilizzato nel Regno Unito e la somministrazione
individuale richiede circa 60 minuti.
124
Tabella 5.
Cosa devono cercare i professionisti della salute quando i genitori esprimono le
loro preoccupazioni ?
Le BANDIERE ROSSE dell’autismo24
PREOCCUPAZIONI INERENTI LA COMUNICAZIONE
Non risponde al suo nome
Non è capace di chiedere cosa desidera
Il linguaggio è in ritardo
Non segue le indicazioni
A volte sembra sordo
A volte sembra capace di udire altre no
Non indica e non saluta con la mano
Prima diceva qualche parola, ora non più
PREOCCUPAZIONI INERENTI LA SOCIALITÀ
Non sorride socialmente
Sembra preferisca giocare da solo
Prende gli oggetti da solo
E’ molto indipendente
Fa le cose “precocemente”
Attua scarso contatto con gli occhi
E’ nel suo mondo
Ci chiude fuori
Non è interessato agli altri bambini
PREOCCUPAZIONI INERENTI IL COMPORTAMENTO
Ha crisi di collera-aggressività
E’ iper-attivo, non-cooperativo, provocatorio
Non sa come usare i giocattoli
Si blocca regolarmente sulle cose
Cammina in punta di piedi
Ha attaccamenti inusuali ai giocattoli
Allinea gli oggetti
E’ ipersensibile a certe fibre tessili o a certi suoni
Ha strani modelli di movimento
INDICAZIONI ASSOLUTE PER ULTERIORI VALUTAZIONI DIAGNOSTICHE
IMMEDIATE
Nessuna lallazione entro i 12 mesi
Nessuna gestualità (indicare, muovere la mano, salutare etc.) entro i 12 mesi
Nessuna parola entro i 16 mesi
Nessuna frase spontanea (non ecolalia) di due parole entro i 24 mesi di età
QUALUNQUE perdita di QUALSIASI abilità linguistica o sociale ad OGNI età.
24
N.d.C.: Riprodotto con il consenso dell’autore e dell’editore da Filipek et al.,1999.
125
I sistemi diagnostici internazionali
Le principali classificazioni diagnostiche internazionali sono la International Classification of Diseases
th
th
10 edition, ICD-10 (World Health Organisation, 1994) e la Diagnostic and Statistical Manual 4
edition, DSM-IV (American Psychiatric Association, 1994).
Ognuna di queste ha incluso l’autismo fin dai tardi anni ’70.
possono essere trovati nel sito:
I criteri dell’ICD-10 per l’autismo
http://www.geocities.com/HotSprings/9647/icd-10.htm
e sono focalizzati:

Sulla comunicazione anormale,

Sullo sviluppo sociale anormale,

Sul comportamento rituale e stereotipato e sulla resistenza al cambiamento.
La sindrome di Asperger, all’opposto, non comparve nelle classificazioni dell’ICD-10 e del DSM-IV,
fino agli anni ’90: c’è ancora confusione sui criteri per la sindrome di Asperger e sul come e se,
questi, si differenziano dall’autismo ad alto funzionamento. Per esempio, il DSM-IV esclude una
diagnosi di Asperger se il bambino rientra in una diagnosi di autismo, mentre l’ICD-10 è più
equivoco.
Entro le aree identificate dall’ICD-10 vi è una grande variabilità. Tutte le persone autistiche
riveleranno le loro caratteristiche individuali. Ma la condizione patologica potrà, successivamente,
sembrare diversa nello stesso bambino ad un’altra età, ed avrà diversi livelli cognitivi a seconda dei
bambini. Data questa variabilità e data anche la complessità nell’appianare
i problemi
nell’interazione sociale, nella comunicazione nei comportamenti ritualistici od ossessivi, è meglio
utilizzare mezzi e strumenti che testano specificatamente la presenza della sintomatologia autistica
(Howlin, 1998). Nella pratica medica gli individui con tratti misti di autismo e sindrome di Asperger
sono più comuni che quelli con le sindromi pure. E’ più utile elaborare classificazioni sul livello
dell’abilità piuttosto che sui sottogruppi diagnostici teorici.
Gli strumenti diagnostici
Per ottenere una diagnosi ci sono due metodi principali. Il primo consiste nel costruire una raccolta
sistematica di fatti e nel selezionarli al fine di emettere poi una diagnosi e le raccomandazioni per la
cura.
Questo è l’approccio adottato da Lorna Wing, Judith Gould e i loro colleghi della National Autistic
Society’s Centre for Social and Communication Disorders. Hanno usato quest’approccio –l’Handicaps
and Behaviour Schedule (HBS)- fin dalla fine degli anni ’70 (Wing e Gould, 1978). Copre molti
aspetti del comportamento dall’infanzia in poi. L’HBS è stato ora ulteriormente sviluppato nella
Diagnostic Interview for Social and Communication Disorders (DISCO), sottoposta a valutazione nel
Regno Unito e in Svezia sarà fra poco disponibile per tutti coloro che hanno seguito il corso
d’istruzione necessario per utilizzarlo. Gli algoritmi usati per la Disco sono già stati usati per
comparare i criteri dell’ICD-10 sulla Sindrome di Asperger con quelli suggeriti da Gillberg (Leekam et
al., 2000). La Autistic Diagnostic Interview- Revised (ADI-R) sviluppata da Lord, Rutter e Le
Couteur (1994) utilizza un approccio simile ma è indirizzata verso il diagnosticare l’autismo tipico
per scopi di ricerca.
126
L’altro metodo consiste nel prendere i tratti tipici del comportamento autistico e nel contarli, per
determinare se una persona può ricadere entro lo spettro. Quest’approccio, più meccanico, è quello
di diverse Checklist come la Gilliam Autism Rating Scale (Gilliam, 1998). Questa è una Checklist
strutturata per essere usata da genitori, insegnanti e operatori, per aiutare ad identificare e a
stimare la severità dei sintomi autistici negli individui di età compresa fra i 3 ed i 22 anni. E’ basata
sul DSM-IV (American Psychiatric Association, 1994) e raggruppa i target in quattro sottotest –
comportamenti stereotipati, comunicazione, interazione sociale, e un test opzionale che descrive lo
sviluppo nei primi tre anni di vita.
A causa delle richieste effettuate dai medici, molto occupati, ci sono stati diversi tentativi per
realizzare strumenti che siano in grado di scoprire l’autismo più velocemente rispetto agli strumenti
diagnostici elencati sopra. Fra questi è inclusa la Childhood Autism Rating Scale (Schopler, Reichler
e Renner, 1988). Questa è uno strumento strutturato sull’osservazione e su un’intervista divisa in
15 target, finalizzata all’utilizzo con bambini di un’età superiore ai 24 mesi. Ogni target utilizza una
scala formata da 7 punteggi che indicano il grado nel quale il comportamento del bambino differisce
dalla norma di sviluppo dell’età appropriata. Distingue anche il grado di autismo. Richiede circa 3045 minuti per essere somministrata ed è considerata diffusamente come un mezzo affidabile per
diagnosticare l’autismo.
La Parent Interview for Autism (Stone e Hogan, 1993) è un colloquio strutturato per contenere 118
punti, suddivisi in 11 gruppi e miranti a valutare i diversi aspetti del comportamento sociale, delle
funzioni comunicative, delle attività ripetitive e dei comportamenti sensori. E’ designata per ottenere
informazioni diagnosticamente rilevanti fornite dai genitori dei bambini piccoli sospettati di essere
autistici e richiede circa 45 minuti per essere somministrata. Ha una buona consistenza interna e
una buona affidabilità ed è stato dimostrato è valida sia con il CARS (Schopler, Reichler e Renner,
1988) che con il DSM-IV (American Psychiatric Association, 1994).
Altri esempi sono la Autism Behaviour Checklist (Krug, Arick e Almond, 1980) e il The Behavioural
Rating Instrument for autistic and other atypical children (Ruttenberg et al., 1977). Questi
strumenti non possono comunque essere usati nello stesso modo in cui sono usati gli strumenti
diagnostici: mostrano solo se i bambini possono ricadere entro lo spettro autistico o meno.
Considerando ciò, la diagnosi può essere chiarita solo con l’osservazione clinica effettuata da esperti
e unita ad un colloquio dettagliato e sistematico (Howlin, 1988).
Le Checklist di loro tendono a
mancare molte delle manifestazioni più strane appartenenti allo spettro autistico.
Sono stati fatti anche altri tentativi per fornire mezzi d’osservazione strutturati. Questi aiutano a
rendere il tempo limitato, che il più delle volte i medici hanno, disponibile all’osservazione dei
bambini. La Autism Diagnostic Observation Schedule (ADOS) (Lord et al., 1989) ha generato una
versione successiva, la Pre-Linguistic ADOS (Di Lavore, Lord e Rutter, 1995), ma è ora usata in una
versione generale, la ADOS-G (Lord et al., 1996). Essa tenta, attraverso una serie di obiettivi
strutturati, di valutare il funzionamento sociale e comunicativo del bambino. Questi obiettivi
includono le attività di costruzione e di rispetto del turno (turn-taking activities), l’imitazione, la
capacità di raccontare una storia, il gioco immaginativo, la gestualità e le abilità conversazionali. La
ADOS-G per essere completata richiede circa 20-40 minuti ma può fornire più informazioni di quelle
che sarebbero ottenibili con un’osservazione informale.
Infine il medico dovrebbe cercare di osservare il bambino lontano dal momento del test formale o
dalle domande di routine. Come l’ADI-R, l’ADOS-G è usato largamente nelle procedure di ricerca
dell’autismo.
127
Un’altro strumento di misurazione, inteso per essere utilizzato con bambini fra i 24 ed i 35 mesi dai
diversi operatori della prima infanzia, è lo Screening Tool for Autism in Two-year-olds (Stone, 1998a,
1998b). Questo strumento è ancora in fase di elaborazione ma è destinato a differenziare
specificatamente l’autismo dagli altri disturbi dello sviluppo. E’ somministrato attraverso
un’interazione di gioco dalla durata di 20 minuti, coinvolgente 12 attività. Esse testano 3 aree: il
gioco (sia il gioco simbolico che il gioco sociale reciproco), l’imitazione motoria e lo sviluppo
comunicativo non-verbale. C’è un manuale con chiare istruzioni per l’utilizzo e l’attribuzione dei
punteggi. Lo studio pilota ha mostrato sensibilità e specificità molto forti.
Infine Filipek et al.(1999) raccomandano che i bambini con disturbi dello spettro autistico e ritardi
dello sviluppo, siano sottoposti ad una visita audiologica formale, allo screening per positività al
piombo, e a comportamenti adattivi, a valutazioni diagnostiche sensomotorie e neuropsicologiche,
così come a test metabolici ed elettrofisiologici. Raccomandano anche una valutazione del
funzionamento dell’ambiente famigliare per determinare il livello di comprensione dei genitori in
riguardo alle condizioni del bambino, al fine di offrire consultazione ed educazione appropriate.
Appendice: GLOSSARIO DEI TERMINI
Valutazione audiologica: Valutazione diagnostica condotta per
appare sorda, sia temporaneamente che permanentemente. Ci
uditivi disponibili: comportamentale ed elettrofisiologica. Per i
sviluppo, dovrebbe essere attuato, da un audiologo esperto, un
la pura valutazione del tono audiometrico25.
valutare l’udito di una persona che
sono due ampie categorie di esami
bambini con sospetti disturbi dello
esame comportamentale includente
I Brainstem auditory evoked potentials saranno necessari solo se il test iniziale è equivoco, non
perfetto o se suggerisce un’anormalità del sistema nervoso centrale.
Fenotipo autistico più ampio: Caratteristiche che sono qualitativamente simili, ma più lievi di quelle
che definiscono l’autismo –deficit sociali e della comunicazione e comportamenti stereotipati e
ripetitivi- che mostrano aggregazione familiare in famiglie con uno o più membri autistici.
Sviluppo grafomotorio: Quelle abilità motorie fini associate alla scrittura e al disegno.
Disturbo idiopatico dell’apprendimento: Idiopatico significa che è un disturbo con cause sconosciute.
Indicare proto-dichiarativo: Questo tipo di indicare (pointing) è finalizzato al dichiarare un interesse
in qualcosa, diversamente dall’indicare proto-imperativo che è invece usato per richiedere qualcosa.
L’indicare proto-dichiarativo è deficiente nei bambini con disturbi dello spettro autistico.
Triade di compromissioni: I disturbi dello spettro autistico sono caratterizzati da compromissioni
nell’interazione sociale, nella comunicazione sociale e nella immaginazione, che possono verificarsi a
diversi gradi di severità. Questa triade è generalmente accompagnata da un modello di attività
limitato, ristretto e ripetitivo.
25
Tone audiometry
128
BIBLIOGRAFIA SPECIALIZZATA
ASPETTI BIOLOGICI E TERAPIA FARMACOLOGICA
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133
SABATO
PER UN PATTO DI SOLIDARIETÀ TRA LE ISTITUZIONI, I
SERVIZI E LE FAMIGLIE

Carta dei Diritti delle Persone Autistiche (tratta da “Autismo Europa”)

Stili di Comunicazione con i bambini Autistici (dal sito della “National Autistic
Society”)

Linee Guida per le terapie non-tradizionali nell’autismo (dalla Home Page del sito
TEACCH)

Bambini Difficili, Genitori Difficili (Link, Autismo Europa, 2

La famiglia fra bisogni e risposte dei servizi (di Donata Vivanti)
nd
quarter 2000)
CARTA DEI DIRITTI PER LE PERSONE AUTISTICHE
Tratta da:
www.autismeurope.arc.be/
La Carta dei diritti delle persone autistiche è stata adottata come risoluzione formale dal Comitato
per gli affari sociali del Parlamento europeo nel 1993 e adottata dal Parlamento europeo nel maggio
1996.
Le persone autistiche devono poter godere degli stessi diritti e privilegi della popolazione europea
nella misura delle proprie possibilità e del proprio miglior interesse.
Questi diritti devono essere valorizzai, protetti e applicati In ogni stato attraverso una legislazione
appropriata.
Dovrebbero essere tenute in considerazione le dichiarazione statunitensi sui Diritti dei Disabili
Mentali (1971) e sui Diritti delle Persone Handicappate (1975), nonché le altre dichiarazione dei
Diritti dell'Uomo; in particolare, per quanto le persone autistiche, si dovrebbe includere quanto
segue:
1 IL DIRITTO per le persone autistiche a una vita piena e indipendente nella misura delle proprie
possibilità.
2 IL DIRITTO per le persone autistiche a una diagnosi e una valutazione clinica precisa, accessibile e
imparziale.
3 IL DIRITTO per le persone autistiche ad una educazione accessibile e appropriata.
4 IL DIRITTO per le persone autistiche o i propri rappresentanti a partecipare a ogni decisione
riguardo al proprio futuro e, per quanto possibile, al riconoscimento e al rispetto dei propri desideri.
5 IL DIRITTO per le persone autistiche ad una abitazione accessibile e appropriata.
134
6 IL DIRITTO per le persone autistiche alle attrezzature, all'aiuto e alla presa in carico necessaria a
condurre una vita pienamente produttiva, dignitosa e indipendente.
7 IL DIRITTO per le persone autistiche ci un reddito o ad uno stipendio sufficiente a provvedere al
proprio sostentamento.
8 IL DIRITTO per le persone autistiche a partecipare, per quanto possibile, olio sviluppo o alla
gestione dei servizi realizzati per il loro benessere.
9 IL DIRITTO per le persone autistiche a consulenze e cure accessibile e appropriato per la propria
salute mentale e fisica e per la propria vita spirituale, cioè a trattamenti e cure mediche accessibili,
qualificati e somministrati soltanto a ragion veduta e con tutte le precauzioni del caso.
10 IL DIRITTO per le persone autistiche a una formazione corrispondente alle proprie aspirazioni e a
un lavoro significativo senza discriminazione o pregiudizi; la formazione professionale e il lavoro
dovrebbero tener conto delle capacità e delle inclinazioni individuali.
11 IL DIRITTO per le persone autistiche a mezzi di trasporto accessibili e alla libertà di movimento.
12 IL DIRITTO per le persone autistiche ad aver accesso ad attività culturali, ricreative e sportive e a
goderne pienamente.
13 IL DIRITTO per le persone autistiche a godere e usufruire di tutte le risorse, i servizi e le attività
a disposizione del resto della popolazione.
14 IL DIRITTO per le persone autistiche ad avere relazioni sessuali, compreso il matrimonio, senza
coercizione o sfruttamento.
15 IL DIRITTO per le persone autistiche (o i propri rappresentanti) alla rappresentanza e
all’assistenza giuridica e alla piena protezione dei propri diritti legali.
16 IL DIRITTO per le persone autistiche a non dover subire la paura o lo minaccia di un
internamento ingiustificato in ospedale psichiatrico o in qualunque altro istituto di reclusione.
17 IL DIRITTO per le persone autistiche a non subire maltrattamenti fisici o abbandono terapeutico.
18 IL DIRITTO per le persone autistiche a non ricevere trattamenti farmacologici inappropriati o
eccessivi.
19 IL DIRITTO per le persone autistiche (o i propri rappresentanti) all’accesso ad ogni
documentazione personale in campo medico, psicologico, psichiatrico o educativo.
135
STILI DI COMUNICAZIONE CON I BAMBINI AUTISTICI
Nell’interazione con i bambini dello spettro autistico, alcuni stili di comunicazione si sono rivelati
efficaci:
USA SOLO PAROLE NECESSARIE
Prova ad eliminare ogni linguaggio che non fornisce informazioni chiave.
Per esempio:
NON DIRE...
“Ti dispiacerebbe venire qua e sederti sulla sedia?”
MA DI’:
“Tom, siediti qui” (indica con il braccio quale sedia intendi)
FORNISCI TUTTE LE INFORMAZIONI POSSIBILI
Sebbene i bambini si possano innervosire con i cambiamenti, reagiscono meglio se informati in
precedenza, così da anticipare ciò che accadrà.
Per esempio
NON...
Non evitare di dire a Tom che il suo insegnante è ammalato. Non lasciargli scoprire ciò quando
entrerà in classe e vedrà che c’è un altro insegnante al posto di quello solito. Tacere può sembrare la
scelta più semplice, puoi pensare che così facendo stai minimizzando il suo livello di stress
nell’apprendere cattive notizie. Ma è meglio affrontare le cose, prima che queste accadano, piuttosto
che attendere un responso (non prevedibile). A volte solo quando le routine sono spezzate, vediamo
quanto il bambino faccia affidamento su queste.
MA...
Preparalo: “Tom, domani andrai a scuola. La Signora Bianca non sarà là. Ha un brutto raffreddore. Il
Sig. Simone di solito t’insegna matematica. Domani il Sig. Simone sarà il tuo insegnante di
riferimento per tutto il giorno”.
Fornisci al tuo bambino tutte le informazioni di cui senti possa aver bisogno. Sii preparato a
rispondere alle sue domande. Sii onesto, se non sei sicuro che l’insegnante ritorni il giorno
successivo, dillo. Spiega cosa accadrà in quest’eventualità. Essere informati sulla situazione rende
più sicuri.
Tieni sotto controllo ogni cambiamento nel comportamento del bambino –se è più aggressivo od
ossessivo, può darsi che necessiti di essere rassicurato sul cambiamento di routine e sul come ciò
avrà a che fare con lui.
SII POSITIVO
Non dire al bambino solo ciò che non dovrebbe fare, digli anche ciò che dovrebbe fare.
Per esempio:
NON DIRE…
“Non voglio che lasci i tuoi giocattoli sparsi su tutto il pavimento”
136
Ciò non dice nulla al bambino, a parte quello che a già fatto!
MA DI’...
“Tom, raccogli i tuoi giochi dal pavimento. Mettili nella scatola dei giocattoli”
EVITA IL SARCASMO
Il tuo bambino potrebbe possedere una comprensione molto letterale del linguaggio. Se vuoi
indicargli che faccia qualcosa, usa uno stile diretto.
Per esempio
NON DIRE...
“Hey, che camera pulita hai!” (con la voce sarcastica che indica quanto la camera sia davvero in
disordine). Il bambino potrebbe prendere le tue parole sul serio. Ciò può infuriare –fa magari
pensare che il bambino sia sfrontato o che ci stia rispondendo a sua volta sarcasticamente, ma
questa è un’incomprensione reale. Il sarcasmo è un uso del linguaggio complesso che alcuni bambini
con ASD non possono riconoscere od usare. (Alcuni bambini più capaci forse potranno imparare le
regole del sarcasmo ed essere poi in grado di riconoscerlo e di rispondere alle sue forme più
semplici).
MA DI’...
“Che disordine. Metti i tuoi vestiti nel cassetto”
QUANDO È POSSIBILE USA TERMINI CONCRETI
Il bambino capirà meglio questo tipo di linguaggio. Ciò indica anche le basi sulle quali fornirgli
informazioni sufficienti per rassicurarlo.
Per esempio:
NON DIRE…
“Non possiamo farlo adesso, lo faremo dopo”
MA DI’...
“Tom, so che vuoi andare a nuotare. Ti porterò a nuotare stasera alle cinque”.
Se sono formulate altre domande, prova a rispondere (se ragionevoli). Dev’essere trovato,
ovviamente, un modo che bilanci l’essere informativi e l’essere concisi. Solo tu puoi sapere quante
informazioni tuo figlio può capire ed introiettare: “Non possiamo andare a nuotare adesso. La
mamma vuole venire con noi. Tornerà dal lavoro alle cinque. Quando arriverà a casa, andremo a
nuotare”.
Fornire abbastanza informazioni è importante anche quando si vuole lodare il bambino –devi rendere
chiaro perché sei felice del suo comportamento. Ciò lo incoraggerà a ripetere, anche in futuro, lo
stesso comportamento.
PROVA A DIRE...
“Hai messo a posto la tua camera. Che bello!”
PIUTTOSTO CHE...
“Sei bravo”
137
FORNISCI TEMPO EXTRA PER PENSARE
I bambini con ASD possono aver bisogno di più tempo per assimilare le informazioni date loro.
Renditi conto di ciò. Se necessario torna da loro per la risposta dopo qualche minuto. Se sai che ti ha
capito la prima volta, prova a non ripeterti. Ciò, infatti può essere frustrante per il bambino che sta
provando a rispondere ma necessita di più tempo per replicare (Sono sicuro che tutti noi abbiamo
esperienza di ciò).
N.B. In quest’articolo ho provato a fornire alcune indicazioni di base, per le linee guida più
dettagliate sulla comunicazione, vedi Communicating with people with autism (distribuito
dall’Indiana Resource Centre for Autism).
LINEE GUIDA PER VALUTARE LE TERAPIE NON-TRADIZIONALI
NELL'AUTISMO26
Per valutare le terapie non-tradizionali o gli approcci di trattamento peril tuo bambino con autismo, è
importante porre interrogativi e valutare attentamente il programma che ti è proposto
Il "A Pediatric View of the Treatment Options for the Autistic Syndrome" di Joanna Dalldorf
(disponibile anche alla Home Page del TEACCH www.unc.edu/depts/teacch/treatmnt.htm è un utile
riferimento.
I seguenti punti dovrebbero servire come linee guida per i genitori.
1. Descrizione del Programma
 Quale e' il programma del trattamento?
 Vi sono informazioni scritte, una descrizione del programma, delle
schede dettagliate, ecc.?
 Quale e' il coinvolgimento per il bambino e per la famiglia?
 Quanto dura il trattamento?
 Quale e' la frequenza delle sedute?
 Quanto tempo richiede ai genitori?
 Che impegno finanziario richiede?
 Il trattamento e' focalizzato su di una particolare abilita' o ha un
approccio generale e multicomprensivo?
26
N.d.C.: Non essendo molto chiaro quali possano essere considerate "terapie nontradizionali" nel nostro contesto operativo nazionale, queste linee guida possono
essere utilizzate sia dai genitori, ma anche dai servizi per elaborare la loro "Carta del
Servizio" per permettere ai genitori di "comprendere" bene il senso degli interventi.
138
 I genitori, gli operatori, gli insegnanti, o altri necessitano di essere
formati nella tecnica di trattamento?
 Esiste un cooridinamento tra il programma di trattamento e le altre
persone o servizi che operano con la famiglia (ad esempio insegnanti,
terapisti, medici)?
 Gli obiettivi del programma di trattamento sono individualizzati per ogni
paziente e per le loro famiglie?
 viene condotto un follow-up o una azione di supporto dopo la
cessazione del trattamento?
2. Principi e obiettivi del programma
 Quali sono i principi, la filosofia o gli obbiettivi che stanno alla base del
programma di trattamento?
 In che modo la filosofia si collega alle specifiche tecniche del
trattamento?
 Come si sono sviluppate la filosofia e i metodi del trattamento (ad es. la
ricerca scientifica, l'esperienza clinica, l'applicazione o l'estensione da
campi correlati come quelli del ritardo mentale o dei disturbi di
apprendimento)
 Sei in accordo con la filosofia del programma?
3. Credenziali del responsabile del programma e dello staff.
 Quale e' il riferimento culturale dello staff?
 Quale la loro formazione e le loro credenziali professionali?
 Quale e' la forimazione dello staff e quali le esperienze in campo di
autismo?
 Quali sono i loro convincimenti sulla natura del disturbo?
 Quanta esperienza hanno nel fornire questo tipo di trattamento?
 Lo staff del programma e' aperto alle domande o alle valutazioni dei
genitori o degli altri professionisti coinvolti nella cura del bambino?
4. L'efficacia (effectiveness27) del programma.

27
Quale è l'evidenza di supporto alla efficacia del programma?
N.d.C.: "Effectiveness" è l'efficacia osservata nelle condizioni di funzionamento routinario
dei servizi e nella pratica clinica quotidiana, a differenze della "efficacy" che è
l'efficacia sperimentale o teorica dimostrata in condizioni di ricerca con soggetti
selezionati, ad esempio in uno studio clinico controllato.
139

Vi è una conferma "indipendente" della efficacia del programma di trattamento?

Quali sono i possibili effetti negativi o gli effetti collaterali del trattamento?

Quale impatto sullo stile di vita della famiglia puo' avere il programma?
140
BAMBINI DIFFICILI, GENITORI DIFFICILI28
Un bambino autistico è probabilmente il bambino più difficile con cui avere a che fare fra tutti i
bambini con disturbi. E’ certamente sbagliato definire i disturbi in “categorie”, “migliori” e “peggiori”,
ma è giustificabile ritenere che l’autismo determini tensioni enormi nelle famiglie, incomparabili
rispetto agli altri disturbi.
Ciò è causato da diversi motivi.
Primo fra tutti, l’autismo è spesso difficile da identificare, è in un certo modo “invisibile”: non c’è
nessuna menomazione evidente nell’aspetto del bambino, diversamente da ciò che accade per i
bambini con paralisi cerebrale, sindrome di Down o menomazioni fisiche: così, il comportamento
“bizzarro” del bambino non è capito ed è male interpretato (“bambino viziato e dispettoso!”), i suoi
bisogni particolari non sono rispettati, i genitori sono sotto stress costante poiché accusati di non
essere capaci di disciplinare i loro figli......
Secondo, in aggiunta all’attitudine negativa dell’esterno, i genitori si sentono spesso rifiutati dal
bambino stesso, vivono così sentimenti profondi d’inutilità ed amore non corrisposto.
Terzo, è causa di tensione grandissima, sia fisica sia emotiva, crescere un bambino che può vivere
senza dormire per più di 20 ore, che non vuole mangiare il cibo preparato per lui, che può essere
aggressivo e inquieto, che può avere una crisi di collera fuori del normale, in breve, che necessita di
supervisione giornaliera, 24 ore su 24......
Il periodo che intercorre fra la diagnosi del bambino e l’adattamento dei genitori alla situazione, può
essere molto lungo e doloroso, un periodo durante il quale i genitori attraversano diversi stages:
1) NEGAZIONE: non vogliono credere che il loro bambino bello e amato sia malato. Alle
volte sentono con chiarezza che c’è qualcosa di sbagliato in lui (specie se lo comparano ai
bambini della stessa età). Altre volte, si persuadono che, comunque, tutto va bene, che il
loro bambino sta crescendo normalmente (ha superato le tappe fondamentali della sua
età, non è vero? E non è forse vero che è molto bravo nell’accendere la TV o nel trovare i
video che desidera?). I genitori rifiutano di percepire che forse c’è in lui qualcosa di
sbagliato. Trovano difficile accettare ciò e molto spesso si offendono, quando gli amici o i
parenti, menzionano alcuni tratti strani nel comportamento del bambino e suggeriscono un
consulto medico. Rimanere in questo stadio troppo a lungo è molto pericoloso, più
precocemente è fatta la diagnosi e iniziato l’intervento, migliori sono le possibilità future
del bambino. Conosco personalmente alcuni genitori (fortunatamente molto pochi) che
rifiutano ancora la verità e negano la necessità di andare incontro ai bisogni particolari del
bambino: “Lui è normale. Anche suo padre è stato lento nell’acquisire il linguaggio, ma
adesso è un ingegnere”, ecc. Spesso è il bambino colui che è danneggiato da
quest’atteggiamento.
2) SHOCK. L’accettazione della realtà ed il riconoscimento dell’autismo del bambino, causano
spesso shock. Non importa quanto i genitori siano preparati ad “affrontare il peggio”, il
fatto che questo sia il peggio è una realtà che causa shock.
3) DISPERAZIONE. In questo stadio i genitori sono paralizzati a livello emotivo, incapaci di
fare qualunque cosa. All’inizio si sentono disperati perché non sanno cosa sia l’autismo e
28
Bojdashina O. (2000). Difficult Parent, Difficult Children. In Link. 2nd quarter 2000.Autisme-Europe,
141
cosa sia più giusto facciano. Paradossalmente, più cose i genitori imparano su questo
disturbo, più si sentono confusi e disperati. Spesso pensano d’essere l’unica famiglia al
mondo ad avere un bambino così, pensano che nessun altro possa capire i loro problemi
(sapere che ci sono tanti altri con lo stesso problema determina un gran sollievo e il
desiderio di cercare aiuto). Alle volte il sentimento di disperazione è seguito dal senso di
colpa.
4) COLPA. Siamo colpevoli (sono colpevole) per il disturbo del nostro bambino? Questo è lo
stage in cui le famiglie possono diventare più forti unendo gli sforzi per aiutare il bambino,
o possono invece dividersi perché i genitori si colpevolizzano l’un l’altro o colpevolizzano i
reciproci parenti acquisiti per avere “il gene sbagliato”. Un altro effetto collaterale del
processo è la creazione del senso di vergogna. Alcuni genitori possono vergognarsi del
bambino, non vogliono portarlo fuori in pubblico, non parlano di lui con i loro amici come
se non esistesse. Considerano il bimbo come il dolore delle loro vite, come la punizione
per un qualche cosa commesso in passato. Tali genitori sono fortunatamente rari. Il senso
di colpa può poi crescere nella rabbia.
5) RABBIA. Perché il nostro bambino? Che cosa abbiamo sbagliato? Perché così tante
persone bevono, fumano e hanno bambini normali e noi no? ecc. Molto spesso, non
coscientemente, i genitori hanno pietà di loro stessi (perché noi?). E’ molto pericoloso
fermarsi a questo stage e colpevolizzare aridamente tutti e qualsiasi cosa, per la propria
sfortuna.
E’ interessante notare che, alle volte, alcuni genitori saltano uno o due stadi, alcuni si fermano su
certi più a lungo di altri ....
Dopo aver attraversato tutti questi mutamenti emotivi, i genitori arrivano al punto con diverse
possibilità da perseguire. La scelta è individuale e dipende ovviamente da fattori personali.
Io credo che una delle migliori option da scegliere è l’accettazione.
Accettare e amare il bambino per quello che è, per la sua grande differenza dagli altri, per quello che
ha cambiato nella sua vita.
Altre cose da fare possono essere: smettere di aver pietà di se stessi, godersi la compagnia del
bambino con il risultato che la famiglia è felice e unita negli sforzi di ognuno per migliorare la qualità
della vita del bambino e della famiglia nella sua interezza.
Essere orgogliosi dei progressi del bambino, addirittura dei più piccoli segni di miglioramento (ha
abbottonato la camicia, è stata capace di mettersi i calzini, ha risposto “sì” al leone, ecc.) visti come
trionfo e vittoria per l’intera famiglia nella battaglia, senza fine, del bambino.
Non vergognarsi, come genitori, del bambino e portarlo fuori ovunque provando a coinvolgerlo il più
possibile, in tutte le attività ignorando gli sguardi sbigottiti delle persone male educate.
Penso poi che un buon senso dell’umorismo sia “un’arma” d’aiuto davvero efficace!
Probabilmente per pochi minuti i genitori possono sentirsi imbarazzati per le diverse situazione, ma
è poi buona cosa ridere dell’episodio quando lo si racconta ad amici o parenti.
Ad esempio pochi anni fa, c’era un ricevimento di alcune ufficialità ucraine alla Town Hall di
Barnsley, dove stavo lavorando come interprete. Mio figlio era nella stessa stanza, vicino alla porta
con un mio amico. La parte ufficiale del ricevimento era appena stata seguita dall’invito a bere un
drink e nel momento di più completo silenzio, quando tutti si stavano voltando per dirigersi ai tavoli,
142
mio figlio disse, a voce molto alta: “Come prima cosa, tutti al bagno!” Coloro che parlavano russo
risero fortemente. Io ero imbarazzata, ma che fare? E’ successo, e ora non posso non sorridere
ricordando l’accaduto........
Si, i bambini autistici sono difficili. Ma, a causa delle responsabilità e del desiderio di migliorare la
vita del bambino, anche i genitori sono difficili. Ho incontrato centinaia di genitori di bambini autistici
(io stessa sono madre di un ragazzino autistico e lo devo confessare: sono difficile...) e mi
piacerebbe condividere con voi la mia idea sulla classificazione dei genitori dei bambini autistici.
E’ convenzione classificare i bambini autistici in accordo alle compromissioni qualitative
nell’interazione sociale e descrivere le loro differenze raggruppandoli in 4 categorie principali: il
gruppo distante, il gruppo passivo, il gruppo “attivo ma strano” e il gruppo rigido, iperformale (Wing
1996).
Vorrei provare a fare lo stesso con i genitori, usando quasi le stesse classificazioni, sebbene le
suddivisioni in cui ricadono non coincidano necessariamente, con quelle del loro bambino.
Inoltre, come i loro bambini, con il tempo, anche i genitori possono passare da un sottogruppo ad un
altro.
Così, in accordo al loro approccio (attitudine) al problema, possiamo evidenziare 4 sottogruppi di
genitori:
1) Il gruppo distante: è un tipo di genitore davvero molto comune nella mia nazione,
l’Ucraina, ma probabilmente anche in Russia e negli altri Stati dell’Europa dell’Est. Questi
genitori credono davvero agli “specialisti” quando dicono loro che il bambino è senza
speranza. Possono o non istituzionalizzare il bimbo, come consigliato. Se il bambino è
tenuto a casa la famiglia tenta di “nasconderlo” dalla gente, provando vergogna per avere
un bambino così menomato, ma continuando ad amarlo. Si sentono disperati nel cambiare
qualunque cosa della loro vita. Solitamente sono molto sensibili agli sguardi incuriositi
della gente quando portano fuori il bambino o ricevono gente a casa. Vivono nel loro
piccolo mondo isolato r il bambino è spesso tagliato fuori del mondo, non solo
mentalmente, ma anche fisicamente.
2) Il gruppo passivo: questi genitori non sono completamente distanti dagli altri genitori .
Sono sicuri esista una pillola o un trattamento che può risolvere i loro problemi e presto o
tardi, sarà offerta loro. Accettano tutte le offerte fatte loro, sono molto obbedienti e spesso
il bambino è traumatizzato quando accettano di metterlo in ospedale e sottoporlo a
medicine e iniezioni prescritte dagli “specialisti”. Questi genitori non hanno dubbi sul fatto
che “gli specialisti sanno di più” e fanno ciò che è loro detto di fare.
3) Il gruppo “attivo ma strano” è rappresentato da genitori molto attivi che ricercano ogni
tipo di informazione nel tentativo di trovare la “cura” per il loro bambino autistico. Possono
andare in posti diversi, addirittura viaggiare in nazioni diverse solo per consultare lo
specialista di cui hanno sentito parlare o per provare il trattamento di cui hanno letto,
senza alcun rispetto per gli effetti (o effetti negativi). Sono sicuri di mettere in pratica il
meglio per il bambino e sono pronti a spendere tutti i loro soldi per le cure più costose (es.
Secretin, AIT...)., Il loro amore è molto grande e ugualmente “cieco”. Alle volte i bambini
beneficiano di ciò, alle volte ne sono invece danneggiati.
143
4) Il gruppo dei professionisti (il nome non coincide con quello dei bambini): è un gruppo
molto numeroso. Questi genitori decidono di cambiare completamente vita, di diventare
“genitori professionisti” per il loro bimbo. Partono asserendo che:

gli specialisti possono sbagliarsi, non possono conoscere tutto;

la ricerca è in continuo svolgimento e ciò che è considerato giusto oggi, potrebbe
essere sbagliato domani;

nessuno conosce il bambino meglio di loro.
Come quelli del gruppo (3), questi genitori cercano ogni tipo di informazione, ma sono reclutanti a
provare qualunque cosa sul loro bambino. Sono come studenti perenni che vogliono conoscere tutte
le teorie e gli approcci per trovare quello giusto. Sono molto critici ed esprimono dubbi su qualunque
cosa. Vogliono sempre spiegazioni per tutto e provano a capire centinaia di “perché?”...
Sanno che è impossibile aiutare il loro bambino senza aiutare gli altri, unire gli sforzi e lavorare
assieme. Sono questi genitori quelli che creano organizzazioni e società con lo scopo di costruire un
futuro più luminoso per i loro bambini. Cercano cooperazione con gli specialisti e gli scienziati dalla
mentalità più aperta e combattono contro l’ignoranza e l’incompetenza dei burocrati. Queste attività
ci danno speranza e ci aiutano a proseguire.
Devo affermare che ammiro i genitori difficili che rendono più facili le vite dei loro bambini.
Olga Bojdashina, PhD, President of the Autism Society of Ukraine.
144
LA FAMIGLIA FRA BISOGNI E RISPOSTE DEI SERVIZI
Intervento di Donata Vivanti
Rimini, 21 ottobre 2000
Le famiglie di persone con autismo hanno più preoccupazioni per il futuro dei propri figli di
qualunque altro genitore di portatore di handicap.
Perfino i genitori che devono confrontarsi con una disabilità fisica, con figli marcati dalla malattia, di
fronte a persone fisicamente prestanti, apparentemente piene di salute, come spesso sono le
persone con autismo, non comprendono la drammaticità della situazione delle loro famiglie.
LE DIFFICOLTA’ SPECIFICHE DELL’AUTISMO
DISTURBO DELL’INTERAZIONE SOCIALE
L’indifferenza del bambino autistico, vera o apparente che sia, nei confronti di genitori che hanno già
investito amore e devozione sulla loro creatura apparentemente perfetta, costituisce una vera e
propria tragedia affettiva: i genitori si sentono rifiutati dal bambino che non corrisponde ai loro
sentimenti, ma che non possono nè vogliono abbandonare.
Con il passare degli anni il comportamento socialmente inadeguato diventa sempre più fonte di
discriminazione e di isolamento in seno ad una famiglia già provata, ormai priva delle energie delle
risorse emotive necessarie ad affrontare critiche e insofferenza.
DISTURBO DELLA COMUNICAZIONE
I genitori si accorgono ben presto dei problemi di comunicazione del bambino, ma spesso cercano di
placare l’angoscia aggrappandosi come ad un’ancora di salvezza alle parole di conforto di amici,
parenti e talvolta anche all’incomprensione di professionisti incompetenti: ”ogni bambino ha un suo
ritmo di crescita... Il bambino non ha niente, siete voi che siete troppo ansiosi e che dovreste
curarvi...”.
I genitori possono cercare una via di fuga dall’evidenza attribuendo al bambino testardaggine e
disobbedienza.
Ma il fallimento di ogni tentativo educativo li snerva e avvelena i rapporti familiari, già messi alla
prova da un bambino così difficile.
Inutile dire che nell’età adulta, senza una adeguata presa in carico, il giovane autistico sarà ancora
più frustrato da questa difficoltà , e ancora più preda di angoscia e problemi di comportamento.
PROBLEMI DI COMPORTAMENTO
La vita di famiglia è ben presto sconvolta dai problemi di comportamento del bambino autistico,
soprattutto se il bambino sviluppa atteggiamenti etero o auto aggressivi: niente è più doloroso per i
genitori che assistere impotenti al dramma del figlio che si picchia, si graffia, batte la testa contro il
muro, o che, accompagnato in mezzo ai coetanei con il cuore colmo di speranza, li respinge a calci e
morsi.
Spesso a problemi già così difficili da gestire, si aggiungono iperattività e i problemi di sonno e di
alimentazione.
145
La vita dei genitori è massacrante: non esistono vacanze, ammalarsi è un lusso, riposarsi
impossibile. La fatica è schiacciante, i rapporti familiari ne sono ben presto compromessi, gli altri
figli necessariamente trascurati; lo stress della famiglia diventa cronico.
Con il passare degli anni la famiglia, se abbandonata a se stessa, sarà sempre meno in grado di
far fronte ai problemi di comportamento di un adulto vigoroso ed esigente; la paura e l’angoscia per
i comportamenti bizzarri, incomprensibili e talvolta incontenibili, la vergogna di mostrare la propria
inadeguatezza possono precipitare la famiglia nell’isolamento .
FATTORI DI STRESS LEGATI ALL’AMBIENTE
FALSE CREDENZE SULL’AUTISMO
La credenza secondo la quale l’autismo sarebbe imputabile ad una cattiva relazione madre-bambino
rappresenta un ulteriore fattore di stress: anche nella famiglia più consapevole e competente il
dubbio si insinua, si rimugina il passato, e il senso di colpa logora la coppia e mina fatalmente il già
difficile rapporto con il bambino.
INCOMPRENSIONE SOCIALE
Succede moto spesso che i comportamenti bizzarri dei bambini autistici siano considerati
dall’ambiente sociale come manifestazioni di maleducazione di cui è responsabile la famiglia: frasi
come “ se fosse mio figlio, saprei io come educarlo...” sono ben conosciute dalla maggior parte dei
genitori di bambini autistici.
Anche la famiglia più unita e più competente deve così affrontare non solo le difficoltà di vivere con
un bambino tanto difficile, ma anche il giudizio, le critiche e l’intolleranza di vicini, amici e parenti,
della cui solidarietà avrebbe invece disperatamente bisogno.
ISOLAMENTO
La paura e l’angoscia che i comportamenti bizzarri e incomprensibili delle persone autistiche possono
suscitare, la vergogna di essere ritenuti genitori inetti, il senso di inadeguatezza possono indurre i
genitori a rintanarsi con il bambino nell’ambiente domestico e a rinunciare al proprio compito
educativo, sprofondando il figlio nel caos e la famiglia intera nell’isolamento sociale.
INCERTEZZA PER IL FUTURO
“Che ne sarà di mio figlio quando non ci saremo più noi ad occuparcene, a volergli bene?”
Questa domanda, motivata dall’attesa di vita normale delle persone affette da autismo, accompagna
come un incubo l’intera esistenza dei genitori.
Si può anche aver superato la disperazione, aver capito l’handicap del bambino, aver imparato come
comportarsi con lui; ma la paura per il suo avvenire si riaffaccia ogni mattina, ogni momento di ogni
giorno che passa inesorabilmente.
LE PROBLEMATICHE FAMILIARI NELLE ETA’ DELLA VITA
L’ETA’ PRESCOLARE
Sono note le difficoltà e lo smarrimento della famiglia in cui nasce un bambino portatore di
handicap, ma nel caso dell’ autismo la famiglia è particolarmente colpita e smarrita, a causa delle
caratteristiche stesse della sindrome che impediscono al bambino di stabilire una relazione proficua,
146
con la difficoltà in più di accettare l’handicap in un figlio apparentemente normale, e talvolta perfino
molto bello.
Inoltre i problemi di comportamento mal interpretati e i miti che ancora sopravvivono sull’autismo
rendono i genitori particolarmente vulnerabili ai sensi di colpa e di inadeguatezza.
Tuttavia in questa fase i genitori sono pieni di speranza e di energie, ed estremamente motivati ad
aiutare il bambino e a migliorare il clima familiare.
Se hanno la fortuna di incontrare professionisti che sappiano valorizzare questi atteggiamenti
informandoli, formandoli, e implicandoli attivamente nell’educazione del bambino, non solo le
competenze del bambino, ma anche la serenità familiare potranno trarne enorme giovamento.
Condividere dei successi in un contesto adeguato aiuta il bambino e i genitori a conoscersi e capirsi,
a recuperare la fiducia in se stessi e nelle proprie capacità, e a creare quella relazione positiva che se
non può purtroppo agire sulla natura dell’handicap può almeno migliorare in modo significativo la
qualità di vita di tutti.
La famiglia è il primo ambiente sociale nel quale ogni bambino si trova a vivere: l’integrazione
nell’ambiente familiare è quindi il primo obiettivo educativo nei confronti del bambino autistico.
La presa in carico da parte di servizi competenti, già indispensabile in questo periodo, dovrebbe
puntare innanzi tutto ad aiutare il bambino attraverso i genitori, perchè il benessere del bambino e
della famiglia sono indissolubili.
ETA’SCOLARE
Quando il genitore di un bambino autistico si trova a dover iscrivere il proprio figlio a scuola, si pone
una serie di domande che non sfiorano nemmeno il genitore del bambino “normale”.
Una famiglia senza problemi si aspetta infatti dalla scuola che prepari il bambino nelle acquisizioni
solastiche di base, e più tardi che lo prepari a studi universitari o ad una professione.
Ma che cosa aspettarsi dalla scuola nei confronti di un bambino autistico?
E’ da qui che iniziano le incertezze e le ansie che accompagneranno questa famiglia per tutto l’iter
scolastico.
Nel processo educativo del bambino normale la famiglia non si pone molte domande: l’iter scolastico
è già chiaro, ci si aspetta che attraverso le acquisizioni di base il bambino venga preparato ad
affrontare un corso di studi superiore o ad un lavoro.
Ma quali aspettative sono realistiche per un bambino autistico, dove dove vogliamo che arrivi , come
arrivarci ?
I genitori desiderano legittimamente che il bambino faccia progressi, e che stia meglio, in altre
parole che, anche grazie all’educazione, diventi oggettivamente sempre più competente e
soggettivamente sempre più sereno.
Inoltre la famiglia desidera naturalmente, e a ragione, che qualunque programma educativo sia
elaborato e portato avanti nel rispetto del bambino, ma può accadere che questa legittima
aspirazione porti ad atteggiamenti contradditori: da una se da una parte i genitori vogliono offrirgli
le opportunità di crescita più adeguate, dall’altra desiderano risparmiargli umiliazioni e dolore.
Piuttosto che di diventare apparentemente più “normali” , bambini autistici hanno bisogno, come
ogni altro bambino, di imparare ad essere indipendenti nelle abilità personali, nella capacità di
147
comunicare e nelle relazioni sociali, obiettivi che hanno a che fare con il rispetto della persona:
l’acquisizione di autonomia di vita dà una giusta impressione di miglioramento non solo alla famiglia
e alla comunità, ma anche al bambino stesso.
Con il passare degli anni tuttavia la disabilità del bambino nei confronti dei coetanei diventa sempre
più evidente, e i risultati, nulli nel caso di una presa in carico approssimativa o di una mancanza di
flessibilità e di costanti aggiustamenti del programma educativo, ma spesso modesti anche con il
migliore degli interventi, se paragonati ai progressi del bambino “normale”, possono determinare
una perdita di interesse negli insegnanti: i PEI non vengono più controllati e valutati così
frequentemente come sarebbe necessario , e la perdita di motivazione si trasmette anche al
bambino, che può cominciare ad apparire svogliato e pigro, o addirittura oppositivo.
Cominciano così i problemi di comportamento, che se affrontati senza la glusta comprensione delle
loro motivazioni si aggravano sempre più, e a causa della crescita somatica diventano sempre più
difficili da gestire.
La famiglia in questo periodo, se non si è stabilito un buon rapporto di collaborazione e di fiducia,
avrà l’impressione che il bambino non faccia che peggiorare, e rimetterà in discussione la validità
delle proprie scelte rischiando di iniziare un nuovo calvario di ricerca di soluzioni miracolose quanto
improbabili, anche solo sulla base di dicerie, testimonianze di amici e parenti, o notizie ricavate da
riviste o programmi televisivi divulgativi, in balia di un’altalena di speranze e delusioni.
Questo atteggiamento tuttavia mette in luce le potenzialità positive della famiglia: la necessità di
mantenere fiducia nelle possibilità di sviluppo del bambino e l’esigenza di sentirsi utili, che se
indirizzate verso una collaborazione costruttiva con l’équipe educativa possono costituire un punto di
forza per il successo educativo.
L’ADOLESCENZA
L’adolescenza arriva presto, e con lei, per giovane che sia l’età di sviluppo, gli stessi problemi legati
alla tempesta ormonale, ai cambiamenti fisici e alla maturazione sessuale che affliggono ogni
adolescente.
Il ragazzo non è più il cucciolo dalle fattezze accattivanti al quale in fondo non è troppo difficile
perdonare tutto; crescendo si è trasformato in un adolescente goffo, esigente, talvolta sgradevole,
incapace di comprendere e comunicare nuove sensazioni e bisogni, i cui problemi di comportamento
rappresentano sempre più motivo d’intolleranza ed emarginazione sociale.
E’ in questo stesso periodo che possono maniferstarsi le prime crisi epilettiche, inquietudine per la
sua salute aumenta l’angoscia della famiglia, già provata da anni di battaglie e dedizione.
I genitori, stanchi, scoraggiati, impotenti a rispondere alle esigenze di un giovane fisicamente sano e
vigoroso, devono confrontarsi con una realtà ormai inconfutabile, esorcizzata negli anni precedenti
da speranze e illusioni.
Eppure a questa età il ragazzo mostra spesso un miglioramento delle sue capacità sociali e una forte
motivazione a instaurare relazioni al di fuori della famiglia: l’adolescenza è il momento ideale per
insegnargli , attraverso l’acquisizione di nuove competenze in programmi adeguati e realistici, il
piacere delle attività e dei rapporti sociali.
148
L’AUTISTICO NELL’ETA’ ADULTA: LA NECESSITA ‘ DI UNA PRESA IN CARICO
La mancanza di strutture adeguate di accoglienza comporta situazioni di grave sofferenza per
l’adulto autistico e la sua famiglia, e con il passare degli anni si fa sentire sempre più crudelmente.
Si parla spesso della difficoltà dei genitori di affrontare la realtà dell’handicap del proprio figlio: ma
non sarebbe forse più facile affrontarla, se i genitori sapessero fin dal momento della diagnosi che
comunque anche per il loro amato bambino ci sarà un percorso verso l’indipendenza, un futuro,
qualunque sia l’evoluzione delle sue potenzialità?
L’adulto autistico, privato dai problemi di comunicazione della possibilità di manifestare bisogni e
sentimenti, esacerbato dall’inattività in mancanza di una adeguata presa in carico, sarà ancora più
frustrato e ancor più preda di angoscia e problemi di comportamento.
I genitori hanno l’impressione che i giochi siano ormai fatti, e la loro motivazione e impegno si
indeboliscono con le energie della giovinezza perduta.
Con il passare degli anni i preconcetti pesano sempre più, il comportamento socialmente inadeguato
diventa sempre più fonte di discriminazione e di intolleranza, l’angoscia dei familiari per i
comportamenti bizzarri talvolta incontenibili, l’umilazione derivata dal rifiuto e dall’insofferenza
dell’ambiente e la paura di esporre il figlio a trattamenti eversivi possono precipitare la famiglia
nell’isolamento .
Anche se il senso di colpa iniziale, fattore di estrema sofferenza nei genitori dei bambini, è ormai
superato, l’assenza di soluzioni di vita adeguate e dignitose può ben presto trasformare lo stress
della famiglia in disperazione, e probabilmente non esiste genitore di persone con autismo che non si
sia almeno una volta nella sua vita augurato di poter sopravvivere al proprio figlio, per non doverlo
mai abbandonare alla solitudine e all’emarginazione: questi sentimenti non fanno che generare
ulteriori sensi di colpa.la famiglia si trova a doversi confrontare con una realtà ormai inconfutabile,
esorcizzata negli anni precedenti da speranze e illusioni.
Eppure, superata la fase dell’adolescenza, le persone con autismo hanno raggiunto un nuovo
equilibrio, e spesso si trovano nella condizione ideale per approfittare di una presa in carico
educativa: l’angoscia nei confronti degli estranei diminuisce, e il giovane diventa più curioso e più
disponibile all’apprendimento, proprio nel momento in cui la scuola non è più in grado di far fronte al
suo bisogno di educazione e di partecipazione.
Come Theo Peeters dice, l’autismo è un disturbo pervasivo, e come tale richiede una risposta
pervasiva, e poichè l’autismo, benchè si possano fare progressi significativi, dura tutta la vita, tale
risposta dovrebbe essere presente e adeguata per ad ogni età.
La presa in carico educativa quindi non dovrebbe arrestarsi, al contario anche i giovani che non
hanno potuto approfittare precedentemente di un supporto educativo specifico possono fare notevoli
progressi e trarre vantaggio da un insegnamento specializzato, adeguato alla loro possibilità, mirato
all’acquisizione di competenze sociali e lavorative.
Dare un sollievo e un supporto diventa prioritario nel momento in cui la famiglia non è più in grado
di rispondere al bisogno d’indipendenza e di partecipazione del giovane autistico: la persona disabile
non può essere privata della libertà di sviluppare un proprio progetto di vita.
Nell’età adulta deve potersi dedicare, come qualunque altra persona, ad attività atte a dare senso
alla sua vita e sviluppare le sue competenze e i suoi interessi.
149
L’esperienza degli ultimi anni ha dimostrato che anche le persone autistiche con un livello di
sviluppo modesto sono in grado di lavorare molto più e meglio di quanto si pensasse una volta, e
che il lavoro risponde ad una loro esigenza profonda, oltre che rappresentare uno strumento efficace
di miglioramento dell’autostima e dei problemi di comportamento.
Non dobbiamo dimenticare che negare alla persona autistica la possibilità di una educazione
permanente, di una formazione professionale adeguata, di un lavoro e di una vita indipendente nei
limiti della possibilità individuali significa non solo negarele i diritti fondamentali della persona, ma
anche esporla al rischio di abusi inauditi, indegni di una società civile.
Testimonianza di una madre
Nel 1994, ho preferito por termine alle sofferenze di mia figlia (autistica) piuttosto che farle vivere
nuovamente gli orrori dell’ospedale psichiatrico , senza dubbio comuni a molti altri ospedali, perché
in Francia per gli adulti autistici in crisi d’ansia non esiste alcuna proposta al di fuori della camicia di
forza farmacologica e dell’internamento .
In seguito al mio gesto tremendo, il 7 agosto 1994, mi sono costituita alla polizia, e sono stata
processata. Ho scontato 6 settimane di prigione al momento del dramma, e sono stata condannata a
5 anni di detenzione con la condizionale; io sono stata giudicata e condannata; ma l’ospedale
psichiatrico non è stato nemmeno indagato per mancata assistenza .
(M.J. Préfaut a scritto un libro: “Maman, pas l’hopital” pubblicato nelle Edizioni Laffont nel giugno
1997).
150
COLLEGAMENTO SITI ITALIANI AUTISMO
(è possibile avere una breve descizione del sito, prima di visitarlo)
AUTISMO E PSICOSI INFANTILI
http://www.alihandicap.org/ALI/
Sito dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile di G. M. Arduino.
Il sito presenta una serie di pagine sull'Autismo e le Psicosi infantili. Sono presenti diverse sezioni:
Classificazioni (con riferimento ai manuali diagnostici DSM-IV e ICD 10) delle varie definizioni
dell'Autismo e delle Psicosi Infantili proponendosi di determinare in maniera il più condivisa possibile
l'oggetto di studio.
Concezioni delle psicosi infantili dove vengono presentati alcuni dei più importanti tentativi di
spiegazione dell'Autismo e delle Psicosi Infantili
Trattamenti dove è possibile consultare una panoramica dei più conosciutii.
Informazioni utili sull'argomento, tra cui l'indicazione dei principali Centri specialistici, delle
Associazioni italiane, ed altri indirizzi utili; in questa sezione, inoltre, si trova un documento che
chiarisce, in maniera sintetica che cos'è l'autismo, quali sono le cause, come può essere trattato, a
coloro che si avvicinano al problema per la prima volta o che vogliono avere subito una visione
d'insieme, si consiglia di iniziare la lettura dell'ipertesto da questa sezione.
Per informazioni e suggerimenti: [email protected]
Dott. G.M. Arduino, E. Gonella
Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile ASL 16 Mondovi'-Ceva
Via Torino, 2 Mondovi' (Cn), Tel. 0174 - 552033.
Responsabile: Dott. Franco FIORETTO
OSSERVATORIO AUTISMO DELLA LOMBARDIA
http://www.promo.it/autism
E' il sito dell'Osservatorio sull'Autismo della Regione Lombardia, che ha sede a Merate, presso il
Servizio di Neuropsichiatria Infantile diretto dal Dott. Palazzi. L'Osservatorio fa parte di un più
generale Progetto Autismo della Regione Lombardia, che viene presentato anche nel sito.
L'Osservatorio prevede anche un Centro di documentazione e studio dell'autismo e degli altri disturbi
pervasivi dello sviluppo (F84 ICD10).
Nel sito sono presenti e possono essere consultati e scaricati tutti i numeri pubblicati del Notiziario
dell’Osservatorio Autismo della Regione Lombardia. Il notiziario contiene inoltre informazioni utili e
interventi di operatori e familiari.
151
Si può inoltre accedere ad altre due sezioni, una contenente la definizione e triade autistica, l'altra il
numero speciale del bollettino contenente l'Annual report.
L'indirizzo postale dell'Osservatorio è:
via Parini 4/b, 23807, Merate (Lecco), c/o Unità Operativa dell'Infanzia e dell'Adolescenza di Lecco,
sede di Merate
tel. +39 (0)39 9995327
fax. +39 (0)39 9995329
E-mail: [email protected]
152
CENTRO SPERIMENTALE PER LO STUDIO SULL'AUTISMO
http://www.anniverdi.org/autismo.htm
Questo è stato uno dei primi siti in lingua italiana dedicati all'Autismo. In particolare, si tratta di una
descrizione del Centro Sperimentale per lo Studio sull'Autismo, situato a Roma ed operante dal
1992. Il Centro offre un servizio di Centro diurno in cui vengono adottate procedure sperimentali
volte all'incremento delle capacità comunicative e di autonomia; un servizio ambulatoriale, in cui
vengono proposti trattamenti ad indirizzo cognitivo e comportamentale per bambini dai tre ai dodici
anni; si prevedono inoltre soggiorni estivi e week-end terapeutici. Nell’home page selezionando la
voce ‘‘chi siamo’’, si apre una pagina con una breve storia del cammino compiuto dall’associazione
fin dalla sua fondazione (1964). Vengono inoltre descritte le finalità e le attività in generale.
Questa ultime vertono principalmente sul campo riabilitativo per portatori di handicap. Presso Anni
Verdi sono attivi un centro diurno e un centro sperimentale sull’autismo (selezionare ‘‘autismo’’ sulla
sinistra), in via S. Sbricoli 8, Roma. L’associazione organizza anche dei soggiorni estivi.
Sulla sinistra troverete elencate le diverse attività svolte e le strutture di cui dispone l’associazione.
Alla voce ‘‘recapiti’’ sono disponibili tutti i numeri di telefono e gli indirizzi attraverso cui è possibile
contattare Anni Verdi.
Il centro organizza inoltre attività formative rivolte ad operatori del settore ed a scuole, ed offre
informazioni sull'autismo a famigliari di individui autistici ed a coloro che sono impegnati in
quest'area.
Ultimamente è stato costituito un Comitato scientifico interdisciplinare, che ha promosso il
finanziamento di varie ricerche ed ha stimolato la pubblicazione dei risultati ottenuti da esse. Viene
fato notare che i ricercatori del Centro hanno accesso alla ricerca computerizzata della bibliografia su
Medline ed all'archivio computerizzato della Oxford University. Il centro si propone di lavorare in
vista di una qualificazione come Istituto di Ricerca sull'Autismo Infantile ed il Ritardo Mentale.
Ente Morale Anni Verdi, via A. Colautti, 28 - 00152 Roma, tel. 06-5839341
Per ulteriori informazioni sul centro, rivolgersi a:
Dott.ssa Flavia Caretto tel. 06/65000063
e-mail: [email protected]
AUTISMO IN RETE
http://www.autismoinrete.org/
Questo sito è stato creato e gestito da Graziano Masia e dalla moglie, genitori di un bambino
autistico chiamato Nicola, con la collaborazione di altri genitori e persone interessate. Il sito si
propone di facilitare lo scambio di informazioni e la comunicazione, anche con l'uso della chat e della
AML (Autism Mailing List), una lista cioè alla quale è possibile iscriversi per scambiarsi messaggi
mail, informazioni, consigli, sapendo di essere in un gruppo (Mailing List) il cui primo interesse è
quallo di aiutarsi, tra genitori ed operatori; di favorire l'uso di Internet per agevolare i rapporti tra
tutte le persone interessate all'argomento; di agevolare aggiornamenti e ricerche nella rete; di
diffondere i contributi, documenti e lavori di vario genere, inviati da chiunque voglia collaborare a
153
questo progetto;
sull'Autismo.
di
condividere
esperienze
personali
o informazioni
generali
o specifiche
Nell'indice del sito troviamo il "Diario", sezione dedicata a Nicola; una descrizione sintetica
dell’autismo, con i principali sintomi e le cause conosciute; notizie recenti sull'Autismo; Ricerche. Il
sito offre inoltre la possibilità di dialogare in rete con altre persone, cliccando sulle due sezioni AML e
Chat. Infine, il sito contiene un'ampia lista di Siti italiani, divisi per categorie, in cui vengono
segnalate anche le modifiche o novità, e siti esteri.
E-mail: [email protected]
BAMBINI E AUTISMO
www.bambinieautismo.org
Questo è il sito della Fondazione Bambini e Autismo, centro specializzato sull'Autismo nel Friuli
Venezia Giulia, realizzato da una coppia di genitori già impegnati nell'ambito della consulenza
psicopedagogica. Il centro ha a disposizione un team di lavoro specifico ed è volto ad aiutare le
famiglie di soggetti autistici a superare le difficoltà che questo tipo di disturbo comporta. Il sito si
propone di mettere a disposizione di tutti le competenze maturate dagli operatori del centro, fornire
informazioni riguardo alle attività della Fondazione e del centro e riguardo ad eventuali seminari e
convegni, e a come aiutare la Fondazione prestando attività di volontariato. Il sito fornisce tutte le
indicazioni riguardo alle persone da contattare ed agli indirizzi.
AUTISMO ON-LINE
http://autismo.inews.it
E' uno dei siti italiani più recenti e, come dicono i curatori, Sonia e Roberto Rusticali, è stato pensato
come un Manuale o come una Guida Pratica per i genitori. L'obiettivo del sito è quello di fornire una
panoramica quanto più possibile completa sull'Autismo, partendo dalla definizione della sindrome,
fino
ad
arrivare
alle
terapie
riabilitative
ed
alle
Leggi
sull'Handicap.
Il sito si propone di utilizzare le conoscenze acquisite da genitori con alle spalle anni di esperienza
nel seguire i loro figli autistici avvalendosi della collaborazione di esperti professionisti per la
realizzazione di alcuni contributi più strettamente tecnici.
Aree tematiche sviluppate dal sito: cos'è l'autismo, test per diagnosi precoci, patologie collegate
all'autismo, terapie farmacologiche e riabilitative, Leggi sull'handicap, articoli scientifici e convegni,
indirizzi utili. Viene anche proposto un elenco di Centri italiani per l'autismo, divisi per Regione.
AUTISMO TRIVENETO
http://nautilus.ashmm.com/autismo_triveneto/autismo_triveneto.htm
Questo è un sito curato da genitori associati ad Autismo Italia, Autisme Europe ed all'ANGSA, che
sono associazioni di genitori presenti in Italia. Il sito si propone di rendere note le esperienze fatte
nel territorio del Triveneto, e cerca, attraverso uno scambio di domande e risposte, di coinvolgere le
persone interessate a migliorare la qualità della vita delle persone con Autismo. Tra le pubblicazioni
154
presentate dal sito troviamo la carta dei diritti delle persone autistiche; cose da ricordare
sull'autismo; informazioni sulla sezione provinciale di Treviso; il programma TEACCH; il documento
del Ninds sull'Autismo; la definizione di Autismo; informazioni su International Association of Child
and Adolescent Psychiatry and Allied Profession; il Progetto TEACCH.: Insegnamento ed educazione;
Nuovi esami per trovare la causa dell'Autismo e migliorarne la prognosi; Relazione sul convegno
VicenzAutismo del 19.6.99.
MUSICOTERAPIA ON LINE
www.mtonline.it/
Curato da Matilde Fabbri e Paolo Caneva, il sito offre spazi e servizi per condividere informazioni,
allargare il confronto e comunicare iniziative sulla musicoterapia tramite articoli, scuole, bibliografie,
tesi, convegni, seminari, forum e chat.
Sono presenti varie sezioni così suddivise: informazioni=definizione di musicoterapia, metodi,
ecc.); formazione=scuole, tesi (tra l’altro vengono pubblicati i più recenti indici di tesi di laurea
discusse in materia); professione=Associazioni, Centri di musicoterapia, articoli e riviste sul Web,
Ricerche e progetti; filodiretto=spazi dedicati agli operatori di musicoterapia, formazione, chat…
ANTONIO ROTUNDO: AUTISMO
http://geocities.com/EnchantedForest/cottage/8346
Questo è uno spazio a disposizione di chiunque si interessa di Autismo, ma preferibilmente riservato
a coloro che hanno la necessità di approfondire strategie educative più efficaci per insegnare alle
persone autistiche e per gestire i loro problemi di comportamento.
Il sito, curato da Antonio Rotundo, Educatore con una lunga esperienza nel campo dell'autismo e del
ritardo mentale è composto, da una Premessa, una Presentazione, e da tre sezioni tematiche:
Suggerimenti per l'educazione
Insegnare ad un bambino autistico
Difficoltà più frequenti
Per ulteriori informazioni, si può contattare il seguente indirizzo: E-mail: [email protected]
ASSOCIAZIONE "INSIEME PER L'AUTISMO"
http://web.tiscalinet.it/ass_inautismo
E' il sito di una ONLUS promossa da un gruppo di familiari di bambini e ragazzi autistici. L'
associazione si propone di informare e sensibilizzare circa le problematiche dell'autismo.
155
Questa è la presentazione che il gruppo fa delle finalità dell'associazione: "Nei nostri scopi statutari
c'è tutto ciò che può riguardare l'universo autismo, dall'organizzazione di seminari, convegni, alla
collaborazione con enti privati e pubblici per promuovere attività di sostegno a chi, come i nostri
ragazzi, ne ha bisogno, all'elaborazione di progetti sperimentali. Non meno importante è la
promozione di collegamenti e la realizzazione di incontri tra genitori e familiari a scopo di confronto
tra essi ed approfondimento delle tematiche relative all'autismo."
E-mail: [email protected]
GLI ARGONAUTI
www.gli-argonauti.org/
L'associazione gli argonauti è un’associazione di volontariato nata nel 1997 con l'intento di
promuovere il benessere nelle realtà locali. Strumenti cardine degli argonauti sono il lavoro di
gruppo, la collaborazione di rete, il monitoraggio degli interventi.
Al momento sono attive tre aree di intervento, su cui potrete informarvi cliccando sui tre rispettivi
loghi: Spettacoli, Autismo e Minori.
Nella sezione Autismo, potrete accedere a:

Gruppo di musica per persone con autismo

Sportello informativo virtuale sull’Autismo a Roma

Biblioteca multimediale e Link sull’autismo
In particolare, accedendo a questa ultima sezione troverete:

Definizioni dello spettro autistico secondo i manuali daignostici DSV-IV e ICD 10

Link italiani e stranieri sull’Autismo

Leggi sull’handicap

Diritti, lavoro, istruziona

Articoli sull’autismo

Epidemiologia e definizione

Trattamenti

Bibliografia ragionata
ROMEO LUCIONI
www.geocities.com/HotSprings/Spa/4488
Informazioni sull'attività di ricerca scientifica sui temi della terapia e dell'assistenza per l'autismo,
l'alzheimer ed il parkinson.
156
COLLEGAMENTO SITI STRANIERI AUTISMO
(è possibile avere una breve descizione del sito, prima di visitarlo)
THE NATIONAL AUTISTIC SOCIETY
http://www.oneworld.org/autism_uk/
Locazione: Gran Bretagna
Questo è il sito della Società Nazionale dell'Autismo (NAS) della Gran Bretagna, al quale spesso si è
fatto riferimento in questo documento e del quale sono stati qui tradotti parecchi articoli.
Qui si possono trovare tutte le informazioni necessarie sui disturbi dello spettro autistico. Vengono
fornite informazioni specifiche per individui con un disturbo dello spettro autistico, la famiglia, gli
operatori professionali.
Esplorando il sito si può saperne di più sulla stessa National Autistic Society. Si può, ad esempio,
avere informazioni sui servizi offerti e sulla rete di sezioni e unità locali territoriali affiliate. Viene
anche detto come iscriversi alla NATIONAL AUTISTIC SOCIETY.
Nella sezione chiamata "Notizie", si può sapere cosa succede attualmente nel mondo dell'autismo.
Ci sono molti modi di aiutare la NATIONAL AUTISTIC SOCIETY. Ad esempio, c'è il volontariato, e si
può dare supporto a persone con Autismo e alle loro famiglie. Si può inoltre aiutare a cercare fondi
partecipando alle iniziative per la raccolta di denaro.
La NATIONAL AUTISTIC SOCIETY spera di poter fornire tutte le informazioni necessarie. Se si
vogliono esprimere commenti o opinioni su come migliorare questo servizio, cosa che la NATIONAL
AUTISTIC SOCIETY invita a fare, si può contattare direttamente la NATIONAL AUTISTIC SOCIETY al
seguente indirizzo:
The National Autistic Society,
393 City Road, London EC1V 1NG, United Kingdom
Tel: +44 (0)20 7833 2299 Fax: +44 (0)20 7833 9666
E-mail: [email protected]
NATIONAL INSTITUTE OF MENTAL HEALTH
http://www.nimh.nih.gov/publicat/autism.cfm
Insieme al sito della “National Autistic Society” (NAS), all’ “Autistic Society of America” (ASA) e al
sito “Autismo Europa”, i documenti contenuti in questo sito sono parte integrante di questo scritto,
tanti dei quali sono stati tradotti in italiano.
Nello specifico, i temi principali trattati dall’articolo sull’autismo presentato dal “NIMH”:
Capire il problema

Cos’è l’autismo?

Com’è diagnosticato?

Cosa lo causa?
157

Ci sono dei disturbi ad esso correlati?
Trovare aiuto e speranza

C’è ragione per la speranza?

Possono essere migliorate le abilità sociali ed il comportamento?

Quali terapie farmacologiche sono disponibili?

Cosa sono le opzioni educative?

L’autismo può scomparire con il tempo?

Gli individui autistici adulti possono vivere autonomamente?

Come le famiglie possono imparare ad affrontare la situazione?

Quali speranze offre la ricerca?

Cosa sono le fonti di informazione e supporto?
AUTISM RESEARCH INSTITUTE
www.autism.com/ari
E’ un’organizzazione no-profit fondata nel 1967 dal dr. Bernard Rimland, padre di un ragazzo
autistico ad alto funzionamento, con lo scopo condurre ricerche sull’autismo ed altri disturbi
generalizzati dello sviluppo e diffonderne i risultati.
Il sito ha una struttura “a stella”: dalla pagina iniziale si accede a tutte le altre e da queste si ritorna
solo alla pagina iniziale, nella quale è presente l’elenco di tutte le altre.
Una breve descrizione dell’autismo è disponibile selezionando What is Autism?
Tutti gli articoli (frequentemente aggiornati ed aggiunti) sono disponibili nell’elenco poco più sotto,
organizzato secondo la provenienza degli articoli (autism Research Instittute, Autism Research
Review International, ecc.)
4182 Adams Avenue, San Diego, CA 92116, U. S. A. fax: (619) 583-6840.
AUTISM RESOURCES
http://www.vaporia.com/autism
Questo sito contiene una lista organizzata di risorse sull'autismo e la sindrome di Asperger
disponibili sulla rete mondiale. Inoltre sono elencati i diversi collegamenti con i siti in cui si parli di
autismo. I dati sull'autismo ed i relativi trattamenti che si possono ricavare dalla lettura dei
documenti contenuti qui di seguito non è completa, ma cerca comunque di prendere in
considerazione i diversi punti di vista, nei limiti imposti dalla rete. Bisogna infatti ricordare che sulla
rete si trovano siti che prendono spunto da prospettive e teorie diverse ed anche opposte, e ci sono
inoltre organizzazioni, programmi e metodi di trattamento che occupano un vasto spazio sulla rete,
mentre altri che sono altrettanto famosi e rispettati non sono rappresentati in rete o hanno solo una
presenza di importanza secondaria, e quindi sono sotto rappresentati anche in questo sito.
Il sito è composto di diverse sezioni:
158
Autism Links. Questo è una lista molto ampia di siti sull'autismo e risorse e informazioni disponibili
sulla rete mondiale, relative all'autismo e sindrome di Asperger, alle diverse possibilità di
trattamento, alle esperienze personali di persone autistiche e dei loro genitori, alle organizzazioni
per l'autismo, e così via.
Taccuino di Domande Frequenti sull'autismo. Qui si trovano molte informazioni sull'autismo fornite
direttamente da persone collegate in rete. Si trovano, fra le altre informazioni, le definizioni e
descrizioni dell'autismo e della sindrome di Asperger, un glossario di termini e acronimi, una lista di
disturbi correlati, trattamenti, libri, film, storia, organizzazioni, iniziative, eccetera. La sezione è
stata pensata per persone che si trovano ad aver bisogno di saperne di più sull'autismo, ma è
comunque utile per tutti.
Consigli ai Genitori che Scoprono che loro Figlio è Autistico. Qui si trovano diversi messaggi di
genitori della AUTISM mailing list, in cui viene detto ciò che loro avrebbero voluto sentirsi dire
quando è stata fatta diagnosi di autismo a loro figlio.
Libri Consigliati sull'autismo. Questa è una lista dei libri che vengono spesso citati sulla AUTISM
mailing list e altre liste simili. Le opinioni riguardo a quale libro è migliore variano, ma questa lista vi
farà sapere di quali libri si parla di più, e tra questi ce ne sono di veramente buoni. La sezione
comprende anche una classifica dei dieci libri migliori (Top Ten list), ovvero dei libri che vengono
citati più spesso, e una lista delle novità bibliografiche.
Bibliografia Sull' Autismo. In questa bibliografia ci sono tutti i libri che mi vengono segnalati
sull'autismo, oltre 500. Se state cercando informazioni su una pubblicazione particolare, ci sono
buone probabilità di trovarle qui (www.vaporia.com/autism/autism-bib.html)
Ulteriore Materiale in Rete. Qui si trova del materiale e anche altri links a siti della Syracuse
University.
Informazioni su Questo Sito Web. Informazioni su John Wobus, che cura le pagine di questo sito, sul
perché lo fa, e su quello che deve fare per mantenere questo sito.
AUTISM: AN OVERVIEW
http://www.healing-arts.org/children/
Questo sito americano, edito da Lewis Mehl-Madrona, M.D., Ph.D., è definito specialistico e
particolarmente indirizzato a medici, data la specificità della terminologia e dei temi trattati, si
compone di 3 sezioni:
1. Situazione generale e visione globale sull’autismo
2. Trattamenti
3. Web Forum
4. Links
AUTISMO GAUTENA
QUALITY MANAGEMENT IN PROGRAMMES FOR PEOPLE WITH AUTISM
Questo tra gli articoli principali che compaiono nel sito “Autismo GAUTENA” che abbiamo ritenuto di
valido aiuto tradurre interamente e riportarlo in questo scritto.
159
http://aut.tsai.es/scripts/articulo/smuestra.idc?n=31a
Locazione: Spagna
Ramón Barinaga Osinalde, Spain
Questo sito contiene una pubblicazione in inglese riguardo all'iniziativa portata avanti da Gautena
nell'area della qualità. Gautena è un'associazione di genitori nata nel 1978 a San Sebastiano, ed
opera in una regione dei paesi Baschi. Tra i servizi offerti al momento dall'associazione, c'è un
Programma Psichiatrico (diagnosi e trattamento), un Programma educativo, un centro diurno, un
Programma residenziale, un centro dedicato alle famiglie ed al tempo libero.
Il sito ha un collegamento diretto con Autism-Spain, e contiene inoltre alcune pubblicazioni
sull'autismo.
AUTISM SOCIETY OF AMERICA (ASA)
http://www.autism-society.org/
Questo è il sito della Società Americana dell'Autismo (ASA). Lo scopo dell'ASA è quello di
promuovere accesso ed opportunità durature ale persone con disturbi nello spettro dell'autismo ed
alle loro famiglie, perché vengano integrati il più possibile nella comunità in cui vivono. Questo viene
fatto attraverso il sostegno, la sensibilizzazione dell'opinione pubblica, l'educazione e la ricerca
sull'autismo.
Nella pagina introduttiva viene spiegato come l'autismo sia una conseguenza di un disturbo
neurologico che colpisce il funzionamento del cervello, e che i sintomi si manifestano prima dei tre
anni di età. Secondo i dati del Center for Desease Control and Prevention, del 1997, si stima che
questo disturbo colpisca una persona su 500, e che la prevalenza sia 4 volte maggiore tra i maschi
rispetto alle femmine. Vengono poi elencati brevemente i sintomi principali, nelle aree della
comunicazione, delle interazioni sociali e delle attività, e i comportamenti problematici più frequenti.
Viene infine fatto notare come, benchè sia , secondo i dati su riportati, uno dei disordini di sviluppo
più comuni, la maggior parte della gente, e tra questi molti professionisti nel campo medico ed
educativo, ancora non sanno quali siano le principali manifestazioni dell'autismo e qual è l'approccio
più efficace all'autismo.
Vengono quindi fornite diverse informazioni di carattere generale, per il pubblico, che si trovano in
una sezione chiamata "Getting Started". In questa sezione è da segnalare una lista molto chiara e
sintetica dei principali sintomi dell'autismo, fatta per immagini accompagnate da brevi descrizioni. In
una breve descrizione della lista viene spiegato che gli individui autistici mostrano di solito almeno la
metà dei sintomi presentati da essa, che i sintomi possono essere lievi o gravi e variare in intensità
da sintomo a sintomo. Inoltre, il comportamento di solito è lo stesso in diverse situazioni ed è quasi
sempre non adeguato all’età.
Il collegamento per questa check-list è il seguente:
http://www.autism-society.org/checklist.html
Le altre sezioni del sito sono dedicate alla ricerca, alle novità del sito, alle informazioni utili, alla
ASA, alle notizie di carattere politico.
Si trova infine anche una Mailing List a cui è possibile accedere, e un motore di ricerca per aiutare a
trovare altre informazioni.
160
La Società ASA tiene infine a precisare che la pagina www da loro pubblicata fornisce collegamenti
in rete a diverse organizzazioni universitarie, biblioteche, agenzie governative, e siti sulla rete
mondiale. Questi collegamenti non hanno lo scopo di sostenere o condividere, esplicitamente o
implicitamente, le organizzazioni, università, biblioteche o agenzie governative, e neanche i singoli
metodi di trattamento o le informazioni contenute nei siti su rete mondiale.
Ai genitori ed agli operatori si consiglia vivamente di esaminare bene a fondo le varie possibilità che
vengono offerte nell'ambito dell'autismo, perché siano loro a stabilire qual è quella più appropriata
alla persona autistica, in base alle sue esigenze individuali e scegliere quindi quella giusta.
L'indirizzo dell'ASA è il seguente:
Autism Society of America,
7910 Woodmont Ave, Suite 300,
Bethesda, MD 20814-3015
CENTER FOR THE STUDY OF AUTISM
http://www.autism.org/
Le attività di ricerca sono in collaborazione con il sito dell’Autism Research Institute ed anche la
tipologia del sito è molto simile: dall’home page è possibile accedere a tutti gli articoli in essa
elencati, per poi tornare nuovamente all’home page.
E’ inoltre possibile consultare un documento descrittivo sull’autismo molto particolareggiato
(overview of autism) tradotto in diverse lingue, tra cui l'italiano.
Come per il sito ARI, anche qui l’indice degli articoli è diviso per aree tematiche. segnaliamo in
particolare il gruppo di articoli scritti da Temple Grandin, una donna affetta da autismo che è riuscita
a diventare assistente professore di scienze animali alla Colorado State University.
L’ultima voce dell’home page, Other Autism Related Resourches on the Internet, rimanda ad un
vasto elenco di link ad altri siti che si occupano di autismo, divisi anche questi per aree tematiche
Di questo sito esiste una versione in italiano di alcune pagine, dedicate ad informazioni di carattere
generale
sull'autismo,
contenute
nella
sezione
"Overview
of
Autism"
(www.autism.org/translations/italian.html )
Il centro per lo studio dell'autismo è situato nell'area di Salem/Portland, nello stato Americano
dell'Oregon. Il centro è stato fondato nel 1991 e si trovava in origine a Newbwrg. Nel 1994, il centro
si è trasferito a Beaverton e nel 1996 a Salem. Il centro fornisce informazioni utili sull'autismo a
genitori ed operatori, e si occupa della ricerca sull'efficacia dei vari interventi terapeutici. La gran
parte della ricerca viene effettuata in collaborazione con l'Autism Research Institute di San Diego,
California.
Il sito contiene diverse sezioni:
Sottogruppi e disturbi correlati: Sindrome di Angelman, di Asperger, dell'X fragile, di LandauKleffner, di Prader-Willi, di Rett, di Williams, Disturbo Pervasivo dello Sviluppo (PDD).
Studi specifici: Autismo, pubertà e possibilità di crisi epilettiche; Autistici Sapienti; il cervelletto;
DSM IV; stili di apprendimento nell'autismo; il sistema limbico; comportamento auto-aggressivo;
161
comportamento sociale; consapevolezza sociale e sessuale nelle persone disabili; stereotipie; visione
a tunnel; discinesia tardiva; Teoria della mente.
Interventi e opinioni su: allergie e sensibilità alimentari; Training auditivo (informazioni base e
specifiche); DMG e autismo; la macchina degli abbracci di Temple Grandin; la Melatonina;
Musicoterapia e linguaggio; Naltrexone; Attività fisica ed autismo; Secretina e Autismo;Integrazione
sensoriale; Storie sociali; Connessione Candida-Autismo; training visivo; Vitamina B6 e magnesio.
Una sezione dedicata a Temple Grandin, in cui vengono fornite risposte a domande frequenti,
vengono descritte esperienze personali, e vengono dati consigli e suggerimenti per insegnare a
bambini autistici.
Centro per i famigliari, in particolare fratelli e sorelle di bambini autistici, in cui vengono specificati i
bisogni specifici di fratelli e sorelle, vengono dati alcuni consigli ai genitori, vengono fornite
recensioni di pubblicazioni riguardo a questo tema specifico.
Interviste esclusive a esperti e persone con autismo.
Altre informazioni e articoli, tra cui una lettera di un logopedista ad un genitore; Interviste e
colloqui; L'Autismo nei film; Informazioni sul centro.
E' possibile contattare il Centro al seguente indirizzo:
Center for the Study of Autism, P.O. Box 4538, Salem, OR 97302, U.S.A.
AUTISM RESEARCH INSTITUTE (ARI)
http://www.familyvillage.wisc.edu/lib_autm.htm
L'Istituto di Ricerca sull'Autismo si occupa innanzitutto di ricerca, e della diffusione dei risultati, sui
metodi di prevenzione, diagnosi e trattamento dell'autismo ed altri gravi disturbi del comportamento
dell'infanzia. Le informazioni che provengono dalla ricerca, vengono fornite direttamente a genitori
ed operatori in tutto il mondo; l'Istituto serve inoltre come tramite per i genitori per tenersi in
contatto tra loro, dal momento che si trovano a distanze geografiche anche molto lunghe tra loro, e
per i ricercatori di tutto il mondo che hanno bisogno di casi clinici con diagnosi accurate ai fini delle
loro ricerche. Le informazioni di questo genere vengono date soltanto previo consenso dei genitori.
L'Istituto assiste direttamente i genitori offrendo loro informazioni per posta o per telefono, ed ha
fatto dell'educazione dei loro figli una delle sue principali funzioni.
L'Istituto pubblica un bollettino trimestrale, intitolato "Autism Research Review International,", e ha
inoltre un elenco di pubblicazioni ed articoli informativi, tra cui alcuni titoli sono: "Diagnosi di
Autismo", "Intervento precoce", "Abilità di auto-aiuto", "Sviluppo del linguaggio e logopedia". E'
anche possibile trovare una bibliografia dei libri sull'autismo, che contiene diversi titoli tra cui: "E'
questo il tuo bambino", "Bambini autistici: una guida per i genitori", e "Fammi sentire la tua voce".
E' infine possibile affittare o acquistare videocassette (per ulteriori informazioni bisogna telefonare o
scrivere).
Le sezioni del sito sono: Chi contattare; Dove chiacchierare con gli altri (elenco di Mailing List e
Newsgroups); Saperne di piu'.
Inoltre viene fornito un elenco di siti sulla WWW e siti di lingua non inglese, e il collegamento al
motore di ricerca Altavista
162
Per contattare l'Istituto di Ricerca sull'Autismo l'indirizzo è il seguente:
Autism Research Institute (ARI)
4182 Adams Avenue
San Diego, California, USA 92116
(619) 281-7165
Fax: (619) 563-6840
DIVISION TEACCH
http://www.unc.edu./depts/teacch/
L'obiettivo del Programma TEACCH si può riassumere in 3 punti:
1. permettere alle persone con autismo di funzionare nella loro comunità nel modo più
significativo ed indipendente possibile
2. offrire i migliori servizi possibili nel territorio della Nord Carolina a persone con autismo e alle
loro famiglie, e alle persone che si prendono cura di loro e li sostengono
3. come programma che ha una articolazione anche accademica, di generare conoscenze; di
integrare il lavoro clinico con una teoria e ricerca seria; e di distribuire informazioni sulla
teoria, pratica e ricerca sull'autismo attraverso la formazione e le pubblicazioni, a livello
locale, nazionale e internazionale.
La home page del sito contiene un'ampia presentazione del Programma TEACCH, scritta da Mesibov,
in cui si delineano in sintesi i principi di questo programma ed una breve storia.
La pagina introduttiva del sito è divisa in due sezioni principali, una dedicata al TEACCH e un'altra
dedicata ad altri argomento di interesse.
L'indice del Materiale TEACCH contiene: descrizione del TEACCH di G. Mesibov; la posizione del
TEACCH sull'Inclusione; Il punto di vista pediatrico sulle alternative di trattamento dell'autismo;
Strutturazione per il successo: Idee di gruppi per classi materne ed elementari; i principi della
strutturazione per l'educazione all'uso del gabinetto; l'insegnamento strutturato; La Cultura
dell’Autismo - Dalla comprensione teoretica alla pratica educativa, di G. Mesibov e V. Shea;
Raccomandazioni per studenti ad alto funzionamento; Costruire una comunicazione sulle routines;
aspetti medici; rassegna sui disturbi epilettici e la sindrome di Landau-Kleffner nella popolazione
autistica; Linee guida per la valutazione; Il pensiero non verbale; la Comunicazione. Vengono inoltre
fornite indicazioni sulla formazione, sui servizi offerti dalla struttura del Division TEACCH, e su
indirizzi TEACCH e numeri di telefono.
L'indice della sezione dedicata ad Altri Argomenti di interesse contiene: La filosofia del TEACCH, di
Paul Trehin; L'insegnamento a studenti con Autismo: una guida per gli educatori; L’Autismo visto da
dentro, di T. Grandin; Le mie esperienze con problemi sensoriali di pensiero visivo e difficoltà di
comunicazione, di T. Grandin; Suggerimenti per insegnare a persone autistiche ad alto
funzionamento, di S. Moreno & C. O'Neal; Capire lo studente con sindrome di Asperger: lineamenti
per insegnanti, di K. Williams; Storie Sociali. "Informazioni sulle Storie Sociali di Carol Gray's" di
163
Stephen Edelson, Center for the Study of Autism; Informazioni generali sull’Autismo ed il Disordine
Pervasivo dello sviluppo (PDD) del NICHCY; Informazioni sulla Sindrome di Asperger del Yale Child
Study Center.
Viene infine fornito un elenco di altri Siti di Interesse.
PDD (PERVASIVE DEVELOPMENTAL DISORDER) AUTISM
http://info.med.yale.edu/chldstdy/autism
La clinica di Yale sulle disabilità dello sviluppo offre valutazioni integrate e multidisciplinari per
bambini e adulti con disabilità sociali, con particolare attenzione, di solito, alla diagnosi ed
all'intervento. La clinica è diretta da F. Volkmar e A. Klin, due esperti di Autismo, Sindrome di
Asperger ed altri Disturbi Pervasivi dello Sviluppo. La clinica conduce inoltre vari progetti di ricerca
su questo tipo di disturbi. La clinica è sita nell'Università di Yale negli Stati Uniti.
L'indice del sito contiene: Informazioni cliniche; Ricerche; Informazioni sui Disturbi Pervasivi dello
Sviluppo; Risorse; Conferenze. Inoltre una sezione è dedicata ai siti di interesse e una alle notizie
sulla facoltà e l'equipe.
AUTISM AND BRAIN DEVELOPMENT RESEARCH LABORATORY
http://nodulus.extern.ucsd.edu
In collaborazione con il Centro di Ricerca dell'Ospedale Infantile di San Diego, California, e
l'Università della California, il Laboratorio di Ricerca sull'Autismo e lo sviluppo del cervello è lavora
soprattutto nel campo della ricerca delle basi neurofisiologiche e neuroanatomiche dell'autismo.
Il centro si occupa sia della ricerca delle anomalie cerebrali e cerebellari sia delle anomalie
nell'attenzione riscontrabili nelle persone affette da questo disturbo. Lo studio è fatto usando le
immagini della risonanza magnetica, la MRI funzionale, potenziali evocati correlati ad eventi, ed il
tempo di reazione a test di comportamento. Tra gli studi attualmente in corso si segnalano:
"Autismo: Ricerca con risonanza magnetica di anomalie neuroanatomiche"; "Correlazione cervellocomportamento nel deficit d'attenzione nell'autismo"; "Controllo dinamico dell'attenzione
spaziale:basi neurologiche".
Il centro ha stabilito molti contatti con numerosi neuro-ricercatori con l'intento di effettuare ricerche
autoptiche sul cervello di individui autistici deceduti.
Il sito offre inoltre varie possibilità di collegamenti in rete riguardanti la ricerca sull'encefalo. Viene
comunque fatto notare che il Centro non sostiene nessuno di questi siti in particolare, e che questi
siti non rispecchiano necessariamente le opinioni ed i punti di vista condivisi al Centro, all'Ospedale
Infantile o all'Università della California.
Vengono fornite immagini del cervello e del cervelletto in tre dimensioni, con aree di attivazione
dell’attenzione (segnate in blu e giallo) e aree di attivazione motoria (segnate in rosso e verde).
Davanti al cervelletto sono visibili parti del ponte .
Il sito è da tempo in costruzione e i link della home page non sempre sono attivi: per poterne vedere
le parti più interessanti può essere più semplice far riferimento a singole pagine come:
http://nodulus.extern.ucsd.edu/erp.html (potenziali evocati),
http://nodulus.extern.ucsd.edu/fmri.html (MRI funzionale) http://nodulus.extern.ucsd.edu/mri.html
(Risonanza Magnetica) e http://nodulus.extern.ucsd.edu/links.html (link ad altri siti correlati).
164
AUTISM EUROPE
http://www.autismeurope.arc.be
E' il sito dell'Associazione Internazionale Autisme Europe, un'associazione il cui fine principale è
difendere i diritti delle persone con Autismo e delle loro famiglie e aiutarli a migliorare la qualità
della loro vita.
Autisme Europe coordina le attività di 71 Associazioni Regionali e Nazionali di genitori di persone
autistiche, in 29 nazioni Europee, comprese le 14 nazione della Comunità Europea.
Autisme Europe garantisce relazioni sicure ed efficaci tra le associazioni membre, i governi, le
istituzioni europee e mondiali.
Autisme Europe gioca un ruolo chiave nell adiffusione di informazioni per aumentare la
consapevolezza sull'autismo e sensibilizzare l'opinione pubblica.
Autisme Europe promuove la ricerca sulle cause ed il trattamento dell'Autismo ed organizza ogni 4
anni un grande Congresso Internazionale che costituisce l'evento internazionale di maggior
importanza nell'ambito dell'Autismo. L'ultimo Congresso si è svolto nel 1996 a Barcellona, ed il
prossimo si svolgerà a Glasgow nel maggio 2000.
Autisme Europe incoraggia e promuove la formazione specifica e organizza programmi di scambi
internazionali finalizzati allo scambio di esperienze e conoscenze.
Autisme Europe è membro del European Disability Forum, che raggruppa circa 80 Organizzazioni
Europee non governative per persone disabili.
Tra le attività di Autisme Europe, viene brevemente descritto quanto è stato fatto per i diritti delle
persone con Autismo (Carta Dei Diritti Delle Persone Con Autismo, maggio 1992; manuale di buona
pratica, in cui vengono denunciate procedure proibite ed abusi nei confronti di persone con
Autismo). Viene poi citata la settimana dedicata all'Autismo, di solito la prima settimana di
Dicembre, in concomitanza con la Giornata Europea delle Persone Disabili del 3 dicembre. Per
quanto riguarda il coordinamento con le istituzioni internazionali, viene brevemente descritto il ruolo
ricoperto dall'Associazione nei diversi casi e programmi europei e mondiali, e viene tra l'altro
annotata la nascita, appoggiata dall'Associazione, della Organizzazione Mondiale per l'Autismo
(Autism World Organization). In ultimo, viene ricordato il bollettino dell'associazione, chiamato LINK,
che viene pubblicato tre volte all'anno in inglese e francese, e contiene informazioni sulle ultime
novità nel campo dell'Autismo e altri temi riguardanti la disabilità.
E-mail: [email protected]
ORGANIZZAZIONE MONDIALE PER L'AUTISMO
http://www.worldautism.org
Questo è il sito dell'organizzazione mondiale per l'Autismo, nata per promuovere gli interessi delle
persone con Autismo favorendo la cooperazione tra le organizzazioni internazionali. Di questo sito
esiste una versione in Italiano. Le sezioni del sito sono le seguenti: Introduzione; Annuncio; Statuti;
Progetti; Notizie; Avvenimenti; Iscrizione all'organizzazione; Altri links.
THE AUTISM RESEARCH UNIT
165
http://osiris.Sunderland.ac.uk/autism
Locazione : Gran Bretagna
Questo è il sito dell'Unità di Ricerca sull'Autismo situato presso la Sunderland University in Gran
Bretagna. Il sito contiene, oltre che dettagliate informazioni di base, numerose informazioni sulla
ricerca relativa all'autismo. Vengono presentate diverse sezioni, dedicate a informazioni base
sull'auitsmo, notizie importanti sulle diete, l'analisi delle urine, autismo e vaccinazioni. Viene
presentato, per quanto riguarda le diete, un questionario da scaricare e stampare. Ci sono poi alcune
pagine dedicate all'uso della secretina e alla ricerca recente e attuale.
Per orientarsi meglio, le pubblicazioni contenute nel sito sono state raggruppate in diverse sezioni:
pagine introduttive; conferenze previste: conferenza di Durham 1999, con scheda di prenotazione e
conferenze precedenti (1 e 2); Autisme Europe; Genitori e operatori; Pubblicazioni di ricerca:
Autismo come disordine metabolico; analisi delle urine in individui con Autismo; forme di intervento
non ortodosse nell'Autismo; intervento biomedico nell'Autismo; farmaci e Autismo; intervento sulle
diete; diete senza glutine (opinione dei genitori).
Viene in ultimo fornita una lista di links.
Ogni ulteriore informazione può essere chiesta al seguente indirizzo:
Autism Research Unit,
School of Health Sciences, University of Sunderland,
Sunderland, Tyne & Wear, SR2 7EE, UK
Tel: +44 (0)191 5108922. Fax: +44 (0)191 5108922
E-mail: [email protected]
SOCIETY FOR THE AUTISTICALLY HANDICAPPED (S.F.T.A H.)
http://autismuk.com/
Locazione: Gran Bretagna
Questa società ha l'intento di diffondere a tutti le informazioni sull'autismo, oltre che fornire
informazioni su approcci tradizionale e nuovi per la diagnosi, la valutazione, gli interventi educativi e
il trattamento. L'obiettivo principale è migliorare la qualità della vita delle persone con Autismo, e
dare loro la possibilità di prendere il posto che spetta loro nella comunità dove vivono, lavorano o
giocano, come tutti gli altri. La società ha un centro di informazioni e consigli, ma non di carattere
medico. Non fornisce quindi consulenze individuali sui casi, e suggerisce a chiunque chieda al centro
un tale servizio di rivolgersi al proprio medico curante. Le informazioni fornite dal centro sono infatti
di carattere generale e non vanno applicate a situazioni singole.
Nell'indice generale del sito troviamo le seguenti sezioni: ultime notizie, con articoli sempre
aggiornati sulle nuove ricerche e scoperte; Cenni base sull’autismo; Pagine sull’autismo; Formazione
per gli operatori; Bibliografia; Esperienze personali, in cui si trova una raccolta di poesie, articoli e
storie; Lista di links a livello mondiale, con, a parte, una lista dei siti di carattere medico; Secretina
(viene anche presentato un prodotto omeopatico); Sessualità; 20 domande più frequenti;
Trattamenti (approcci e trattamenti, anche dal punto di vista dei genitori); Epilessia e Autismo; Aiuti
per l'apprendimento; Società Egiziana per l'Autismo; Riconoscimenti; Descrizione della S.F.T.A.H. e
possibilità di contattarla.
166
Viene infine fornito un motore di ricerca assistita sulla rete mondiale.
AUTISM
http://www.sagepub.co.uk/journals/details/j0192.html
The International Journal of Research and Practice, rivista pubblicata da P. Howlin, St.George
Hospital, London, e Rita Jordan, Università di Birmingham (UK).
Questa è la pagina WEB di una rivista uscita nel 1997, completamente dedicata all'Autismo. Il
crescente interesse a livello mondiale nella comprensione e nella ricerca dei diversi disturbi correlati
alla sindrome autistica ha infatti fatto nascere l'esigenza di pubblicare una rivista di questo genere.
L'obiettivo di questa rivista è duplice: da una parte incoraggiare la ricerca sull'autismo, e dall'altra
incoraggiare gli stessi studiosi a considerare l'impatto che le loro ricerche hanno nella pratica.
Le pagine WEB della rivista permettono di ricevere informazioni per l'abbonamento, sfogliare alcuni
articoli, tra cui il commento dell'editore al primo numero, ed avere informazioni sulla redazione.
La rivista è pubblicata in collaborazione con la National Autistic Society.
167
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175
LO SCREENING E LA DIAGNOSI DEI DISTURBI DELLO
SPETTRO AUTISTICO (Pauline A. Filipek)
Pauline A. Filipek, Pasquale J. Accardo, Grace T. Baranek, Edwin H, Cook, Jr., Geraldine
Dawson, Barry Gordon, Judith S. Gravel, Chris P. Johnson, Ronald J. Kallen, Susan E. Levy,
Nancy J. Minshew, Barry M. Prizant, Isabelle Rapin, Sally J. Rogers, Wendy L. Stone, Stuart
Teplin, Roberto F. Tuchman, e Fred R. Volkmar
Journal of Autism and Developmental Disorders Vol.29, N°6, 1999
La Child Neurology Society e la American Academy of Neurology hanno recentemente proposto
di formulare, per i loro
membri, dei parametri pratici per la diagnosi e la valutazione dell’autismo. La loro proposta fu avanzata anche ai
rappresentanti di nove organizzazioni professionali e di quattro organizzazioni dei genitori, con la consultazione del National
Institutes of Health. Da questo Consensus Panel multidisciplinare venne redatto questo documento dopo l’analisi sistematica
di più di 2500 importanti articoli scientifici della letteratura medica. La conclusione a cui giunge il Panel è che una diagnosi
appropriata di autismo richiede un approccio a due livelli : (a) sorveglianza della routine dello sviluppo, e (b) diagnosi e
valutazione di autismo. In questo documento sono state stabilite raccomandazioni specifiche e dettagliate per ogni livello,
intese a migliorare la percentuale dei primi sospetti e delle diagnosi di, e successivamente del primo intervento per,
l’autismo.
PAROLE CHIAVE : Parametri pratici per la diagnosi e la valutazione dell’autismo; approccio a due livelli.
INTRODUZIONE
I sinonimi disturbi dello spettro autistico e disturbi generalizzati dello sviluppo si riferiscono ad un
ampio continuum di disturbi cognitivi associati a disturbi neurocomportamentali, includenti, ma non
limitati, a tre gruppi sintomatologici principali: compromissioni qualitative nella socializzazione,
compromissioni qualitative nella comunicazione verbale e non verbale, e modelli di comportamento
limitati e ripetitivi (American Psychiatric Association [APA, 1994]). Negli anni passati sono stati
usati diversi termini per riferirsi a questi disturbi (es., autismo infantile, disturbo generalizzato dello
sviluppo di tipo residuale, schizofrenia infantile, e psicosi autistiche). Sebbene l’autismo sia stato
inizialmente descritto, più di 50 anni fa, da Kanner (1943), la miglior comprensione di questa
patologia è emersa solo nei due ultimi decenni e, nonostante l’intenso recente focus sull’autismo, il
suo studio continua a rappresentare una scienza in rapida evoluzione.
In questo documento i termini autismo, autistico e disturbi dello spettro autistico, sono usati in
modo interscambiabile e si riferiscono al più ampio insieme dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo
(PDD), mentre il termine specifico disturbo autistico è usato in riferimento a criteri più limitati,
th
come definito dal Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 4 Edition (DSM-IV; APA,
1994). La complessità e la grande variabilità dei sintomi inclusi nello spettro autistico, indirizza
verso etiologie multiple, attualmente incluse nello stesso raggruppamento diagnostico, data la
similitudine di fondo della sintomatologia comportamentale.
I disturbi dello spettro autistico non sono rari, in quanto prevalenti nella popolazione pediatrica,
rispetto al cancro, al diabete, alla spina bifida e alla sindrome di Down. I primi studi epidemiologici
notarono la presenza di autismo infantile in 4-5 bambini ogni 10.000, approssimativamente 1 ogni
2000 (Lotter, 1996). Con un fenotipo clinico più ampio e una miglior indagine clinica, la stima è
176
aumentata a 10-20 bambini ogni 10.000, o 1 ogni 500-1.000 persone (Bryson, 1996; Bryson, Clark,
& Smith, 1988a; Ehlers & Gillberg, 1993; Gillberg, Steffenburg, & Schaumann, 1991; Ischii &
Takahasi, 1993; Sugiyama, & Abe, 1989; Wing & Gould, 1979). Analisi statistiche recenti,
effettuate dal Commonwealth of Massachusetts Department of Public Health, indicano la presenza
del “Zero-two-three Early Intervention Programme” ogni 500 bambini
(Tracey Osbahr,
Massachusetts PDH, Personal Communication, March, 1999). Tali indici implicano che, negli Stati
Uniti, fra i 60.000 e i 115.000 bambini sotto i 15 anni di età rispondono ai criteri diagnostici per
l’autismo (Rapin, 1997).
Più recentemente Baird et al. (1999) hanno riscontrato una percentuale di 30,8 casi di disturbo
autistico ogni 10.000 bambini (1 ogni 333), con l’aggiunta di 27,1 casi ogni 10.000 per disturbi dello
spettro autistico. Queste percentuali sono significativamente più alte di quelle notate nelle analisi
precedenti e richiedono la conferma di ulteriori studi. Comunque sia, il notare percentuali così alte,
afferma il bisogno di migliorare lo screening e la diagnosi precoci. La ratio generale di maschi e
femmine con autismo è stata tradizionalmente indicata fra il 3:1 ed il 4:1 (Lotter, 1996; Wing &
Gould, 1979). Sembra che questa ratio vari con il QI: da 2:1 in coloro che hanno severe disfunzioni
a più di 4:1 in quelli con QI medio (Bryson, 1997; Ehlers & Gillberg, 1993; Wing & Gould, 1979).
Alcuni pensano che siano diagnosticate come autistiche meno bambine con QI normale, in quanto
potrebbero risultare socialmente più adattabili dei maschi con lo stesso QI (McLennan, Lord &
Schopler, 1993; Volkmar, Szatmari, & Sparrow, 1993b).
La rete sanitaria e le agenzie educative rivolte all’infanzia, devono aspettarsi di incontrare bambini
con autismo. Sebbene sintomi di autismo possano essere presenti durante il primo anno di vita in
bambini diagnosticati come autistici solo successivamente, ed alcuni sintomi siano virtualmente
sempre presenti prima dei tre anni, molto spesso l’autismo non è diagnosticato fino a due o tre anni
dopo la comparsa dei primi sintomi.
Gli individui autistici a volte non hanno diagnosi o non vengono diagnosticati accuratamente. Molti
medici esitano a discutere la possibilità di una diagnosi di autismo con i genitori di bambini piccoli,
anche se in presenza di sintomi chiari, perché sono preoccupati di causare ansietà in famiglia e di
ottenere, etichettando un bambino, effetti contrari, oppure perché sono preoccupati della possibilità
di non essere corretti, o speranzosi che i sintomi si modificheranno con il tempo. Si ritiene che
comunque i risultati positivi, derivanti da una diagnosi accurata, pesino molto di più degli effetti
negativi, e le famiglie esprimono universalmente il desiderio di essere informate sulle condizioni del
bambino il prima possibile (Marcus & Stone, 1993).
Allo stato attuale, molti sono i vantaggi derivanti da una diagnosi precoce di autismo; essi includono
la pianificazione e i trattamenti educativi precoci, il provvedere all’aiuto e all’educazione della
famiglia, la riduzione dello stress e delle preoccupazioni famigliari e la messa in atto di appropriate
cure mediche per il bambino (Cox et al, 1999). Le attività di screening sono cruciali per le diagnosi
precoci. Lo scopo dello screening è l’identificazione, il prima possibile, dei bambini a rischio di
autismo, affinché possano essere indirizzati rapidamente a valutazioni diagnostiche complete e agli
interventi necessari. La spinta all’identificazione precoce deriva dall’evidenza, riscontrata negli
ultimi dieci anni, che interventi intensivi precoci in setting educativi ottimali, producono risposte
migliori in molti bambini piccoli autistici, includendo l’eloquio nel 75% o più, e specifici
miglioramenti nello sviluppo e nelle performance intellettuali (Dawson & Osterling, 1997; Rogers,
1996, 1998). Tali risultati sono comunque stati documentati solo in bambini che hanno ricevuto per
più di due anni servizi intensivi di intervento durante l’età prescolare (Anderson, Avery, Dipietro,
Edwards, & Christian, 1987; Anderson, Campbell, & Cannon, 1994; Fenske, Zalenski, Krantz, &
177
McClannahan, 1985; Hoyson, Jamieson, & Strain, 1984; Lovaas, 1987; McEachin, Smith, & Lovaas,
1993; Ozonoff & Cathcart, 1998). Lo screening e l’identificazione precoci sono dunque cruciali per
migliorare le risposte nei bambini autistici (Hoyson et al, 1984; McEachin et al, 1993; Rogers, 1996,
1998, in stampa; Rogers & Lewis, 1989; Sheinkopf & Siegel, 1998).
Howlin and Moore (1997) descrivono le esperienze diagnostiche di quasi 1.300 famiglie con bambini
autistici provenienti dal Regno Unito. In questo studio, l’età media dei bambini diagnosticati non è
inferiore ai sei anni (mentre negli Stati Uniti l’età media è di tre-quattro anni), malgrado il fatto che
quasi tutti i genitori abbiano avuto la sensazione di un qualcosa di sbagliato nei loro piccoli,
mediamente, entro i 18 mesi ed abbiano ricercato assistenza medica, per la prima volta, entro i 2
anni di età del bambino. I genitori britannici riportano che, malgrado problemi in almeno tre diverse
aree di sviluppo, a meno del 10% dei bambini è stata data una diagnosi alla presentazione iniziale.
Circa il 90% è stato inviato ad un altro professionista (all’età media di 40 mesi). Di questi al 25% è
stato detto niente meno che ‘di non preoccuparsi’. Nel rimanente 10% dei casi, a più di metà è stato
chiesto di ritornare se le loro preoccupazioni fossero continuate, e al restante, che il bambino ‘uscirà
dalla situazione crescendo’. Delle famiglie inviate ad un secondo professionista, solo al 40% viene
data una diagnosi formale, mentre il 25% è ancora una volta rinviato ad un terzo o quarto esperto.
Circa il 25% delle famiglie è stato infine rassicurato anche dai secondi professionisti che hanno detto
di non preoccuparsi: nei casi migliori l’attività dei medici è consistita nella acquisizione dei dati senza
però l’attuazione di nessuna azione ulteriore. Circa il 20% delle famiglie ha affermato di aver dovuto
anche esercitare forti pressioni per ottenere i referti dalle strutture pubbliche o pagare professionisti
privati. Più del 30% dei genitori inviati ad esperti successivi ha riportato che non è stato offerto loro
nessun aiuto (es. di tipo educativo, terapeutico o di riferimenti a gruppi di supporto per genitori), e
solo circa nel 10% dei casi un professionista ha spiegato loro i problemi del bambino. Circa metà
delle famiglie ha riportato che il sistema scolastico e gli altri genitori, piuttosto che la comunità
medica, sono stati, per certi periodi di tempo, la loro maggior fonte di assistenza.
Howlin & Moore (1997) concludono che (a) le preoccupazioni precoci genitoriali sullo sviluppo del
bambino dovrebbero essere prese in considerazione più seriamente, sia dal pediatra di base che dai
professionisti specializzati, con rapidi referti ed appropriate strutture di riferimento, (b) etichette,
come ‘tendenze autistiche’ o ‘tratti autistici’ dovrebbero essere evitate se si è incapaci di dare una
specifica diagnosi di autismo, e che (c) la diagnosi in se stessa può essere un gradino importante ma
non migliorerà la prognosi se non combinata con aiuto pratico e supporto assistenziale ai genitori
nell’ottenere trattamenti per il bambino, indirizzati allo sviluppo di abilità e strategie applicabili
durante tutta la vita del soggetto.
METODOLOGIA DEL PANEL
Selezione del Consensus Panel
La Dr. Filipek fu nominata dalla American Academy of Neurology per presiedere un Team avente lo
scopo di determinare i parametri pratici per lo screening e la diagnosi di autismo. I collaboratori del
team vennero cercati fra le American Academy of Audiology, American Academy of Child and
Adolescent Psychiatry, American Academy of Family Physicians, American Academy of Neurology,
American Academy of Pediatrics, American Occupational Therapy Association, American
Psychological Association, American Psychological Society, American Eloquio-Language Hearing
Association, Child Neurology Society, Society for Developmental and Behavioral Pediatrics, e la
Society of Developmental Pediatrics e vennero scelti da ogni organizzazione, dei rappresentanti
178
aventi i requisiti ottimali, nella ricerca clinica o nella pratica clinica, per lo screening e la diagnosi
dell’autismo. I rappresentanti finali includono Judith S. Gravel (American Academy of Audiology);
Edwin H. Cook Jr. e Fred R. Volkmar (American Academy of Child and Adolescent Psichiatry); Isabel
Rapin e Barry Gordon (American Academy of Neurology); Stuart Teplin, Ronald J. Kallen, e Chris
Plauche Johnson (American Academy of Pediatrics); Grace T. Baranek (American Occupational
Therapy Association); Sally J. Rogers e Wendy L. Stone (American Psychological Association);
Geraldine Dawson (American Psychological Society); Barry M. Prizant (American Eloquio-Language
Hearing Association); Nancy J. Minshew e Roberto F. Tuchman (Child Neurology Society); Susan E.
Levy (Society for Developmental and Behavioral Pediatrics); e Pasquale J. Accardo (Society for
Developmental Pediatrics).
Alcuni rappresentanti furono nominati dalle seguenti associazioni:
Barbara Cutler e Susan Goodman (Autism National Committee), C. Trepagnier (Autism Society of
America), Daniel H. Geschwind (Cure Autism Now), e Charles T. Gordon (National Alliance for Autism
Research).
I National Institutes of Health hanno nominato anche persone con funzioni di
“collegamento” al servizio del Team, inclusi Marie Bristol-Power (National Institutes of Child Health
and Human Development), Judith Cooper (National Institute of Deafness and Communication
Disorders), Judith Rumsey (National Institute of Mental Health), e Giovanna Spinella (National
Institute of Neurological Disorders and Stroke).
Il team giunse a conclusioni, su ogni singolo caso, attraverso discussioni di gruppo includenti tutti i
membri o parte di questi, suddivisi in sottogruppi di specialità.
Rassegna bibliografia
Le ricerche della letteratura estensiva ed informatizzata di Medline (National Library of Medicine) e
PsychINFO (American Psychological Association) in tutte le lingue, usando i termini ‘Autistic Or
Autism Or Pervasive’ NOT treatment29 hanno prodotto più di 4.000 documenti. Il focus era sulla
letteratura riguardante la ricerca scientifica, pubblicata dopo il 1990, ma sono stati inclusi, quando
rilevanti, anche fonti più antiche e studi meno contingenti. E’ stata costruita, per questa ricerca, una
bibliografia di più di 2750 riferimenti e sono stati inizialmente esaminati estratti di articoli, seguiti
poi dalla lettura integrale di quelli più rilevanti. Il processo di ricerca era stato sollecitato da molti
lavori di critica e di meta analisi sviluppati per il DSM-IV (APA, 1994), dalla visione di insieme della
ricerca risultante dalla National Institutes of Health State of the Science Conference on Autism del
1995 (vedi Bristol et al., 1996, e articoli seguenti) e da articoli attuali di critica, capitoli di libri e
libri (Bailey, Phillips, & Rutter, 1996; Bauer, 1995a, 1995b; D. J. Cohen & Volkmar, 1997; Filipek,
1999; Minshew, 1996a; Minshew, Sweeney, & Bauman, 1997; Rapin, 1997; Rutter, 1996).
PROSPETTIVA STORICA
L’autismo dal 1943 al 1980
Kanner (1943) descrisse per primo una sindrome di ‘disturbo autistico 30 usando una casistica di 11
bambini che presentavano una età compresa fra i 2 e gli 8 anni e che condividevano modelli ‘unici’, e
precedentemente mai riportati, di comportamento includenti distacco sociale, ossessività,
stereotipia, ed ecolalia. Dopo questa descrizione iniziale, l’autismo fu scarsamente studiato durante
i decenni centrali del ventesimo secolo. Nel DSM-1 (APA, 1952) e nel DSM-II (APA, 1968), ‘reazioni
29
Autistico O Autismo O Pervasivo NON Trattamento
30
Autistic Disturbances
179
psicotiche in bambini manifestanti primariamente autismo,’ furono classificate sotto i termini di
‘reazione schizofrenica o schizofrenia, di tipo infantile’ (p. 28).
Malgrado questa prima, ma persistente, visione dell’autismo come psicosi, diversi importanti gruppi
di ricerca formularono, durante gli anni settanta, il primo set di criteri diagnostici per questo disturbo
(Ritvo & Freeman, 1978; Rutter & Hersov, 1977). Con il DSM-III (APA, 1980), il termine disturbi
pervasivi dello sviluppo (PDD) fu usato inizialmente per descrivere disturbi
caratterizzati da compromissioni qualitative nello sviluppo di funzioni psicologiche multiple di base
che sono coinvolte nello sviluppo di abilità sociali e del linguaggio, come attenzione, percezione,
contatti con la realtà, e movimenti motori ... il termine disturbo generalizzato dello sviluppo fu scelto
perchè descrive più accuratamente il cuore clinico del disturbo: molte aree importanti dello sviluppo
sono affette allo stesso tempo e ad un serio livello. (p. 86)
Sotto questo nuovo raggruppamento del PDD, le possibili diagnosi includevano, per la prima volta, il
termine autismo infantile (con inizio prima dei trenta mesi) e il termine disturbo generalizzato dello
sviluppo infantile31 (con inizio dopo i trenta mesi), ognuna successivamente classificata nello ‘stato
residuale’ e nel disturbo generalizzato dello sviluppo atipico 32. Nel DSM-III per la prima volta,
l’autismo fu anche differenziato chiaramente dalla schizofrenia infantile e da altre psicosi, e proprio
l’assenza di sintomi psicotici, come le distorsioni della realtà e le allucinazioni, diventano uno dei sei
criteri diagnostici. Il rivisitato DSM-III-R (APA, 1987) allargò lo spettro del PDD e restrinse le
possibili diagnosi a due, disturbo autistico e disturbi pervasivi dello sviluppo non altrimenti specificati
(PDD-NOS).
Attualmente il DSM-IV (APA, 1994) include, all’interno dei PDD, cinque diagnosi possibili (tavola 1)
che sono concordanti con la International Classification of Disease, decima edizione (ICD-10), usata
primariamente all’estero (World Health Organisation [WHO], 1992).
Il fenotipo più ampio
Sebbene Allen abbia coniato per primo la definizione ‘disturbo dello spettro autistico’ (1988), lo
stesso anno che Wing scrisse a proposito del ‘continuum autistico’ , esistono ancora controversie
attorno al concetto di fenotipo clinico. Il DSM-III (APA, 1980) constatò che tale continuum esisteva
e lo etichettò come PDD; il termine disturbo autistico fu riservato solo per quelli con segnali e
sintomi classici presenti prima dei trenta mesi di età. Durante gli ultimi dieci anni, c’è comunque
stata una lenta crescita del consenso clinico attorno al fatto che il raggruppamento dei ‘disturbi
pervasivi dello sviluppo’ rappresenti, in verità, uno ‘spettro autistico’ (Wing, 1997). Per la prima
volta, i criteri del DSM-IV includevano il termine qualitativo per descrivere le diversità entro i criteri
maggiori, definendo una gamma di anomalie piuttosto che la presenza assoluta o l’assenza di un
particolare comportamento, come sufficiente ad individuare un criterio per la diagnosi.
31
Childhood Onset Pervasive Development Disorder
32
Atypical Pervasive Developmental Disorder
180
Tavola 1. Disturbo generalizzato (Spettro Autistico) della sviluppo
DSM IV Diagnosis (APA, 1994)
ICD-10 Diagnoses (WHO, 1992, 1993)
Autistic Disorder
Childhood autism
Asperger disorder
Childhood disintegrative disorder
Other Childhood disintegrative disorder
Rett disorder
Rett syndrome
PDD-NOS33
Atypical autism
Atypical autism
Other PDD
(no coresponding DSM-IV disgnosis)
PDD, unspecified
Overactive disorder with mental retardation with
stereotyped movements
Il fenotipo clinico correntemente riconosciuto include bambini con medie, ma inequivocabili,
menomazioni sociali, comunicative e comportamentali.
Molti bambini autistici ad alto
funzionamento,34 sono diagnosticati solo dopo essere stati da medici specializzati nelle difficoltà di
apprendimento, o in disturbi dell’attività e dell’attenzione 35(ADHD) (Porter, Goldstein, Galil, & Carel,
1992). Circa il 15% dei bambini non ancora diagnosticati, ma assistiti da servizi educativi speciali,
rispondono comunque ai criteri per il DSM-III-R sul disturbo autistico (Deb & Prasad, 1994). ‘Tratti’
autistici furono anche trovati retrospettivamente in circa un quarto dei 2.201 adulti precedentemente
diagnosticati con difficoltà di apprendimento di diverso tipo (Bhaumik, Branford, McGrother, & Thorp,
1997). I questionari creati per diagnosticare specificatamente ADHD non possono identificare la
sintomatologia autistica, tuttavia il 74% dei bambini con autismo ad alto funzionamento, in un altra
serie di questionari era stata, precedentemente erroneamente diagnosticata con ADHD malgrado
chiare differenze nelle loro competenze sociali, nel loro sviluppo cognitivo e nella loro ristretta
gamma di attività (Jensen, Larrieu & Mack, 1997).
SEGNALI E SINTOMI RIVELANTI LO SPETTRO DEI DISTURBI AUTISTICI
Tutti i bambini dello spettro autistico dimostrano lo stesso nucleo di sintomi, nella (a) interazione
sociale reciproca e nella (b) comunicazione verbale e non verbale, con (c) comportamenti o interessi
limitati e ripetitivi (APA, 1994). C’è, tuttavia, una sottolineata variabilità nella severità della
sintomatologia fra i pazienti, e il livello della funzione intellettiva può andare dal profondo ritardo
mentale, fino ai livelli superiori di un test convenzionale del Q.I. I criteri del DSM-IV per il disturbo
autistico sono presentati nella tavola II e sono descritti suddivisi per ogni sfera neurocomportamentale. I sintomi ed i segnali rappresentano un sommario dei tratti clinici discussi in
maggior dettaglio nel DSM-IV (APA, 1984), nella monografia edita da Rapin (1996c) nel Wing
Autistic Disorders Interview Checklist-Revised (Wing, 1996), e in altre numerose pubblicazione
descriventi la presentazione clinica dei disturbi dello spettro autistico (Allen, 1991; Bauman, Filipek
33
PDD-NOT: Pervasive Development Disorder – Not Otherwise Specified
34
High Functioning Autistic Children
35
Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder
181
& Kemper, 1997; D. J. Cohen & Volkmar, 1997; Filipek, 1999; Lord & Paul, 1997; Minshew, 1996a;
Rapin, 1997).
Il disturbo autistico
(DSM-IV A1). Compromissioni qualitative delle interazioni sociali
E’ importante capire che questi criteri si riferiscono a compromissioni qualitative in interazioni sociali
reciproche, e non alla assoluta assenza di comportamenti sociali. I comportamenti sotto questo
elenco, diviso in punti, vanno dalla totale assenza di coscienza dell’altra persona, allo sguardo
diretto che è presente, ma non usato, per modulare le interazioni sociali. I parametri di questa
sezione seguono quelli del DSM-IV per i criteri del disturbo autistico (tavola II) (APA, 1994).
182
Tavola II Criteri diagnostici per il disturbo autistico (APA, 1994a)
A
(1) Marcata compromissione nell’uso di svariati comportamenti non verbali, come lo
sguardo diretto, l’espressione mimica, le posture corporee, i gesti che regolano
l’interazione sociale
a. Incapacità di sviluppare relazioni coi coetanei adeguate al livello di sviluppo
b. Mancanza di ricerca spontanea della condivisione di gioie, interessi o obiettivi con
altre persone (per es. non mostrare, portare, né richiamare l’attenzione su oggetti di
proprio interesse).
c. Mancanza di reciprocità sociale o emotiva
(2) Compromissione qualitative della comunicazione
a.
Ritardo o totale mancanza, dello sviluppo del linguaggio parlato (non
accompagnato da un tentativo di compenso, attraverso modalità alternative di
comunicazione come gesti o mimica).
b. In soggetti con linguaggio adeguato, marcata compromissione della capacità di
iniziare o sostenere una conversazione con altri
c. Uso di linguaggio stereotipato e ripetitivo, o linguaggio eccentrico.
d. Mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei, o di giochi di imitazione sociale
adeguati al livello di sviluppo.
(3) Mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei, o di giochi di imitazione sociale
adeguati al livello di sviluppo.
a. Dedizione assorbente ad uno o più tipi di interessi ristretti, ripetitivi e stereotipati.
b. Sottomissione del tutto rigida ad inutili abitudiini o rituali specifici.
c. Manierismi motori stereotipati e ripetitivi (battere o torcere le mani o il capo, o
complessi movimenti di tutto il corpo).
d. Persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti.
B
C
(A1a). Marcata compromissione nell’uso di svariati comportamenti non verbali, come lo sguardo
diretto, l’espressione mimica, le posture corporee, i gesti che regolano l’interazione sociale. Anche
quando sono piccoli, alcuni bambini autistici non sollevano le braccia o non cambiano posizione
nell’anticipare l’essere presi in braccio. Certi si lasciano coccolare, altri no, alcuni possono irrigidirsi
se tenuti in braccio, altri spesso non guardano o non sorridono quando hanno un approccio sociale.
Alcuni bambini usano lo sguardo diretto spesso solo per brevi momenti, anche se non è usato
solitamente per dirigere l’attenzione verso oggetti o eventi di interesse. Altri bambini usano sguardi
diretti inappropriati: girano la testa di qualcun altro per essere guardati negli occhi. I bambini
183
autistici, a causa della loro mancanza di interesse sociale, ignorano spesso le persone, sia famigliari
che non.
Certi bambini realizzano veri approcci sociali, anche se le modalità di conversazione o la
modulazione del contatto visivo, sono spesso qualitativamente inferiori rispetto alla norma.
All’estremo opposto delle interazioni sociali, vi sono bambini che possono fare approcci indiscriminati
anche ad estranei (es. possono arrampicarsi sulle gambe dell’esaminatore addirittura prima che il
genitore sia entrato nella stanza, essere incoscienti delle barriere psicologiche, o essere descritti
come bambini che continuamente ed inappropriatamente, si mettono al centro dell’attenzione).
(A1b). Incapacità di sviluppare relazioni coi coetanei adeguate al livello di sviluppo.
I bambini
autistici più piccoli possono dimostrare mancanza di interesse, o addirittura apparente mancanza di
coscienza, per i loro pari o per altri bambini. Alcuni bambini autistici non hanno amici di età
appropriata, e spesso quelli più grandi sono presi in giro o sono oggetto di ‘atti di bullismo’. Un
bambino può volere ‘amici’ ma solitamente non capisce il concetto della reciprocità e della
condivisione di interessi ed idee inerenti l’amicizia. Per esempio i ragazzini autistici possono riferirsi
a tutti i compagni di classe come ‘amici’. Un esempio è il bambino che afferma senza esitazione ‘Oh,
io ho molti amici, ventinove amici, ma nessuno di loro come me’. I bambini verbali possono avere
un ‘amico’ ma la relazione solitamente è limitata o incentrata solo su un circonstanziato interesse in
comune, come un particolare gioco al computer. Spesso i bambini “gravitano” attorno ad adulti o a
bambini più grandi, nel qual caso giocano un ruolo passivo, oppure attorno a bambini troppo piccoli,
dei quali diventano leader. In entrambi i casi le richieste della reciprocità sociale sono di molto
inferiori se comparate alle interazioni con pari di età appropriata.
(A1c). Mancanza di ricerca spontanea della condivisione di gioie, interessi o obiettivi con altre
persone (per es. non mostrare, portare, né richiamare l’attenzione su oggetti di proprio interesse).
Alcuni piccoli con autismo, non mostrano reciprocità nel giocare sulle ginocchia, ma piuttosto
stringono le braccia del genitore quando questo attua il gioco in una affascinazione meccanica, o
insistono che il genitore guardi il bambino attuare il gioco. Inoltre manca il caratteristico prendere e
dare del gioco sulle ginocchia, come si vede nello sviluppo normale dei bambini entro la fine del
primo anno. I bambini autistici spesso non indicano cose o non usano il contatto visivo per
condividere il piacere del vedere qualcosa con un’altra persona, non usano quella che è chiamata
attenzione condivisa.
(A1d). Mancanza di reciprocità sociale o emotiva. Alcuni bambini autistici non mostrano interesse
verso gli altri bambini o verso gli adulti, e tendono a giocare da soli, lontano dagli altri. Altri giocano
vicino ad adulti, o situati nel limite del gioco degli altri bambini, occupati in un gioco parallelo o
semplicamente guardando gli altri. Alcuni bambini coinvolgono altre persone in giochi strutturati e
spesso ripetitivi, ma, anche in questo caso, sembrano “assistere” al gioco, senza ascoltare alcuna
suggerimento proveniente dalle altre persone. Altri bambini autistici tendono invece a svolgere un
ruolo passivo nei giochi degli altri, per esempio svolgendo il ruolo di bambino nel gioco della
‘famiglia’, seguendo semplicemente le direttive altrui. Altri, infine, ricercano uno specifico bambino
con il quale c’è un interesse limitato e solitario che domina l’intera relazione.
(A2). Compromissione qualitative della comunicazione. Le compromissioni qualitative della
comunicazione, rilevate nello spettro autistico sono davvero molto più complesse di quelle
presumibili dal semplice ritardo verbale, e condividono alcune similitudini con i deficit riscontrati in
bambini con disturbi dello sviluppo del linguaggio36 o con disturbo specifico del linguaggio37 (Allen
36
Developmental Language Disorders
184
& Rapin, 1992). La funzione espressiva del linguaggio, nello spettro autistico, ha forme diverse: dal
completo mutismo alla fluente verbalità, sebbene quest’ultima sia accompagnata spesso da molti
errori semantici (significato della parola) e pragmatico-verbali (uso del linguaggio per comunicare).
Giovani bambini autistici, anche se verbali, hanno quasi universalmente deficit di comprensione, in
particolare deficit nel capire le domande a più alto ordine di complessità. Sono quasi universalmente
presenti anche deficit nella pragmatica, nell’uso del linguaggio per una efficace comunicazione.
Alcuni bambini autistici non rispondono ai loro nomi quando vengono chiamati dai genitori o dalle
altre persone che si prendono cura di loro, e da piccoli, frequentemente, si presuppone abbiano
severi deficit di udito. Questa sindrome, agnosia uditiva verbale38 (VAA) è simile allo strutturarsi
della sordità acquisita per le parole39 adulta, con una eccezione molto importante: gli adulti con
sordità acquisita per le parole, rimangono fluenti nel parlare perchè il loro linguaggio è già stato
acquisito, laddove bambini con autismo sia con VAA sviluppato che VAA acquisito, con ‘afasia
epilettiforme’,40 sono usualmente muti (Rapin & Allen, 1987).
(A2a). Ritardo o totale mancanza, dello sviluppo del linguaggio parlato (non accompagnato da un
tentativo di compenso, attraverso modalità alternative di comunicazione come gesti o mimica).
Alcuni bambini autistici, nella prima infanzia, non lallano o non usano altre vocalizzazioni
comunicative: sono descritti come bambini molto quieti. Quando la comunicazione orale dovrebbe
essere sviluppata, non hanno assolutamente alcun linguaggio verbale e non sono in grado neanche
di compensare ciò con gesti o espressioni facciali. Un bambino piccolo con sviluppo normale, tira la
propria madre verso un oggetto desiderato, poi indica chiaramente l’oggetto guardando la madre in
faccia. All’opposto, un comportamento tipico di molti bambini autistici è l’usare meccanicamente la
mano di un’altra persona per indicare l’oggetto desiderato, comportamento spesso chiamato
‘indicazione della mano sopra la mano’41. Alcuni bambini tirano addirittura il braccio di qualcun altro
verso l’oggetto desiderato, fuori dalla loro portata, senza nessuna indicazione, nessun gesto o
vocalizzazione comunicativa. Altri bambini ‘indipendenti’ non hanno pretese e non esprimono
richieste ai loro genitori, imparando piuttosto a superare precocemente le difficoltà e ad acquisire
l’oggetto desiderato da soli.
(A2b). In soggetti con linguaggio adeguato, marcata compromissione della capacità di iniziare o
sostenere una conversazione con altri. Alcuni bambini autistici parlano con relativa fluidità, ma non
sono capaci di impegnarsi in una conversazione, definita da due o più parti comunicanti, attraverso
la modalità del prendere–e–dare, su argomenti di mutuo accordo. In una conversazione il partner A
fa una affermazione, sul soggetto dato, diretta al partner B che esprime allora un’altro fatto a sua
volta diretto al partner A che risponde al partner B e così via. Nella conversazione possono essere
incluse delle domande, che, ovviamente, non saranno la struttura dominante della frase. Il tratto
specifico dei bambini autistici verbalmente fluenti è la loro inabilità ad iniziare o a sostenere una
conversazione su un argomento di reciproco interesse, malgrado siano capaci di rispondere
relativamente bene, di formulare una miriade di domande, di parlare ‘ad’ un’altra persona in un
monologo o in un soliloquio sul loro argomento preferito.
37
Specific Language Impairments
38
Verbal Auditory Agnosia
39
Acquired Word Deafness
40
Epileptiform Aphasia
41
Hand Over Hand Pointing
185
(A2c). Uso di linguaggio stereotipato e ripetitivo, o linguaggio eccentrico. Il tratto specifico del
linguaggio autistico è una ecolalia immediata o differita. L’ecolalia immediata si riferisce alla
ripetizione immediata di parole o frasi dette da un altro; i bambini ripetono semplicemente ed
esattamente quello che hanno udito senza formulare un loro proprio linguaggio. E’ molto importante
tener presente che l’ecolalia immediata è un aspetto cruciale dello sviluppo del linguaggio normale in
bambini con meno di due anni. Essa diventa patologica quando è ancora presente come il solo e
predominante linguaggio espressivo dopo i 24 mesi circa, ma è spesso presente nei bambini autistici,
per tutta la durata dell’età prescolastica e scolastica. E’ dunque un imperativo differenziare il
linguaggio consistente, in modo predominante, in ecolalia immediata dalla normale fase di ecolalia
immediata che progredisce rapidamente verso la costruzione spontanea della frase-linguaggio nei
bambini piccoli con sviluppo normale.
L’ ecolalia differita si riferisce invece all’uso di frasi ritualizzate che sono state memorizzate (es. da
video, televisione, pubblicità o conversazioni più volte ascoltate).
L’origine di questo linguaggio stereotipato non ha necessariamente una chiara identificazione. Molti
bambini autistici più grandi incorporano i loro rituali verbali in contesti conversazionali appropriati:
ciò contribuisce a sostenere il loro linguaggio proprio perché queste ‘ripetizioni’ hanno spesso una
maggior fluidità verbale rispetto al resto del discorso. I bambini autistici incontrano difficoltà anche
con i pronomi o con le altre parole che cambiano significato in base al contesto: ciò determina il
riferirsi a se stessi in terza persona o per nome.
Altri possono usare letteralmente frasi
idiosincratiche o neologismi, possono parlare con frasi dettagliate e grammaticalmente corrette, che,
malgrado tutto, rimangono ripetitive, concrete e pedanti. Se la risposta di un bambino ad una
domanda pare ‘mancare il punto della situazione’ la conversazione successiva dovrebbe farlo
emergere in quanto, anche questo, è un tratto tipico del deficit autistico. Questi bambini rispondono
solitamente a domande su fatti concreti correttamente e in modo appropriato, ma quando viene
chiesto loro di rispondere a domande che richiedono la comprensione di concetti o la formazione di
questi, forniscono dettagli che spesso sono solo tangenzialmente relazionati alla domanda in
questione.
(A2d). Mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei, o di giochi di imitazione sociale adeguati
al livello di sviluppo. Alcuni bambini autistici non usano oggetti in miniatura, animaletti o bamboline
per i loro giochi simbolici. Altri li usano in modo meccanicamente ripetitivo senza mostrare gioco
flessibile e rappresentativo. Alcuni bambini con un buon linguaggio possono inventare un mondo di
fantasia che diventa il solo focus del gioco ripetitivo. Un esempio classico della mancanza di un
gioco appropriato è il bambino verbale di età prescolare che ‘gioca’ recitando ripetitivamente un
soliloquio della scena della vecchia strega tratta da ‘La bella e la bestia’ mentre manipola, in
sequenza, i personaggi della casa delle bambole accordandoli precisamente al copione. Quando gli
vengono dati gli stessi personaggi e la stessa casa delle bambole con l’istruzione però di fare un
gioco diverso da ‘La bella e la bestia’, lo stesso bambino è incapace di creare un qualunque altro
scenario di gioco.
(A3). Modalità di comportamento, interessi e attività ristretti, ripetitivi e stereotipati. Ancora una
volta, questa categoria di comportamenti ed interessi stereotipati, racchiude in sé deficit qualitativi
in molti comportamenti.
(A3a). Dedizione assorbente ad uno o più tipi di interessi ristretti, ripetitivi e stereotipati. Alcuni
bambini autistici verbali formulano ripetitivamente la stessa domanda, senza alcun riguardo per la
risposta data loro, o si intrattengono in giochi altamente ripetitivi. Altri sono mentalmente occupati
in interessi speciali e inusuali. Ad esempio, molti bambini sono affascinati dai dinosauri, ma i
186
bambini autistici possono non solo conoscere tutti i fatti esaustivi su ogni concepibile tipo di
dinosauro, ma anche conoscere quale museo ospita quel particolare fossile ecc.; questi bambini
spesso ‘condividono’ ripetitivamente il loro sapere con altri, senza alcun riguardo per gli interessi
altrui o per i suggerimenti contrari. Alcuni bambini in età prescolare sono fans zelanti di programmi
televisivi, addirittura quando sono ancora in fase preverbale o solo minimamente verbale; questo
interesse inusuale in un bambino piccolo, è considerato essere, da molti, un tratto specifico
dell’autismo (Allen, 1991).
(A3b). Sottomissione del tutto rigida ad inutili abitudiini o rituali specifici. Molti bambini autistici
sono così tanto coinvolti mentalmente con ‘la struttura costante’ (sameness) dei loro ambienti di
casa e scuola, o con pratiche di routines, che nulla può essere cambiato senza far esplodere un
accesso di collera o di un altro disturbo emozionale. Alcuni bambini possono, per esempio, insistere
che tutti i mobili di casa rimangano nella stessa posizione, o che tutti i vestiti siano di un particolare
colore, o che solo il completo delle lenzuola preferite sia nel loro letto. Altri possono mangiare solo
da un particolare piatto, quando seduti in una specifica sedia, in una specifica stanza, che non deve
essere necessariamente la cucina o la sala. Alcuni bambini possono insistere nell’essere nudi
quando sono in casa, ma anche insistere nell’indossare scarpe quando sono seduti a tavola. Questa
inflessibilità può essere estesa anche alla routine famigliare, per esempio, prendendo solo una certa
strada per andare a scuola, o entrando dal fruttivendolo solo passando da una specifica porta, o non
fermandosi o voltandosi mai a guardare una macchina che sta partendo.
I genitori possono non essere consci del loro seguire certi rituali, al fine di evitare un disturbo
emozionale del bambino, ma anche esserne consci e troppo imbarazzati per divulgare
volontariamente queste informazioni. Entro tale contesto, anche quando i rituali non sono imposti
dal mondo esterno, alcuni bambini hanno distinti repertori comportamentali che loro stessi si
autoimpongono per mantenere la stabilità ambientale. Molti rituali, con la maturità, si evolvono nei
più classici sintomi ossessivo-compulsivi, includenti il nascondere e l’accumulare oggetti inutilizzabili
o rotti, o il sussurrare ripetitivamente a se stessi parole o brevi frasi.
(A3c). Manierismi motori stereotipati e ripetitivi (battere o torcere le mani o il capo, o complessi
movimenti di tutto il corpo). Alcuni bambini hanno evidenti movimenti motori stereotipati come il
battere le mani o lo sbattere le braccia ogni qualvolta eccitati o innervositi, che sono patologici
quando si verificano dopo i due anni di età. Correre senza direzione, dondolarsi, fare giravolte,
digrignare i denti, camminare in punta di piedi, o assumere altre strane posture sono situazioni
ricorrenti nei bambini autistici. Altri possono battere semplicemente il dorso della loro mano in
maniera ripetitiva, attuando così un manierismo molto meno intrusivo. E’ stato notato che nei
bambini ad alto funzionamento, con la crescita, i movimenti stereotipati, possono diventare
‘miniaturizzati’, trasformandosi in comportamenti socialmente più accettabili, come, ad esempio, lo
sfregarsi la punta delle dita (Bauman, 1992a; Rapin, 1996c). E’ importante anche tener presente
che non tutti i bambini con autismo hanno movimenti motori ripetitivi.
(A3d).
Persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti. Molti bambini dimostrano il
comportamento classico dell’allineare i loro giocattoli, i video, o altri oggetti preferiti, in fila, altri
invece possono semplicemente radunare ‘cose’ senza nessuno scopo apparente. Molti si impegnano
in azioni ripetitive, come l’aprire e il chiudere le porte, i cassetti, o il premere il pedale dei bidoni
della spazzatura, o l’accendere e lo spegnere la luce. Altri bambini sono invece affascinati, e giocano
ripetitivamente con lacci, elastici, metri o fili elettrici. I bambini autistici più piccoli sono spesso
particolarmente affascinati dall’acqua e amano in maniera speciale trasferirla, in modo ripetitivo da
un contenitore ad un altro. Altri ancora, possono assaggiare oggetti od odorarli. Altri amano ruotare
187
oggetti e passano lungo tempo a girare le ruote di una macchina giocattolo o a guardare ventilatori
in funzionamento, mentre ruotano loro stessi fino a quando cadono dallo stordimento. Alcuni
bambini, infine, guardano spesso di sottecchi oggetti fuori dal loro angolo visuale.
Il disturbo di Asperger
Senza conoscersi l’un l’altro, l’anno dopo la prima descrizione di Kanner sull’autismo (1943), il
pediatra Asperger descrisse (1991/1944) quattro bambini con ‘psicopatia autistica’ 42 i quali avevano
presumibilmente comportamenti autistici lievi. Questa ricerca, scritta in tedesco, non fu conosciuta
diffusamente fino agli anni 80 (Wing, 1991b). Il termine diagnostico fu incluso per la prima volta
nel DSM-IV (APA, 1994), ed i criteri per le compromissioni qualitative nell’interazione sociale, nei
modelli di comportamento e nelle attività limitate e ripetitive sono identici a quelli del disturbo
autistico. Questa categoria di diagnosi è chiaramente in evoluzione, come discusso in Schopler,
Mesibov, e Kunci (1998), e non è ancora chiaro se essa rimarrà una sindrome accettata, separata
dall’autismo.
In contrasto con i criteri del disturbo autistico, che includono deficit nella comunicazione e nel gioco
verbale e non verbale, i criteri di Asperger affermano che attualmente non è mostrata ‘significanza
clinica’ nel ritardo del linguaggio, cosicchè il bambino usa parole singole entro i due anni, e frasi
comunicative entro i tre anni (APA, 1994). (E’ da notare che questi criteri per il ritardo del
linguaggio sono molto più estesi di quelli raccomandati come riferimento per le attuali linee guida).
Di norma vi è Q.I normale o quasi normale, includente abilità di auto-aiuto, ‘comportamento
adattivo (non incluso nell’interazione sociale) e curiosità inerente l’ambiente nell’infanzia’. La
mancanza di chiara devianza del linguaggio porta solitamente a riconoscimenti clinici più tardivi
rispetto agli altri disturbi dello spettro autistico, a causa, presumibilmente, del normale o quasi
normale, comportamento adattivo attuato precocemente (Volkmar & Cohen, 1991). Ancora, il
linguaggio nelle ricerche di Asperger non è chiaramente tipico. Gli individui con questo disturbo
hanno solitamente eloquio pedante e poveramente modulato, pragmatica non verbale o abilità
comunicative povere, forti interessi su topici circoscritti come il tempo o gli orari ferroviari
(Ghaziuddin & Gerstein, 1996; Klin, Volkmar, Sparrow, Cicchetti, & Rourke, 1995; Wing, 1981a). Il
loro linguaggio è spesso concreto e letterale, e le risposte spesso ‘mancano il punto’. Alcuni medici
hanno diagnosticato, sbagliando, individui con questo modello di eloquio, come aventi un disturbo
semantico-pragmatico del linguaggio43 piuttosto che l’Asperger o l’autismo (Bishop, Hartley, & Weir
1994; Bishop, 1989, Gagnon, Mottron, & Joanette, 1997). Questa diagnosi di disturbo autistico non
è comunque una sostituzione appropriata ad una diagnosi di autismo, ed inoltre non descrive i deficit
sociali e gli interessi limitati e ripetitivi.
Da un punto di vista sociale, gli individi con il disturbo di Asperger sono solitamente incapaci di
formare una relazione di amicizia. A causa delle loro interazioni sociali “naive”, unilaterali ed
inappropriate sono anche frequentemente ridicolizzati dai loro pari. Spesso mettono fine ai loro
tentativi di socializzazione a causa delle crudeli prese in giro, rimanendo da un punto di vista sociale,
estremamente isolati. Desiderano davvero aver successo nelle loro relazioni interpersonali, e sono
spesso spiazzati quando non lo ottengono (Bonnet & Gao, 1996). Hanno spesso deficit nella
coordinazione motoria sia fine che grossolana, includenti l’essere goffi, l’avere movimenti non
coordinati e l’assumere strane posture (Asperger, 1991/1944; Klin et al., 1995; Wing, 1981a).
42
Autistic Psychopathy
43
Semantic Pragmatic Disorder
188
L’aprassia motoria44 è, comunque, una deduzione inconsistente, dato che i test formali di abilità
motoria non differenziano l’autismo ad alto funzionamento dal disturbo di Asperger (Ghaziuddin,
Butler, Tsai, & Ghazuiddin, 1994; Manjiviona & Prior, 1995).
La validità del disturbo di Asperger come entità diagnostica, distinta dall’autismo ad alto
funzionamento (verbale), rimane controversa (Kurita, 1997; Schopler, 1996; Schopler et al., 1998;
Volkmar, et al., 1996). Infatti da un punto di vista clinico, la diagnosi del disturbo di Asperger è
frequentemente data come alternativa più accettabile per i bambini autistici ad alto funzionamento
(Bishop, 1989). Ci sono poi criteri multipli, che si sovrappongono parzialmente, e sono usati
correntemente nel mondo per le diagnosi del disturbo di Asperger, aumentando la confusione (APA,
1994; Attwood, 1998; Gillberg & Gillberg, 1989; 1995; Szatmari, Bremner, & Nagy, 1989;
Wing,1981a; WHO, 1992, 1993). La similitudine e la sovrapposizione dei segnali e dei sintomi
dell’Asperger, con la sindrome del disturbo di apprendimento non verbale 45 espandono ancor più lo
spettro di questi disturbi dello sviluppo (Harnadek & Rourke, 1994; Klin et al., 1995; Rourke,
1989a, 1989b; Voeller, 1986).
Ma anche una diagnosi di disturbo di apprendimento, non è una sostituzione appropriata per una
diagnosi di autismo, e tutte, troppo spesso, non hanno sufficiente considerazione per i deficit sociali
e gli interessi limitati e ripetitivi. Ad aumentare la confusione, una recente rivisitazione retrospettiva
dei quattro casi originali di Asperger, (1991/1944) riporta che quei bambini, in verità, rispondono ai
criteri del corrente DSM-IV (APA, 1994) per il disturbo autistico (Miller & Ozonoff, 1997). Se tali
criteri sono soddisfatti, è preclusa la diagnosi del disturbo di Asperger.
Disturbo disintegrativo della fanciullezza46
Il disturbo disintegrativo della fanciullezza (CDD) si riferisce al raro verificarsi di un primo sviluppo
normale, fino ad almeno 24 mesi di età, seguito da una rapida regressione delle capacità
precedentemente acquisite, con la frequente comparsa di sintomatologia autistica. Il CCD chiamato
precedentemente Sindrome di Heller, demenza infantile o psicosi disintegrativa47, si verifica
solitamente fra i 36 ed i 48 mesi, ma può svilupparsi fino ai 10 anni di età. Solo circa cento casi di
CDD sono riportati nella letteratura medica (Volkmar, Klin, Marans, & Cohen, 1997; Volkmar &
Rutter, 1995). I tratti specifici includono la perdita del linguaggio, delle abilità sociali, di gioco o
motorie, precedentemente normali, e frequentemente, includono anche lo strutturarsi di
comportamenti limitati e ripetitivi, tutti tipici dell’autismo (APA, 1994). Il CDD è solitamente
associato con sintomi autistici più severi di quelli presenti nell’autismo strutturatosi precocemente,
ed includono profonde perdite delle abilità cognitive fino al ritardo mentale (Catalano, 1998; EvansJones & Rosenbloom, 1978; Hoshino et al., 1987; Short & Schopler, 1988; Tuchman & Rapin, 1997;
Volkmar & Rutter, 1995). Una recente rivisitazione del CDD nota una predominanza maschile di 4:1,
un’età usuale di strutturazione di 29 +/- 16 mesi e nel più del 95% dei casi, sono evidenti sintomi di
perdita del linguaggio, disturbi sociali, comportamenti stereotipati, resistenza al cambiamento,
ansietà e deterioramento delle abilità di auto-aiuto (Volkmar, 1992, 1994).
44
Motor Apraxia
45
Syndrome of Non-verbal Disabilities
46
Childhood Disintegrative Disorder (CDD)
47
Heller’s Syndrome, Dementia Infantilis, Disintegrative Psychosis
189
E’ chiaramente riconosciuto che, nei bambini con autismo, le regressioni delle capacità possono
verificarsi, e spesso si verificano, presto, anche a 15 mesi di età, e comunque ad una età media di
21 mesi (Tuchman, 1996).
La relazione fra autismo con regressione precoce (prima dei 36 mesi), CDD (dopo i 36 mesi),
sindrome di Landau-Kleffner (Landau & Kleffner, 1957; Landau & Kleffner, 1998) e lo stato elettrico
epilettico durante il sonno ad onde lente (stato epilettico elettrico nel sonno) (ESES), è attualmente,
poco compresa, come lo sono anche l’eziologia e la patofisiologia sottostanti (Bristol et al., 1996;
Tuchman & Rapin, 1997). Le stime sulle regressioni delle capacità nei bambini autistici, vanno dal 10
a oltre il 50% (Hoshino et al., 1987; Tuchman and Rapin, 1997), con perdita totale del linguaggio
espressivo nel 20-40% dei casi (Kurita, 1985, 1996; Kurita, Kita & Miyake, 1992; Rutter & Lord,
1987). Fra il 36 ed il 55% dei genitori di bambini autistici, hanno notato problemi nel primo anno di
vita del bambino, anche se probabilmente solo in maniera retrospettiva (Short & Schopler, 1988;
Volkmar, Stier, & Choen, 1985). Alcuni bambini hanno avuto sintomi autistici piuttosto precoci ma
non hanno ricevuto un referto medico o una valutazione diagnostica fino ai 2/3 anni di età. O i
genitori non hanno riconosciuto gli insidiosi problemi del bambino o i medici, e altro personale
sanitario, non hanno dato abbastanza peso alle preoccupazioni dei genitori. Una perdita del
linguaggio acuta o subacuta, probabilmente, motiva di più i genitori a cercare aiuto medico piuttosto
che lo strutturarsi di anormalità di tipo sociale (Rogers & DiLalla, 1990). Uno dei problemi più
spinosi che rallenta una miglior comprensione della regressione autistica e del CDD, coinvolge la
separazione della “età della strutturazione” dalla “età del riconoscimento” (Volkmar et al., 1985).
Ora una modalità di ricerca ben accettata, è fornita dalle valutazioni retrospettive di filmati e video
domestici, al fine di identificare presto i sintomi autistici, entro i dodici mesi di età (Adrien et al,
1992; Baranek, 1999; Osterling & Dawson, 1994).
Sia l’autismo con regressione che i CDD, sono stati associati a crisi epilettiche o ad encefalopatie
epilettiformi (Rapin, 1997; Tuchman, 1995; Tuchman & Rapin, 1997; Tuchman, Rapin & Shinnar,
1991a, 1991b).
In uno studio recente sui bambini autistici con una storia di regressione (Tuchman & Rapin, 1997)
sono stati rilevati, bambini con EEG epilettiforme (21%) in misura almeno doppia rispetto a quelli
con epilessia clinica (11%), il che indica che una porzione significativa di bambini autistici ha attività
epilettiforme subclinica. Queste indagini suggeriscono che la regressione abbia una associazione
significativa con un EEG epilettiforme, anche in mancanza di attività di crisi epilettiche di tipo
clinico48 (19% nei casi con regressione, contro il 10% dei casi senza regressione).
La maggioranza delle encefalopatie è stata localizzata nelle regioni centrotemporali. E’ importante
notare che queste erano prevalenti nei bambini con regressioni associate anche ad un significativo
deficit cognitivo (Tuchman & Rapin, 1997).
Autismo atipico/PDD non altrimenti specificato (PDD-NOS)49
Queste diagnosi sono usate quando è presente una sintomatologia autistica clinicamente
significante, includente deficit nelle interazione sociali reciproche, nella comunicazione verbale e
non, o nei comportamenti, interessi e attività stereotipati, ma nello stesso tempo non sono
pienamente soddisfatti i criteri per una diagnosi specifica alternativa entro lo spettro autistico dei
PDD; per esempio, un bambino che non risponde al totale richiesto di 6 sui possibili 12 criteri per la
48
Clinical Seizure Activity
49
Atypical Autism/PDD not otherwise specified PDD-NOS
190
diagnosi di disturbo autistico o che ha sintomi strutturati dopo i 36 mesi di età. Sono inoltre
codificati sotto questa diagnosi i bambini con sintomi atipici e con sintomi più lievi (APA, 1994).
L’autismo atipico/PDD-NOS non è una entità clinica distinta da una definizione specifica, sebbene gli
individui aventi questa diagnosi siano pensati tradizionalmente come aventi sintomi modesti. Il
PDD-NOS è una diagnosi ottenuta per esclusione degli altri disturbi dello spettro autistico (Towbin,
1997). E’ spesso usata come diagnosi “senza diagnosi” o “diagnosi spazzatura”, quando non sono
disponibili informazioni sufficienti o non sono attendibili, o quando il medico esita ad utilizzare il
termine ‘autismo’. Infatti, quando 176 bambini diagnosticati secondo i criteri del DSM-III-R (APA,
1997), con disturbo autistico furono comparati ai 18 bambini diagnosticati con PDD-NOS, nei
risultati delle diverse misurazioni neuropsicologiche o comportamentali, non vennero notate
differenze significative a parità di Q.I. non verbale (Rapin et al., 1996). Le procedure di screening e
diagnostiche, così come il trattamento per l’autismo atipico/PDD-NOS, sono le stesse che per gli altri
disturbi dello spettro autistico.
La sindrome di Rett
La sindrome di Rett, un disturbo neurodegenerativo limitato essenzialmente alle bambine, si
manifesta dopo un periodo successivo alla nascita, con funzioni normali. Malgrado sia stato descritto
per primo da Rett, nel 1966, non si ebbe consapevolezza clinica delle sindrome fino a quando
Hagberg et al (1983) riportò 35 casi aggiuntivi. La bambina con sindrome di Rett dopo un normale
periodo perinatale, una normale circonferenza cranica alla nascita, un normale sviluppo
psicomotorio, presenta precocemente all’età di 6/8 mesi, un rallentamento dell’accrescimento
cranico. Questo è seguito poi da microcefalia (es. la circonferenza della testa minore del secondo
percentile) e dalla perdita delle abilità manuali. Conseguentamente, si sviluppano movimenti
stereotipati delle mani, come lo strizzare, il lavare, il leccare o il battere le mani, si evidenziano un
misero sviluppo del coordinamento del tronco o della deambulazione,
concomitante alla
compromissione delle interazioni sociali e severe menomazioni nello sviluppo ricettivo ed espressivo
del linguaggio e delle abilità cognitive (Armstrong, 1997; Hagberg et al., 1983; Naidu, 1997; Percy,
Gillberg, Hagberg & Witt-Engerstrom, 1990).
Quasi tutte le bambine hanno EEG anormali,
caratterizzati da rallentamento delle attività di fondo e punte, ma soltanto in circa 1/3 dei casi, si
presentano crisi clinicamente riconosciute (Armstrong, 1997; Naidu, 1997; Percy et al., 1990). La
sindrome di Rett è, secondo l’accordo generale, un disturbo dello sviluppo, sebbene la sua
classifficazione nel DSM-IV e ICD-10 come PDD rimanga controversa (Burd, Fisher, & Kerbeshian,
1989; Gillberg, 1994; Tsai, 1992). Fu comunque classificata nel raggruppamento dei PDD affinchè
non sia effettuata una diagnosi sbagliata di autismo al posto della corretta diagnosi di sindrome di
Rett.
SCREENING E DIAGNOSI DI AUTISMO: ‘VAGLIARE, INDAGARE,
VALUTARE’
Lo screening per l’autismo richiede due diversi livelli di indagine, rispondenti ognuno ad una diversa
domanda (Siegel, 1998). Lo screening Livello 1 deve essere attuato su tutti i bambini e include
l’identificazione dei bambini a rischio per ogni tipo di sviluppo atipico. Il Livello 2 coinvolge in una
indagine più profonda, i bambini già identificati a rischio di un disturbo dello sviluppo, differenzia
l’autismo dagli altri tipi di difficoltà dello sviluppo, e include valutazioni degli specialisti in autismo
per la determinazione della migliore progettazione dell’intervento, basato sul profilo dei punti di
forza e di debolezza del bambino.
191
Sebbene il processo sia stato distinto in due livelli di valutazione, ciò non indica necessariamente
livelli separati ed indipendenti di coinvolgimenti professionali, tanto che lo stesso professionista
potrebbe attuare entrambi gli stadi sequenziali. Fino a quando non saranno stati individuati segnali
biologici per l’autismo, lo screening continuerà a focalizzarsi sul comportamento. In molti casi poi
esso appare avere una strutturazione graduale, spesso senza una chiara evidenza di menomazioni
sensomotorie. I bambini autistici solitamente siedono, gattonano e camminano all’età aspettata.
Alcuni producono addirittura alcune parole al tempo appropriato di sviluppo, malgrado che le stesse
raramente evolvano nel primo linguaggio utile. Sintomi autistici che possono essere presenti
durante l’infanzia (espressione seria, irritabilità crescente, difficoltà nel dormire e nel mangiare,
placidità) sono d’altronde comportamenti visti comunemente anche nei bambini con sviluppo
normale.
Sono stati attualmente identificati i comportamenti specifici che distinguono i bambini autistici dagli
altri, a 12 mesi di età, tramite studi che utilizzano osservazioni basate su videotapes domestici
(Osterling & Dawson, 1994). Utilizzando i video delle feste del primo compleanno di bambini
autistici, comparati ai bambini con sviluppo normale, i ricercatori hanno scoperto che vi sono
quattro comportamenti identificabilii correttamente in più del 90% dei bambini autistici e ‘normali’.
Questi comportamenti, rianalizzati in studi successivi (Mars, Mauk, & Dowrick, 1998) sono lo
sguardo diretto, l’orientarsi al chiamare del nome, l’indicare e il mostrare. Uno studio più recente di
video domestici dei primi compleanni (Osterling & Dawson, 1999) ha rilevato che i bambini di un
anno con autismo possono essere anche distinti da quelli di un anno con ritardo mentale idiopatico 50.
I bambini di un anno usano meno lo sguardo diretto e si voltano verso chi li chiama per nome meno
frequentemente di quelli con ritardo mentale e di quelli con sviluppo tipico. Gli stessi comportamenti,
distinguono anche a 8-10 mesi i bambini autistici da quelli con sviluppo normale (Brown, Dawson,
Osterling & Dinno, 1998). Baranek (1999), similmente, ha analizzato video retrospettivi di bambini
di 9/12 mesi, ed ha riscontrato che un modello di nove comportamenti differenzia, con il 94% di
accuratezza, l’autismo, i disturbi dello sviluppo e lo sviluppo normale. Il modello autistico presenta
maggiori problemi rispetto all’abilità di risposta a stimoli sociali (es. ritardo nel rispondere al nome,
avversione al contatto sociale) così come ad altri aspetti non sociali della risposta sensoria.
Sebbene l’accuratezza a lungo termine e l’utilità predditiva di tali osservazioni siano ancora da
determinare, i risultati di questa ricerca suggeriscono che l’autismo potrà, fra non molto, essere
identificato con sicurezza molto presto, a un anno di età, o addirittura prima (Baranek, 1999;
Teitelbaum, Teitelbaum, Nye, Fryman, & Maurer, 1998). E’ attualmente diagnosticabile con sicurezza
in bambini di tre, o anche meno, anni. Studi recenti hanno dimostrato che i sintomi dell’autismo
sono misurabili a 18 mesi di età e che questi stessi sintomi sono stabili fino alla fine del periodo
prescolastico (Charman et al, 1997; Cox et al, 1999; Lord, 1995; Stone et al, 1999). Gli stessi
studi hanno identificato le caratteristiche principali che differenziano, fra i venti ed i trentasei mesi,
l’autismo dagli altri disturbi dello sviluppo, caratteristiche che devono essere individuate
precocemente con screening specifici. Queste coinvolgono sintomi negativi, o deficit
comportamentali, nelle seguenti aree: sguardo diretto, orientarsi al chiamare del nome,
comportamenti dell’attenzione condivisa (es. indicare, mostrare), gioco simbolico, imitazione,
comunicazione non verbale e sviluppo del linguaggio. Anche il comportamento sociale presenta
differenze fra i gruppi, tuttavia sia la percezione sensoria che i comportamenti ripetitivi o le crisi
comportamentali non evidenziano diversità costanti e consistenti tali da differenziare i gruppi
autistici da quelli non autistici in età precoce.
50
Idiopathic Mental Retardation
192
Gli screening per l’autismo possono non individuare i bambini con variazioni lievi del disturbo (senza
ritardo mentale o ritardo del linguaggio evidente), che rimangono spesso non diagnosticate per anni,
causando difficoltà crescenti ai bambini che cercano di soddisfare le richieste dell’educazione
elementare senza i supporti necessari. Le loro difficoltà causano notevole stress alle famiglie, che
riconoscono i cambiamenti del bambino ma hanno difficoltà a convincere gli altri dell’esistenza di un
disturbo del bambino. Gli sforzi per migliorare lo screening e la conseguente opportunità di
predisporre un intervento efficace sono perciò di grande aiuto a questa tipologia di bambini ed alle
loro famiglie.
Lo screening deve anche rilevare i sintomi degli individui autistici non verbali ad alto funzionamento
e del disturbo di Asperger, così come deve focalizzarsi sui bambini più grandi, sugli adolescenti e sui
giovani adulti (Garnett & Atwood, 1998). Tali indagini sono importanti anche per i setting educativi
dove possono essere diagnosticati bambini più grandi.
Livello 1: sorveglianza di routine dello sviluppo e screening specifico per
l’autismo
Questo Panel sostiene consensualmente che gli operatori dei servizi per l’infanzia che dovrebbero
cambiare il loro approccio alla cura dei bambini sani, così da realizzare screening capaci di ottenere
buoni risultati per i disturbi dello sviluppo. E’ stato stimato che circa il 25% dei bambini in ogni
studio medico mostra, ad un certo punto, problemi di sviluppo. Conseguentemente, lo screening
dello sviluppo deve diventare una routine assolutamente essenziale in ognuna delle visite pediatriche
della prima infanzia e dell’età prescolare ed anche durante i primi anni di scuola, se si evidenziano
preocupazioni. L’uso aggiuntivo di strumenti di indagine specifici per lo sviluppo, aumentera la
sensibil.ità e la specificità del processo di screening per l’autismo.
Sfortunatamente, meno delle 30% dei medici dei servizi per l’infanzia, mettono in atto test
stardandizzati di screening (seguendo le procedure definite) ad ogni appuntamento con un
bambino sano (Dworkin, 1989, 1992; Majnemer & Rosenblatt, 1994; Rapin, 1995). Anche la
American Academy of Pediatrics (AAP) sta sottolineando l’importanza dei controlli dello sviluppo ad
ogni visita, secondo un processo continuo e flessibile, più ampio dello screening perchè include le
preoccupazioni emerse e valutate dai genitori, e delle prove specifiche sulle abilità in area dello
sviluppo (American Academy of Pediatrics Committee on Children with Disabilities, 1994; Johnson &
Blasco, 1997). Il miglioramento del processo di controllo dello sviluppo non è garantito dalla sola
acquisizione delle abilità necessarie e quindi dall’attività di formazione professionale attuata nei
servizi; occorre cambiare l’attuale politica di gestione della salute che permette solo pochi minuti per
le visite al bambino sano ed offrire condizioni che permettono ai medici di realizzare il training
ricevuto (Glascoe, Foster, & Halraich, 1997). Per seguire le raccomandazioni di questi parametri
pratici appropriatamente, è essenziale un alto livello di partecipazione da parte dei genitori, dei
professionisti della salute e degli amministratori.
E importante tener presente che i genitori sono solitamente corretti nelle preoccupazioni sullo
sviluppo del loro bambino (Glascoe, 1994, 1997, 1998; Glascoe and Dworkin, 1995). Forse non
sono accurati rispetto ai parametri qualitativi e quantitativi inerenti la normalità dello sviluppo, ma
quasi sempre, se hanno una preoccupazione, esiste davvero un problema in qualche aspetto dello
sviluppo del bambino. Ogni preoccupazione dei genitori riguardante una delle tre aree principali dello
sviluppo, deve essere valutata e portata a indagini successive.
Sebbene una giusta preoccupazione dei genitori suggerisca fortemente un sottostante problema
dello sviluppo, la mancanza di preoccupazioni non implica uno sviluppo normale. La mancanza di
193
esperienza come genitori, le influenze culturali, la negazione, la mancanza di tempo in presenza di
problemi medici piu contengenti, tutto contribuisce alla resistenza dei genitori nel portare in
superficie i problemi dello sviluppo. Anche quando i genitori non esprimono preoccupazioni, lo
sviluppo di un bambino dovrebbe essere monitorato attentamente, usando uno degli strumenti
disponibili, come il questionario per i genitori. Alcuni medici utilizzano modelli clinici per i bambini
sani con prestampate le tappe fondamentali dello sviluppo, appropriate per ogni visita di routine. Le
informazioni per costruire questi modelli, dovrebbero essere presi da tabelle validate sulle tappe
fondamentali e dovrebbero coprire ogni sfera dello sviluppo.
Screening generale dello sviluppo; i questionari per i genitori
Strumenti tradizionali. La Denver-II (DDST-II, precedentemente Denver Developmental Screening
Test – Revisited; Frankenburg, Dodds, Archer, Shapiro & Bresnick, 1992) è stata lo strumento
tradizionale usato per lo screening dello sviluppo dai servizi per l’infanzia. E’ rivolto ai bambini dalla
nascità ai sei anni, e valuta il linguaggio ricettivo ed espressivo, l’abilità di articolazione e di
adattamento motorio fine, le abilità personali e sociali e quelle motorie grossolane. Ciò determina
un punteggio singolo
(anormale, incerto, non valutabile, avanzato).
Il test, facile nella
somministrazione e nella elaborazione del punteggio, può essere completato in venticinque minuti o
meno. La validità del test non è comunque stata provata. In aggiunta, ricerche conseguenti hanno
dimostrato che la misurazione era significativamente insensibile (cioè lo strumento ha evidenziato
un numero significativo di bambini ritardati ma ne ha trascurati molti altri positivi) e mancante in
specificità (cioè un numero significante di bambini normali – davvero negativi – fu classificato
incorrettamente come ritardato) (Glascoe et al, 1992).
Per usare i PEDS i genitori devono rispondere a dieci domande. Queste sono scritte in inglese e in
spagnolo, e più del 90% dei genitori può completare il questionario prima del colloquio con il
medico. I medici o lo staff medico, possono attribuire un punteggio ed interpretare i risultati in circa
due minuti. I PEDS sono stati convalidati ed impostati in criteri standard, attraverso quattro studi
separati, utilizzando 971 bambini di cìttà diverse (Glascoe, 1991, 1994; Glascoe, Altemeier &
MacLean, 1989; Glascoe, MacLean, & Stone, 1991). La sua accuratezza nello scoprire le
compromissioni qualitative, risponde agli standards convenzionali per i test di screening (sensibilità
ai problemi dello sviluppo e specificità verso lo sviluppo normale del 70-80%). Le ricerche sui PEDS
mostrano che i genitori sono propensi ad essere accurati, senza differenze rispetto al loro livello di
educazione, o alla loro esperienza come genitori.
Problemi principali e indagini specifiche riguardanti le preoccupazioni dei genitori per lo sviluppo del
figlio
Ci sono almeno tre ragioni generali per le quali i bambini piccoli ed i loro genitori si presentano al
pediatra per una visita di controllo: ritardo del linguaggio o dell’eloquio; problemi dello sviluppo
sociale con, o senza, problemi simili nell’eloquio o nel linguaggio; la crescita di un fratellino o di un
sorellina di un bambino autistico accertato o sospetto. Ogni bambino, i cui genitori si mostrano
preoccupati in queste aree, dovrebbe essere successivamente sottoposto a valutazione diagnostica
attraverso i Livelli 1 e 2. Ogni preoccupazione che implica una ‘regressione’ o una perdita delle
abilità linguistiche o sociali, dovrebbe essere considerata come un serio allarme, una bandiera rossa.
Il bambino con genitori che segnalano un ritardo dell’eloquio o del linguaggio. Le preoccupazioni più
comuni mostrate dai genitori di bambini fra gli uno ed i cinque anni, sono quelle relative a deficit
d’eloquio “isolati”. Molte volte queste preoccupazioni sono relazionate al ritardo delle linguaggio
espressivo, dato che i genitori solitamente non sono bene informati sulle abilità del linguaggio
194
ricettivo del bambino.
Ci sono segnalazioni classiche da parte dei genitori e alcune tappe
assolutamente fondamentali del linguaggio, la mancanza delle quali indica la necessità di effettuare
immediatamente analisi successive (tavola III).
Quando sono espresse queste, o altre,
preoccupazioni inerenti il linguaggio, colui che si occupa del Livello 1 dovrebbe chiedere ulteriori
informazioni ai genitori riguardanti le abilità sociali, il comportamento e la comunicazione, in uno
sforzo teso a determinare se, nel bambino, esistono altri problemi oltre a quelli relativi al linguaggio
(tavola IV).
Il bambino con sospetti problemi nello sviluppo sociale o nel comportamento (con o senza
preoccupazioni simili nell’eloquio o nel linguaggio). Ogni preoccupazione riguardante i problemi
inerenti lo sviluppo sociale, dovrebbe essere sempre considerata attentamente, nello stesso modo in
cui un bambino grande si lamenta per un dolore alla schiena o al petto. Diversamente dai ‘mal di
stomaco’ e dai ‘mal di testa’ che sono comuni, autolimitati, e possono essere spesso trattati
sintomaticamente senza una analisi diagnostica, il lamentarsi per male alla schiena o al petto, è cosa
rara e pertanto merita indagini ulteriori. Allo stesso modo ogni preoccupazione inerente ritardi o
problemi sociali, deve essere immediatamente indagata proprio perché i genitori si preoccupano
difficilmente di queste cose.
195
Tavola III.
Cosa devono cercare i professionisti della salute quando i genitori esprimono le
loro preoccupazioni ?
Le BANDIERE ROSSE dell’autismo
PREOCCUPAZIONI INERENTI LA COMUNICAZIONE
Non risponde al suo nome
Non è capace di chiedere cosa desidera
Il linguaggio è in ritardo
Non segue le indicazioni
A volte sembra sordo
A volte sembra capace di udire altre no
Non indica e non saluta con la mano
Prima diceva qualche parola, ora non più
PREOCCUPAZIONI INERENTI LA SOCIALITÀ
Non sorride socialmente
Sembra preferisca giocare da solo
Prende gli oggetti da solo
E’ molto indipendente
Fa le cose “precocemente”
Attua scarso contatto con gli occhi
E’ nel suo mondo
Ci chiude fuori
Non è interessato agli altri bambini
PREOCCUPAZIONI INERENTI IL COMPORTAMENTO
Ha crisi di collera-aggressività
E’ iper-attivo, non-cooperativo, provocatorio
Non sa come usare i giocattoli
Si blocca regolarmente sulle cose
Cammina in punta di piedi
Ha attaccamenti inusuali ai giocattoli
Allinea gli oggetti
E’ ipersensibile a certe fibre tessili o a certi suoni
Ha strani modelli di movimento
INDICAZIONI ASSOLUTE PER ULTERIORI VALUTAZIONI DIAGNOSTICHE
IMMEDIATE
Nessuna lallazione entro i 12 mesi
Nessuna gestualità (indicare, muovere la mano, salutare etc.) entro i 12 mesi
Nessuna parola entro i 16 mesi
Nessuna frase spontanea (non ecolalia) di due parole entro i 24 mesi di età
QUALUNQUE perdita di QUALSIASI abilità linguistica o sociale ad OGNI età.
Dovrebbero inoltre essere immediatamente indagati i problemi su preoccupazioni inerenti il
comportamento e coesistenti con altre inerenti lo sviluppo sociale o la comunicazione (vedi tavole III
196
e IV).
Ancora più significativa è la coesistenza di preoccupazioni riguardanti le aree della
comunicazione e del comportamento, e di quelle inerenti la socializzazione.
Il fratellino o la sorellina di un bambino più grande con autismo accertato o sospetto. Il fratellino o
la sorellina di un bambino autistico, meritano attenzioni speciali anche se i genitori non sono molto
preoccupati del suo sviluppo.
197
Tavola IV
PONI DOMANDE PRECISE SULLO SVILUPPO
“Lui o lei…” oppure “C’è…”
SOCIALIZZAZIONE
…ama le coccole come gli altri bambini?
…vi guarda in faccia quando parlate o giocate?
…sorride in risposta al sorriso degli altri?
…partecipa al gioco reciproco di scambio?
…fa semplici giochi di imitazione come <batti batti le manine!> o <bu-bu settete!> o <cucù!>?
…mostra interesse per gli altri bambini?
COMUNICAZIONE
…indica col dito?
…fa gesti? Fa no o sì con il capo?
…guida la tua attenzione alzando oggetti per mostrarteli?
…qualcosa di strano nel suo linguaggio?
…conduce un adulto per mano?
…dà risposte inconsistenti quando è chiamato?…ai comandi?
…utilizza un linguaggio meccanico, ripetitivo o ecolalico?
…memorizza pezzi di parole o di frasi?
COMPORTAMENTO
…ha un comportamento motorio ripetitivo, stereotipato o bizzarro?
…ha delle preoccupazioni o un repertorio ristretto di interessi?
…è interessato maggiormente alle parti degli oggetti (ad es. le ruote)?
…ha un gioco del “far finta” limitato o assente?
…imita le azioni delle altre persone?
…gioca coi giocattoli esattamente nello stesso modo ogni volta?
…è fortemente attaccato a particolari e inconsueti oggetti?
I fratelli e le sorelle costituiscono un gruppo importante a rischio di autismo; il loro sviluppo ha la
necessità di essere monitorato molto attentamente, non solo per i sintomi relazionati all’autismo, ma
anche per ritardi del linguaggio e per sintomi di ansietà precoce. Mentre alcuni genitori possono
essere particolarmente vigili riguardo alla presenza di ‘tratti autistici’ e possono iper-reagire a ciò,
altri possono non rendersi conto che il bambino più piccolo mostra sintomi autistici lievi, perchè la
198
gravità del bambino più grande mette in ombra le anormalità più sottili del piccolo. Il vantaggio
principale dell’identificare i bambini con autismo il prima possibile è il fornire loro trattamenti precoci
con programmi di intervento ad alta qualità. In aggiunta, è importante notare che un fratello più
piccolo può mimare il fratello autistico più grande, anche se non possiede caratteristiche autistiche
innate.
Quando i genitori hanno serie preoccupazioni lo screening del Livello 1 dovrebbe procedere
direttamente ai questionari specifici sull’autismo. Quando invece i genitori non hanno alcuna
preoccupazione, lo screening dovrebbe sia indagare sui comportamenti autistici, che monitorare tutti
i settori dello sviluppo ad ogni visita di controllo. Dato che non esistono segnali fisiopatologici o test
diagnostici per l’autismo, la storia personale è uno dei mezzi più importanti per determinare se il
bambino sia o meno a rischio di autismo. I professionisti del Livello 1 devono imparare quali
domande formulare e come interpretare le risposte, nel contesto di uno sviluppo infantile normale
(vedi tavole III, IV).
Livello 1 Indagini di Laboratorio
Valutazione audiologica formale
Tutti i bambini con ritardi dello sviluppo, specialmente quelli con ritardi nello sviluppo sociale e nel
linguaggio, devono sottoporsi ad una valutazione audiologica. Nel futuro indirizzarsi delle cure
pediatriche verso screening universali, questo potrà diventare un punto discutibile. Fino ad allora
però, ogni bambino con ritardo nel linguaggio, o a rischio di autismo, deve essere indirizzato ad una
visita audiologica, lo stesso giorno in cui la preoccupazione viene identificata.
I sospetti del genitore o del medico, riguardanti i problemi dell’eloquio, del linguaggio o dell’udito
(perdita di sensibilità, risposte inesistenti, mancanza di risposte o risposte inusuali a suoni o a fonti
di suono) devono avere sempre come risultato, un’immediata indagine audiologica. Devono essere
attuati test dell’udito approfonditi, realizzati da un audiologo con esperienza nella diagnosi di
bambini molto piccoli e di persone difficili da valutare. Questa indagine deve essere attuata senza
riguardo al fatto che il bambino abbia “superato” lo screening uditivo neonatale. L’integrità
dell’udito non può essere determinata attraverso le osservazioni informali delle risposte
comportamentali ai suoni dell’ambiente, o attraverso le descrizioni fornite dal genitore. La perdita
dell’udito (trasmissivo, sensorioneurale o misto) può verificarsi in concomitanza con l’autismo e i
bambini autistici possono essere pensati incorrettamente, come aventi una perdita dell’udito
periferica (Adkins & Ainsa, 1979; Jure, Rapin, & Tuchman, 1991; Klin, 1993; Smith, Miller, Stewart,
Walter & McConnell, 1988).
La valutazione audiologica all’interno del differenziato processo
diagnostico dovrebbe essere attuata presto e includere anche una batteria di test con misurazioni
comportamentali audiometriche, valutazione delle funzioni dell’orecchio medio e procedure
elettrofisiologiche (American Speech-Language-Hearing Association, 1991).
L’obiettivo del referto audiologico è il delineare il tipo, il grado, la configurazione, e la simmetria di
ogni perdita esistente dell’udito, o il confermare la presenza di una sensibilità uditiva periferica
normale. Sono disponibili due ampie categorie di metodi valutativi per l’udito: comportamentale ed
elettrofisiologica.
La valutazione audiologica comportamentale deve includere analisi uditive
appropriate al livello di sviluppo del bambino. Procedure di risposte comportamentali incondizionate
(come la Behavioural Observation Audiometry o BOA) sono di uso limitato nel caratterizzare la
sensibilità uditiva come funzione di frequenza. Procedure di risposte condizionate (come la Visual
Reinforcement Audiometry o il Conditioned Play Audiometry) sono utili nella diagnosi audiologica di
bambini con più di sei mesi. Usando questo metodo semplice, piacevole ed economico, possono
199
essere ottenute informazioni affidabili, accurate e specifiche sulla frequenza. La valutazione
audiologica dei bambini autistici può richiedere dei cambiamenti da parte dell’audiologo, come le
modificazioni delle tecniche tradizionali e del contesto del test. Ricerche limitate ed esperienze
cliniche suggeriscono che molti bambini autistici possono essere diagnosticati usando procedure di
test operante (Gravel, Kurtzberg, Stapells, Vaughan, & Wallace, 1989; Verpoorten & Emmen, 1995).
Le procedure elettrofisiologiche sono utili per stimare la sensibilità uditiva e per esaminare l’orecchio
medio, cocleare e l’ottavo nervo o l’integrità delle vie del tronco (Gorga, Kaminski, Beauchaine,
Jesteadt & Neely, 1989; Stapells, Gravel, & Martin, 1995). Questi metodi non richiedono risposte
comportamentali da parte del bambino, malgrado egli debba essere quieto (solitamente in sonno
naturale o sedato) per diverso tempo. Le procedure acustiche, specificatamente timpanometriche,
sono utili per quantificare la funzione dell’orecchio medio, e il limite del riflesso acustico attestato
può essere usato come indagine incrociata della funzione uditiva.
Le emissioni otacustiche spontanee o evocate, sono utili per esaminare la funzione cocleare
(sensoria). Questa procedura è specifica per la frequenza ed è efficiente in termini di tempo e costi.
Le emissioni otacustiche spontanee o evocate, sono assenti con perdite dell’udito maggiori di 39/40
dB (Prieve, 1992; Robinette, 1992) e questa tecnica è stata usata in bambini autistici (Grewe,
Danhauer, Danhauer & Thornton, 1994). Lo studio dei Potenziali Evocati del Tronco (ABR), è
specifico per la frequenza, ed è la procedura elettrofisiologica singola, più utile nelle stime dei limiti
uditivi, che è stato dimostrato essere altamente correlati con i limiti uditivi comportamentali, sia in
bambini che sentono normalmente, che in bambini con perdite uditive sensorioneurali (Stapells et
al, 1995). La valutazione audiologica non deve essere ritardata nella diagnosi di autismo. E’
raccomandato poi che l’analisi audiologica sia completata in centri con personale professionale
qualificato e con esperienza (audiologi pediatrici), con metodi di test attuali e tecnologia facilmente
disponibile. E’ altresì raccomandato che centri privi di questi mezzi stipulino accordi consorziali con i
centri che sono capaci di eseguire queste approfondite valutazioni nei bambini autistici.
Quando è registrata una perdita dell’udito (trasmissiva o sensorio neurale), il bambino deve essere
mandato da uno specialista, ma non devono essere ignorate preoccupazioni emerse nello screening
del Livello 1 riguardanti altri indicatori dello sviluppo (‘bandiere rosse’) per l’autismo (es. mancanza
di relazioni sociali, comportamenti inusuali). L’audiologo, l’ortofonista ed il medico di base che
seguono la crescita del bambino, devono sorvegliare anche gli indicatori dell’autismo. Quando
appropriato, in analisi approfondite (psicologiche, sensomotorie) sono raccomandati indicatori per
indirizzare la potenziale co-esistenza di autismo e perdita dell’udito. Nei bambini autistici possono
verificarsi perdite dell’udito di tipo trasmissivo, transitorie e fluttuanti, associate ad otiti medie.
Dunque il “seguire” audiologico e medico per perdita dell’udito trasmissivo associato a ricorrenti otiti
medie, è importante nel management a lungo termine dei bambini autistici.
Lo screening del piombo
I bambini con ritardi dello sviluppo che trascorrono un lungo periodo nella fase del gioco orale (dove
ogni cosa ‘va dentro le loro bocche’) sono ad alto rischio di tossicità da piombo, specie in certi
ambienti. La prevalenza di pica in questo gruppo di bambini può risultare in alti tassi di esposizione
intensa e spesso ricorrente, al piombo e, abbastanza frequentemente, ad altri metalli (Shannon &
Graef, 1997). Parecchi studi riportano gli effetti neurocomportamentali e comportamentali della
tossicità del piombo e la sua potenziale rilevanza clinica in pazienti autistici. La concentrazione
media di piombo nel sangue di 18 bambini autistici, fu rilevata essere, in studi diversi, notevolmente
più alta di quella riscontrata in 16 bambini non autistici o in 10 fratellini normali; il 44% dei bambini
autistici e psicotici aveva livelli di piombo nel sangue più alti di due deviazioni standard dalla media
200
dei controlli normali (Cohen, Johnson, & Caparulo, 1976).
In tre dei sei casi riportati di
intossicazione da piombo in bambini autistici, la devianza comportamentale sembra sia stata
presente prima del probabile impatto con la intossicazione da piombo, mentre in due casi,
l’intossicazione può aver contribuito alla strutturazione e all’accellerazione della sintomatologia in
sviluppo (Accardo, Whitman, Caul & Rolfe, 1988). Una analisi classificatoria più recente, ha rilevato
che 17 bambini autistici sono stati trattati per piombismo per un periodo di piu di sei anni, fra il
1987 ed il 1992. Comparati con un gruppo scelto a caso di 30 bambini senza autismo trattati
durante lo stesso intervallo, i bambini con autismo erano significativamente più grandi al momento
della diagnosi, hanno avuto un periodo più lungo di elevato livello di piombo nel sangue durante il
trattamento, ed il 75% è successivamente riesposto al piombo, malgrado un monitoraggio e
un’ispezione dell’ambiente attenti, malgrado alternative domestiche e altre condizioni tendenti a
ridurre la possibilità di esposizione al piombo (Shannon & Graef, 1997). Di conseguenza tutti i
bambini con ritardi, o che sono a rischio di autismo, devono avere controlli periodici al piombo fino a
che i pica scompaiono (Centers for Disease Control and Prevention, Shannon & Graef, 1997).
Lo screening specifico per l’autismo
Tutti i professionisti coinvolti nella cura dei bambini piccoli (pediatri, neurologi, psichiatri, psicologi,
audiologi, logopedisti, terapeuti occupazionali e terapeuti della riabilitazione), devono avere
famigliarità sufficiente con i segni ed i sintomi dell’autismo tanto da riconoscere i possibili indicatori
(sociali, comunicativi, e comportamentali) del bisogno di valutazioni diagnostiche successive.
E’ importante essere consci che i bambini autistici sono spesso esaminati per una ampia gamma di
problematiche, come ritardi del linguaggio, problemi di regolazione comportamentale nell’infanzia,
problemi motori o sensori, problemi sociali e comportamentali, disturbi emotivi e problemi di
apprendimento.
Nel campo dei bambini autistici ci sono nuovi strumenti di screening: la Checklist for Autism in
Toddlers (CHAT; Baron-Cohen, Allen & Gillberg, 1992; Baron-Cohen et al., 1996), il Pervasive
Developmental Disorders Screening Test (PDDST., Siegel, 1998), e per i bambini verbali più grandi,
non ancora diagnosticati, la Australian Scale for Asperger’s Syndrome (Garnett & Attwood,1998).
La Checklist for Autism in Toddlers (CHAT; Baron-Cohen et al., 1992; 1996) è designata per lo
screening dell’autismo a 18 mesi di età ed è strutturata per il setting dei servizi per l’infanzia. La
prima sessione consiste in una serie di nove domande da formulare ai genitori, come, ad es., se il
bambino ha mai attuato un qualunque gioco simbolico. La seconda sessione consiste invece in una
serie di cinque target che, durante la visita, il medico osserverà o sottoporrà al bambino, come il
vedere se guarda dove indicato (attenzione condivisa), se ha un qualsiasi interesse nel gioco
simbolico, o se è capace di seguire un comando. I punti di forza della CHAT includono la sua facilità
di utilizzo e la sua dimostrata specificità ai sintomi di autismo nei bambini di 18 mesi. Sia dagli
studi iniziali di fratellini di bambini con disturbo autistico che dai più ampi studi epidemiologici
coinvolgenti una popolazione di 16.000 bambini di 18 mesi, emerge che, virtualmente, tutti i
bambini che falliscono i cinque target della CHAT, somministrata due volte (ad un mese di
distanza), hanno disturbo autistico come poi diagnosticati a 20 e 42 mesi di età (Baron-Cohen et al.,
1992, 1996; Charman et al., 1998; Cox et al., 1999). Questo studio epidemiologico ha comunque
indicato che la CHAT è meno sensibile ai sintomi lievi di autismo, cosicchè i bambini
successivamente diagnosticati con PDDNOS, Asperger, o autismo atipico, per la maggior parte, non
erano stati individuati dalla CHAT a 18 mesi. Come mezzo per identificare i bambini di 18 mesi a
rischio di autismo dalla popolazione normale, la CHAT appare essere, dunque, un mezzo utile, anche
201
se non esaustivo per identificare la maggioranza dei bambini che cadranno poi entro lo spettro
autistico. Una variazione della CHAT, non ancora pubblicata, è la The Developmental Checklist,
attualmente sotto elaborazione, che espande la CHAT ad una lista da esaminare formata da trenta
targets che il genitore, da solo, può compilare in circa dieci minuti (Robins, Fein, Barton, & Liss,
1999).
Il Pervasive Developmental Ddisorders Screening Test-Stage 1
(PDDST: Siegel, 1998) è un
questionario di derivazione clinica, per i genitori, diviso in tre stages, ognuno dei quali è indirizzato
ad un diverso livello di screening. Il PDDST-Stage 1 è formulato per essere usato nel setting dei
servizi per l’infanzia, con target strutturati incrementalmente, dalla nascità ai 36 mesi di età.
Diversamente dalla CHAT, questo strumento valuta sia i sintomi positivi che quelli negativi, e include
un numero di domande riguardanti la perdita delle abilità precedentemente acquisite. In aggiunta,
per testare aree simili, come altre scale, il PDDST analizza anche: il temperamento, le risposte
sensorie, le stereotipie motorie, l’attenzione, l’attaccamento e gli interessi verso i pari.
La
descrizione dei genitori sui comportamenti stereotipati, è probabilmente piu accurata che
l’osservazione, dati la maggior lunghezza di osservazione e gli ambienti più vari. Questo mezzo è
stato sviluppato per gradi successivi, partendo dalla rivisitazione dei record clinici di un grande
numero di bambini autistici. Sono poi stati usati diversi test ed interrater di affidabilità (fra genitori)
per identificare i target problematici.
Le diagnosi cliniche dei bambini, sono state poi riverificate periodicamente, fino all’età di 5 anni, per
determinare l’accuratezza dello screening. Infine, lo strumento è stato somministrato ad un ampio
numero di bambini con diagnosi miste al fine di stabilire punteggi e algoritmi; questo lavoro è
ancora in progressione. E’ stata stabilita una conclusione significativa su tre risposte affermative nel
PDDST-Stage 1 per considerazioni diagnostiche successive, inerenti il disturbo dello spettro autistico.
Questo strumento non è ancora stato publicato, ma è disponibile (vedi appendice).
La Australian Scale for Asperger’s Syndrome (Garnett & Attwood, 1998) è una scala per i genitori o
gli insegnanti dei bambini dello spettro autistico più grandi, ad alto funzionamento, rimasti non
diagnosticati in età scolastica. Consiste in 24 domande con un punteggio da 1 a 6, più una lista di
controllo formata da dieci domande aggiuntive sulle possibili caratteristiche comportamentali. Se la
risposta è ‘si’ alla maggioranza delle domande contenute nella scala, e la maggioranza del punteggio
è fra 2 e 6, deve essere fatta una indagine diagnostica di autismo.
Riferimenti ad un intervento precoce o al locale distretto scolastico
Così come detto dalla Public Law 99-457 e riautorizzato dalla Public Law 105-17: individuals with
Disabilities Education Act – IDEA (1997), indirizzati ad interventi precoci, devono essere valutati
inizialmente da professionisti del Livello 1. I bambini con meno di 36 mesi devono essere valutati
dai servizi della prima infanzia della loro comunità; bambini con più di 36 mesi devono essere
valutati tramite il locale distretto scolastico.
Livello 2: diagnosi e valutazione di autismo
Una volta che il bambino è risultato positivo allo screening del Livello 1, deve essere valutato tramite
un’appropriata indagine diagnostica compiuta da un medico con esperienza nella diagnosi dei
disturbi dello sviluppo. Sebbene numerosi studi mostrino come l’autismo possa essere diagnosticato
con sicurezza in bambini di età prescolastica, sono solitamente necessari medici esperti per diagnosi
accurate ed appropriate (Gillberg, 1990; Lord, Storoschuk, Rutter, & Pickles, 1993; Volkmar et al.,
1994). Molti bambini, che risultano positivi allo screening del Livello 1, e successivamente entrano
202
in più ampie valutazioni diagnostiche, possono, alla fine, NON essere considerati autistici ma aventi
una gamma di altri disturbi, ognuno dei quali meritevole di intervento. In accordo con ciò, è
importante che i medici preposti alla diagnosi posseggano esperienza notevole nell’indagine e nella
valutazione diagnostica delle anomalie dello sviluppo. In alcuni casi i bambini possono non essere
stati diagnosticati appropriatamente in età prescolastica, è allora importante che lo screening includa
anche bambini in età scolare.
E’ per questo che il Consensus di questo Panel afferma che le valutazioni del Livello 2 devono essere
attuate solo da professionisti con esperienza specifica nella valutazione e nel trattamento
dell’autismo.
Attualmente non esistono marchi biologici, semplici test di laboratorio o procedure tipiche, per la
diagnosi di autismo e delle condizioni relate. I medici devono, in accordo, affidarsi ai loro giudizi
clinici, aiutati da guide alle diagnosi come il DSM-IV e il ICD-10, così come ai risultati dei vari
strumenti di valutazione, scale di percentuali, o checklist. Questi ultimi strumenti NON devono
sostituire la diagnosi effettuata da un medico esperto.
Le collaborazioni e le consultazioni
interdisciplinari, sono ritenute molto importanti. Nella diagnosi e nella valutazione dei bambini
autistici e delle difficoltà correlate, il tipo di servizio offerto dalle diverse istituzioni dipende dalle
necessità del bambino, della famiglia, della presentazione sintomatica, dal contesto clinico, ecc.
(Volkmar, Cook, Pomeroy, Realmuto, & Tanguay, in stampa). Gli sforzi possono coinvolgere
numerosi specialisti, inclusi psicologi, neurologi, logopedisti, ortofonici e audiologi, pediatri,
psichiatri infantili, terapeuti occupazionali e terapeuti della riabilitazione, così come educatori o
educatori speciali. Quando le valutazioni diagnostiche sono interdisciplinari per loro natura, è di
importanza critica che coloro che provvedono ai servizi coordinino il loro lavoro al fine di evitare
sforzi doppi e al fine di massimizzare un uso efficiente del tempo. E’ anche essenziale che uno dei
professionisti coinvolti assuma il compito di ‘coordinatore della valutazione diagnostica’. Ricerche
effettuate tramite molti studi suggeriscono che i disturbi dello spettro autistico non sono
qualitativamente diversi dal disturbo autistico, ma differiscono principalmente nel grado di severità o
per la presenza di comportamenti ripetitivi o sensoriali. Questa distinzione, negli individui con
disturbi dello spettro autistico, è spesso confusa dalle più alte abilità verbali possedute, rispetto agli
individui con disturbo autistico. E’ importante assicurarsi che ogni individuo con un disturbo dello
spettro autistico riceva valutazioni adeguate e diagnosi appropriate. I fattori che non sono specifici
all’autismo, come il grado di compromissione linguistica, l’handicap mentale, e la presenza di
disturbi non specifici del comportamento, come l’iperattività o l’aggressività, influenzano
significativamente sia le risposte, che il trattamento di individui autistici.
Le valutazioni
diagnostiche indirizzate a queste problematiche, devono fornire, durante lo sviluppo, il monitoraggio
continuo delle menomazioni, sia di quelle relazionate all’autismo, che di quelle non strettamente
specifiche.
In aggiunta al suo importante ruolo nella diagnosi, una valutazione approfondita ha anche un ruolo
essenziale sul piano del trattamento. Sebbene il focus di questo lavoro sia sullo screening e sulla
diagnosi, le funzioni di valutazione e trattamento sono altrettanto essenziali. La valutazione
diagnostica deve riguardare non solo la diagnosi in quanto tale, ma anche l’assunzione di
informazioni sui punti di forza e debolezza, importanti al fine dell’intervento. Infatti, i risultati delle
valutazioni formali spesso non sono così importanti come quelli meno formali, ma clinicamente
informativi, ottenuti delle osservazioni del bambino durante la valutazione diagnostica. I genitori
devono essere intimamente coinvolti in questo processo. La valutazione inoltre, deve essere attenta
a sottolineare i punti di forza così come quelli di debolezza.
203
Estesa valutazione medica e neurologica
Storie della nascita, medica, dello sviluppo e della famiglia
Questa valutazione diagnostica dovrebbe ampliare quella già attuata al Livello 1. Dietro alle
delineate caratteristiche sociali, della comunicazione e del comportamento, il focus deve essere ora
sulla ricerca dei danni cerebrali acquisiti, delle disfunzioni o delle altre difficoltà mediche o
neurologiche comuni all’autismo.
Storia della nascita. Nel parto di individui autistici è stato notato solo un’aumento di modeste
complicazioni ostetriche, indipendenti dall’età materna o da analogie producenti relazioni casuali
diverse (Bolton et al., 1997). Più specificatamente, non è stata trovata nessuna associazione fra
autismo ed età gestazionale e iol numero delle gravidanze o fra questo e il verificarsi di perdite
vaginali, infezioni, diabete, toxemia, età materna, o aborti precedenti (Bolton et al., 1997; Cryan,
Byrne, O’Donovan, & O’Callaghan, 1996; Ghaziuddin, Shakal, & Tsai, 1995; Piven et al., 1993;
Rapin, 1996a). Non è stata neanche trovata associazione alcuna fra autismo e peso alla nascita,
induzione al parto, presentazione podalica, parto con forcipe o cesareo, travaglio prolungato,
depressione neonatale, necessità di cure intensive o di ventilazione meccanica, crisi neonatali o
ospedalizzazione neonatale prolungata (Bolton et al., 1997; Fein, et al., 1997; Piven et al., 1993;
Rapin, 1996a). Sebbene diversi studi precedenti indicavano una possibile associazione fra l’autismo
e l’aumento dei fattori ostetrici a rischio, per quanto lievi, questa non è stata riscontrata (Bryson,
Smith, & Eastwood, 1998b; Deykin & MacMahon, 1980; Finegan & Quarrington, 1979; Folstein &
Rutter, 1977a; Folstein & Rutter, 1977b; Gillberg & Gillberg, 1983; Levy, Zoltak, & Saelens, 1988;
Lord, Mulloy, Wendelboe, & Schopler, 1991; Mason-Brothers et al., 1987, 1990; Nelson, 1991; Tsai,
1987). Molti di questi studi non sono significaTIVI
per la forte influenza del numero delle
gravidanze ad esempio l’effetoo di cessazione riproduttiva (es. l’effetto riproduttivo dello stoppage)
che viene espressa differentemente in almeno due studi (Lord et al., 1991; Piven et al., 1993).
Storia medica e dello sviluppo. Una storia dettagliata deve essere diretta a determinare le tappe
fondamentali dello sviluppo psicologico, le regressioni dello sviluppo, verificate ad ogni età,
l’identificazione di ogni evento encefalitico, la storia dei disturbi dell’attenzione, le crisi epilettiche, la
depressione, le manie, i comportamenti problematici come l’irritabilità, l’autolesionismo, i disturbi
del sonno o dell’alimentazione e i pica per la possibile esposizione al piombo.
Storia famigliare. L’autismo, il ritardo mentale, la sindrome dell’X Fragile e la sclerosi tuberosa,
devono essere indagate specificatamente, sia nella famiglia estesa che nucleare, a causa delle loro
implicazioni riguardanti la necessità di ulteriori approfondimenti cromosomici o genetici. Devono
essere valutati inoltre, anche la presenza di un possibile disturbo affettivo o di un disturbo ansioso,
in quanto questi disturbi, è stato dimostrato, sono maggiori nelle famiglie di individui autistici e
aumentano il carico delle famiglie stesse (Bolton et al., 1994; DeLong, 1994; DeLong & Nohria,
1994; Fombonne, Bolton, Prior, Jordan, & Rutter, 1997; Piven et al., 1990, 1994).
Autismo: studi sulle famiglie hanno mostrato che c’è un aumento, compreso fra il 50 ed il 100%
della possibilità di autismo nei parenti di primo grado (Rutter, Bailey, Simonoff, & Pickles, 1997;
Simonoff, 1998). Gli studi recenti sulle famiglie hanno mostrato che i parenti di primo grado di
individui autistici hanno un grado elevato di difficoltà sociali, caratterizzato da introversione e
distacco sociale, con alta incidenza di deficit cognitivi ed esecutivi, ansietà e disturbi affettivi (Bailey,
Palferman, Heavey, & Le Couteur, 1998b; DeLong, 1984; DeLong, & Nohria, 1994; Hughes, Leboyer,
& Bouvard, 1997; Piven et al., 1990, 1991a, 1994, 1997). La parentela estesa nelle famiglie con
uno o più bambini autistici, ha un più alto tasso di deficit sociali e comunicativi e di comportamenti
204
stereotipati, di quello che hanno i parenti di bambini con sindrome di Down (Bolton et al., 1994;
Piven, Palmer, Jacobi, Childress, & Arndt, 1997a). Queste compromissioni sono più lievi ma
qualitativamente molto simili all’autismo, con funzioni intellettuali (Q.I) relativamente normali.
I
parenti di primo grado dimostrarono, inoltre, un più alto punteggio Q.I verbale che non verbale, con
significative discrepanze notate fra i punteggi (Fombonne et al., 1997). Il primo studio di 11 coppie
di gemelli monozigoti (MZ) riportava un tasso di concordanza di più del 36% per l’autismo infantile
con assenza di concordanza in dieci coppie di gemelli dizigoti (DZ) (Folstein & Rutter, 1977a,
1977b).
Nell’82% delle coppie gemelle MZ e nel 10% in quelle DZ sono state riscontrate concordanti forme di
deficit cognitivi sociali o linguistici. Uno studio recente di 28 coppie gemelle MZ (incluse le undici
coppie originali) ha mostrato un tasso di concordanza del 60% per il disturbo autistico DSM-IV, del
71% per il più ampio spettro PDD o di autismo atipico, e del 92% per un fenotipo più ampio di deficit
sociali e comunicativi con comportamenti stereotipati (Bailey et al., 1995; Le Couteur et al., 1996).
X Fragile: Molti dei primi rapporti notano un’assocazione significativamente alta fra X Fragile e
autismo, fino al 25% degli individui autistici (Blomquist et al, 1985; Brown et al, 1986; Gillberg &
Wahlstrom, 1985; Wahlstrom, Gillberg, Gustavson, & Holmgren, 1986), sebbene questa associazione
sia stata, e rimanga, controversa (I. L. Cohen et al., 1991). Mentre altri studi riportano un’incidenza
molto piu bassa di X Fragile (3-7%) in pazienti con autismo (Bailey et al., 1993a; Bolton & Rutter,
1990; Piven, Gayle, Landa, Wzorek & Folstein, 1991b), un altro studio non trova evidenza di X
Fragile usando tecniche citogenetiche (e non analisi del DNA) (Hashimoto, Shimizu & Kawasaki,
1993). Le analisi molecolari genetiche di un grande gruppo di individui autistici, trovano l’X Fragile
soltanto in tre fratellini; una bambina con disturbo autistico, suo fratello con autismo atipico, e un
secondo fratello senza tratti autistici ma con difficoltà di apprendimento (Klauck et al., 1997). Dato
che la presenza del genotipo dell’X Fragile non era correlata con il fenotipo dell’autismo, questi studi
conclusero che l’associazione fra autismo e X Fragile non esiste. Ma, sebbene pochi bambini con
autismo abbiano sindrome da X Fragile, i bambini con sindrome da X Fragile hanno spesso
sintomatologia autistica (Feinstein & Reiss, 1998).
Sclerosi Tuberosa: La Sclerosi Tuberosa complex (TSC) è un disturbo neurocutaneo che affligge
anche altri sistemi di organi, come il cuore e i reni. Il TSC è stato collegato a due distinti geni loci:
tm
TSC1 al cromosoma 9 (9Q34) e TSC2 al cromosoma 16 (16p13.3) (OMIM , 1997). I fenotipi di
TSC1 e TSC2 sono stati considerati identici, anche se uno studio recente ha notato che l’handicap
mentale, con occorenza sporadica piuttosto che famigliare, è associato più frequentemente con il
tm
genotipo TSC2 (Jones et al., 1997; OMIM , 1997), sebbene questo risultato possa ancora essere
considerato troppo azzardato. Le macchie depigmentate (con la forma di una foglia di frassino
(Fitzpatrick, 1991)) sono solitamente il primo segno visibile di questa malattia. Sono visualizzabili
spesso solo con l’uso di una luce ultravioletta (Lampada di Wood). Sono caratteristici anche gli
angiofibromi facciali, precedentemente chiamati adinoma sebaceum, e le macchie ruvide lungo il
bassoschiena che però spesso non appaiono fino alla tarda infanzia o prima adolescenza (Webb,
Clarke, Fryer, & Osborne, 1996). Le maggiori lesioni intracerebrali sono le tubers che consistono in
malformazioni istiogeniche di elementi neuronali e gliali con cellule heterotopic giganti. Esse sono
localizzate caratteristicamente nelle regioni subependymal e nella corteccia, predominatamente nei
lobi frontali (Braffman & Naidich, 1994; Harrison & Bolton, 1997; Truhan & Filipek, 1993). Il TSC è
stato fortemente associato con l’autismo. Le stime suggeriscono che gli individui mentalmente
ritardati con TSC, dal 17% a più del 60%, sono anche autistici, e più comunemente associati anche
con l’epilessia (Curatolo et al., 1991; Dykens & Volkmar, 1997; Gillberg, Gillberg & Ahlsen, 1994;
Harrison & Bolton, 1997; Hunt & Shepherd, 1993; Riikonen & Simell, 1990; Smalley, Smith &
205
Tanguay, 1991; Smalley, Tanguay, Smith & Gutierrez, 1992).
In contrasto a ciò, in studi
epidemiologici, il numero di individui autistici con TSC è stato stimato essere fra il 0.4 ed il 3%
(Dykens & Volkmar, 1997; Gillberg et al., 1991; Lotter, 1967; Olsson, Steffenburg & Gillberg, 1988;
Ritvo et al., 1990; Smalley et al., 1992). Questa percentuale aumenta all’8-14% nei soggetti
autistici epilettici (Gillberg, 1991; Riikonen & Amnell, 1981). Un rapporto recente ha notato una
correlazione inversa fra Q.I e il numero delle tubers identificato su MRI, in un piccolo gruppo di
individui con TSC; questi individui con TCS ed autismo, non solo hanno le tubers maggiori, ma
hanno anche tubers localizzate nei lobi temporali, un risultato mai visto in soggetti non autistici con
TSC (Bolton & Griffiths, 1997).
Conclusioni pertinenti la valutazione fisica e neurologica
La valutazione delle persone autistiche può richiedere più tempo, poichè vi è probabilmente poca
cooperazione del paziente che ha menomazioni comunicative e problemi comportamentali. I
mutamenti comportamentali severi, inspiegati, possono derivare da una malattia intercorrente non
diagnosticata (es. ascesso dentale, ulcera gastrica, infezione dell’orecchio) o da un danno non
riconosciuto. In alcuni individui, una valutazione medica od odontoiatrica adeguata può richiedere
sedativi.
Circonferenza cranica. La circonferenza cranica dei bambini autistici è mediamente più larga di quella
dei bambini con sviluppo normale (Bailey et al.,1995; Bolton et al., 1994; Davidovitch, Patterson, &
Gartside, 1996; Lainhart et al.,1997; Woodhouse et al.,1996). Analogo risultato è stato notato nel
peso postmortem dei cervelli (Bailey, et al.,1993b;1998a; Bauman, 1992b,1996; Bauman &
Kemper, 1994,1997; Courchesne, Muller, & Saitoh, 1999). Solo una piccola percentuale di bambini
autistici ha una chiara macrocefalia con circonferenza cranica superiore al 98 percentile, in quanto la
circonferenza cranica media nell’autismo è circa al 75 percentile (Bailey et al.,1995; Bolton et
al.,1994; Davidovitch et al.,1996; Filipek et al.,1992b; Lainhart et al.,1997; Rapin,1996b;
Woodhouse et al.,1996). E’ stato anche evidenziato che, la circonferenza cranica ampia, non debba
essere necessariamente presente alla nascita, in quanto essa può apparire più tardi, fra la prima e la
media infanzia, a causa dell’aumento della crescita cerebrale (Lainhart et al., 1997; Mason-Brothers
et al., 1987,1990). E’ ampiamente riconosciuto, nei bambini autistici, il fenomeno della testa grossa
senza chiara neuropatologia (Bailey et al.,1995; Bolton et al., 1995; Davidovitch et al.,1996;
Lainhart et al.,1997; Rapin, 1996b, Woodhouse et al., 1996). Escludendo ogni risultato inaspettato
che può ottenersi alla fine della valutazione, non sono necessarie le neuroimmagini periodiche per
stabilire definitivamente una circonferenza cranica maggiore del 98 percentile negli individui autistici
(Filipek, 1996; 1999; Filipek, Kennedy, & Caviness, 1992a; Minshew,1996b; Minshew &
Dombrowski,1994).
Esame generale. Data l’alta prevalenza dell’autismo nel TSC, dovrebbe essere attuato, su ogni
bambino che si presenta con possibile autismo, o ad ogni screening iniziale per sclerosi tuberosa, un
esame usando la luce ultravioletta (Lampada di Wood) (Reich, Lenoir, Malvy, Perrot, & Sauvage,
1997; Smalley et al., 1992). Devono essere anche notate tracce insolite o dismorfiche (delle
espressioni facciali, delle estremità, della postura ecc.) per suggerire, se presenti, il bisogno di un
consulto con un genetista.
Esame dello stato mentale. L’esame dello stato mentale deve includere la valutazione delle
interazioni sociali, del gioco, del linguaggio e della funzione comunicativa. Le interazioni sociali
devono essere approfondite se l’osservazione in studio si dimostra inconclusiva. Queste indagini
devono includere le relazioni di amicizia di età appropriata, chi inizia i contatti con gli amici (se il
bambino o il genitore), gli interessi verso gli altri bambini, e il ruolo del soggetto entro la relazione di
206
amicizia (es. leader di bambini molto più piccoli, ruolo passivo fra bambini molto più grandi, con
pochi o nessun amico della stessa età). Le deficienze nelle abilità di gioco sono un tratto specifico
dell’autismo, indipendente dal Q.I (Rapin, 1996b).
E’ essenziale un periodo di osservazione adeguato sull’uso che il bambino fa dei giocattoli in
miniatura appropriati alla sua età, nella stanza della valutazione, per discriminare fra l’uso dei
giocattoli semplicemente manipolativo (il battere, il portare alla bocca) o stereotipato (allineamento)
e l’uso del gioco funzionale o simbolico (Sigman & Ungerer, 1984; Stone, Lemanek, Fishel,
Fernandez, & Altemeier, 1990). Per esempio, il classificare o lo scegliere figure in miniatura, è un
tipico comportamento stereotipato dei bambini autistici ad alto funzionamento, che ad un primo
sguardo, può essere confuso per un gioco appropriato.
Esame dei nervi cranici. Solo raramente sono state notate anormalità cliniche dei nervi cranici in una
ampia percentuale di bambini autistici (Bauman, 1992a; Rapin, 1996b).
Esame motorio. Negli individui autistici sono state riportate compromissioni della motricità fine e
globale, più severe in coloro che avevano un Q.I. più basso (Rapin, 1996b). L’ipotonia è stata
trovata in circa il 25% dei 176 bambini autistici analizzati e nel 33% dei 110 bambini non-autistici
mentalmente ritardati, anche se la spasticità fu trovata in meno del 5% dei bambini di entrambi i
gruppi (il criterio esclusivo per partecipare a questa analisi era la presenza di deficit motori gravi).
Fu notata aprassia delle estremità in almeno il 30% dei bambini autistici con Q.I. normale, nel 75%
dei bambini autistici ritardati e nel 56% dei bambini ritardati non autistici del gruppo di controllo. Un
terzo risultato significativo fu la presenza di stereotipie motorie osservate in più del 40% dei
bambini autistici (in contrasto con una percentuale molto più alta evidenziata nelle descrizioni dei
genitori) e in più del 60% di quelli con basso Q.I, ma in solo il 13% del gruppo di controllo non
autistico.
Strumenti di diagnosi autistica
La diagnosi di autismo, distinta dagli altri disturbi dello sviluppo, richiede un approccio comprensivo
e multidisciplinare. La valutazione deve tener conto delle misurazioni ottenute dalle descrizioni dei
genitori, dell’osservazione, dell’interazione con il bambino e dei referti clinici. Una valutazione
approfondita deve includere misurazioni cognitive del comportamento adattivo e le misurezioni
diagnostiche.
Colloqui/questionari diagnostici per genitori
La Gilliam Autism Rating Scale (GARS: Gilliam, 1995) è una checklist destinata ad essere usata dai
genitori, dagli insegnanti e dai professionisti, per aiutare sia l’identificazione che la stima della
severità dei sintomi autistici, negli individui con una età compresa fra i 3 ed i 22 anni.
I target sono basati sul DSM-IV (APA, 1994) e sono raggruppati in 4 sottogruppi (a) comportamenti
stereotipati, (b) comunicazione, (c) interazione sociale, e (d) un sottotest opzionale che descrive lo
sviluppo durante i primi tre anni di vita. Questo strumento provvede ad una definizione globale della
sintomatologia autistica.
La The Parent Interview for Autism (PIA; Stone & Hogan, 1993) è un’intervista strutturata, designata
per raccogliere informazioni, diagnosticamente rilevanti, dai genitori di bambini piccoli con autismo
sospetto. La PIA consiste di 118 punti organizzati in 11 gruppi che valutano aspetti diversi del
comportamento sociale, delle funzioni comunicative, delle attività ripetitive e del comportamento
sensorio. Questi punti sono descritti sotto forma di domande inerenti i comportamenti specifici
207
osservabili e determinano un punteggio basato sulla frequenza del comportamento. La consistenza
interna e l’affidabilità del test e delle domande sono sempre considerate adeguate, e ne è dimostrata
l’attuale validità con il DSM (APA; 1994) e con il Childhood Autism Rating Scale (CARS; Schopler,
Reichler, & Rochen-Renner, 1988). Sono state ottenute differenze significative di gruppo fra i
bambini piccoli con autismo e i bambini piccoli con ritardi dello sviluppo o ritardo mentale, sia nel
punteggio totale che nelle dimensioni della relazione, dell’imitazione, dell’interazione fra pari, del
gioco immaginativo, della comprensione del linguaggio e della comunicazione nonverbale. La PIA,
per essere effettuata, necessita di circa 45 minuti.
Il Pervasive Developmental Disorders Screening Test–Stage 2 (PDDST; Siegel, 1998). Il PDDST è un
questionario di derivazione clinica, per genitori, diviso in tre parti, ognuna delle quali indirizzata ad
un diverso livello di screening. I dettagli ulteriori su questo strumento erano inclusi precedentemente
nel Livello 1 di screening. Il PDDST-Stage 2 è strutturato per i disturbi clinici dello sviluppo, e il
PDDST-Stage 3 per l’autismo o per i PDD clinici.
Sono stati stabiliti significativi punti di riferimento per le considerazioni diagnostiche indirizzanti ad
un disturbo dello spettro autistico, 4 risposte affermative nel PDDST-Stage 2, e 6 risposte
affermative nel PDDST-Stage 3. Questo strumento non è stato ancora pubblicato ma è disponibile
(vedi Appendice).
La The Autism Diagnostic Interview-Revised (ADI-R); Le Couteur et al., 1989, Lord et al., 1993,
1997; Lord, Rutter, & Le Couteur, 1994) è un ampio e strutturato colloquio per i genitori, che indaga
i sintomi autistici nelle sfere relazionate al sociale, alla comunicazione e ai comportamenti rituali e
ripetitivi. Questro strumento permette l’elaborazione di una diagnosi entro lo spettro autistico sui
criteri del DSM-IV (APA,1994) e dell’ICD-10 (WHO, 1992, 1993) con punteggio definitivo per le
diagnosi di disturbo autistico. L’attuale strumento diagnostico per eccellenza, in tutte le procedure
delle valide ricerche per l’autismo, è proprio l’ADI-R (e il ADOS-G).
Ma, dato che l’utilizzo della ADI-R necessita di circa un ora e richiede training specifici e successive
procedure di convalida, la sua utilità per i servizi per l’infanzia o per gli specialisti è probabilmente
minore rispetto alla sua importanza nella comunità di ricerca.
Strumenti di osservazione diagnostica
La Childhood Autism Rating Scale (CARS; Schopler, et al., 1988) è uno strumento di indagine e di
osservazione strutturato su un colloquio che si indirizza a 15 punti, adatto all’utilizzo con bambini di
più di 24 mesi. Ognuno dei 15 punti usa una scala di sette gradi per indicare il grado dal quale il
comportamento del bambino devia dalla norma relativa alla sua età; distingue inoltre l’autismo lieve
e medio da quello più grave. La CARS è riconosciuta ampiamente, ed usata come strumento
affidabile per la diagnosi dell’autismo. Il suo uso richiede approssimativamente dai 30 ai 45 minuti
(Schopler, Reichler, DeVellis, & Daly, 1980).
Lo The Screening Tool for Autism in Two-Year-Olds (STAT; Stone, 1998a, 1998b) ha una
misurazione interrativa di derivazione teorica ed empirica, adatta ad essere usata da diversi
professionisti della prima infanzia in bambini di 24-35 mesi. Lo STAT, ancora in elaborazione, è
indirizzato a differenziare l’autismo dagli altri disturbi dello sviluppo, è dunque uno strumento di
screening per il Livello 2. In una seduta di gioco di venti minuti coinvolgente 12 attività, lo
strumento valuta tre aree: il gioco (sia il gioco sociale reciproco che quello simbolico), l’imitazione
motoria e lo sviluppo della comunicazione non verbale. I target usati nello STAT sono quelli che,
negli studi che analizzano gruppi di bambini di due anni su un’ampia gamma di misurazioni, meglio
differenziano i bambini autistici da quelli con altri disturbi dello sviluppo. C’è un manuale con
208
istruzioni chiare per l’utilizzo e per la valutazione del punteggio. In uno studio pilota, coinvolgente
40 bambini, questo strumento classificò correttamente il 100% dei bambini autistici (n = 8) e il 97%
dei bambini con altri ritardi dello sviluppo (n = 32) usando come criterio il deficit del bambino su
due delle tre aree. Ha dunque dimostrato sensibilità e specificità molto forti. Il lavoro corrente su
questo strumento è focalizzato attorno al miglioramento della determinazione empirica di punti di
riferimento e di punteggio algoritmico.
The Autism Diagnostic Observation Schedule-Generic (ADOS-G; DiLavore, Lord, & Rutter, 1995;
Lord, 1998; Lord et al., 1989).
E’ uno strumento diagnostico basato sulla osservazione e
semistrutturato in quattro moduli che includono attività di indagini dirette a valutare la
comunicazione, l’interazione sociale reciproca, il gioco, il comportamento stereotipato, gli interessi
limitati o gli altri comportamenti anormali negli individui autistici, dai bambini non verbali di età
prescolastica agli adulti autistici verbali. L’uso di questo strumento richiede approssimatamente dai
30 ai 45 minuti. Permette anche le diagnosi entro lo spettro autistico, sui criteri del DSM-IV (APA,
1994) e del ICD-10 (WHO, 1992, 1993) con il punteggio definitivo risultante nella diagnosi di
disturbo autistico. Come per il ADI-R, l’utilizzo dell’ADOS-G richiede training e procedura di
convalida specifiche. E’ già stato menzionato che, l’ADOS-G e l’ADI-R sono i due strumenti
diagnostici per eccellenza in tutte le procedure di ricerca sull’autismo. Ma, dato che l’uso dell’ADOSG richiede meno tempo di quello dell’ADI-R, molti professionisti specializzati nell’autismo stanno
usando questo strumento nelle loro pratiche cliniche; specialmente all’estero dove il tempo dei
medici non è così limitato come negli U.S.A.
Diagnosi differenziale dei disturbi dello spettro autistico
Durante il Livello 2 si raggiunge la differenziazione dell’autismo dagli altri disturbi dello sviluppo. I
professionisti devono determinare anche, usando i dati raccolti durante le diverse valutazioni, la
possibile esistenza di altri disturbi. La diagnosi differenziale dell’autismo include la considerazione di
ritardo mentale non associato ad autismo, disturbi specifici dello sviluppo (es. di linguaggio), e di
altre condizioni psichiatriche (Volkmar et al., in stampa).
Il Ritardo mentale o la intelligenza borderline51 coesistono spesso con l’autismo. Individui con
ritardo mentale profondo e severo, possono avere varie caratteristiche solitamente associate con
l’autismo, in particolare i movimenti stereotipati.
I disturbi specifici dello sviluppo, particolarmente i disturbi evolutivi del linguaggio52, possono
mimare l’autismo e le condizione correlate. Nei bambini con disturbi del linguaggio, i deficit primari
sono solitamente nell’area del linguaggio o della comunicazione, con le abilità sociali ben preservate.
La Schizofrenia53 solo occasionalmente ha la propria strutturazione nella prima infanzia. Di solito vi
è una storia di sviluppo precedente relativamente normale con la strutturazione poi delle
allucinazioni caratteristiche e delle trasformazioni della realtà tipiche della schizofrenia. Una
mancanza di sviluppo sociale tipico è, comunque, spesso parte della storia precedente la malattia.
Il Mutismo elettivo54 è talvolta confuso con l’autismo e le condizione correlate. Nel mutismo elettivo
l’abilità linguistica del bambino è preservata in alcune situazioni, benchè in altre egli sia muto. La
51
Mental Retardation or Borderline Intelligence
52
Specific developmental disorders, particularly developmental language disorders
53
Schizophrenia
54
Selective Mutism
209
storia e la presentazione del mutismo elettivo sono piuttosto differenti da quelle dell’autismo.
Sebbene i bambini con autismo siano spesso muti, il loro mutismo non è mai di natura ‘selettiva’.
Il disturbo stereotipato del movimento55 è caratterizzato da manierismi motori (stereotipie) e ritardo
mentale. Se il bambino risponde ai criteri per uno dei disturbi pervasivi dello sviluppo, una diagnosi
di questo tipo viene immediatamente scartata.
La Demenza56 ha occasionalmente la propria strutturazione nell’infanzia. Nel caso in cui il bambino
soddisfi i criteri completi per disturbo disintegrativo della fanciullezza, può essere fatta, oltre a
questa diagnosi, anche quella medica, specifica sulle cause della demenza. Il modello tipico di
demenza con strutturazione nell’infanzia è il progressivo deterioramento delle funzioni mentali e
motorie.
Il disturbo ossessivo compulsivo57(OCD) è presente in alcuni bambini con interessi e comportamenti
non usuali. Le abilità sociali sono comunque preservate, così come quelle linguistiche e
comunicative. Quando nell’OCD sono presenti deficit delle abilità sociali o della comunicazione, essi
sono qualitativamente diversi da quelli dell’autismo.
Il disturbo di personalità schizoide58 è caratterizzato da un isolamento relativo, con però l’abilità a
relazionarsi normalmente in alcuni contesti. I disturbi della personalità non sono comunque
diagnosticati prima dei 18 anni di età dal corrente standard del DSM-IV (APA, 1994).
Il disturbo di evitamento di personalità59 è caratterizzato da ansietà nel contatto con le diverse
situazioni sociali.
Il disturbo reattivo dell’attaccamento60 di solito segue una storia di violenza o abuso molto gravi; i
deficit sociali del disturbo reattivo dell’attaccamento tendono a scomparire notevolmente in risposta
ad un ambiente più appropriato.
Valutazioni specifiche per determinare il profilo di sviluppo
Valutazione di Eloquio-Linguaggio-Comunicazione
Gli specialisti del linguaggio sono operatori indipendenti che hanno responsabilità sia ai livelli di
screening (Livello 1) che di diagnosi e valutazione (Livello 2) dell’autismo. La valutazione di
entrambi i livelli può essere compiuta in una singola sessione piuttosto che in segmenti diversi. Le
valutazioni diagnostiche dell’eloquio, del linguaggio e della comunicazione, condotte in situazioni di
test formali, possono fornire informazioni importanti sui parametri specifici delle funzioni dell’eloquio
e del linguaggio. Tale valutazione può comunque provvedere solo ad informazioni limitate a
proposito delle abilità socio-pragmatiche (i.e., uso delle abilità comunicative e di linguaggio nei
contesti sociali), che sono caratteristicamente limitati nei disturbi dello spettro autistico (Allen,
1989; Allen & Rapin, 1992; Lord & Paul, 1997; Stone, Ousley, Yoder, Hogan, & Hepburn, 1997;
Wetherby, Prizant & Hutchinson, 1998; Wetherby, Schuler & Prizant, 1997; Wetherby, Yonclas, &
Bryan, 1989). Per questo devono essere usate strategie diverse, includenti valutazioni diagnostiche
dirette, osservazioni, interviste ad altre persone significanti, inclusi i genitori e gli educatori, che
55
Stereotype Movement Disorder
56
Dementia
57
Obsessive Compulsive Disorder (OCD)
58
Schizoid Personality Disorder
59
Avoidant Personality Disorder
60
Reactive Attachment Disorder
210
possono essere preziose fonti di informazioni (Prizant & Wetherby, 1993; Stone & CaroMartinez,
1990). Ognuna di queste strategie potenzialmente, fornisce informazioni qualitativamente differenti
sull’eloquio del bambino, sul linguaggio e sulle abilità comunicative, tali informazioni possono essere
integrate fra loro al fine di sviluppare un profilo per la diagnosi differenziale e per le pianificazioni di
intervento. Le osservazioni dovrebbero includere le interazioni del bambino con persone diverse, fra
cui i membri famigliari e i pari del bambino, così come i medici, in quanto è necessario aspettarsi
variabilità comunicativa fra persone e settings (Wetherby et al., 1997).
In una valutazione diagnostica ampia, dovrebbero essere valutate sfere specifiche dello sviluppo, sia
in individui preverbali che verbali, considerando la loro età, il loro livello cognitivo, e le loro abilità
socio emotive (Wetherby et al., 1998).
Linguaggio e comunicazione ricettivi. L’esperienza clinica suggerisce che, sia le persone che seguono
i bambini che i medici, presumono spesso che un bambino sia in grado di comprendere i segnali
comunicativi degli altri e interpretano poi la mancanza di risposte ai gesti o all’eloquio, come un
comportamento non compiacente o non cooperativo. Ma l’abilità dei bambini a rispondere e ad
usare gesti e vocalizzazioni comunicativi, con o senza imput provenienti dalle situazioni, deve essere
sempre documentata.
La vera comprensione linguistica è messa in evidenza quando i bambini comprendono le parole
senza suggerimenti situazionali, anche nonverbali, soprattutto quando le parole si riferiscono a
persone, oggetti, ed eventi fuori dall’immediato contesto. A più alti livelli di abilità, la valutazione
deve essere indirizzata alla comprensione dei diversi tipi di frasi semplici e complesse (es., negative,
interrogative, causali, condizionali), di discorsi continui (es. abilità a capire una storia od una
sequenza di eventi), e di linguaggio non letterale (es. idiomi, sarcasmo). Sono disponibili linee guida
e modalità procedurali per valutazioni diagnostiche approfondite sulla comprensione comunicativa,
per individui preverbali e verbali (Lund & Duchan, 1993; Miller & Paul, 1995).
Linguaggio e comunicazione espressivi. Il focus primario in questa sfera è la documentazione delle
(a) vie comunicative -i comportamenti con i quali un bambino esprime intenzioni, emozioni e stati
fisiologici-, e (b) funzioni comunicative -gli scopi per i quali un bambino comunica- (Prizant &
Wetherby, 1993).
Le vie comunicative nei bambini preintenzionali possono includere grande varietà di comportamenti
non verbali e vocali come la postura e il movimento del corpo, l’espressione facciale, lo sguardo
diretto e l’avversione allo sguardo, e la vocalizzazione. In bambini con sviluppo più avanzato,
devono essere documentati: l’uso intenzionale dei gesti idiosincratici (es. il tirare gli altri
fisicamente) e convenzionali (e.s. l’indicare, l’annuire, il salutare), così come le vocalizzazione e le
forme emergenti di parole (Schuler, Prizant, & Wetherby, 1997). E’ stato evidenziato che i bambini
autistici hanno un repertorio limitato di gesti e vocalizzazioni convenzionali, (Stone et al., 1997;
Wetherby et al., 1998), addirittura quando sono comparati a bambini con altri disturbi evolutivi del
linguaggio. Le funzioni comunicative espresse preverbalmente o verbalmente possono includere
comunicazione con scopi relativamente non sociali, al fine di assolvere immediatamente i bisogni
incontrati (es. richiesta di oggetti od azioni, proteste), o con scopi più sociali come il portare
l’attenzione su se stessi (es. richiesta di routines sociali, saluti, richiami) e comunicazioni miranti a
portare l’attenzione degli altri verso oggetti od eventi interessanti (es. l’indicare o il commentare
eventi di interesse). I bambini piccoli con autismo, se comparati ai bambini con disturbi evolutivi del
linguaggio, comunicano principalmente per scopi relativamente non sociali (Mundy, Sigman, &
Kasari, 1990; Wetherby et al., 1989, 1998). Deve anche essere documentata, inoltre, la percentuale
degli atti comunicativi, e l’abilità del bambino nel persistere a riparare i fallimenti incontrati nel
211
comunicare. Le valutazioni diagnostiche devono poi documentare anche le forme e le funzioni del
comportamento comunicativo non-convenzionale non-verbale (es. comportamenti disturbanti) e
verbale (es. ecolalia immediata e differita, eloquio continuo, domande incessanti) (Carr & Durand,
1985; Prizant & Rydell, 1993).
Per i bambini verbali, capaci di impegnarsi in una conversazione, vi sono punteggi supplementari, ai
test formali di linguaggio, ottenibili attraverso il raccogliere e l’analizzare esempi di linguaggio
spontaneo (vedi sotto).
Ciò fornisce informazioni sui discorsi narrativi e conversazionali del
bambino, includenti l’abilità ad iniziare, a mantenere e concludere l’interazione conversazionale,
seguendo accettabili convenzioni discorsive, l’abilità a mantenere e a seguire topici introdotti da altri
e l’abilità ad acquisire la prospettiva altrui, attraverso il fornire una quantità di informazioni di
sfondo o conosciute, sufficiente, ma non eccessiva (Prizant, Wetherby, Schuler, & Rydell, 1997).
Produzione di voce ed eloquio. Alcuni bambini piccoli autistici non sono in grado di acquisire ed usare
l’eloquio come modalità primaria di comunicazione, a causa delle profonde menomazioni cognitive,
della perdità dell’udito da grave a profonda, o dei gravi disturbi della comprensione del linguaggio.
Sono coinvolti meno frequentemente disturbi neuromotori specifici dell’eloquio, includenti
disaprassia evolutiva verbale, una disfunzione nell’abilità a pianificare i movimenti coordinati al fine
di produrre sequenze intellegibili dei suoni d’eloquio, o disartria, una debolezza o mancanza del
controllo della muscolatura orale. Per gli individui non verbali, o per quelli con eloquio di limitata
intelligibilità, la valutazione diagnostica dovrebbe indirizzarsi verso l’analisi della qualità e varietà
delle vocalizzazioni comunicative e delle abilità oro-motorie (es. il masticare, l’ingoiare). Negli
individui più verbali gli aspetti dell’eloquio da valutare, includono la metrica, il volume e la fluenza
della produzione linguistica, specialmente se i disturbi in questi parametri hanno un impatto
negativo sulla competenza comunicativa.
E’ raccomandato che siano usati dei test per la valutazione diagnostica di eloquio-linguaggiocomunicazione (Crais, 1995; Wetherby & Prizant, 1992) che (1) siano focalizzati sulle funzioni della
comunicazione; (2) analizzino la comunicazione preverbale (gestualità, sguardo, vocalizzazioni); (3)
considerino i segnali socio-affettivi; (4) profilino le abilità sociali, comunicative e simboliche; (5)
valutino direttamente il bambino, senza contare solo sulle descrizioni dei genitori; (6) permettano
l’osservazione della comunicazione iniziata e spontanea, e (7) coinvolgano nella valutazione,
direttamente le persone che si occupano del bambino (Wetherby & Prizant, 1992).
Valutazione cognitiva
Sebbene i professionisti del Livello 1 possano aver ottenuto una stima approssimativa dello stato
cognitivo del bambino (età mentale) usando mezzi di screening o classifiche sulle tappe principali
dello sviluppo, tratti dai questionari e dai libri di testo prestampati per i bambini sani, conoscere lo
stato mentale del bambino è importante per determinare il suo livello futuro di funzionamento.
Questa è una chiave di criterio importante nella diagnosi dell’autismo quando si prova a stabilire una
discrepanza fra il livello delle funzioni sociali del bambino e le sue funzioni cognitive ed adattive
totali. Come è vero per i logopedisti, anche gli psicologi clinici e i pediatri dello sviluppo sono
operatori indipendenti dei servizi per l’infanzia, che hanno responsabilità ad entrambi i livelli di
screening e diagnosi, che possono essere o no compiuti in una singola sessione, oppure in diversi
segmenti. Possono essere necessarie visite aggiuntive per adattare il bambino al cambiamento, così
come alla novità delle procedure al fine di ottimizzare le possibilità che i risultati rappresentino
accuratamente le abilità del soggetto. Mentre la diagnosi di autismo è basata fondamentalmente sui
sintomi clinici e la storia precoce, i risultati di una valutazione cognitiva possono aiutare una
diagnosi differenziale, così come provvedere ad informazioni importanti per pianificare l’intervento e
212
valutarne gli effetti. La ricerca ha dimostrato profili specifici nei test cognitivi, con performance
scarse su obiettivi che si basano su processi monotoni, meccanici e percettivi e performance
insufficienti su obiettivi che richiedono processi di più alto ordine concettuale, deduzione,
interpretazione, integrazione o astrazione (Minshew, & Goldstein, 1998). Questo modello è presente
in sfere cognitive multiple, con dissociazione fra processi semplici e complessi, dimostrati nelle aree
del linguaggio, della memoria, della funzione esecutiva, della funzione motoria, della lettura, della
matematica, e della prospettiva (Klinger & Dawson, 1995; Minshew, Goldstein, Taylor, & Siegel,
1994; Ozonoff, personal communication; Reed & Peterson, 1990; Rumsey & Hamburger, 1988).
Sono stati condotti pochi studi comparativi fra l’autismo e gli altri disturbi, è dunque possibile che
questi ultimi possano condividere alcuni aspetti del profilo dell’autismo sull’elaborazione delle
informazioni che considera le differenze nell’ambito comportamentale.
In termini di valutazione intellettuale, la Wechsler Intelligence Scale for Children/ WISC-III (1991), e
la Wechsler Adult Intelligence Scale/WAIS-III (1997) sono i possibili test per gli individui a più alto
funzionamento e per quelli più grandi con linguaggio verbale relativamente buono. Studi numerosi
hanno dimostrato un modello particolare, caratteristico dell’autismo: il Q.I delle performance (QIP)
più alto del Q.I verbale (QIV) e gli specifici sottotest interni disordinati, con il Block Design che è
solitamente il più alto e il test della Comprehension che è invece il più basso (vedi Lincoln, Allen, &
Kilmasian, 1995; citato in Lincoln, Allen, & Kilman, 1995a). La divisione QIV-QIP è comunque
intensamente dipendente. Quando la Full Scale (FSIQ) e il QIV sono entrambe sopra il 70, l’80%
degli individui autistici non mostra disparità significative QIV-QIP e le rimanenze sono addirittura
divise fra coloro con QIP>QIV e coloro con QIP<QIV (Siegel, Minshew, & Goldstein, 1996). Vi è
dunque, una sostanziale variabilità nei profili intellettuali delle persone autistiche. Sebbene questi
modelli possano essere tipici, essi non hanno comunque significati universali e non possono essere
usati per scopi diagnostici o di diagnosi differenziale. Nessun modello cognitivo conferma od esclude
una diagnosi di autismo.
Il test intellettuale è essenziale per la pianificazione educativa e, per alcuni bambini, è un aiuto nel
progettare il livello a lungo termine della compromissione. E’ solitamente produttivo elaborare
queste valutazioni precedentemente all’entrata all’asilo, e collaborare con i professionisti
dell’educazione, inclusi gli psicologi scolastici, con lo scopo di stabilire gli argomenti relazionati alla
pianificazione del curriculum e alle richieste scolastiche da soddisfare, spesso indirizzate dagli
psicologi scolastici. Deve essere riconosciuto comunque, che la validità predittiva di tali test
nell’autismo non è necessariamente alta.
Ci sono preoccupazioni particolari riguardanti la validità delle valutazioni dei bambini più piccoli, a
più basso funzionamento e non verbali. E’ di importanza critica il fatto che si ponga attenzione allo
scegliere quale test intellettuale usare con gli individui autistici a più basso funzionamento o quelli
non-verbali (Groden & Mann, 1988; Johnson-Martin, 1988; Klin et al., 1997; Watson & Marcus,
1988). E’ raccomandato siano usati test che (1) siano appropriati sia all’età mentale che a quella
cronologica; (2) abbiano una gamma ampia (nella direzione più bassa) dei punteggi standard; (3)
testino le abilità intellettuali verbali e non-verbali; (4) misurino e diano un punteggio separato alle
abilità verbali e a quelle non-verbali; (5) provvedano ad un indice delle abilità completo; e (6)
abbiano norme che siano attuali e relativamente indipendenti dalla funzione sociale.
Per interpretare propriamente i risultati di queste misurazioni, allo scopo di emettere una diagnosi
differenziale, è richiesto un giudizio clinico. Informazioni aggiuntive riguardanti la valutazione e
l’interpretazione delle misurazioni psicologiche, sono fornite da altre fonti (Jacobson & Mulick, 1996;
Marcus, Lansing & Schopler, 1993; Marcus & Stone; 1993).
213
Valutazione adattiva del comportamento
E’ essenziale che sia raccolta dagli psicologi, una misurazione della funzione adattiva (la possibilità
di autosufficienza nelle attività della vita quotidiana) per ogni bambino valutato per un handicap
mentale associato. La diagnosi di ritardo mentale poggia sia sulle funzioni intellettuali sotto la media
(Q.I<70) che sui deficit paralleli delle funzioni adattive (APA, 1994).
Le The Vineland Adaptive Behavior Scales (VABS; Sparrow, Balla, & Cicchetti, 1984b) sono
considerate lo strumento più largamente usato per valutare il comportamento adattivo (Klin et
al.,1997). Le scale offrono una stima dello sviluppo adattivo nelle sfere della Socializzazione (abilità
nelle relazioni interpersonali, nel gioco e nel tempo libero, nel sapersela cavare); delle Abilità di vita
giornaliere (capacità personali, domestiche e comunitarie); delle Abilità motorie (motricità fine e
globale); della Comunicazione (ricettiva, espressiva e scritta), con le abilità di ogni area ordinate in
base allo sviluppo relativo. Sono disponibili tre versioni delle Vineland: (a) un modello generale
usato come mezzo di diagnosi e classificazione per bambini e adulti (Sparrow et al., 1984b); (b) un
modello esteso per l’uso in piani di educazione o riabilitazione (Sparrow, Balla, & Cicchetti, 1984a);
e (c) un’edizione scolastica per gli insegnanti (Sparrow, Balla, & Cicchetti, 1985).
Sono disponibili punteggi standard, griglie di percentuali, livelli adattivi e tabelle per le equivalenze
delle età. L’edizione estesa è quella più utile per i bambini autistici, le cui funzioni adattive sono
solitamente più basse del loro livello cognitivo (Volkmar, Carter, Sparrow, & Cicchetti, 1993a). Sono
state pubblicate norme supplementari recenti per gli individui autistici (Carter et al., 1998).
Le The Scales of Indipendent Behavior-Revised (SIB-R; Bruininks, Woodcock, Weatherman, & Hill,
1996) sono un metodo di valutazione diagnostico comprensivo, basato sui comuni comportamenti
adattivi positivi e negativi, che copre una gamma di età che va dalla prima infanzia alla piena
maturità.
Quattordici gruppi di comportamento adattivo sono esposti in tre modelli: Modello del primo
sviluppo61 (15-20 minuti), Modello Breve62 (15-20 minuti), e Modello Intero63 (45-60 minuti). Essi
coprono le abilità motorie, dell’interazione sociale e della comunicazione, della vita personale, della
cura del sè e le abilità riguardanti la vita comunitaria. Nei libretti dei risultati, sono incluse, per ogni
sottogruppo, le tabelle per i punteggi delle equivalenze di età che permettono agli esaminatori di
avere informazioni immediate sullo sviluppo.
Valutazioni diagnostiche sensomotorie e della terapia occupazionale
Valutazioni diagnostiche sensomotorie: La pratica diagnostica ha convenzionalmente posto poca
enfasi sulla valutazione dei comportamenti sensomotori nell’autismo, con l’eccezione per le
stereotipie, che sono parte di un “repertorio comportamentale ristretto” (APA,1994; Lord, 1995). I
motivi sono, fra l’altro, da ricercare nella mancanza di ricerche empiriche sistematiche in questa
sfera, e nel fatto che la letteratura esistente è controversa rispetto all’utilità di queste variabili per la
diagnosi differenziale di autismo. Dunque, pare particolarmente importante documentare le
dimensioni qualitative del primo processo sensorio e dei comportamenti motori (attraverso sia
61
Early Development Form
62
Short Form
63
Full-Scale Form
214
l’osservazione diretta che le notizie fornite dai genitori) piuttosto che valutare semplicemente lo
sviluppo motorio suddiviso in tappe fondamentali, durante lo screening infantile.
La valutazione delle funzioni sensomotorie dovrebbe focalizzarsi sulla scoperta e la localizzazione dei
deficit neurologici non evidenti, dal momento che i terapeuti occupazionali hanno esperienza
specifica nella valutazione del loro impatto sulle abilità funzionali dell’individuo o sulle sue attività
giornaliere. La valutazione delle abilità motorie è particolarmente importante in situazioni in cui si
verificano problemi di ritardo, disfunzione o regressione di tali abilità, al fine di documentare le aree
di forza così come quelle di debolezza per progettare e pianificare l’intervento. La valutazione
diagnostica delle abilità motorie fini e globali, può essere completata da personale qualificato (es.
terapeuti occupazionali o della riabilitazione) con una ampia gamma di mezzi standardizzati
appropriati al livello di sviluppo dell’individuo autistico: possono essere comunque necessari
adattamenti nel caso in cui la persona autistica abbia difficoltà nel comprendere gli obiettivi o non
sia molto cooperativa. Più importante ancora: le osservazioni qualitative di prassi (es. la
pianificazione o l’attuazione in sequenza di nuovi modelli di movimento complessi; imitazione di
movimenti o pantomine; organizzazione di azioni dirette a conquiste personali, con materiali
dell’ambiente) sono parte della valutazione sensomotoria di importanza critica per gli individui con
autismo, dato che queste abilità sono spesso deficienti (Rogers, Bennetto, McEvoy, & Pennington,
1996; Stone, & Lemanek, 1990), e richiedono interventi specifici. Dovrebbero essere documentati di
routine, attraverso le relazioni dei genitori o l’osservazione, le stereotipie motorie ripetitive, le
posture inusuali, le stereotipie con oggetti e i comportamenti autolesionistici 64. Sono riportati
comunemente, nel 37-95% dei soggetti studiati, manierismi delle mani o delle dita, dondolio del
corpo e altri disturbi motori, come posture inusuali (Adrien, Ornitz, Sauvage & Lelord, 1987; Elliott,
1990; Le Couteur et al., 1989; Ornitz, Guthrie, & Farley, 1977) spesso manifesti durante l’età
prescolare (Lord, 1995). Lo sviluppo delle sterotipie, particolarmente in forme gravi (es. SIBs) può
influenzare profondamente le risposte individuali e le prognosi per il trattamento di bambini autistici.
Anche le abilità del processo sensorio sono, nell’autismo, visibilmente anormali. Sono stati riportati,
nel 42-88% delle persone autistiche studiate, fra l’altro (Elliott 1990; Kientz & Dunn, 1997; Le
Couteur et al., 1989), preoccupazioni per le qualità sensorie degli oggetti, difficoltà nella regolazione
motoria, riflesse nella iper o ipo capacità di rispondere agli stimoli ambientali, e risposte paradossali
agli stimoli sensori. Il processo sensorio richiede una valutazione diagnostica attuata attraverso le
osservazioni da parte di esperti clinici collegate alle relazioni od ai questionari dei genitori, in quanto
questi disturbi possono avere un forte impatto sulle performance delle attività quotidiane.
The Sensory Integration and Praxis Test (Ayres, 1989). Di routine non sono richiesti come parte
delle valutazioni diagnostiche dei bambini autistici. Comunque sia, questa batteria di test può
essere usata su basi individuali, per scoprire modelli specifici di disfunzioni sensorie integrative in
bambini di età compresa fra i 4 e i 9 anni con funzioni cognitive nella media.
Occupational Therapy Evaluation. Il terapista occupazionale, come elemento del team valutativo,
deve decidere di fare lo screening e di valutare approfonditamente un individuo autistico quando
esistono dubbi riguardanti le sue abilità funzionali o le sue performance occupazionali (es. le abilità
indirizzate alla routine di ogni giorno). E’ importante che il terapeuta occupazionale abbia un’ampia
comprensione dell’autismo e abbia esperienza nel diagnosticare persone di una particolare gamma di
età (es. bambini o adulti). Il terapeuta occupazionale valuta per prime e principalmente, le
performance specifice nelle aree del gioco o del divertimento, l’auto mantenimento attraverso le
64
Self-injurious Behaviors (SIBs)
215
attività del vivere giornaliero, e le attività produttive di scuola o lavoro. In bambini piccoli con
autismo il gioco è spesso distruttivo (Restall & Magill-Evans, 1994; Stone & Lemanek, 1990) e
richiede una valutazione particolare, in un contesto naturale. In un secondo tempo, il terapista
occupazionale deve considerare tutte le componenti specifiche della performance o dei contesti che
hanno un impatto sul funzionamente quotidiano dell’individuo, informazioni queste che hanno
importanza critica nel processo diagnostico del team, così come nel piano appropriato di intervento
individuale. Fra le componenti specifiche notate come problematiche, ma non necessariamente
peculiari alle persone con autismo, ci sono abilità motorie complesse pianificate (Mailloux, Parham, &
Roley, 1998; Minshew et al., 1997), abilità del processo sensorio (Adrien et al., 1993, Baranek,
1999; Dahlgren & Gillberg, 1989, Kientz & Dunn, 1997; Ornitz, et al., 1977), abilità imitative
(Rogers et al., 1996; Stone & Lemanek, 1990), abilità sociali e interpersonali (Gillberg et al., 1990;
Stone & Hogan, 1993; Volkmar et al., 1993a), e abilità a relazionarsi con rigidità comportamentali o
interessi limitati (Baranek, Foster & Berkson, 1997). Devono essere usati colloqui supplementari e
relazioni dei genitori per corroborare i risultati dell’osservazione o le valutazioni standardizzate,
particolarmente quando queste siano state effettuate fuori dalla routine e dagli ambienti famigliari
all’individuo.
Valutazioni diagnostiche neurofisiologiche, comportamentali ed accademiche
Gli psicologi formati per valutare individui autistici possono giocare un ruolo importante nel
pianificare gli interventi, nella valutazione delle risposte, e nella diagnosi e trattamento delle
condizioni psicologiche patologiche correlate. Si usano misure standardizzate per stabilire le linee
base delle funzioni delle sfere dell’apprendimento, della condotta, della socializzazione. La
valutazione comportamentale attuata attraverso l’osservazione diretta è usata per individuare
problemi di apprendimento e di comportimento specifici, per stabilire le relazioni funzionali o del
controllo di comportamenti inappropriati, per indurre progressi comportamentali, e per documentare
l’efficacia dell’intervento.
Questi sono servizi psicologici specializzati, richiedenti training ed
esperienza appropriati. Valutazioni specifiche sono realizzate sulla base del profilo psicologico del
bambino, preferenze di motivazione o rinforzo, stile di apprendimento, caratteristiche sensorie e
motorie (e anormalità associate), deficit specifici delle abilità sociali, competenze scolastiche,
modelli di comportamento rituali o stereotipati, e stile di vita e relazioni famigliari. La ricerca più
recente suggerisce che le compromissioni qualitative neuropsicologiche specifiche possono essere
indentificate nella prima infanzia e che tali menomazioni sono correlate alla severità dei sintomi
autistici (Dawson, 1996; Dawson, Meltzoff, Osterling, & Rinaldi, 1998). Fra i diversi tipi di
menomazioni neuropsicologiche, rilevate nei bambini autistici, ci sono deficit nella memoria esplicita,
nello stabilire regole appropriate alla situazione, nella memoria funzionale, nella pianificazione e
nella inibizione delle risposte (Dawson, 1996). Per questo, può essere utile valutare tutta la gamma
delle funzioni neuropsicologiche, incluse l’attenzione, la memoria, la prassi, il processo linguistico e
visuospaziale, al fine di indirizzare le strategie educative ad ogni specifico punto di forza e di
debolezza del bambino.
La valutazione delle funzioni e delle risorse famigliari
La famiglia è la miglior risorsa del bambino. L’intervento dei genitori e il management delle
strategie comportamentali suggerite da uno psicologo hanno un forte inpatto sullo stato di sviluppo e
sui sintomi autistici del bambino. Lo stress e la stanchezza dei genitori possono invece avere effetti
opposti sul benessere del bambino.
Dunque la valutazione del soggetto deve essere attuata all’interno del contesto famigliare. E’
necessario determinare il livello di comprensione delle condizioni del bambino da parte dei genitori,
216
ed offrire loro consulenze e suggerimenti educativi appropriati. Si deve sapere se la famiglia ha
supporti informali, come una famiglia estesa, dei vicini o degli amici che possono assisterli nelle
responsabilità inerenti la crescita del bambino. Deve anche essere considerata la capacità della
famiglia ad incontrare altre famiglie con bambini in condizione simili. Spesso le famiglie imparano e
comunicano di più con altri gruppi famigliari che con i medici. Infine, va valutato, basandosi sullo
status socieconomico della famiglia e sullo status del bambino, il bisogno e la disponibilità dei diversi
servizi sociali al fine di fornire loro aiuto e sostegno.
I lavoratori dell’ambito sociale, gli psicologi, e gli altri professionisti specializzati in famiglie di
individui autistici, possono essere i migliori nel valutare le dinamiche familiari in relazione al ruolo
dei genitori, al management delle strategie comportamentali e a come queste si indirizzano
specificatamente al bambino austico. Questi professionisti possono anche disporre di risorse
aggiuntive tagliate specificatamente sulle necessità di famiglie di individui autistici. Infine possono
essi stessi facilitare i gruppi di supporto ai genitori e pianificare i seminari dei genitori. Questa
valutazione si focalizzerà sui temi specifici inerenti il tipo di profilo dello sviluppo identificato durante
il Livello 2 della valutazione. Non si corre mai il rischio di enfatizzare troppo il fatto che la famiglia è
la miglior risorsa del bambino. Sebbene esistono diverse variabili che confusamente influenzano le
risposte adulte di un bambino, molti specialisti dell’autismo sono d’accordo sul fatto che la famiglia
gioca un ruolo davvero molto importante. Una valutazione così estesa, può anche aiutare a
determinare la qualità e la quantità delle risorse della comunità, dei programmi e della rete
educativa di cui una famiglia particolare necessita. Ogni famiglia è unica nella propria ricerca di
supporto e conoscenze.
Livello 2. Indagini di laboratorio
Test metabolici65
Sono state effettuate ampie gamme di analisi biochimiche di urina, sangue e liquido cerebrospinale,
nel tentativo di identificare una specifica anormalità metabolica negli individui autistici. Vi sono stati
studi di errori innati sugli amminoacidi, i carboidrati, le purine, i peptidi e il metabolismo
metacondriale, così come studi tossicologici. La presenza documentata di sintomi simili all’autismo
in individui con errori innati del metabolismo ha portato a considerare i test di screening come
routine della valutazione di pazienti con severe compromissioni qualitative dello sviluppo
(Steffenburg, 1991).
Ma, la percentuale di bambini autistici che ha un disturbo metabolico
identificabile, è probabilmente inferiore al 5% (Dykens & Volkmar, 1997; Rutter, Bailey, Bolton & Le
Couteur, 1994; Rutter et al., 1997). La maggioranza delle analisi biochimiche sono utili attualmente
solo come mezzo di ricerca nello sforzo continuo per comprendere la biologia dell’autismo.
Un test o una consulenza metabolica sono indicati quando vi è una storia di letargia, vomito ciclico,
crisi epilettiche precoci, tratti dismorfici, ritardo mentale o non esclusione di ritardo mentale,
screening neonatale dubbio, nascita fuori dagli USA con assenza potenziale di screening neonatale e
di misure di salute pubblica.
Come raccomandato dall’American College of Medical Genetics, un test metabolico selettivo
dovrebbe essere iniziato solo in presenza di risultati clinici e fisici indicativi (Curry et al., 1997).
65
Metabolic Testing
217
Test genetici66
Fra i disturbi cromosomici associati all’autismo, la più comune anormalità descritta in ricerche
recenti, è quella coinvolgente il proximal long arm del cromosoma 15 (15q11-q13), presente fra l’ 1
ed il 4% dei casi che rispondono ai criteri per il disturbo autistico (Cook et al., 1998; Gillberg, 1998).
Queste sono solitamente duplicazioni materne inherited, sia pseudodicentric 15 (duplicazione
inverted 15) o altri cromosomi segnati atipicamente, con uno o due extra copie dell’area
sommariamente corrispondente alla tipica sindrome di Angelman (AS)/Sindrome di Prader Willi
(PWS) regione cancellata, di approssimatamente 4 milioni di base pairs. I pazienti 15q hanno
solitamente ritardo mentale da moderato a profondo. Nelle analisi di pazienti con disturbo autistico,
quelli in cui il Q.I era maggiore di 35, sono state trovate duplicazioni interstiziali di 15q11-13 in più
del 1% dei pazienti e con maggior frequenza rispetto l’X Fragile o altri disturbi cromosomici
attualmente identificabili (Cook et al., 1998; Gillberg, 1998; Pericak-Vance et al., 1997; Schroer et
al., 1998; Weidmer Mikhail, Sheldon, & Ghaziuddin, 1998). La sindrome di Angelman, solitamente
risultante da una cancellazione di materiale materno ereditato 15q11-q13, è stata trovata in pazienti
con autismo e ritardo mentale profondo (Gillberg, 1998; Schroer et al.,1998; Steffenburg, Gillberg,
Steffenburg & Kyllerman, 1996). L’autismo è stato trovato anche in pazienti con PWS (Demb &
Papola, 1995), sebbene ad un tasso inferiore rispetto alla frequenza di autismo nella sindrome di
Angelman o alle duplicazioni di 15q11-13. E’ necessaria una conferma, attuata dalle indagini FISH
per la regione PWS/AS, al fine di confermare evidenza di anormalità citogenetiche 15q11-13.
Analisi del DNA per X Fragile e studi del cariotipo ad alta risoluzione, sono indicati per una diagnosi
per autismo, ritardo mentale (o quando questo non può essere escluso), quando c’è una storia
famigliare di X Fragile, o un ritardo mentale non diagnosticato, o se sono presenti tratti dismorfici
(American College of Medical Genetics: Policy Statement, 1994). Dovrebbe essere comunque chiaro,
che c’è una piccolissima possibilità di cariotipo positivo o X Fragile in presenza di autismo ad alto
funzionamento. L’assenza di un test genetico positivo non esclude una base genetica per l’autismo.
Se sono presenti le indicazioni per l’analisi del DNA, per l’X Fragile e per studi ad alta risoluzione
cromosomica, ma la famiglia rifiuta i test, andrebbero ugualmente informati i membri della famiglia
estesa sui potenziali rischi genetici di questo disturbo cosicchè possano cercare consultazioni
genetiche appropriate. Inoltre il rischio di autismo ricorrente è stimato essere fra il 3 e il 7% da
diversi studi (Bolton et al., 1994; Jorde et al., 1990; Piven et al., 1990; Szatmari et al., 1993).
Dunque, sebbene non ci sia attualmente un metodo prenatale per scoprire l’autismo, i genitori
devono essere avvertiti sul fatto che esiste un aumento di circa il 50% di rischio dell’avere un
secondo bambino con un disturbo dello spettro autistico (da 1 su 20 ad 1 su 10, paragonato a 1 da 1
su 1000 a 1 su 500 per la popolazione generale).
Test elettrofisiologici67
La presenza di epilessia in un gruppo di bambini autistici in età prescolare, è stata stimata nella
misura del 7% (Rapin, 1996a), in un altro gruppo del 14% (Tuchman et al., 1991b), mentre la
prevalenza totale nella maturità è stimata essere fra il 20 ed il 35% (Minshew et al., 1997). I punti
più alti della strutturazione delle crisi epilettiche sono toccati nella prima infanzia e successivamente
nell’adolescenza (Gillberg & Steffenburg, 1987; Lockyer & Rutter, 1970; Minshew et al., 1997; Rossi,
Parmeggiani, Bach, Santucci, & Visconti, 1995; Volkmar & Nelson, 1990; Wong, 1993). Il ritardo
mentale, con o senza anormalità motorie e storie famigliari di epilessia, è un importante fattore a
66
Genetic Testing
67
Electrophysiologic Testing
218
rischio per lo sviluppo di crisi epilettiche in individui autistici. La relazione fra autismo con un
precoce corso regressivo (prima dei 36 mesi), CDD (dopo i 36 mesi), la sindrome di Landau-Kleffner
(Landau & Kleffner, 1957, 1998) e lo stato epilettico elettrico nel sonno (ESES) 68 è ancora poco
chiara, come lo sono le sottostanti etiologie e patofisiologie (Bristol et al., 1996; Tuchman & Rapin,
1997). Sono state riportate anche regressioni nell’adolescenza associate a strutturazione di crisi
epilettiche con perdita successiva del linguaggio e delle abilità cognitive (Lockyer & Rutter, 1970),
ma poco si sa delle cause e predominanze (Minshew et al., 1997).
Le crisi possono essere di tutti i tipi, ma sembrano prevalenti quelle complesse, con anormalità
dell’EEG più frequenti sui lobi temporali (Olsson et al., 1988). Il riconoscimento di crisi parzialmente
complesse in individui autistici è complicato dalla tendenza ad accusare comportamenti insoliti
nell’autismo e dalla mancanza di correlazione diretta fra crisi cliniche e attività parossistica nell’EEG
(Minshew et al., 1997). In aggiunta, uno studio recente suggerisce che ci può essere una relazione
casuale fra un sottogruppo di bambini con regressione autistica e EEG definito ‘epilessia focale
benigna’ (Nass, Gross, & Devinsky, 1998). Ogni comportamento come la fissità dello sguardo, la
cessazione dell’attività o l’aumento dell’aggressività, associate a confusione, dovrebbero far partire
un alto indice di sospetti riguardanti crisi parzialmente complesse negli individui autistici.
Indicazioni per un EEG prolungato in privazione di sonno, con un’adeguata analisi delle onde lente
del sonno, include l’evidenza di crisi cliniche, una storia di regressione (clinicamente significante è la
perdita delle funzioni sociali e comunicative) ad ogni età, ma specialmente in bambini piccoli e di età
prescolare, e in situazioni dove vi è un alto indice di sospetti clinici che l’epilessia, clinica o
subclinica, sia presente. Attualmente non vi è ragione di raccomandare analisi EEG a tutte le
persone autistiche (Rapin, 1995, 1997; Rossi et al., 1995; Tuchman, Jayakar, Yaylali, & Villalobos,
1997; Tuchman, 1994, 1995; Tuchman & Rapin, 1997; Tuchman et al., 1991b).
Eccetto per i test specifici notati prima, le analisi di potenziali evocati (Ciesielski, Knight, Prince,
Harris, & Handmaker, 1995; Kemner, Verbaten, Cuperus, Camfferman, & Van Engeland, 1994;
Kemner, Verbaten, Cuperus, Camfferman, & Van Engeland, 1995; Lincoln, Courchesne, Harms, &
Allen, 1995b; Rapin & Dunn, 1997; Verbaten, Roelofs, Van Engeland, Kenemans, & Slangen, 1991)
e le magnetoencefalografie (Chuang, Otsubo, Hwang, Orrison, & Lewine, 1995; Morrell et al.,
1995; Salmelin, Service, Kiesila, Uutela & Salonen, 1996) sono considerate essere mezzi di ricerca
nella valutazione dell’autismo, attualmente senza evidenza di utilità clinica di routine.
Neuroimmagini69
Gli studi di tomografia compiuterizzata (TAC) 70 durante gli anni settanta ed ottanta, riportarono
un’ampia gamma di immagini di anormalità cerebrali, che rafforzarono l’allora prevalente visione di
molti casi di autismo come, in ultima analisi, attribuibili ad un sottostante disturbo strutturale.
Questa prospettiva dell’autismo, insieme alla pratica clinica generale, in neurologia infantile di
includere ecografie nelle ricerche delle cause per i ritardi non spiegati nello sviluppo dei bambini
piccoli, portò alla standardizzazione delle tomografie (TC), come parte della valutazione di bambini
diagnosticati come autistici durante gli anni settanta ed ottanta. Questa prospettiva cambiò
sostanzialmente grazie all’importante studio di Demasio et al. (1980) che dimostrò come le
anormalità tomografiche del cervello negli individui autistici erano associate solo alla presenza di
disturbi coesistenti, piuttosto che con l’autismo in sé.
68
Electrical Status Epilepticus During Slow Wave Sleep
69
Neuroimaging
70
Computed Tomographic
219
In una revisione di più di 400 immagini di studio in soggetti autistici, fu riportata, una presenza
davvero bassa di lesioni focali o altre anormalità e la loro inconsistente localizzazione le segnò come
co-incidentali (Filipek et al., 1992a). In uno studio conseguente, la prevalenza di lesioni sulla RM
(evidenziate con Risonanza Magnetica (RM) 71 in bambini con autismo fu uguale a quella dei bambini
normali di controllo (Filipek et al., 1992b). Una serie di studi di TC e immagini di risonanza
magnetica (RM) in soggetti autistici valutati al fine di escludere quelli con disturbi identificabili
diversi dall’autismo (vedi le valutazioni di Minshew et al., 1994, 1996b.; Filipek et al., 1992a, 1996,
1999) hanno confermato l’assenza di anormalità cerebrali significativamente rintracciabili, come
caratteristica dell’autismo. La percezione clinica che le immagini strutturali cerebrali debbano essere
incluse di routine nella valutazione atta ad identificare evidenti anormalità cerebrali causanti
l’autismo, non è dunque più vista come valida (Filipek, 1999). Gli studi sulle immagini funzionali
sono un tentativo di ricerca per l’autismo e attualmente non hanno un ruolo nella diagnosi clinica.
Con l’avvento dei metodi di immagini funzionali, come il functional MRI (fMRI), la single photon
emission tomography (SPECT), e la positron emission tomography (PET), ci si aspetta che tali studi
giochino in ruolo maggiore nel definire le basi cerebrali per le menomazioni comportamentali
nell’autismo, ma solo come mezzi di ricerca. Il valore di questi studi dipenderà pesantemente dalla
strutturazione dei paradigmi di attivazione, dalla documentazione dell’obiettivo della domanda dei
paradigmi per gli individui e dalla interpretazione dei risultati entro il più ampio contesto di ciò che è
conosciuto sulla funzione neurocomportamentale nell’autismo. In riguardo a ciò è dato un valore
crescente al modello cognitivo dell’autismo come disturbo selettivo delle abilità complesse del
processo di informazione e come disturbo di deficit multipli primari (Minshew & Goldstein, 1998).
La presenza di tratti neurologici non è spiegata semplicemente dalla diagnosi di autismo (es.
disfunzioni dei nervi cranici, severo mal di testa ecc.), ma questi possono essere un indicazione per
l’imaging, nel quel caso si applicano gli standard usuali di pratica (Filipek, 1999). L’autismo di per
se non è considerato essere un’indicazione per le neuroimaging, anche in presenza di
megaencefalite.
Test di valore non provato
Non vi sono motivi sufficienti per effettuare, negli individui autistici, test clinici di routine inerenti
l’analisi del capello, per trovare tracce di elementi (Gentile, Trentalange, Zamichek, & Coleman,
1983; Shearer, Larson, Neuschwander, & Gedney, 1982; Wecker, Miller, Cochran, Dugger, &
Johnson, 1985), inerenti gli anticorpi celiaci (Pavone, Fiumara, Bottaro, Mazzone, & Coleman, 1997),
i test di allergie (in particolare allergie alimentari al glutine, alla caseina, alla candida e ad altre
muffe) (Lucarelli et al., 1995), le anormalità immunologiche o neurochimiche (Cook, Perry, Dawson,
Wainwright, & Leventhal, 1993; Singh, Warren, Averett, & Ghaziuddin, 1997; Yuwiler et al., 1992), i
micronutrienti come i livelli vitaminici (Findling et al., 1997; LaPerchia, 1987; Tolbert, Haigler,
Waits, & Dennis, 1993), gli studi sulla permeabilità intestinale (D’Eufemia et al., 1996), le analisi
fecali e dei peptidi urinari (Le Couteur, Trygstad, Evered, Gillberg, & Rutter, 1998), i disturbi
mitocondriali (includenti lattato e pyruvate) (Lombard, 1998), i test sulla funzione della tiroide (D.J.
Cohen, Young, Lowe, & Harcherik, 1980; Hashimoto et al., 1991) o gli studi su erythrocyte
glutathione peroxidase (Michelson, 1998).
Referti verso interventi precoci
Ribadiamo che i medici del Livello 2 devono indirizzare le persone ad un intervento precoce
appropriato o al team scolastico se i medici del Livello 1 non hanno fatto ciò. Se il bambino è
71
Magnetic Resonance Imaging
220
coinvolto in un programma, i risultati delle valutazioni del Livello 2 ottenute dagli psicologi, dai
logopedisti e dai terapeuti occupazionali, devono essere comunicate allo staff nello sforzo di
indirizzare meglio le strategie di intervento ai bisogni particolari del bambino.
RACCOMANDAZIONI
Livello 1: Screening di routine sullo sviluppo
1. Tutti i professionisti coinvolti nelle cure di bambini piccoli (pediatri, neurologi, psichiatri,
psicologi, audiologi, logopedisti e ortofonici, terapeuti della riabilitazione e terapeuti
occupazionali), dovrebbero avere sufficiente famigliarità con i segni ed i sintomi dell’autismo
tanto da riconoscere i possibili indicatori del bisogno sociale, della comunicazione e del
comportamento, per una ulteriore valutazione diagnostica.
2. Lo screening dello sviluppo dovrebbe essere attuato su ogni bambino in ogni visita di controllo
durante l’infanzia, il periodo prescolastico e ad ogni età successiva se si evidenziano
preoccupazioni riguardanti l’adattamento sociale, l’apprendimento e il comportamento. Gli
strumenti raccomandati per questo screeening includono: The Ages and Stages Questionnaire
(ASQ), The BRIGANCE (R) Screens, The Child Developmental Inventories (CD’s) e il Parents
Evaluation Developmental Status (PEDS). E’ raccomandato anche l’uso di indagini specifiche sullo
sviluppo, come sottolineato nel testo, per verificare specificatamente ogni preoccupazione dei
genitori inerente lo sviluppo stesso.
Il Denver-II (chiamato precedentemente Denver
Developmental Screening Test-Revised) non è raccomandato come mezzo appropriato per queste
valutazioni.
3. Le seguenti tappe fondamentali dello sviluppo sono quasi universalmente presenti entro le età
indicate. L’assenza di una di queste è indicazione assoluta per procedere ad analisi più
approfondite. Ritardi nell’ottenimento dei referti di questi test possono tradursi nel ritardo della
diagnosi e del trattamento precoci ed avere effetti negativi sulle risposte a lungo termine del
bambino.

Nessuna lallazione entro i 12 mesi.

Nessuna gestualità (indicare, salutare, etc.) entro i 12 mesi.

Nessuna parola singola entro i 16 mesi.

Nessuna frase
entro i 24 mesi.

Ogni perdita di qualunque abilità linguistica o sociale ad ogni età.
minima
spontanea
di
due
parole
(non
solo
ecolalia)
4. Indagini di laboratorio di Livello 1. Preoccupazioni riguardanti l’eloquio, il
linguaggio, o i
problemi uditivi, emerse nei genitori o nel medico di base, devono fungere da spinte verso
l’ottenimento immediato di un referto proveniente da una valutazione audiologica, senza dare
importanza al fatto che il bambino avesse “superato”il test uditivo neonatale. La valutazione
diagnostica audiologica dovrebbe essere attuata in centri dotati di audiologi qualificati e
specializzati, metodi di test e tecnologie attuali. Centri medici senza queste qualifiche dovrebbero
stipulare accordi consorziali con altri centri capaci invece di provvedere a questo tipo di
221
valutazioni per i bambini autistici. Controlli periodici del piombo devono essere attuati su ogni
bambino autistico con pica.
5. I professionisti coinvolti nella cura dei bambini piccoli, devono avere famigliarità anche con
almeno uno dei tanti strumenti di screening per i bambini autistici (es. la Checklist for Autism in
Toddlers (CHAT), il Pervasive Developmental Disorders Screening Test (PDDST), o, per i bambini
verbali più grandi, la Australian Scale for Asperger’s Syndrome).
6. Nei fratellini di bambini autistici devono essere monitorati molto attentamente, lo sviluppo
sociale, della comunicazione, del gioco e del comportamento, non solo per i sintomi relati
all’autismo, ma anche per ritardi del linguaggio, difficoltà di apprendimento, ansietà o sintomi
depressivi.
7. Come emanato dalla Public Law 99-457, e come riautorizzato dalla Public Law 105-17:
Individuals with Disabilities Education Act-IDEA (1997), devono essere indirizzati ad interventi
precoci, iniziati dal medico dei servizi per l’infanzia. I bambini con meno di 36 mesi devono avere
come punto di riferimento lo “zero-to-three service system” della loro comunità; mentre i
bambini di 36 mesi e più devono poter contare sul distretto scolastico locale.
8. Gli healthcare providers dovrebbero parlare di più e in modo più rassicurante sull’autismo, che è
un disturbo trattabile con un’ampia gamma di risposte. Le informazioni sulla beneficità
dell’intervento precoce nei bambini autistici devono essere ampiamente diffuse sia fra i
professionisti dell’healthcare che fra coloro che lavorano con bambini piccoli e famiglie.
9. I mezzi di screening per i bambini più grandi con lievi sintomi autistici, devono essere resi
largamente accessibili nei settings educativi e ricreazionali, laddove le difficoltà dei bambini sono
spesso più visibili, così come nei settings inerenti la salute e ciò che è ad essa relazionato. Anche
i pediatri possono e dovrebbero giocare un ruolo importante nel sollevare un autismo sospetto,
aprendo la strada verso l’appropriata valutazione diagnostica di un
professionista con
conoscenze sull’autismo negli individui verbali.
Livello 2: Diagnosi e valutazione di autismo
1. Secondo questo Panel il Livello 2, inerente la diagnosi e la valutazione, dovrebbe essere attuato
solo dai professionisti specializzati nel trattamento di bambini con autismo.
2. La diagnosi di autismo deve essere fatta basandosi accuratamente sui criteri clinici e del DSM-IV
e dovrebbe includere l’uso di uno strumento diagnostico con, come minimo, sensibilità moderata
e buona specificità per l’autismo. Deve essere pianificato tempo sufficiente sia per i colloqui
standardizzati con i genitori inerenti le preoccupazioni attuali e la storia comportamentale
relazionata all’autismo, sia, direttamente, l’osservazione strutturata del comportamento e del
gioco sociale e comunicativo. Gli strumenti per questi colloqui includono la Gilliam Autism Rating
Scale (GARS), la The Parent Interview for Autism (PIA), il The Pervasive Developmental
Disorders Screening Test-Stage 2 (PDDST), o la Autism Diagnostic Interview-Revised (ADI-R).
Gli strumenti per l’osservazione diretta, includono lo Screening Tool for Autism in Two-Year-Olds
(STAT), la Childhood Autism Rating Scale (CARS), e la Autism Diagnostic Observation ScheduleGeneric (ADOS-G).
3. Anche gli individui con autismo lieve devono ricevere valutazioni diagnostiche adeguate e
diagnosi appropriata, usando standard pratici simili a quelli sottolineati sopra.
222
4. Le valutazioni diagnostiche devono indirizzarsi anche a quei fattori che non sono specifici
dell’autismo, includenti diversi gradi di menomazioni linguistiche, l’handicap mentale e la
presenza di disturbi del comportamento non specifici, come l’iperattività, l’aggressività, l’ansietà,
la depressione o i disturbi specifici dell’apprendimento, che possono avere effetti significativi
sulle risposte e sul trattamento degli individui autistici.
5. La valutazione estesa medica e neurologica dovrebbe focalizzarsi sulla ricerca di danni cerebrali
acquisiti, di condizioni patologiche, o di difficoltà comuni nell’autismo: gravidanza, parto, storia
perinatale, storia dello sviluppo includente le tappe fondamentali, regressione nella prima
infanzia e negli anni successivi, eventi encefalopatici, disturbo dell’attenzione, disturbi relativi a
crisi EEG (assenza o generalizzate), depressione o mania, comportamenti problematici, come
irritabilità, autolesionismo, disturbi del sonno e dell’alimentazione e pica per una possibile
esposizione al piombo. La storia famigliare dovrebbe specificatamente indagare sulla famiglia sia
n nucleare che estesa in riguardo all’autismo, al ritardo mentale, alla sindrome da X Fragile e
alla sclerosi tuberosa per possibili implicazioni riguardanti la necessità di successive valutazioni
cromosomiche o genetiche. Dovrebbero essere identificati inoltre i membri della famiglia con
disturbi affettivi o di ansietà ed il loro impatto sulla cura del bambino e della struttura famigliare
stessa. L’esaminazione fisica e neurologica dovrebbe includere: le misurazioni longitudinali della
circonferenza della testa, i tratti insoliti (facciali, delle estremità, della statura ecc.) suggerenti la
necessità di valutazioni genetiche, le anormalità neurocutanee (richiedenti una esaminazione con
la lampada ultravioletta di Wood), la postura, il tono, i riflessi, i nervi cranici e lo stato mentale,
includente il linguaggio verbale e non verbale ed il gioco.
6. Su tutti i bambini che falliscono le procedure di screening dello sviluppo del linguaggio,
dovrebbero essere attuate valutazioni diagnostiche della comunicazione, dell’eloquio e del
linguaggio, da un logopedista o da uno specialista con esperienza nel valutare i bambini autistici.
In questa valutazione diagnostica dovrebbero essere usate strategie diverse, includenti, ma non
limitate, agli strumenti diretti standardizzati all’osservazione naturalistica, ai colloqui con i
genitori e a procedure focalizzate sulle abilità socio-pragmatiche. I risultati della valutazione di
eloquio, linguaggio e comunicazione, devono essere sempre interpretati in relazione alle abilità
cognitive, motorie e socioemozionali del bambino.
7. Una valutazione cognitiva dovrebbe essere effettuata su tutti i bambini autistici da psicologi o
pediatri dello sviluppo, esperti nell’autismo e dovrebbe includere l’analisi della famiglia (genitori
e fratellini), dei punti di forza, dei talenti, degli stress e degli adattamenti, così come delle risorse
e dei supporti. Gli psicologi che lavorano con i bambini autistici dovrebbero avere famigliarità con
un’ampia gamma di teorie e approcci specifici per questa popolazione. Gli strumenti psicologici
dovrebbero essere appropriati all’età mentale e cronologica, dovrebbero fornire una gamma
totale (verso la direzione inferiore) dei punteggi standard, includenti le misurazioni indipendenti
dei punteggi sulle abilità verbali e nonverbali, un indice generale di abilità e dovrebbero avere
norme attuali indipendenti dalle abilità sociali.
8. Dovrebbe essere raccolta dagli psicologi, per ogni bambino valutato per handicap mentale
associato, una misurazione delle funzioni adattive. Per far ciò gli strumenti raccomandati
includono le Vineland Adaptive Behavior Scales e le Scales of Indipendent Behavior-Revised
(SIB-R).
9. Devono essere considerati screening e valutazioni totali delle abilità sensomotorie, eseguite da
professionisti qualificati (terapisti occupazionali e terapeuti della riabilitazione) con esperienza
nel testare persone autistiche, includenti una valutazione della motricità fine e globale, della
223
prassi, delle abilità sensorie, dei manierismi inusuali o stereotipati e dell’impatto di queste
componenti sulla vita della persona autistica.
10. Una valutazione di terapia occupazionale è indicata quando un individuo autistico ha disturbi
nelle abilità funzionali o nelle performance occupazionali, nelle aree del gioco o del divertimento,
dell’auto-mantenimento durante le attività del vivere quotidiano, e negli obiettivi produttivi di
scuola e lavoro. Il terapista occupazionale potrà valutare tutte queste aree nel contesto di
ambienti diversi, e, attraverso le analisi delle attività, potrà valutare anche i contributi dei
componenti delle abilità di performance (es. il processo sensorio, le abilità motorie fini, le abilità
sociali) nelle conquiste dirette alle routine di tutti i giorni.
11. Dovrebbe essere attuata valutazione neuropsicologica, comportamentale ed accademica, in
aggiunta a quella cognitiva, al fine di includere nell’analisi anche le abilità comunicative, le abilità
sociali e relazionali, le funzioni educative, i comportamenti problematici, lo stile di
apprendimento e le motivazioni e i rinforzi, le funzioni sensorie e l’autoregolazione.
12. Dovrebbero essere valutate anche le funzioni famigliari al fine di determinare il livello di
comprensione dei genitori delle condizioni del loro bambino e offrire loro consigli ed educazione
appropriati. Basandosi sullo status socioeconomico della famiglia e sullo status del bambino, va
valutato il bisogno e la disponibilità dei diversi servizi sociali al fine di fornire sollievo e sostegno.
13. La valutazione delle risorse famigliari dovrebbe essere compiuta dagli operatori sociali, dagli
psicologi o da altri professionisti specializzati in famiglie di individui autistici, da coloro che
potrebbero essere meglio capaci a valutare le dinamiche famigliari in relazione all’essere genitori
e al management delle strategie comportamentali e di come esse si relazionano specificatamente
al bambino autistico.
14. La valutazione di laboratorio del Livello 2, può includere, se indicati, i seguenti test:
(a) un test od una consultazione metabolica è indicata da una storia di letargia, vomito ciclico,
crisi epilettiche precoci; tratti dismorfici, ritardo mentale o non esclusione di questo, dubbi
inerenti l’occorrenza o l’adeguatezza dello screening neonatale in nascite negli U.S.A. o in
nascite fuori dagli U.SA. indicanti un’assenza potenziale di screening neonatali e di
misurazioni di salute pubblica.
Come raccomandato dall’American College of Medical
Genetics, i test
metabolici selettivi dovrebbero essere iniziati solo in presenza di
suggestivi indicatori clinici e fisici.
(b) Test genetici, specificatamente analisi del DNA per X Fragile e studi cromosomici di
cariotipo ad alta risoluzione, sono indicati per la diagnosi di autismo, di ritardo mentale (o
quando il ritardo mentale non può essere escluso), se c’è una storia famigliare di X Fragile
o ritardo mentale non diagnosticato, o se sono presenti tratti dismorfici. E’ chiaro che vi è
solo una piccola possibilità di test di cariotipo o X Fragile positivi in presenza di autismo ad
alto funzionamento.
Se la famiglia rifiuta i test genetici, dovrebbe comunque informare
i membri della famiglia estesa sul potenziale rischio genetico di questo disturbo, affinché
essi possano cercare consigli genetici appropriati.
Sebbene non esista attualmente un
metodo prenatale per individuare l’autismo, i genitori dei bambini autistici dovrebbero
essere informati del 50% di possibilità di avere un altro bambino autistico (da 1 su 10 ad 1
su 20, come paragonato ad 1 su 500 nella popolazione generale).
(c) Le indicazioni per un EEG con prolungata deprivazione di sonno e con analisi adeguate del
sonno a onde lente, includono la presenza di crisi epilettiche cliniche, una storia di
224
regressione (clinicamente significante la perdita della funzione sociale e della
comunicazione) ad ogni età, ma specialmente in bimbi piccoli e di età prescolare e le
situazioni in cui vi è un alto indice di sospetti clinici che possa essere presente l’epilessia,
clinica o subclinica. Non vi è attualmente alcuna ragione per raccomandare studi EEG a
tutti gli individui autistici. Sono attualmente considerati mezzi di ricerca nella valutazione
dell’autismo, senza evidenza clinica d’utilità di routine, anche altre risorse relative ad
eventi medici e a magnetoencefalografie.
(d) La necessità di neuroimmagini può essere indicata dalla presenza di tratti neurologici non
spiegati dalla diagnosi di autismo (es. esaminazione motoria asimmetrica, disfunzione dei
nervi craniali, forte mal di testa), nel qual caso si applicano gli standard di pratica usuali.
La routine clinica di neuroimmagini, non ha nessun ruolo nell’attuale valutazione
diagnostica dell’autismo, anche in presenza di megalocefalia autistica.
Le modalità
funzionali di immagini 72 (fMRI, SPECT e PET) sono, al presente, considerate solamente
come mezzi di ricerca nella valutazione dell’autismo.
(e) Test di valore non provato: Non vi sono motivi nel sostenere, negli individui autistici test
clinici di routine, per analisi del capello per tracce di elementi, per anticorpi celiaci, per test
allergici (in particolare allergie alimentare da glutine, caseina, candida ecc.), per
anormalità immunologiche o neurochimiche, per micronutrienti, come i livelli vitaminici, per
studi sulla permeabilità intestinale, per analisi fecali e peptidi urinari, per disturbi
mitocondriali (includenti lactaoe e piruvato), per test sulla funzione tiroidea ecc.
15. Un aspetto previsto della pratica clinica è una valutazione diagnostica successiva, entro almeno
un anno della diagnosi iniziale e il monitoraggio continuo di questa, in quanto anche cambi
relativamente piccoli nel livello di sviluppo, possono modificare l’impatto dell’autismo negli anni
prescolastici.
16. Secondo questo Panel il ruolo dei professionisti medici non può essere più limitato
semplicemente alla diagnosi dell’autismo. I professionisti devono espandere le loro conoscenze e
il loro coinvolgimento per essere meglio capaci di consigliare le famiglie su ciò che riguarda le
modalità di trattamento disponibili e appropriate, sia educative che empiriche o “semplicemente
fuori dal web”. I medici devono aver famigliarità anche con la legge federale americana che
consente educazione libera ed appropriata a tutti i bambini dall’età di 36 mesi, e in alcuni stati,
anche da zero a tre anni.
Altre raccomandazioni
1. L’esistente politica di gestione della salute deve cambiare come segue: Le visite di controllo dei
bambini sani, estremamente brevi, devono aumentare in durata, con appropriata
compensazione, per permettere l’incremento dell’uso degli screening dello sviluppo, come
raccomandato sopra. Anche le visite specialistiche brevi devono aumentare in durata, dietro
appropriata compensazione, per permettere l’uso degli strumenti diagnostici appropriati, come
raccomandato sopra. La politica di gestione della salute deve smettere di negare le cure o altre
terapie appropriate all’autismo che deve essere riconosciuto come un disturbo medico e non
come ‘ritardo dello sviluppo’ o ‘condizione di salute mentale’.
2. Le agenzie governative esistenti che forniscono servizi agli individui con disturbi dello sviluppo,
devono cambiare i loro criteri di eleggibilità al fine di includere tutti gli individui dello spettro
72
Functional imaging modalities
225
autistico, sia che siano, o che non siano, incontrati i relativamente stretti criteri per il disturbo
autistico. Tali individui devono anche ricevere valutazioni adeguate, diagnosi appropriate ed
opzioni di trattamento, come coloro che hanno una diagnosi formale di disturbo autistico.
3. Devono svilupparsi nella comunità la coscienza pubblica e la diffusione delle attività riguardanti i
segnali ed i sintomi dell’autismo per fornire informazioni ai genitori, a coloro che lavorano con i
bambini, ai settings inerenti la salute e ai centri di aggregazione. Dovrebbero essere realizzati e
ampiamente diffusi piccoli volantini attraenti, aventi come obiettivo i sintomi, i bisogni e le
risposte dei bambini molto piccoli e dei bambini piu grandi autistici, realizzati in collaborazione
con le società e le associazioni nazionali di autismo, le scuole, le agenzie della salute e le agenzie
ad esse correlate, in uno sforzo concertato.
4. A livello dei preservizi, deve aumentare l’educazione dei professionisti della salute e di quelli
educativi sull’autismo. I medici devono imparare a fornire ai genitori qualcosa in più di una
diagnosi e del numero di telefono dei servizi governativi ai genitori. Devono visibilmente
aumentare le loro conoscenze riguardo alla gamma dei sintomi autistici, sia nell’infanzia che nella
maturità, riguardo ai bisogni educativi e comunitari degli individui autistici e riguardo alle
risposte potenziali dell’autismo, gli operatori specializzati in pediatria generale e dello sviluppo,
in psichiatria, in neurologia, nell’educazione della prima infanzia, nella patologia dell’eloquio e
del linguaggio, nella terapia occupazionale, nella terapia fisica, nella psicologia, nelle scienze
infiermieristiche, nella cura dei bambini, nella salute pubblica, nella educazione e in altre
discipline.
UN’ANALISI DELLE DIFFERENZE RELATIVE AD ALTRI PARAMETRI
PRATICI
La raccomandazione di questo Panel è l’espandere molti dei maggiori punti del Cure Autism Now
(CAN) Consensus Statement (CCS; Geschwind, Cummings, & The CAN consensus group, 1998),
specialmente il riconoscimento dell’efficacia dei programmi appropriati di intervento precoci,
dell’urgenza di identificazione e diagnosi precoci dei disturbi dello spettro autistico che seguono, e
della necessità di un’attenta esaminazione neurologica e medica in tutti i bambini autistici. Le
raccomandazioni specifiche riguardanti le neuroimmagini, l’elettrofisiologia, i test metabolici e
genetici, contenute in questo documento sono simili a quelli del CCS (Geschwind et al., 1998). Lo
scopo del CCS era quello di fornire linee guida per il primo momento dello screening autistico e per il
referto diagnostico dei medici di base (pediatri). La maggior differenza fra le raccomandazioni
attuali ed il CCS è che il CCS raccomandava solo l’uso delle CHAT (Baron-Cohen et al., 1992) come
rapido ed effettivo mezzo di screening per analizzare tutti i bambini di 18 mesi a rischio di autismo,
mentre per noi la CHAT è raggruppata insieme ad altri strumenti di screening e non è sentita come
interamente sufficiente per gli scopi dello screening dei servizi per l’infanzia. Data l’importanza
dell’identificazione precoce e l’inaccettabile ritardo corrente, che occorre fra i sospetti iniziali dei
genitori e la diagnosi, l’importanza di uno screening dello sviluppo a largo spettro, iniziante a diciotto
mesi non può essere mai troppo enfatizzata.
Nello sviluppo di questo documento furono consultati gli American Academy of Child and Adolescent
Psychiatry (AACAP) Practice Parameters (Volkmar et al., in stampa). I documenti sono simili, con
due differenze principali dovute al loro diverso scopo.
I parametri pratici dello AACAP sono
indirizzati agli aspetti di diagnosi e trattamento, di particolare rilevanza per gli psichiatri, nella cura
dei bambini, adolescenti e adulti con autismo e condizioni relazionate. Il presente documento
226
riguarda invece principalmente gli aspetti della valutazione diagnostica, inclusi gli screening
diagnostici e non si indirizza in alcun modo verso gli aspetti del trattamento. Lo AACAP vuole
continuare a partecipare all’importante sforzo di elaborazione di parametri pratici generalmente
accettati per l’autismo.
La American Academy of Pediatrics (AAP) Committee on Children with Disabilities fu invece
consultata per il loro documento politico, sotto elaborazione, riguardante il ruolo dei pediatri nella
diagnosi e nella cura di bambini autistici (American Academy of Pediatrics Committee on Children
with Disabilities, 1994). I documenti sono piuttosto simili a parte la differenza dovuta al diverso
target dell’audience. Il documento dell’AAP riguarda principalmente il ruolo dei pediatri e si indirizza
verso strategie di management così come verso le diagnosi precoci.
RACCOMANDAZIONI PER LA REVISIONE DEI PARAMETRI
Questo Panel raccomanda la revisione dei parametri ogni 2-3 anni.
RACCOMANDAZIONI PER LE RICERCHE FUTURE
1. Sviluppare e convalidare mezzi di screening appropriati, con sensibilità e specificità adeguate
all’autismo in bambini con meno di un anno di età, che potrebbero essere usati da un ampia
gamma di medici, anche non specialisti. Pare, attualmente probabile che molti bambini autistici
possano essere identificati entro i 12-18 mesi di età. Questo Panel ribadisce che i riconoscimenti
precoci possono portare a precoci inizi di intervento, che promuoveranno risposte a lungo
termine più positive per gli individui autistici.
2. Continuare a studiare l’utilità delle tecniche elettrofisiologiche per chiarire il ruolo dell’epilessia
nell’autismo, specialmente nei bambini con una storia di regressione.
3. Continuare gli sforzi per identificare i geni che contribuiscono a determinare se le sindromi
comportamentali che costituiscono le basi del DSM-IV e del ICD-10 hanno vera validità biologica.
4. Continuare gli sforzi per identificare i segni precursori, le cause e le risposte della regressione
autistica.
5. Tentare di identificare i fattori ambientali, come le infezioni non specificate o gli altri eventi
immunologici, che possono contribuire all’espressione di sintomi autistici o ad una regressione.
6. Le ricerche ulteriori devono focalizzarsi sullo sviluppo e la convalida di mezzi appropriati per
valutare accuratamente il profilo cognitivo e neuropsicologico degli individui autistici, dato che è
chiaro che ognuno dei mezzi correntemente disponibili ha, limitazioni significanti se usati con
individui autistici.
7. Strutturare un valido studio sulla prevalenza delle anormalità e delle crisi negli EEG; delle
anormalità alla RM e delle anormalità genetiche e metaboliche, direttamente associate
all’autismo.
8. Studiare le caratteristiche audiologiche degli individui autistici e lo sviluppo delle procedure
cliniche appropriate, elettrofisiologiche e comportamentali, per valutare la sensibilità uditiva
periferica e le risposte oltre la soglia media.
227
9. Ampliare le ricerche di base sullo sviluppo dei processi uditivi complessi nei bambini al fine di
comprendere l’emergere dei comportamenti uditivi precoci considerati atipici.
10. Svolgere campi di esperimento sui risultati dell’attivazione di queste linee guida per determinare
chi è identificato diagnosticamente dagli screening e per determinare l’efficacia dei diversi
strumenti di screening nello scoprire l’autismo ad età differenti.
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