5 aprile 2016 allegatouno

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L'AISEA (Associazione Italiana per le Scienze Etnoantropologiche), nella sua Assemblea
Nazionale del 12.02.2016, ha analizzato lo Schema di Decreto Ministeriale intitolato
"Riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali del turismo ai sensi
dell'articolo 1, comma 327, della legge 28 dicembre 2015, n. 208" ("Decreto"), e il
documento intitolato Modifiche all'Allegato 3 (Unità dirigenziali non generali, e relative
attribuzioni, del Segretariato generale e delle Direzioni generali dell'Amministrazione centrale
del Ministero) del decreto 27 novembre 2014, recante "Articolazione degli uffici di livello
dirigenziale non generale del Ministero dei beni e delle attività culturali del turismo"
("Modifiche"), a firma del ministro Dario Franceschini, resi pubblici in data 19.01.2016.
Detti documenti, nel quadro di un più generale riordino del Ministero, nelle sue articolazioni
centrali e periferiche, prospettano novità nella collocazione, nella configurazione e nell'assetto dei
Musei Nazionali di indirizzo DEA, dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia (IDEA),
delle Soprintendenze territoriali, su cui vorremmo portare l'attenzione, evidenziandone i limiti e
le prospettive.
Premesso che il giudizio di merito sul complessivo riordino prospettato dal Ministro, non
compete soltanto alla nostra Associazione, che tuttavia prende atto del fatto che si sono già
severamente pronunciati, per quanto di loro competenza, sindacati e altre associazioni culturali e
professionali, tra le quali una alla cui opinione, pur con i dovuti distinguo, facciamo spesso
riferimento, la Ranuccio Bianchi Bandinelli; con particolare attinenza agli artt. 2, commi 3 e 5; 3,
comma 1; 4, comma 2; 6, commi 1 e 2 del "Decreto", e art. 1, Servizio VI, del documento
"Modifiche", si rileva, sinteticamente, quanto segue:
- L'IDEA, che pur sulla carta era nata con grandi ambizioni, non ha potuto svolgere pienamente i
compiti istituzionali previsti nello statuto di fondazione, soprattutto perché diretta da personale
esterno al settore scientifico disciplinare, con grave nocumento della sua fisionomia scientificoculturale e della sua stessa capacità operativa. Ora sembra persino ridimensionata sul piano
burocratico, ma potrebbe assumere una funzione di indirizzo e studio rispetto alla Sezione
VI, cui risponde, e potrebbe finalmente essere presieduta (oltre che essere composta) da
personale DEA.
- Il Servizio VI potrebbe finalmente assolvere, sul piano dell'organizzazione centrale del
Ministero, a quella funzione di studio, programmazione e indirizzo della politiche culturali in
fatto di beni DEA, che sin ora non si è mai realizzata. Dovrebbe, però, tassativamente, essere
presieduta e coordinata da personale in possesso di formazione antropologica.
- Le Soprintendenze vedono riconfermato l'interesse specifico, ottenuto dopo anni di
battaglie, a riguardo dei beni demo-etno-antropologici, con la costituzione di un'area che
dovrebbe essere di competenza di un responsabile antropologo nominato dal Soprintendente.
E' evidente che, in assenza di personale afferente a questa area, il provvedimento di riordino
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non ha alcuna possibilità di attuarsi.
- Il ventilato museo dell'Eur, che sotto il nome di Museo delle civiltà, unificherebbe il Museo
Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari ("MNATP"), il Museo Nazionale PreistoricoEtnografico "Luigi Pigorini" ("Pigorini"), il Museo dell'Alto Medioevo, e forse il Museo
Nazionale di Arte Orientale “Giuseppe Tucci” (“Tucci”; da trasferire in sede Eur) verrebbe creato
con riferimento a meri criteri territoriali (tutto ciò che sta vicino, nell'ambito di uno stesso
quartiere, seppur con speciale statuto), con un'evidente sottovalutazione delle peculiari fisionomie
scientifiche dei musei che andrebbero a confluire nella nuova struttura. Musei, ciascuno frutto di
un particolare percorso storico-culturale di formazione, fortemente connesso con la storia dello
Stato nazionale e, per quel che concerne il nostro specifico settore disciplinare di riferimento,
manifestazione concreta degli orientamenti del Paese per quel che concerne le diversità culturali,
interne ed esterne. Ciò ci appare errato. Occorrerebbe, dunque, scindere gli aspetti meramente
organizzativi e di amministrazione, da quelli scientifici. Nulla osta, a nostro avviso, che si
costituisca un polo museografico dell'Eur organizzato, dal primo punto di vista, in modo unitario.
Ma dal punto di vista scientifico i musei dovrebbero essere accorpati in base al loro patrimonio di
reperti e documenti, e sulla base di un imprescindibile criterio di coerenza e contiguità,
storicamente e antropologicamente fondato. La stessa idea di museo della (o delle) civiltà,
severamente criticata dagli studi antropologici, dovrebbe essere sottoposta ad attenta verifica.
Almeno che non si contempli esplicitamente la possibilità di guardare in modo antropologico, e
non filologico, alla preistoria e all’alto medioevo, e dunque non si conferisca all'antropologia una
funzione interpretativa e un ruolo connettivo (che in altri Paesi essa in effetti ha), i musei che ci
sembrano più consuetamente accorpabili sono il "MNATP" e il "Pigorini" (eventualmente il
“Tucci”), frutto certamente di tracciati scientifico-culturali diversi e tuttavia unificabili nel senso,
sopra ricordato, di testimonianze peculiari della storia nazionale, in rapporto alla diversità
culturale. Se si perde di vista, nel riordino in questione, la specificità antropologica e storica delle
collezioni dei musei, e la stessa egemonia del settore DEA nel complesso delle collezioni sopra
ricordate, tutto ciò che è in essi custodito si riduce a paccottiglia, a curiosità, a stravaganza.
Certamente siamo consapevoli che anche la prospettiva di unificazione dei grandi musei di
argomento antropologico pone il rilevante problema della componente preistorica, paleoetnologica, archeologica e storico-artistica presente in qualcuno di essi, delle garanzie di crescita
e di rappresentanza dirigenziale di questi rilevanti settori scientifici, e auspichiamo che queste
questioni possono essere superate con un attento studio, cui siamo disponibili in quanto
associazione scientifica e professionale a dare il nostro contributo, riguardante gli aspetti di
assetto istituzionale del condendo museo.
Tutti i provvedimenti di riordino ventilati, tuttavia, intendiamo sottolinearlo con forza, per avere
una qualche possibilità di realizzarsi concretamente, devono prevedere un reclutamento rilevante
di personale scientifico di area DEA (in sede centrale, periferica e museale), anche al fine di
garantire il rimpiazzo del personale già andato (o che andrà a breve) in quiescenza e di ampliare
le capacità operative delle singole strutture.
La costituzione, per altro, di un nuovo polo dell'Eur, che abbia nel museo antropologico il suo
centro, può essere condivisa anche nella prospettiva della valorizzazione e della messa in rete
delle gallerie e dei centri di cultura della memoria che sono presenti o potenzialmente presenti nel
quartiere (a partire dallo stesso Museo dell'Alto Medioevo), per il rilancio di una zona museale ed
espositiva (una sorta di museum mile, che unisca al fine di potenziare) diversa e nuova rispetto a
quella, ad alta densità, presente nell'area centrale della città.
Da quanto si evince, infine, da notizie di stampa e da dichiarazioni riportate dello stesso
Ministro, sarebbe sua intenzione affidare la direzione di questo museo unificato delle civiltà,
a seguito di bando internazionale, come già fatto per un congruo numero di musei di storia
dell'arte in un recentissimo passato; di questo non vi è traccia, per altro, nei documenti sopra
ricordati.
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Tale intenzione sembra poter mettere fuori gioco la trafila interna delle gerarchie ministeriali che
ha sin ora impedito di avere un direttore antropologo per musei di antropologia e che ha condotto
la comunità scientifica a una battaglia frontale, e perdente, per consentire ai funzionari
antropologi del MiBACT di accedere alla dirigenza tramite appositi concorsi. Nella misura in cui
la direzione può essere data, a bando, a chiunque, potrebbe esserlo dunque anche a un
antropologo, da qualsiasi parte del mondo o concreta carriera egli provenga. Per la prima volta,
sia pur per una via non lineare e attraverso una scorciatoia, una possibilità di corretto sviluppo per
il settore disciplinare s'intravede, purché il concorso non tagli fuori, come in molti casi è accaduto
per gli storici dell'arte qualche mese fa, l'intelligenza e le competenze nazionali e purché si
tengano nel dovuto conto le professionalità antropologiche interne al Ministero, alle quali non è
mai stata prospettato l'accesso alla carriera dirigenziale, nonostante la comprovata esperienza in
ambito direttivo.
Quanto sopra poniamo alla riflessione e alla valutazione politica dell'onorevole Ministro, affinché
voglia apportare le necessarie modifiche all'impianto normativo, dichiarandoci sin da ora
disponibili a un incontro di discussione e orientamento.
Per l'AISEA
il Presidente
Prof. Mario Bolognari
P. S.: il presente documento è stato sottoposto alle altre associazioni italiane di Antropologia, le
quali lo condividono e lo sostengono.
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