Settimio severo e la “militarizzazione” dell'Impero SETTIMIO SEVERO (193 - 211) Nome completo: Lucius Septimius Severus Nascita: Leptis Magna, 11 aprile 146 Morte: York, 4 febbraio 211 Predecessore: Pertinace Successore: Caracalla e Geta Coniuge: Paccia Marciana, Giulia Domna Figli: Caracalla e Geta Dinastia: severiana Padre: Publio Settimio Geta Madre: Fulvia Pia LE ORIGINI Settimio Severo era nato a Leptis in Africa da ricca famiglia equestre; aveva studiato greco e latino, perfezionandosi ad Atene e a Roma dove aveva studiato il diritto. Lanciato in politica, nel 172 era stato Questore in Sardegna; poi in Africa fu legato del proconsole, e infine a Roma divenne Tribuno e poi Pretore. Nel 179 ottenne il governo della Siria. Nel 187 fu nominato governatore della Gallia Lugdunense, una brillante carriera a cui seguì un brillante matrimonio con una donna siriana, Giulia Domna, di grande bellezza e grande intelligenza. L'unione dette un figlio, di nome Bassiano, il futuro imperatore Caracalla. L'INCORONAZIONE E L’IMPEGNO MILITARE Al momento dell’incoronazione, Settimio Severo entrò a Roma con la bellissima moglie, i Senatori e le truppe, tra l'acclamazione popolare. Giurò che non avrebbe mai condannato a morte nessun senatore e che anzi avrebbe ristabilito l'autorità del Senato. Intanto l'Egitto e l'Asia volevano Pescennio imperatore e molti principi dell'Asia gli avevano offerto il loro aiuto. Severo disponeva di nove legioni e numerose truppe ausiliarie ed era stimato dai soldati. Pescennio intanto aveva occupato Bisanzio. Severo prese per cautela in ostaggio le famiglie dei Pretori e dei legati d'Asia e mosse col suo esercito verso l'Oriente. L'esercito di Pescennio, lasciato l'assedio nel 193, si ritirò oltre il Bosforo e l'Ellesponto, per impedire alle truppe romane il passaggio in Asia. Settimio Severo, temendo che in sua assenza Clodio Albino tentasse un colpo di mano, rimase a Perinto ed affidò il comando a Tiberio Claudio Candido, comandante delle legioni illiriche. Questi, anziché affrontare il nemico tra Bosforo ed Ellesponto, sbarcò in Frigia, dove venne attaccato dal proconsole d'Asia Asellio Emiliano, che però perse la battaglia e la vita. I superstiti si ritirarono e si unirono all'esercito di Pescennio Nigro che avanzava verso Nicea. Anche qui le truppe di Severo ebbero la meglio. Nel 194 le guerre ricominciarono. Pescennio Nigro con un numeroso esercito si era accampato nella pianura di Isso, e qui le truppe di Severo, sebbene inferiori di numero, lo sconfissero, lasciando sul campo ventimila morti nemici. Pescennio Nigro in fuga fu catturato ed ucciso: il suo capo su una picca fu inviato a Severo. LA GUERRA CONTRO I PARTI Intanto il re dei Parti aveva invaso la Mesopotamia. Settimio Severo ricostituì i Pretoriani che gli custodissero il trono, aggiungendo barbari agli italici. Poi partì e nel 197 giunse in Mesopotamia. Alla testa del suo esercito, costeggiando l'Eufrate, Settimio giunse a Babilonia; le città partiche caddero, la capitale venne saccheggiata con centomila prigionieri. L'imperatore però non inseguì Vologeso (il re dei Parti) e prese la via del ritorno. Intanto la Palestina si era ribellata. L'esercito romano la sconfisse e Settimio Severo pubblicò un editto contro gli Ebrei e i Cristiani. Non si conosce l'entità di queste persecuzioni, anche perchè Tertulliano, il grande difensore del Cristianesimo, non venne toccato, testimoniando invece la clemenza dell’imperatore. Severo concluse con Vologeso la pace che rese la Mesopotamia romana, poi passò in Egitto facendo restaurare il colosso di Memnone e venne iniziato al culto di Serapide. Nel 202 Severo fece l'ingresso trionfale a Roma, dove ricompensò il popolo della fedeltà con feste ed elargizioni. Nel 203 Severo commemorò il decimo anniversario del suo impero, e il Senato decretò che ai piedi del Campidoglio fosse innalzato un arco trionfale all'imperatore «per avere ricostituito lo stato ed ingrandito l'impero del popolo romano». Si tratta del più antico arco di Roma, conservato, con colonne libere anziché addossate ai piloni, un grande capolavoro di stile e bassorilievi che ancor oggi svetta nel Foro romano. IL GOVERNO Così descrisse Dione Cassio la giornata dell'imperatore: « Prima dell'alba egli era in piedi al lavoro: poi, passeggiando, trattava con i suoi consiglieri gli affari dello Stato. All'ora delle sedute, se non era giorno di festa, si recava al suo tribunale e attendeva con grande scrupolo al suo ufficio, accordando ai difensori tutto il tempo necessario e a noi senatori, che giudicavamo con lui, ampia libertà di giudizio. Rimaneva in tribunale fino al mezzogiorno, poi montava a cavallo, restandovi fin che poteva, indi si recava al bagno. Faceva un pasto abbondante solo o in compagnia dei figli; dopo il pranzo aveva l'usanza di riposare; dopo s'intratteneva passeggiando con dei letterati greci e latini. La sera prendeva un altro bagno e si sedeva poi a cena con i familiari o con gli amici ». Così la sua corte fu un cenacolo di dotti, intorno alla bellissima imperatrice Giulia Domna, con la sorella Giulia Mesa e alle nipoti. LE RIFORME Tolse al Senato quasi tutta l'autorità nell'amministrazione dello stato. Concentrò in un gruppo di amici dell'imperatore, scelti fra cavalieri, militari e giuristi, l'amministrazione dello stato. Ai funzionari, scelti tra i cavalieri, affidò il censo e le cariche riservate prima ai senatori, e ai cavalieri più meritevoli concesse i titoli onorifici di vir egregius e di vir perfectissimus Tolse ai governatori delle province il diritto di istituire imposte e per controllarne l'opera, furono posti legati imperiali di controllo. Aumentò la paga ai legionari il soldo. Concesse ai legionari il diritto di contrarre matrimoni legittimi. Accordò ai migliori legionari, come premio, il passaggio a Pretori. Dispensò i veterani da ogni pubblico incarico. Concesse regali ricchissimi ai generali; agli ufficiali in congedo conferì titoli onorifici e impieghi civili; ai centurioni aprì la via agli uffici superiori nella carriera militare e in quella amministrativa. ARCO DI SETTIMIO SEVERO L'Arco di Settimio Severo, giunto a noi quasi intatto, è un arco trionfale a tre fornici, con un passaggio centrale e due laterali più piccoli, posto nell'angolo nord-est del Foro Romano, con altezza di 20,88 m, larghezza di 23,27 m e profondità per 11,20 m. Gli archi sono molto alti e la struttura dell’arcata è realizzata in mattoni e travertino con una copertura totale in marmo pentelico. Nel 203 d.c. il Senato e il Popolo Romano eressero questo Arco trionfale a Settimio Severo, Caracalla, e Geta fratello, essendo console per la terza volta lo stesso Severo. Il monumento celebrava il primo decennio di imperium dell’imperatore, soprattutto in riferimento alle vittorie riportate sui Parti e i Caledoni (gli Scozzesi). Dopo aver studiato attentamente la personalità e le imprese dell’imperatore SETTIMIO SEVERO, ipotizza (in non meno di 15 righe) i CAMBIAMENTI SOCIALI dell’impero durante l’esercizio del suo potere.