dolore oncologico di..

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CORSO REGIONALE CURE PALLIATIVE. ASPETTI CLINICI
Conegliano 17 Aprile 2013
IL DOLORE ONCOLOGICO: fisiopatologia, misurazione, monitoraggio ed approccio
multidisciplicare
Manuela Partinico
MODELLI DI COMPRENSIONE DEL DOLORE
Il dolore è un sintomo molto comune nei pazienti oncologici, con una prevalenza stimata intorno al
70% nella fase avanzata rispetto al 30-50% nelle altre fasi di malattia. L’attenzione alla QV dei
pazienti con malattia oncologica parte dal porre il controllo del dolore al centro di un programma di
cura e di assistenza.
E’ interessante vedere come la concettualizzazione attuale del dolore è frutto di un cambiamento
avvenuto nel tempo, in relazione ai diversi paradigmi scientifici e medici in vigore. All’inizio del XX°
secolo, il modello sensoriale concepiva il dolore come risultato diretto del danno tissutale e
attribuiva scarso rilievo alle variabili psicologiche. Alla fine degli anni Cinquanta, aumentando la
consapevolezza che il modello sensoriale non era in grado di spiegare alcuni importanti enigmi del
dolore (quali l’effetto placebo o il dolore da arto fantasma) si è passati a modelli che proponevano
una concezione dualistica del dolore, ritenuto o di origine organica o di origine psicologica.
Attorno agli anni Settanta, Melzack e Wall (1965) con la teoria del ‘gate control’ hanno posto
l’accento
sulla
complessità
del
dolore,
orientando
verso
modelli
di
comprensione
multidimensionali.
Secondo i modelli più recenti, il dolore viene considerato un fenomeno complesso, soggettivo e
multidimensionale, vissuto in modo unico da ogni individuo, all’interno del quale coesistono ed
interagiscono in modo complesso numerosi fattori biologici, psicologici e sociali. La percezione
soggettiva di dolore si configura quindi come un processo influenzato non solo da aspetti
sensoriali e fisiologici associati al danno fisico, ma anche da variabili affettivo/emotive, cognitive,
comportamentali, culturali ed ambientali.
Questo modello si inserisce nella prospettiva biopsicosociale (Turk, 1996) che considera cruciale
nella spiegazione del dolore l’interazione fra variabili biologiche, psicologiche e sociali. Questi tre
fattori sono pensati in costante interazione ed influenza reciproca. I fattori biologici possono
iniziare, mantenere e modulare il disturbo fisico; i fattori psicologici influenzano la comprensione e
la percezione dei segnali fisiologici interni, mentre i fattori sociali
comportamentali del paziente alla percezione del disturbo fisico.
modellano le risposte
L’Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore definisce il dolore come: “un’esperienza
sensoriale ed emozionale spiacevole, associata ad un attuale o potenziale danno tissutale o
descritta in termini di tale danno” (International Association for the Study of Pain, 2003).
IL DOLORE NELLA MALATTIA ONCOLOGICA
Nella patologia neoplastica, in particolare durante la fase avanzata o terminale, il dolore,
essendo il sintomo più persistente, rappresenta l’obiettivo prioritario di intervento dei protocolli di
cura che si prefiggono è raggiungere un adeguato controllo.
Nonostante il dolore oncologico sia riconducibile ad una causa organica e in questi anni gli studi
sulla fisiopatologia abbiano consentito di differenziare tipi diversi di dolore, esso va considerato
come sintomo multidimensionale che, se non adeguatamente controllato non solo sul versante
nocicettivo, può avere un forte impatto sulla Qualità di Vita (QV) del paziente e influire
pesantemente sull’equilibrio psicologico.
L’intensità del dolore riferito e le risposte alla percezione di dolore sono influenzate da un’ampia
gamma di fattori, che includono fattori relativamente stabili quali l’età e il sesso, il livello
cognitivo, le esperienze precedenti di dolore e di malattia, i modelli familiari, la cultura e la
concezione del dolore in un determinato contesto culturale. Tra le variabili su cui è possibile
incidere ricordiamo i fattori psicologici, distinguibili in variabili cognitive, affettivo-emotive e
comportamentali.
Per riassumere, il dato sensoriale relativo allo stimolo sensoriale o causa del dolore viene
modulato da tutte queste variabili ed il risultato di questo processo rappresenta la percezione
soggettiva del dolore, che potrà essere espressa come avente una determinata localizzazione,
intensità e durata.
Come esperienza soggettiva, il dolore da cancro varia, inoltre, in base al contesto culturale,
sociale, familiare, in base allo stato dell’umore, alle precedenti esperienze dolorose, al significato
che viene attribuito al dolore e alle aspettative di guarigione.
Per comprendere la complessità del dolore oncologico è dunque necessario conoscere la varietà
di fattori fisici e psichici che ne sono all’origine e che hanno condotto alla definizione di “dolore
totale”.
Il concetto di dolore totale, definito così dalla dott.ssa Cicely Saunders, fondatrice del primo
hospice a Londra, vuole sottolineare la dimensione soggettiva del dolore, legato al modo
individuale di affrontare il progressivo deteriorarsi della propria persona. Il dolore totale, in
particolare, coinvolge: 1) la sfera fisica per la presenza del dolore e di altri sintomi; 2) quella
psicologica per i vissuti depressivi e l’angoscia di morte; 3) la sfera sociale per i problemi di
isolamento; 4) quella spirituale per le tematiche esistenziali proprie del passaggio dalla vita alla
morte.
E’ evidente che la reattività psicologica all’esperienza di dolore oncologico e di malattia è
influenzata da una serie di fattori, quali la fase del proprio ciclo vitale, la struttura di personalità, il
supporto dell’ambiente, il ruolo familiare, lavorativo e sociale, i riferimenti valoriali ed il decorso
della malattia.
MISURAZIONE E VALUTAZIONE DEL DOLORE
Trattandosi quindi di una esperienza soggettiva, il dolore oncologico può essere valutato solo
indirettamente e cioè attraverso quanto il soggetto comunica, in modo verbale o non verbale, circa
la sua esperienza. Pur considerando l’impossibilità di riassumere l’esperienza soggettiva dei
pazienti in misure standardizzate, si rende comunque necessaria una valutazione oggettiva non
solo dei sintomi legati alla patologia tumorale, ma anche dell’impatto che essa ha sulla QV dei
pazienti oncologici. Per questo motivo l’utilizzo di strumenti adeguati necessita di un approccio
particolarmente attento alle modificazioni continue dei bisogni relativi non solo alla sfera patologica
ma anche a quella psicologica e sociale dell’individuo (es. problemi di isolamento psicologico del
morente, della perdita di ruoli, partecipazione del paziente alle scelte terapeutiche, etc.).
In primis, partiamo da una distinzione fondamentale tra valutazione e misurazione del dolore.
La valutazione dell’esperienza soggettiva di dolore riguarda l’analisi integrata dei fattori fisici,
psicologici e sociali che la influenzano, attraverso l’utilizzo di diversi strumenti di indagine:
valutazione medica e relativi accertamenti diagnostici, il colloquio clinico con il paziente e con i
familiari, la somministrazione di scale e questionari e l’osservazione del comportamento da dolore.
Questo tipo di valutazione richiede tempo, un’equipe multidisciplinare e competenze specifiche nel
campo del dolore.
La misurazione del dolore fa invece riferimento all’applicazione di uno strumento metrico per la
quantificazione di un determinato parametro; nel caso del dolore il parametro o indice più
frequentemente considerato è l’intensità.
Attuare una valutazione multidimensionale del dolore è sempre raccomandabile, ma quando
l’obiettivo è quello di eliminare il dolore inutile, in tutti o nel più ampio numero possibile di pazienti,
dovremmo concentrare la nostra attenzione prioritariamente sulla misurazione dell’intensità del
dolore.
Quali sono i vantaggi di misurare l’intensità del dolore?

Permette di evidenziarne la presenza;

Comunica al paziente che è importante riferire il dolore;

Aiuta a quantificare l’intensità soggettiva;

Rappresenta un modo professionale di “prendersi cura” della sofferenza;

Facilita la valutazione dell’efficacia del nostro intervento.
Gli strumenti maggiormente utilizzati per il dolore oncologico sono: scale verbali, scale
numeriche o scale analogico-visive, scale combinate e scale di sollievo, NOPPAIN.
La scala verbale rappresenta il livello più semplice di misurazione, consta di 4-5 livelli graduati di
intensità del dolore o altri sintomi. Ad ogni descrittore può essere assegnato un numero con la
sola funzione di etichetta. Es: nessun dolore, dolore lieve, moderato, intenso, molto intenso.
Con la scala numerica (NRS) si chiede al paziente di valutare alcune caratteristiche del dolore
(es. intensità o sollievo) attribuendogli un punteggio fra 0 e 10 o fra 0 e 100. Questa scala deve
essere integrata con altre variabili della valutazione clinica.
La scala analogo-visiva (VAS) è uno strumento aspecifico ampiamente utilizzato per la
misurazione del dolore. Si presenta solitamente come una linea verticale o orizzontale alle cui
estremità corrispondono due descrittori che indicano il minimo e il massimo della variabile che si
vuole misurare. Richiede una buona capacità di astrazione e di comprensione del compito, quindi
le istruzioni devono essere chiare.
Queste tre scale risultano altamente intercorrelate, sebbene esista una maggiore correlazione tra
NRS e VAS. Quando il tempo per la consegna è limitato o le condizioni del paziente sono
problematiche, la NRS risulta essere più indicata rispetto alla scala analogo visiva, che richiede
una buona capacità di astrazione e di comprensione del compito.
Si sottolinea che con pazienti neoplastici, soprattutto se in fase avanzata, risulta più facilmente
applicabile la scala numerica, particolarmente adatta per monitorare il dolore in momenti diversi
della stessa giornata o in momenti diversi della vita del paziente (es. a riposo, durante la
deambulazione, in posizione seduta ecc.).
Tra le scale multidimensionali va ricordato il BPI (Brief Pain Inventory) di Cleeland del 1989, nella
sua versione italiana denominata Breve Questionario per la Valutazione del Dolore (BQVD),
curata da Caraceni e al., (1996). Il test presenta buone caratteristiche psicometriche e risulta
essere particolarmente adatto per la valutazione di pazienti affetti da cancro. Oltre a considerare la
localizzazione del dolore, il paziente valuta su scale numeriche da 0 (nessun dolore) a 10 (il dolore
più forte che possa immaginare) l’intensità del dolore peggiore, del dolore più lieve e del dolore in
media nelle ultime 24 ore ed inoltre al momento stesso della compilazione, tenendo conto che il
dolore oncologico risulta essere abbastanza variabile durante il corso della giornata.
Un item misura in percentuale il sollievo dal dolore ottenuto nell’arco delle ultime 24 ore. Sempre
attraverso NRS da 0 (non interferisce) a 10 (interferisce completamente) si chiede di assegnare
un punteggio all’interferenza del dolore sull’umore, sulla capacità di camminare, su altre attività
fisiche, sul lavoro, sulle attività sociali, sulle relazioni con gli altri e sul sonno.
La compilazione del questionario richiede all’incirca 10-15 minuti.
Una ulteriore scala per la valutazione multidimensionale del dolore, che ricalca le caratteristiche
del MPQ, è il Questionario Italiano del Dolore (QUID; DeBenedittis e al., 1988). Il questionario
consta di 42 descrittori, distinti in quattro classi principali: sensoriale, affettiva, valutativa e mista.
Viene chiesto al paziente di segnalare gli aggettivi della lista che meglio descrivono il suo dolore.
Questo strumento risulta di più facile comprensione rispetto al MPQ ed è quindi utile soprattutto
con le persone anziane e di basso livello culturale.
Nei pazienti con deficit cognitivo medio o grave o in stato confusionale acuto o con delirium
appare indispensabile il ricorso a scale per l’osservazione del comportamento da dolore. Fra gli
strumenti ideati a tale scopo negli anni più recenti, si ritiene opportuno presentare il NonComunicative Patient’s Pain Assessment Instrument – NOPPAIN (Snow et al., 2004) in
quanto scala che presenta adeguate caratteristiche psicometriche, relativa facilità di compilazione
da parte di personale non esperto nella gestione del dolore, brevità di somministrazione e di
scoring e buone caratteristiche psicometriche. La versione italiana dello strumento è stata validata
presso l’Ospedale San Bortolo di Vicenza (Ferrari et al., 2009). Si richiede al personale di
assistenza di effettuare almeno 5 minuti di attività assistenziali quotidiane all’ospite, osservando i
comportamenti da dolore. Lo strumento consiste in un modulo che va compilato subito dopo le
attività assistenziali. Vi è una prima parte, denominata “scheda di controllo delle attività” nella
quale si indica il tipo di attività assistenziale (9 attività) svolta con il paziente e se l’operatore ha
notato dolore durante queste attività. Una seconda parte, denominata “comportamento da dolore”
raccoglie 6 comportamenti da dolore quali parole, vocalizzazioni o una mimica facciale da dolore.
In una terza parte, si chiede all’operatore di indicare l’intensità globale del dolore in una scala
numerica a 11 punti da 0 a 10. Dall’utilizzo di questo strumento si ricava un punteggio globale
indicativo dell’intensità del dolore del paziente.
CRITERI PER LA SCELTA DEGLI STRUMENTI
E’ importare verificare che gli strumenti che applichiamo abbiano alcune proprietà psicometriche
che sono la fedeltà e la validità nella specifica popolazione oggetto di studio.
Nello specifico delle Cure Palliative, vanno fatte alcune raccomandazioni che riguardano:
1.
Facilità di somministrazione. Questo criterio ha delle ovvie implicazioni pratiche. Ad es. tra
due strumenti equiparabili per caratteristiche psicometriche, la scelta dovrebbe favorire quello che
massimizza la compliance del paziente. A questo riguardo, la VAS potrebbe presentare degli
svantaggi se comparata ad altri strumenti.
2.
Validità. Questo criterio è fondamentale in quanto garantisce che lo strumento misuri ciò
che è destinato a misurare (es. intensità). Le misure di intensità del dolore ottenute con VAS,
VRS, NRS sono valide; la valutazione del sollievo del dolore è stata dimostrata valida solo nella
valutazione a breve termine di analgesici.
3.
Sensibilità agli effetti del trattamento. La sensibilità al cambiamento può essere considerata
un aspetto di validità. La scala dovrebbe mostrare il cambiamento, ad es. nell’intensità del dolore,
quando tale cambiamento è atteso.
4.
Validazione nelle cure palliative. I dati sulla validità e affidabilità di uno strumento nella
specifica area di interesse sono rilevanti per stabilire dei valori specifici e per raccomandarne
l’uso.
5.
Validità multilingue. La disponibilità di una validità e affidabilità multilingue e multiculturale è
particolarmente rilevante perché queste raccomandazioni sono fatte anche per permettere studi
multicentrici internazionali. Nell’uso delle VRS l’affidabilità di traduzioni valide è molto importante.
Oltre alle caratteristiche dello strumento, bisogna tener conto delle caratteristiche del paziente.
Va operata una distinzione tra:
a.
Pazienti adulti senza disturbi cognitivi
b.
Pazienti adulti con disturbi cognitivi
c.
Pazienti adulti non più in grado di comunicare
a.
Pazienti adulti senza disturbi cognitivi
E’ possibile attuare un assessment completo che comprenda colloquio clinico, la misurazione del
dolore e la valutazione dell’esperienza soggettiva mediante scale multidimensionali (QUID, BDI,
POMS);
b.
Pazienti adulti con disturbi cognitivi
Assessment dell’intensità del dolore mediante VRS a 4 livelli (per nulla – leggero – moderato –
forte) In aggiunta includere la scala per il sollievo dal dolore;
c.
Pazienti adulti non più in grado di comunicare
La presenza di deficit cognitivi può ostacolare o inibire la capacità del paziente di riferire
adeguatamente la propria esperienza. In questi casi, si consiglia l’uso di metodi di eterovalutazione, quali il NOPPAIN. Inoltre, è opportuno il coinvolgimento dei familiari e altri significativi
nella rilevazione del dolore (vd. Allegato A – DGR 1090/2008)
IL MONITORAGGIO DEGLI ALTRI SINTOMI E DELLA QUALITA’ DI VITA
Il crescente interesse per la qualità di vita (QdV) ha fatto sì che in questi ultimi anni l’attenzione si
sia concentrata sulle procedure di assessment atte a valutare non solo l’andamento del dolore, ma
anche le dimensioni emozionali, relazionali e sociali, oltre che funzionali, della qualità di vita dei
pazienti.
A tal proposito, Gotay (1992) nella sua concettualizzazione della QdV sottolinea la rilevanza di due
componenti: lo stato fisico, psicologico e sociale del paziente e il grado di soddisfazione soggettivo
circa il controllo della malattia e dei sintomi correlati al trattamento.
Si segnala la difficoltà di utilizzo dei metodi di valutazione standard in quanto il dolore oncologico
richiede, rispetto all’assessment del dolore cronico benigno, alcuni accorgimenti dettati dalla
natura dinamica e progressiva della malattia, dai tipi di dolore che il cancro causa e dal particolare
contesto psicologico. E’ necessario pertanto tentare di superare i possibili ostacoli alla raccolta dei
dati sulla QdV migliorando la compliance del paziente tramite un uso selettivo del materiale
testistico.
Alcuni criteri basilari per la valutazione della QdV del paziente in fase avanzata sono: la brevità
(max 2 pagine con un totale di circa 30 domande; max 15 domande per pazienti con basso
performance status), la semplicità (possibilmente vanno allegate le istruzioni del questionario) e la
praticità. Infatti, oltre alla necessità di una continua rivalutazione dei sintomi, è importante
considerare la difficoltà di molti pazienti in fase avanzata nel compilare strumenti composti da
troppi item o da item di difficile comprensione, anche a causa di disturbi dovuti a deterioramento
cognitivo o stati alterati di coscienza che ne riducono la compliance.
In accordo con gli orientamenti internazionali, una corretta valutazione in ambito oncologico
indaga quattro dimensioni preminenti:

lo stato funzionale riferito all’abilità nel soddisfare i bisogni personali, le ambizioni, il ruolo
sociale;

lo stato fisico riferito alla percezione della propria salute/malattia, rappresentata dalla
combinazione tra sintomi della malattia, effetti collaterali del trattamento e condizioni fisiche
generali;

lo stato psicologico nella direzione positiva di benessere e negativa di disagio. Va
valutato il grado di soddisfazione nella vita, il vissuto relativo alla propria immagine
corporea o alle sue modificazioni, il livello di ansia, la componente depressiva etc.

lo stato sociale riferito al mantenimento di attività diversionali, al funzionamento familiare,
alla percezione del supporto sociale. Va sottolineato che tale variabile difficilmente è
inclusa nelle scale di valutazione della QdV.
L’indagine delle suddette aree si basa sull’utilizzo di strumenti unidimensionali, che misurano una
sola di queste dimensioni, e altri che tendono a fornire un quadro multidimensionale della QdV del
pz. e che possono essere cancro-specifici oppure generali perché validati su più patologie.
Stato Funzionale
La misurazione dello stato funzionale si basa sull’osservazione dell’impatto del dolore e della
malattia sulla Q.V. del paziente e viene effettuata usando scale di etero-valutazione compilate dal
medico, dal personale sanitario o meglio in equipe. Questa dimensione si configura, pertanto,
come un indice di correlazione tra risposta biologica alla malattia e impatto sulle funzioni fisiche
del paziente.
Tra gli strumenti più usati e più agevoli va ricordato il KPS (Karnofsky Performance Status)
(Karnofsky, 1948) il cui scopo è quello di misurare l’integrità funzionale, la presenza di sintomi o
segni di malattia e la necessità di assistenza medica. Esso fornisce un indice generale di
autonomia relativamente a funzioni complesse (quelle implicite un una normale vita di relazione o
nell’attività lavorativa) o ad aspetti più elementari. Lo strumento consiste in una scala numerica di
tipo ordinale ad 11 punti, graduata da 0 a 100, dove il valore massimo (100) corrisponde a
condizioni fisiche di normalità senza evidenza di malattia sino a giungere, per gradi decrescenti di
autonomia e progressivi di sintomaticità e supporto assistenziale, al valore minimo (0) che
corrisponde al decesso del malato.
Il KPS include 4 aree di indagine che corrispondono alle dimensioni principali della vita del
soggetto: l’attività lavorativa, le attività quotidiane, la cura personale e il supporto medicoassistenziale. La valutazione avviene a partire dalle sotto-aree secondo un criterio maggioritario.
Un altro strumento è l’ADL - Activities of Daily Living di Katz (1963), valuta l’indipendenza
funzionale del paziente in 6 attività, configurate su una scala a tre livelli: articolazione delle parole,
fare il bagno, vestirsi, servizi igienici, spostamenti, continenza, alimentazione. Per il punteggio si
presume che la perdita delle varie funzioni si verifichi secondo un ordine preciso a partire da
quelle più complesse (fare il bagno, vestirsi) fino a quelle più semplici.
Poiché ogni attività personale, soprattutto quelle più complesse, sottende una integrità psicofisica, la misurazione dello stato funzionale deve venire integrata da altri parametri, tenendo conto
che le attività quotidiane e la cura della persona hanno la priorità.
Stato fisico
Lo stato fisico include le scale di misurazione e valutazione del dolore precedentemente
presentate, il monitoraggio degli altri sintomi mediante scala Edmonton Symptom Assessment
Scale (ESAS) e il Therapy Impact Questionnaire (TIQ). L’ESAS, in particolare, indaga
l’andamento di 9 sintomi + 1 (altro) attraverso la scala numerica e permette attraverso una
somministrazione ripetuta nel tempo di osservare su una griglia di monitoraggio le variazioni della
sintomatologia.
Stato psicologico e sociale
Tra i molteplici strumenti a scopo diagnostico, il POMS (Profile of Mood States) di McNair
(1971), si è finora rivelato lo strumento più agevole nella valutazione dei disturbi dell’umore in
pazienti affetti da cancro, in quanto sufficientemente facile da comprendere e da completare con
l’ausilio del professionista.
La scala include una lista di aggettivi o locuzioni verbali che descrivono 6 fattori: tensione-ansia
(T), depressione-avvilimento (D), aggressività-rabbia (A), vigore-attività (V), stanchezza-indolenza
(S) e confusione-sconcerto (C).
Ogni aggettivo viene valutato secondo la seguente scala: 0=per nulla; 1=un poco; 2=una via di
mezzo; 3=molto; 4=moltissimo, in riferimento a come il paziente si è sentito durante l’ultima
settimana.
Il PDI - Psychological Distress Inventory (Morasso et al. 1996) è un questionario di
autovalutazione relativo alla condizione emotiva generale in relazione all’adattamento alla malattia.
Si compone di 13 item misurati su una scala Likert a 5 punti.
Criteri per il monitoraggio dei sintomi
1.
Frequenza di somministrazione. In base agli obiettivi della D.G.R n. 1090 del maggio 2008
(vd. Allegato A)
, è opportuno provvedere alla misurazione quotidiana del dolore raccolta dal personale
infermieristico in caso di ricovero o dal familiare (adeguatamente istruito) in caso di assistenza
domiciliare .
2.
Modalità di somministrazione. Gli strumenti presentati, ad eccezione del KPS che va
considerato come una scala di etero-somministrazione, compilata pertanto dall’osservatore,
possono essere auto o etero-somministrati in base alle condizioni del paziente.
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