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OTTOBRE 19, 2016 BY IL BARATTOLO DELLE IDEE LEAVE A COMMENT
Kant: critica della ragion pura
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Il tema principale trattato da Kant nella Critica della ragion pura è quello della
conoscenza e della correlazione sussistente tra metafisica e scienza.
PREMESSE TERMINOLOGICHE:
Il noumeno dal greco νούμενον (nooúmenon, ciò che viene pensato) è
l'”essenza pensabile, ma inconoscibile nella sua natura delle cose”, la “cosa in
sé” prima ancora che si manifesti come fenomeno, ovvero la cosa considerata
indipendentemente dal soggetto che la percepisce.
Il termine fenomeno viene utilizzato, in opposizione al termine noumeno. I
fenomeni costituiscono il mondo così come appare ai nostri sensi e non come
esso è indipendentemente dalla nostra esperienza di esso. Gli uomini non
possono, secondo Kant, conoscere la realtà in sé, ma soltanto attraverso
l’esperienza possibile di essa (“la cosa per me”). In tal modo la filosofia viene a
coincidere con lo studio dell’esperienza umana del mondo.
Il giudizio analitico apriori: I giudizi analitici a priori sono tautologici. L’esempio
kantiano «Il triangolo ha tre angoli» è un giudizio analitico. Un giudizio analitico,
non dà nuove informazioni e non ha un carattere produttivo; è pero necessario
e universale, e vale per tutti gli uomini dotati di ragione.
Se io analizzo, scompongo il soggetto (triangolo) vedo che esso è costituito da
diverse caratteristiche connesse col concetto stesso di triangolo: ha tre angoli,
ha tre lati, la somma degli angoli interni è uguale a 180 gradi. Di queste
caratteristiche, che conosco senza averne fatto esperienza (a priori), ne metto
in evidenza una (ha tre angoli) nel predicato dove dunque non si dice niente di
nuovo rispetto al soggetto.
Il giudizio sintetico aposteriori: Nel giudizio sintetico il predicato contiene
qualcosa di nuovo che non è compreso nel concetto del soggetto, come
nell’esempio “alcuni corpi sono pesanti”. Infatti alcuni corpi sono pesanti altri
leggeri. Il predicato, nel giudizio sintetico, è collegato al soggetto in forza
dell’esperienza: i giudizi sintetici sono dunque a posteriori, si possono
pronunciare solo dopo aver fatto esperienza e per questo essendo collegati alla
sensibilità non hanno universalità e necessità ma sono estensivi della
conoscenza.
Il giudizio sintetico apriori: Il giudizio sintetico a priori è un giudizio che, pur
ampliando la conoscenza, perché aggiunge qualcosa di nuovo nel predicato,
presenta i caratteri di universalità e necessità, che gli derivano dall’attività
trascendentale apriori dell’intelletto. I giudizi sintetici a priori sono i fondamenti
su cui poggia la scienza poiché accrescono il sapere (in quanto sintetici), ma
non necessitano di essere riconfermati ogni volta dall’esperienza perché
universali e necessari.
Trascendentale: In Kant il termine trascendentale si riferisce al meccanismo
“formale” della conoscenza, prescindendo dal contenuto di essa: cioè vuole
spiegare non che cosa conosciamo ma come avviene la conoscenza. La
conoscenza per un aspetto è passiva in quanto si basa su dati sensibili che noi
acquisiamo passivamente ma, per altro verso è attiva, poiché noi siamo dotati
di funzioni trascendentali di modi di funzionamento del nostro intelletto che
automaticamente si attivano nel momento stesso in cui riceviamo i dati sensibili.
Le funzioni trascendentali non sono gli “universali” ricavati dall’esperienza,
perché esse sono presenti prima dell’esperienza e non vanno neppure confuse
con le idee innate le quali si presentano dotate di un contenuto (l’idea innata di
Dio) mentre le funzioni non hanno un contenuto. Possiamo dire che sono a
priori, precedono l’esperienza, ovvero la “trascendono” in quanto “stanno al di
là” dell’esperienza stessa; ma allo stesso tempo sono “immanenti”, in quanto
quelle funzioni diventano reali, acquistano valore effettivo, il loro funzionamento
da potenziale diviene attuale, solo quando s’ “incarnano” con i dati sensibili.
TEORIA DELLA CONOSCENZA
Giunto a questo punto Kant stabilisce un nuovo sistema conoscitivo per
determinare da dove arrivino i giudizi sintetici a priori, se questi non derivano
dall’esperienza. Questa nuova teoria si basa sull’idea che la conoscenza sia
una sintesi di materia (empirica) e forma (razionale ed innata). La prima è la
molteplicità caotica e mutevole delle impressioni sensibili che provengono
dall’esperienza. La seconda è invece l’insieme delle modalità fisse attraverso
cui la mente umana ordina tali impressioni. In questo modo la realtà non
modella la nostra mente su di sé, ma è la mente che modella la realtà attraverso
le forme tramite cui la percepisce. La realtà come ci appare in base alle forme
a priori è il fenomeno, mentre la realtà così com’è è indipendente da noi ed è
per
noi
inconoscibile.
Kant definisce la conoscenza come ciò che scaturisce da tre facoltà: 1) la
sensibilità, 2) l’intelletto e 3) la ragione. 1) La sensibilità è la facoltà con cui
percepiamo i fenomeni e poggia su due forme a priori, lo spazio e il tempo. 2)
L’intelletto è invece la facoltà con cui pensiamo i dati sensibili tramite i concetti
puri o categorie. 3) La ragione è la facoltà attraverso la quale cerchiamo di
spiegare la realtà oltre il limite dell’esperienza tramite le tre idee di anima, Dio
e mondo.
1) L’ ESTETICA TRASCENTALE (sensibilità)
L'”estetica” (aisthesis in greco significa “sensazione”, “percezione”) studia la
sensibilità e delle sue forme apriori (trascendentali). La sensibilità svolge due
ruoli nel processo conoscitivo.
1) Ricezione (passivo) ed è il procedimento attraverso cui prende i propri
contenuti dalla realtà esterna. In seguito la sensibilità svolge 2)
Riorganizzazione (attivo), riordina vale a dire le informazioni empiriche tramite
le forme a priori di spazio e il tempo. Lo spazio è la forma del senso esterno e
si occupa dell’intuizione della sola disposizione delle cose esterne. Il tempo è
la forma del senso interno e regola la successione delle cose interne.
Questi hanno natura intuitiva, in quanto intuiamo i vari spazi come un unico
spazio. Secondo Kant la matematica e la geometria sono sintetiche e a priori in
quanto la loro validità è indipendente dall’esperienza e aggiungono qualcosa di
nuovo al soggetto. La geometria usa intuitivamente lo spazio e la matematica
fa lo stesso con il tempo, cioè di successione, senza ricavarli da altro
(dimostrazione matematica dell’apriorità dello spazio e del tempo).
La rivoluzione copernicana: Invece di cercare fuori di noi la giustificazione dei
giudizi scientifici (compito inutile poiché Hume ha dimostrato che l’esperienza
non potrà mai darci alcunché di universale e necessario), occorrerà cercarla
all’interno del nostro stesso processo conoscitivo: così come ha fatto Copernico
che ha cercato la causa apparente del movimento dei cieli non nel cielo, ma
nella Terra. La nostra ragione cioè, funziona (funzioni) in modo da inquadrare
il primissimo dato sensibile che riceve, e poi tutti i successivi, nello spazio e nel
tempo.
Che cos’è dunque il processo conoscitivo? Non è un puro e semplice ricevere
passivamente dati sensibili ma è anche e soprattutto elaborarli, sintetizzarli,
ordinarli secondo “forme a priori” proprie di ogni soggetto pensante. Esse cioè
sono forme a priori nel senso che sono presenti in noi prima di ricevere il primo
dato sensibile, noi cioè abbiamo dall’inizio, prima ancora di fare la prima
esperienza, questi contenitori (forme) già predisposti, pronti a ricevere i
contenuti sensibili che ci vengono dall’esterno e che noi selezioniamo ed
ordiniamo.
2) L’ANALITICA TRASCENDENTALE (l’intelletto):
Studia il livello successivo della conoscenza, ovvero, le funzioni proprie
dell’intelletto, che si esprime attraverso concetti e giudizi. Kant ritiene che le
intuizioni siano delle affezioni (passive) mentre i concetti sono funzioni (attive)
che riordinano e unificano più rappresentazioni.
I concetti possono essere empirici, cioè derivare dall’esperienza, o puri, cioè
essere contenuti a priori dall’intelletto. Ciascun concetto è il predicato di un
giudizio possibile (esempio: il metallo [soggetto] è un corpo [predicato]) e tutti
questi sono posti in alcune caselle a priori che sono i concetti puri. I concetti
puri vengono chiamati da Kant categorie sull’esempio aristotelico.
Tuttavia, a differenza delle categorie aristoteliche,che hanno un valore
ontologico e logico al tempo stesso, essendo simultaneamente forme
dell’essere e del pensiero, le categorie kantiane hanno una portata
esclusivamente gnoseologico-trascendentale, in quanto rappresentano dei
modi di funzionamento dell’intelletto che non valgono per la cosa in sé, ma solo
per il fenomeno.
LA DEDUZIONE TRASCENDENTALE:
Dopo aver formulato questa teoria, Kant ne deve dimostrare la validità
(deduzione trascendentale). In questo caso il termine deduzione implica la
dimostrazione della legittimità di una pretesa di fatto. Per giustificare quindi ciò
che ci garantisce che la natura obbedirà alle categorie, manifestandosi in
esperienza come noi crediamo, Kant procede secondo questo ragionamento:
1) L’unificazione del molteplice non è fatta dalla molteplicità (che è passiva),
ma da un’attività sintetica che ha sede nell’intelletto; come centro mentale
unificatore, denominato “Io penso”, che è comune a tutte le persone ed è quindi
universale; 2)l’Io penso (che è attività e non sostanza) opera tramite i giudizi,
che costituiscono un processo di unificazione del molteplice e sono il modo con
cui l’intelletto coglie le intuizioni sensibili.3) I giudizi si basano sulle categorie,
cioè sui vari modi in cui l’Io penso opera l’unificazione.
L’Io penso: Se le condizioni dell’ggettività dipendono dal soggetto, allora è
necessaria come prima condizione che il soggetto sia in grade di avere
consapevolezza della propria attività (appercezione) e questa attività di
unificazione del molteplice della sensazione che è ad un tempo anche
consapevolezza di sé è detta L’Io-penso (o appercezione trascendentale) ed è
il principio supremo della conoscenza umana, che non crea la realtà, ma la
ordina: «l’Io è il legislatore della natura».
– L’Io penso, o “unità sintetica originaria”, non può essere ridotto ad un semplice
“dato” oggettivo, perché l’appercezione originaria (o trascendentale) si attiva
solo in rapporto a un oggetto: non la possiamo conoscere in se stessa ma solo
quando si accompagna alle nostre rappresentazioni; è la condizione formale di
ogni conoscenza. Si tratta di un’attività di pensiero che appartiene a tutti gli
uomini ma a nessuno di essi in particolare, struttturalmente identica in tutti.
Essa si distingue perciò dall’io empirico o appercezione empirica, che è invece
la coscienza di ognuno basata sulla singola sensibilità individuale e tale da
appartenere solo a noi stessi singolarmente.
Lo schematismo trascendentale (opzionale): Dimostrata la necessità dell’Iopenso e delle sue categorie per la conoscenza, Kant deve spiegare come le
categorie possano operare sulla realtà fenomenica. La sensazione e
l’intellezione, sono infatti due facoltà diverse (la prima intuisce gli oggetti
sensibili), la seconda unifica attraverso concetti e giudizi). L’intelletto non può
dunque operare direttamente con le intuizioni sensibili, in quanto ha bisogno
prima di disporle attraverso i concetti puri, ovvero di renderseli intelligibili. I
concetti puri non intervengono direttamente sui prodotti della sensazione, ma
indirettamente attraverso le intuizioni sensibili e in particolare il tempo. Questa
è la dottrina dello schematismo trascendentale. L’intelletto attraverso la facoltà
dell’immaginazione trascendentale, rende i concetti puri immagini temporali.
Così per esempio la sostanza viene rappresentata come permanenza nel
tempo, la causalità come successione nel tempo ecc. In questo modo i concetti
puri possono entrare in rapporto con gli oggetti della sensazione e renderli
intellegibili.
Conclusioni generali: Il conoscere ha come limite l’esperienza, in quanto,
procedendo oltre questa, non vi sono prove della sua fondatezza. Noi possiamo
quindi solo conoscere la realtà fenomenica, cioè la realtà per-noi, ma mai la
realtà in-sé. Questo “in-sé”, che per noi è precluso, può essere conosciuto solo
da un’eventuale intelligenza divina superiore, ma non può essere in rapporto
conoscitivo con noi. Kant identifica l'”in-sé” con il termine greco noumeno. Kant
distingue l’esperienza secondo due accezioni. La prima implica la sola
esperienza sensoriale, la seconda invece comprende la totalità della
conoscenza fenomenica, cioè la conoscenza sensoriale tramite le forme a priori
della mente.
3) DIALETTICA TRASCENTALE (la ragione):
In quest’ultima parte dell’opera Kant si occupa del problema della metafisica
come scienza. Con Kant ritorna centrale il problema che aveva abitato la
filosofia moderna da Cartesio in poi: il significato della realtà nella sua totalità
e, quindi, la possibilità di fare della metafisica una scienza. Nella dialettica
trascendentale Kant intende motivare la necessità profonda che spinge l’uomo
ad indagare su argomenti che vanno oltre l’esperienza tramite ragionamenti
fallaci. Ciò è dovuto al desiderio innato della mente umana che la spinge a voler
trovare una conoscenza totale della realtà.
Questo si fonda su tre idee trascendentali: 1) l’anima: totalità dei fenomeni
interni; 2) il mondo (o cosmo): totalità dei fenomeni esterni; 3) Dio: totalità di
tutte le totalità e fondamento di ogni cosa. A ciascuna di queste tre associa una
scienza. Kant si preoccuperà di sintetizzare quali sono gli errori cui incappa la
ragione quando pretende di fondare la propria conoscenza non sulla
sensazione, ma sulle idee
1- L’anima è studiata dalla psicologia razionale che è fondata, secondo Kant,
su un paralogismo, cioè su un ragionamento errato che consiste nell’applicare
la categoria di sostanza all’Io-penso rendendolo così una realtà eterna,
spirituale, immortale, incorruttibile e personale. In realtà l’io penso è un’unita
formale che non ha nessuna prova empirica e di cui quindi non è possibile
conoscere nulla, ma è soprattutto una funzione logica a cui non si possono
applicare le categorie che agiscono solo sugli elementi di derivazione empirica.
2- Il mondo è studiato dalla cosmologia razionale che pretende di riuscire a
spiegare il cosmo nella sua totalità (Pensa ai filosofi naturalisti dell’antichità).
Pertanto i metafisici, quando tentano di spiegarlo, cadono in procedimenti
razionali contraddittori con sé stessi (antinomie) e cioè due ragionamenti
egualmente validi e dimostrabili dal punto di vista razionale, ma opposti tra di
loro e tra cui è quindi impossibile operare una scelta poiché manca un criterio
valido. Le antinomie sono quattro: 1) finità/infinità del mondo, 2)
semplicità/complessità del mondo, 3) libertà/non libertà della causalità delle
leggi di natura, 4) ente necessario/contingente delle cause cosmiche.
2- Dio è invece l’oggetto di studio della teologia razionale, ma è al tempo stesso
una concezione che trae le proprie origini da semplici passaggi razionali e non
empirici. Per tanto nulla può essere detto sulla sua natura, ma, i teologi, hanno
elaborato per colmare questa mancanza tre prove dell’esistenza di Dio:
1) Prova Ontologica: Questa dimostrazione di Dio viene proposta per la prima
volta da e Dio viene definito come l’essere perfettissimo, del quale non si
puòSant’Anselmo d’Aosta: S pensare niente di maggiore, non può esistere solo
nella mente ma anche nella realtà. Da ciò segue che non si può pensare Dio
come essere perfettissimo, senza postulare la sua esistenza.
Kant dice che questo ragionamento si basa su di un salto mortale metafisico,
che dal piano logico passa al piano ontologico. L’idea di perfezione non
contiene al suo interno l’esistenza, che quindi non può essere dedotta a priori,
ma solamente a posteriori.
A QUESTO PROPOSITO Kant fa l’esempio dei cento talleri (soldi). 100 talleri
pensati e cento talleri reali non differiscono in nulla rispetto al loro concetto,
mentre la differenza sta nel fatto che uno è reale e l’altro è solo pensato. Tale
differenza è però verificabile solo aposteriori, ovvero, attraverso l’esperienza.
2) Prova Cosmologica: La prova cosmologica dell’esistenza di Dio è derivata
da S. Tommaso ed è a sua volta di origine aristotelica. Se il mondo è regolato
da rapporti di causa ed effetto data la circostanza per la quale non è possibile
risalire all’infinito bisognerà ammettere l’esistenza di una causa prima causa
non causata.
Kant sostiene che questo argomento è fondato sull’errata applicazione della
categoria di causalità, utilizzata per passare dal mondo fisico-fenomenico al
piano metafisico. Inoltre questa dimostrazione di Dio richiama implicitamente la
prova ontologica, in quanto la causa necessaria e perfetta non può fare a meno
di esistere;
3) Prova Fisico-teologica: Delle tre, questa è la prova più intimamente
accettabile, poiché afferma l’esistenza di una realtà ordinata e strutturata, deve
esserci una mente ordinatrice, che viene associata con Dio. Per spiegare
l’ordine della natura, bastano le sole leggi scientifiche e non un essere
metafisico. Da questo punto di vista, basterebbe soltanto un Dio ordinatore e
non creatore, quindi il Demiurgo platonico e non il Dio creatore cristiano. Perciò
si ricade nella prova cosmologica, in quanto questo essere sarebbe la causa
della natura.
È comunque importante notare che Kant non assume una posizione atea né
agnostica, in quanto egli non nega l’esistenza di Dio ma semplicemente la
possibilità di dimostrarla razionalmente. La figura di Dio e le altre verità
metafisiche saranno quindi oggetto di altri ambiti, di cui si occuperà la Critica
della Ragion Pratica.
Funzione regolativa delle idee: All’interno della pura speculazione filosofica
invece, le idee trascendentali o metafisiche non hanno una funzione
costitutiva ma soltanto regolativa. Esse rappresentano una sorta di idea limite
verso le quali dirigere la conoscenza del mondo. Il concetto di noumeno perde
così il suo attributo di esistenza, e rappresenta solo il concetto limite di ogni
nostra idea, assumendo soltanto valenza logica. Per questo la filosofia
kantiana viene chiamata filosofia del limite. Su queste basi Kant opera un
nuovo concetto di metafisica come “scienza dei concetti puri”, intendendo la
dialettica come “studio delle idee”. Questa è divisa in “metafisica della natura”,
che studia i principi a priori della conoscenza della natura, e “metafisica dei
costumi”, che studia i principi a priori dell’azione morale.
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PURA, CATEGORIE, CRITICA DELLA RAGION PURA, DEDUZIONE TRASCENDENTALE, DIALETTICA
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Si certo :). Ovviamente ha un gusto molto particolare sia per l'impasto che pe ril condimento....
Ma veramente buon… https://t.co/RWmFzUMAG7 giugno 1, 2017 8:20 pm
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