Borgo Ragazzi Don Bosco

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Borgo Ragazzi Don Bosco
PROGETTO OCCUPAZIONE NEI MUNICIPI ROMA 6-7
Sommario
0. Situazione giovanile in Italia ..................................................................................................................... 2
1. Povertà, emarginazione e disoccupazione a Roma .................................................................................... 2
1.1. Povertà ed emarginazione ................................................................................................................... 3
1.2. Disoccupazione................................................................................................................................... 3
2. Marginalità e problema del lavoro nei Municipi 6 e 7 .............................................................................. 4
2.1. Dati emersi dalla ricerca “Il minore a-lato” ........................................................................................ 4
2.1.1. Gli adolescenti ............................................................................................................................. 5
2.1.2. Docenti e genitori ........................................................................................................................ 5
2.1.3. I testimoni privilegiati ................................................................................................................. 5
2.2. Che fare? ............................................................................................................................................. 7
3. PROPOSTA: UN CENTRO RISORSE PER L’OCCUPAZIONE, LO SVILUPPO E LA COESIONE
SOCIALE ...................................................................................................................................................... 8
3.1. Una risposta di sistema ....................................................................................................................... 8
3.2. Il Centro Risorse ................................................................................................................................. 8
3.3. Sviluppare la governance del sistema locale ...................................................................................... 8
3.4. Le attività del Centro Risorse ............................................................................................................. 9
3.4.1. Azioni conoscitive: ...................................................................................................................... 9
3.4.2. Azioni progettuali per il lavoro: .................................................................................................. 9
3.4.3. Azioni formative: ......................................................................................................................... 9
3.4.4. Fonti di finanziamento: ................................................................................................................ 9
3.5. La pianificazione delle attività ......................................................................................................... 10
4. PER PARTIRE: UNA RICERCA PER FARE INCONTRARE DOMANDE E OFFERTA ................. 10
4.1. Obiettivi ............................................................................................................................................ 10
4.2. Indagini e strumenti di rilevazione ................................................................................................... 10
4.2.1. Raccolta dei dati esistenti sul mercato del lavoro a Roma in generale. ..................................... 10
4.2.2. Rilevamento dell’offerta occupazionale in zona ....................................................................... 10
4.2.3. Ricerca sulla domanda occupazionale: ...................................................................................... 10
4.2.4. Ricerca sull’offerta formativa .................................................................................................... 10
0. Situazione giovanile in Italia
I giovani sono stati definiti da Ilvo Diamanti1 “invisibili, per forza”: oggi la società non s’interessa più di
loro; non fanno più notizia se non per episodi eclatanti e circoscritti, come quelli degli squatters o le
manifestazioni anti-global, o per i riti collettivi, come le discoteche e i rave. Giovani “invisibili” e “non
attraenti” per i media e la società. “Generazione invisibile” o “generazione che non si vuole vedere?” chiede
polemicamente Francesco Majorino2. In quanto, non solo non c’è posto per loro, ma non si vogliono vedere i
bisogni e le istanze di cui sono portatori.
Uno dei problemi in cui più evidente l’esclusione dai giovani dalla società è quello del lavoro. La
maggioranza dei giovani italiani vive una condizione frustrante d’insoddisfazione per le scarse opportunità di
lavoro offerte dall’ambiente sociale in cui vive: sono quasi i tre quarti di quelli che risiedono al Sud e la metà
di quelli che vivono al Nord. Ciò determina situazioni di disagio, marginalità, devianza a catena. Il procedere
dell’adolescente, già caratterizzato da accelerazioni e discontinuità, è reso ancora più difficile da queste
condizioni sociali.
La mancanza di prospettive certe di occupazione si ritorce sul vissuto giovanile. La mancanza di lavoro - e
la sua perdita di valore sociale - a lungo andare genera perfino la disabitudine a cercare qualunque tipo di
lavoro. Giovani costretti ad imparare l’arte del navigare, a vivere solo del presente, perché il futuro non offre
niente di certo. Non c’è posto per loro nella società. Devono stare anni ed anni inerti ad aspettare il loro turno
per un lavoro, e non sanno nemmeno se sarà quello per cui stanno studiando.
L’incertezza verso il futuro è uno dei luoghi principali di produzione del disagio, infatti, l’atteggiamento
d’incertezza può essere il sintomo di una certa angoscia o perlomeno d’insicurezza ansiosa verso il futuro,
dovuto alla mancanza di un progetto di futuro nell’orizzonte esistenziale di molti giovani. Lo stesso
insuccesso scolastico in genere proviene da mancato interesse, che può essere causato dall’incertezza
professionale, dalla mancanza di prospettive. L’insuccesso scolastico e la sua derivata dispersione scolastica
possono diventare veri e propri traumi nel progetto esistenziale del giovane. Suicidi e tentati suicidi sono
solo la punta dell’iceberg di un problema molto più vasto e dai contorni ancora non definiti.
Giovani che non trovano nella società nemmeno ragioni per vivere, sperare, per cui impegnarsi, qualcosa
per cui lottare. Ne consegue che alla fine si finisce per lottare per delle cose da niente: la squadra di calcio, la
griffe, lo sballo, la velocità sulla strada, la trasgressione simbolica o collettiva. Oggi si è inclusi se si ha
accesso ai consumi, se si è “in”.
Nei percorsi del disagio è facile incontrare sia l’inaccessibilità di un lavoro regolare, sia una sequela di
tentativi falliti d’adattamento al lavoro. In questo quadro generale deprivato i giovani più svantaggiati o a rischio si smarriscono nei percorsi dei lavori precari e irregolari o in quelli generati da un’aspettativa
irrealistica, che crea una forbice incolmabile tra le loro reali possibilità e i loro sogni ad occhi aperti, oppure
ancora nei percorsi di quell’ozio assistito almeno da un minimo di benessere che porta a sperimentare le
nebbie del tempo vuoto nel tentativo di dare un senso al proprio esistere.
1. Povertà, emarginazione e disoccupazione a Roma
Se questa è la condizione generale della popolazione giovanile a livello nazionale, la situazione romana è
ancora più drammatica. Roma, più che altre città italiane, è una città che ha sofferto uno sviluppo tumultuoso
e caotico, senza un corrispondente sviluppo industriale. Sovente i motivi della convergenza a Roma di tanta
gente sono debitori o della megalomania dei vari governanti che, dal 1870 in poi hanno voluto ingrandire
Roma per rispondere alle esigenze di una capitale europea, o dell’immaginario collettivo che vedeva nella
città eterna il posto dove far fortuna. In realtà, tolte le esigenze dell’edilizia e delle opere pubbliche, per
almeno un secolo a Roma non ci sono state possibilità di occupazione se non nella pubblica amministrazione
e nei servizi e tutto l’indotto. Nel frattempo Roma è passata dalle circa 40.000 persone di prima dell’Unità a
quasi 3 milioni attuali. Le varie ondate migratorie hanno lasciato sacche di miseria difficili da assorbire e
riadattare.
1
2
La generazione invisibile. Inchiesta sui giovani del nostro tempo, Milano, Il sole 24 ore, 1999.
Giovani anno zero, viaggio nella nuova generazione, Roma, Adnkronos Libri Spa, 2000, 9.
2
1.1. Povertà ed emarginazione
La condizione in cui vivono oggi fasce ampie d’adolescenti e giovani ha le sue radici nell’immigrazione
romana. Se percorriamo a ritroso la storia familiare di chi abita oggi le case popolari al Quarticciolo, come a
S. Basilio, al Tiburtino Terzo, a Piazza Gasparri, a Tor Bella Monaca, a Corviale, a Laurentino 38 (solo per
citarne alcune), troviamo nonni e genitori che hanno raggiunto Roma per sfuggire alla miseria della
campagna. Persone analfabete e senza un mestiere che fuggivano da una baracca di campagna per venire in
una baracca di città, realizzata con il materiale recuperato nelle discariche.
L’ambiente di povertà economica e sociale fa in qualche modo da incubatore all’esplosione del malessere
sociale. Si calcola che, a Roma, nel 1998 erano oltre 500.000 le persone in stato di bisogno, con un’incidenza
del 38% rispetto al dato regionale. Una condizione che affianca l’inoccupazione giovanile all’alta
concentrazione di capifamiglia in fascia di povertà, producendo pericolose miscele di devianze sociali. Tutto
ciò dimostra che, pure in paesi fortemente industrializzati, poveri, cioè esclusi ed emarginati, non solo si
nasce, ma si diventa. Di più, c’è chi nell’esclusione e nell’emarginazione è ancora più escluso ed emarginato:
la donna, il mondo giovanile, gli extracomunitari, i nomadi.
Il dato più rilevante che emerge è che oggi i soggetti a rischio di povertà (assoluta o relativa) sono in
aumento e non più riferibili, come in passato, solo ad una classe o gruppo sociale o ad una particolare
condizione familiare, e che, oltre alla persistenza e allargamento della fascia degli/delle anziani/e con
pensione sociale, c’è un progressivo aumento di soggetti anche in età giovanile (dai 17 ai 30 anni) che
rischiano di entrare, e molti sono già entrati, nell’area dell’esclusione sociale. Un’area sempre più
connaturata alla nostra società postindustriale, aggravata dall’assenza di informazione e formazione
professionale, relegata in una condizione di dequalificazione professionale ed esposta alla concorrenza di
manodopera straniera a basso costo e priva di diritti. In quest’area di disoccupazione e inoccupazione c’è una
forte connotazione femminile, che maggiormente “paga” il prezzo dei mutamenti intervenuti nella famiglia e
nel tenore di vita medio (vedovanza, maternità, separazione, malattia) anche in relazione alle crescenti
difficoltà, nella ricerca di un’occupazione, per la posizione tradizionalmente marginale nel mercato del
lavoro (lavoro nero, precario, evasione contributiva, ecc..) ed il livello insoddisfacente dei servizi sociali3.
1.2. Disoccupazione
«A Roma e nel Lazio un ragazzo su due è disoccupato»4. I dati nel Lazio e di Roma registrano un forte
aumento, sia dell’area dell’inoccupazione (nel 1998 un incremento del 22%), che degli iscritti nelle liste di
collocamento (oltre 750.000 persone).
Questo si presenta come il problema più grave per i giovani in quanto, non essendoci prospettive di lavoro,
sono mortificate le loro attese di futuro ed è inibito lo sviluppo delle loro potenzialità. Inoltre la mancanza di
posti di lavoro incrementa la disponibilità ad accettare qualsiasi tipo di proposta, da quella illegale a quella
parzialmente illegale come il lavoro nero. «Secondo una ricerca della CIGL di Roma e Lazio, […] soltanto
nel Lazio se ne contano 250 mila [di lavoratori atipici], un quinto della forza lavoro, di cui 140 mila solo a
Roma»5. «A questi vanno aggiunti i lavoratori con un’occupazione temporanea (103 mila), a tempo parziale
(120 mila), con contratti di formazione lavoro (25 mila)»6.
Ciò apre lo spinoso problema del lavoro minorile. Un fenomeno che sfugge ai controlli perché fatto in
ambiente familiare o con la connivenza dei familiari, e/o tra immigrati, ma questo non esime nessuno
dall’obbligo di vigilare e far rispettare uno dei diritti fondamentali del fanciullo. Tutti gli studi concordano
nell’affermare che il lavoro dei bambini e dei ragazzi è legato da un rapporto di causa-effetto alle condizioni
economiche del nucleo familiare, e che il loro lavoro contribuisce in modo determinante alla possibilità di
sopravvivenza loro e degli altri componenti della famiglia. È un’altra equivalenza che ci riporta all’assioma
periferia-esclusione.
Anche la condizione femminile appare penalizzata dalla flessione dell’offerta di lavoro. Se in Italia nel
1998 il tasso di disoccupazione maschile è stato del 9-10%, quello femminile è stato del 21.8%. Nella
capitale si concentra metà della disoccupazione regionale: vi sono oltre 240.000 donne iscritte al
3
Cfr. Caritas di Roma, Disagio e povertà a Roma. Rapporto 2000, Roma, Anterem, 2001.
Caritas di Roma, Disagio e Povertà a Roma. Rapporto 1999, Roma, Anterem, 1999, 77.
5
Ibidem, 79
6
Ibidem, 77
4
3
collocamento, un dato pari a circa il 50% di tutto il Lazio.
2. Marginalità e problema del lavoro nei Municipi 6 e 7
Il territorio dei Municipi 6 e 7 costituisce una realtà socio-geografica-culturale abbastanza omogenea nella
parte est del Comune di Roma, caratterizzato da processi di urbanizzazione incrociati tra centro e periferia,
tra livelli standard di vivibilità e degrado ambientale. La zona può essere considerata rappresentativa della
situazione media di Roma. Infatti in vari indicatori questo territorio si colloca ad un punto medio rispetto agli
altri municipi. Anche lo stesso disagio viene considerato di livello medio. Cresciuto attorno alle antiche vie
consolari Casilina e Prenestina, a causa delle varie ondate migratorie del secolo scorso, ha raggiunto la
strutturazione attuale verso la fine degli anni ’60, inizio anni ‘70. E’ una delle zone più densamente popolate
di Roma, anche se in declino demografico da decenni: attualmente ha raggiunto un certo equilibrio tra
popolazione giovane e anziana. Nel VI Municipio i minori (0-18 anni) risultano essere 18.519, pari al 13.9%
dell’intera popolazione. Nel VII i minori costituiscono il 16.6% della popolazione.
Essendo stata una delle zone di sviluppo dopo il centro è abbastanza dotata di infrastrutture, ma è proprio
la condizione abitativa che determina uno dei maggiori fattori di disagio. Disagio avvertito anche per
l’immigrazione straniera e la forte presenza di nomadi. Infatti il territorio vanta una dei più alti tassi di
stranieri residenti, provenienti per lo più dall'Egitto, dal Marocco, dalla ex Jugoslavia, dalle Filippine, dal
Bangladesh e stanno aumentando anche i cinesi; a questi va aggiunto una forte presenza di nomadi e di
immigrati clandestini.
A livello giovanile si segnala per lo svantaggio culturale (la media di iscritti alle superiori è inferiore a
quella cittadina) e occupazionale tra i più alti della città, oltre che per la diffusione della tossicodipendenza e
della microcriminalità. Nel 1999 sono stati registrati 238 casi di intervento della magistratura minorile nel VI
Municipio e 320 nel VII; tali casi si sono raddoppiati nel giro di 2 anni ed il trend sta ad indicare una
pericolosa tendenza all’aumento di criminalità e illegalità tra i minori del territorio. Il fenomeno più grave
rimane pur sempre la tossicodipendenza. È un dato in crescita e al tempo stesso difficilmente documentabile,
ma che colloca i due Municipi in una posizione intermedia rispetto ad altri. La fascia più colpita è quella tra i
25 e i 35 anni, sebbene interessi anche quelle contigue. Questi dati rappresentano solo la punta dell’iceberg,
ma il consumo di sostanze psicotrope sfugge ad ogni controllo anche perché la nuova generazione di
assuntori sta ben attenta a «non scivolare nell’invischiamento più totalizzante e mantenere quindi una certa
governabilità del consumo»7. Perciò possiamo considerare il fenomeno molto più vasto di quello che appare,
soprattutto se teniamo conto del consumo di sostanze considerate innocue o normali dai giovani, come
hashish/cannabis ed ecstasy.
Non abbiamo dati precisi sull’offerta lavorativa nei 2 Municipi. È molto difficile avere informazioni
precise ed aiuto in questo campo: è un segnale indicativo delle difficoltà che incontrano i cittadini ed i
giovani in particolare a districarsi in questo settore. Tuttavia il territorio ad est della città è considerato da
tutte le analisi come uno dei più poveri della città, con il più alto tasso di disoccupazione. A nostro giudizio,
sembra esserci offerte d’occupazione solo nel terziario, o in piccoli laboratori artigianali. I dati del comune
indicano per i Municipi interessati un tasso di disoccupazione giovanile (14-29 anni) del 23.6% per il VI e
del 26.8% per il VII, che sono tra i più alti della città (il VII è superato solo dal XIV: 27.6%); mentre il tasso
di occupazione è del 31.6% per il VI e del 35% per il VII: punteggi medio-alti rispetto agli altri Municipi.
Questo concorda con il dato della minore propensione a proseguire gli studi superiori in zona. Ma sono dati
risalenti al censimento del 19918.
2.1. Dati emersi dalla ricerca “Il minore a-lato”
Da una ricerca condotta recentemente da questo Istituto9, risulta che uno dei problemi più sottolineati sia
dagli adolescenti e ancor più dai genitori e dai docenti è proprio quello dell’occupazione.
7
Caritas di Roma, o. c., 1999, 139
Cfr. Sito istituzionale del Comune di Roma: www.comune.roma.it
9
Malizia G. et alii, Il minore a-lato. Bisogni formativi degli adolescenti dei Municipi Roma 6 e 7: vecchie e nuove povertà, Milano, Franco
Angeli, 2002.
8
4
2.1.1. Gli adolescenti
Un quarto degli adolescenti cercherà lavoro al termine del corso di studi, ma un altro quarto non sa cosa
fare al termine del corso di studi. Viene il dubbio che ciò dipenda dalla scarsa probabilità di trovarlo. Infatti
una quota più o meno analoga si dichiara preoccupata del fatto che non ci sia lavoro. In ogni caso i problemi
dell’autorealizzazione, del sapere cosa fare in futuro stanno in testa a tutti i loro pensieri. Alla società civile
chiedono tutto ciò che serve ad una preparazione professionale e all'avvio al lavoro (servizi/centri di
orientamento scolastico-professionale; corsi di Formazione Professionale; cooperative di lavoro; sportelli
informativi per l’occupazione). Avvertono il bisogno ma non hanno la consapevolezza dei mezzi necessari
per arrivare a soddisfarlo.
In particolare sono proprio i soggetti a rischio a sottolineare l’esigenza di un’occupazione stabile e sicura.
Infatti una delle cose che cercano è proprio il lavoro cui attribuiscono molta importanza per combattere la
droga e la devianza nel territorio. I ragazzi che si avvicinano alla droga si sentono in qualche modo “estranei
alla società”, sia prima che intraprendano il loro cammino deviante che dopo; sovente sono ragazzi già
socialmente penalizzati (per censo economico, ambiente sociale e culturale, disgregazione familiare), e ciò li
porta a interiorizzare una subcultura deviante o comunque una mentalità vittimistica; a questo si aggiungono
le deprivazioni cui sono sottoposti, le inadempienze di cui sono fatti oggetto, le disattenzioni del sistema
sociale e previdenziale, il ruolo dello stigma sociale e della segregazione umana che aggravano il loro stato e
le convinzioni devianti di cui la loro cultura è già impregnata; ma è soprattutto l’esclusione sociale patita con
la scuola e poi con il lavoro che crea le situazioni scatenanti di devianza e ricorso alla droga. Metà di loro ha
subito bocciature fin dalle elementari e molti stanno ancora nella scuola dell’obbligo. Solo metà di quelli che
hanno smesso di andare a scuola è riuscita a trovare lavoro, per di più lavori precari o autonomi, per cui
molti vorrebbero trovar lavoro e quelli che ce l’hanno vorrebbero cambiare il lavoro che stanno facendo.
2.1.2. Docenti e genitori
Anche genitori e docenti/formatori sottolineano tra i problemi più gradi della zona quello del lavoro,
anche se con differenze di percentuali notevoli. Nelle indicazione di cosa si potrebbe fare per garantire
meglio la qualità della vita degli abitanti di questa zona di Roma hanno dato valutazioni diverse a seconda
della propria esperienza e ruolo sociale.
A parere dei docenti banche dati e le informazioni sulle opportunità lavorative sarebbero la cosa più
importante. Docenti/formatori e genitori convergono sull’utilità di stage e tirocini formativi nelle aziende e
anche su servizi di accompagnamento al lavoro. I genitori, più degli insegnanti, ritengono utili anche visite
guidate ai luoghi di lavoro per far toccare con mano la realtà del lavoro e le condizioni della sua
realizzazione. Circa uno su quattro dei docenti/formatori vorrebbe nella zona programmi di formazione alla
imprenditorialità, il sostegno alla realizzazione di piccole imprese e la promozione di attività cooperativistiche. Su questi aspetti i genitori sono forse meno sensibili, ma bisogna comunque sottolineare che
almeno uno su quattro intravede l’opportunità di sviluppare queste prospettive per migliorare la situazione
delle risorse lavorative del territorio.
2.1.3. I testimoni privilegiati
Nelle interviste ai testimoni privilegiati viene sottolineata la questione dell’occupazione e del rapporto tra
formazione professionale e mondo del lavoro.
Il problema del collegamento tra offerta formativa e mercato del lavoro viene presentato come «una sorta
di forbice tra la proposta formativa offerta (ancora ferma e tradizionale) e l’iter delle richieste di mercato»
(operatore sociale).
Secondo gli intervistati, la FP non sembrerebbe attualmente rispondere del tutto alle aspirazioni dei
giovani in quanto rimane ancora legata ai vecchi schemi dei mestieri, mentre c’è tutta un’area di nuove
professioni che possono interessare i giovani ma che richiederebbe un salto di qualità nella formazione.
Dai rappresentanti del sistema delle imprese a sua volta si fa presente che il datore di lavoro si aspetta e
pretende dal neoassunto che sappia già fare il proprio mestiere, non di dover essere lui ad insegnarglielo.
Così il giovane in cerca di occupazione si trova in un “limbo” dove o è bravissimo a sapersela cavare
5
comunque, oppure viene etichettato come un “buono a nulla”, per cui la sua carriera professionale finisce
ancor prima di cominciare.
A fronte di questo scenario gli intervistati suggeriscono due soluzioni:
 istituire «un’agenzia che possa mediare tra chi offre e chi cerca lavoro, tenendo conto delle modalità e
delle esigenze di ciascuno» (dirigente associazione volontariato);
 creare occupazione attraverso iniziative basate su borse-lavoro. «Noi stiamo cercando di lavorare proprio
su questo, ma stiamo solo nella fase di partenza, perché stiamo facendo un’analisi delle offerte, nel
senso che abbiamo predisposto delle lettere da inviare a tutti gli artigiani della zona per capire quali
sono le loro disponibilità rispetto a progetti di questo tipo. Progetti che però sono inerenti alla Delibera
154 del Comune, che riguarda iniziative economiche di aiuto ai nuclei disagiati, e che però potremmo
utilizzare in modo specifico per inserire questi ragazzi, facendo fare un’esperienza formativa che
potrebbe sfociare in un’assunzione» (rappresentante servizi socio-assistenziali).
Così pure oggi risulta difficile conciliare le aspirazioni dei giovani con le condizioni che il mercato del
lavoro locale presenta:
 o perché i giovani devono essere disposti a spostarsi: «una formazione rivolta direttamente al quartiere è
una visione triste e limitante. E’ necessario stimolare l’idea di mobilità e di apertura al mondo: va bene
cercare il lavoro vicino casa, ma non bisogna chiudersi nelle piccole realtà, oggi si pensa in termini di
Europa, non di quartiere» (preside);
 o perché le nuove generazioni tendono per lo più all’inserimento nel settore delle tecnologie informatiche
avanzate.
E comunque l’area in osservazione sembrerebbe prestarsi tanto ai tradizionali settori dell’artigianato
(meccanica, elettromeccanica, piccole imprese di manutenzione o di produzione tecnologica), come a quello
del terziario avanzato e dei servizi alle imprese. Ciò che si chiede, invece, è di riqualificare con urgenza la
FP.
A questo riguardo e ai fini di un articolato inserimento nell’attuale sistema produttivo gli intervistati
suggeriscono un variegato elenco di competenze, suddivise tra quelle tecnologico-professionali e di
personalità. Tra le prime viene dato per scontato il possesso di quelle informatiche di base, unitamente
all’inglese. Inoltre, attribuiscono particolare importanza alle caratteristiche della personalità di chi esercita
una professione, di cui offrono un lungo e variegato elenco:
· capacità aggregativa, senso solidaristico che favorisca il lavoro in team;
· sicurezza professionale nel proporre la propria prestazione d’opera;
· pensare in positivo: «ogni ragazzo deve essere accompagnato, aiutato a capirsi, ad avere maggiore
fiducia in se stesso, nel proprio futuro» (rappresentante servizi socio-assistenziali);
· disponibilità di imparare ad imparare: «dovrebbero conoscere più cose ed interessarsi di più a tutto ciò
che il mondo del lavoro offre, poiché il nuovo sistema lavorativo presenta due aspetti: la
specializzazione e la continua diversificazione, per cui si richiede più preparazione ma anche più
versatilità» (gestore discoteca);
· motivazione: «quello che fa la differenza è il senso che il ragazzo dà a queste cose; quando le cose sono
imposte scade l’interesse» (allenatore società sportiva);
· senso di sacrificio: «va recuperata a monte di tutto la necessità di doversi sacrificare, a rinunciare a
qualche comodità per ottenere qualcosa” (allenatore società sportiva);
· assunzione di responsabilità nella gestione di programmi/progetti;
· educazione civica, quale base fondamentale per svolgere adeguatamente il ruolo di cittadino.
Per converso, nell’affrontare il difficile e sempre più competitivo mercato del lavoro e delle professioni
l’elenco di ciò che manca e/o i “punti deboli” che presentano i giovani si fa ancora più lungo:
· conseguimento di un “diplomino” e/o di diplomi deboli, spesso prodotto di una scelta fatta tanto per essere
fatta, pur di avere in mano qualcosa, ma che non dà nessuna certezza e quindi crea difficoltà al momento
di proporsi sul mercato;
· focalizzazione del proprio impegno sull’apprendimento di tecnologie piuttosto che sulla propria “crescita
personale”, con la conseguente incapacità introspettiva, progettuale e di pianificazione degli obiettivi a
breve, medio e lungo termine;
· incapacità relazionale, a saper entrare in rapporto con gli altri, a sapersi presentare;
· sfiducia nelle proprie capacità e/o bassa valorizzazione delle proprie risorse/abilità;
· incapacità a riflettere su se stessi, a guardarsi dentro;
6
· incapacità ad affrontare i sacrifici e le sofferenze che il lavoro spesso comporta, impone;
· scarsa formazione teorica e/o inadeguata preparazione pratica, con la conseguente difficoltà a tradurre la
teoria in pratica;
· analfabetismo di ritorno, dovuto alla non comprensione dei cambiamenti, all’incapacità di guardarsi
attorno; “i ragazzi si accontentano, non cercano di colmare quello che la scuola, la famiglia non gli dà;
poi quando arrivano nel mondo del lavoro si rendono conto che non bastava, ma è già troppo tardi ”
(capo scout);
· convinzione di non avere prospettive, per cui si fanno le cose tanto per farle, senza motivazione.
2.2. Che fare?
Su piano degli interventi gli intervistati hanno evidenziato genericamente la necessità da parte del mondo
della formazione e del lavoro, di creare nuovi posti di lavoro e/o di fornire indicazioni su come trovarlo ed
inoltre di mettere in collegamento il mondo della formazione con quello dell’impresa; più in particolare, di
«promuovere attività di accompagnamento nel primo inserimento lavorativo, riqualificazione dei giovani
occupati, apprendimento di nuove professionalità, promozione dell’autoimprenditorialità» (preside);
Raccogliendo tutti i suggerimenti dal punto di vista occupazionale, sono state proposte le seguenti attività:
· creazione di banche dati sulle opportunità formative e occupazionali;
· stage/tirocini formativi;
· servizi di accompagnamento all’inserimento lavorativo;
· visite guidate sui luoghi di lavoro;
· promozione di forme di incubatura d’impresa;
· promozione di attività cooperativistiche;
· gestione di servizi pubblici ;
· promozione dell’autoimprenditorialità;
· promozione di attività/servizi a domicilio.
Dall’indagine emerge l’assoluta necessità che la società nel suo complesso, e chi si occupa di gestire la
cosa pubblica, lavori con impegno allo scopo di creare e pensare situazioni in cui il minore trovi spazi
adeguati alle sue possibilità, partecipi e si senta effettivamente soggetto di diritto e non solo oggetto di
provvedimenti che, seppure presi con le migliori intenzioni, non rispettano le autentiche esigenze di sviluppo
armonico dell’individuo. In questo sicuramente la scuola può essere di grande aiuto e costituire un utile
anello di raccordo tra la famiglia ed il resto della società. Essa deve però prima di tutto cessare di presentarsi
solo come luogo di informazione e porsi come obiettivo prioritario quello di avvicinarsi ai giovani per poter
diventare un luogo di formazione per l’individuo nel suo complesso. A tale scopo sarebbero sicuramente da
rivedere ed adeguare i programmi scolastici e le stesse materie di studio che sono ormai inadeguate rispetto
ad una società in rapida trasformazione. Forse così facendo si riuscirebbe a stimolare di più il giovane che
potrebbe trovare nell’istituzione scolastica un’alternativa alla totale assenza di interessi e motivazioni che gli
provengono dalla famiglia prima e dalla strada poi. Inoltre è necessaria un’opera di bonifica del contesto
sociale per prevenire quelle situazioni di lavoro nero e di sfruttamento del minore che sicuramente aggravano
la condizione già precaria dei soggetti a rischio.
Si tratta, quindi, di offrire a chi n’è rimasto escluso le stesse condizioni dei più fortunati per inserirsi nella
vita, superando una concezione quasi meccanica e deterministica dell’intervento. È necessario abilitare le
persone svantaggiate ad utilizzare le potenzialità che sono in loro, responsabilizzarle. Occorre far leva sulle
possibilità di ristrutturazione cognitiva, sulle competenze di cui sono in possesso o che possono acquisire,
sulla consapevolezza di autoefficacia e sulle loro capacità prosociali per ridare vita e speranza dove
sembravano del tutto estinte. Combattere quindi esclusione ed emarginazione giovanile, evitando di
accentuare la frattura tra mondo giovanile e società, pensando soprattutto non di ricondurre i giovani alla
società, ma di recuperare la società ai giovani. Riconvertire la società ai giovani, perché i giovani possano
ridiventare protagonisti e speranza di futuro. Per questo un intervento per migliorare la situazione
occupazionale si pone come inderogabile e risulta il primo e fattivo passo da compiere per migliorare la
qualità della vita in questo territorio e offrire concrete soluzioni di vita ai giovani che ne fanno parte.
7
3. PROPOSTA: UN CENTRO RISORSE PER L’OCCUPAZIONE, LO SVILUPPO E LA
COESIONE SOCIALE
3.1. Una risposta di sistema
Numerosi interventi nei territori dei due municipi hanno consentito di valutare l’efficacia di politiche di
sostegno allo sviluppo, all’occupazione dei giovani, all’imprenditorialità giovanile, alla riduzione dei rischi
di esclusione sociale, al sostegno alle famiglie in difficoltà.
Questi interventi, positivi in se, hanno però il limite dell’occasionalità e della frammentarietà che si
scontrano contro la permanenza dei problemi sociali ed economici del territorio.
Anzi, proprio la frammentarietà e l’occasionalità di questi interventi ne riduce fortemente l’impatto,
provocando frustrazione sia tra gli operatori impegnati che tra i beneficiari che vedono improvvisamente e
senza apparenti motivi il venir meno di azioni di sostegno su cui contavano.
L’insieme di questi progetti ha mostrato però che esistono nel territorio risorse qualificate che possono
accrescere in maniera significativa l’efficacia della loro azione se inserite e coordinate in una prospettiva
comune a medio termine.
Per dare seguito alle indicazioni emerse nella ricerca “Il minore a-lato”, alle attese della popolazione del
territorio si propone di costruire una rete permanente di strutture formative, imprese, organismi sociali,
strutture pubbliche che operano nel territorio, in grado di sviluppare un’azione permanente a favore
dell’occupazione, dello sviluppo locale e della coesione sociale.
3.2. Il Centro Risorse
Non si tratta di costruire una nuova ulteriore struttura per il presidio del territorio, bensì di sviluppare
un’azione coordinata tra le diverse istituzioni ed organizzazioni, secondo metodologie comuni e condivise,
integrando le competenze e i punti di forza di ciascuno in uno sforzo congiunto e cooperativo.
Questa rete di strutture e di istituzioni dovrebbe svolgere un’azione organica di sostegno all’occupazione
ed allo sviluppo mediante l’utilizzo di un insieme di risorse e di opportunità che vengono rese disponibili a
livello locale, provinciale, regionale, nazionale ed europeo.
La struttura a rete deve operare sia in una logica di piani territoriali e/o settoriali di intervento, ma anche
sviluppare la capacità di offrire ascolto e sostegno a progetti personali di giovani ed adulti, singole persone e
nuclei familiari, per favorirne progetti di inclusione sociale, di professionalizzazione, di avviamento al lavoro
e di autoimprenditorialità.
Il Sistema a Rete dovrà essere coordinato da un nodo centrale. Il Borgo Ragazzi Don Bosco, grazie anche
al ruolo riconosciuto, in base alla legge 328/2000 sull’imprenditoria giovanile, di animazione territoriale, si
propone di prendere l’iniziativa di coordinarne l’azione, di elaborare metodologie e modalità operative
condivise, di individuare le possibilità di finanziamento, di armonizzare le attività di progettazione e di
realizzazione dei progetti acquisiti, di monitorarne la realizzazione, di valutarne i risultati e l’impatto nel
territorio.
3.3. Sviluppare la governance del sistema locale
Il sistema a rete deve fondare la sua azione su processi di interazione sociale tra l’insieme degli attori che
operano nel territorio e che condividono un’azione cooperativa per lo sviluppo locale, la crescita della
coesione e per la lotta all’esclusione locale.
La proposta di metodo è quello della “governance”, nell’ambito della quale ciascun attore è chiamato a
condividere la responsabilità di un buon funzionamento della comunità locale.
Il funzionamento della comunità locale si fonda sull’esercizio di una crescente responsabilità sociale di
ciascun attore e sulla sua disponibilità a cooperare al raggiungimento di obiettivi comuni.
Governance e responsabilità sociale rappresentano i fondamenti della nuova Costituzione Europea: il
sistema a rete nei due municipi può rappresentare un’esperienza pilota che propone un nuovo modo di essere
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e di operare delle istituzioni, delle imprese, delle organizzazioni sindacali, delle istituzioni educative e
formative e di tutti i cittadini che hanno a cuore le sorti della loro comunità.
3.4. Le attività del Centro Risorse
Il Centro risorse avrà il compito di sviluppare azioni
sistematiche nei seguenti campi:
3.4.1. Azioni conoscitive:
·
·
·
·
Definire un quadro condiviso sulle prospettive dello sviluppo locale;
Conoscere le dinamiche del mercato del lavoro;
Approfondire le conoscenze sull’evoluzione dei settori produttivi;
Rilevare con azioni sistematiche i fabbisogni professionali e formativi espressi dal sistema produttivo del
territorio, nel contesto provinciale e regionale;
· Analizzare i fabbisogni formativi dei giovani e dei lavoratori;
· Analizzare i problemi del disagio sociale delle persone e delle famiglie.
3.4.2. Azioni progettuali per il lavoro:
· Avviare esperienze di Bottega-Scuola per favorire la continuità professionale ed imprenditoriale delle
imprese commerciali ed artigiane;
· Sostenere lo sviluppo dell’imprenditorialità e dell’autoimprenditorialità con adeguati sostegni tecnici e di
accompagnamento;
· Avviare esperienze di imprenditorialità nell’ambito del terzo settore (non-profit), particolarmente rivolte ai
bisogni emergenti delle persone più bisognose e/o non autosufficienti (disabili, handicap, persone
anziane, ragazzi a rischio e immigrati, servizi alla persona, ecc.);
· Supportare con adeguate iniziative formative l’inserimento degli immigrati ed il loro orientamento verso il
lavoro regolare;
· Avviare azioni di sostegno ad imprese e lavoratori che intendono emergere dall’economia sommersa e dal
lavoro irregolare.
3.4.3. Azioni formative:
· Elaborare piani formativi settoriali e locali, aperti alla partecipazione dei giovani e dei lavoratori;
· Sviluppare servizi di orientamento e di consulenza formativa per i giovani, le donne, e per tutti coloro che
in età adulta intendono rientrare sul mercato del lavoro;
· Organizzare e gestire, in concorso con le imprese locali industriali, artigiane e commerciali, percorsi di
inserimento al lavoro;
· Elaborare e gestire progetti di formazione iniziale, volti all’assolvimento dell’obbligo formativo e
dell’apprendistato, anche con l’obiettivo di ridurre la dispersione scolastica;
· Elaborare e gestire progetti di formazione continua in raccordo con le imprese;
· Sostenere i processi di professionalizzazione e di crescita culturale individuale mediante la gestione di
servizi consulenziali per l’orientamento il bilancio di competenza e per la progettazione di percorsi
individuali finanziabili con il sistema dei voucher.
3.4.4. Fonti di finanziamento:
· Monitorare in permanenza i programmi di finanziamento locali, provinciali, regionali, nazionali ed
europeo per il reperimento delle risorse necessarie a queste attività.
· Individuare e promuovere azioni di sponsorizzazione delle diverse iniziative da parte degli attori
economico – finanziari che operano nel territorio.
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3.5. La pianificazione delle attività
Il Centro Don Bosco procederà a formalizzare la proposta del Centro Risorse ed avvierà una serie
di contatti per la sensibilizzazione degli attori locali e per la costituzione di un Comitato Promotore.
Il Comitato Promotore, aperto agli attori che operano nel territorio ed a singole persone di buona volontà,
formulerà entro l’autunno un paino organico di lavoro per il 2003-2004 e lo presenterà in una assemblea
pubblica che avrà anche il compito di costituire definitivamente il centro Risorse.
4. PER PARTIRE: UNA RICERCA PER FARE INCONTRARE DOMANDA E OFFERTA
Tenendo conto degli obiettivi sopra espressi, formuliamo un piano di ricerca a varie fasi, che abbia come
obiettivo fondamentale quello di fare incontrare la domanda ed offerta occupazionale sul territorio. In
particolare dovrebbe avere i seguenti:
4.1. Obiettivi
Gli obiettivi della ricerca devono essere di:
· Far incontrare domanda e offerta occupazionale
· Far evolvere il sistema formativo verso la reale risposta alla domanda del mondo delle imprese
· Far evolvere il sistema produttivo nel senso di sviluppare al meglio le risorse del territorio
· Costituire una banca dati permanente, per migliorare l’incontro domanda-offerta, per favorire opportunità
occupazionali, per consentire alle imprese di reperire manodopera qualificata, per lo sviluppo delle
attività imprenditoriali…
4.2. Indagini e strumenti di rilevazione
Il piano di indagine prevede varie fasi di rilevazione con strumenti diversi. Possono essere anche condotti
in momenti e sequenze diverse. Esso comprende:
4.2.1. Raccolta dei dati esistenti sul mercato del lavoro a Roma in generale.
In particolare studiare la probabile evoluzione del mercato del lavoro in tutta Roma (da ricerche già fatte o
da organismi che monitorano la situazione, es. Comune, Regione, Provincia, Istat, Camera Commercio,
Confindustria, ConfApi, Sindacati, le ditte che fanno collocamento, ecc.). Modelli di sviluppo e di probabile
occupazione, nonché fabbisogno umano e tecnologico…
4.2.2. Rilevamento dell’offerta occupazionale in zona
Attività produttive in zona, previsioni di sviluppo, fabbisogno di figure professionali, ecc.
4.2.3. Ricerca sulla domanda occupazionale
Soggetti potenziali: disoccupati, inoccupati, studenti diplomati o diplomandi, laureati o laureandi, ecc.
4.2.4. Ricerca sull’offerta formativa
Nei Licei, Istituti tecnici, professionali, CFP, Corsi di formazione e aggiornamento professionale
extra, ecc. Quanto la formazione corrisponde alla vera offerta occupazionale? Quanto i giovani vengono
formati secondo i bisogni del territorio, ma anche secondo i parametri imposti dalla new economy e in
generale dal mercato del lavoro globalizzato?
L’Orientamento: come funziona? Cosa fa? Risultati ottenuti.
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