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LINEE DI INDIRIZZO SULL’AUTISMO
REGIONE LIGURIA
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INDICE GENERALE
1. Premessa
1.1 Definizione del disturbo
1.2 Prevalenza
1.3 Aspetti prognostici
2. Principi guida per il percorso diagnostico e la presa in carico
p. 3
p. 4
2.1 Identificazione precoce
2.2 Percorsi diagnostico clinico e funzionale
suddivisione per età (comorbidità: aspetti pediatrici e psichiatrici)
- fascia prescolare
-“
“ scolare
- adolescenza
- giovane adulto
- adulto
2.3 Restituzione
2. 4 Caratteristiche della presa in carico
- età prescolare
- età scolare
2.5 Oltre la scuola
2.6 Presa in carico farmacologica
2.7 Intervento rivolto ai genitori
3. Servizi di Neuropsichiatria Infantile
p. 20
3.1 Pediatra di libera scelta
4. Formazione
p. 21
5. Ricerca
p. 21
6. Aspetti Critici
p. 22
7. Osservatorio Laboratorio Regionale
p. 22
8. Tavolo tecnico Regionale
p. 22
9. Considerazioni finali
p. 22
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1. PREMESSA
L'autismo si è sempre configurato quale tematica ampiamente dibattuta negli ambienti scientifici e culturali
internazionali dall'iniziale individuazione e definizione all'epoca attuale. A tutt’oggi, pur essendo condivisa
la natura neurobiologica del disturbo, rimangono all’attenzione della comunità scientifica alcune grandi temi:
l'etiopatogenesi, la disomogeneità dei profili, i confini nosografici, le implicazioni diagnostiche e
prognostiche, nonché le relative modalità di presa in carico ed i modelli di intervento proposti.
Sono stati progressivamente elaborati strumenti diagnostici sempre più raffinati volti alla delineazione del
profilo cognitivo/neuropsicologico, del peculiare repertorio fenomenologico e delle modalità che ne
caratterizzano lo stile comportamentale e, parallelamente, sono stati teorizzati ed approntati modelli di
intervento, alcuni dei quali hanno ricevuto ampia validazione dalla comunità scientifica internazionale.
Ciononostante, permangono eterogenei i criteri di scelta dei protocolli di intervento proposti (taluni dei quali
privi di fondamento scientifico) sul singolo soggetto, continuandosi ad alimentare le "incertezze" ed il
disorientamento sia negli operatori direttamente coinvolti nel processo diagnostico e nella formulazione del
progetto terapeutico/riabilitativo, sia nei genitori degli individui affetti dal disturbo, sia infine all'interno delle
diverse agenzie preposte all'erogazione di servizi specifici.
Scopo del presente documento, elaborato dal gruppo di lavoro Regionale (composto da referenti della
Regione, dell’U.O. e Cattedra di NPI dell’Istituto G.Gaslini, di tutte le asl liguri, degli Enti locali,
dell’associazione di genitori ANGSA, a cui hanno collaborato i pediatri, l’associazione Sindrome di
Asperger e l’associazione ALBA/Chiavari) è, pertanto, quello di delineare percorsi diagnostici e riabilitativi
che si uniformino a principi e linee guida largamente condivisi dalla comunità scientifica nazionale ed
internazionale, da proporre ed attuare nell'ambito del nostro territorio regionale.
Il fine è quello di avviare un processo volto a garantire un'idonea rete di servizi, tracciando percorsi che,
seppure non univoci, non risultino approssimativi e/o dissonanti rispetto a parametri di riferimento già
validati.
Per la stesura del documento, facendo riferimento alle "linee guida per l'autismo" pubblicate dalla Società
italiana di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza (SINPIA, 2005), è stata fatta la scelta di una
metodologia di lavoro ampiamente partecipata che partisse dai principali bisogni visti dai servizi, ma
anche espressi dalle persone o dalle associazioni che le rappresentavano.
1.1 Definizione del disturbo
Il termine autismo identifica una disabilità permanente complessa, di natura neurobiologica, con esordio nei
primi tre anni di vita.
Le aree prevalentemente interessate sono quelle relative alla comunicazione, all'interazione sociale reciproca
ed al repertorio di interessi/attività (selettivi e ripetitivi); le anomalie comportano una significativa
compromissione dello sviluppo delle funzioni mentali con la conseguenza di una grave disabilità che può
assumere espressività variabile lungo il ciclo di vita.
Di fatto l'autismo rappresenta una condizione specifica all'interno di uno spettro di disturbi, definiti disturbi
dello spettro autistico o disturbi pervasivi dello sviluppo, secondo il manuale diagnostico
dell’Organizzazione Mondiale della sanità (DSM IV-TR).
Lo Spettro Autistico è un’entità eterogenea a genesi multifattoriale; l’elemento essenziale comune è il “core
autistico” (disturbo nell’interazione sociale con tendenza all’isolamento, nella comunicazione e anomalie
comportamentali con interessi selettivi atipici e con stereotipie) che si può riscontrare in contesti clinici
molto diversi fra loro.
All’interno dello Spettro Autistico (DSM IV-TR) vengono inclusi:
- il disturbo autistico;
- il disturbo di Asperger;
- i disturbi pervasivi dello sviluppo Non Altrimenti Specificato (NAS).
- il disturbo disintegrativo dell'infanzia.
Il disturbo di Rett tuttora incluso in tale spettro dal DSM IV-TR, rappresenta una condizione che si ritiene
opportuno differenziare in quanto seppure caratterizzato dalla presenza di tratti autistici nelle fasi evolutive
precoci, presenta specificità sul piano eziopatogenetico, fenomenologico e prognostico.
I disturbi dello spettro autistico risultano frequentemente associati (comorbilità) a condizioni quali epilessia
e/o anomalie EEG grafiche (25-30%), turbe dell'umore, condotte problematiche e manifestazioni di
etero/autolesionismo.
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1.2 Prevalenza
Sulla base dei dati attualmente disponibili, la stima di una prevalenza di 10 casi per 10.000 sembra la più
attendibile (Fombonne, 2003; Volkmar et al., 2004). Tale dato, confrontato con quelli acquisiti in passato, ha
portato a concludere che i disturbi dello spettro autistico risultino in atto 3-4 volte più frequenti rispetto a
quanto riportato in letteratura 30 anni fa (Fombonne, 2003; Yeargin-Allsopp et al., 2003).
La discordanza nelle stime di prevalenza che per alcuni autori pare evidenziare un incremento dei casi,
sarebbe da attribuire, ad una serie di fattori individuabili in:
- definizione di criteri diagnostici, che ha portato all'inclusione delle forme più lievi;
- diffusione di protocolli diagnostici standardizzati;
- maggiore sensibilizzazione e consapevolezza degli operatori e della popolazione generale;
- istituzione di servizi preposti alla fase diagnostica.
I disturbi dello spettro autistico presentano una prevalenza di sesso (rapporto M/F: 3-4/1) (Fombonne, 2003;
Skuse, 2000; Yeargin-Allsopp et al., 2003).
1.3 Aspetti prognostici
La prognosi, in termini di sviluppo di autonomie personali/sociali e di qualità della vita, risulta
significativamente condizionata dalla precocità e dall'adeguatezza dell'intervento riabilitativo; rimanendo
significative il grado di compromissione cognitiva, lo sviluppo del linguaggio espressivo, l'associazione di
disturbi in comorbilità e la presenza di condotte disadattive.
Dai dati riportati in letteratura, emerge che solo un terzo delle persone che presentano disturbi dello spettro
autistico acquisisce un grado di autonomia soddisfacente; la percentuale maggiore necessita di assistenza
continuativa.
2. PRINCIPI GUIDA PER IL PERCORSO DIAGNOSTICO E LA PRESA IN CARICO
Per favorire lo sviluppo delle potenzialità delle persone con disturbi dello spettro autistico, migliorare la loro
qualità di vita e quella dei loro familiari, risulta indispensabile una rete di servizi accessibile già dai primi
anni di vita del bambino, rigorosi per metodologia e flessibili nell'erogazione delle prestazioni.
I servizi con funzione di diagnosi e riabilitazione multidisciplinari devono fornire un supporto medico,
neuropsicologico e sociale, adeguati per fascia di età (infanzia, adolescenza ed età adulta) che prevedano
l'interazione con la famiglia, la scuola e, qualora possibile, il mondo del lavoro.
2.1 Identificazione precoce
L’importanza dell’identificazione precoce dei bambini con Disturbo dello Spettro Autistico è sostenuta
dall’evidenza clinico-scientifica che l’intervento precoce e intensivo determina una riduzione dei disturbi
correlati in epoche successive.
I vantaggi di una diagnosi tempestiva sono molti e comprendono la pianificazione precoce del trattamento, la
possibilità di fornire sostegno ed educazione alla famiglia, la riduzione dello stress, dell’angoscia dei genitori
e l’erogazione dell’appropriata assistenza medica al bambino.
In assenza di marcatori biologici specifici, il riconoscimento precoce (v. Tab. I) si basa sulle seguenti azioni
da parte dei Pediatri di Famiglia e degli Operatori dell’Asilo Nido e della Scuola Materna:
1) ascolto dei genitori, preoccupati da “segnali di allarme”
2) monitoraggio dello sviluppo psicomotorio, con attenzione allo sviluppo del linguaggio e
dell’interazione sociale
3) specifiche metodiche di screening. Lo screening costituisce una fondamentale tappa dell’iter
diagnostico ed è svolta essenzialmente dai Pediatri che effettuano il monitoraggio sull’evoluzione
dello sviluppo psicomotorio.
Esistono differenti metodiche (Vedi Allegati) che possono essere utilizzate dai pediatri, tra cui le
più usate sono, in ordine di complessità: 1) la valutazione proposta dall’American Academy of
Pediatrics; 2) le Bandiere Rosse dell’Autismo (Filipeck et al.); 3) la CHAT (Checklist for Autism in
Toddlers), a 18 mesi di età.
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Tab. I
Pediatri e Operatori di Asilo Nido e Scuola Materna
1. Ascolto dei genitori su/o osservazione diretta di:
Segni di allarme
- ritardo o atipie del linguaggio
- perdita di competenze già acquisite, specie nella comunicazione e nel gioco
- arresto di acquisizioni, specie linguistiche
- scarsa o assente o discontinua reattività se chiamato o nei confronti delle persone
- difficoltà di alimentazione, con restituzione dei cibi assunti e/o modalità ossessive
- bizzarrie comportamentali varie
2. Monitoraggio dello Sviluppo psicomotorio specie del linguaggio e dell’interazione
sociale
- durante i bilanci di salute dei pediatri
- nel lavoro con bambini al Nido e nella Scuola Materna
in particolare
entro i 12 mesi assenza di lallazione, di gesti finalizzati
(indicazione, fare ciao)
- a 16 mesi assenza di parole
- a 24 mesi assenza di “associazione” di due parole
3. Metodiche di Screening
- Valutazione proposta dell’American Accademy of Pediatrics
- Le Bandiere Rosse dell’Autismo (Filipeck et al)
- Checklist for Autism in Toddlers (C.H.A.T., Baron Cohen et al)
2.2 – Percorso Diagnostico
Una volta formulato il sospetto clinico di Disturbo dello Spettro Autistico è necessario effettuare
approfondimenti clinici a vari livelli per la conferma della diagnosi e la definizione del quadro clinico
globale con l’identificazione di possibili condizioni mediche sottostanti o associate al DSA.
I casi sospetti devono quindi essere inviati a valutazione del Neuropsichiatra Infantile della ASL di
riferimento (nominativi, indirizzi e recapiti telefonici verranno riportati in un apposito elenco inserito sul
Sito web della Regione Liguria).
Il Processo Diagnostico, finalizzato a valutare un bambino per il quale sia stato formulato un sospetto di
autismo, ha lo scopo di raccogliere le informazioni utili a "conoscere" il bambino nel suo complesso, la
famiglia e l'intero contesto ambientale.
Accanto all'osservazione diretta del bambino, è particolarmente importante infatti poter disporre di dati
attendibili relativi al comportamento del bambino in svariati contesti (famiglia, scuola, attività del tempo
libero).
La diagnosi di Autismo è basata su criteri esclusivamente comportamentali specifici, in quanto non esistono
indagini strumentali e/o di laboratorio con significato diagnostico. Inoltre il quadro clinico può essere
talvolta complicato da una serie di sintomi ”accessori” dovuti alla presenza, in comorbidità, di diverse
situazioni cliniche.
La presa in carico diagnostica deve essere realizzata da una équipe, in cui siano rappresentate, oltre al
neuropsichiatra infantile, le figure dello psicologo, del terapista della neuropsicomotricità dell'età evolutiva,
del logopedista, dell'educatore.
Il neuropsichiatra infantile e tutte le altre figure che completano l'équipe devono aver maturato specifiche
esperienze nell'ambito dei disturbi pervasivi dello sviluppo.
La presa in carico diagnostica va distinta in:
1) diagnosi nosografica;
2) diagnosi funzionale.
Mentre la diagnosi nosografica ha lo scopo di classificare all’interno di categorie riconoscibili, la
valutazione funzionale ha lo scopo di delineare i fenotipi dei diversi soggetti, tenendo conto delle
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variazioni nelle competenze che avvengono su base temporale e sulla base dei diversi interventi, e quindi di
orientare l’intervento riabilitativo individualizzato.
La valutazione funzionale, infatti, per sua natura:

è individualizzata e specifica, esula da definizioni generali e quindi considera l’individuo per come
funziona in un certo ambiente;

mette in luce le aree di potenzialità e non solo le carenze;

parte dall’esigenza di dare risposte ai bisogni;

suggerisce modalità e tecniche specifiche di intervento;

è dinamica, soggetta per sua natura a modifiche periodiche sulla base dell’evoluzione del quadro;

permette di valutare l’esito degli interventi;

è uno strumento interdisciplinare.
È fondamentale che il percorso di valutazione funzionale avvenga attraverso strumenti oggettivi che
consentano di quantificare-verificare-confrontare i dati emersi.
Nello specifico dell’autismo, il percorso di valutazione comprende i seguenti aspetti (adattata dalle linee
guida dell’American Academy of Neurology e della Child Neurology Society):
 valutazione cognitiva;
 valutazione neuropsicologica e in particolare del linguaggio e della comunicazione;

valutazione del comportamento adattivo;
 valutazione psicoeducativa e occupazionale;
 valutazione delle risorse famigliari.
 valutazione dell’ambiente e del contesto.
La valutazione clinica deve quindi coprire sistematicamente diverse aree: storia dello sviluppo della
patologia, valutazione psicologica e delle abilità sociali e personali, esami strumentali e laboratoristici,
neuropsicologici, neuromotori, ecc.
Restituzione.
Al compimento del percorso diagnostico viene stesa la relazione clinica conclusiva sulla diagnosi, sul profilo
comportamentale/neuropsicologico e sul progetto di trattamento: questa contiene anche una chiara
indicazione dei deficit o punti di debolezza, ma anche delle abilità o punti di forza nelle varie aree di
sviluppo, esplicitando ed evidenziando l’importanza fondamentale dei un lavoro multidisciplinare (terapia,
famiglia, scuola) e dei controlli longitudinali.
L’incontro con i genitori, quando è possibile con il medico inviante, prevede la comunicazione della
diagnosi, fornendo indicazioni sulle possibili evoluzioni a distanza, sul panorama degli approcci terapeutici,
sulle risorse che offre il territorio di appartenenza, sulle caratteristiche del percorso terapeutico
“personalizzato” a breve e a medio termine.
I controlli, intesi come valutazioni periodiche dello sviluppo e dei suoi cambiamenti, permettono di volta in
volta: la verifica della validità degli interventi (per es. neuropsicomotricità, logopedia, attività
psicoeducativa) che nel frattempo sono stati praticati e dove necessaria una riformulazione del progetto
terapeutico rispondente alle nuove esigenze del soggetto.
Le verifiche costanti dei progetti, pianificate nel percorso terapeutico, rappresentano una fase
essenziale per evitare interventi inutili e poco adeguati e l'eventuale spreco di risorse.
2.3 Caratteristiche della presa in carico
Attualmente si ritiene che non esista “il trattamento” che risponda alla complessità dei disturbi generalizzati
dello sviluppo ed in particolare dell’autismo. La pervasività del disturbo la molteplicità dei quadri clinici e
la possibile cronicità del disturbo richiedono l’integrazione dei vari modelli d’intervento.
La presa in carico riabilitativa necessita di:
- interdisciplinarietà;
- coordinamento fra servizi rivolti all'intero ciclo di vita;
- coordinamento fra servizi e famiglia;
- formazione specifica/continuativa degli operatori e delle famiglie;
- progetto educativo globale individualizzato;
- sistematicità/continuità/flessibilità dell'intervento;
- adattamento ambientale.
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 Presa in carico globale da parte di una rete di servizi, con interventi coordinati da un NPI dell’A.S.L.,
referente per il singolo caso.
La terapia non è solo quella che si fa nel presidio terapeutico, ma comprende tutte le opportunità offerte al
soggetto di agire ed interagire nei diversi contesti di vita; infatti è fondamentale un allenamento specifico
anche nella vita quotidiana (diversi ambienti e con varie figure -> insegnanti/ famiglia) che può facilitare il
processo di generalizzazione.
Istituto
Gaslini
Distretto
socio-sanitario
Strutture
Riabilitative
GGaslin
iG.Gasli
ni
NPI
Territoriale
Pediatri
Scuola
Famiglia
Intervento in età precoce, non appena sussista il sospetto di autismo
 Presa in carico della famiglia e sostegno alla relazione genitori-bambino
Programmi individualizzati negli obiettivi e nelle strategie con periodici follow-up (8-12 mesi) di
verifica e rimodellamento del progetto.
Sviluppo delle potenzialità a compenso delle disabiltà, a partire dal profilo di punti di forza e punti deboli del
soggetto.
Sensibilità evolutiva e quindi conoscenza delle tappe evolutive inerenti le aree delle abilità di relazione
sociale e di comunicazione, area delle abilità di sviluppo, area delle abilità pratiche con successiva
previsione di programmi di stimolazione, generalizzazione e mantenimento delle abilità acquisite; adatti ad
accompagnare e a preparare il soggetto lungo tutto percorso di vita.
Coinvolgimento dell’ambiente: famiglia, scuola e altre agenzie che si ispirino nei loro interventi ai
principi delle terapie in atto, in modo che tutti gli spazi esperienziali del soggetto autistico acquisiscano una
valenza terapeutica (per es. osservazioni e consulenze domiciliari e in ambito scolastico).
La terapia non si riduce solo a elicitare la comparsa di un determinato comportamento o a scoraggiarne un
altro, ma deve piuttosto aiutare il soggetto ad adattarsi alla realtà circostante cercando di fargli percepire ed
interiorizzare le leggi, le caratteristiche e le strutture che la regolano.
 Ambiente prevedibile e facilitante (con attenzione agli arredi, ai colori e alla quantità degli stimoli),
mediante una chiara strutturazione dei tempi: per es. durata dell’attività ( modalità per comunicarne l’inizio e
la fine, risposte da dare quando il bambino vuole smettere o vuole ancora giocare, utilizzo di appositi ausili,
etc.), degli spazi e delle attività nel corso della giornata abituale.
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Materiali che dovrebbero essere adeguati rispetto all’età e non rappresentare un fine per sé, ma
dovrebbero essere impiegati per aiutare i soggetti ad apprendere abilità essenziali (per es. compiti di tipo
visivo inseriti nelle attività aventi lo scopo di insegnare abilità linguistiche e sociali).
 Generalizzazione quindi delle strategie impostate in terapia; uno strumento, in fase di
sperimentazione, che si sta rivelando utile è il Quaderno delle Comunicazioni di Rete (v. Allegato 2).
Interventi intensivi, globali, continuativi che prevedano l’uso integrato di più metodi e strumenti
validati per il trattamento, che utilizzino insegnamenti strutturati e sistematici e garantiscano un percorso
individualizzato.
Progettualità caratterizzata da un ordine sequenziale di tappe e da una definizione chiara degli obiettivi e
delle strategie utilizzate per raggiungerli:
 stabilire punti di partenza
 individuare tappe sequenziali
 predisporre un sistema di raccolta dati e valutazione dei risultati.
Riferimento a programmi consolidati e ben documentati con:
 solida base teorica (modelli caratteristici di funzionamento neuropsicologico)
La presa in carico abilitativa, a seconda delle specificità, può ispirarsi infatti all’integrazione di strategie di
intervento che fanno riferimento ad approcci sia “comportamentali” (per es. ABA: Applied Behavior
Analysis; D.D.T.: Discrete Trail Training -> Insegnamento in Sessioni Separate), sia comportamentali
naturalistici (PRT: Pivotal response Training, TEACCH) che “evolutivi” (per es. FLOOR TIME,
DENVER,
etc.). Utile può risultare anche il metodo Delecato per le stimolazioni sensoriali
(sensibilizzazione o desensibilizzazione).
V Allegato 3.
La loro applicazione varia in funzione di differenti fattori, quali per es. l’età, il grado di compromissione
funzionale nell’ambito di ciascuna delle aree patognomiche, l’operatività globale.
efficacia comprovata nelle aree compromesse (area delle abilità di relazione sociale e di comunicazione;
area delle abilità di sviluppo; area delle abilità pratiche).
Trattamenti controversi sono invece quelli basati su teorie scientifiche semplificate:





indicati per più di una condizione;
non individualizzati sulla base del profilo del bambino;
non indicanti comportamenti target e obiettivi specifici;
garantiti come assolutamente efficaci, non aventi effetti collaterali e quindi non necessitanti di studi
controllati;
ritenuti efficaci sulla base di case reports o di dati aneddotici, piuttosto che sulla base di ricerche
rigorose caratterizzate dal confronto con gruppi di controllo.
ETÀ PRESCOLARE
Caratteristiche dell’intervento
La terapia deve contemplare dei supporti gestuali, verbali, esecutivi, tattili, etc. e una
strutturazione degli ambienti e/o delle attività adattati al singolo bambino.
Abilitazione nelle seguenti aree:
 Comunicazione
Stimolare l’emergere dell’imitazione e del gioco:
- funzionale
- simbolico
- di finzione
- immaginario
Sviluppare l’intenzione comunicativa
Favorire le differenti modalità di comunicazione:
- gestuale (per es. gesti deittici e protodicharativi)
- simbolica (per es. CAA, linguaggio verbale)
 Interazione sociale
Partire dalla motivazione e dagli interessi del bambino.
Favorire l’attenzione congiunta e la turnazione.
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Enfasi sulla condivisione emotiva e sul riconoscimento e comprensione delle
proprie ed altrui emozioni
 Compartamento Adattivo
▪ Incentivare le autonomie personali-sociali:
▪ Schemi di lavoro e task-analysis mediante l’utilizzo
preferenziale del canale visivo (per es. strisce
quotidiane)
▪ Strutturazione visiva
 La continuità e la stabilità dell’attività del bambino viene incoraggiata:
- con la scelta di materiale semplice
- con compiti descritti chiaramente
- con uno scopo distintamente percepibile
- con azioni facili da anticipare
 Frequenza: Il numero dei trattamenti settimanali, definito sulla base del progetto riabilitativo
personalizzato, può comprendere logopedia, psicomotricità e interventi psicoeducativi e deve essere integrato
nel lavoro di strutturazione e stimolazione a casa e a scuola, secondo le modalità consigliate dalle Linee
Guida SINPIA.
 Coinvolgimento attivo delle famiglie e degli insegnanti, con visite e interventi in loco.
Informazione e formazione dei genitori: incontri di chiarificazione sulla natura del disturbo autistico;
counselling;
inserimento, in qualunque momento del
percorso, in gruppi di auto-aiuto, parent-training.
Informazione e sensibilizzazione degli insegnanti: - incontro di chiarificazione sulla natura
(di classe e di sostegno)
del disturbo autistico;
- presentazione clinica dell’alunno
con discussione della Diagnosi Funzionale e
successiva condivisione del Profilo Dinamico
Funzionale (PDF) e del Piano Educativo
Individualizzato (PEI);
- incontri di verifica e supervisione con
aggiornamento del PEI;
- comunicazione strutturata scuola, centro di
riabilitazione, casa (anche attraverso l’eventuale
utilizzo del quadernetto di comunicazione rete).
Follow-up dei progetti riabilitativi: valutazione multidisciplinare dell’efficacia degli interventi.
 Valutazione del grado di generalizzazione delle strategie proposte in terapia nell’ambiente familiare e
scolastico
Attenzione al gradimento (famiglie).
ETA’ SCOLARE
Caratteristiche dell’intervento
Gli interventi mirano a stimolare le abilità linguistiche, lo sviluppo delle capacità percettive e di
esplorazione dell’ambiente, a promuovere l’acquisizione dei prerequisiti e delle competenze di base
(schema corporeo, disegno, scrittura, lettura, etc.), a facilitare la partecipazione attiva alla vita del gruppoclasse come preparazione ad un’integrazione sociale più ampia.
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E’ fondamentale infatti considerare altre abilità quali quelle di ricreazione e tempo libero, le abilità
scolastiche funzionali, le attività di vita quotidiana (per es. igiene, pulizia, sicurezza, etc.), il funzionamento
comunitario (per es., trasporti, uso e gestione del denaro, sessualità).
Adattamento dell’ambiente, che deve essere prevedibile e sicuro:
- minimizzare i cambiamenti;
- offrire una consistente routine giornaliera;
- preparare il bambino in anticipo per le attività speciali, per ogni cambiamento nella routine o per
l’inserimento di persone nuove (insegnanti e/o scolari) o esperienze in ambienti nuovi;
 Elementi di strutturazione dei compiti scolastici e non.
- compiti frammentati in piccole unità con feedback frequenti;
- divisione del compito in sessioni di tempo + intervallo di tempo personale per completare;
- presentazione di compiti e test con modalità visive e concrete;
- utilizzo di cartelline con schede quotidiane, ad es. per i lavori completati e i compiti da fare a casa;
- utilizzo di schede similari per le comunicazioni scuola/famiglia, per il gioco ed il tempo libero;
Frequenza: Il numero dei trattamenti settimanali (indicativamente 2-4), elaborato sulla base del progetto
riabilitativo personalizzato, possono comprendere attività logopedica/psicopedagogica
e interventi
psicoeducativi (prioritari nella fascia adolescenziale) e devono essere integrati nel lavoro di strutturazione e
stimolazione a casa e a scuola, secondo le modalità consigliate dalle Linee Guida SINPIA.
 Coinvolgimento delle famiglie e degli insegnanti.
STRUMENTI
Follow-up del profilo comportamentale/neuropsicologico e dell’inserimento scolastico da parte
dell’equipe sanitaria attraverso i seguenti strumenti:
- valutazioni funzionali con strumenti accreditati (neuropsicologici e/o PEP-3)
- programmi individuali a partire dalla valutazione individuale (es. PEI)
- presenza dell’insegnante di sostegno
- eventuale presenza di assistenza specialistica scolastica.
- formazione del personale scolastico sulle strategie educative per l’Autismo applicate all’alunno
- supervisioni corpo insegnante, revisione periodica dei programmi individuali (PDF –PEI ) mediante
incontri che integrino i vari contesti (incontri di verifica e supervisione con aggiornamento del PEI) più
eventuale utilizzo quadernetto comunicazione scuola, terapia, casa ed eventuali contatti telefonici.
- formazione dei compagni (supervisione al gruppo-classe)
- integrazione del progetto con eventuale presenza di personale educativo a domicilio e/o inserimento in
progetti educativi extra-scolastici individuali e non.
- valutazione dell’efficacia dei progetti riabilitativi (riunioni dell’équipe multidisciplinare). Sintesi annuale
del lavoro effettuato.
- valutazione del grado di generalizzazione delle strategie proposte in terapia nell’ambiente familiare e
scolastico
- attenzione al gradimento (personale educativo e famiglie).
2.5 Oltre la Scuola
Con l’adolescenza molti comportamenti possono subire un drastico miglioramento, mentre altri possono
peggiorare notevolmente. Come per tutti gli adolescenti, anche gli autistici crescendo fanno i conti con le
difficoltà di adattamento al corpo che cambia, alla sessualità emergente, alle trasformazioni nei processi
pensiero e nelle capacità di osservazione e valutazione di sé e del mondo circostante. Le tensioni e il senso di
confusione che accompagna lo sviluppo puberale, possono determinare nell’adolescente autistico un
incremento dell’isolamento, di comportamenti stereotipati, o la comparsa di aggressività. Allo stesso tempo,
per la maggiore sensibilità agli aspetti di confronto sociale che la fase di sviluppo comporta, l’adolescente
con autismo, soprattutto se meno compromesso dal punto di vista cognitivo, può fare i conti per la prima
volta, con la consapevolezza delle proprie differenze rispetto ai coetanei (mancanza di amici, di interessi
condivisibili, di progetti per il futuro). Questo aspetto può fare emergere disturbi dell’umore, che necessitano
spesso di un trattamento specifico.
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La maggiore attenzione agli aspetti psico-sociali della vita degli adolescenti autistici condizionerà la scelta di
alcuni interventi specifici:
 programmi di training per l’attività sociale e l’indipendenza (organizzazione e gestione del tempo
libero, con attenzione per gli interessi personali; incontri protetti rivolti all’integrazione sociale);
 programmi mirati alla formazione professionale e all’inserimento lavorativo ( scuole di formazione
professionale con classi specializzate; inserimento lavorativo protetto).
Troppi bambini e adolescenti con autismo sono ancora esclusi dal mondo dell’educazione, anche
dell’educazione specializzata, e non possono contare su alcuna forma di assistenza al di fuori delle cure
parentali. Le conseguenze della mancanza di un sostegno adeguato peggiorano con l’avvento
dell’adolescenza e dell’età adulta. L’assenza di prospettive adeguate di una vita adulta dignitosa può ben
presto trasformare lo stress della famiglia in disperazione, e non esiste genitore di persona autistica che non
si sia augurato di sopravvivere al proprio figlio, per non doverlo abbandonare ad un futuro di emarginazione.
Questi sentimenti non fanno che incrementare il senso di colpa e di impotenza delle famiglie, e nel caso in
cui i genitori vengano lasciati soli senza il supporto di servizi specializzati possono comportare in casi
estremi dei rischi per la vita stessa della persona con autismo.
La particolare pervasività della triade sintomatologica autistica e l’andamento cronico del quadro patologico,
possono configurare nell’età adulta condizioni di disabilità assai profonde, con gravi limitazioni nelle
autonomie e nella vita sociale. Queste condizioni hanno notevoli ripercussioni sul carico economico ed
esistenziale che la famiglia deve assumersi, e che richiedono anche costi finanziari elevatissimi per la
comunità, per i servizi socio assistenziali che vanno in questi casi organizzati. Attualmente un’altissima
percentuale (dal 60 al 90%) di autistici diventano adulti non autosufficienti, e continuano ad avere bisogno
di cure per tutta la vita.
Un numero molto minore di soggetti autistici (15-20%) è in grado di vivere e lavorare all’interno della
comunità con vari gradi di indipendenza.
Le persone con autismo hanno un’aspettativa di vita normale ed è fondamentale che siano adottate delle
politiche sociali e sanitarie per le quali sia rispettato il diritto fondamentale ad una vita piena e soddisfacente
nei limiti delle possibilità individuali.
Anche nell’età adulta il NPI è spesso responsabile della presa in carico globale del caso; dopo la
valutazione clinica e la conoscenza dell'utente viene elaborato un progetto riabilitativo che può essere
attuato, in forma diretta o accreditata, nelle seguenti modalità:
 in regime ambulatoriale
 in regime domiciliare
 in regime semiresidenziale
 in regime residenziale
In particolare il progetto riabilitativo può comportare:
 la presa in carico da parte dello specialista medico/psicologo per colloqui di sostegno con la
famiglia e, quando possibile, con il paziente stesso
 eventuale trattamento farmacologico
 la presa in carico in psicoterapia da parte del NPI/psicologo nei casi in cui vi sia l’indicazione
 la presa in carico da parte dell'assistente sociale per pratiche di invalidità, colloqui di sostegno
alla famiglia
 il sostegno per l’inserimento scolastico e adempimento dei compiti previsti dalla legge 104/92 e
17/99
 l’attuazione di interventi educativi (sociali e sanitari)
 la segnalazione ai servizi di inserimento per il progetto di addestramento ed eventuale
avviamento al lavoro
 la collocazione in strutture residenziali o in centri semiresidenziali
 il sostegno per l’inserimento in gruppi di volontariato, attività sportive adattate e varie a
carattere ludico, artistico, sociale.
Servizi residenziali e/o semiresidenziali e risposte di sollievo
Tali servizi a carattere socio-sanitario sono rivolti a soggetti con un grado medio-alto di compromissione che
necessitano di una tutela assistenziale e riabilitativa medio-alta.
13
Si ritiene che più che a servizi “dedicati” ci si debba rivolgere ai servizi “di tutti”, creando dei piccoli gruppi
con operatori con cultura sull’Autismo continuamente formati sui modelli psicoeducativi maggiormente
indicati nell’Autismo (TEACCH, ABA).
Per i servizi residenziali i ricoveri di sollievo potrebbero avere l’obiettivo di realizzare al meglio le pari
opportunità della persona con Autismo di una vita indipendente dalla famiglia in età adulta.
Caratteristiche dell’intervento:
 (ri)abilitazione delle aree della comunicazione funzionale, dell’interazione sociale e del
comportamento adattivo
 funzionalità all’acquisizione di autonomie personali
 adattamento dell’ambiente
 strutturazione dei compiti
 task-analysis
 coinvolgimento delle famiglie
Strumenti:
 Valutazioni funzionali individuali con strumenti accreditati
 Programmi individuali a partire dalle valutazioni individuali
 Follow-up e supervisioni esterne dei programmi individuali
 Formazione permanente del personale
 Valutazione dell’efficacia (comunicazione, interazione sociale, abilità lavorative,
comportamento adattivo)
 Valutazione del gradimento (personale educativo e famiglie)
Va affrontata l’esigenza di aggregazione e di contatto con i pari che le persone disabili con ridotte
autonomie e con necessità di tutela e mediazione educativa presentano anche a seguito di un forte
depauperamento della rete amicale e spesso anche parentale.
Vengono pertanto pensati momenti di incontro con una riduzione degli interventi individualizzati a fronte di
un ampliamento e introduzione di interventi di gruppo.
Nell’ottica del sistema integrato degli interventi si segnala la necessità di realizzare progetti più aperti e
flessibili volti a persone che fruiscono di attività lavorative integrate da frequenza a centri diurni e comunità
alloggio.
Interventi educativi (domiciliari)
Nel percorso abilitativo dei soggetti adulti con autismo è di notevole importanza la possibilità di mantenere
le autonomie raggiunte e di acquisirne delle nuove attraverso interventi educativi.
E’ compito dell’equipe (NPI, psicologo, assistente sociale, educatore ecc.) che segue il ragazzo individuare
gli obiettivi educativi da raggiungere sulla base dei quali viene elaborato il progetto educativo
individualizzato.
Tale intervento va riservato a casi per cui esiste un’appropriata indicazione altrimenti si ritiene che in questa
fascia d’età vadano privilegiati interventi psicoeducativi di gruppo.
Lavoro
La possibilità di formazione ed eventualmente inserimento lavorativo costituisce un punto fondamentale nel
percorso di abilitazione e integrazione sociale.
Vogliamo qui riportare alcune considerazioni della Dott.ssa Mariani Cerati:” a partire dagli anni 70 sempre
più la funzione della scuola si è andata sganciando da quella classica dell’imparare a leggere, scrivere e far di
conto. Accogliendo bambini sempre più gravi o poco propensi ad acquisire le tradizionali nozioni
scolastiche, la scuola è diventata sempre più scuola di vita e socializzazione…. Ma i bambini crescono e,
nella maggior parte dei casi, la disabilità rimane: se il luogo naturale dove un bambino incontra i coetanei è
la scuola, in età adulta alla scuola dovrebbe sostituirsi un posto di lavoro”. Certamente questo non è attuabile
per tutti ma laddove esistano la possibilità e le potenzialità della persona nulla deve rimanere intentato e il
lavoro scolastico e riabilitativo deve essere mirato a tale obiettivo
Pertanto i soggetti che sembrano possedere la capacità di assumere un ruolo lavorativo (anche parziale)
devono essere segnalati ai servizi dell’inserimento al lavoro.
14
I valori e le azioni professionali dei servizi di inserimento al lavoro, nati nella nostra regione negli anni ’70 e
teorizzati dal Dott. Montobbio, si basano sulla centralità della persona e il riconoscimento del suo essere
"diversamente abile" e comunque risorsa della comunità. I percorsi di integrazione nel mondo del lavoro
offerti sono parte del globale intervento di riabilitazione psico-sociale e di integrazione rivolti alle persone
disabili e ne rappresentano la fase conclusiva. A tal fine il progetto di integrazione lavorativa viene realizzato
in accordo con il servizio segnalante, la persona disabile e la sua famiglia, in quanto parte del progetto di
vita.
Vengono utilizzati percorsi di mediazione al lavoro supportati da idonei strumenti quali Tirocini di
Formazione in Situazione e Tirocini Finalizzati all’Assunzione; per percorsi dichiaratamente socio
assistenziali senza l’obiettivo dell’assunzione si attivano i progetti ILSA ( Inserimenti lavorativi Socio
Assistenziali )di autorealizzazione lavorativa. L’attività svolta dai servizi ha come obiettivo fondamentale di
porre le persone in grado di sviluppare le proprie potenzialità e di supportare le aziende.
Secondo l’European Foundation for The Improvement of Living and Working Condition, Fondazione
Europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro questi servizi rivestono un ruolo importante.
Con il metodo della formazione in situazione si eleva lo standard di abilità delle persone. Tale aspetto,
congiunto con l’assunzione di responsabilità del progetto, la consulenza e l’assistenza alle aziende a lungo
termine, favorisce il ridimensionamento della percezione del rischio da parte delle aziende stesse favorendo
collaborazione e successi di inserimento.
I servizi per l’inserimento al lavoro oltre a fornire consulenze alle aziende lavorano in rete con associazioni
di categoria, con le associazioni delle persone disabili, con i servizi che inviano gli utenti sia sanitari che con
gli operatori sociali dei Comuni, con la Provincia, con i Centri per l’Impiego, con i servizi analoghi della
regione, con le commissioni di invalidità per l’individuazione delle persone disabili ai sensi della circolare
del 13 gennaio 2000, attuativa della legge 68/99, alcuni operatori sono membri del Comitato Tecnico
previsto dalla stessa legge.
Si privilegiano modelli di intervento che non insegnano solo un lavoro ma mirano a insegnare a lavorare
valorizzando le sue risorse come persona. Il modello “Insegnare a lavorare “prevede che sia responsabilità
dell’azienda tramite un tutor aziendale (colleghi, supervisore ) l’insegnamento delle mansioni. L’obiettivo di
questo modello non è solo l’apprendimento della mansione ma il miglioramento delle abilità sociali quali
l’autonomia emotiva, le capacità relazionali, la stima di sé, la sua crescita personologica e le abilità di
socializzazione lavorativa.
Si riporta di seguito la esperienza della asl 4 che vede il Progetto Aladino (Autorealizzazione Lavorativa
Disabili Nucleo di Osservazione) con lo scopo di autorealizzazione lavorativa. Il progetto afferisce ai
progetti ILSA; tale esperienza viene riportata in quanto si ritiene che sia trasferibile nelle varie realtà liguri
inoltre offre una ulteriore possibilità di integrazione con una mediazione non eccessivamente impegnativa.
L’inserimento e l’integrazione sociale dei disabili ha permesso, con percorsi di mediazione, l'ingresso nel
mondo del lavoro.
Esiste tuttavia per alcune situazioni con elevato livello di compromissione, l’impossibilità di accedere a
posizioni lavorative stabili; l'esperienza di anni di integrazione ha consentito di evidenziare una fascia di
utenza che, proprio grazie all’integrazione scolastica e in particolare della formazione professionale ha
acquisito abilità di socializzazione e capacità lavorative, tali da consentire una permanenza nel mondo del
lavoro anche se senza finalità di assunzione .
Tale progetto con caratteristiche socio-assistenzialiI1, ha finalità di autorealizzazione lavorativa e risponde a
bisogni non sempre coperti dagli Inserimenti Lavorativi Socio Assistenziali (progetti ILSA), bisogni di
supervisione, di contatto con modelli di normalità, e di rapporto con “i pari”. Questo progetto fa pertanto
parte dei percorsi socio assistenziali e può considerarsi un’ alternativa ai centri diurni.
Il principale obiettivo del progetto è quello di consentire un percorso che consenta di mantenere le abilità e le
autonomie acquisite e favorendone delle nuove attraverso il contatto con il mondo del lavoro e anche di
mantenere il contatto con i pari essendo consci dei fatto che nel corso degli anni per i soggetti inseriti in
progetti di autorealizzazione lavorativa (ILSA) dove le persone sono sole in azienda, la rete amicale si
depaupera enormemente.
2.6 Trattamento Farmacologico
15
L'approccio psicofarmacologico per l’Autismo attualmente ha valenza sintomatica, pertanto deve essere
utilizzato solo quando la gravità del sintomo compromette eccessivamente la qualità di vita del soggetto ed
interferisce pesantemente con il suo programma abilitativo-educativo.
L'intervento farmacologico non può pertanto rappresentare il trattamento unico o di elezione, bensì va
inserito nell'ambito del progetto definito per quel bambino.
Per i trattamenti dietetici e per quelli "alternativi" non è stata comprovata una chiara efficacia.
La scelta di un farmaco non deve mai essere l’unica opzione del trattamento del disturbo autistico, ma deve
essere inserito in un contesto terapeutico globale. In alcune realtà il servizio che eroga il farmaco non
coincide con il servizio che ha in carico il pz., per cui è necessario individuare modalità di interazione che
ogni ASL individui un protocollo di intervento tra quest’ultimo e il servizio di assistenza psichiatrica.
2.7 L'intervento rivolto ai genitori
Un intervento per gli individui con disturbi dello spettro autistico, soprattutto in età evolutiva, deve essere
centrato sulla famiglia, che si configura come uno spazio privilegiato per il conseguimento degli obiettivi
considerati critici in questa particolare fascia di età.
Con riferimento a tali obiettivi, la famiglia si pone, particolarmente in una prima fase, come destinatario
dell'intervento con l’attivazione di un sostegno ai familiari e alla relazione genitori-bambino
I Gruppi di Auto Mutuo Aiuto (AMA) per i familiari dei bambini affetti da Disturbi dello spettro autistico
possono offrire la possibilità di mettersi in contatto, di scambiarsi informazioni e condividere il momento
difficile della diagnosi.
Gli interventi rivolti alla famiglia si prefiggono, non solo, che i genitori raggiungano un adeguato livello di
conoscenza della patologia quale disabilità evolutiva, ma che vengano formati in modo che la famiglia possa
diventare partner attivo nella realizzazione del progetto.
La metodologia più idonea per rispondere a questi bisogni utilizza gli interventi di parent training (con
utilizzo di video e/o role playing)che mirano a far acquisire specifiche competenze, maggiore coerenza ed
efficacia educativa ai familiari.
Gli obiettivi principali da perseguire con le famiglie sono:
-favorire una visione realistica della condizione del bambino (sia nei genitori che nei fratelli), la
comprensione dei deficit insiti nel disturbo e delle abilità presenti;
-promuovere la disponibilità dei familiari a collaborare efficacemente nell'attuazione del progetto
riabilitativo;
-fornire loro consulenza psico-educativa (modalità educative alternative a quelle abitualmente utilizzate) e
sui sistemi di comunicazione codificati in relazione alla tipologia del bambino (per es. CAA);
-incoraggiare atteggiamenti propositivi e dialettici nei genitori relativamente alle strategie educative ed alla
definizione degli obiettivi e, quindi, nella formulazione del piano di trattamento;
- orientarli e sostenerli nelle scelte;
- creare una rete di supporto sul territorio.
3 I SERVIZI DI NEUROPSICHIATRIA INFANTILE
I Servizi territoriali di NPI svolgono un ruolo centrale di continuità nei percorsi diagnostici, preventivi,
terapeutici e presa in carico e di attenzione alla qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie e di follow
up sull’efficacia complessiva del trattamento.
Questi compiti sono svolti anche con la collaborazione delle Unità operative di neuropsichiatria infantile
ospedaliera ed universitaria per le funzioni di livello diagnostico, di partecipazione alla definizione del
progetto terapeutico e per tutto ciò che riguarda gli esami strumentali e per le terapie necessitanti in regime
di ricovero.
3.1 Pediatra di libera scelta-medico di medicina generale
Il pediatra di libera scelta e il medico di medicina generale sono sempre più soggetti attivi della rete e di
riferimento per i servizi di neuropsichiatria infantile.
Il primo livello di questa rete assistenziale va individuato nel pediatra di libera scelta.
Lo studio del pediatra è la sede di "primo contatto naturale" con la patologia ed il pediatra è l'operatore
sanitario che ha un ruolo fondamentale per il rilievo degli indicatori relazionali, comunicativi e
comportamentali che orientano verso una diagnosi precoce di disturbo dello spettro autistico.
4. FORMAZIONE
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La formazione degli operatori, implicati a vario titolo nella gestione delle problematiche poste dai soggetti
autistici, rappresenta il presupposto indispensabile per porre gli interventi in linea con i più moderni e
accreditati protocolli operativi e terapeutici e dare garanzie di appropriatezza e di efficacia.
5. RICERCA
Negli ultimi decenni la ricerca neurobiologica ha permesso di identificare tutta una serie di condizioni
(malformative, genetiche, metaboliche, etc.) associate al fenotipo comportamentale autistico. Al momento
attuale si stima che almeno il 10% di tutti i casi di disturbo autistico debba esser considerato "sintomatico".
Sulla base di convincenti evidenze acquisite e replicate da diversi studi internazionali, si ritiene oggi che
esistano all'interno dello spettro autistico differenti sottogruppi eziologici.
La ricerca porrà comunque attenzione:
a) sui meccanismi eziopatogenetici di natura neurobiologica che stanno alla base del disturbo;
b) sulla elaborazione e validazione di protocolli e modelli d'intervento innovativi;
c) sugli studi di follow up con valutazioni di processo e di esito.
6. TAVOLO TECNICO REGIONALE
Il tavolo tecnico di lavoro regionale è l’organismo che facilita il confronto tra le varie realtà socio-sanitarie
esistenti sul territorio regionale e non, promuovendo opportunità formative e omogeneità di interventi,
nonché attività di monitoraggio; si propone come luogo d’elezione per la continua riflessione, elaborazione e
proposizione sulla tematica dei Disturbi dello Spettro Autistico.
17
Allegato 1
Anamnesi
Anamnesi familiare
Presenza di Ritardo Mentale
Presenza di patologia psichiatrica
Presenza di Disturbi del Linguaggio
Anamnesi fisiologica
Decorso della gravidanza e parto
Periodo neonatale
Sviluppo psicomotorio
Anamnesi patologica remota e prossima
Patologie significative
Allergie, dermatiti
Otiti
Disturbi gastroenterici
Interventi chirurgici
Episodi convulsivi
Segni e sintomi riferibili a sindromi specifiche
Età e modalità di esordio di segni e sintomi del Disturbo dello Spettro Autistico
Caratteristiche del disturbo allo stato attuale
Esame obiettivo somato-neurologico
Ricerca di segni e sintomi riferibili a malattie genetiche e/o condizioni mediche sottostanti
( ad es. segni dismorfici, macchie acromiche o chiazze caffè-latte sulla cute, parametri
auxologici,….)
Esame neurologico; disprassia, impaccio motorio
Esame clinico
Lo scopo degli esami laboratoristici, biochimici, elettrofisiologici, neuroradiologici è quello di identificare
condizioni mediche sottostanti o associate al Disturbo dello Spettro Autistico, al fine di: definire la presenza
una specifica eziologia del disturbo, poter fornire informazioni sul rischio di ricorrenza in successive
gravidanze e counselling genetico ai membri della famiglia, potere eventualmente iniziare un trattamento
specifico dove possibile.
Valutazione comportamentale
Osservazione del bambino, in ambiente libero e in ambiente strutturato, con e senza genitori
Somministrazione di scale di valutazione (secondo indicazione clinica)
- CARS
- ADI-R
- ABC
- ADOS
- GARS
- ASAS
CARS (Childhood Autism Rating Scale). E’ una scala di valutazione del comportamento autistico che
permette di esplorare 15 aree di sviluppo: relazioni interpersonali, imitazione, affettività, utilizzo del corpo,
gioco e utilizzo degli oggetti, livello di adattamento, responsività agli stimoli visivi, responsività agli stimoli
uditivi, modalità sensoriali, reazioni d’ansia, comunicazione verbale, comunicazione extraverbale, livello di
attività, funzionamento cognitivo, impressioni generali dell’esaminatore. Possono essere utilizzate a partire
dai due anni di età. La maggioranza degli studi segna il cut-off a 30 per i bambini e a 27 per gli adolescenti.
ABC (Autism Behavior Checklist) (Krug, Arid, Almond, 1980). Scala di valutazione del comportamento
che fa riferimento a 57 comportamenti “problema” suddivisi in 5 categorie: $linguaggio, socializzazione, uso
dell’oggetto, sensorialità e autonomia. Si utilizza per bambini a partire dai 18 mesi.
18
ADI-R (Autism Diagnostic Interview-Revised, Lord et al, 1994), è un colloquio strutturato per le famiglie
che indaga i sintomi autistici nella sfera della relazione, della comunicazione e dei comportamenti
stereotipati. Permette la diagnosi entro lo spettro autistico secondo i criteri del DSM-IV e dell'ICD-10;
ADOS-G (Autism Diagnostic Observation Schedule-Generic) (Lord et al., 2000), è uno strumento
diagnostico semi-strutturato e standardizzato costituito da 4 moduli, per valutare la comunicazione,
l'interazione sociale, il gioco o l'uso creativo dei materiali, nei soggetti in età evolutiva ed adulti in cui si
sospetta la presenza di un disturbo dello spettro autistico. Permette la diagnosi entro lo spettro autistico
secondo i criteri del DSM-IV e dell'ICD-10. Adatto all'utilizzo a partire dai 2 anni (anche per bambini non
verbali), fino all'età adulta;
GARS (Gillian Autism Rating Scale) (Gilliam, 1995). E' applicabile dai 3 ai 22 anni.
ASAS (Scala Australiana per la Sindrome di Asperger): (M.S. Garnett e A.J. Attwood)
Valutazione cognitiva: Scale di sviluppo Mentale Griffiths, WPPSI, WISC-III, WAIS-R
Valutazione neuropsicologica/logopedica: Somministrazione di test per funzioni specifiche: attenzione,
memoria, abilità visuo-percettive, motorie e competenze prassiche. Particolarmente importante risulta la
definizione delle modalità senso-percettive privilegiate e delle strategie preferenzialmente utilizzate per la
risoluzione dei problemi; in modo da ottenere dei dati (importanti successivamente per la riabilitazione)
inerenti l’integrazione trasmodale (Teoria della Debole Coerenza Centrale) e la pianificazione/flessibilità
(Teoria delle deficitarie Funzioni Esecutive).
Lo studio dell’area linguistica deve presupporre un’attenta e mirata valutazione per stabilire qual’è il livello
di sviluppo del linguaggio rispetto all’età, facendo quindi riferimento a dati normativi; l’obiettivo è quello di
verificare quale versante del linguaggio (comprensione, ripetizione, espressione) è coinvolto dall’eventuale
disturbo e di determinare quali sono i livelli linguistici compromessi, e in quale misura, distinguendo tra
forma (fonologia, morfologia, sintassi), funzione (conversazionale e narrativa), contenuto (semantica-lessico)
e aspetti pragmatici (analisi del contesto e uso che il bambino fa del linguaggio).
Nei bambini più piccoli, risulta fondamentale la valutazione dello sviluppo del linguaggio e dei suoi prerequisiti (con l’utilizzo per es. del “Questionario sullo sviluppo comunicativo e linguistico nel secondo anno
di vita” di Luigia Camaioni e coll.) e delle varie fasi del gioco.
E’ importante inoltre identificare la presenza di agnosia verbale.
-Valutazione del modulo della teoria della mente (ToMM) ovvero comprensione degli stati mentali delle
altre persone (capacità dell’individuo di attribuire stati mentali quali desideri, intenzioni, pensieri e
credenze e di prevedere/spiegare il comportamento sulla base di queste inferenze) e in particolare dei tre
moduli (Baron-Cohen 1995) che precedono la sua comparsa: l’ID (Intentionality Detector, ovvero
Rivelatore di Intenzionalità -> Presenza di scopi- desideri), l’EDD (Eye-Direction Detector, ovvero
Rivelatore della Direzione dello sguardo->linguaggio degli occhi) e il SAM (Shared Attention Mechanism:
attenzione condivisa ->comportamento grazie al quale un bambino condivide un centro di attenzione con
un'altra persona).
Valutazione psicoeducativa: PEP-3 (Psycho Educational Profile Revised) per i bambini, inventario di
comportamenti ed abilitàideato per identificare livelli di apprendimento disomogenei ed idiosincratici; per
offrire informazioni sul funzionamento evolutivo dell'imitazione, della percezione, dell'ambito grosso e fine
motorio, dell'integrazioneoculo-manuale, delle performances cognitive e cognitivo-verbali;
- AAPEP (Adolescent and Adult Psycho Educational Profile) per adulti e adolescenti. L'obiettivo
dell'AAPEP è quello di fornire una valutazione delle abilità effettive e potenziali di adolescenti e adulti
autistici in quelle aree che sono essenziali per il loro funzionamento semi-autonomo sia a casa che nella
comunità e per il loro inserimento lavorativo in ambienti professionali protetti. L'AAPEP comprende la scala
di osservazione diretta, la scala familiare e la scala scolastica/lavorativa, che indagano sei aree di
funzionamento: attitudine al lavoro, funzionamento autonomo, abilità ricreative, comportamento lavorativo,
comunicazione funzionale e comportamento interpersonale;
19
Valutazione psicomotoria
Valutazione dei sistemi d’interazione e della capacità di integrazione delle varie esperienze percettive,
motorie, emozionali e relazionali del bambino.
Osservazione della qualità e della quantità delle azioni effettuate o evitate, delle modalità di utilizzo del
corpo nella comunicazione con l’ambiente. La valutazione si dovrebbe basare sulla raccolta attenta di
informazioni dai genitori e sull’osservazione diretta dei comportamenti del bambino.
Valutazione delle capacità adattive:VABS (Vineland Adaptive Behavior Scales) valuta il grado di
funzionalità personale e sociale dalla nascita all'età adulta, individuando abilità e deficit in aree specifiche
del comportamento adattivo.
Valutazione in Età adulta
Nella prevalenza dei casi, i soggetti con autismo arrivano ai servizi per gli adulti con diagnosi e valutazione
già formulate nell’ambito dei servizi per l’età evolutiva.
Ci sembra utile ricordare che soprattutto nella fascia 18-25 anni è opportuno effettuare una valutazione del
profilo funzionale con particolare attenzione agli aspetti psichiatrici, allo sviluppo emotivo e al
comportamento adattivo.
Oltre all’osservazione clinica, tra gli strumenti diagnostici utili per gli adulti sul comportamento adattivo
citiamo le Scale Vineland che, oltre a dare una valutazione oggettiva, sono utili per la costruzione del
progetto individualizzato, in particolare per quanto concerne le autonomie.
Alcuni strumenti di valutazione per l’adulto
 ADI-R
 ADOS
 Scale Vineland
 Leiter
 AAPEP
Considerato che l’eziopatogenesi poligenica multifattoriale è attualmente quella accreditata si sottolinea
l’importanza di ripetere, in relazione alle ultime conoscenze, le indagini genetiche anche per l’età adulta.
Qualora emergessero sintomi di patologie già escluse va considerata la possibilità di ripetere le indagini già
effettuate come indicato dalle linee guida SINPIA 2005.
20
Allegato 2
ES. Quaderno Comunicazione Rete
Lavoro su:
Criticità
Proposte
NPI
Note:
Psicologo
Note:
Logopedista
Note:
Pediatra
Note:
Insegnanti
Note:
Educatore
Note:
Famiglia
Note:
21
Allegato 3
Bibliografia di Base
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Trento, 2001.
• Schopler E., “Autismo in famiglia: manuale di sopravvivenza per genitori”, Erickson,
Trento, 1998.
• Scifo R., “L’autismo tra psicoanalisi e neuroscienze”, Centro Scientifico Editore.
• Schreibman L., Intensive behavioral/psychoeducational treatments for autism.
Research needs and future directions, Journal of Autism and Developmental
Disorders, 30 (5), pp. 373-378, 2000
• Simpson R.L. e P. Ziont, “ Cosa sapere sull’autismo”, Erickson, Trento.
• Smith C., “Storie sociali per l’autismo”, Sviluppare le competenze interpersonali e le abilità
sociali, Erickson, Trento, 2006.
• Watson L.R. et al., “ La comunicazione spontanea nell’autismo”, Ed. Erickson, Trento,
1997.
• Wille A. M., “Un bambino di poche parole”, Editore Marrapese – Roma.
• Wong V, Hui LH, Lee WC, et al. A modified screening tool for autism (Checklist for
Autism in Toddlers [CHAT-23]) for Chinese children. Pediatrics 2004;114:e166-76.
• Xaiz C., Micheli E., “ Gioco e interazione sociale nell’autismo “, Ed. Erickson, Trento,
2001
Linee Guida per l’Autismo
Coordinatore: Gabriel Levi (Roma)
Estensori: Paola Bernabei (Roma), Alessandro Frolli (Napoli), Serenella Grittani (Rimini),
Bruna Mazzoncini (Roma), Roberto Militerni (Napoli), Franco Nardocci (Rimini)
Gior Neuropsich Età Evol 2005;25(Suppl 1):5-87
Pubblicate anche c/o Ed Erickson, Trento.
“Autismo e disturbi dello sviluppo” Rivista Quadrimestrale, Erickson, Trento.
Link autismo
http://autismo.inews.it/
http://www.gli-argonauti.org/bma/
http://worldautism.org/it/
http://www.bambinieautismo.org/
http://www.anniverdi.org/autismo.htm
http://www.autismo.it/
www.autismoitalia.org
www.airett.it
http://www.asperger.it/
http://www.autism.org/translations/italian.html#interventions
http://www.angsaonlus.org/
http://www.comune.forli.fo.it/cda/speciale%20autismo.htm
http://home.san.rr.com/autismnet/
24
http://www.vaporia.com/autism/
http://www.autism.org/
http://www.teacch.com/
http://www.aacap.org/clinical/parameters/fulltext/Autism.pdf
25
Allegato 4
 ABA ( Applied Behavior Analysis)
L’ABA, modello comportamentale d’intervento, prevede l’insegnamento sistematico di piccole
unità misurabili di comportamento. I compiti da apprendere, individuati sulla base del profilo di
sviluppo, delle scelte e delle preferenze individuali, vengono suddivisi in piccole tappe, ognuna
delle quali viene insegnata in sessioni di insegnamento ripetute e ravvicinate, inizialmente in
rapporto 1:1, secondo specifiche consegne (Stimoli discriminanti). Il soggetto viene guidato a
dare risposte semplici, sistematicamente incorporate in repertori di risposte appropriate all’età
(apprendimento senza errori) attraverso suggerimenti (prompting) e conseguenze che funzionano
efficacemente da rinforzo. Viene anche insegnato ad apprendere dall’ambiente naturale
attraverso procedure dell’insegnamento incidentale sulle competenze acquisite.
 D.D.T. - Discrete Trail Training (Insegnamento in Sessioni Separate)
Il D.D.T. è un tipo di intervento comportamentale nel quale vengono insegnate competenze
attraverso una procedura che comprende tre componenti; la prima è l’istruzione o la
consegna; la seconda componente è la risposta (corretta, non corretta o mancata) del bambino; la
terza componente è la conseguenza alla risposta del bambino (Stimolo di Rinforzo), per
incoraggiare una risposta corretta verrà somministrato un rinforzo positivo, mentre una risposta
scorretta verrà seguita da una “punizione” o dall’assenza di rinforzo.
 PRT (Pivotal response Training)
Gli approcci naturalistici rappresentano un’evoluzione degli approcci di insegnamento
strettamente DDT (pur mantenendone i principi, se ne differenziano per le procedure, per es.
viene valorizzata l’iniziativa del bambino), allontanandosi dallo stile artificioso è permettere
strategie che permettono al bambino di apprendere nel suo ambiente naturale.
Il PRT può essere infatti somministrato in molti ambienti diversi, naturalmente frequentati dal
bambino, evitando i problemi comportamentali o le difficoltà di generalizzazione derivanti da un
approccio didattico troppo rigido. I genitori sono attivamente coinvolti nel programma.
 TEACCH (Treatment and Education of Autistic Children and Comunication
Handicap).
Il programma TEACCH, fondato da Schopler nel 1971, ha come caratteristica saliente la sua natura
omnicomprensiva multidisciplinare, ed è basato sull’interazione fra servizi, operatori e famiglie. La
finalità dell’approccio TEACCH è il raggiungimento dell’indipendenza e dell’inserimento sociale
nella vita adulta, attraverso un insegnamento strutturato e il potenziamento dei “punti forti”
individuali.
Il TEACCH si basa su una serie di strategie di intervento che comprendono:
- l’insegnamento in sessioni separate;
- strategie comportamentali naturalistiche e
- strategie di comunicazione aumentativa per rispondere ai bisogni educativi individuali.
I principi chiave dell’intervento TEACCH sono:
1. l’utilizzo dei punti di forza individuali per costruire il programma d’intervento;
2. la valutazione permanente delle capacità del bambino per potenziarne i successi;
3. l’adattamento strutturale individualizzato dell’ambiente e dell’insegnamento per aiutare il
bambino a comprenderne il senso, e la visualizzazione dei compiti e delle consegne per
aumentare l’indipendenza;
4. la valutazione dei comportamenti problematici quali espressione dell’incapacità del bambino
a comprendere l’ambiente e le aspettative;
5. il coinvolgimento dei genitori come collaboratori fondamentali nell’équipe mutidisciplinare.
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DENVER
I tipi di trattamento evolutivi sottolineano, in un disturbo dello sviluppo qual è l’autismo,
l’importanza di seguire nell’insegnamento di nuove competenze le sequenze dello sviluppo
normale
Il modello Denver (Rogers S.J.) è un programma d’intervento specificamente destinato a
bambini con autismo in età prescolare, rivolto al bambino nella sua globalità e realizzato in
collaborazione con i genitori, che utilizza una serie di strategie di insegnamento di orientamento
comportamentale ed evolutivo integrate in un approccio basato sulla relazione, in una cornice
affettivamente positiva.
Poiché le compromissione nelle aree delle interazioni sociale e della comunicazione sono
primarie e caratteristiche nell’autismo, il modello Denver si indirizza principalmente sullo
sviluppo di competenze di comunicazione e di interazione sociale reciproca, proponendosi di
sviluppare poi sulle competenze costruite altre competenze in aree diverse dello sviluppo.
Il modello Denver enfatizza quindi lo sviluppo dell’interazione sociale reciproca durante l’intera
giornata, insegnando le pietre miliari della vita sociale (imitazione, comunicazione emotiva,
linguaggio, gioco sociale).
Anche l’insegnamento della comunicazione è un obiettivo fondamentale dell’intervento: la
comunicazione infatti è un fattore prognostico essenziale in termini di impatto sulla vita sociale e
familiare, sugli apprendimenti, scolastici e sullo sviluppo di abilità funzionali alla vita adulta.
FLOOR TIME
Il flooor time è un trattamento che implica un approccio evolutivo e interattivo di lavoro con il
Bambino. Sviluppato da Stanley Greenspan e Serena Wieder, considera l’autismo determinato
biologicamente nel quale le difficoltà di processazione sensoriale, come problemi di
comprensione uditiva, di modulazione sensoriale e di pianificazione motoria, ostacolano il
normale sviluppo delle competenze comunicative, sociali e cognitive.
La prima finalità del Floor Time è di aiutare il bambino a superare le difficoltà sensoriali per
ristabilire il contatto affettivo interpersonale; la relazione sociale interattiva rappresenta infatti la
base dell’intervento.
Sviluppare competenze emotive funzionali seguendo le normali tappe evolutive è la seconda
finalità del Floor Time. Vengono inoltre applicati i principi dell’intervento comportamentale per
eliminare i comportamenti problematici, come prerequisito per apprendere comportamenti
funzionali.
TED ( Terapia di Scambio e Sviluppo)
La base di partenza della TED è rappresentata da alcune ricerche neurofisiologiche che hanno
indagato fenomeni come
 l’associazione sensoriale crociata (si intende quel fenomeno che si osserva quando
vengono registrate le risposte elettroencefalografiche conseguenti ad un suono e ad uno
stimolo luminoso che segue di un secondo il suono; perché si verifichi questa associazione
non è necessaria alcuna forma di rinforzo (come per es. il cibo). Si tratta, infatti, di un
processo cognitivo che si realizza spontaneamente, e che è presente, sebbene in modo
irregolare, nel bambino autistico.
 l’acquisizione libera,
 l’imitazione libera.
Da queste premesse Barthelemy, Hameury e Lelord (1995) traggono i principi ispiratori della
TED, che puntano a sviluppare le diverse funzioni psicofisiologiche (cfr. Lelord, Sauvage, 1994)
Da queste premesse Barthelemy, Hameury e Lelord (1995) traggono i principi ispiratori della
TED, che puntano a sviluppare le diverse funzioni psicofisiologiche (cfr. Lelord, Sauvage, 1994).
Tranquillità si riferisce al setting in cui ci svolge l’intervento ed è costituito da una stanza di
dimensioni limitate, spoglia, in cui sono presenti un tavolo e due sedie.
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Questa organizzazione del setting ha lo scopo di favorire al massimo l’attenzione del bambino e
la sua decodifica dei messaggi riducendo al minimo la presenza di stimolazioni distraenti o
confusive.
Disponibilità del terapeuta finalizzata a facilitare l’apertura del bambino verso il mondo esterno
e a favorire la sua naturale curiosità. I tentativi del bambino di rompere il suo isolamento sono
incoraggiati. Si cerca di sviluppare la sua iniziativa spontanea, anche la più piccola
manifestazione di attenzione da parte del bambino viene incoraggiata.
La reciprocità si esplica attraverso giochi ed attività che comportano uno scambio di oggetti, di
gesti, di vocalizzazioni, di emozioni etc., tra terapeuta e bambino.
Lo scopo della reciprocità è quello di stimolare la comunicazione.
 CAA ( Comunicazione Aumentativa Alternativa)
La CAA riguarda quell'insieme di strategie che possono essere supportate anche da strumenti
tecnologici finalizzate ad "aumentare" abilità di comunicazione verbale già presenti o a introdurre
modalità "alternative" al linguaggio dove questo non si è sviluppato.
Vengono utilizzati immagini, simboli iconici e verbali (in genere i Picture Communication
Symbols di Mayer-Johnson) in situazioni naturali di gioco e di apprendimento con il fine di
facilitare l'interazione tra i partecipanti.
AERC ( Attivazione Emotiva Reciproca Corporea)
Il Metodo Etodinamico parte dalla osservazione etologica del comportamento sia del soggetto con
autismo sia delle persone con le quali interagisce. Si articola secondo le sequenze con le quali si
svolge lo sviluppo relazionale normale, in particolare la intersoggettività primaria e secondaria
(Trevarthen, 1979, Zappella, 1996)
I principi etologici presi in considerazione possono riguardare quelle attività che si svolgono in un
contesto di avvicinamento all'altro: per es. i modi affettuosi, amichevoli, esplorativi dell'altro che
possono essere particolarmente ridotti in alcuni soggetti autistici.
In questi casi vi sono delle modalità di rapporto, soprattutto basate sul rapporto di reciprocità
faccia a faccia che, specie nei bambini più piccoli, possono essere utili sia nel migliorare questo
tipo di relazione diretta sia quella collaborativa.
Uno degli obiettivi principali é quello di creare nel bambino una motivazione positiva
sia a interagire che a collaborare: é per questa ragione che spesso é utile far uso di varie forme di
attivazione, verbale e motoria.
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