ARMONIZZAZIONE E DIRITTI DEI CONSUMATORI: ARRIVA IL CODICE DEL CONSUMO
commento al D.lgs. 6 settembre 2005, n. 206
(G.U. 8.10.2005, n. 235, Serie generale, S.O. n. 162)
SOMMARIO: 1. Aspetti introduttivi e principi generali – 2. Il profilo informativo in favore del consumatore – 3. Il regime delle
pubblicità e le altre forme di comunicazione – 4. Profili processuali – 5. Aspetti rilevanti nelle televendite - 6. Contratti tra
consumatori e professionisti e la vessatorietà delle clausole – 7. Specifiche modalità di conclusione dei contratti - A) I contratti
conclusi fuori dai locali commerciali – B) I contratti a distanza – C) Disposizioni comuni - 8. Il diritto di recesso: contenuti e
particolarità – 9. Contratti e diritti di godimento sui beni immobili – 10. I servizi turistici – 11. La sicurezza e la qualità dei
prodotti: un binomio a tutela dei consumatori – 12. La responsabilità e il danno da prodotti difettosi – 13. Garanzie per i beni di
consumo – 14. Associazionismo a tutela dei consumatori e accesso alla giustizia – 15. Composizione stragiudiziale delle
controversie – 16. Considerazioni conclusive.
1. Aspetti introduttivi e principi generali - Il T.U. in materia di consumo (c.d. codice del consumo), è stato
recentemente elaborato al fine di riunire i vari principi, concetti, normative che riguardano tale settore, la
posizione del consumatore, i diritti a lui ascrivibili, nonché i contratti di vario genere da lui conclusi. Esso
risponde, altresì, all’esigenza – espressamente contemplata nella L. 29 luglio 2003, n. 29, ed in particolare all’ art.
7 – di semplificazione e riassetto normativo.
Ci troviamo dinanzi ad una normativa, la cui finalità è sancita dall’ art.1, il quale – operando un raccordo tra i
principi costituzionali, l’art. 153 (protezione dei consumatori) del Trattato C.E., il Trattato di Maastricht, nonché i
trattati internazionali – mira a garantire un elevato livello di tutela per i consumatori e gli utenti1.
Un raccordo di tal tipo, mira a creare un quadro di riferimento maggiormente omogeneo, per consentire ai
protagonisti delle problematiche legate al consumo, di potersi azionare sulla base dei principi e diritti formalmente
riconosciutigli.
In tale direzione si muove l’ art. 2 del codice, il quale sancisce il riconoscimento e la garanzia per i diritti e gli
interessi individuali e collettivi dei consumatori-utenti. Si evidenzia, a tal proposito, la dimensione collettivoassociativa di una tale tutela, sia in ambito nazionale sia locale. Si cerca, inoltre – e ciò può risultare alquanto
significativo - di realizzare un ponte tra le associazioni a tutela dei consumatori e le P.A.2.
Vengono, poi, specificati i diritti riconosciuti in via generale ai singoli. Essi consistono:
- nella tutela della salute (il richiamo all’ art. 32 cost. è evidente);
- nella sicurezza e qualità dei prodotti e servizi (il parametro della qualità è sinonimo anche di fiducia);
Il termine ‘codice’, risulta forse essere quello meno indicato, anche se il più utilizzato, per descrivere un complesso normativo che
ha più le sembianze di un T.U., in quanto raccoglie normative disparate concernenti un determinato argomento, piuttosto che essere
considerato come un complesso organico e sistematico di leggi regolanti una determinata branca del diritto (es codice penale,
codice civile).
2
Sulla distinzione tra interessi diffusi e collettivi, la dottrina ha usato a volte indifferentemente i due termini, cercando di
individuarne i dati caratterizzanti, e rapportandoli ad una pluralità di soggetti. In altre occasioni, si è cercato di operare una
distinzione che intravedesse nei primi, degli interessi adespoti, ossia senza un portatore, senza una struttura di riferimento di una
formazione non organizzata di persone (ad es. si ha pur sempre una categoria, ma non organizzata, come l’ utente di un pubblico
servizio, il consumatore…); nei secondi, invece, si è evidenziata la presenza di un ente esponenziale (ad es. ordini professionali,
associazioni, partiti politici, sindacati, ecc…) di un gruppo individuabile organizzato, che mira alla realizzazione dei fini propri
della categoria o del gruppo stesso; per maggiori spunti, vedi tra gli altri GIANNINI, Diritto Amministrativo, I, Giuffrè Milano,
1990; VOCINO, Sui cosiddetti interessi diffusi, in Studi in memoria di Salvatore Satta, Padova, 1982, 1879 ss.; ALPA, Interessi
diffusi, in Dig. Disc. Priv., IX, Torino, 1993, 610.
1
- in un’adeguata informazione3 e corretta pubblicità (si evidenzia al riguardo un profilo di trasparenza);
- nell’educazione4 al consumo (terminologia alquanto ampia, che andrebbe, quindi, contestualizzata, ma di grandissima
rilevanza);
- nella correttezza, trasparenza (stavolta richiamata espressamente) ed equità nelle contrattazioni;
- nella promozione e sviluppo dell’ associazionismo libero, volontario e democratico tra consumatori-utenti (va qui
sottolineato un profilo aggregativo, anche al fine di possibile tutela di interessi di cui innanzi);
- nella qualità ed efficienza nell’ erogazione dei servizi pubblici (tassello altamente significativo, soprattutto in un contesto,
quello del consumo, in cui la richiesta di qualità-sicurezza, è condizione di un servizio funzionante.
È interessante notare come la figura del consumatore (o utente) sia stata oggetto di molteplici normative e
interventi anche in ambito comunitario, e sia stata individuata nella persona fisica (e non anche in quella
giuridica) che agisca per scopi estranei all’ attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta 5.
Tra le definizioni fornite dal codice, viene in gioco quella di prodotto6 che - salvo il caso di cui all’ art. 115,
comma 1 - l’art. 3, lett. g) collega al consumatore, inteso come destinatario o utilizzatore dello stesso. Le
associazioni dei consumatori-utenti, recita la lett. b), sono quelle formazioni sociali (termine presente nell’ art. 2
cost.) aventi come scopo statutario esclusivo la tutela dei diritti degli stessi 7.
2. Il profilo informativo in favore del consumatore – L’ importanza delle informazioni da dare ai consumatori,
viene evidenziata all’ art. 5 e ss. del codice in esame. Tale articolo fa riferimento alla sicurezza, composizione e
qualità dei prodotti e servizi, come elementi costitutivi del contenuto essenziale degli obblighi informativi. Si
tratta di informazioni che devono essere adeguate alla tecnica di comunicazione impiegata di volta in volta,
nonché essere espresse in modo chiaro e comprensibile, tenendo anche conto della consapevolezza che il
consumatore deve avere al riguardo.
Va premesso che il concetto di consumatore, regolato dall’ art. 3, comma 1, lett. a), è quello di persona fisica agente per finalità
estranee a un’ attività imprenditoriale-professionale svolta, mentre ai sensi del titolo relativo alle informazioni – segnatamente all’
art. 5 – si considera tale anche la persona fisica cui sono dirette le informazioni commerciali. Le informazioni da dare, dovranno
riguardare soprattutto i profili della sicurezza e qualità dei prodotti e servizi, andranno espresse in modo chiaro e comprensibile,
tali da rendere consapevole il consumatore.
4
Il concetto di educazione del consumatore, chiarisce il successivo art. 4, mira a favorire la consapevolezza dei propri diritti e
interessi, la partecipazione ai procedimenti amministrativi, la rappresentanza negli organismi esponenziali; in altri termini, si cerca
di rendere chiaramente percepibili allo stesso il profilo dei costi-benefici relazionati alla scelta effettuata, proteggendo soprattutto le
categorie più vulnerabili.
5
Al riguardo può risultare opportuno riportare le definizioni maggiormente conosciute di consumatore, che si sono susseguite nel
corso degli anni. Possiamo richiamare quella fornita dalla Carta europea per la protezione dei consumatori approvata con la
Risoluzione 543/1973 del Consiglio d’ Europa, in cui il consumatore viene definito come ‘ogni persona alla quale siano stati
venduti beni o forniti servizi per uso privato’; in materia di responsabilità per danni da prodotti difettosi, di cui alla Direttiva
85/274/CE, recepita nel nostro ordinamento con D.P.R. 24 maggio 1988, n. 224, viene tutelato il consumatore che è inteso come il
danneggiato nei casi in cui il danno derivante dal prodotto difettoso si sia verificato ad una cosa diversa da quella difettosa,
normalmente destinata all’ uso o consumo privato; in base al D.lgs. 15 gennaio 1992, n. 50, adottato in attuazione della direttiva n.
85/577/CEE (in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali), il consumatore viene definito come ‘la persona fisica
che…..agisce per scopi che possono considerarsi estranei alla propria attività professionale’; tale ultimo concetto di consumatore
viene sostanzialmente ripetuto in tutta una serie di altre normative, tra cui la Direttiva 93/13/CEE (sulle clausole abusive nei
contratti con i consumatori), recepita in Italia con L. n. 52/1996, la Direttiva 1997/7/CE (sulla protezione dei consumatori in
materia di contratti a distanza), recepita nel nostro ordinamento con D.lgs. 22 maggio 1999, n. 185 e via discorrendo.
6
Per prodotto si intende quello “destinato al consumatore, anche nel quadro di una prestazione di servizi, o suscettibile, in
condizioni ragionevolmente prevedibili, di essere utilizzato dal consumatore, anche se non a lui destinato, fornito o reso
disponibile a titolo oneroso o gratuito nell'ambito di un'attivita' commerciale, indipendentemente dal fatto che sia nuovo, usato o
rimesso a nuovo; tale definizione non si applica ai prodotti usati, forniti come pezzi d'antiquariato, o come prodotti da riparare o
da rimettere a nuovo prima dell'utilizzazione, purche' il fornitore iscritto la persona cui fornisce il prodotto”.
7
L’ art. 115, comma 1 del codice, fa riferimento, in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, al prodotto inteso
come bene mobile, anche se incorporato in un altro bene mobile o immobile.
3
Al successivo art. 6, è specificato il contenuto minimo delle informazioni da dare ai consumatori, consistente
in tutta una serie di indicazioni8. Queste ultime devono figurare, a norma dell’ art. 7, sulle confezioni o etichette
dei prodotti al momento della messa in vendita, mentre quelle concernenti le istruzioni, precauzioni e destinazione
d’ uso (utili per la fruizione e la sicurezza del prodotto), possono essere riportate su un’ altra documentazione
illustrativa, accompagnatoria allo stesso prodotto.
Tralasciando l’applicazione di specifiche norme nazionali e comunitarie, aventi ad oggetto altri prodotti, l’art.
9 stabilisce che le informazioni destinate ai consumatori debbano essere poste in lingua italiana, o – in caso di più
lingue – ‘anche’ in lingua italiana. Viene, altresì, consentito l’utilizzo di espressioni in lingua straniera, purchè
siano di uso comune.
All’ art. 10, si prevede l’ adozione di norme volte ad assicurare che i prodotti derivanti da Paesi dell’ U.E., si
inseriscano nell’ ambito di una applicazione compatibile con il diritto comunitario.
La mancanza delle indicazioni di cui agli artt. 6, 7 e 9, comporta il divieto di commercializzare i prodotti sul
territorio nazionale.
Un primo punto viene posto, a livello sanzionatorio, dall’art. 12, nel quale le risposte alla violazione del
divieto di commercializzazione ex art.11, consistono nella corresponsione di una contravvenzione amministrativa
(da 516 € a 25.823 €), da commisurare in base al prezzo di listino del prodotto e al numero di unità dello stesso
poste in vendita.
Viene fatta salva, per quanto concerne la responsabilità del produttore 9, l’applicazione delle norme sulla
responsabilità per danno da prodotti difettosi, di cui al Capo IV, Titolo II, nonché di quelle che puniscono il fatto,
ove quest’ ultimo integri una fattispecie di reato.
3. Il regime delle pubblicità e le altre forme di comunicazione – Per una lettura delle singole disposizioni,
concernenti particolari modalità di informazioni, si rimanda al Capo III del Titolo II. Per quanto concerne, invece,
le norme sulla pubblicità e altre comunicazioni commerciali, occorre soffermarsi sul Titolo III. L’ art. 18 applica
ad ogni forma di comunicazione commerciale le norme del presente codice.
È fornita, poi - in aggiunta a quella ex art. 3, comma 1, lett. a) -, un’ altra nozione di consumatore che, ai fini
del Titolo III, deve essere inteso come quella persona fisica o giuridica destinataria di tali comunicazioni, o che ne
subisce le conseguenze.
In materia di pubblicità ingannevole e comparativa, interviene l’ art. 19, nel quale si sancisce da un lato la
tutela da forme di pubblicità ingannevole e dai loro effetti sleali, per quei soggetti che esercitino attività
commerciale, industriale, artigianale o professionale, per i consumatori e gli interessi del pubblico a fruire di
messaggi pubblicitari; dall’ altro, si cerca anche di fissare le condizioni di liceità della pubblicità comparativa10.
8
Si tratta di indicazioni relative: a) alla denominazione legale o merceologica del prodotto; b) al nome o ragione sociale o marchio
e alla sede legale del produttore o di un importatore stabilito nell'Unione europea; c) al Paese di origine se situato fuori dell'Unione
europea; d) all'eventuale presenza di materiali o sostanze che possono arrecare danno all'uomo, alle cose o all'ambiente; e) ai
materiali impiegati ed ai metodi di lavorazione ove questi siano determinanti per la qualita' o le caratteristiche merceologiche del
prodotto; f) alle istruzioni, alle eventuali precauzioni e alla destinazione d'uso, ove utili ai fini di fruizione e sicurezza del prodotto.
9
Per la definizione di produttore, vedasi l’ art. 3, lett. d), che richiama l’ art. 103, comma 1, lett. d) e l’ art. 115, comma 1.
10
La definizione di pubblicità viene fornita dall’ art. 20, comma 1, lett. a), indicando “qualsiasi forma di messaggio che sia diffuso,
in qualsiasi modo, nell'esercizio di un' attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere la
vendita di beni mobili o immobili, la costituzione o il trasferimento i diritti ed obblighi su di essi oppure la prestazione di opere o
I termini utilizzati per identificare i caratteri che la pubblicità deve avere, riguardano il suo essere palese,
veritiera e corretta.
Va, altresì, rilevato come, perchè si possa avere pubblicità ingannevole, occorrano una serie di elementi
,previsti dall’art. 21, da valutare11. Il successivo art. 22 enuncia, invece, le condizioni in presenza delle quali una
pubblicità comparativa possa considerarsi lecita12.
Un aspetto di sicura rilevanza, è dato dalla trasparenza che deve contraddistinguere la pubblicità, e renderla
distinguibile da ogni altra forma di comunicazione al pubblico. Occorre precisare, che in presenza di una garanzia
offerta - laddove non sia possibile precisare nel messaggio, il contenuto dello stesso e le modalità dell’ offerta occorre che vi sia un esplicito rinvio ad un testo facilmente conoscibile dal consumatore, in cui questi possa
visionare ogni aspetto rilevante circa la garanzia offerta. Viene, inoltre, espressamente ricordato il divieto di
qualsiasi forma di pubblicità subliminale.
4. Profili processuali – Per quanto concerne l’esame dei profili di rilievo processuale, si discorre di tutela
amministrativa e giurisdizionale in base all’ art. 26 del codice.
L’ Autorità che entra in gioco, è quella garante della concorrenza e del mercato. Ad essa possono rivolgersi i
concorrenti, consumatori, le loro associazioni e organizzazioni, il Ministro delle attività produttive e ogni P.A.
interessata per propri compiti istituzionali, anche su denuncia del pubblico, affinché inibisca atti di pubblicità
ingannevole o comparativa ritenuta illecita, inibisca la loro continuazione e ne elimini gli effetti.
di servizi”; per pubblicità ingannevole, di cui alla lett. b), deve intendersi “qualsiasi pubblicità che in qualunque modo, compresa la
sua presentazione sia idonea ad indurre in errore le persone fisiche o giuridiche alle quali e' rivolta o che essa raggiunge e che, a
causa del suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il loro comportamento economico ovvero che, per questo motivo, sia
idonea ledere un concorrente”; la pubblicità comparativa, alla successiva lett. c), viene definita come “qualsiasi pubblicità che
identifica in modo esplicito o implicito un concorrente o beni o servizi offerti da un concorrente”.
11
Gli elementi necessari perché una pubblicità sia ingannevole, attengono: a) alle caratteristiche dei beni o dei servizi, quali la loro
disponibilità, la natura, l'esecuzione, la composizione, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, l'idoneità allo scopo,
gli usi, la quantità, la descrizione, l'origine geografica o commerciale, o i risultati che si possono ottenere con il loro uso, o i
risultati e le caratteristiche fondamentali di prove o controlli effettuati sui beni o sui servizi; b) al prezzo o al modo in cui questo
viene calcolato ed alle condizioni alle quali i beni o i servizi vengono forniti; c) alla categoria, alle qualifiche e ai diritti
dell'operatore pubblicitario, quali l'identità, il patrimonio, le capacità, i diritti di proprietà intellettuale e industriale, ogni altro
diritto su beni immateriali relativi all'impresa ed i premi o riconoscimenti; in base all’ art. 24, viene considerata ingannevole la
pubblicità che riguardi prodotti suscettibili di mettere in pericolo la salute e sicurezza dei consumatori, omettendo di darne notizia e
inducendoli a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza; è altresì considerata ingannevole, ex art. 25, la pubblicità che è
in grado di raggiungere i bambini e adolescenti, e può minacciare anche indirettamente la loro sicurezza, o abusare della loro
credulità o mancanza di esperienza, ovvero che impiegando bambini o adolescenti in messaggi pubblicitari, abusi dei naturali
sentimenti degli adulti per i più giovani.
12
La pubblicità comparativa è lecita se: a) non e' ingannevole ai sensi del presente codice; b) confronta beni o servizi che
soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi; c) confronta oggettivamente una o più caratteristiche essenziali,
pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni e servizi; d) non ingenera confusione sul
mercato fra l'operatore pubblicitario ed un concorrente o tra i marchi, le denominazioni commerciali, altri segni distintivi, i beni o i
servizi dell'operatore pubblicitario e quelli di un concorrente; e) non causa discredito o denigrazione di marchi, denominazioni
commerciali, altri segni distintivi, beni, servizi, attività o circostanze di un concorrente; f) per i prodotti recanti denominazione di
origine, si riferisce in ogni caso a prodotti aventi la stessa denominazione; g) non trae indebitamente vantaggio dalla notorietà
connessa al marchio, alla denominazione commerciale ovvero ad altro segno distintivo di un concorrente o alle denominazioni di
origine di prodotti concorrenti; h) non presenta un bene o un servizio come imitazione o contraffazione di beni o servizi protetti da
un marchio o da una denominazione commerciale depositati. 2. Il requisito della verificabilità di cui al comma 1, lettera c), si
intende soddisfatto quando i dati addotti ad illustrazione della caratteristica del bene o servizio pubblicizzato sono suscettibili di
dimostrazione. Qualunque raffronto che fa riferimento a un'offerta speciale deve indicare in modo chiaro e non equivoco il termine
finale dell'offerta oppure, nel caso in cui l'offerta speciale non sia ancora cominciata, la data di inizio del periodo nel corso del
quale si applicano il prezzo speciale o altre condizioni particolari o, se del caso, che l'offerta speciale dipende dalla disponibilità dei
beni e servizi.
In casi di urgenza, la stessa Autorità, può disporre – con provvedimento motivato – la sospensione di tali
pubblicità ove ritenute illecite. Occorre, in ogni caso, che essa comunichi all’ operatore pubblicitario (o al
proprietario del mezzo di diffusione affinché dia informazioni per identificarlo) l’ apertura di un istruttoria.
L’ Autorità può richiedere, sia all’ operatore che al proprietario del mezzo di diffusione, l’ esibizione della
copia del messaggio pubblicitario ritenuto ingannevole o illecito.
C’è da considerare anche un aspetto probatorio. L’ Autorità, cioè, ha la possibilità di disporre che l’ operatore
pubblicitario fornisca delle prove sull’ esattezza materiale dei dati di fatto contenuti nella pubblicità; nell’ ipotesi,
poi, di diffusione del messaggio pubblicitario per mezzo della stampa periodica o quotidiana, via radiofonica,
televisiva o tramite di qualsiasi altro mezzo di telecomunicazione, l’ Autorità in esame richiede il parere di quella
per le garanzie nelle comunicazioni.
Il provvedimento finale dell’Autorità sul ricorso presentato, va motivato e può consistere nel suo
accoglimento, nel caso in cui venga ritenuta ingannevole la pubblicità e illecito il messaggio di pubblicità
comparativa. In tal caso, essa vieta la pubblicità - ove non sia stata ancora portata a conoscenza del pubblico – o
pone il divieto di continuarla, ove essa sia già iniziata.
In aggiunta, può disporsi la pubblicazione della pronuncia, nonchè un’ apposita dichiarazione di rettificazione,
per impedire la produzione di effetti di una pubblicità ritenuta già illecita. Va applicata, altresì, apposita sanzione
amministrativa pecuniaria, da quantificare in relazione alla gravità e durata della violazione, e una supplementare
(da € 10.000 a€ 50.000) in caso di inottemperanza ai provvedimenti di urgenza a quelli inibitori o di rimozione
degli effetti. Nell’ ipotesi, poi, di reiterata inottemperanza, l’ Autorità può disporre la sospensione dell’ attività di
impresa per un periodo di tempo non superiore a 30 giorni.
Sono, anche, previste altre ipotesi di sanzioni amministrative in caso di ulteriori inottemperanze.
Contro il provvedimento emanato dall’Autorità, è possibile presentare ricorso innanzi al giudice
amministrativo, la cui giurisdizione è esclusiva. Occorre ricordare che il pagamento delle sanzioni
amministrative, irrogate dalla stessa, vada effettuato entro 30 giorni dalla notifica del provvedimento in esame.
Nella contraria ipotesi in cui non venga rilevata l’ingannevolezza della pubblicità o la illiceità di quella
comparativa, saranno i concorrenti, i consumatori e le loro associazioni e organizzazioni, a poter esperire il ricorso
innanzi al giudice amministrativo.
Viene, però, espressamente riservata al giudice ordinario, la giurisdizione in materia di atti di concorrenza
sleale ex art. 2598 c.c., in materia di pubblicità ingannevole ove si tratti di atti compiuti in violazione della
normativa sul diritto di autore (L. n. 633/1941), del marchio di impresa protetto (D.lgs. n. 30/2005), di
denominazioni di origine riconosciute e protette nel nostro Paese, nonché di altri segni distintivi di imprese, beni
e altri servizi concorrenti.
Una particolarità è presente nell’art. 27, che prevede la possibilità, per le parti interessate, di far valere
l’inibizione a continuare atti di pubblicità ingannevole e comparativa illecita, facendo ricorso ad organismi
volontari o autonomi di autodisciplina. Questi ultimi possono pronunciarsi anche in caso di ricorso (già presentato
o presentato successivamente) all’ Autorità garante, che può sospenderlo in attesa della pronuncia dei primi.
È anche previsto che le parti interessate, una volta iniziata la procedura innanzi agli organi di autodisciplina,
convengano di astenersi dall’ adire l’ Autorità, fino alla loro pronuncia definitiva.
5. Aspetti rilevanti nelle televendite - Per quanto concerne ambiti più specifici, e segnatamente la disciplina
delle televendite, viene posto al Titolo III, Capo III, Sezione I, un rafforzamento di tutela per il consumatore13. Si
considerano ricompresse in tale tipologia, quelle di astrologia, di cartomanzia e assimilabili, di servizi relativi a
servizi o giochi comportanti pronostici o strutturate su di essi, nonché gli spot di televendita.
Tale disciplina sembra dare una risposta diretta a quei casi che hanno visto protagonisti, in senso negativo,
molti utenti-consumatori, vittime di forme di televendita.
L’ art. 29, enuncia prescrizioni relative alle televendite, in relazione alle quali occorre:
- evitare ogni sfruttamento della superstizione, della credulità o della paura delle persone;
- evitare scene di violenza fisica o morale, o tali da offendere il gusto e la sensibilità dei consumatori, perché
indecenti, volgari e ripugnanti.
Vengono, poi, posti dei divieti, in base ai quali le televendite non devono:
- contenere offese alla dignità umana;
- comportare discriminazioni di sesso, razza o nazionalità, convinzioni politiche o religiose;
- indurre a comportamenti in pregiudizio alla salute, o sicurezza o protezione dell’ ambiente;
- fare pubblicità a sigarette o altri prodotti a base di tabacco;
- avere dichiarazioni o rappresentazioni tali da indurre in errore gli utenti-consumatori, anche tramite omissioni, ambiguità o
esagerazioni, soprattutto per quanto concerne una serie di requisiti14.
Un aspetto ancor più delicato, riguarda la tutela dei minori materia di televendite. A tal proposito, l’ art. 31
contiene tutta una serie di elementi da analizzare. Innanzitutto, esse non possono esortare i minori a stipulare
contratti di compravendita o locazione di prodotti e servizi (sul presupposto, evidentemente, della loro incapacità
contrattuale, non sempre – tra l’ altro - condivisa in Dottrina), nonché arrecare loro pregiudizio morale e fisico.
Successivamente, vengono previsti altri criteri per la tutela dei minori, quali il non approfittare della loro
inesperienza e incredulità, non esortarli ad acquistare un prodotto/servizio, a chiedere ai propri genitori di
acquistarli o a sfruttare il loro rapporto di fiducia con genitori, insegnanti o altri, né mostrare il minorenne in
situazioni pericolose.
6. Contratti tra consumatori e professionisti e la vessatorietà delle clausole - In materia di contratti conclusi
tra consumatori, l’ attenzione viene posta su uno dei profili da sempre più discussi, quello cioè delle clausole
vessatorie. L’ art. 33 prevede espressamente tali clausole, nel rapporto professionista/consumatore, e fissa dei
punti che è opportuno riportare.
Innanzitutto, si intendono per vessatorie, quelle clausole che - malgrado la buona fede - determinano a carico
del consumatore uno squilibrio ‘significativo’ dei diritti e obblighi derivanti dal contratto.
Seguono, poi, le clausole che si presumono essere vessatorie fino a prova contraria, ed aventi un oggetto o
effetto plurimo. Possiamo ricordare – a titolo esemplificativo – l’ esclusione/limitazione di responsabilità del
professionista, qualora il consumatore subisca un danno o muoia per fatto o omissione del primo; la previsione di
Le televendite sono definite dal Regolamento di pubblicità radiotelevisiva e televendite, adottato dall’ Autorità per le garanzie
nelle comunicazioni n. 538/01/CSP, del 26.7.2001.
14
Tali requisiti sono le caratteristiche e gli effetti del servizio, il prezzo, le condizioni di vendita o di pagamento, le modalità della
fornitura, gli eventuali premi, l’ identità delle persone rappresentate.
13
un impegno definitivo in capo al consumatore, con corrispondente esecuzione del professionista condizionata,
però, solo alla sua volontà; la fissazione di una somma eccessiva, a titolo di risarcimento, clausola penale o ad
altro titolo, nel caso in cui il consumatore non concluda il contratto o receda dallo stesso; la facoltà per il solo
professionista di aumentare il prezzo di beni/servizi, senza che il consumatore possa recedere in presenza di un
prezzo eccessivo rispetto a quello originario; la limitazione per il consumatore della facoltà di opporre eccezione
d’ inadempimento.
L’ elencazione è, però, lunga e va analizzata per singole ipotesi, cosicché risulta opportuno rimandare alla
lettura integrale dell’ articolo in esame, per un quadro più ampio di riferimento.
Va, invece, rilevato come il successivo art. 34, si occupi dell’ accertamento del carattere di vessatorietà di una
clausola. Essa va valutata con riferimento alla natura del bene o servizio oggetto di contratto, alle circostanze
presenti al momento della sua conclusione, nonché ad altre clausole di contratti ad esso collegati o da cui dipende.
Non integra gli estremi della clausola vessatoria, una clausola che riproduca disposizioni di legge, che attui
principi contenuti in convenzioni internazionali, di cui siano parti i Paesi dell’ U.E. o la stessa U.E.. Non lo è
nemmeno la clausola o suoi elementi oggetto di trattativa individuale.
Con riferimento al contratto concluso mediante moduli o formulari, predisposti al fine di regolamentare
uniformemente determinati rapporti contrattuali, il professionista ha l’ onere di dimostrare che la clausola o i suoi
elementi, anche se da lui predisposti unilateralmente, siano stati oggetto di apposita trattativa con il consumatore.
Circa i requisiti di forma e interpretazione, occorre da un lato richiamare il caso in cui le clausole proposte al
consumatore nel contratto abbiano forma scritta e siano redatte in modo chiaro e comprensibile, mentre dall’ altro
propendere – in caso di dubbio sul senso di una norma – sull’ interpretazione più favorevole al consumatore.
La conseguenza giuridica della clausola vessatoria è la sua nullità, fermo restando la validità del contratto per
la rimanente parte, e vi sono casi espressamente indicati all’ art. 36, comma 2, in cui si evidenzia proprio la loro
nullità.
Il successivo art.37, fa riferimento all’azione inibitoria. Le associazioni rappresentative dei consumatori,
quelle dei professionisti, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, possono convenire in sede
giudiziaria il professionista o associazione di professionisti, i quali utilizzino o raccomandino l’ utilizzo di
condizioni generali di contratto. La finalità è quella di chiedere al giudice di far inibire l’uso delle condizioni di
cui sia accertata l’ abusività.
L’inibitoria può anche essere chiesta, in presenza di giusti motivi di urgenza, in materia di procedimenti
cautelari in generale. Il rinvio al codice civile, poi, viene effettuato per quanto non sia previsto dal codice del
consumo.
In materia di esercizio di attività commerciale, viene previsto che tali attività siano improntate al rispetto dei
principi di buona fede, correttezza, lealtà, tenendo in debita considerazione l’esigenza di tutelare i consumatori.
Per quanto concerne il credito al consumo, si fa rinvio alla specifica disciplina in materia, come alle norme del
T.U. in materia bancaria. Sulle modalità contrattuali – e nello specifico sui contratti negoziati nei locali
commerciali - si compie, anche in tal caso, un rinvio alla normativa sul settore del commercio (D.lgs. n. 114/98).
7. Specifiche modalità di conclusione dei contratti:
A) I contratti conclusi fuori dai locali commerciali - La materia dei contratti conclusi fuori dei locali
commerciali è prevista dagli artt. 45 e ss. del codice.
Essi comprendono i contratti stipulati tra professionista e consumatore - aventi ad oggetto beni o servizi durante la visita del primo nel domicilio del secondo, nel suo posto di lavoro, nei locali in cui si trova per motivi
di lavoro, studio, cura; quelli stipulati nel corso di un’ escursione organizzata dal professionista al di fuori del
locali commerciali; quelli stipulati in area pubblica o aperta al pubblico, sottoscrivendo una nota d’ ordine; quelli
per corrispondenza o in base a un catalogo consultabile dal consumatore, senza la necessaria presenza del
professionista.
È opportuno rilevare che all’ art. 46, si prevedono determinati casi in cui non si applicano le norme sui
contratti conclusi fuori dei locali commerciali. A tal riguardo, possiamo ricordare, tra i contratti esclusi – a titolo
esemplificativo -, quelli di assicurazione, quelli relativi a strumenti finanziari, quelli sulla costruzione, locazione e
vendita di beni immobili o diritti sugli stessi, quelli relativi alla fornitura di prodotti alimentari, e altri ancora.
Sulla facoltà del consumatore di recedere in tale ambito, il professionista è tenuto ad informare lo stesso di
tale diritto, previsto dall’art. 64 all’art. 67 del codice. In tale informativa – che deve essere fornita per iscritto –
devono essere inseriti determinati elementi, come ad esempio i termini, modalità e condizioni per il recesso, il
soggetto nei confronti del quale dev’ essere esercitato il recesso, il suo indirizzo, se trattasi di persona fisica o
denominazione sociale e sede nel caso di società.
Per quei contratti che ad esempio sono stipulati per corrispondenza o su catalogo, l’ informazione sul diritto di
recesso deve essere contenuta nel catalogo o altro documento illustrativo della merce o servizio oggetto del
contratto, o nella nota d’ ordine.
Il recesso non può più effettuarsi, invece, con riferimento alle prestazioni di servizi, laddove queste siano state
già eseguite.
B) I contratti a distanza - All’ art. 50 e ss., vengono disciplinati i contratti a distanza, quelli cioè aventi ad
oggetto beni o servizi, stipulati tra professionista e consumatore in un sistema di vendita o prestazione servizi
organizzato, utilizzando diverse forme di comunicazione a distanza, fino alla conclusione del contratto stesso 15.
Non rientrano nell’ applicazione delle norme sui contratti a distanza, quei contratti: a) relativi a servizi
finanziari; b) conclusi mediante distributori automatici o locali commerciali automatizzati; c) conclusi mediante
operatori che impiegano telefoni pubblici; d) sulla costruzione, vendita o altri diritti relativi a beni immobili,
tranne la locazione; e) conclusi in occasione di una vendita all’ asta.
L’ aspetto informativo è un presupposto indefettibile, da rispettare prima di una qualsiasi contrattazione a
distanza ed è previsto all’ art. 52 del codice. Per una lettura più approfondita delle informazioni che il
consumatore deve ricevere, si rinvia al primo comma di tale disposizione. Può essere utile, però, evidenziarne
comunque alcune, come quelle sull’identità del professionista, le caratteristiche essenziali del bene/servizio,
15
Per tecniche di comunicazione a distanza devono intendersi quei mezzi che, in assenza della presenza fisica del professionista e
del consumatore, possa impiegarsi per la conclusione del contratto tra le parti. L’ operatore di tecnica di comunicazione è, invece,
la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, la cui attività professionale consiste nel mettere a disposizione dei professionisti
una o più tecniche di comunicazione a distanza.
modalità di pagamento, consegna del bene/servizio, esistenza o esclusione del diritto di recesso (rinvia all’art. 55,
comma 2), durata della validità dell’ offerta e del prezzo.
Le informazioni, di cui al primo comma in esame, devono essere rese in modo chiaro e comprensibile, e vanno
osservati – in particolar modo – i principi di buona fede e lealtà in materia di transazione di tipo commerciale,
tenendo in costante riferimento soprattutto la tutela dei consumatori più vulnerabili.
Un ambito particolare riguarda le comunicazioni telefoniche, nel corso delle quali il consumatore deve essere
informato, all’ inizio della telefonata e in modo inequivocabile, dell’ identità del professionista e dello scopo
commerciale della chiamata, pena la nullità del contratto. Per quanto concerne, invece, la posta elettronica, così
come in materia di commercio elettronico, si rinvia alla normativa vigente - contenuta nel D.lgs. n. 70/2003 sull’e-commerce16.
Un aspetto interessante è offerto dal successivo art. 53, in virtù del quale è previsto che il consumatore debba
ricevere la conferma per iscritto o – a sua scelta – su ogni altro supporto duraturo, delle informazioni contenute
nell’ 52.
Tutto ciò dovrà avvenire prima o al momento della esecuzione del contratto.
Inoltre, andranno fornite al consumatore altre informazioni, tra cui le condizioni e le modalità di esercizio del
diritto di recesso, l’ indirizzo della sede del professionista cui poter inoltrare reclami, le condizioni di recesso da
contratto, in caso di sua durata indeterminata o superiore ad un anno.
Con riferimento, poi, al profilo dell’ esecuzione del contratto (a distanza), si stabilisce che, salvo diverso
accordo delle parti, il professionista sia tenuto a eseguire l’ordinazione entro 30 gg. decorrenti da quello
successivo alla sua trasmissione da parte del consumatore. In mancanza, e nel rispetto dello stesso termine di cui
innanzi, il professionista dovrà rimborsare al consumatore le somme da lui eventualmente già corrisposte. In
presenza del consenso del consumatore, da darsi prima o al momento della conclusione del contratto, il
professionista può adempiere anche eseguendo una fornitura diversa da quella pattuita.
L’ art. 55 prende in considerazione le ipotesi di esclusione del diritto di recesso, in relazione alle quali – ai fini
di un quadro completo delle previsioni contemplate - si rinvia al testo della disposizione.
Un profilo da evidenziare è quello relativo alla fornitura non richiesta, ex art. 57 del codice, in cui viene
sancito il divieto di fornitura di beni/servizi al consumatore, ove manchi una sua previa ordinazione. Si prevede,
quindi, che questi non sia tenuto a corrispondere alcunché in simili casi e che il suo silenzio (mancata risposta)
non implichi un consenso. Una sorta di silenzio rigetto, in buona sostanza, di cui il diritto amministrativo offre
ampi cenni.
L’ art. 58 evidenzia come l’impiego da parte del professionista del telefono, dell’ e-mail, di sistemi
automatizzati di chiamata, senza l’intervento di un operatore o di fax, richiede il previo consenso del consumatore
Ciò risulta importante, per non trovarsi di fronte a spiacevoli e continue proposte commerciali di questo genere.
Inoltre, affinché il professionista possa utilizzare altre tecniche di comunicazione a distanza, occorre la non
espressa contrarietà da parte del consumatore.
L’ art. 68 del codice – in tema di commercio elettronico - fa rinvio espresso, per gli aspetti non previsti dallo stesso, alla citata
normativa nazionale di riferimento, il D.lgs. n. 70/2003.
16
In materia di vendita mediante sistema televisivo o altro mezzo audiovisivo, l’art. 59 prevede che le
informazioni sull’ esistenza/esclusione del diritto di recesso, delle modalità e dei tempi di restituzione o ritiro del
bene in caso di esercizio del diritto stesso, siano fornite nel corso della presentazione del prodotto o servizio
offerto, avendo presente le caratteristiche del mezzo impiegato per la contrattazione. Va ricordato che l’
informazione del diritto di recesso, vada, altresì, fornita per iscritto non oltre il momento della consegna della
merce. È dalla data di ricevimento della merce che decorre il termine per poter recedere ex art. 65.
C) Disposizioni comuni – Al Titolo III, Capo, I, Sez. III, vengono previste delle disposizioni comuni, che
contemplano aspetti sia riguardanti il regime sanzionatorio e profili di competenza giurisdizionale. Con
riferimento al primo aspetto, nell’ ambito della contravvenzione alle norme del Capo I (particolari modalità di
conclusione del contratto), l’ ipotesi del fatto penalmente rilevante, viene fatta salva. In aggiunta, si sancisce
l’applicazione di una sanzione amministrativa (da € 516 a € 5.165), nei seguenti casi: a) violazione delle norme
del capo I (particolari modalità di conclusione del contratto) del Titolo III del codice; b) omessa informazione al
consumatore; c) ostacolo all’esercizio del diritto di recesso d) mancato rimborso delle somme già pagate dal
consumatore; e) ove il professionista abbia presentato all’ incasso o allo sconto gli effetti cambiari, prima che sia
decorso il termine per il recesso da parte del consumatore.
La questione del Foro competente a decidere delle controversie relative al citato Capo I, si risolve nell’
attribuire la competenza territoriale ‘inderogabile’ al giudice del luogo di residenza o domicilio del consumatore,
se ubicati nel territorio nazionale.
8. Il diritto di recesso: contenuti e particolarità - Una delle disposizioni sicuramente più importanti sulla tutela
del consumatore, è quella riguardante l’ esercizio del diritto di recesso, di cui all’ art. 64 del codice. Tale norma si
occupa dei contratti conclusi a distanza o negoziati fuori dai locali commerciali, in relazione ai quali il
consumatore ha diritto di recedere, senza alcuna penalità, né dovendo specificare i motivi, entro 10 gg lavorativi,
salvo quanto diversamente stabilito dall’ art. 65, commi 3,4 e 517.
In che modo è possibile esercitare il diritto di recesso?
Ci sono, al riguardo, differenti modalità contemplate espressamente:
- mediante lettera raccomandata a/r indirizzata alla sede del professionista entro il termine di 10 gg. citato;
- mediante comunicazione inviata, entro lo stesso termine, con telegramma, telex, posta elettronica, fax, purchè sia
confermata con una lettera raccomandata a/r da inviare entro le 48 ore successive (al riguardo si considera spedita in tempo
utile la racc.ta consegnata all’ Ufficio postale nei termini previsti dal codice, o dal contratto ove diversi). Si sottolinea,
altresì, che l’ avviso di ricevimento non costituisca condizione essenziale per provare l’ esercizio del diritto di recesso;
L’ art. 65, prevede al comma 3, che ‘Nel caso in cui il professionista non abbia soddisfatto, per i contratti o le proposte
contrattuali negoziati fuori dei locali commerciali gli obblighi di informazione di cui all'articolo 47, ovvero, per i contratti a
distanza, gli obblighi di informazione di cui agli articoli 52, comma 1, lettere f) e g), e 53, il termine per l'esercizio del diritto di
recesso e', rispettivamente, di sessanta o di novanta giorni e decorre, per i beni, dal giorno del loro ricevimento da parte del
consumatore, per i servizi, dal giorno della conclusione del contratto’. Il successivo comma 4 stabilisce che ‘Le disposizioni di cui
al comma 3 si applicano anche nel caso in cui il professionista fornisca una informazione incompleta o errata che non consenta il
corretto esercizio del diritto di recesso’. Infine, viene sancito al comma 5 che ‘Le parti possono convenire garanzie piu' ampie nei
confronti dei consumatori rispetto a quanto previsto dal presente articolo’.
17
- mediante restituzione della merce ricevuta entro 10 gg., senza alcuna comunicazione, ove ciò sia previsto nell’ offerta o
nell’ informazione sul diritto di recesso.
Occorre chiedersi, in particolar modo, da quale momento decorra il termine per esercitare il recesso. A tal
proposito, l’ art. 65 distingue molteplici ipotesi a seconda delle tipologie contrattuali interessate:
- per i contratti o le proposte contrattuali negoziati fuori dei locali commerciali, il termine decorre dalla data di
sottoscrizione della nota d’ ordine contenente l’ informazione sul diritto di recesso;
- in mancanza di nota d’ ordine, il suddetto termine decorre dalla data di ricezione di tale informazione, per i contratti
riguardanti la prestazione di servizi o la fornitura di beni, ove al consumatore sia stato prima mostrato o illustrato dal
professionista il prodotto oggetto del contratto;
- per i contratti riguardanti la fornitura di beni, il termine decorre dalla data di ricevimento della merce, se successiva,
qualora l’ acquisto sia stato effettuato senza la presenza del professionista, o sia stato mostrato o illustrato un prodotto di tipo
diverso da quello oggetto del contratto;
- per i contratti a distanza, la decorrenza avviene, con riferimento ai beni, dal giorno del loro ricevimento da parte del
consumatore, purchè sia stato assolto l’ obbligo informativo ex art. 52 innanzi citato, o dal giorno in cui sia stato soddisfatto
tale obbligo qualora ciò avvenga dopo la conclusione del contratto, ma non oltre tre mesi dalla stessa; con riferimento ai
servizi, si parte dal giorno in cui il contratto si è concluso o da quello in cui sono stati soddisfatti gli obblighi informativi
suddetti, qualora ciò avvenga dopo la conclusione del contratto, ma non oltre tre mesi dalla stessa.
Per gli ulteriori profili di cui ai commi 3,4 e 5, si richiama quanto riportato in nota (15).
Una volta che il professionista ha ricevuto il recesso, viene meno ogni obbligazione contrattuale tra le parti,
salvo quelle ulteriori previste dall’ art. 67, e nello specifico:
1) in caso di consegna del bene al consumatore, questi è tenuto a restituirlo o metterlo a disposizione del professionista o
della persona da lui designata, secondo quanto previsto dal contratto, e comunque non prima che siano decorsi 10 gg. dalla
data di ricevimento del bene18;
2) per i contratti aventi ad oggetto la vendita di beni, in presenza di merce consegnata, l’ integrità del bene da restituire
costituisce la condizione essenziale per poter esercitare il recesso, essendo sufficiente che sia stato custodito con l’ uso della
normale diligenza in uno stato normale di conservazione;
3) il consumatore è soltanto tenuto a effettuare le spese derivante dalla restituzione del bene al mittente, ove ciò sia stato
previsto nel contratto;
4) in caso di esercizio del diritto di recesso, conforme alle prescrizioni del codice, il professionista deve rimborsare allo
stesso le somme versate, ivi comprese quelle a titolo di caparra; tale rimborso deve avvenire gratuitamente, nell’ arco di un
brevissimo termine, e al massimo entro 30 gg. da quando il professionista ha avuto conoscenza dell’ esercizio del diritto di
recesso da parte del consumatore;
5) in caso di pagamento mediante effetti cambiari, ove questi non siano stati presentati all’ incasso, devono essere restituiti;
inoltre si evidenzia la nullità di clausole che prevedano limitazioni al rimborso verso il consumatore che ha versato già delle
somme, ed esercitato il diritto di recesso;
La merce si intende restituita nel momento in cui viene consegnata all’ Ufficio postale accettante o allo spedizioniere. Tale
profilo era previsto dall’ art. 8, D.lgs. n. 50/92, il cui comma 2 prevedeva il caso di consegna di merce. Al riguardo il profilo che si
può evidenziare, concerne la rapportabilità della disciplina alla problematica del commercio elettronico. Ci si può chiedere come
sia possibile restituire ad esempio un software, che è un bene immateriale, e soprattutto come restituirlo integralmente. La
soluzione, a parere degli operatori del settore, è da darsi sulla base dello stato delle conoscenze tecniche attuali che consentirebbero
una certa sicurezza sulla integrità dei software e impedirebbero una loro copia o salvataggio su supporto, prima di essere restituiti.
18
6) qualora il prezzo di un bene o servizio, oggetto del contratto del capo II in esame, sia interamente o parzialmente coperto
da un credito concesso al consumatore, dal professionista o da un terzo – in virtù di un accordo tra questi e il professionista -,
il contratto di credito si intende risolto di diritto, senza penalità alcuna, ove il consumatore eserciti il diritto di recedere in
conformità alle norme previste; in tali casi il professionista ha l’ onere di comunicare al terzo che il consumatore ha
esercitato il proprio diritto di recesso; le somme eventualmente versate dal terzo - a titolo di credito a pagamento del bene o
servizio -, sono rimborsate dal professionista, senza penalità, salvo corresponsione di interessi legali maturati.
9. Contratti e diritti di godimento su beni immobili - Al Titolo IV, vengono in esame le disposizioni relative ai
singoli contratti, e segnatamente la disciplina sui contratti relativi all’ acquisizione di un diritto di godimento
ripartito di beni immobili. In tale tipologia di contratti (si tratterebbe di multiproprietà, come dice l’ art. 72,
quando il diritto oggetto del contratto è un diritto reale), rientrano quei contratti mediante i quali, dietro il
pagamento di un determinato prezzo, si costituisce, trasferisce, o si promette di costituire o trasferire –
direttamente o indirettamente – un diritto reale o altro diritto avente ad oggetto il godimento di uno o più beni
immobili. Tutto ciò avviene per un periodo determinato o determinabile dell’ anno, non inferiore ad una
settimana. Parti del contratto solo un acquirente (il consumatore), e un venditore (persona fisica o giuridica che
costituisce, trasferisce o promette di costituire o trasferire beni immobili).
Il venditore - sancisce l’ art. 70 - è tenuto a consegnare ad ogni soggetto richiedente informazioni su un dato
immobile, un apposito documento che le contenga19.
Con riferimento ai requisiti del contratto in esame, viene richiesta, a pena di nullità, la redazione mediante
forma scritta (anche se non viene specificato di che forma si debba trattare, se atto pubblico o scrittura privata,
evidenziandosi semplicemente che esso venga sottoscritto), in lingua italiana o in quella dello Stato in cui risiede
l’ acquirente, o nella lingua da lui scelta, purchè si tratti di lingue ufficiali dell’ U.E.
Può essere rilevato il dato per cui non viene previsto – all’ art. 71 del codice - l’ inciso ‘a pena di nullità’,
anche per quanto riguarda il contenuto di tale tipologia contrattuale, al fine di stabilirne espressamente uno che
sia indefettibile20. Ciò può da un lato significare maggiore flessibilità dal punto di vista della violazione dello
stesso contenuto, non essendo – quest’ ultimo - previsto a pena di nullità; dall’ altro, si potrebbero porre degli
interrogativi circa la congruità di tale scelta.
In particolar modo tale documento deve indicare: il diritto oggetto del contratto; l’ identità e il domicilio del venditore, nonché
quelle del proprietario; in caso di immobile determinato, la descrizione dell’ immobile, la sua ubicazione, gli estremi del permesso
di costruire, o altro titolo edilizio, leggi regionali regolanti l’ uso dell’ immobile con destinazione turistico-ricettiva e, per gli
immobili situati all’ estero, gli estremi degli atti che garantiscono la loro conformità alle prescrizioni vigenti in materia; in caso di
immobile non ancora determinato, gli estremi di concessione edilizia, leggi regionali regolanti l’ uso dell’ immobile con la
destinazione richiamata, applicando le stesse garanzie di prima per gli immobili situati all’ estero, nonché lo stato di avanzamento
dei lavori di costruzione dell’ immobile e la data del presumibile suo completamento; inoltre, sempre per gli immobili non
determinati, occorrerà indicare lo stato di avanzamento dei lavori con riferimento ai servizi (gas, elettricità, acqua, telefono),
nonché in caso di mancato completamento dell’ immobile, l’ indicazione delle garanzie (e relative modalità di applicazione delle
stesse) relative al rimborso delle somme già pagate. Le informazioni, poi, comprendono altri aspetti, quali i servizi comuni (luce,
acqua, raccolta rifiuti, ecc) e le strutture comuni (piscina, sauna) cui l’ acquirente ha o avrà accesso; le condizioni di riparazione e
manutenzione dell’immobile; il prezzo globale che l’acquirente dovrà versare come corrispettivo;informazioni sul diritto di
recesso.
20
Sul contenuto di tali contratti, si possono brevemente ricordare gli elementi che lo formano: a) l’ identità e il domicilio dell’
acquirente; b) la durata del contratto e il termine a quo del godimento dell’ immobile; c) una clausola attestante la mancanza di
oneri, obblighi o spese ulteriori a quelli previsti dal contratto; d) possibilità di vendita o scambio del diritto oggetto del contratto, e
relativi costi; e) la data e il luogo di sottoscrizione del contratto.
19
Vale in tal sede la pena ricordare – rinviandosi, invece, al testo del codice per un’ analisi maggiormente
esaustiva - che il diritto di recesso, applicabile a tali contratti, è stabilito all’ art. 73 nel termine di 10 gg lavorativi
dalla conclusione del contratto medesimo (stesso termine di quello previsto innanzi), salve le necessarie
specificazioni e differenze nel caso concreto.
Va detto, anche in quest’ ambito, che la competenza territoriale ‘inderogabile’, per le controversie relative ai
contratti poc’ anzi esaminati, sia del giudice del luogo di residenza o domicilio dell’ acquirente/consumatore, se
ubicati nel territorio dello Stato.
10. I servizi turistici - Il Capo II, Titolo IV del codice, si occupa dei pacchetti turistici, servizi e offerti nel
territorio nazionale dall’ organizzatore o venditore, ma anche a quelli negoziati al di fuori dei locali commerciali o
a distanza21.
I pacchetti turistici, di cui all’ art. 84, riguardano i viaggi, le vacanze, i circuiti ‘tutto compreso’ - di durata
superiore a 24 ore, o comprendenti almeno una notte - che risultano combinando almeno due tra i seguenti
elementi: trasporto, alloggio e servizi turistici non accessori al trasporto o alloggio22.
Per tali contratti, viene prevista, a livello formale, la redazione per iscritto in termini chiari e precisi (anche in
tal caso non si fa menzione del tipo di forma da utilizzare, né si prevede la sua presenza a pena di nullità, con tutte
le conseguenze che possono al riguardo immaginarsi).
Attraversando il contenuto del contratto di vendita dei pacchetti turistici – per il quale occorre rinviare all’ art.
86 del codice – si giunge, anche per tali contratti, al profilo informativo previsto dall’ art. 87 e 88.
Gli elementi caratterizzanti possono così riassumersi:
1) informazioni di carattere generale, da fornire per iscritto da parte del venditore e organizzatore nella fase delle trattative e
comunque prima della conclusione del contratto, sulle condizioni applicabili ai cittadini dello Stato dell’ U.E. in materia di
passaporto e visto con l’ indicazione dei termini per il rilascio, gli obblighi sanitari, le formalità per effettuare viaggio e
soggiorno;
2) comunicazione di orari, località di sosta intermedia e coincidenze; generalità, recapito telefonico di rappresentanti locali
dell’ organizzatore o venditore o di uffici locali contattabili dal viaggiatore in presenza di difficoltà; recapito telefonico dell’
organizzatore o venditore, in caso di difficoltà in assenza di rappresentanti locali; per i viaggi di minori all’ estero, recapiti
telefonici per avere un contatto diretto con lo stesso o con il responsabile del suo soggiorno; sottoscrizione facoltativa di un
contratto di assicurazione, per coprire le spese sostenute dal consumatore per l’ annullamento del contratto o rimpatrio per
incidente o malattia;
3) in presenza di contratto stipulato nell’ imminenza di partire, le indicazioni del numero 1vanno fornite contestualmente alla
stipula del contratto;
4) divieto di dare informazioni ingannevoli sulle modalità del servizio offerto, presso e altri elementi del contratto, a
prescindere dal mezzo con cui vengono comunicate al consumatore.
L’ art. 83 contiene la definizione di tre categorie, l’ organizzatore di viaggio, il venditore e il consumatore di pacchetti turistici.
Si fa riferimento all’ art. 86, lett. i) itinerario, visite, escursioni, o altri servizi inclusi nel pacchetto turistico, ivi compresa la
presenza di accompagnatori e guide turistiche; e alla lett. o) termine entro il quale il consumatore deve presentare reclamo per l’
inadempimento o l’ inesatta esecuzione del contratto.
21
22
Interessante è anche l’ art. 88, che si riferisce all’ opuscolo informativo, il quale contiene - e anche qui non vi è
‘apparentemente’ una indicazione che possa essere intesa come ‘doverosa’ - in modo chiaro e preciso, tutta una
serie di elementi. Successivamente, il 2° comma di tale articolo, stabilisce che ‘le informazioni contenute nell’
opuscolo vincolano l’ organizzatore e il venditore in relazione alle rispettive responsabilità’ (facendo propendere
per l’ obbligatorietà degli elementi presenti nell’ opuscolo de quo). Viene prevista, però, la possibilità che le
modifiche delle condizioni elencate all’ interno dell’ opuscolo stesso, siano comunicate per iscritto al consumatore
prima della stipulazione del contratto o vengano concordate dai contraenti, mediante apposito accordo scritto,
successivamente alla stipulazione.
Per quanto concerne le modifiche alle condizioni contrattuali, in materia di pacchetti turistici, subentra l’ art.
91 del codice. Tale disposizione prevede che, prima della partenza l’ organizzatore o venditore - i quali abbiano
la necessità di modificare in modo significativo uno o più elementi del contratto - ne diano avviso per iscritto al
consumatore, indicando il tipo di modifica e consequenziale variazione del prezzo.
Nel caso in cui il consumatore non accetti tali modifiche, lo stesso può:
- recedere, senza pagare alcuna penalità, e ha diritto – come risulta dall’ art. 92, comma 1 – di usufruire di un altro
pacchetto turistico di qualità equivalente o superiore, senza pagare alcun supplemento, o di un pacchetto turistico di qualità
inferiore, previa restituzione della differenza di prezzo;
- farsi rimborsare, entro 7 gg. lavorativi dal momento del recesso o cancellazione, la somma già corrisposta.
Occorre aggiungere che, in base al 2° comma dell’ art. 92, nelle ipotesi poc’ anzi esaminate, abbia il diritto di essere risarcito
di ‘ogni ulteriore’ danno derivante dalla mancata esecuzione del contratto (il riferimento ad una formula così ampia merita di
essere maggiormente approfondito, anche perché consente un ristoro del danno subìto, inglobando potenzialmente tutta una
serie di profili direttamente o indirettamente collegabili al concetto di danno).
Va ricordato che il consumatore ha 2 gg. di tempo, da quando riceve l’ avviso dall’ organizzatore o venditore, per
comunicare la propria scelta agli stessi.
Successivamente alla partenza, invece, qualora una parte essenziale dei servizi del contratto non possa essere
effettuata, si prevede che l’organizzatore predisponga adeguate soluzioni alternative per non far pesare sul
consumatore ogni tipo di onere e consentirgli la prosecuzione del viaggio, ovvero rimborsi quest’ ultimo della
differenza tra costo delle prestazioni previste e quello delle prestazioni effettuate, salvo il risarcimento dei danni.
In mancanza di soluzione alternativa o mancata accettazione da parte del consumatore per un giustificato motivo,
è sancito che l’organizzatore gli metta a disposizione un mezzo di trasporto equivalente per tornare al luogo di
partenza o ad un altro luogo stabilito, restituendogli la differenza tra il costo delle prestazioni previste e quello
delle prestazioni effettuate fino al momento del rientro anticipato.
All’ art. 93 del codice, si prevede l’ ipotesi del mancato o inesatto adempimento delle obbligazioni relative al
contratto di vendita del pacchetto turistico. In presenza di tali casi, l’organizzatore e il venditore sono tenuti al
risarcimento, se non provino che il mancato o inesatto adempimento è stato determinato da impossibilità della
prestazione, derivante a causa a loro non imputabile.
Un aspetto senz’altro peculiare, è dato dalla responsabilità per danni alla persona, in caso di inadempimento
o inesatto adempimento delle prestazioni formanti il pacchetto turistico. Il danno risarcibile viene determinato
sulla base delle convenzioni internazionali vigenti in materia di trasporto aereo internazionale (Varsavia, 12
ottobre 1929, resa esecutiva con L. n. 841/1932), trasporto ferroviario (Berna, 25 febbraio 1961) e per ogni altra
ipotesi di responsabilità dell’ organizzatore e venditore (Bruxelles, 23 aprile 1970).
Va altresì rilevato come ogni accordo volto a limitare il risarcimento al disotto della soglia poc’ anzi prevista, è
da considerarsi nullo.
I casi di esonero di responsabilità dell’ organizzatore e del venditore, sono sanciti all’ art. 96, quando la
mancata o inesatta esecuzione del contratto sia imputabile al consumatore, o sia dipesa da fatto di terzo avente
carattere imprevedibile o inevitabile, caso fortuito o forza maggiore.
È previsto, all’ art. 98, lo strumento del reclamo, mediante il quale il consumatore, senza ritardo, faccia valere
ogni mancanza nell’esecuzione del contratto, affinché l’organizzatore, il suo rappresentante locale o l’
accompagnatore vi pongano tempestivamente rimedio (anche se non viene specificata la modalità di esercizio di
tale strumento, né la forma). Si prevede, poi, che il consumatore possa ‘altresì’ sporgere reclamo mediante invio
di raccomandata a/r diretta all’ organizzatore o al venditore entro 10 gg. dalla data del rientro nel luogo di
partenza (il riferimento all’ avverbio risulta inappropriato, perché nulla prima era stato sancito – vale la pena
riconfermarlo -, circa i sistemi concreti per proporre il reclamo).
È interessante notare come, all’ art. 100, si preveda l’ istituzione di un Fondo di garanzia, destinato a
rimborsare il consumatore del prezzo versato e del rimpatrio - nel caso di viaggi effettuati all’estero -, in presenza
di insolvenza dell’organizzatore o venditore; ma anche per fornire una immediata disponibilità economica, in caso
di rientro forzato di turisti da Paesi extracomunitari, in occasione di emergenze che siano imputabili o meno a
comportamento dell’ organizzatore.
In tale articolo viene utilizzata una particolare formula, allorquando si dice che ‘il fondo potrà avvalersi del
diritto di rivalsa nei confronti del soggetto inadempiente’, quasi a voler impersonificare il Fondo, che è, invece,
un istituto il quale si caratterizza per la sua oggettività, alimentato annualmente con quote percentuali del premio
delle polizze di assicurazione obbligatoria (per responsabilità civile), da cui devono essere coperti l’ organizzatore
e il venditore. Orbene, l’idea di un qualcosa di non soggettivo che agisce e si fa portatore di propri interessi (intesi
in senso ampio, e nello specifico di tipo economico), richiama – a una più attenta analisi - la presenza, dietro, di
un ente pubblico - il Ministero per le attività produttive - che lo gestisce e ne fissa le modalità di funzionamento.
11. La sicurezza e la qualità dei prodotti: un binomio a tutela del consumatore - Importanti sono i riferimenti
contenuti nelle disposizioni della Parte IV, Titolo I, che vanno dall’ art. 102 all’ art. 110, i quali affermano la
rilevanza della sicurezza e qualità dei prodotti.
In particolare, vanno ricordati il concetto di prodotto sicuro, rilevandosi che laddove vi sia la soggezione di
certi prodotti a requisiti di sicurezza previsti dalla normativa comunitaria, le disposizioni del Titolo I si applichino
solo per gli aspetti, i rischi o categorie di rischio non soggetti a tali requisiti23.
L’ art. 103, comma 1, del codice del consumo, fornisce una definizione di prodotto sicuro - rinviando all’ art. 3, comma 1, lett.
e), per il concetto di prodotto in generale – come quel prodotto che, in determinate condizioni, non presenti alcun rischio oppure
presenti unicamente rischi minimi, compatibili con l’ impiego del prodotto e considerati accettabili nell’ osservanza di un livello
elevato di tutela della salute e della sicurezza delle persone, secondo tutta una serie di elementi: caratteristiche del prodotto, la sua
composizione, l’ imballaggio, l’ istallazione, manutenzione, effetto su altri prodotti, la sua presentazione, l’ etichettatura, eventuali
23
Sulla responsabilità del produttore, si sancisce che questi immetta sul mercato soltanto prodotti sicuri.
Lo stesso produttore deve fornire al consumatore le informazioni utili a valutare e prevenire i rischi derivanti
dall’ uso normale o ragionevolmente prevedibile del prodotto, laddove questi non siano immediatamente
percettibili senza adeguate avvertenze. È prevista l’adozione di misure proporzionate alle caratteristiche del
prodotto, affinché si consenta al consumatore di essere informato sui rischi legati al suo utilizzo e di poter agire al
fine di evitarli, rientrando tra le iniziative che hanno tale finalità, anche il ritiro del prodotto dal mercato.
Il distributore, dal canto suo, deve agire con diligenza nell’ esercizio della propria attività, al fine di garantire
l’ immissione di prodotti sicuri sul mercato. In particolare lo stesso:
a) non deve fornire dei prodotti di cui conosca o avrebbe dovuto conoscere la pericolosità, sulla base delle informazioni in
suo possesso; b) è tenuto a partecipare al controllo di sicurezza del prodotto che viene immesso sul mercato, trasmettendo le
informazioni sui rischi del prodotto al produttore e a chi di competenza per le rispettive azioni da intraprendere; c) è tenuto a
collaborare alle azioni di cui al punto b), conservando la documentazione necessaria per rintracciare l’ origine dei prodotti,
per un periodo di 10 anni dalla cessione al consumatore finale.
Si prevede, al comma 8, dell’ art. 104, che in caso di rischio grave, le informazioni da fornire debbano
contenere alcune indicazioni, tali da consentire l’ identificazione del prodotto, una descrizione completa del
rischio, la rintracciabilità del prodotto, una descrizione dei provvedimenti adottati per prevenire i rischi per i
consumatori24.
Sul tema della presunzione e valutazione della sicurezza ex art. 105 del codice, si sancisce – al 1° comma come, in assenza di normativa comunitaria che stabilisca i profili di sicurezza di un prodotto, si applichino le
norme degli Stati membri in cui lo stesso viene commercializzato, con riferimento ai parametri sanitari cui deve
rispondere e alla sicurezza stessa.
Si ha la presunzione di un prodotto sicuro, nel caso in cui – per quanto concerne i rischi e le categorie di rischi
disciplinati dalla normativa nazionale – esso sia conforme alle norme nazionali non cogenti che recepiscono le
disposizioni comunitarie (il richiamo viene fatto alla direttiva 2001/95/CE sulla sicurezza generale dei prodotti,
che al suo art. 4 prevede le modalità con cui sono elaborate le citate disposizioni). Tale comma, il 2° dell’ art. 105,
ricalca integralmente l’ art. 3, comma 2 (seconda parte) della direttiva 2001/95/CE.
Fuori dei casi previsti dal 1° e 2° comma, la sicurezza del prodotto viene valutata sulla base delle norme
nazionali non cogenti che recepiscono norme europee, di quelle in vigore nello Stato membro cui il prodotto è
commercializzato, delle raccomandazioni della Commissione europea sugli orientamenti circa la valutazione della
sicurezza di prodotti, dei codici di buona condotta in materia di sicurezza per i settori interessati, ai ritrovati della
tecnica, nonché ai livelli di sicurezza che i consumatori possono ragionevolmente attendersi.
Vengono previsti, all’ art. 106, apposite procedure di consultazione e coordinamento tra i diversi Ministeri, al
fine di ottenere uno scambio rapido di informazioni, anche per via telematica.
avvertenze, categorie (in particolare minori e anziani) che si trovano in pericolo nell’ utilizzare il prodotto. Per quanto concerne,
invece, la definizione di prodotto pericoloso, ci si limita a considerarlo, in buona sostanza, come la negazione del prodotto sicuro.
24
La definizione di ‘rischio grave’ è fornita dall’ art. 103, comma 1, lett. c), il quale parla di ‘qualsiasi rischio grave compresi
quello i cui effetti non sono immediati, che richiede un intervento rapido delle autorità pubbliche’. Si tratta, vale la pena
evidenziarlo, di una formula piuttosto vaga, ampia, riconducibile a tutto e a nulla. Con tutta probabilità, sarebbe stato meglio
specificare maggiormente le caratteristiche, gli elementi o gli effetti in virtù dei quali un rischio potesse considerarsi grave, posto
che tale carattere del rischio, può essere interpretato in vario modo.
Il successivo art. 107, offre un quadro dei controlli che le varie amministrazioni (indicate nel citato art. 106)
pongono in essere sui prodotti immessi sul mercato, affinché siano sicuri 25. Il Ministero delle attività produttive
comunica, poi, alla Commissione europea l’ elenco delle stesse, degli uffici e organi di cui si avvalgono,
aggiornato ogni anno.
L’ elenco dei controlli effettuabili è piuttosto lunga, pertanto sembra opportuno ricordare solo alcuni di essi: si
va dal potere (in capo alle amministrazioni di cui all’ art. 106) di disporre adeguate verifiche sulle caratteristiche
di sicurezza di un prodotto (mediante ispezioni presso stabilimenti presso magazzini), a quello di esigere dalle
parti tulle informazioni necessarie, dal potere di prelevare campioni di prodotti per sottoporli a prove o analisi
volte ad accertarne la sicurezza, a quello di far apporre sul prodotto l’ indicazione dei rischi che lo stesso può
avere, dal divieto di porre sul mercato un prodotto pericoloso, a quello del suo ritiro immediato dal mercato
stesso, ove già immessovi.
Si attua, poi, un coordinamento tra quanto sancito dal codice del consumo in materia di sicurezza e quanto
previsto dalla normativa antincendio, avvalendosi del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico,
nonché di altre strutture collegate.
L’ art. 109 prevede un’ attività di sorveglianza del mercato, avente lo scopo di garantire un livello elevato di
tutela della salute e sicurezza dei consumatori, posta in essere dalle amministrazioni riportate in nota (24).
A tal proposito, si possono prevedere:
a) l’ istituzione, l’ aggiornamento periodico, l’ esecuzione di programmi settoriali di sorveglianza per categorie di prodotti o
di rischi, monitoraggio dell’ attività di sorveglianza; b) aggiornamento delle conoscenze tecnico-scientifiche sulla sicurezza
dei prodotti; c) esami e valutazioni periodiche circa il funzionamento delle attività di controllo e della loro efficacia, la
revisione dei metodi di organizzazione della sorveglianza.
Le amministrazioni di cui innanzi, inoltre, assicurano la gestione dei reclami dei consumatori e degli altri
interessati, circa la sicurezza dei prodotti e le attività di controllo e sorveglianza.
Si ricorda, all’ art.111, che in materia di responsabilità del produttore, sono fatte salve le disposizioni
contenute nel Titolo II, relative alla responsabilità del danno da prodotti difettosi, che si analizzerà di qui a poco.
Il profilo sanzionatorio, disciplinato all’ art. 112, comprende sia l’ applicabilità della misura detentiva dell’
arresto, sia quella pecuniaria dell’ ammenda, per poi giungere anche – in determinati casi – alla sanzione
amministrativa. Sono fatti salvi i casi in cui il fatto costituisca un reato più grave, nel qual caso si applicheranno le
disposizioni di volta in volta individuabili.
12. La responsabilità e il danno da prodotti difettosi - In materia di responsabilità per danno da prodotti
difettosi, disciplinata dal Capo IV, Titolo II, è prevista la sua riconducibilità in capo al produttore26. L’ art. 115
offre una definizione di prodotto diversa da quella fornita all’ art. 3, comma 1, lett. e) - che fa salva tale
25
Le amministrazioni cui ci si riferisce nel testo, sono i Ministeri delle attività produttive, della salute, del lavoro e delle politiche
sociali, dell'interno, dell'economia e delle finanze, delle infrastrutture e trasporti, nonchè le altre amministrazioni pubbliche di volta
in volta competenti per materia alla effettuazione dei controlli di cui all'articolo 107.
26
L’ art. 117 contiene la definizione di prodotto difettoso, individuando, nello stesso, quel prodotto che non offra la sicurezza
aspettata, per: a) il modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, la sua presentazione, le caratteristiche, le istruzioni, le
avvertenze; b) l’ uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato e i relativi comportamenti che si possono prevedere;
c) il tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione. Un prodotto può essere difettoso anche quando non offra la sicurezza
offerta normalmente dagli altri esemplari della medesima serie.
disposizione -, intendendolo come ‘ogni bene mobile, anche se incorporato in altro bene mobile o immobile’,
inserendo anche l’ elettricità in questa categoria.
Con riferimento al fornitore che abbia distribuito il prodotto nell’ esercizio della sua attività commerciale, l’
art. 116 ne afferma la responsabilità, quando il produttore non sia individuato, ove il primo non abbia comunicato
al danneggiato – entro 3 mesi dalla richiesta – l’ identità e il domicilio del produttore o della persona che gli ha
fornito il prodotto27.
Si prevedono, poi, degli aspetti più propriamente processuali, così riassumibili:
- la notifica dell’ atto introduttivo del giudizio deve essere preceduta dalla richiesta, come sopra indicata, e in mancanza di
quest’ ultima, il convenuto (fornitore) può effettuare la comunicazione entro 3 mesi successivi (e chiedere all’ attore il
rimborso spese per la chiamata in giudizio);
- alla prima udienza del giudizio di I° grado, su richiesta del fornitore e in presenza di giustificate circostanze, il giudice può
fissare un ulteriore termine di tre mesi per la comunicazione anzidetta;
- il terzo, indicato come produttore o come precedente fornitore, può essere chiamato in giudizio su istanza di parte ex art.
106 c.p.c., e il fornitore può essere estromesso se la persona indicata compare e non contesta l’ indicazione.
L’ art. 116 si applica anche al prodotto importato nella U.E., quando non sia individuato l’ importatore, anche
se sia noto il produttore.
I casi di esclusione dalla responsabilità, sono sanciti all’art. 118, e riguardano casi in cui: a) il produttore non
ha messo in circolazione il prodotto; b) il difetto che ha cagionato il danno, non esisteva al momento in cui il
produttore ha messo il prodotto in circolazione; c) il produttore non ha fabbricato il prodotto per la vendita o per
ogni altra forma di distribuzione a titolo oneroso, né lo ha fatto nell’ esercizio della sua attività professionale; d) il
difetto è dovuto alla conformità del prodotto a una norma giuridica imperativa o a provvedimento vincolante; e) lo
stato delle conoscenza tecnico-scientifiche - al momento della messa in circolazione del prodotto da parte del
produttore – non consentiva di considerare il prodotto difettoso; f) il difetto è interamente dovuto alla concezione
del prodotto in cui è stata incorporata una parte componente o una materia prima, ovvero alla conformità di questa
alle istruzioni date dai produttori che l’ha utilizzata, nel caso di produttore o fornitore della parte componente o
della materia prima.
Sul versante probatorio, l’art. 120 del codice, richiede al danneggiato di provare il difetto, il danno e la
connessione tra gli stessi. Dall’ altro lato, però, il produttore deve provare i fatti escludenti la propria
responsabilità. Nello specifico, ai fini dell’esclusione della responsabilità nei casi in cui il difetto che ha cagionato
il danno non esisteva quando il produttore ha messo il prodotto in circolazione, è sufficiente che questi dimostri
tale circostanza secondo parametri di probabilità.
La presenza di più persone responsabili del medesimo danno, comporta l’ obbligo risarcitorio in via solidale.
In tal caso, colui che risarcisce, ha diritto all’ azione di regresso verso gli altri obbligati, nella misura del
rischio riferibile a ciascuno, della gravità delle eventuali colpe, nonchè dell’ entità delle conseguenze derivate 28.
Potrebbe, però, verificarsi anche l’ ipotesi di colpa del danneggiato, (rectius) di concorso del fatto colposo
dello stesso nel danno, nella quale ipotesi si applicherà l’ art. 1227 c.c.29. Il risarcimento non sarà dovuto quando
Si prevede che la richiesta - di cui sopra – debba essere fatta per iscritto, e debba indicare il prodotto che ha cagionato il danno, il
luogo e (approssimativamente) la data dell’ acquisto, nonché l’ offerta (ove presente) della presa in visione del prodotto.
28
In ipotesi di dubbio, la ripartizione del risarcimento spetta a tutti in parti uguali.
27
il danneggiato sia stato consapevole del difetto e del pericolo che ne derivava e, nonostante ciò, si sia esposto
volontariamente. Viene, inoltre, equiparatala colpa del detentore, in caso di danno alla cosa, a quella del
danneggiato.
Sulla risarcibilità del danno, in tema di danno da prodotti difettosi, l’ art. 123 prevede che essa comprenda: a)
il danno cagionato da morte o lesioni personali; b) la distruzione o il deterioramento di una cosa diversa dal
prodotto difettoso, purchè di tipo normalmente destinato all’ uso o consumo privato e così principalmente
utilizzata dal danneggiato. Viene, poi, fissato un ammontare minimo (€ 387), superato il quale si considera
risarcibile il danno alle cose.
Va evidenziata la nullità di qualunque clausola che escluda o limiti preventivamente, nei confronti del
danneggiato, la responsabilità per danno da prodotti difettosi.
Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in 3 anni, decorrenti da quanto il danneggiato ha avuto o
avrebbe dovuto avere conoscenza del danno, del difetto e dell’ identità del responsabile. Nel caso in cui il danno si
sia aggravato, il termine decorre dal momento in cui il danneggiato ha avuto o avrebbe dovuto avere conoscenza
di un danno di gravità sufficiente a giustificare l’ esercizio di un’ azione giudiziaria.
Si decade, invece, dal diritto al risarcimento, dopo che siano trascorsi 10 anni dal giorno in cui il produttore o
l’ importatore nella U.E. abbia messo in circolazione il prodotto che ha cagionato il danno. La decadenza è
impedita solo dalla proposizione della domanda in giudizio, salvo il processo si estingua, dalla domanda di
ammissione del credito in una procedura concorsuale o dal riconoscimento del diritto da parte del responsabile.
Restano salve le norme riguardanti i danni cagionati da incidenti nucleari (L. n. 1860/1932 e modifiche).
13. Garanzie per i beni di consumo - Il Titolo III è dedicato alla garanzia legale di conformità e garanzie
commerciali per i beni di consumo.
Per quanto concerne l’ ambito di applicazione, siamo in presenza di contratti di vendita, cui vengono equiparati
i contratti di permuta e somministrazione, nonché quelli di appalto, opera e ogni altro contratto finalizzato alla
fornitura di beni di consumo da fabbricare o produrre.
Con l’ espressione ‘bene di consumo’, si vuole indicare qualsiasi bene mobile, anche assemblabile, tranne: a) i
beni oggetto di vendita forzata o venduti dalle autorità giudiziarie, anche con delega ai notai; b) l’ acqua e il gas, a
meno che non siano confezionati per la vendita in un certo volume o quantità; c) l’ energia elettrica.
Il soggetto (venditore), persona fisica, giuridica pubblica o privata, che utilizza i contratti poc’ anzi citati, ha l’
obbligo – in base all’ art. 129 - di consegnare al consumatore dei beni che siano conformi al contratto di vendita.
I beni di consumo si presumono conformi al contratto ove, se pertinenti, siano coesistenti alcuni elementi:
a) idoneità all’uso, alla pari dei beni dello stesso tipo;
b) conformità alla descrizione fatta dal venditore e possesso delle qualità del bene che il venditore ha presentato al
consumatore come modello o campione;
Ricordiamo che l’ art. 1227 c.c. regola l’ ipotesi del concorso del fatto colposo del creditore, in presenza del quale il risarcimento
è diminuito secondo la gravità della colpa e l’ entità delle conseguenze derivate, non ritenendosi dovuto il risarcimento di quei
danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ ordinaria diligenza.
29
c) possesso delle qualità e prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo, che il consumatore può aspettarsi
ragionevolmente, tenuto conto della natura del bene, delle dichiarazioni pubbliche – fatte dal venditore, dal produttore o dal
suo agente o rappresentante - sulle caratteristiche dello stesso, in particolare nella pubblicità ed etichettatura;
d) idoneità all’ uso particolare voluto dal consumatore, il quale lo abbia portato a conoscenza del venditore al momento della
conclusione del contratto e da questi sia stato accettato anche con fatti concludenti.
Il difetto di conformità non può essere rilevato, laddove al momento della conclusione del contratto, il
consumatore conosceva tale difetto, non poteva ignorarlo con la diligenza ordinaria o esso derivava da istruzioni o
materiali forniti dal consumatore.
Le dichiarazioni pubbliche - di cui alla citata lett. c) - fatte dal venditore, non lo vincolano, quando dimostri
che non era a conoscenza della dichiarazione e non poteva conoscerla usando la diligenza ordinaria, o quando la
dichiarazione stessa sia stata adeguatamente corretta non oltre la conclusione del contratto, affinché la si rendesse
nota al consumatore, ovvero, infine, se la decisione di acquistare il bene di consumo non sia stata influenzata da
tale dichiarazione.
L’ art. 130 stabilisce i diritti del consumatore e prevede la responsabilità del venditore, nei confronti del
primo, per qualsiasi difetto di conformità del bene, al momento della sua consegna. In tal caso, il consumatore ha
diritto al ripristino della conformità del bene attraverso riparazione o sostituzione, e senza spese, ovvero a una
riduzione del prezzo o alla risoluzione del contratto30. Il consumatore non può, però, chiedere la riparazione o
sostituzione, ove ciò sia oggettivamente impossibile o troppo oneroso (in presenza di spese irragionevoli per il
venditore) per l’ altra parte.
In presenza di responsabilità del venditore finale nei confronti del consumatore, il primo potrà agire, con
azione di regresso, nei confronti di quei soggetti responsabili e facenti parte della catena distributiva, salvo patto
contrario o rinuncia alla stessa. Una volta che sia stata data una risposta ai rimedi esperiti dal consumatore, il
venditore potrà agire – entro un anno – contro i responsabili per ottenere la reintegrazione del quantum prestato.
All’ art. 133 si sancisce la possibilità di una garanzia convenzionale, in cui indicare: a) che il consumatore è
titolare dei diritti previsti nell’ articolo; b) l’ oggetto della garanzia, nonché gli elementi necessari (durata e l’
estensione territoriale della garanzia, nome, ditta, domicilio, sede di chi la offre) per farla valere, in modo chiaro e
comprensibile. Su richiesta del consumatore, tale garanzia deve essere disponibile per iscritto o su altro supporto,
nonché redatta in lingua italiana.
Non può essere posto in essere un patto che miri a escludere o limitare i diritti del consumatore, anche in via
indiretta, pena la sua nullità che può essere fatta valere soltanto da lui e mai rilevata d’ ufficio. Non si può, inoltre,
privare – pena la nullità della clausola relativa - il consumatore della garanzia dei diritti previsti in tale ambito,
applicando ad un contratto la normativa di un Paese extracomunitario, qualora il contratto abbia uno stretto
collegamento con il territorio dell’ U.E.
30
Le riparazioni e sostituzioni devono avvenire entro un congruo termine dalla richiesta avanzata dal consumatore, e non devono
comportare inconvenienti allo stesso, tenuto conto della natura del bene e dello scopo per cui è stato acquistato; il consumatore
può, invece, chiedere la riduzione del prezzo (tenendo conto dell’ uso del bene) o la risoluzione del contratto, qualora la riparazione
e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose, qualora il venditore non vi ha provveduto entro un congruo termine,
nonché nei casi in cui la riparazione e sostituzione hanno provocato gravi inconvenienti al consumatore
Il quadro normativo di riferimento, viene completato attraverso il rinvio alle altre norme presenti
nell’ordinamento giuridico e, per quanto non previsto in questo titolo del codice del consumo, a quelle del codice
civile, in materia di contratti di vendita e diritti dei consumatori.
14. Associazionismo a tutela dei consumatori e accesso alla giustizia – Il fenomeno delle associazioni che
mirano a tutelare gli interessi dei soggetti che ne fanno parte, trova nell’ ambito del consumo, una delle maggiori
espressioni. L’ art. 136 del codice del consumo, prevede l’ istituzione di un Consiglio dei consumatori e degli
utenti, il quale si avvale delle strutture del Ministero delle attività produttive ed è costituito dai rappresentanti
delle associazioni di consumatori e utenti, inserite in uno specifico elenco, istituito presso lo stesso Ministero,
nonché da un rappresentante designato dalla Conferenza unificata31.
Tale Consiglio è presieduto dal Ministro delle attività produttive o da un suo delegato, è nominato con
D.P.C.M. e ha la durata di tre anni. Alle sue riunioni vengono invitati, da parte dello stesso, rappresentanti delle
associazioni riconosciute a tutela dell’ ambiente e quelle delle cooperative di consumatori, nonché possono essere
invitati i rappresentanti di enti o organismi che svolgano funzioni di regolamentazione e normazione del mercato,
le categorie economiche e sociali interessate, le P.A. competenti e gli esperti delle materie trattate.
Il Consiglio svolge differenti compiti, che si individuano in: a) pareri, ove gli sia richiesto, da esprimere su
schemi di atti normativi concernenti i diritti dei consumatori e degli utenti; b) proposte da formulare in materia di
protezione dei consumatori e degli utenti, anche con riferimento ai programmi e alle politiche di stampo
comunitario; c) studi, ricerche e conferenze da promuovere sui problemi del consumo e sui diritti dei consumatori
e utenti, nonché il controllo sulla qualità e sicurezza di beni e servizi; d) programmi da elaborare per diffondere
informazioni presso i consumatori e gli utenti; e) iniziative volte a promuovere il potenziamento dell’ accesso ai
mezzi di giustizia per i consumatori e gli utenti, al fine di risolvere le controversie; f) ogni forma di raccordo e
coordinamento, da favorire, tra politiche nazionali e regionali in materia di tutela dei consumatori e degli utenti,
anche al fine di promuovere la più ampia rappresentanza degli interessi dei consumatori e utenti, all’ interno delle
autonomie locali; g) rapporti da stabilire con organismi pubblici o privati analoghi, presenti in altri Paesi e nell’
U.E.; h) difficoltà, impedimenti o ostacoli, da segnalare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, relativi alla
attuazione di disposizioni per la semplificazione procedimentale e documentale nelle P.A.
Per l’ inserimento nell’ apposito elenco, di cui all’art. 137, delle associazioni di consumatori e utenti
rappresentative a livello nazionale, vengono richiesti, al 2° comma, alcuni requisiti.
Un primo requisito è di tipo formale, e consiste nella avvenuta costituzione di tali associazioni, mediante atto
pubblico o scrittura privata, da almeno 3 anni, nonché nel possesso da parte delle stesse di uno statuto che
sancisca un ordinamento a base democratica e preveda lo scopo esclusivo di tutela dei consumatori e degli utenti
(senza finalità di lucro). Occorre, poi, che le associazioni tengano un registro degli iscritti, da aggiornare
annualmente; che il numero degli iscritti non sia inferiore ad una certa percentuale della popolazione nazionale;
che si elabori un bilancio annuale delle entrate e delle uscite, con il rispetto delle norme in materia di contabilità
Il riferimento è fatto all’ art. 8, D.lgs. 28 agosto 1997, n. 281, "Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i
compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato - città ed autonomie locali".
31
delle associazioni non riconosciute; che queste abbiano svolto - nei tre anni precedenti - attività continuativa; che i
rappresentanti legali delle associazioni, non abbiano riportato condanna passata in giudicato, in relazione alla loro
attività, e le stesse non rivestano la qualifica di imprenditori, di amministratori di imprese di produzione e servizi,
per gli stessi settori in cui operano.
Sono previste delle preclusioni per le associazioni finora citate, le quali non possono svolgere attività di
promozione o pubblicità commerciale che riguardi beni o servizi prodotti da terzi, nonché qualsiasi connessione di
interessi con imprese di produzione o distribuzione.
Ad integrare la composizione dell’ elenco delle associazioni, l’ art. 137, comma 5, prevede la possibilità di
iscrizione nello stesso, per le associazioni di consumatori e utenti che operano nei territori dove risiedono
minoranze linguistiche costituzionalmente riconosciute, purchè siano in possesso dei requisiti di cui al predetto 2°
comma dell’ art. 137 e siano formati da un numero ‘certificato’ minimo di iscritti (in percentuale alla regione o
provincia autonoma di riferimento)32.
Per quanto concerne le azioni a tutela degli interessi collettivi di consumatori e utenti, l’ art. 139 sancisce la
legittimazione delle associazioni inserite nell’ elenco, ad agire in tal senso. Fermo quanto disposto dall’ art 2, cui
si rimanda, tali associazioni sono legittimate ad agire nei casi di violazione agli interessi collettivi contemplati
nelle materie del presente codice, nonchè nelle disposizioni della L. n. 223/90 e n. 122/98 in materia di esercizio
delle attività televisive, di quelle previste dal D.lgs. n. 541/92, modificato dal D.lgs. n. 44/97 e L. n. 362/99, sulla
pubblicità dei medicinali per uso umano.
L’ ultimo comma dell’ art. 139 prevede che gli organismi pubblici indipendenti nazionali e le organizzazioni
riconosciuti in un altro Stato dell’ U.E., ed inseriti nell’ elenco degli enti legittimati a proporre azioni inibitorie per
tutelare gli interessi collettivi dei consumatori, possano agire in base all’ art. 140, contro quegli atti o
comportamenti che cagionino lesione agli stessi consumatori, e siano stati posto in essere in tutto o in parte sul
territorio dello Stato.
L’ azione di tutela degli interessi collettivi dei consumatori, viene posta in essere dalle associazioni dell’ art.
139, le quali chiedono al giudice: a) l’ inibizione degli atti e comportamenti lesivi di interessi dei consumatori e
utenti; b) l’ adozione di misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate; c) l’
ordine di pubblicare il provvedimento su uno o più quotidiani a diffusione nazionale o locale, ove tale pubblicità
possa contribuire a correggere o eliminare gli effetti delle violazioni accertate.
Precedentemente al giudizio, viene, anche, prevista la possibilità per le associazioni richiamate, di attivare le
procedure di conciliazione innanzi alla Camere di Commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per
territorio (a norma della L. n. 580/93, art. 2, comma 4, lett. a)), o innanzi agli altri organismi di composizione
extragiudiziale delle controversie in materia di consumo (e si richiama il successivo art. 141, espressamente
rivolto a tali composizioni non giudiziali)33.
Il processo verbale di conciliazione, che conclude la relativa procedura, viene sottoscritto dalle parti e dal
rappresentante dell’ organismo adìto di composizione stragiudiziale, e viene poi depositato presso la Cancelleria
del Tribunale del luogo in cui si è svolto il procedimento. Il Tribunale monocratico, una volta accertata la
La certificazione del numero minimo di iscritti, viene fatta dal rappresentante legale dell’ associazione mediante dichiarazione
sostitutiva dell’ atto di notorietà, resa secondo le modalità di cui all’ art. 46 e ss. del D.P.R. n. 445/2000.
33
Tale procedura di conciliazione non può, in ogni caso, superare i sessanta giorni.
32
regolarità formale del processo verbale suddetto, lo dichiara esecutivo con decreto, e così assume l’ efficacia di
titolo esecutivo.
L’ azione giudiziale potrà essere proposta solo dopo che siano decorsi 15 giorni dalla data in cui le associazioni
legittimate abbiano richiesto con lettere racc.ta a/r, al soggetto da esse reputato responsabile, la cessazione del
comportamento lesivo degli interessi in gioco (dei consumatori e utenti). Il soggetto ritenuto responsabile o che
sia stato chiamato in giudizio, può attivare la procedura di conciliazione, senza che ciò comporti alcun pregiudizio
per l’ eventuale azione giudiziaria da attivarsi o già attivata. Va rilevato che la positiva conclusione del
procedimento conciliativo, viene valutata ai fini della cessazione della materia del contendere.
Attivato il giudizio, con il provvedimento finale il giudice stabilisce un termine per adempiere gli obblighi
stabiliti e, anche su domanda della parte attorea, dispone di un pagamento di una somma di denaro per ogni
inadempimento o giorno di ritardo, da rapportare alla gravità del fatto.
L’ inadempimento, invece, degli obblighi risultanti dal verbale di conciliazione, le parti possono adire il
Tribunale con procedimento in camera di consiglio, affinché venga disposto in caso di accertato inadempimento,
il pagamento di somme di denaro. Somme che vengono poi impiegate per finanziare attività a vantaggio dei
consumatori.
La presenza di giusti motivi d’ urgenza, comporterà l’ applicazione della disciplina in materia di provvedimenti
cautelari, di cui all’ art. 669 bis, ter e quater c.p.c.
Va, altresì, rilevato che la procedura di cui all’ art. 140 del codice in esame, non impedisce ai consumatori di
poter agire singolarmente per far valere le proprie lamentele per essere stati danneggiati.
In materia di servizi pubblici, di cui all’ art. 33, D.lgs. n. 80/1988, resta ferma la giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo.
15. Composizione stragiudiziale delle controversie – Come ricordato poc’ anzi, c’è la possibilità di ricorrere a
sistemi di composizione alternativa delle dispute, anche in materia di tutela dei diritti del consumatore. L’art. 141
individua in queste procedure di A.D.R. (alternative dispute resolution), nei rapporti tra consumatore e
professionista, un valido strumento per le controversie relative al consumo, cui ricorrere anche in via telematica 34.
Viene previsto espressamente che il Ministero delle attività produttive comunichi alla Commissione europea l’
elenco degli appositi organi di composizione stragiudiziale delle dispute, nella materia del consumo, che si trovino
in conformità con la Racc. 98/257/CE, del 30 marzo 1998, nonché quella 2001/310/CE del 4 aprile 2001,
concernente i principi applicabili a tali organi in materia di consumo.
Lo stesso Ministero delle attività produttive, assicura inoltre quegli adempimenti connessi alla attuazione della
risoluzione del Consiglio dell’ U.E. del 25 maggio 2000, 2000/C 155/01, che riguarda una rete comunitaria di
organi dei vari Stati membri, per la composizione stragiudiziale delle dispute in materia di consumo.
34
A tal proposito la composizione online delle controversia tra consumatore e professionista assumerà la terminologia delle
O.D.R., ossia delle online dispute resolution, che si caratterizzano proprio per il particolare ambito spazio-temporale, in cui avviene
la conciliazione, che è il web, per la facilità di accesso alle stesse, per i costi e la durata contenuta rispetto ai metodi tradizionali
giudiziali.
Gli organi operanti in questo settore, devono essere quelli costituiti in base alla Legge 29 dicembre 1993, n.
580 (riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura) dalle suddette Camere di
commercio.
Non vengono considerate vessatorie le clausole previste all’ interno dei contratti dei consumatori, aventi ad
oggetto il ricorso a quegli organi che si conformano alle disposizioni dell’ art. 140 in esame.
La non vincolatività della procedura conciliativa, viene ribadita dal fatto che nessun consumatore può essere
privato del diritto di intraprendere apposita azione giudiziaria innanzi al giudice competente, qualunque sia stato l’
esito della procedura stessa.
16. Considerazioni conclusive – Le norme poste all’ interno del presente Codice, hanno inglobato tutti quei
profili riguardanti il consumo in generale, nonché i diretti protagonisti dello stesso, dal consumatore, al
professionista e dalle associazioni a tutela dei consumatori, agli altri soggetti che a qualsiasi titolo sono richiamati.
Un codice che contiene anche dei richiami e dei rinvii a normative esistenti per specificare maggiormente
alcuni ambiti relativi al consumo. Con riferimento ad alcuni passaggi dello stesso, si è cercato di sottolineare la
mancanza di termini espressi, ad esempio di un contenuto minimo indefettibile per alcuni contratti, di formule
usate in modo generico (ma suscettibili di specificazione con i richiami a norme esterne).
In definitiva, e ciò è stato l’ intento del presente commento, si è voluto tracciare un quadro, più o meno
approfondito, dei profili più interessanti che dal suddetto codice è dato scorgere. Pertanto, la valutazione che ne
deriva è quella di un testo che ha cercato di riordinare la materia, pur se occorre riconoscere la non particolare
novità che, invece, un tale testo avrebbe potuto avere. In sostanza, molte nozioni, principi e passaggi nel codice,
già presenti nelle normative espressamente abrogate, vengono riprodotti pedissequamente e, a sentire i commenti
degli esperti nei settori direttamente interessati, ci si trova di fronte più ad una sorta di ‘copia e incolla’, che ad un
vero e proprio intervento di sistemazione e armonizzazione che ci si poteva attendere.
Avv. Alberto Mascia
Foro di Benevento