Lingua italiana

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Lingua italiana
Il contatto storico e geografico in aree così affollate come quelle europee (ma non solo),
genera dei prestiti linguistici. E anche l'italiano ha dato i suoi contributi.
Non è l'unico fenomeno perché esistono anche i calchi (come IL fine settimana, da week-end)
oppure il trasferimento in blocco di parole straniere - una sorta di prestito non adattato: esempi
dall'inglese sono praticamente quotidiani, specie nella lingua degli affari, ma la moda e la cucina ci
hanno lasciato termini francesi, il linguaggio della storia e della filosofia parole tedesche,
giapponesi, russe eccetera.
Molti prestiti sono riconoscibili, altri un po' meno. Ad esempio la bistecca non ha origine nel Chianti
(per i toscani la bistecca e' solo con l'osso!!) ma dall'inglese beefsteak... Certi prestiti inoltre sono
stati assolutamente necessari, perché designavano cose nuove: il caso di
caffè (dal turco),
patata (termine della lingua parlata ad Haiti e giunto in italiano tramite lo spagnolo), zero
(dall'arabo; il sistema di numerazione romano non prevedeva lo zero).
Ma anche l'italiano ha veicolato i propri prestiti (e oggi ne veicola di nuovi, grazie all' influenza
del Belpaese in molti campi). Nel passato numerose colonie di italiani si stabilirono a Bisanzio
(amalfitani, pisani, genovesi, ma soprattutto veneziani) e favorirono l'espansione degli italianismi
verso oriente, soprattutto attraverso il neo-greco. Tramite il francese, sono giunti nell'Europa del
Nord non pochi termini marinareschi d'origine italiana. Dall'italiano, per esempio, giunge in
francese tramontana, e il termine ha il valore generico di "vento del Nord" in inglese e in molte
altre lingue dell'Europa settentrionale; ma anche in croato, perche' le lingue dell'Europa balcanica
hanno risentito, soprattutto lungo le coste, della dominazione veneziana.
Un'altra curiosità riguarda la parola fiorino, unità monetaria di molti paesi (Ungheria, Austria,
Olanda). Il termine deriva dal fiorino d'oro, coniato a Firenze nel 1252, e divenuto moneta di
riferimento nell'intera Europa. E se in Belgio, Inghilterra e Francia, banchiere si dice lombard (a
Londra nella City c'e' la Lombard Street) è perché dall'Italia settentrionale (non solo Lombardia,
anche perché come sapete questa parola deriva dalle popolazioni longobarde) arrivavano i migliori
affaristi e maneggiatori di denaro del Rinascimento.
Italia paese di navigatori (e banchieri) ma anche di poeti e artisti: sonetto per la poesia e fresco
(con il valore di "affresco") hanno fatto il giro del mondo. E Italia come paese di corti, cortigiani (in
tutte le accezioni) e guerrieri (soldato, caporale, colonnello, casamatta ecc.). Il Rinascimento
italiano ha infatti regalato al mondo culturale il concetto di cortigiano, accolto in spagnolo, francese
e tedesco anche nella forma femminile cortigiana, destinata ben presto ad assumere il senso
dispregiativo odierno. Italia terra di cuochi (i maccheroni girano l'Europa ben prima dell'odierno
boom della pasta, così come mortadella in francese e vermicelli in francese e inglese; risale alla
fine del Settecento-primo Ottocento la fortuna di confetti, che in certe lingue vanno a designare
altre prelibatezze, i konfety russi sono cioccolatini ripieni) di esteti (e' italiano il profumo) e di
giornalisti...
Ma la maggioranza degli italianismi nelle altre lingue riguarda la musica: un centinaio penetrano
perfino in giapponese. I musicisti italiani, a partire dalla seconda metà del XVI secolo,
compongono e suonano in tutta Europa. Il "famigerato" Antonio Salieri a Vienna ebbe allievi del
livello di Beethoven, Schubert e Liszt.
Un contributo decisivo alla diffusione dell'italiano come lingua della musica viene poi dalla grande
fortuna dell'opera lirica, che dalla Francia arrivò nei principali teatri e corti europee: gli autori dei
libretti erano italiani, spesso celebri poeti come Metastasio o Da Ponte, un ebreo convertito e
giramondo, famoso come librettista di Mozart . E forse per questo che tutti gli stranieri si
innamorano della musicalità dell'italiano? Non solo i musicisti contribuscono alla diffusione dei
prestiti ma anche gli artigiani degli strumenti, in primo luogo i liutai: ocarina, violoncello, violino,
pianoforte (che è stato inventato alla fine del Seicento da un italiano); sugli spartiti anche oggi si
trovano parole italiane (barcarola, cantata, capriccio, fantasia, fuga, madrigale, sinfonia, sonata,
aria da suonare adagio, allegro, brio, largo presto, legato, staccato, da riempire di trilli... da cantare
con l'ausilio di soprani e tenori).
Finiamo con un saluto: ciao, di origine veneziana, dalla pronuncia dialettale di slavo, e quindi
schiavo), che da Napoli si è diffusa rapidamente prima in Italia e poi all'estero.
"Un giorno finiremo tutti per parlare inglese…"
Questo o statement simili pronunciati nei bar più trendy e nei club più in di tutta Italia sono una spia di quanto
l'Italiano medio a volte percepisca l'influenza dell'inglese sulla propria lingua come uno strapotere. Destino
ineluttabile dell'idioma di Dante: la morte per soffocamento da anglicismi!
La storia non è nuova. Nei secoli passati l'italiano ha accolto molti prestiti da altre lingue come l'arabo,
lo spagnolo o il francese. Oggi in italiano, così come in tutte le maggiori lingue europee, i
forestierismi hanno origine prevalentemente inglese. Il motivo risiede principalmente nel ruolo
che i paesi anglofoni rivestono in determinati settori come la scienza, la politica internazionale,
lo sport, la musica e il cinema. In alcuni casi ricorriamo all'inglese perché non disponiamo (ancora)
nella nostra lingua di un termine per denominare oggetti e realtà nuove o estranee: non abbiamo un
termine italiano per fast food, skateboard o fallout nucleare. In molti altri casi però usare parole inglesi
è semplicemente molto fashion. Che differenza c'è tra uno strip-tease e uno 'spogliarello', tra un
detective e un 'investigatore'?
L'uomo della strada non teme tanto i prestiti all'interno di lingue settoriali come ad esempio
l'informatica, quanto piuttosto i forestierismi nella lingua comune. Gli informatici usano termini come
file e directory, in pubblicità si parla di marketing e di target, persino il linguista ricorre a espressioni
come turn-taking e baby talk. Quante volte sentiamo però pronunciare, spesso in modo
approssimativo, parole come meeting, poster, flirt, trash, bar e humour nella lingua di tutti i
giorni? Persino il governo italiano ha usato l'inglese per denominare un ministero (il Ministero del
Welfare) e una tassa sanitaria, il ticket.
A questi prestiti se ne aggiungono altri di cui il parlante medio di regola non si accorge, i
cosiddetti calchi traduzione e i calchi semantici. Nel primo caso si tratta di parole italiane costruite
sul modello di parole inglesi, come 'grattacielo' che traduce skyscraper o 'fai da te' che ricalca do-it-
yourself. Più difficili da individuare sono invece i calchi semantici, nei quali una parola italiana
esistente acquisisce un significato nuovo per influenza di un termine o di un'espressione stranieri. Ad
esempio, il verbo 'intrigare', che in origine significava "agire tramando imbrogli a proprio vantaggio"
viene ora sempre più usato nell'accezione di 'incuriosire', 'affascinare', mutuata dall'inglese 'to
intrigue'. Allo stesso modo 'realizzare' assume sempre più spesso il significato di 'rendersi conto',
dall'inglese 'to realize'.
Gli episodi più divertenti si verificano con gli pseudoanglicismi, parole che noi pensiamo
inglesi, ma che in realtà nel Regno Unito o negli States non vengono mai usate con quel
significato. Mente noi, pur non fumando, indossiamo lo 'smoking', un madrelingua inglese in realtà
porta un tuxedo. Il 'mister' che allena la nostra squadra del cuore diventa un coach non appena si
trasferisce oltremanica. Il nostro 'body', nel senso di "articolo di abbigliamento intimo femminile" è un
leotard, mentre il 'golf' che indossiamo pur non avendo mai preso in mano una mazza non è altro che
un pullover . Infine l''antidoping', incubo degli sportivi italiani è l'anti-dope test per i colleghi anglofoni.
Un parlante madrelingua inglese sicuramente non capirebbe quello che stiamo dicendo e di sicuro
resterebbe disorientato dal nostro inglese discretamente fantasioso.
Se assieme a questi pochi esempi consideriamo che il plurale e la pronuncia inglese sono imposti a
volte anche a termini che inglesi non sono (es. i soviets, media pronunciato 'midia', hinterland che
diventa 'hinterlænd'), un piccolo moto di purismo è quasi comprensibile, ma siamo comunque ancora
molto lontani dall'abbandonare la lingua di Dante per quella di Shakespeare. In fondo ci possiamo
sempre consolare pensando che:
"The Japanese eat very little fat and suffer fewer heart attacks than the British or the Americans. On
the other hand, the French eat a lot of fat and also suffer fewer heart attacks than the British or the
Americans. The Japanese drink very little red wine and suffer fewer heart attacks than the British or
the Americans. The Italians drink excessive amounts of red wine and also suffer fewer heart attacks
than the British or the Americans. CONCLUSION: Eat and drink what you like. It's speaking English
that kills you."
A proposito, il termine slow food, è un neologismo tutto italiano ,,,,
Elena Chiocchetti
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