IL CONTINUUM ESPRESSIVO Riza Psicosomatica - Marzo 1984 L.Paola Pacifico - Leonardo Marletta Se è praticamente impossibile procedere a una classificazione della comunicazione non verbale, tuttavia si possono fare 'alcune considerazioni. Fatto di mimica, di gesti involontari, di atteggiamenti del corpo, questo tipo di linguaggio sfugge al controllo cosciente ed è perciò ricchissimo di informazioni preziose. L'inconscio infatti - tramite questa "via" - si esprime direttamente lasciando trapelare sentimenti, accumuli emotivi, tensioni, desideri, talenti nascosti ... Ed è soprattutto il corpo il veicolo di questa comunicazione, la fonte di quella "prima impressione" che tanta parte ha nel suscitare simpatie o antipatie ... Ma vediamo quali sono i parametri che ci permettono di entrare in contatto con questo tipo di linguaggio ... L'idea della supremazia della parola nel processo comunicativo è talmente radicata in noi da non farci considerare significativi tutti gli altri messaggi che riceviamo e trasmettiamo con il corpo. Se con le parole, ad esempio, dichiariamo che proviamo piacere per aver incontrato un amico, contemporaneamente a queste informazioni verbali il nostro corpo ne invia molte altre, con i gesti che compiamo, con la posizione nello spazio che occupiamo, con il tono della voce, a conferma o disconferma. Questi e altri segnali fanno parte dell'aspetto non verbale della comunicazione, il come diciamo le cose, che vede nel corpo il grande protagonista. L'incontro con gli altri è ogni volta uno scambio di informazioni - verbali fatte di parole e non verbali espresse dal corpo - e tutte tendono sottilmente a influenzare, a modificare atteggiamenti e comportamenti sia nostri che altrui. In maggior misura le informazioni non verbali influenzano le diverse situazioni comunicative in cui ci veniamo a trovare in ogni momento della nostra vita quotidiana per l'alto contenuto emozionale che in esse si manifesta e per il continuum espressivo da cui sono sostenute. Cambiare umore in peggio o in meglio durante un incontro senza che nulla di particolare sia accaduto o sia stato detto dai nostri interlocutori, è dovuto ai messaggi che il corpo dell'altro ci ha inviato. Anche se non ne conosciamo il linguaggio, il contenuto emozionale che essi veicolano comunque e sempre viene recepito. Se a livello conscio con le parole stabiliamo con gli altri un dialogo, anche a livello inconscio avviene uno scambio di messaggi, attraverso i linguaggi non verbali, a volte in perfetto accordo con quanto si va dicendo, e a volte completamente in opposizione. Ad esempio possiamo dichiarare a parole che siamo disponibili a un incontro sentimentale e poi nei fatti mantenere una posizione spaziale che indica il contrario, irrigidirsi se il partner si avvicina, aderire nell'abbraccio con le spalle e tirare indietro il bacino. Possiamo dichiarare di essere molto rilassati e poi parlare con un ritmo serrato senza lasciare pause all'altro per inserirsi nella conversazione. Anche se del linguaggio non verbale non viene fatto un apprendimento specifico come invece avviene per la parola, possiamo dire che l'apprendimento è continuo e ci viene dall'ambiente culturale in cui ognuno di noi cresce e si sviluppa. Tutti ad esempio sappiamo come difenderci da un compagno di viaggio che appare invadente: non incrociamo mai il suo sguardo, ci rincantucciamo nel nostro angolo tenendo gli occhi bassi, e cosi via. Con il nostro comportamento gli comunichiamo che non siamo disponibili e possiamo ricevere come segnale di ritorno, come feedback, lo spegnersi da parte dell'altro di quelle avance iniziali, anch'esse non verbali, che ci avevano indotto a ritenerlo invadente, senza per questo aver scambiato parole. Tutti continuamente usiamo la CNV (comunicazione non verbale) ma in mode automatico e dando per scontato queste tipo di scambio. Non ci rendiamo conte dell'importanza che essa assume nell'influenzare i rapporti in cui ci veniamo a trovare e non ci soffermiamo per queste neppure sul fatto che spesso reagiamo a certi comportamenti che invece siamo stati noi a provocare con i messaggi attraverso il corpo. Allo scopo di meglio orientarsi in un'area della nostra espressione così poco conosciuta, ma pur tanto determinante nei rapporti interpersonali sia affetti, che di lavoro, sono state tentate delle classificazioni da alcuni autori che citiamo nella bibliografia. La CNV non è però secondo noi divisibile in categorie ben definite come quelle verbali, in quanto se è vero che è il mondo delle emozioni, dell'inconscio tende a rappresentarsi con i linguaggi non verbali e quindi con il corpo, i criteri di analisi sono più difficilmente applicabili a quest'area di espressione. Ciò nonostante i tentativi di classificazione hanno il vantaggio di sensibilizzare a quanto sia sempre meno sovrana la parola nella comunicazione e sempre più parlante il corpo, in modo da poter meglio leggere (lettura) e fare interventi (di crescita personale) più globali che tengano conto dell'unità psicofisica che l'uomo rappresenta. La classificazione da noi proposta parte non tanto da uno studio teorico, quanto dal lavoro di osservazione sul campo fatto nell'ambito di analisi individuali e di conduzioni di gruppi. Pur essendo alcune categorie talmente importanti da avere una propria autonoma collocazione (vedi come esempio la voce), ci è sembrato più utile farle tutte rientrare nella grande categoria del corpo, perché è proprio il corpo che dà la concreta possibilità di conoscere la reale situazione interiore del soggetto, con i suoi blocchi, tensioni, bisogni, desideri e talenti inespressi che costituiscono una somma di "non risolti" dovuti secondo noi ad emozioni e sentimenti non vissuti al momento giusto. La struttura-superficie e lo spazio La "prima impressione" che si riceve nell'incontro con una persona è data soprattutto dagli elementi di struttura-superficie: alto o basso, grasso o magro, il colore della pelle e dei vestiti che indossa, il modo in cui occupa lo spazio dove avviene la comunicazione; quanto si avvicina a noi, in che modo dispone il corpo e la postura che mantiene nell'insieme. Questa primissima impressione che chiaramente è accompagnata anche dagli altri movimenti del corpo e dalle espressioni soprattutto del volto, ci predispone in modo rapidissimo e automatico allo sviluppo che avrà l'incontro. Pur catturati dalle parole, questa impressione continuerà a influenzare lo sviluppo di tutto il nostro incontrocolloquio. Anche il ricordo di una situazione diventa talora memoria non tanto delle singole parole, ma di quelle impressioni non meglio precisate, che hanno portato a rivedere o meno quella persona. Per quanto riguarda lo spazio, l’elemento predominante è la distanza che ci separa dal nostro interlocutore che può essere ampia, quando il rapporto è formale, o può ridursi fino al contatto corporeo, quando il rapporto è più intimo. La vicinanza dei corpi fa percepire il calore, l’odore, il sapore della pelle. Il modo in cui occupiamo lo spazio in un ambiente non è quindi casuale, ma riflette il tipo di relazione che stabiliamo col nostro interlocutore, il più delle volte senza una precisa e cosciente intenzionalità, ma apparentemente a caso. Il modo scelto di occupare lo spazio influenza a sua volta lo sviluppo della relazione: ad esempio una vicinanza eccessiva col corpo dell'interlocutore potrà essere avvertita come minaccia, invasione o richiesta di intimità, dall'altro, il quale potrà rispondere di conseguenza. Il movimento del corpo Il corpo, anche quando è fermo, è sempre in movimento. Le espressioni continue della mimica facciale, lo stato di tensione dovuto al controllo eccessivo inviano informazioni sul livello di tonicità della muscolatura che riflette la condizione di agio o disagio in cui ci veniamo a trovare in una situazione comunicativa. Il disagio dovuto al controllo eccessivo fa ridurre il comportamento motorio a posture che, mantenute per lungo tempo, danno una netta percezione di rigidità. Il movimento del corpo riflette l'ambiente culturale in cui si esprime. In particolare i gesti vengono appresi fin dalla più tenera infanzia dall'ambiente in cui si vive e ne diventano i segnali di appartenenza e di riconoscimento, talora con caratteristiche regionali (vedi gesti tipici delle nostre regioni meridionali), nazionali o di raggruppamenti più vasti, come ad esempio la rigidità del torace e del bacino dovute a inibizioni interiorizzate sulla libera espressione emotiva e sulla vita sessuale. Il movimento ha poi una caratteristica di fondo: il ritmo nelle sue caratteristiche di velocità e continuità. I suoni del corpo Anche se in un colloquio siamo attirati prevalentemente dalle parole dette, il suono della voce ci influenza ed esprime il modo in cui ci mettiamo in relazione con l'altro. Per suoni non vanno intesi solo quelli prodotti dallo specifico apparato laringeo, ma anche quelli emessi da altre parti del corpo che esprimono soprattutto il modo emozionale di stare in una situazione: una tosse per far sentire all'altro che ci siamo anche noi, uno starnuto per interrompere un flusso comunicativo che non ci aggrada, e cosi via, il tutto agito direttamente dal corpo, ma senza la nostra intenzionalità, per "dire" ciò che coscientemente non avremmo avuto il coraggio di esprimere a voce. Sono considerati suoni rassicuranti e protettivi battito cardiaco della madre percepito dal feto o quello del russare del nostro partner. Suoni e movimenti si esprimono sempre con un ritmo, che varia velocità dal lentissimo al rapidissimo in rapporto diretto con lo stato emotivo in cui ci troviamo. Per questo possiamo vedere la comunicazione come una interazione di ritmi, di movimenti e di suoni in cui, oltre alle variazioni di velocità, si esprimono le variazioni dal continuo al discontinuo grazie alla pausa, come momento di ascolto, come spazio lasciato all'altro, come punto di scambio dell'iniziativa nel rapporto. La CNV (comunicazione non verbale) come lettura e come intervento I segnali classificati possono essere usati nei due versanti (vedi schema): a) come segnali di CNV attraverso cui il corpo si esprime manifestando in modo visibile, percepibile all'esterno, quelli che sono stati d'animo, atteggiamenti interni dell'individuo, il nostro modo d'essere, indipendentemente dalla nostra intenzionalità e consapevolezza. "Risalire" da questi segnali al mondo interiore dell'individuo è un uso prevalentemente "diagnostico" e va visto come una sorta di semiotica del comportamento b) come mezzi, come linguaggi di accesso alla realtà di ogni individuo per agire direttamente su questa e per modificarla, facendone un uso prevalentemente di crescita e sviluppo personale. Agendo direttamente sul corpo si può modificare uno stato di squilibrio con la consapevolezza che segue l'azione o viceversa. Sono da evitare due pericoli: - esasperare i criteri di classificazione della CNV, avvicinandosi ad essa con la logica solo del conoscere capire, come in genere usiamo fare con la parola, perché così facendo ci si allontana da quella logica del sentire, dell'ascolto attraverso il corpo che è fondamentale non solo per una autentica percezione della CNV, ma anche per una più efficace comunicazione con l'altro; - vedere l'importanza del corpo e della CNV cosi amplificata da dimenticare od opporsi alla parola, alla comunicazione verbale; una opposizione tra verbale e non verbale che sul piano della comunicazione ripropone l'antica opposizione tra corpo e mente, tra spirito e materia. Il non verbale può essere letto come segno, conoscenza dei codici e alfabetizzazione dell'agito; o come simbolo, carica energetica che opera influenzamento e cambiamento nella comunicazione, di cui si può captare sia il messaggio individuale che collettivo.