ZENIT - L`educazione alla fede (Prima parte) : Figlie di Maria

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ZENIT - L'educazione alla fede (Prima parte)
ZENIT - L'educazione alla fede (Prima parte).
Relazione di monsignor Bruno Forte al Seminario di studio per i Vescovi Italiani
Il Sinodo dei Vescovi dedicato al tema della nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana,
svoltosi dal 7 al 28 Ottobre 2012, ha rappresentato una straordinaria occasione per condividere esperienze
pastorali e delineare vie affidabili per un annuncio della fede alle donne e agli uomini di oggi, annuncio “nuovo”
tanto a partire dal rinnovamento dei cuori nello Spirito Santo, che dalla novità delle sfide poste ai credenti dai
diversi contesti in cui vivono.
Da tutti i partecipanti al Sinodo è stata rilevata nel mondo intero un'attesa – esplicita o celata – di un nuovo
risuonare del Vangelo, che dia speranza, gioia e motivazione ai credenti, anche non praticanti, e si offra a chi
non crede come proposta di vita e di speranza. Certamente, nella varietà delle situazioni presenti nel “villaggio
globale”, la proposta cristiana incontra non poche difficoltà. A volte esse si manifestano sotto forma di una vera
e propria persecuzione religiosa; altre volte in una diffusa indifferenza dovuta al rigetto, conseguente alla crisi
delle ideologie, nei confronti di ogni visione del mondo totalitaria e violenta; a volte, infine, specialmente nel
Nord del pianeta, nella sfida rappresentata dalla cosiddetta “modernità liquida”, in cui ciascuno si sente portatore
della propria verità soggettiva, incapace di affidarsi a un progetto comune.
La “globalizzazione”, comunemente intesa nel suo profilo socio-economico, è stata vissuta al Sinodo come
un'esperienza unica di coappartenenza a una stessa umanità, vissuta come famiglia di Dio, raggiunta dal dono
del Suo amore in Cristo nella varietà delle mediazioni storiche e culturali. Il continuo scambio fra i Padri sinodali
ha dato più volte l'impressione intensa di un ritrovarsi fraterno, radicato nell'incontro col Risorto, vivo e presente
per la fede nei cuori. In questa luce è emerso con chiarezza il senso vero dell'aggettivo posto davanti al sostantivo
evangelizzazione. Non si tratta di una novità cronologica, quasi che si voglia fare quello che prima non si era
mai fatto, secondo il significato di novità temporale, espresso nel greco del Nuovo Testamento col termine
“neòs”. Ciò che è veramente in gioco è la novità di un cuore “nuovo”, capace di nuovo ardore, di creatività e
audacia nuove, secondo il senso della novità qualitativa o escatologica, che il greco biblico esprime con
l'aggettivo “kainòs”. È la novità dei “comandamento nuovo” datoci da Gesù, l'“entolé kainé”, nuovo non perché
chieda quello che prima non veniva richiesto, l'amore di Dio e del prossimo, ma perché lo chiede a cuori resi
nuovi dal dono dello Spirito. In altre parole, questo Sinodo ha domandato alla Chiesa di rinnovarsi nella fede e
nella carità, di intraprendere cammini umili e coraggiosi di conversione pastorale, che metta al primo posto
l'esperienza dell'amore fraterno, della carità verso Dio e verso i poveri, e lasci trasparire il Vangelo attraverso
testimonianze contagiose di gioia e di bellezza, rese sempre con simpatia e amicizia verso i destinatari
dell'annuncio.
In questa prospettiva, particolare attenzione è stata manifestata da parte del Sinodo ai giovani, che in
considerazione dei processi in atto di estraniamento dalla fede, alcuni già definiscono “la prima generazione
incredula”: da più interventi si è sottolineato come alle nuove generazioni bisogna più che mai proporre in
maniera credibile l'incontro con Gesù come amore liberante e salvifico, anche se forte ed esigente. In famiglia,
nella scuola, nella comunità cristiana, occorre dare ai giovani tempo e ascolto, stabilendo relazioni personali
feconde, annunciando la bellezza della sequela del Signore, senza mai scoraggiarsi. La trasmissione della fede
alle nuove generazioni diventa così in qualche modo la cartina da tornasole della temperatura spirituale degli
evangelizzatori: la loro credibilità, la profondità delle loro convinzioni e la verità dell'amore con cui si dedicato
alla causa del Vangelo, emergono qui in primo piano, anche per la singolare capacità che hanno i giovani di
discernere l'autenticità di ciò che viene loro proposto a partire dall'autenticità del testimone. Come diceva Paolo
VI nella “Evangelii Nuntiandi” (n. 41), “l'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri,
o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni”. I giovani stessi, peraltro, sono chiamati a essere soggetto
attivo della nuova evangelizzazione, specie fra i loro coetanei: un tale impegno li aiuterà anche a discernere il
progetto di Dio su di loro e a corrispondervi come alla vocazione che dà senso e bellezza alla vita. Alla luce di
quanto emerso nei lavori sinodali, mi pare allora di poter evidenziare alcune indicazioni di fondo sul tema
dell'educazione alla fede specialmente dei giovani.
1. In primo luogo, circa la rilevanza della cosiddetta sfida educativa:essa appare chiara se solo si consideri quanto
la trasmissione ai nostri ragazzi e giovani di ciò che per noi veramente conta nella vita risulti oggi più che mai
ardua. È come se la distanza fra le generazioni si fosse improvvisamente accresciuta, sia per l'accelerazione dei
cambiamenti in atto, sia per la novità dei linguaggi che il mondo del computer e della rete ci va imponendo. I
“nativi digitali” - coloro cioè che sono nati nell'era di “internet” e che vi accedono con strabiliante naturalezza fanno fatica a intendersi con gli abitanti del vecchio pianeta terra, solcato da confini e lontananze, che risultavano
spesso difficilmente valicabili. Quanto viene proposto dall'opera di genitori e educatori desiderosi di far bene,
rischia di essere volatilizzato dal mondo della “rete” in cui i nostri ragazzi navigano alla grande, spesso senza
adeguata cautela e discernimento. Mentre il “villaggio globale” dei giovani è sempre più omologato su modelli
planetari, le identità tradizionali, radicate in storia, usi e costumi, appaiono relativizzarsi e perdere d'interesse ai
loro occhi. Anche nell'azione pastorale ci sembra a volte di rispondere a domande che nessuno pone o di porre
domande che non interessano più nessuno!
L'amore per i nostri ragazzi, che ci motiva a trasmettere loro quanto di più bello abbiamo in cuore, sembra
dunque ferito dalla difficoltà di trovare la via giusta perché ciò avvenga. Come vivere questo amore ferito? Come
affrontare la sfida che ne consegue? Come dire alle nuove generazioni ciò che veramente ci sta a cuore, la vita
della nostra vita, il senso delle nostre fatiche e la speranza dei nostri giorni? È a domande come queste che più
volte ha invitato a rispondere Papa Benedetto XVI, che all'educazione alla fede ha dedicato tutta la sua vita di
teologo e di pastore. È a tali domande che i Vescovi italiani hanno scelto di prestare la loro attenzione prioritaria
in questi “anni dieci” del terzo millennio. È su di esse che vorrei riflettere a partire da un'icona biblica, quella
dei discepoli di Emmaus, cui si affianca sulla via un viandante dapprima non riconosciuto, Gesù, che li introduce
progressivamente alla realtà tutta intera del suo mistero (Lc 24, 13-35). Mi sembra che il modello del Figlio di
Dio, che si fa educatore dei due discepoli tanto simili a noi e ai nostri ragazzi, come noi “stolti e lenti di cuore a
credere in tutto ciò che hanno detto i profeti”, possa aiutarci a capire come rispondere alla sfida tanto urgente,
quanto decisiva dell'educazione.
Post date: 2012-11-19 09:22:52
Post date GMT: 2012-11-19 07:22:52
Post modified date: 2012-11-19 09:24:49
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