Prof. Diego Manetti Storia Le eredità della Prima guerra mondiale Le eredità di una guerra moderna – La Grande Guerra è stata una guerra moderna, conducendo sotto le armi circa il 50% degli Europei tra i 18 e i 50 anni. Causando oltre 10 milioni di morti, coinvolse eserciti e popoli, militari e civili, tecnologie e apparati industriali. La prima eredità della guerra fu la crisi della centralità europea, a fronte della quale gli USA non erano ancora in grado di assurgere a centro del mondo. Seconda eredità fu la fine dell’epoca dell’ottimismo storico e della fiducia incondizionata nella scienza e nella ragione. Si trattava di ricostruire un ordine internazionale, missione che però fallirà, portando in 20 anni al secondo conflitto mondiale. Il motivo di questo fallimento sta nella mentalità di vincitori e vinti, che svilupparono una radicata “cultura del nemico”. I 14 punti di Wilson - Il presidente degli USA, Woodrow Wilson, nel 1918 aveva delineato in 14 punti un progetto di politica internazionale per il dopoguerra, fondato sull’autodeterminazione dei popoli, la libertà di commercio, la riduzione degli armamenti, la fondazione di un organismo sovranazionale – la Società delle Nazioni – per regolare e mantenere la pace. Contro gli ideali del programma di Wilson restavano forti gli egoismi europei, le tensioni interne agli stati multietnici nonché l’isolazionismo americano, poiché gli stessi USA scelsero di non entrare nella Società delle Nazioni, al pari della Germania (esclusa perché responsabile del conflitto) e della Russia (Paese retto da un regime comunista). La Società si riduceva così a esprimere i limitati interessi anglo-francesi. La Conferenza di Versailles - La conferenza di pace che si tenne a Parigi (gennaio-giugno 1919), detta “di Versailles”, fissò il trattato di pace con la Germania, prendendo atto del collasso di 4 grandi imperi: l’Austria-Ungheria, il Reich tedesco, l’impero Ottomano (ormai agonizzante), l’impero zarista russo. Bisognava mediare tra nazionalità ed equilibrio. Nei confronti della Germania, gli USA volevano una linea moderata, contro l’intransigenza francese, animata dalla voglia di rivincita anti-tedesca. Che alla fine prevalse, imponendo alla Germania: (1) la perdita dell’Alsazia-Lorena (alla Francia); (2) la cessione temporanea del bacino carbonifero della Saar (alla Francia); (3) la cessione di Danzica e altri territori alla Polonia; (4) la smilitarizzazione della riva sinistra del Reno e la riduzione degli effettivi dell’esercito a 100.000 uomini; (5) la perdita delle colonie, spartite tra i vincitori; (6) l’obbligo di risarcire i danni di guerra, calcolati in 132 miliardi di marchi oro. Una vera e propria “linea punitiva” contro la Germania. Le ceneri dell’impero Austro-Ungarico – Nell’Europa centrale e nei Balcani, sfaldatosi l’impero Austro-Ungarico, si formarono nuovi stati: l’Austria; l’Ungheria; la Cecoslovacchia (che incorporò anche i Sudeti, a maggioranza tedesca); il Regno serbo-creato-sloveno, poi denominato Jugoslavia (“slavi del Sud”); la Romania. L’Europa Orientale e la Polonia – A Est vennero consolidandosi degli “stati cuscinetto”, per contenere la Russia sovietica: la Finlandia; le Repubbliche Baltiche (Lettonia, Estonia, Lituania). La Polonia divenne un ampio stato sovrano, inglobando terre che portarono la popolazione a contare circa un terzo di cittadini non polacchi (tedeschi a ovest, ucraini e bielorussi a est). La situazione italiana – L’Italia, secondo il patto di Londra (1915), ebbe: il Trentino, il Sud Tirolo-Alto Adige, Trieste e l’Istria, ma non Dalmazia e Fiume. Quest’ultimo elemento costituirà un grave fattore di crisi per il nostro Paese, per cui si parlerà di “vittoria mutilata”. Prof. Diego Manetti Storia Le ragioni di una crisi – La guerra aveva mobilitato le masse a una maggiore partecipazione politica, facendo maturare la coscienza collettiva di milioni di uomini, sempre più coinvolti nelle trasformazioni e dinamiche sociali. L’Europa era uscita dalla guerra più democratica, suscitando una vasta sfiducia nei confronti delle istituzioni tradizionali (“antiparlamentarismo”), incapaci di fronteggiare la crisi e le tensioni che avevano portato alla Grande Guerra. Il dopoguerra era inoltre segnato da inflazione, disoccupazione, fame, conflitti sindacali, scioperi, disagio dei ceti medi (reduci dal conflitto e incapaci di reinserirsi nella vita civile), risentimento verso finanzieri e speculatori. Le forze ostili al sistema liberale e alle sue istituzioni venivano dal nazionalismo e dal sindacalismo rivoluzionario, influenzato dalla (vittoriosa) rivoluzione bolscevica del 1917. A seguito della quale nel 1919 era stata fondata la Terza Internazionale, o Comintern, che riuniva i partiti socialisti o comunisti europei, sulla scia del “mito” della rivoluzione russa che si sperava di replicare anche in Europa. Come reazione, l’Europa mediterranea e centro-orientale portò a regimi autoritari o dittatoriali, facendo della crisi della democrazia liberale una delle più pesanti eredità della Prima guerra mondiale.