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PMI e Liberi professionisti in Italia - Il posizionamento e la differenziazione per avere successo nonostante la crisi
INDICE
INTRODUZIONE……………………………………………………………………….
CAPITOLO I
Cosa sta accadendo? Situazione attuale e cambiamenti…….…...
1.1. Panorama generale sulle PMI e i liberi professionisti in Italia ………………….
1.2. Cambia il mercato, cambiano i consumatori, cambia il marketing…………………
1.3. I principali errori……………………………………….………………………….
1.4. Come sceglie un consumatore oggi - Il neuromarketing…………………………
CAPITOLO II
Posizionamento e differenziazione per avere successo oggi………
2.1.
Il brand è più importante del prodotto\servizio……………………………..………..
2.2.
Il Brand positioning e l’idea differenziante per il successo delle PMI …….………..
2.3.
Personal branding e specializzazione per il successo dei liberi professionisti……….
2.4.
Casi di posizionamento strategico di successo........................………………………
CONCLUSIONI……………………………………………………………………………
BIBLIOGRAFIA……………………………………………………………………………
RIVISTE E ALTRI MATERIALI…………………….…………………………………...
PMI e Liberi professionisti in Italia - Il posizionamento e la differenziazione per avere successo nonostante la crisi
INTRODUZIONE
Osservando la realtà, ci accorgiamo che il mondo è cambiato e con esso anche l’economia,
il mercato, il modo di fare business, il mercato del lavoro, il marketing.
Internet è diventato un bisogno primario nella vita delle persone, diventate ormai
consumatori sempre più informati e fiduciosi verso chi ha una buona reputazione online,
creata e sostenuta da altri consumatori che appartengono alla stessa community, o che
semplicemente hanno già acquistato o provato quel prodotto o servizio. Oggi tutto è a
portata di click.
Questo ha abbattuto definitivamente i limiti spaziali che la geografia ci ha da sempre
imposto, favorendo la globalizzazione e aumentando ancora di più la concorrenza tra
imprese, ormai spietata.
Chi deve fare i conti oggi con altrettanta concorrenza sono i liberi professionisti, che non
possono più contare solamente sulla loro qualifica e sui loro studi pregressi per avere
successo.
In un momento di recessione come quello attuale, con un mercato che non ha più confini,
con l’eccessivo numero di laureati, liberi professionisti qualificati e imprese, non c’è più
spazio per tutti.
Per questo, imprenditori e liberi professionisti si ritrovano più o meno nelle stesse
condizioni. Le sole competenze non bastano più. Chi vuole “sopravvivere” oggi, deve
avere alla base una strategia vincente.
Il marketing si è evoluto, finendo per ricoprire un ruolo di fondamentale importanza per
qualsiasi attività.
Il Branding è una delle strategie di marketing più importanti per avere successo nel tempo.
Esso nasce concettualmente con un riferimento alle imprese che posseggono grandi risorse
economiche da destinare a questa attività e successivamente è stato applicato anche ai
manager che si trovano a condurre tali aziende.
In questo elaborato breve viene analizzata questa strategia, applicandola alle piccole-medie
imprese italiane, che a differenza delle grandi imprese non posseggono ingenti risorse, e
soprattutto ai liberi professionisti, fuoriuscendo dai classici schemi giuridici che
sottolineano la differenza tra questi ultimi e gli imprenditori.
In particolare esso è diviso in 3 sezioni: la prima fa il punto su ciò che sta accadendo,
tramite una breve analisi sull’attuale situazione italiana e sui principali cambiamenti del
mercato e dei consumatori, i principali errori delle PMI e dei liberi professionisti, e i
processi logici e psicologici che portano un consumatore verso una scelta, con un piccolo
2
PMI e Liberi professionisti in Italia - Il posizionamento e la differenziazione per avere successo nonostante la crisi
approfondimento sul neuromarketing. La seconda invece, argomenta il fulcro
dell’elaborato, trattando la strategie della differenziazione e del brand positioning, concetti
che qualsiasi imprenditore dove conoscere. Inoltre vengono applicati questi aspetti del
marketing anche ai liberi professionisti, con il personal branding e la specializzazione.
Infine, la terza parte, mostra alcuni casi concreti di aziende e personaggi che hanno
sfruttato tali strategie, ponendole alla base del loro successo.
CAPITOLO I
Cosa sta accadendo? Situazione attuale e cambiamenti
1.1. Panorama generale sulle PMI e i liberi professionisti in Italia
Dal punto di vista macro economico, l’Italia è un paese formato per il 99,9% da piccolemedie imprese1.
Le PMI in Italia sono più di tre milioni e mezzo, un numero notevolmente superiore anche
alla media europea. Inoltre, conta più di un milione di liberi professionisti2.
È abbastanza evidente quindi, come queste categorie oggi
ricoprono un ruolo
fondamentale per l’economia italiana.
Da anni però si discute sulla vera differenza tra imprenditore e libero professionista3,
rafforzata dalle loro definizioni giuridiche, sommate.
In questa sede però, si ritiene che il concetto di imprenditore oggi può essere esteso, dato
che il mercato è cambiato e un libero professionista si ritrova a dover compiere alcune
attività tipiche di un imprenditore.
Questo, a mio parere, rende meno evidente la differenza descritta sopra.
Per tale ragione, è importante osservare la realtà, cercando di capire ciò che sta accadendo
e quali cambiamenti si stanno verificando, in modo da poter cogliere eventuali nuove
opportunità.
Per piccola-media impresa si intende un’impresa che impiega meno di 250 persone e con un fatturato annuo
minore ai 50 milioni di euro o il cui totale di bilancio non supera i 43 milioni di euro.
2
Dati elaborati dall’ Ufficio Studi Confcommercio, intitolato Roadshow PMI: le piccole e medie imprese in
Italia, pag. 2, PDF, 2009
3
L’art. 2082 del codice civile dispone che è imprenditore colui che esercita professionalmente un’attività
economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi.
Il legislatore, contrariamente a quanto previsto per l’imprenditore, non definisce la figura del libero
professionista. Essa si ricava dalla combinazione dell’ art. 2229 in materia di esercizio delle professioni
intellettuali e dell’art. 2230 in materia di prestazione d’opera intellettuale. In base alle norme citate, per libero
professionista si intende colui che svolge una prestazione di opera intellettuale che richiede l’impiego di
cultura e di intelligenza in misura nettamente prevalente rispetto a un’eventuale attività manuale.
1
3
Cosa sta accadendo? Situazione attuale e cambiamenti
1.2. Cambia il mercato, cambiano i consumatori, cambia il marketing
L’accelerazione del processo di globalizzazione economica e il progresso scientifico e
tecnologico, hanno rivoluzionato tutto, diventando fenomeni caratteristici per la nostra
economia. Il primo fenomeno, ovvero il processo di globalizzazione, porta ad una sempre
più crescente competizione nel mondo del lavoro, sia che si parli di imprese, che di liberi
professionisti. Oggi i competitors non sono più quelli presenti nel proprio quartiere, nella
propria città e neppure quelli presenti nella propria nazione. Oggi si compete in tempo
reale con tutto il mondo.
Il secondo fenomeno, ovvero il progresso scientifico e tecnologico, invece ha contribuito
alla crescita del primo, ma ha portato anche ad un aumento dell’importanza dei fattori
immateriali, gli intangibles.
Questi due fenomeni sono collegati da un unico strumento, figlio del progresso tecnologico
e strumento acceleratore per la globalizzazione: internet. Tale strumento ha totalmente
rivoluzionato sia il modo di competere, sia il modo di svolgere la propria attività,
qualunque essa sia.
È finita l’epoca in cui l’orientamento era verso il prodotto e verso la produzione. Quella era
la prima fase di un’era industriale in cui la domanda era altissima e le aziende avevano
come unico obiettivo quello di cercare di crescere sempre più, comprando macchinari
industriali per aumentare i volumi produttivi. La produzione era di massa e a quei tempi il
marketing aveva il ruolo di vendere a prezzi competitivi i volumi crescenti di prodotti
standardizzati rivolti alla massa di consumatori. Erano tempi in cui il marketing aveva un
significato puro: vendita. Con il passare del tempo, ci si è spostati ad un’ era in cui
l’informazione da parte del consumatore era superiore, tale da consentirgli di saper
scegliere e poter preferire un prodotto piuttosto che un altro, un servizio piuttosto che un
altro, un azienda piuttosto che un’ altra. Il marketing quindi, spostò il suo orientamento dal
prodotto ai bisogni del consumatore, cercando di soddisfarli, assumendo così
un’importanza tale da essere definita un’area d’interesse per le aziende.
Oggi ci stiamo spostando verso una terza era, ovvero la naturale evoluzione della
precedente in cui a cambiare è proprio il concetto di consumatore, che si è nettamente
evoluto rispetto al precedente, passando ad un livello superiore di persona soggetta non
solo a bisogni, ma anche e soprattutto a sentimenti, valori ed emozioni.
Quindi, in un’ epoca caratterizzata da grandi cambiamenti ambientali, sociali, strategici ed
economici non è più possibile considerare i comportamenti dei consumatori come
Cosa sta accadendo? Situazione attuale e cambiamenti
indipendenti da tutto ciò che si manifesta nel mondo in cui essi vivono. Questo porta il
marketing a non essere più una delle tante attività importanti a supporto di quelle
principali, ma il fulcro di qualsiasi attività, sul quale devono essere spese le maggiori
risorse, ovvero tempo e denaro.
Quanto detto fino ad ora, può essere senz’altro applicato anche ai liberi professionisti, che
proprio come le aziende, devono avere missioni e valori volti a dare un loro contributo al
mondo, migliorando la vita dei clienti e risolvendo loro determinati problemi ormai sempre
più specifici.
1.3. I principali errori
Basta leggere un qualsiasi giornale per notare come la maggior parte di imprese nascenti
non sopravvivono al terzo anno di vita. In più, tante imprese storiche chiudono i battenti,
dichiarando fallimento. Saranno sicuramente gli effetti di una delle più potenti crisi degli
ultimi vent’anni, ma c’è di più. Tante aziende chiudono il proprio bilancio in positivo,
eppure sono in crisi. La crisi a cui si sta facendo riferimento è un concetto più ampio, non
dovuto alle perdite. Esse rappresentano solo un effetto successivo, non la causa4.
Questo dimostra come molte imprese hanno problematiche interne di fondo abbastanza
gravi e per questo non potranno mai raggiungere il successo, se non con un importante
cambiamento.
Il maestro dell’economia italiana, Gino Zappa, dice che “le aziende sono istituite e rette
per il soddisfacimento dei bisogni umani”5; tali bisogni possono coincidere con la
soluzione ad un problema. Quindi è facile estendere questa citazione anche ai liberi
professionisti, la cui figura professionale e i cui servizi nascono per la stessa identica
ragione.
Analizzare il mercato è fondamentale, ma molte PMI italiane non lo fanno, cercando di
vendere ciò che sono in grado di produrre, oppure cercando di vedere le loro passioni,
senza curarsi di ciò che il cliente vorrebbe acquistare.
Esse lavorano prima sulla definizione del prodotto e poi sulle tattiche e sulle strategie
necessarie per compiere i loro obiettivi. Stessa cosa vale per i coloro i quali decidono di
intraprendere la via che porta a svolgere una determinata professione, senza sapere come
4
Tale concetto di crisi è presente nel libro di Vergara C., Il contributo della programmazione e del controllo al
governo “consapevole” delle aziende, Milano, Giuffrè, maggio 2004
5
Vergara C., op. cit., p. 38
5
Cosa sta accadendo? Situazione attuale e cambiamenti
diventare ciò che desiderano e come muoversi per raggiungere i loro obiettivi. Ancora una
volta una similitudine tra aziende e liberi professionisti.
Chi opera in questa maniera, ha come fondamento una mentalità imprenditoriale errata,
priva di concetti di marketing e senza alcun fattore di successo alla base.
È evidente invece come la condizione necessaria e sufficiente, affinché gli imprenditori e
anche chi giuridicamente non è ritenuto tale possano avere successo, è il possesso di
un’elevata cultura imprenditoriale, che permette di formarsi e trasformarsi strategicamente,
cogliendo le opportunità offerte dal cambiamento. Solo così si può prevenire o evitare una
crisi.
Volendo sintetizzare, generalizzando, è possibile applicare alla realtà italiana ciò che Philip
Kotler aveva già osservato anni prima riguardo i principali errori delle imprese
statunitensi6, estendendolo ancora una volta ai liberi professionisti. Alla luce di ciò,
potrebbe dirsi che la maggior parte di PMI italiane e di liberi professionisti, operanti nel
medesimo territorio, non sono sufficientemente focalizzati sul mercato e sul cliente.
Questo non gli permette di avere idea chiara sull’identità e sulla definizione del proprio
target di riferimento e i relativi bisogni di chi vi appartiene. Inoltre, non conoscono a fondo
i propri concorrenti e sono radicati su modelli e schemi ormai obsoleti, non sfruttando tutti
i possibili benefici offerti dal progresso tecnologico. Infine, non hanno chiari quali sono, o
potrebbero essere, i loro vantaggi competitivi, differenzianti e difendibili, rispetto alla
concorrenza. Questo conduce verso una debole, o addirittura assente, specializzazione.
Tutto ciò è dovuto purtroppo ad una scarsa conoscenza del marketing, della sua possibile
applicazione e della sua importanza.
Quindi, una possibile soluzione, può essere quella di iniziare con un lavoro introspettivo,
osservando se stessi, le proprie competenze e la propria organizzazione o attività, in modo
da avere chiari i propri punti di forza e le proprie debolezze. A quel punto bisognerebbe
focalizzarsi sulle attività più redditizie e delle quali si posseggono le maggiori competenze
e i maggiori vantaggi distintivi, anche solo potenziali, così da accrescerli e definirli sempre
più. Quindi piuttosto che impiegare risorse per migliorare le attività meno profittevoli,
bisognerebbe eliminarle, restringendo il campo di attività, anche se questo è contrario
all’istinto naturale della mente umana. Tale strategia conduce ad una specializzazione
tendente all’eccellenza, che aumenta il valore percepito.
Questo è il primo passo per una corretta strategia di posizionamento.
6
Si fa riferimento al libro di Kotler P., i dieci peccati capitali del marketing, , Milano, Il Sole 24 Ore, 2004
6
Cosa sta accadendo? Situazione attuale e cambiamenti
1.4. Come sceglie un consumatore – Il neuromarketing
Nei paragrafi precedenti è stato osservato come sono cambiati nel tempo: mercato,
marketing e consumatori. Per cambiamento dei consumatori si intende principalmente
quello che ha modificato i processi psicologici che ci conducono verso una scelta.
Nell’era industriale il consumatore aveva una minore informazione, una minore scelta per
settore e un maggiore bisogno di beni materiali. Questo facilitava la sua scelta.
Tutto era un’invenzione: la macchina, la pasta presente sui scaffali dei supermercati, la
televisione e così via. Erano tutti beni rari dei quali erano presenti poche marche, che con il
tempo sempre più famiglie potevano permettersi.
Gianpaolo Fabris sostiene che “il consumatore ha cambiato pelle, in cerca di esperienze
più che di prodotti, di sensazioni e di emozioni più che di valori d’uso” 7. Questo è dovuto
ad una società ormai sovraffollata di beni, di servizi, di informazioni e di comunicazioni,
che ha permesso al consumatore di evolversi ad un livello superiore, complicando e
arricchendo i suoi processi di scelta. Essi ormai non cercano più soltanto prodotti in grado
di soddisfare i loro bisogni, ma aspirano anche a trovare esperienze e modelli di business
che coinvolgano il loro lato spirituale.
L’individuo quindi non è totalmente razionale, come si ipotizzava in determinate teorie
economiche, ma è consapevole solamente di una piccola percentuale di ciò che accade nel
momento in cui sceglie qualcosa.
A confermare questa tesi ci pensa Gerald Zaltman, affermando che “almeno il
novantacinque per cento di tutti i processi cognitivi avviene al di sotto della soglia di
consapevolezza” 8.
Lo studio di questi aspetti hanno visto nascere nuove discipline come la neuroscienza, il
marketing emozionale9 e il neuromarketing10, che rappresentano nuove applicazioni del
marketing tradizionale.
Oggi non bastano più semplici messaggi pubblicitari, servono contenuti che istruiscono il
cliente, che lo educano, che lo fanno sentire protagonista e che lo emozionano.
7
Gallucci F., Marketing emozionale e neuroscienze, Milano, EGEA, maggio 2011
8 Gallucci F., op. cit., p. 33
9 Il marketing emozionale si può definire come l'insieme delle molteplici declinazioni del marketing non convenzionale
fiorite negli ultimi anni (guerrilla, tribale, green o web) unite alle nuove tecnologie di misurazione fornite dal
neuromarketing, (Gallucci, 2011).
10 Zaffiro G., Neuromarketing: tecnologie e applicazioni, PDF, Notiziario tecnico telecom italia - anno19
NumeroUNo2010, cit., pag 4, L’autore definisce così il concetto di neuromarketing: “E’ un recente e innovativo campo
di studi basato sulle neuroscienze e sul marketing, che ha come obiettivo la valutazione delle risposte sensomotorie,
cognitive ed emotive dei soggetti agli stimoli di marketing.Esso si propone di capire, a livello neurale e fisiologico, i
motivi che spingono i soggetti ad optare per una determinata scelta piuttosto che un’altra”.
7
Cosa sta accadendo? Situazione attuale e cambiamenti
Dietro ogni buona missione, ogni buon progetto, ogni buona idea, deve esserci quindi una
buona storia da comunicare il modo efficace al target di riferimento. Una storia in grado di
emozionare il consumatore.
Lo strumento molto efficace per fare ciò è sicuramente lo storytelling, tramite il quale è
possibile comunicare la storia di un azienda, di un prodotto o di un soggetto, rendendola
interessante perché collegata direttamente o indirettamente al consumatore e modificando
la sua percezione.
Questo consente di toccare le corde emozionali del consumatore che sarà più disposto ad
acquistare il prodotto ad un premium price.
I social network e le community, hanno contribuito inoltre ad aumentare la visibilità di
ogni individuo, che a causa dell’ormai nota frammentazione della sua identità, ha sempre
più bisogno di definirsi e mostrarsi come facente parte di un determinato status.
Questo è un ulteriore aspetto che influisce nei processi di scelta di un consumatore, oltre a
quello puramente emozionale.
Ognuno cerca di sembrare ciò che vorrebbe essere. Questo fa ulteriormente la differenza
nei processi di scelta.
Quindi, un consumatore non sceglie mai il prodotto in se, ma ciò che ne deriva, ovvero il
risultato o l’immagine che ne consegue.
Per capire ciò in maniera pratica, basti osservare il mercato del lusso. Molti capi di
abbigliamento, per esempio, hanno costi di produzione e caratteristiche come la qualità e la
particolarità che non sono legati al prezzo. Chi compra una T-shirt Armani totalmente nera,
preferendola ad un’altra T-shirt nera senza marchio, è incurante della possibile e discutibile
qualità superiore del prodotto Armani, tuttavia sceglie di pagare un prezzo maggiore per un
prodotto simile. Questo perché non compra una semplice T-shirt nera, ma l’immagine di se
con la T-shirt Armani.
Per ricostruire un altro esempio concreto, si fa riferimento al mercato delle automobili. Chi
compra un auto sceglie, in base al proprio budget, la marca che più avvicina la propria
immagine allo status che vuole raggiungere.
Anche per i servizi è la stessa cosa. Molte volte si sceglie una palestra piuttosto che
un’altra, o un consulente piuttosto che un altro in base all’immagine che si otterrà
praticando quel luogo o venendo assistiti da un professionista piuttosto che da un altro.
Questi processi psicologici di scelta, sono validi sempre, per qualsiasi prodotto o servizio e
qualsiasi settore.
8
Cosa sta accadendo? Situazione attuale e cambiamenti
Quindi ogni soggetto che pone in essere un attività, che sia un imprenditore o un libero
professionista, deve indagare sia sul comportamento del consumatore, sia sui suoi desideri
ed emozioni, ma ancora di più sulla sua mente e sulle sue percezioni.
CAPITOLO II
Posizionamento e differenziazione per le PMI e i liberi professionisti
2.1. Il brand è più importante del prodotto\servizio
Come già spiegato precedentemente, la maggior parte di aziende italiane hanno una visione
puramente interna, chiusa, concentrata sulla propria impresa, sul proprio prodotto e sulle
relative caratteristiche, che si manifesta con una cecità rispetto a qualunque segnale che
dovrebbe condurre ad un cambiamento.
Esse non sono orientate verso l’esterno e verso la concorrenza. La maggior parte di quelle
che lo sono invece, sfruttano le informazioni che hanno a disposizione per copiare il leader
del settore o i principali concorrenti, continuando a fare le stesse cose, ma in maniera
migliore, impegnandosi di più. Tale errore si ripercuote anche in fase di vendita, fase ormai
totalmente declassata, ma anch’essa basilare per la continuità dell’azienda nel tempo, in cui
si cerca di spiegare perché il proprio prodotto\servizio sia migliore rispetto a quello della
concorrenza, nonostante il prezzo più basso a cui viene offerto, sperando di essere scelti.
Ma oggi non è più il prodotto ad essere venduto, dato che per ogni categoria merceologica
esiste una scelta amplissima e il cliente non sceglie in modo razionale riuscendo a
valutarne la qualità in modo oggettivo, ma come già visto, le sue decisioni sono influenzate
da tanti fattori che si rivolgono al suo lato inconscio, perciò bisogna puntare al rapporto
che il soggetto stabilisce con il brand e con i valori e le emozioni che esso comunica.
Ciò che rende forte un’azienda è la posizione che occupa nella mente del potenziale cliente
e non il prodotto o il servizio che offre1.
Per tutti questi motivi e per molto altro ancora, il marketing ha assunto sempre una
rilevanza maggiore con il passare del tempo, scalando la classifica delle priorità e finendo
per occupare la prima posizione, sia per le imprese, che per i liberi professionisti, ormai
sempre più coinvolti in questa guerra continua chiamata competizione.
Il Brand è il primo elemento del marketing e rappresenta il DNA di un impresa, ovvero
cosa la rende unica, il suo significato, quell’elemento a cui devono essere connesse le varie
1
Ries A., Trout J., Marketing alla rovescia: bottom-up marketing, Milano, McGraw-Hill, 1990
9
Posizionamento e differenziazione per le PMI e i liberi professionisti
strategie. Esso è rappresentato visivamente dal marchio, ovvero da un’insieme di
immagini, testi, colori o suoni. In realtà, però, è molto di più.
Il brand è un’ idea, una visione, un insieme intangibile di valori, una promessa, uno status
ed un’immagine finale, un risultato, che diventerà tangibile per il consumatore dopo aver
acquistato il prodotto o il servizio.
Il marketing invece, è basato sulla persuasione, sulla comunicazione e sulla percezione che
il cliente avrà del brand. E se non è stata pensata e chiarita la sua definizione, qualsiasi
strategia, attività di marketing e di produzione o erogazione, risulterà quindi totalmente
inutile ed inefficace.
Tale creazione è possibile tramite il Branding, ovvero la strategia di marketing di lungo
periodo necessaria per la creazione di un brand.
Cosa si è in grado di fare, chi si vuole diventare, cosa si vuole trasmettere, cosa proverà il
cliente con il nostro prodotto o servizio, che risultato e che immagine otterrà. Queste sono
alcune domande alla quale bisogna essere in grado di rispondere, prima di tutto. Il branding
è la strategia che risponde a tutte queste domande.
È stato dimostrato quindi come oggi più che mai, il brand sia più importante del
prodotto\servizio, perciò va curato con più attenzione e fin da subito.
Le PMI italiane, data la loro capacità limitata di risorse, dovrebbero esserne a conoscenza
in modo da non sprecarle, destinandole ad attività realmente primarie e concretamente più
importanti.
Stesso discorso va fatto per i liberi professionisti che, in quanto erogatori di servizi, hanno
bisogno di essere notati, apprezzati e infine scelti.
Questo è più facile da ottenere se si possiede un brand personale, costruito e
accompagnato attraverso efficaci strategie di comunicazione e acquisizione clienti.
2.2. Il Brand positioning e l’idea differenziante per il successo delle PMI
Se il branding è la strategia di creazione del brand, che riflette quindi le idee, i valori, la
mission, l’orientamento strategico di fondo dell’imprenditore e il visual hammer2, il brand
positioning è invece la strategia di posizionamento del brand. Ad introdurre per la prima
volta il concetto di posizionamento è stato Al Ries, uno dei più grandi “padri del marketing
e del posizionamento di marca”, che già negli anni novanta, nel suo libro “Positioning”
Con tale termine si intende indicare l’aspetto visivo del brand, che deve essere creato in modo da
trasmettere un messaggio coerente con quello del brand stesso.
2
10
Posizionamento e differenziazione per le PMI e i liberi professionisti
affermava che:” Il marketing oggi deve essere in sintonia con la mente del consumatore. Il
prodotto, il servizio o il brand stesso, prima di tutto è un’ idea e come tale deve essere
posizionata in modo significativo e univoco nella mente del cliente, finendo per
rappresentare l’intera categoria. Tuttavia, non bisogna rivolgersi alla parte razionale
della mente, ma considerare la componente emotiva della psiche umana”3.
Alla luce di ciò, si può definire posizionamento quell’intervento nella mente del
consumatore che mira a definire ed occupare una posizione precisa e differente, ma non
necessariamente opposta, rispetto ai concorrenti, sfruttando l’unicità e la semplicità della
propria idea differenziante.
Non esistono però idee e strategie vincenti in assoluto, ognuno di loro deve avere alla base
una motivazione che giustifica e guida tutti gli aspetti successivi. Tale motivazione va
cercata nei bisogni della popolazione, nella vita delle persone, nei loro errori, nei loro
limiti e nelle loro necessità non soddisfatte, evidenti o latenti.
Essa rappresenta la missione di un impresa, che deve essere sostenibile nel tempo, la
ragion d’essere, il “perché” legato all’esistenza dell’azienda.
La sua assenza genera invece un insuccesso garantito e nessuna strategia potrà riuscire ad
evitarlo. Come già detto precedentemente, purtroppo, questo è un errore comune delle PMI
italiane.
Quindi, un’idea imprenditoriale o una libera professione di successo deve basarsi su una
cultura che ingloba missione, valori e visione, aspetti che devono concretizzarsi in piccole
idee, in grado di risolvere un problema, soddisfacendo una necessità e facendo una grande
differenza.
Tale cultura deve essere orientata verso l’esterno, al mercato di riferimento, ai clienti che
rientrano nel proprio target e ai loro bisogni, per capire che posizione si occupa, si
potrebbe e vorrebbe occupare nella loro mente e che posizione occupa invece la
concorrenza, che non può assolutamente essere trascurata, anzi, è fondamentale osservare
ciò che fa la concorrenza, conoscerla, trovare un punto d’attacco vulnerabile, uno spazio
vuoto nella mente del potenziale cliente e differenziarsi da essa, specializzandosi.
Una piccola-media impresa ha risorse limitate e oggi si troverà a competere con aziende
più grandi, che posseggono più risorse, e provenienti probabilmente da tutto il mondo.
3
Ries A., Trout J., Positioning: L’arma vincente nella battaglia per la mente del consumatore, Milano,
McGraw-Hill, 1993
11
Posizionamento e differenziazione per le PMI e i liberi professionisti
Ma come possono queste strategie, essere applicate ad imprese medio-piccole con risorse
pressoché scarse? Come possono tali imprese affrontare colossi del settore?
Con questo elaborato si vuole dare una risposta concreata a tali domande.
Nel mercato non importa chi ha creato per prima qualcosa o chi l’ha pensata, importa chi si
è
posizionato
per
primo
nella
mente
del
consumatore4.
È ovvio come la via più semplice per introdursi nella mente del consumatore sia essere i
primi a produrre o commercializzare qualcosa. Oggi però è veramente difficile essere i
primi, data l’alta concorrenza presente, ma è comunque possibile avere un idea
differenziante che permette di non affrontare il leader del settore
frontalmente, ma
aggirarlo, posizionandosi come alternativa a ciò che già esiste, spingendo i consumatori,
predisposti al cambiamento e in cerca di novità, a cambiare le proprie abitudini d’acquisto,
trovando una nuova angolazione, un nuovo punto d’attacco alla concorrenza e creando
nuove categorie che modifichino la loro preferenza.
Non bisogna necessariamente essere opposti o migliori degli altri, non è questo l’obiettivo
del branding e del posizionamento, dato che comunque il concetto di qualità è relativo ed
intangibile. L’obiettivo è essere diversi, unici e maggiormente focalizzati, in modo da
impiegare efficacemente le proprie risorse e riuscire ad occupare una nuova posizione nella
mente del potenziale cliente, cercando di conquistare una nicchia di mercato con meno
concorrenti.
Il brand positioning è la prima strategia di marketing necessaria per poter fare ciò.
Essa, come già detto, necessita di un’idea differenziante, ovvero una o più carte vincenti
che siano uniche nella propria soluzione, in grado di creare una nuova categoria e di offrire
reali vantaggi funzionali, tangibili e percepibili dal consumatore, oltre che vantaggi
emotivi, orientando così la decisione di scelta.
Il grado di differenziazione necessario per avere successo varia da settore a settore, in base
alla saturazione e alla concorrenza di esso. A volte può essere sufficiente differenziare le
caratteristiche del marketing mix riguardante il prodotto o il servizio, altre volte invece può
essere necessario creare una nuova offerta altamente differenziante, in grado di creare un
nuovo spazio competitivo dove solo pochi competitors sono in grado di accedere,
mantenendo comunque una posizione di svantaggio.
Qualunque aspetto venga coinvolto dalla differenziazione, essa deve essere chiara,
originale, semplice e univoca, basata su vantaggi strategici, distintivi, competitivi,
significativi e difendibili che possono riguardare i principali assets o addirittura la propria
organizzazione interna.
4
Ries A., Trout J., op. cit.
12
Posizionamento e differenziazione per le PMI e i liberi professionisti
Solo così tutto ciò sarà in grado di creare una serie di barriere all’entrata per la
concorrenza.
A dimostrazione di quanto detto fin’ora, si può riportare un’affermazione di David Aaker,
il quale afferma che: “innumerevoli studi hanno dimostrato che il successo di un nuovo
prodotto è sostanzialmente guidato dalla differenziazione, che influisce non solo sulla
value proposition, ma anche sulla visibilità, legata alla percezione di innovazione.
L’elevata differenziazione crea una nuova categoria dato che rappresenta una sua
definizione essenziale”5.
Creare una nuova categoria è quindi il passo immediatamente successivo e consequenziale
alla differenziazione, necessario affinché il proprio brand occupi una posizione rilevante
nel lungo periodo, superando la concorrenza.
Occorre quindi creare e gestire una nuova categoria dalla quale i clienti acquisteranno
indipendentemente dal loro brand preferito.
Essa deve avere una proposta di valore chiara e limpida da trasmettere ai consumatori
appartenenti al target di riferimento.
Così, il branding mira a creare un brand che riflette per nome, immagine e contenuti, la
value proposition espressa dalla categoria, che deve essere talmente forte da riuscire a
definirla, trasmettendo l’immagine di un cambiamento, di un’ innovazione, di una nuova
generazione per quella nicchia di mercato.
Cioè l’obiettivo è quello di creare un brand che abbia una relevance, ovvero che non sia
soltanto preferito rispetto ad altri concorrenti, ma che li renda irrilevanti a causa della
mancanza di tali vantaggi distintivi e difendibili, che non possono consistere soltanto sulla
qualità, in quanto essa è un concetto relativo e ormai usato da qualunque competitor in
qualsiasi settore, di conseguenza poco credibile6.
È necessario quindi che la propria idea differenziante e successivamente, in modo
specifico, il servizio\prodotto, abbia tutte le caratteristiche della categoria di riferimento. Il
consumatore verificherà la distanza tra ciò che rappresenta l’idea o il prodotto per lui e ciò
che rappresenta la categoria e sarà portato a scegliere quello che per lui è il brand più
rilevante, ovvero quello in cui tale differenza è minore.
Creare una nuova categoria, significa dunque entrare in un settore, in una nicchia di
mercato e posizionarsi come primi in modo da rappresentare la categoria stessa. Riuscire
cioè ad individuare la categoria di riferimento attraverso un singolo brand, il proprio.
5
Aaker D., Brand Relevance: marketing innovativo per spiazzare i competitor, Milano, Francesco Angeli,
traduzione italiana di Golia Gangi A. e Mascheroni C., 2011, cit. p.54
6
Il concetto di brand relevance è stato introdotto per la prima volta da Aaker D., op. cit.
13
Posizionamento e differenziazione per le PMI e i liberi professionisti
La redbull per esempio, ha creato la categoria degli “energie drink” rappresentandola con il
suo marchio “redbull”, in italiano “toro rosso”(ed è questo il loro visual hammer), che
indica forza ed energia, proprio come le sensazioni trasmesse dal toro e dal colore rosso. È
evidente quindi come sia il brand ad essere collegato alla categoria, e non viceversa.
Essa è stata la prima ad introdursi in questo settore, creando la categoria di riferimento e
finendo per rappresentarla.
Redbull è il primo marchio che viene in mente pensando alla categoria e infatti ne è il
leader. Questo significa posizionarsi.
Il first mover, molte volte, è e sarà il leader per i consumatori, proprio perché possiede un
brand che rappresenta la categoria. Tale posizione, in un mercato ed in un’ epoca altamente
competitiva, è raggiungibile creando una nuova categoria e va verificata costantemente in
relazione alla concorrenza e va mantenuta innovando e migliorando continuamente, senza
perdere mai la visione di lungo periodo.
Trovata l’idea differenziante in grado di creare una nuova categoria, è necessario poi
comunicarla costantemente al proprio target, insieme alla nuova categoria, alla propria
posizione dominante e alla posizione della concorrenza, che occorrerà riposizionare in
modo strategico, ovvero non comunicando i loro punti deboli ormai conosciuti da tutti, ma
trasformando i loro attuali punti di forza in punti di debolezza, così da ottenere una fetta di
mercato fatta da chi ha necessità di un cambiamento6.
Non si può quindi cambiare il mercato o la mente del consumatore, ma si deve lavorare su
quello che la mente già contiene, cercando di agganciare il proprio prodotto, servizio, la
propria attività, professione o concetto a quello che già c’è.
Il brand positioning è controintuitivo, e questo porta a fare gli errori che molte pmi e liberi
fanno.(estensione di linea)
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Strategia di Brand Relevance ideata da D. Aaker, op. cit
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2.3. Personal branding e specializzazione per il successo dei liberi professionisti
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