Fisiopatologia del circolo ematico nel coma da trauma

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Fisiopatologia del circolo encefalico nel coma da trauma cranico acuto.
L. Simonetti, M. Messia, P. Cenni, C. Barbara
Servizio di Neuroradiologia - Ospedale Bellaria - Bologna
Introduzione
I traumi craniocerebrali possono produrre danni diretti da impatto all'encefalo con contusione e
lacerazione di tessuto nervoso o con sezione di fasci mielinici della sostanza bianca degli emisferi
cerebrali e del tronco cerebrale.
Questi processi traumatici primari possono mettere in moto una successione di alterazioni
secondarie del metabolismo cerebrale, dell'emodinamica intracranica e della distribuzione dei
liquidi cerebrali, che si modificano durante le ore che seguono il trauma cranico. Inoltre questi
processi fisiopatologici che si evolvono possono provocare cambiamenti nella relazione pressionevolume intracranica con conseguente ipertensione endocranica ed erniazione cerebrale
transtentoriale e sotto la falce.
Nonostante l'apparente diversità di queste alterazioni nella fisiologia cerebrale, la gravità
dell'insulto al tessuto cerebrale è infine dipendente dal grado di danno ischemico-ipossico sostenuto
dai neuroni interessati.
In questo lavoro presenteremo una rassegna dei cambiamenti fisiopatologici cerebrali che seguono
al trauma cranico per quel che riguarda le alterazioni di circolo ed emodinamiche e l'interazione
dinamica con il metabolismo cerebrale, nonché una revisione della letteratura clinico-sperimentale
sull'argomento.
Ossigenazione e metabolismo cerebrale
La via finale comune di una lesione neuronale dopo trauma cranico è la riduzione della liberazione
di ossigeno e dei substrati metabolici cellulari, specialmente il glucosio, verso le cellule. Diminuita
tensione di ossigeno tessutale può derivare da deficiente ossigenazione del sangue per alterata
funzione polmonare, da inadeguata liberazione di ossigeno al cervello per alterato flusso ematico
cerebrale o da inadeguata liberazione di ossigeno ai neuroni, secondaria a focale o diffusa
aumentata diffusione lungo le vie nervose per edema cerebrale. Risulta ipossia cellulare quando vi è
una quantità di ossigeno insufficiente a mantenere la glicolisi aerobica. In questo stato di deficiente
liberazione di 02 e di ipossia tissutale, prevale la glicolisi anacerobica; solo 2 moli di ATP vengono
formate per 1 mole di glucosio consumata. Al contrario quando l'ossigeno non è limitato, 38 moli di
ATP sono generate dal consumo di 1 mole di glucosio. Così, la perdita di ossigeno tessutale limita
gravemente la produzione di ATP necessaria al mantenimento delle richieste energetiche cerebrali.
Sperimentalmente, un utile indicatore di precoce ipossia cellulare è l'aumentata quantità nei
mitocondri dei citocromi ridotti (non ossidati) e dei coenzimi che trasportano elettroni, specialmente
nicotinamide e adenin-dinucleotide (NADH). L'incapacità a venire incontro alle necessità
mitocondriali di ossigeno molecolare porta a un trasferimento inadeguato di elettroni generati dal
metabolismo del glucosio; viene meno la produzione di energia. Studi su animali hanno dimostrato
un aumento del NADH dopo 5 secondi di ischemia. Quando l'ossigeno non è limitato, il piruvato
prodotto dalla glicolisi entra nel cielo di Krebs per la piena ossidazione e metabolismo, ma la
privazione di ossigeno sposta il piruvato dal ciclo degli acidi tricarbossilici alla produzione di lattato
con un'ossidazione parziale dei meccanismo di trasporto di elettroni e produzione limitata di fosfato
ad elevata energia.
Il cervello è totalmente dipendente dall'apporto continuo di ossigeno e glucosio. Il cervello
rappresenta, come organo, approssimativamente il 20% del peso corporeo di un adulto; riceve
approssimativamente il 20% della gittata cardiaca e utilizza approssimativamente il 15-20% di tutto
l'ossigeno e glucosio consumati dall'intero corpo nell'unità di tempo. Inoltre, approssimativamente
l'80% del glucosio e dell'ossigeno usati dal cervello è consumato dalla materia grigia interna. A
fronte di questi dati, tuttavia, contrariamente ad ogni aspettativa, la distanza media tra i capillari è
maggiore nella corteccia cerebrale che nel miocardio e persino nel muscolo gastrocnemio. I
gradienti di ossigeno tra capillari ampiamente distanziati sono perciò di norma grandi nella
corteccia cerebrale. Fattori patologici che alterano la liberazione dell'ossigeno all'estremità arteriosa
del capillare aumentano questi gradienti e fanno diminuire l'ossigeno nel sangue venoso cerebrale.
Esiste quindi una correlazione tra la pressione venosa parziale cerebrale (Pvo,), determinata dal
sangue estratto dal seno sagittale, e lo stato funzionale neurologico. Così, in circostanze normali, la
Pvo, è 34-38 torr; quando la Pvo, diminuisce a 17-19 torr (soglia critica), in conseguenza di ipossia
arteriosa, gli esseri umani perdono coscienza sebbene ci si possa aspettare piena restituzione della
coscienza con il ritorno della Pvo, a valori normali per mezzo di un'adeguata ossigenazione del
sangue arterioso. Un'ulteriore riduzione della Pvo, dalla soglia critica (17-19 torr) alla soglia letale
(12 torr) può essere associata a morte cellulare e a riduzione del carico energetico.
Il concetto di vulnerabilità neuronale
Bisogna fare una distinzione tra alterazione delle funzioni neurologiche integrate (incoscienza)
come si verifica in condizioni di ipossia moderata e reversibile e l'analisi dei costituenti chimici,
riflessa in maniera semplificata dal carico di energia potenziale (rappresentante i fosfati ad alta
energia disponibili per il cervello), che può essere quasi normale nonostante un profondo
cambiamento delle funzioni neurologiche integrate. 1 problemi nel paragonare particolari parametri
tessutali metabolici con le funzioni neurologiche integrate sono sfortunatamente molteplici e
complessi.
Tuttavia, la limitazione maggiore è il considerare il cervello come un tessuto uniforme piuttosto che
un aggregato di molti tessuti correlati, ciascuno dei quali ha differente sensibilità alla mancanza di
ossigeno e glucosio come può verificarsi nell'ipossia e nell'ischemia cerebrale. I neuroni con
vulnerabilità ben stabilita verso l'insulto ipossico/ischemico sono localizzati
 nelle cellule piramidali corticali cerebrali negli strati 3, 5, 6;
 nelle cellule piramidali ippocampali;
 nelle cellule cerebellari di Purkinjie.
Queste sono anche le sedi anatomiche di insulto ipossico/ischemico ai neuroni in seguito a trauma
cranico clinico. Non è chiaro perchè un particolare gruppo di neuroni sia più suscettibile delle
cellule vicine ad un insulto esteso che le colpisce tutte. Vi sono modificazioni evolutive che
producono un insulto ipossico/ischemico in modo focale e diffuso nel cervello. Inoltre la
formazione regionale di radicali liberi e l'acidosi possono aggiungersi all'insulto focale alla
membrana.
Geometria tessuto-capillare e sue modificazioni nel trauma cranico grave
L'ossigeno raggiunge il neurone per mezzo di un processo di semplice diffusione. La tensione di
ossigeno a livello neuronale è dipendente dalla pressione parziale di ossigeno nei capillari, dal
consumo di ossigeno, da parte del tessuto, dal coefficiente di diffusione dell'0, e dalla lunghezza
delle vie di diffusione.
Il classico modello di geometria tessuto-capillare che colpirà i livelli cellulari di ossigeno è il
modello cilindrico di Krogh (Fig. 1, parte superiore). Le tensioni di ossigeno a distanza
intercapillare media che è il punto più lontano da un singolo capillare nutritizio sono le più basse a
causa della maggiore distanza di diffusione dalla sorgente capillare. In seguito al trauma
cranico si verificano numerose differenti condizioni patologiche che possono influenzare la
liberazione dell'ossigeno ai neuroni in un particolare cilindro di tessuto nervoso. Per esempio, se la
liberazione di ossigeno a livello capillare è anormale a causa di disfunzioni polmonari o a causa di
scarsa perfusione dei capillare cerebrale, il profilo dei livelli tessutali, che riflette la diffusione di
ossigeno dai capillari ai neuroni, sarà corrispondentemente più basso. Quando la lunghezza della via
di diffusione dai capillari ai neuroni è aumentata, come si verifica nell'edema della sostanza grigia
cerebrale (Fig. 1, parte inferiore) i livelli di ossigeno liberati ai neuroni nei punti più distanti del
cilindro possono essere abbastanza bassi da produrre la morte neuronale. Se il consumo di ossigeno
aumenta, come nelle convulsioni, particolarmente in condizioni in cui la liberazione di ossigeno è
scarsa, allora l'alterata diffusione di ossigeno può non sostenere i neuroni con livelli adeguati di
ossigeno, necessari per la sopravvivenza cellulare. E' stato dimostrato che anche aumenti modesti
del contenuto di acqua nel tessuto cerebrale corticale alterano le distanze tra i capillari.
Fenomeni emodinamici intracranici che seguono al trauma cranico
Le misure del flusso ematico cerebrale rilevate subito dopo un trauma cranico nell'uomo hanno
dimostrato un ampia variante di valori da 20 a 65 ml per 100 g di cervello per minuto.
Acutamente, il trauma cranico provoca indebolimento dell'autoregolazione cerebrovascolare, locale
nei danni limitati, diffusa nei danni più gravi, e può produrre diffusa vasodilatazione e aumento del
volume ematico intracranico, specialmente nei bambini. La risposta del circolo cerebrale alla
variazione delle pressioni parziali della CO2 arteriosa è anche indebolita inizialmente, ma non
perduta in toto nelle aree di cattiva autoregolazione. In questo stato di disordine, il circolo cerebrale
è un mosaico di risposte variate ai fattori che controllano il CBF; i vasi con normale funzione di
autoregolazione mantengono normale il flusso ematico cerebrale, mentre quelli con vari gradi di
disautoregolazione presentano caratteri di CBF che sono dipendenti dalle locali pressioni di
perfusione cerebrale.
Nel cervello traumatizzato gli effetti della pressione intracranica (ICP) delle pressioni di perfusione
cerebrale (CPP), e della pressione arteriosa sistemica media (MAP) sono implicati in modo critico
nel determinare il flusso ematico cerebrale (CPP = MAP - ICP). Un aumento importante della
pressione intracranica può superare la MAP e impedire il flusso ematico cerebrale nutritivo. Questo
è stato dimostrato angiograficamente con l'assenza del flusso ematico nel circolo intracranico. In
pazienti con gradi più modesti di ipertensione endocranica, cambiamenti di CPP in regioni con
normale funzione autoregolatoria hanno scarso effetto sul CBF finchè la CPP è mantenuta a 40 o 50
torr o più. Al di sotto di questa pressione di perfusione, il CBF diminuisce, la differenza A-VO2
aumenta e si possono verificare danni neuronali. Nelle aree di cattiva autoregolazione le
diminuzioni del CBF sono direttamente in relazione alle diminuzioni della CPP risultanti da
aumentata ICP e/o diminuita MAP. Nei gravi traumi craniocerebrali con aumento dell'ICP, si può
verificare una totale vasoparalisi del circolo cerebrale. Questo è un segno prognostico infausto.
Dopo la fase acuta del trauma cranico, i pazienti rimasti in coma hanno un CBF diminuito ed un
metabolismo cerebrale ridotto (CMRO2). In questo stato cronico sembra esservi correlazione tra
basso CBF, basso CMRO2 e cattivo esito.
Il monitoraggio del flusso ematico cerebrale dimostra che nei pazienti con trauma cranico, in coma
(GCS 3-7), il flusso è in circa il 30% dei casi inferiori ai 18 ml/100 g/min. Questi pazienti sono
quelli che esitano in stato vegetativo prolungato, in special modo se non si ottenga un incremento di
tale flusso nei primi 3-4 giorni. (14)
Anche la SPECT dimostra gravi turbe di perfusione nei comi prolungati (GCS <8) nel 75% dei casi,
in assenza di evidenza neuroradiologica di lesioni ischemiche focali nel 50% del totale.(5)
Un altro indice è rappresentato dalla riduzione della velocità di flusso ematico nell'arteria cerebrale
media, proporzionale alla profondità del coma: normale 60.1 cm/s, coma lieve 51.7, medio 45.5,
grave 35.8. Se la diminuzione rimaneva costante nei primi giorni, la probabilità di coma prolungato
o di grave disabilità era grande. (1)
L'alterazione del flusso ematico a livello del tronco cerebrale è collegabile alla responsività
pupillare ed all'outcome dei pazienti. Anche se la midriasi post-traumatica viene generalmente
collegata a compressione meccanica del III da ernia uncale, in molti pazienti essa è presente in
assenza di impegno uncale. La causa sta nella riduzione di flusso ematico a livello del tronco. Flussi
ematici regionali inferiori ai 40 ml/100g/minuto si associano costantemente a midriasi bilaterale
quale segno di grave ischemia del tronco, ed esitano pressocchè esclusivamente in stati vegetativi
persistenti. (13)
Anche il flusso a livello frontale risulta notevolmente alterato nei pazienti comatosi e in coma
persistente, sia nel senso di una sua sensibile riduzione, sia di un'inversione del normale gradiente di
flusso antero-posteriore (4). La normalizzazione del quadro, inoltre, rappresenta un importante
fattore prognostico favorevole per il risveglio di tali pazienti.
Studi sperimentali hanno evidenziato una correlazione tra vulnerabilità selettiva all'insulto
ischemico cronico diffuso post-traumatico della corteccia ippocampale e coma prolungato posttraumatico. (8)
Un'altra delle aree di particolare vulnerabilità risulta, comprensibilmente, quella dei territori
arteriosi corticali di confine. Uno studio con tecnica di "washout" con Xenon TC di queste aree,
nella prima settimana, ha evidenziato una riduzione significativa del flusso ematico cerebrale
regionale anche in assenza di lesioni focali in una elevata percentuale di pazienti con GCS > 8; per
tali pazienti la prognosi era severa, con exitus o stato vegetativo persistente (11).
L'influenza del vasospasmo è importante: esso interessa generalmente i segmenti prossimali delle
arterie cerebrali anteriori e medie, risultando particolarmente accentuato nei pazienti con situazione
clinica più compromessa (GCS 3-5). La sua risoluzione farmacologica, quando possibile, aumenta
sisgnificativamente il GOS dei pazienti. (7)
Oltre al vasospasmo in quanto tale, il trauma cranico acuto provoca, nei casi gravi, disturbi
dell'autoregolazione del circolo cerebrale. Monitorando la risposta alle normali variazioni di
pressione con TCD si sono trovati sifgnificative correlazioni sia con il GCS che con il GOS. (2)
Il motivo per cui esiste tale correlazione è legato al fatto che capacità autoregolative del circolo
cerebrale e capacità di estrazione dell'ossigeno sono strettamente correlate, per cui la perdita della
prima porta ad una ischemia globale del cervello ed in particolare del tronco, che provoca il coma e
può esitare in stati vegetativi permanenti. (9)
L'importanza dell'aumento di pressione intracranica in rapporto alla sua influenza sulla riduzione di
flusso (per riduzione della pressione di perfusione cererebrale) ed i loro rapporti con l'esito clinico
sono stati rimarcati da vari studi clinici randomizzati; in uno dei più recenti (Selfotel, 6), viene
ulteriormente rimarcata l'importanza di portare l'ICP al di sotto di valori critici, quantificabili
intorno a 20 mm Hg, il più velocemente possibile, onde evitare danni e stato vegetativo persistente
legati all'ipoperfusione.
L'alterazione della capacità estrattiva dell'ossigeno a livello cerebrale secondarie all'edema
(verosimilmente correlate all'aumento della distanza intercapillare) può essere misurata dalla
saturazione di ossigeno a livello del sangue venoso in giugulare. Alti valori di tale dato (> o = 75%)
corrispondono, in circa il 50% dei casi a morte e stato vegetativo persistente e, nel 25% dei casi, a
outcome insoddisfacente (3).
L'edema sub-acuto post-chirurgico ha invece una scarsa correlazione con le alterazioni di circolo
nei pazienti comatosi. (10)
Conclusioni
Le alterazioni della perfusione cerebrale giocano un ruolo fondamentale nell'instaurarsi e nel
protrarsi di stati di coma nei pazienti con grave trauma cranico.
Dal punto di vista fisiopatologico, tali alterazioni sono secondarie all'intearzione dinamica di molti
fattori, tra i quali i principali sono rappresentati da:
 alterazione anatomica del microcircolo da lesione diretta e da edema cerebrale;
 perdita delle capacità autoregolative del circolo cerebrale;
 incremento della pressione intracranica;
 vasospasmo post-traumatico.
Questa interazione dinamica, il cui risultato è una caduta dell'ossigenazione tissutale con stato di
ischemia cronica, non ha lo stesso effetto su tutto il tessuto nervoso encefalico, ma su alcune aree in
particolare (ippocampo, particolari porzioni della corteccia, tronco cerebrale, corteccia frontale) in
base a evidenze sperimentali di vulnerabilità selettiva.
Figura 1. (da (12), modificato).
Il cilindro di Krogh rappresenta la relazione idealizzata dei circolo corticocerebrale con i gradienti
di ossigeno nella sostanza grigia normale (parte superiore) ed edematoso (parte inferiore). Un
aumento della distanza intercapillare con un aumento della lunghezza della via di diffusione
dell'ossigeno prodotti dall'edema è associato a livelli più bassi di ossigeno. Ossigeno capillare
diminuito o scarsa perfusione capillare producono una più bassa linea di base dei livello di ossigeno
capillare sovrapposto in questa figura.
Bibliografia
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