Il gruppo in teoria e in pratica

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Antonella Di Troia
PREMESSA
Dalla fine della seconda GM c’è uno studio sistematico delle situazioni di gruppo:
 Piccoli gruppi di lavoro: dimensione microsociale gruppi, luogo di mediazione tra
dimensione individuale e macrosociale;
 Gruppo di formazione: inizialmente inteso come luogo di dimostrazione,
sperimentazione, apprendimento dei fenomeni relazionali e sociali (dinamiche di
gruppo), poi come luogo di apprendimento dall’esperienza
 Gruppo come strumento terapeutico
Il gruppo non è strumento – oggetto, ma strumento - relazione.
CAPITOLO 1
Il gruppo va osservato dal punto di vista dell’individuo, per le funzioni che assolve nel
singolo e per le forze o motivazioni che ne spingono i membri.
LEWIN. Possibilità di costituire gruppi senza storia per studiare e intervenire nella realtà
sociale. Il comportamento individuale e collettivo sono realtà dinamiche frutto di
interdipendenze complesse che vanno analizzate nel qui ed ora. Elabora la teoria di
campo, dove ogni realtà fenomenologica viene descritta in termini matematici per rendere
più precisa la scomposizione nelle regioni. Per Lewin esiste uno spazio psicologico e
sociale reale quanto quello fisico e quindi misurabile e rappresentabile.
Campo: metodo psicologico di analisi dei fatti causali e lettura dei fenomeni umani e
sociali come totalità di fatti coesistenti nella loro interdipendenza.
Oggetto di osservazione: il campo e i fenomeni che vi si producono
Azione –ricerca : il fine cui le scienze sociali dovrebbero tendere
Gruppo: interdipendenza (non somiglianza) percepita dai membri e totalità dinamica.
Gruppo come espressione metaforica delle diverse forme di relazione che si sviluppano
entro le aggregazioni microsociali. Il gruppo è un’entità che possiede una realtà ed unità
specifica ed è qualcosa di diverso dalla somma dei singoli individui che lo compongono. Il
gruppo è il luogo dove si forma l’individuo. I gruppi sono caratterizzati dalla tendenza
all’equilibrio (scontro tra forze che premono in direzioni opposte) che non è statico ma
“quasi stazionario”, questa tendenza provoca una resistenza al cambiamento quindi il
mutamento sociale si ottiene partendo dal gruppo e non dall’individuo. Operando sul
gruppo e le sue norme sarà più facile vincere le resistenze individuali. I luoghi di
intervento sono le situazioni microsociali, che mediano tra la dimensione individuale e
quella collettiva. I processi sociali sono frutto di opposizioni di forze che con una data
tensione si stabilizzano a un certo livello che può essere aumentato con un meccanismo di
pressione e diminuito con uno di facilitazione e analisi delle resistenze.
Funzione di produzione: obiettivo del gruppo
Funzione di manutenzione: giocata da accordi organizzativi, facilitazioni razionali e
regolazione degli stati emotivi.
CAPITOLO 2
Lewin. Anni 50/60. ogni interazione umana comporta 2 istanze:
1. contenuto: motivo razionale ed esterno che giustifica la relazione
2. funzione: quello che succede tra i membri del gruppo, ciò che vive ogni membro
mentre si lavora
Il gruppo in teoria e in pratica - Riassunto
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CAPITOLO 3
Usa anni 50/60 scuola dello Sviluppo Organizzativo (OD): approccio teorico e pratico alla
vita delle organizzazioni con atteggiamento pragmatico ed efficientista. Deriva dalla scuola
delle Relazioni umane con gli studi di Mayo. Obiettivo è riuscire a conciliare, integrandole,
le esigenze produttive con quelle di realizzazione delle potenzialità individuali in una
visione ottimistica dei rapporti tra individuo, gruppo e organizzazione. Il gruppo media tra
individuo e organizzazione. L’organizzazione è una totalità dinamica in cui ogni fenomeno
è correlato con il contesto di cui fa parte. Azione – ricerca: ogni intervento di sviluppo
organizzativo si configura come tentativo di modificare la struttura organizzativa.
Definizioni di OD:
Bennis: strategia che ha come scopo il mutamento di atteggiamenti, di valori delle strutture
organizzative per adattarle meglio alle nuove tecnologie.
Beckard: azione pianificata condotta dall’alto che ha come scopo quello di accrescere
l’efficacia e la solidità dell’organizzazione attraverso interventi pianificati sui processi
dell’organizzazione stessa.
Per ottenere lo scopo del mutamento sociale per la teoria di campo e per OD il metodo è lo
stesso: un intervento pianificato in fasi successive schematizzate operando sempre a
livello di gruppo. Per entrambe le teorie, agendo sul gruppo è + semplice eliminare le
resistenze ai cambiamenti.
Definizione di gruppo per Shein: un gruppo è costituito da un qualsiasi numero di persone
che:
1. sono in reciproca relazione
2. sono consapevoli l’una dell’altra
3. percepiscono se stessi come un gruppo.
Il gruppo è ambiente e strumento privilegiato di integrazione, è insostituibile per
raggiungere il “mutamento pianificato” che si ottiene:
1. migliorando la comunicazione tra individuo e tra gruppi
2. conducendo l’organizzazione ad essere flessibile davanti ai problemi
3. modificando le strutture per renderle adattabili alle circostanze.
La presenza di gruppi in una organizzazione è subordinata a diversi fattori che creano un
clima più o meno favorevole all’esperienza di collaborazione collettiva:
1. fattori ambientali: clima all’interno del gruppo
2. fattori di partecipazione: dipendono dalla composizione del gruppo
3. fattori dinamici: storia del gruppo e dell’organizzazione
questi fattori sono mutevoli e non pianificabili.
Per tutti questi autori il gruppo è un’entità particolare dove trovano soddisfazione sia
la dimensione istituzionale dell’organizzazione, sia le aspettative individuali.
Shein vuole eliminare gli effetti negativi della competizione intergruppale spostandoli
verso un avversario comune ai vari gruppi, di modo che i conflitti intragruppo ed
intergruppo siano considerati come manifestazione patologica del buon funzionamento
organizzato.
Si può giungere a un adattamento grazie alla plasticità del sistema nervoso che può portare
ad un cambiamento individuale ed organizzativo. Questo cambiamento lo si può definire
“ecologico” e consiste in un continuo adattamento grazie all’assorbimento dei mutamenti
proposti dal contesto di vita.
I conflitti sono dei modi di esprimere un messaggio che spesso resta non chiaro nemmeno
ai protagonisti.
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CAPITOLO 4
Si è arrivati alla creazione di “laboratori” di gruppi, una struttura educativa provvisoria e
uno strumento di cambiamento. Qui la centratura è sulle relazioni sociali che si sviluppano
nel gruppo provvisorio questo per sviluppare una formazione alla collaborazione. C’è un
interesse per le dinamiche manifeste dei fenomeni collettivi.
Freud.
Riflessioni a partire da: Psicologia delle masse e analisi dell’io, Totem e tabù e LeBon con
Psicologia delle folle. Indagine sul fondamento del legame sociale. Le strutture sociali
sono di per sé repressive, si passa dal proc. Primario a quello secondario per operazioni di
rimozione. L’esempio portato da Freud è la famiglia come gruppo primario.
Psicologia delle masse e analisi dell’io è il primo tentativo di psicoanalisi dei rapporti di
gruppo e si pone 2 obiettivi: dimostrare quali sono le forze che generano comportamenti
particolari e dimostrare che le teorie psicoanalitiche possono spiegare qualsiasi fenomeno.
Per Freud a differenza di Le Bon, il ruolo del capo è fondamentale.
Primo. Bisogna distinguere tra masse eterogenee (di breve durata e con obiettivi transitori)
e masse stabili (omogenee e istituzionalizzate) che Freud descrive come
“individualizzazione della massa”. Freud usa il concetto di libido (energia delle pulsioni)
per spiegare che la massa è tenuta insieme da una grande forza e che il singolo si fa
contagiare dagli altri per il bisogno di essere in armonia con essi e di appartenere al
“collettivo”.
Distinzione tra masse con capo e masse senza capo (Chiesa ed Esercito come masse
artificiali). In entrambe il legame è doppio: con il capo e con i compagni. Il panico (paura
dello scioglimento dei legami) è l’evidenza di questi legami.
Secondo. Bisogna distinguere i tipi di pulsione e di legame presente nei gruppi in quanto la
meta sessuale non è diretta ma deviata e perché il legame con l’oggetto è doppio
(identificazione e sostituzione dell’ideale dell’Io con un oggetto esterno).
1. l’identificazione origina dall’esistenza di un affetto comune e condiviso: il comune
amore per il capo.
2. la sostituzione dell’ideale dell’Io con un oggetto esterno è il legame + forte in un
gruppo poiché è quello che lega i membri al capo ma non viceversa. Il legame è
visibile con l’innamoramento e l’ipnosi.
 L’individuo nel gruppo stabilisce potenti legami che portano a una regressione verso
modalità di relazione oggettuale primitiva. L’individuo nella massa vive esperienze che
ha già sperimentato nell’infanzia.
 Momento fondamentale è quando viene distinta nella vita del gruppo la dimensione
organizzativa da quella istituzionale collusiva.
Organizzazione = realtà manifesta del gruppo con i suoi obiettivi, i suoi ruoli istituzionali.
Istituzione = circolazione e scambio pulsionale inconscio ed emozionale condiviso, che
orienta l’agire dell’individuo.
 Per Freud l’individuo trova nella folla il modo di esprimere, rivivendole, modalità di
relazione antiche.
Bion
Riferimento al testo Esperienze nei gruppi.
Egli considera l’uomo un animale sociale che solo nell’esperienza collettiva può esprimere
le sue potenzialità anche se contraddittoriamente sperimenta frustrazione. L’individuo nel
gruppo sperimenta 2 tipi di attività e stati mentali distinti:
 Uno stato cosciente e razionale correlato al conseguimento di traguardi manifesti che si
fonda sulla cooperazione volontaria in vista di un risultato. E’ motivante sia per
l’individuo che per il gruppo (GL).
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 Uno stato inconscio pulsionale (collusivo) (GB)
L’oscillazione tra questi 2 stati mentali dà origine alla cultura del gruppo definita come il
tentativo di mediazione non cosciente, tra gruppo (realtà autonoma) e individuo.
Una persona entra nel gruppo per raggiungere scopi personali, ma quando è dentro è
coinvolto in un’esperienza emozionale solo in parte conscia fatta di emozioni strutturate
come se ci fossero delle concezioni comuni presupposte circa i motivi per i quali il
gruppo si sarebbe riunito = assunti di base. Questi sono di 3 tipi e l’attività mentale
che li accompagna è detto “gruppo di base”.
1. gruppo di base dipendenza: il gruppo è riunito per ricevere nutrimento spirituale e
protezione materiale da un capo superiore
2. accoppiamento: l’unità del gruppo è fondata sulla speranza messianica che
dall’accoppiamento sessuale dei suoi membri possa nascere qualcosa o qualcuno
che salverà il gruppo dalla miseria terrena
3. attacco – fuga: il gruppo si costituisce per difendersi o per aggredire qualcuno o
qualcosa da cui si sente minacciato.
Il fatto di condividere questi assunti di base e agire in conformità ad essi è un atto
spontaneo che lega gli individui accomunandoli => da cui il concetto di “valenza”: la
disposizione dell’individuo a entrare in combinazione col gruppo nel determinare gli
assunti di base e nell’agire secondo essi, se l’attitudine è forte la valenza è alta, se
modesta, bassa.
Quando un assunto di base è operante gli altri restano sullo sfondo inattivi (stato protomentale). Nella mentalità di gruppo dominata dagli assunti di base non esiste né il concetto
di tempo né quello di sviluppo.
Collusione: simbolizzazione affettiva della relazione volta a ripetere quel controllo e
quella elaborazione degli affetti che sono stati efficaci nell’esperienza passata e che
sono riproposte in gruppo al fine di ripristinare la sicurezza già sperimentata.
Gruppo: prodotto della mente, realtà psicologica distinta con identità e volontà
autonome, processo di pensiero che oscilla tra contenuti mentali arcaici e meno
arcaici. Gli assunti di base vengono a configurarsi come meccanismi di difesa dall’ansia
originata dal mettersi insieme con altri per raggiungere obiettivi comuni. Gli assunti però
privano la persona della sua individualità proteggendolo dall’incertezza di esporsi in prima
persona.
Jaques
Ogni organizzazione può essere letta a diversi livelli di realtà. I sistemi sociali, le
istituzioni, si compongono di 3 livelli, 3 istanze che istituiscono le organizzazioni reali e
sono:
 liv. Individuale: + impo. Perché coordina gli altri 2, la persona reale fa realmente
funzionare l’istituzione attraverso meccanismi culturali.
 liv. Culturale: convenzioni, regole, tabù che governano i rapporti tra i membri della
società
 liv. Strutturale: insieme dei ruoli e delle posizioni che possono essere ricoperti
dalle persone.
I sistemi sociali hanno la funzione di difendere l’individuo dall’ansia psicotica. Il
riferimento è alla Klein. Il bambino vive nel primo anno di vita 2 fasi psicologiche
distinte:
 posizione schizo-paranoide (dalla nascita al 4° mese), predomina l’ansia
persecutoria, il neonato è completamente dipendente dalla madre per la sua
sopravvivenza, madre che si costituisce come oggetto buono su cui riversare
impulsi buoni (libido), oppure come oggetto cattivo sul quale orientare impulsi
distruttivi. Predominano ambivalenza e incertezza che sono fonte d’angoscia. Per
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superare tutto ciò, il neonato si pone con dei meccanismi di difesa: l’introiezione,
la proiezione e la scissione.
 Posizione depressiva (dal 4° mese al 1° anno di vita). Prevale l’ansia depressiva,
il bimbo teme che i suoi impulsi distruttivi possano annientare l’oggetto d’amore
(madre). Questo provoca angoscia e timore di restare solo. Abbondano i sensi di
colpa.
La Klein non si riferisce a fasi evolutive, ma a stati mentali che il bambino
sperimenta e che in quanto stati della mente, non supera una volta per tutte,
potendoli ritrovare nei momenti successivi e diversi dell’esistenza.
Nel corso dello sviluppo queste 2 fasi vengono superate gradualmente perché si affina la
capacità dell’individuo di porsi in modo + obiettivo di fronte alla realtà.
Jaques sviluppa le tesi della Klein rapportandole alla vita adulta affermando che le 2 fasi
sono presenti con intensità variabile in tutta la nostra esistenza. Tutti i vari processi
avvengono in modo non cosciente ed è fondamentale la dimensione collettiva.
Jaques introduce il metodo socio-analitico che interviene sulle organizzazioni e nel quale
è importante il ruolo attivo dei membri del gruppo interessato, in un processo di ricerca di
senso delle procedure psicologiche che ne caratterizzano lo sviluppo e l’esistenza.
Gruppo: funzione di difesa dall’ansia (paranoie e depressiva), l’individuo ne entra a
far parte per attenuare l’ansia. Ogni gruppo è una realtà a sé stante quindi non si può
trovare a priori un modello di sviluppo e cambiamento né regole di intervento nelle
organizzazioni che siano universali.
Limiti: visione troppo efficientista. Inoltre non mira a cambiamenti organizzativi che
interessino gli obiettivi e la struttura gerarchica, ma ad adattamenti psicologici dei membri
dell’istituzione.
Il gruppo si delinea come prodotto di attività mentale dei suoi membri e come processo
mentale interindividuale.
Anzieu
Anni 60/70. Più vicino alle idee di Freud che della Klein. Per lui la dinamica pulsionale è
fondamento dell’interazione sociale ad ogni livello, mentre la relazione con gli altri ne
costituisce solo un aspetto indiretto, necessario alla scarica delle pulsioni e alla loro
azione.
Ogni realtà gruppale ha una doppia dimensione (come Bion):
 Razionale, cosciente, “tecnica”:
 Inconscia, emozionale, “fantasmatica”
La fantasmatizzazione è un processo necessario alla sanità psichica individuale, poiché
permette la scarica pulsionale ed è attivata dagli incontri tra le persone. Essa è presente in
ognuno di noi e il gruppo è l’ambiente privilegiato per la sua azione.
Anzieu elabora una teoria organizzativa dei gruppi dove organizzatore fondamentale è il
fantasma e che segue passaggi dialettici consequenziali di strutturazione progressiva.
3 organizzatori:
1. fantasma individuale: risulta dallo scontro tra tutti i fantasmi in lotta per la
supremazia
2. imago: rappresentazione di persone che costituisce un nucleo di istanze psichiche
regolatrici dell’Io. L’imago è universale e garantisce salda unità al gruppo
3. fantasmi originari: fantasmi comuni a tutte le persone che si riferiscono a: origini
dell’individuo, origini della differenza tra i sessi, origini della sessualità.
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CAPITOLO 5
Modelli di analisi della realtà come “gruppo sociale”:
 Teoria di campo e OD: interpretazione dei fenomeni sociali fondata su razionalità,
consenso
 Orientamento psicoanalitico: irrazionalità, regressione, resistenza al cambiamento.
La ricerca sui gruppi deve evitare la scissione tra “teorie e tecniche” tra sapere e azione.
Ricerca in Italia con Gemelli e Spaltro (1961). Interesse legato allo studio e alla
sperimentazione del gruppo e delle sue dinamiche, ai problemi di conduzione dei gruppi e
come il suo sviluppo si muova dialetticamente in relazione agli orientamenti teorici
proposti. Il gruppo può quindi essere visto come insieme di fenomeni generali che
possono spiegare la realtà, ma anche come strumento di analisi sperimentale e di
intervento che può condurre al mutamento sociale. Questo perché si presume che la
fenomenologia psicosociale rilevata nell’ambito del gruppo sia generalizzabile, e che
l’apprendimento dei singoli nell’esperienza del gruppo provochi una modificazione degli
atteggiamenti e nei modi di relazione.
Carli propone di passare da un livello di analisi psicologica del gruppo inteso come entità
esplicativa dei fenomeni sociali, a livello di analisi dell’organizzazione della quale i
fenomeni di gruppo fanno parte. Il gruppo è una modalità di funzionamento della
relazione sociale, è explicandum, fenomeno originato dai modi in cui viene sperimentata,
pensata e strutturata la relazione sociale. Così si possono coniugare l’approccio psicologico
e sociologico.
Definizione di set: il set non è il gruppo, è una condizione organizzativa entro la quale
si sviluppa un sistema di relazioni sociale che per convenzione si può chiamare
gruppo.
Per Carli il rischio della socioanalisi (Jaques) è quello di tendere a una relazione sociale
depurata dal conflitto mediante un intervento “ortopedico” (modello/scarto dal modello).
L’obiettivo metodologico si configura come la necessità di elaborare un modello originale
di studio della metodologia organizzativa, al quale ricondurre una prassi di analisi ed
intervento che, si rivolga sempre + alle componenti delle organizzazioni sociali, ai gruppi
in esse operanti e alla fenomenologia interattiva.
L’analisi della realtà organizzativa avviene attraverso 2 modelli interpretativi distinti:
 Modello organizzativo: analisi dei fenomeni sociali attraverso gli aspetti
organizzativi, cioè quelle modalità di relazione con la realtà che hanno come
obiettivo la trasformazione della realtà stessa, in vista di scopi condivisi di tipo
sociale. Il processo di trasformazione può essere definito come azione direzionata
da un progetto volta a modificare una dimensione dell’ambiente da uno stato
iniziale A ad uno terminale B. Il processo di trasformazione può essere distinto in
atto di progettazione e azione trasformativa. Entrambe non possono essere
stabilite a priori ma devono essere continuamente ridefinite e verificate.
 Modello istituzionale: correlato con quello organizzativo, è fondato sulla presenza
nell’essere umano del sistema di pensiero inconscio. La relazione sociale è
interpretata in chiave di adattamento e controllo dell’aggressività, basato
sull’istituzione di legami di reciprocità e sul riflesso che questi hanno sulla vita
psichica e sulla simbolizzazione affettiva che ne deriva. Carli ripropone i
meccanismi di difesa della Klein per parlare di “istituzione duale”, nella quale una
componente dipendente stabilisce legami con una componente che può provvedere
alla sua sopravvivenza e al contempo gratificarla, facilitando la fusione pulsionale e
la riunificazione dell’oggetto. Nella fase seguente la reciprocità deve essere
istituita con la relazione che intercorre tra padre e madre, che viene scissa in una
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componente positiva gratificante (legata al principio di piacere/madre) e una
negativa frustrante (principio di realtà/padre), l’istituzione è detta triadica. A
conclusione dello sviluppo pre-genitale la reciprocità viene stabilita con i genitori
ed i fratelli nell’ambito di un rapporto che comprende a un polo la relazione padremadre, a quello opposto la relazione tra i fratelli; l’istituzione è definita tetradica.
I fenomeni sociali possono essere analizzati attraverso questi modelli: organizzativo che è
un modello di scienza delle organizzazioni e quello istituzionale che attiene alle teorie
psicodinamiche e psicosociologiche. Ogni struttura produttiva può raggiungere i suoi scopi
attraverso 2 forme di interazione tra i membri distinte ma connesse: la prima definita
secondo parametri “organizzativi” consente l’azione trasformativa, ed in essa gli individui
stabiliscono legami coscienti fondati su razionalità e consenso; la seconda “istituzionale”
origina legami non coscienti fondati sulla collusione e permette di controllare
l’aggressività all’interno del gruppo tramite la repressione e la disciplina delle pulsioni
mantenendo l’ordine sociale.
La dinamica istituzionale non è regressiva né irrazionale ma è una modalità di adattamento
logica a una situazione non risolvibile altrimenti. Inoltre è vista come dipendente dalla
struttura organizzativa, modellandosi su di essa. Tra aspetti organizzativi ed istituzionali
c’è un equilibrio che integrando dimensione conscia ed inconscia consente l’azione
trasformativa.
Storicamente ci sono state 2 accezioni del termine gruppo:
 Gruppo: insieme dato e immutabile di fenomeni la cui individuazione e
comprensione crea leggi di conoscenza e teorie gruppali;
 Gruppo: strumento d’intervento che in dipendenza delle teorie, può condurre i
membri al miglioramento delle loro relazioni interpersonali e l’organizzazione
a un grado di efficienza migliore.
Queste 2 definizioni si confondono, nel senso che le teorie avvalorano le tecniche e le
tecniche giustificano le teorie. Alla base di quasi tutte le teorie c’è la concezione di gruppo
come dato e invariante indipendentemente dal contesto e dalle persone che ne fanno parte.
Una conclusione potrebbe essere che i gruppi non esistono, gli individui si associano in
vista di obiettivi. In questo modo l’individuo è a contatto con le angosce evocate dalla
relazione sociale e per regressione torna a usare meccanismi arcaici in modo collusivo
insieme agli altri membri per cercare rassicurazione. Costituente essenziale del lavoro
mentale regressivo è la convinzione che il gruppo esiste come realtà diversa dal semplice
aggregato di individui. Si giunge quindi ad avere:
 un gruppo come prodotto dell’attività mentale
 Gruppo come set per consentire l’incontro di individui attorno ad un compito o
obiettivo.
Il gruppo non è statico, ma è un’entità che va continuamente ridefinita.
PARTE SECONDA
CAPITOLO 1
Le organizzazioni hanno 2 scopi: realizzare il compito primario e rafforzare i meccanismi
di difesa individuali. Emozione, cognizione, relazione ed azione sono interconnesse.
Qualsiasi cambiamento organizzativo connesso all’obiettivo o al compito, comporta
cambiamenti per i membri dell’organizzazione circa il loro modo di usarla come
meccanismo di difesa di carattere sociale.
Le teorie del mutamento sono di origine sociologica.
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La nozione di mutamento (o cambiamento sociale) si può datare 1920 coniata per
eliminare ogni analogia biologica rispetto a termini come evoluzione, sviluppo o progresso
sociale. La definizione sociologica è la seguente: “variazione o differenza o alterazione
relativamente ampia e non temporanea, anche se non irreversibile, nelle proprietà,
nello stato, o nella struttura dell’organizzazione sociale di una determinata
società…..”. Ci sono dei punti fondamentali che ricorrono in diverse definizioni simili a
questa:
1. non temporaneità del cambiamento e sua reversibilità
2. il cambiamento è intra e inter sistemico
3. osservazione esterna per notare le differenze tra T e T+1
4. importanza di una base stabile per percepire il cambiamento
Le interpretazioni date alla nozione di mutamento sono state diverse:
1. mutamento come categoria che racchiude ogni variazione, trasformazione delle
società umane o di loro parti
2. formazione o distruzione di gruppi e di società ( si approssima a storia)
3. successione di differenze nel tempo in presenza di una identità persistente. A
questa definizione si riferiscono le teorie del mutamento sociale a cui si riferisce
anche Boudon. Il suo punto di partenza è che ci sono state troppe teorie del
mutamento ma nessuna ha resistito alla prova della realtà nel senso che nulla è
risultato generalizzabile. 2 considerazioni si aprono al recente dibattito
sull’argomento: non si può distinguere la storia dalle teorie del mutamento (le
teorie o sono false e inaccettabili o sono un semplice esercizio di ricostruzione
storica); le teorie sono valide e legittime e con esse si recupera anche il concetto di
evoluzione multilineare.
Si possono individuare 5 tipi di teoria e gli obiettivi che si propongono.
1. teorie che affermano l’esistenza di tendenze generali e irreversibili che è
possibile individuare depurando l’analisi statistica delle variazioni del divenire
storico da tutti gli elementi transitori (tutte le teorie a tappe o stadiali)
2. “leggi condizionali”: subordinano il mutamento al verificarsi di una condizione
necessaria o sufficiente (se A allora B)
3. “leggi strutturali”: la condizione A non è un singolo evento ma un insieme
strutturato di variabili che si presentano contemporaneamente
4. hanno per oggetto la forma del mutamento
5. cause del mutamento
Di fronte alle evidenze portate dalla ricerca, emergono 3 atteggiamenti:
1. negazione: si negano le smentite date dalla realtà
2. scetticismo: si accolgono le smentite ma si dice che la realtà è complessa per
poterla sintetizzare tramite teorie semplificatorie
3. posizione relativista o critica: che Boudon sottoscrive. Rivisitare tutte le teorie
per vedere fino a che punto sono accettabili. L’indagine dovrebbe portare a
queste conclusioni:
a. è azzardato cercare relazioni condizionali aventi valore di legge
b. “
“
trarre conseguenze dinamiche da dati strutturali
c. è infondato cercare le cause del mutamento
d. il mutamento può essere oggetto di indagine scientifica
e. la nozione di teoria del mutamento sociale è accettabile e fondamentale
per le scienze sociali.
Per rivalutare le teorie del mutamento sociale bisogna considerare le sociologie dell’azione
le quali sono accomunate dal condividere il “paradigma dell’azione”, secondo il quale: il
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mutamento sociale diventa interpretabile quale prodotto del complesso intrecciarsi di
azioni individuabili dei singoli e nei gruppi.
Ogni situazione va sempre inserita in un preciso contesto, dal quale dipende ed al quale è
legata indissolubilmente; ogni mutamento può essere spiegato solo disponendo di dati
precisi relativi alle variabili che l’hanno generato, poiché è solo tramite questi che si può
dedurre il significato che i comportamenti assumono per le persone che li attuano. Il
paradigma dell’azione non pretende di spiegare perché i mutamenti avvengano, né di
individuare leggi universali evolutive della società, ma si presenta come un modello
attraverso il quale è possibile precisando di volta in volta le condizioni del fenomeno,
spiegare perché una situazione si è verificata e come si è giunti al mutamento. E’ possibile
analizzare il mutamento sociale con criteri scientifici.
Le teorie o sono scientifiche e quindi falsificabili e relative a casi parziali e locali, o sono
congetturali e si limitano ad avanzare ipotesi, oppure sono formali, cioè modelli non legati
a nessuna realtà specifica. Non è possibile prevedere il mutamento né programmarlo quello
che si può fare è condurre le società verso direzioni di sviluppo prefissate.
CAPITOLO 2
Ceruti. La realtà come gioco. Rivisitazione della teoria dei sistemi.
CAPITOLO 3
Gruppo come strumento di intervento.
Teoria di campo => T-group
OD => Family-group
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