I Encuentro Intermunicipal - centro de documentación del programa

I INCONTRO INTERMUNICIPALE
RETE 10 URB-AL PROGETTO PRACTICAR
6 -10 Giugno 2005
Roma
"Lunedì 6 Giugno 2005"
Si svolge a Roma il primo incontro internazionale del Progetto Practicar:
"Nuove Povertà: vincerle è una questione di metodo". Tra gli ospiti presenti i
partner dei paesi latino-americani e europei e rappresentanti delle ambasciate.
Il saluto del sindaco di Roma, Walter Veltroni, attraverso il dirigente delle
Politiche Economiche e di Sviluppo (Dipartimento XV del Comune di Roma),
Luca Lo Bianco, ricorda la grande rilevanza del problema della nuova povertà.
Insicurezza diffusa, senso del disagio, consapevolezza che in un attimo si può
varcare la soglia della povertà, timore per una condizione di solitudine: questi
sentimenti sono presenti anche nella popolazione di una città come Roma e
sono di difficile lettura, dal momento che sembrano contrastare con i dati
dell’economia romana, tali da presentare trend meno negativi di quelli
nazionali. Il problema della povertà urbana riguarda, dunque, anche contesti
che si pensa essere privilegiati. La paura di rimanere soli è una condizione oggi
sempre più diffusa. Come combatterla? Con strumenti propri della
partecipazione e della concertazione, con programmi di reciproco scambio, con
la solidarietà e la cooperazione. L’assessore alle Politiche Economiche,
Finanziarie e di Bilancio del Comune di Roma, Marco Causi, ricorda come anche
le città e le popolazioni europee imparino molto dai network promossi dal
programma UrbAl, all’insegna dello scambio reciproco e dell’arricchimento
comune. La lotta alla povertà è una lotta ai singoli fenomeni di esclusione
sociale (mancanza di istruzione, carenza di lavoro, non autosufficienza per le
persone anziane, emigrazione interna ed esterna) che non si risolve con un
generico aiuto solidale a chi è ultimo nella società. Sono necessari monitoraggi
locali e interventi diretti, (non risarcitori, dunque, bensì preventivi) - sottolinea
Causi - Solo le istituzioni locali possono farlo, agendo su esperienze diverse:
legami con associazioni non profit, assistenza alle migliaia di anziani non
autosufficienti, interventi di formazione professionale e nel campo dei minori
fragili, delle case, del sostegno alle donne sole con bambini piccoli. Luca Lo
Bianco ricorda che l’obiettivo del dimezzamento della povertà assoluta entro il
2015 va mantenuto, perché ci sono le condizioni per raggiungerlo a patto di far
diventare la povertà da problema sociale a problema politico. Paolo Palazzi
(Università degli Studi di Roma "La Sapienza") ha sottolineato l’importanza di
non far coincidere il concetto di povertà con quello di arretratezza e
sottosviluppo, perchè la povertà è un elemento della modernizzazione,
sinonimo di urbanizzazione. La questione, secondo Palazzi, è il modo in cui si
procede nello sviluppo e nella crescita. E un altro concetto poco utile per
ragionare attorno a questi temi è quello di povertà assoluta o estrema “povertà
secondo me significa differenze, disuguaglianze, discriminazione”, ha aggiunto
Palazzi, “e ciò significa differenze nell’accesso alla salute, alla conoscenza,
all’ambiente, alla giustizia, alla partecipazione democratica, ai diritti civili”.
Palazzi ritiene che sia necessario valutare lo sviluppo economico, sociale e
politico di un paese attraverso la sua capacità di diminuire le disuguaglianze e
trovare criteri per scegliere, nella varietà delle variabili che possono misurare
la povertà, i fattori sui quali operare con più urgenza. Uno dei criteri, secondo
Palazzi, è quello della generalità di un fattore e “il reddito non è il problema più
comune nell’aumento della povertà, ma la disgregazione sociale che va a
coincidere con quella personale”. Pasquale De Muro, docente dell’Università
degli Studi di Roma Tre, ha invece problematizzato il concetto chiave dell’intero
convegno: di che povertà stiamo parlando? Di nuove povertà oppure di nuovi
poveri? L’enfasi - secondo il docente - dovrebbe essere posta, più che
sull’argomento astratto, sui soggetti e sui loro bisogni, nella dimensione in cui
non sono soddisfatti dalle politiche tradizionali. La centralità, dunque, va posta
sulla prospettiva della “privazione”, in modo da scardinare due ottiche limitate,
eppure spesso recepite da organismi istituzionali e non: 1) povertà come
carenza di reddito/consumo (sia per la povertà assoluta, sia per quella
relativa); 2) povertà come bisogni di base insoddisfatti (espressamente per la
povertà assoluta). Più che i beni, bisognerebbe considerare l’analisi più
complessa dei rapporti che le persone hanno con i suddetti beni, sostiene De
Muro. In questo senso le amministrazioni pubbliche sono scarsamente aiutate
nella costruzione di politiche macro-economiche che non facciano aumentare la
povertà, ma che siano attente al concetto di “qualità della vita” e della pratica
democratica. Entrando nel merito dello stato sociale e della lotta alla povertà,
Marco Zupi, vicedirettore del CeSPI e docente di Economia Internazionale ha
ricordato come da sempre emergano differenze significative all’interno dei
sistemi sociali anglosassone ed europeo-contintentale. Dietro queste differenze
abbiamo culture e modi di pensare diversi. La cooperazione allo sviluppo
risente dei diversi paradigmi, tanto che nei paesi nordici questa dimensione è
utilizzata per esportare un’idea di stato sociale. Oltre alle differenze culturali,
anche la volontà politica gioca un ruolo importante nella cooperazione allo
sviluppo. Per quanto riguarda questa dimensione anche l’Unione Europea
mostra di essere carente, dal momento che le politiche promosse guardano
esclusivamente al reddito, invece di prendere in considerazione la
multidimensionalità del problema. La cooperazione allo sviluppo ha risentito di
una disponibilità di risorse dipendente da molteplici fattori (“livelli di
condizionabilità”), parallelamente all’approfondimento del concetto di
“capitale”, considerato non più solo economicamente, ma anche culturalmente,
socialmente e cognitivamente. Allo stesso tempo le contingenze di politica
internazionale hanno subordinato la cooperazione allo sviluppo, limitandone la
portata e gli effetti. Proprio decentrando gli ambiti di azione cooperativa si
incentivano i legami con il territorio e si favoriscono le letture più corrette del
fenomeno della disuguaglianza sociale. "Su 28 milioni di abitanti in Perù c'è il
62 per cento di poveri, il 10 per cento dei peruviani migrano all'estero e sono
comunque persone in parte benestanti, mentre i veri poveri sono quelli che
migrano dalle campagne alle città e ci si riferisce circa al 75 per cento della
popolazione": ecco alcune cifre riportate nell'intervento di Juan Velasquez del
Copei (Coordinamento imprenditori e professionisti peruviani in Italia) dal titolo
“Le Migrazioni come nuovo strumento di lotta alla povertà nei paesi di origine”.
In Perù e in America Latina, dice Velasquez, molto spesso l'identikit del
migrante è quello di una donna, tra 25-45 anni, con un livello di studio elevato
anche universitario che non ha opportunità nel paese d'origine. Le donne sono
anche le protagoniste del flusso di rimesse che permette a molte economie dei
paesi dell'America Latina, come il Perù, di avere risorse che altrimenti non
avrebbero. Noi come Copei vorremmo generare nuove risorse nei nostri
territori, essere un ponte tra i paesi. " La migrazione è conseguenza della
povertà o con le migrazioni generiamo nuove povertà?", secondo Velasquez
sono entrambe le cose visto che in America Latina c'è una distribuzione iniqua
delle ricchezze. "Queste migrazioni di "cervelli" altro non sono che nuove forme
di povertà che partono dallo svilimento delle proprie capacità, e in un secondo
momento, ma non sempre, c'è possibilità di integrazione, ma questo non
elimina i fattori che legano troppo spesso migrazioni ed esclusione sociale", ha
aggiunto Velasquez. L'auspicio di Velasquez è quello di "creare una democrazia
popolare transnazionale che lavori con i governi locali e aumentare la
comunicazione delle reti per sconfiggere le nuove povertà". Donato Di Santo,
presidente di Movimondo, ricorda come l’esclusione sociale rischi di
trasformarsi in esclusione umana. Esperienze locali concrete meritano una
visibilità e una condivisione, in modo da conoscere pratiche di lotta al
fenomeno della povertà urbana. Clara Leonor Ramirez Gomez, del
Dipartimento Amministrativo del Benessere Sociale di Bogotá, ha descritto il
quadro demografico sociale della sua città, da cui emergono gli effetti
disastrosi della crisi economica di fine XX secolo: sono diminuite le spese
statali nell’ambito della salute, dell’avviamento al lavoro, dell’incentivazione al
piccolo commercio e della lotta alla povertà. Allo stesso tempo, l’integrazione
sociale dei quartieri più periferici (i “barrios”) si è inevitabilmente arrestata,
favorendo l’aumento del fenomeno della violenza politica e sociale, tanto che
una delle priorità, per l’amministrazione comunale, è innalzare la bassa età
media della popolazione di sesso maschile, troppo spesso vittima di episodi di
violenza urbana. Sergio Etcheverría, sindaco di San Joaquín, comune limitrofo
a Santiago del Cile, ha descritto le caratteristiche della sua città, di poco
inferiore ai centomila abitanti: le percentuali di persone dotate di telefono
cellulare, connessione a internet e di parabola satellitare non supera,
mediamente, il 30% dell’intera popolazione. Non solo: c’è un 40% di persone
che non ha il telefono fisso e un 15% che non possiede neppure il frigorifero. A
mitigare l’allarmismo di questi indicatori contribuisce la necessità di
contestualizzare da un punto di vista storico: non solo il comune di San
Joaquín ha tuttora la percentuale più bassa di persone indigenti (il 3%), ma
l’intero Cile sta facendo passi da gigante, se si pensa che, all’inizio degli anni
Novanta (una volta riottenuta la democrazia interna), nel paese c’era il 40% di
persone povere. Ciò non toglie che il Cile rappresenti una delle punte dei livelli
di disuguaglianza sociale nel subcontinente sudamericano e che molto sia
ancora da fare, anche nei confronti di quelle persone (i “nuovi poveri”) che non
appaiono nelle statistiche. Maria Valeria Isla de Blum, del Dipartimento del
Benessere Sociale del comune di Buenos Aires, ha descritto le dinamiche
storiche della dimensione della povertà e dell’indigenza in Argentina. Gli
indicatori classici non sono esaustivi per leggere il fenomeno della nuova
povertà. Sono i differenti momenti della vita delle persone che costruiscono o
meno le condizioni di povertà. Mercato del lavoro, condizione giovanile e
struttura delle nuove tipologie familiari sono campi da approfondire per
progettare politiche ad hoc. Ancora dall’Argentina proviene l’esperienza della
città di Pergamino e del suo sindaco, Hector María Gutierrez. La città, a un’ora
di distanza da Rosario, sfiora i centomila abitanti ed è un centro
essenzialmente agricolo. La crisi economica ha causato grandi difficoltà per
gran parte della popolazione: circa il 10% si può ritenere “strutturalmente
povera”, mentre il 20% ha avuto bisogno di un aiuto da parte delle istituzioni.
Non mancano, però, le difficoltà per identificare programmi governativi
incentrati sulla nuova povertà, dovuti anche alla particolarità della struttura
economica locale: salute, educazione, alimentazione e piena occupazione sono
priorità la cui mancanza, a Pergamino, causa situazioni di povertà assoluta più
che di nuova povertà, soprattutto tra i giovani (di ambo i sessi). Secondo
Hector Navarro della Ong argentina Adeso, attiva da più di da più di 15 anni,
non si tratta tanto di "misurare" i nuovi poveri o i fattori che determinano le
nuove povertà, quanto di trovare i metodi adeguati per proporre progetti mirati
nei quali la partecipazione sia effettiva e non ci sia dispendio di denaro
pubblico. Inoltre, ha aggiunto Navarro, c'è un problema di opportunità reali, se
il divario di stipendio tra un ricco e povero è del 32 per cento, e di immaginario
sociale, se una persona che riceve il sussidio di disoccupazione non viene
considerata povera. Lidia Lucia Naim del municipio di San Martin, Argentina, ha
presentato un video nel quale si raccontano le attività svolte in questi anni per
cercare di ridurre la povertà strutturale. Ha esposto le "buone pratiche" che
stanno modificando l'agire sociale e politico: laboratori con corsi e mostre di
prodotti realizzati, progetti contro il traffico di bambini, centri di accoglienza
notturni, consegna di medicinali alle famiglie bisognose attraverso l'utilizzo di
coupon distribuiti dal governo locale. Nella lotta contro la povertà urbana
secondo Naim c'è una forte responsabilità statale e municipale, che spesso non
hanno i mezzi per risolvere questioni che sono molto complesse. Una delle
risposte può essere realizzare e sostenere progetti di formazione per i più
giovani: visto che i nuovi poveri sono una realtà nei nostri paesi, bisogna
pensare al futuro, ha concluso Naim. Noè Hernandez Izquierdo, sindaco di
Alcalde nella provincia di Rioja in Perù, ha raccontato dell'esperienza
partecipativa nel suo territorio. Da diversi anni si cerca di promuovere e
sostenere la democrazia dal basso, attraverso la trasparenza nel governo e
l'accessibilità a seminari, che essendo aperti anche alla popolazione
permettono di capire meglio le reali esigenze e bisogni dei cittadini. "Con le
scarse risolte a nostra disposizione - ha spiegato Izquierdo - abbiamo cercato
di modificare il modo di pensare, per esempio lo sviluppo del mercato interno,
con conseguente crescita dell'economia locale". Izquierdo è convinto che la
democrazia deve essere il mezzo per arrivare alla persona, alla quale spetta il
valore e l'attenzione maggiore. Invece in Bolivia gli indici di povertà sono molto
alti e la popolazione è in aumento: sono due dati che vengono subito
sottolineati nella presentazione di Ruddy Rolando Cuellar Rivero presidente del
Cepad, Ong boliviana. Il 21 per cento della popolazione è indigente, il 34 per
cento circa è considerato povero ed è molto alto il tasso di analfabetismo.
Partecipazione popolare e decentramento sono le linee guida della Ong Cepad,
ha ricordato Cuellar Rivero, anche se le amministrazioni locali sono istituzioni
recenti in Bolivia e spesso anche le risorse internazionali si disperdono.
L'obiettivo per il futuro è quello di concertare maggiormente le attività e l'uso
delle risorse per migliorare i progetti strutturali (accesso all'acqua e alla luce),
ha dichiarato Cuellar Rivero durante la presentazione delle attività,
sottolineando la difficile situazione politica e sociale della Bolivia. Francesca
Zuccari, della Comunità di Sant’Egidio, organizzazione di volontari da anni
impegnata nella lotta alla povertà urbana e presente in più di settanta paesi,
riprende la tematica del collegamento tra politiche nazionali ed esperienze
locali. In Italia il dibattito sulle nuove povertà non ha riguardato solamente i
sistemi di misurazione, ma un oggettivo impoverimento progressivo per larghe
fasce di popolazione. La diminuita capacità di acquisto per le famiglie italiane
merita di essere letta con grande attenzione: la nuova sfida consiste nel
rintracciare i fenomeni di disagio, prima che diventino esempi di povertà
strutturale, dunque irreversibile. Nella mensa di Sant’Egidio di via Dandolo a
Roma si sono presentate, nel 2004, 5.487 persone nuove, con un tasso di
ultracinquantenni pari all’8%, in aumento rispetto al 3,7% dell’anno
precedente. Più in generale, è aumentato il numero di ospiti italiani, rispetto
agli stranieri, tanto che i nuovi poveri di nazionalità italiana frequentano la
mensa più a lungo degli stranieri. Gli italiani, una volta avvicinatisi alla mensa
di Sant’Egidio, difficilmente smettono di frequentarla: la nuova povertà scivola
con grande facilità in uno stato di deprivazione strutturale, se non viene
affrontata in tempo. Nel 2003 i senza fissa dimora per le strade di Roma erano
1.400. Oggi sono circa 1.650. La differenza tra le due cifre rappresenta la
quantità di poveri che non sono più “nuovi”, ormai, ma sono già diventati
“vecchi”. Il dirigente della II U.O. Emergenza sociale del V Dipartimento alle
politiche sociali, Federico Bonadonna, ha ricordato come vivere in strada, oggi,
sia un rischio che coglie, potenzialmente, anche la tipologia di persona che,
fino a pochi anni fa, rappresentava il paradigma della sicurezza economica: il
quarantenne dotato di contratto a tempo indeterminato, persino nella Pubblica
Amministrazione. Perché questa emergenza (che coinvolge anche donne con
figli minori, anziani soli, stranieri non integrati…)? Perché la “società del
rischio”, come i sociologi hanno definito la società contemporanea, non dà
scampo: o si è dentro, o si è fuori. L’assenza di reti sociali, consistenti anche
solo degli “amici del pianerottolo condominiale”, causa una solitudine che si
traduce in mancanza di punti di riferimento e, in definitiva, in una socialità
imperfetta, di cui le politiche comunali non possono non tenere conto. La
giornata seminariale si è conclusa con il liceo classico Giulio Cesare di Roma
(situato nel II municipio) che ha recepito la sfida degli Obiettivi del Millennio
delle Nazioni Unite costruendo un gruppo di lavoro per il progetto “Le scuole di
Roma per il Millennio”: il dimezzamento della povertà entro il 2015 è stato
l’oggetto di un approfondimento che ha dato vita ad un interessante video. Il
filmato mette in risalto le macroscopiche disuguaglianze insite nella società
contemporanea. Un esempio per tutti: il confronto tra i mille euro di stipendio
medio per un giovane ricercatore e gli stratosferici ingaggi di calciatori e
personaggi televisivi.
"7 Giugno 2005"
La giornata di lavori è cominciata con i saluti da parte di Alessandra Testoni,
responsabile del progetto Practicar: viene ricordato il carattere partecipativo
del lavoro, con una divisione in gruppi funzionale all’espressione delle proprie
esperienze di lotta alle nuove forme di povertà. Obiettivo della giornata sarà
una definizione della tematica, ottenuta attraverso uno scambio di opinioni e di
esperienze sulle politiche. I lavori iniziano con una introduzione di Pasquale De
Muro, docente dell’Università degli Studi di Roma Tre. Allo stadio attuale del
progetto Practicar l’obiettivo è problematizzare la tematica, invece che
proporre soluzioni. Suggerire un linguaggio comune, in modo da rendere
leggibili le singole pratiche. Approcci, modi di affrontare il tema, contesti
nazionali: le diversità vengono accentuate quando manca la comunicazione. Lo
sforzo di comunicazione è uno sforzo di de-contestualizzazione e di ricerca di
elementi comuni. Esistono due componenti della povertà, uno assoluto e uno
relativo/contestuale. Essere donna (soprattutto se madre senza marito), essere
una persona anziana, essere marginale rispetto al mercato del lavoro (non solo
disoccupazione, ma anche sottoccupazione e precariato): sono tutti esempi di
fattori che costituiscono un rischio oggettivo di povertà, come emerge dai
diagnostici delle singole città. De Muro ha chiuso il suo intervento comunicando
i primi risultati del suo gruppo di studio, finalizzato alla costruzione di un Indice
di Povertà umana locale per la città di Roma. L’approccio utilizzato vuole
evitare il sovradimensionamento della dimensione economica, non basandosi
esclusivamente sul reddito, ma concentrandosi sul concetto di deprivazione
economica e sulle sue declinazioni. I dati riscontrati segnalano macrodifferenze tra municipi romani, con livelli di povertà (ottenuti dall’incrocio delle
suddette variabili) che arrivano a raddoppiarsi o dimezzarsi. I municipi per i
quali le statistiche segnalano maggiori difficoltà sono (in ordine numerico): il V,
il VI, il VII, l’VIII e il XV. La giornata è poi proseguita con la costruzione del
“Pannello delle città”, affinché la presentazione del proprio contesto socioeconomico avvenga in modo interattivo e “creativo”. La presentazione è
facilitata dallo staff di Progetto Gruppo, Federico Bussi e Andrea Stroppiana. I
gruppi in cui sono state divise le città si sono formati in maniera casuale, in
modo da non avere preclusioni riguardanti geografico o economico (città grandi
vs. città piccole; città sudamericane vs. città europee). Nel primo gruppo ci
sono le città di S. Joaquín, São Paulo, Roma, Aserrí, Prato, Bogotá, Buenos
Aires e la ong Adeso. Nel secondo gruppo: Rioja, Valladolid, San Martín, Vaasa,
Pergamino, Ate, il Municipio Roma XV, il Municipio di Roma VII e la ong di
Cepad. Il “Pannello delle città” si presenta complesso, in ragione dell’estrema
eterogeneità delle città coinvolte e della multidimensionalità del fenomeno. Le
categorie a rischio dipendono da fattori demografici, sociali e culturali. Il
carattere economico delle deprivazioni provate dai nuovi poveri non è l’unico
aspetto da prendere in considerazione. La riduzione del campo delle opzioni di
vita, per il soggetto a rischio marginalità e per la sua famiglia, si traduce in una
serie di rinunce più o meno esplicite, ma comunque definitive. Il migrante, la
donna sola con figli, il giovane che deve trovare il primo impiego e l’adulto che
ha perso la vecchia occupazione sono le vittime di una serie di processi insieme
globali e locali, tali da meritare un approfondimento nei progetti del
programma Urb-Al. Ancora una volta è l’ambito cittadino il tramite migliore tra
la cittadinanza e le aree critiche della vita collettiva, probabilmente in virtù
della massima prossimità con il territorio..
"Mercoledì 8 Giugno 2005"
Il workshop della terza giornata di lavori è cominciato con la sintesi dei gruppi
di lavoro del giorno precedente. Il confronto all'interno dei gruppi è stato
necessario per capire cosa fare in futuro e proporre e discutere quali indicazioni
dare ai soggetti politici, chiamati in primo luogo a rispondere sulla lotta alle
nuove povertà. Tra le tematiche affrontate la situazione di disagio vissuto da
anziani, giovani (disoccupati o sotto-occupati), donne sole con figli, migranti
sia in città che nelle zone rurali. Tra le esigenze maggiori c'è la richiesta di una
casa e maggiore accesso ai servizi per la salute. Nel pomeriggio il comitato
cittadino di Roma per la cooperazione decentrata ha incontrato in Campidoglio i
partner del progetto Practicar nel corso del terzo giorno dedicato ai lavori sulle
tematiche delle nuove povertà. Tra le ong e associazioni del comitato erano
presenti: associazione Mais, Terranuova, Cric, Dokita, Voci della terra,
Legambiente, Architettura senza frontiere e Voci e popoli nel mondo. I
rappresentanti romani e gli ospiti di Practicar si sono scambiati informazioni e
dati relativi alle loro attività. Il comitato romano, al quale aderiscono 126
soggetti associativi ma anche istituzionali, ha ricordato come la propria attivtà,
iniziata circa due anni fa, abbia tra gli obiettivi quello di aprirsi a realtà anche
non prettamente territoriali per arrivare a delle scelte politiche di cooperazione
decentrata che siano il più trasperenti ed efficienti possibili. E’ stato ricordato
che i tavoli o gruppi di lavoro del coordinamento sono quattro: sulla lotta alla
povertà, sviluppo sostenibile, difesa della pace e dell’ambiente, intercultura ed
educazione. L’incontro si è chiuso con il proposito di mantenere una
comunicazione costante in futuro con i rappresentanti dei paesi dell’America
Latina presenti all’iniziativa, nei queli molte ong del comitato romano svolgono
progetti.
"Giovedì 9 Giugno 2005"
Giornata dedicata alle visite tecniche in diverse parti della città di Roma. Si
parte dal VII Municipio, nella sede dei Salesiani, presso il Borgo Ragazzi don
Bosco, dove vengono illustrate le caratteristiche di una cultura nuova,
“l’economia di mercato”, concezione dell’agire economico realmente alternativa
alla logica del profitto. La visita al Col (Centro di Orientamento al Lavoro) di via
delle Fragole, sempre nel VII Municipio, è utile per osservare una sinergia,
presente anche nei quartieri periferici, tra servizi e territorio. La scuola, i
Municipi, l’università, i servizi sociali e sanitari, il terzo settore, gli enti come
Provincia e Regione e le aziende sono attori di una rete integrata promossa dai
diversi Col e funzionale all’orientamento dei giovani nel problematico mondo
del lavoro, oltre che a un’effettiva opera di formazione compatibile agli
interessi e alle attitudini del giovane. L’associazione “Antropos” di Viale
Morandi rappresenta un esempio di come la società civile cerchi di organizzarsi
anche nella aree veramente disagiate, laddove la cittadinanza sembra lasciata
a se stessa. Togliere i ragazzi dalla strada, insegnare loro un’attività o,
quantomeno, sviluppare la propria curiosità sono obiettivi non irraggiungibili,
ma conseguibili con un attento lavoro quotidiano. Nel pomeriggio la visita al
Centro polifunzionale di Corviale e i colloqui con i responsabili del Centro di
formazione professionale hanno mostrato la fattibilità di un’opera di
riqualificazione anche in una delle aree più tristemente note della Capitale.
Dove, però, prima c’era solamente disagio ed emarginazione, ora si sviluppa
un senso di appartenenza territoriale e un aumentato grado di civismo. Un
“miracolo” semplice da verificarsi, laddove effettive prospettive lavorative
(supportate da precisi investimenti delle istituzioni) si uniscano all’entusiasmo
di operatori sociali e di esponenti della società civile che guardano Corviale non
più come un problema, ma come un’opportunità.
"Venerdì 10 Giugno 2005"
Ultimo giorno convegno transmunicipale Practicar. La parte iniziale dell'ultima
giornata è dedicata alla conclusione dell'esposizione delle pratiche di lotta alla
nuova povertà messe in atto da ogni singolo partner. Successivamente
vengono date indicazioni sul lavoro dei prossimi mesi: i forum locali verranno
costruiti attraverso un triplice passaggio. Un primo incontro di profilo
seminariale vedrà coinvolti amministratori e tecnici delle singole municipalità.
Poi verrà scelta, attraverso la consultazione con gli attori locali, un'esperienza
per ogni città, in modo da indicarne problematiche e possibili soluzioni. Il terzo
incontro sarà aperto a tutta la cittadinanza e avrà l'obiettivo di costruire un
cammino condiviso per l'istituzione di pratiche il più possibili "buone".
L'obiettivo di Practicar consiste proprio nel declinare localmente le pratiche
partecipative, senza seguire format prestabiliti, ma favorendo un dialogo con le
molteplici ricchezze dei territori. Dopo i buoni risultati riscontrati nella
settimana di lavori, è stato chiesta da più parti la possibilità di organizzare
anche i primi due incontri secondo le modalità orizzontali del dibattito
finalizzato al consenso. In questo senso, l’obiettivo ultimo dei forum non sarà
uno studio teorico sulle nuove povertà, quanto un know-how condiviso sulla
tematica, con anche l’individuazione di casi specifici per operare in concerto
con le realtà locali. Practicar oltre a realizzare un manuale di pratiche di lotta
alla nuova povertà, secondo le indicazioni della Commissione Europea, può
creare una sensibilità sull’argomento in modo tale da evitare che il nuovo
povero di oggi diventi il povero strutturale di domani.