I INCONTRO INTERMUNICIPALE RETE 10 URB-AL PROGETTO PRACTICAR 6 -10 Giugno 2005 Roma "Lunedì 6 Giugno 2005" Si svolge a Roma il primo incontro internazionale del Progetto Practicar: "Nuove Povertà: vincerle è una questione di metodo". Tra gli ospiti presenti i partner dei paesi latino-americani e europei e rappresentanti delle ambasciate. Il saluto del sindaco di Roma, Walter Veltroni, attraverso il dirigente delle Politiche Economiche e di Sviluppo (Dipartimento XV del Comune di Roma), Luca Lo Bianco, ricorda la grande rilevanza del problema della nuova povertà. Insicurezza diffusa, senso del disagio, consapevolezza che in un attimo si può varcare la soglia della povertà, timore per una condizione di solitudine: questi sentimenti sono presenti anche nella popolazione di una città come Roma e sono di difficile lettura, dal momento che sembrano contrastare con i dati dell’economia romana, tali da presentare trend meno negativi di quelli nazionali. Il problema della povertà urbana riguarda, dunque, anche contesti che si pensa essere privilegiati. La paura di rimanere soli è una condizione oggi sempre più diffusa. Come combatterla? Con strumenti propri della partecipazione e della concertazione, con programmi di reciproco scambio, con la solidarietà e la cooperazione. L’assessore alle Politiche Economiche, Finanziarie e di Bilancio del Comune di Roma, Marco Causi, ricorda come anche le città e le popolazioni europee imparino molto dai network promossi dal programma UrbAl, all’insegna dello scambio reciproco e dell’arricchimento comune. La lotta alla povertà è una lotta ai singoli fenomeni di esclusione sociale (mancanza di istruzione, carenza di lavoro, non autosufficienza per le persone anziane, emigrazione interna ed esterna) che non si risolve con un generico aiuto solidale a chi è ultimo nella società. Sono necessari monitoraggi locali e interventi diretti, (non risarcitori, dunque, bensì preventivi) - sottolinea Causi - Solo le istituzioni locali possono farlo, agendo su esperienze diverse: legami con associazioni non profit, assistenza alle migliaia di anziani non autosufficienti, interventi di formazione professionale e nel campo dei minori fragili, delle case, del sostegno alle donne sole con bambini piccoli. Luca Lo Bianco ricorda che l’obiettivo del dimezzamento della povertà assoluta entro il 2015 va mantenuto, perché ci sono le condizioni per raggiungerlo a patto di far diventare la povertà da problema sociale a problema politico. Paolo Palazzi (Università degli Studi di Roma "La Sapienza") ha sottolineato l’importanza di non far coincidere il concetto di povertà con quello di arretratezza e sottosviluppo, perchè la povertà è un elemento della modernizzazione, sinonimo di urbanizzazione. La questione, secondo Palazzi, è il modo in cui si procede nello sviluppo e nella crescita. E un altro concetto poco utile per ragionare attorno a questi temi è quello di povertà assoluta o estrema “povertà secondo me significa differenze, disuguaglianze, discriminazione”, ha aggiunto Palazzi, “e ciò significa differenze nell’accesso alla salute, alla conoscenza, all’ambiente, alla giustizia, alla partecipazione democratica, ai diritti civili”. Palazzi ritiene che sia necessario valutare lo sviluppo economico, sociale e politico di un paese attraverso la sua capacità di diminuire le disuguaglianze e trovare criteri per scegliere, nella varietà delle variabili che possono misurare la povertà, i fattori sui quali operare con più urgenza. Uno dei criteri, secondo Palazzi, è quello della generalità di un fattore e “il reddito non è il problema più comune nell’aumento della povertà, ma la disgregazione sociale che va a coincidere con quella personale”. Pasquale De Muro, docente dell’Università degli Studi di Roma Tre, ha invece problematizzato il concetto chiave dell’intero convegno: di che povertà stiamo parlando? Di nuove povertà oppure di nuovi poveri? L’enfasi - secondo il docente - dovrebbe essere posta, più che sull’argomento astratto, sui soggetti e sui loro bisogni, nella dimensione in cui non sono soddisfatti dalle politiche tradizionali. La centralità, dunque, va posta sulla prospettiva della “privazione”, in modo da scardinare due ottiche limitate, eppure spesso recepite da organismi istituzionali e non: 1) povertà come carenza di reddito/consumo (sia per la povertà assoluta, sia per quella relativa); 2) povertà come bisogni di base insoddisfatti (espressamente per la povertà assoluta). Più che i beni, bisognerebbe considerare l’analisi più complessa dei rapporti che le persone hanno con i suddetti beni, sostiene De Muro. In questo senso le amministrazioni pubbliche sono scarsamente aiutate nella costruzione di politiche macro-economiche che non facciano aumentare la povertà, ma che siano attente al concetto di “qualità della vita” e della pratica democratica. Entrando nel merito dello stato sociale e della lotta alla povertà, Marco Zupi, vicedirettore del CeSPI e docente di Economia Internazionale ha ricordato come da sempre emergano differenze significative all’interno dei sistemi sociali anglosassone ed europeo-contintentale. Dietro queste differenze abbiamo culture e modi di pensare diversi. La cooperazione allo sviluppo risente dei diversi paradigmi, tanto che nei paesi nordici questa dimensione è utilizzata per esportare un’idea di stato sociale. Oltre alle differenze culturali, anche la volontà politica gioca un ruolo importante nella cooperazione allo sviluppo. Per quanto riguarda questa dimensione anche l’Unione Europea mostra di essere carente, dal momento che le politiche promosse guardano esclusivamente al reddito, invece di prendere in considerazione la multidimensionalità del problema. La cooperazione allo sviluppo ha risentito di una disponibilità di risorse dipendente da molteplici fattori (“livelli di condizionabilità”), parallelamente all’approfondimento del concetto di “capitale”, considerato non più solo economicamente, ma anche culturalmente, socialmente e cognitivamente. Allo stesso tempo le contingenze di politica internazionale hanno subordinato la cooperazione allo sviluppo, limitandone la portata e gli effetti. Proprio decentrando gli ambiti di azione cooperativa si incentivano i legami con il territorio e si favoriscono le letture più corrette del fenomeno della disuguaglianza sociale. "Su 28 milioni di abitanti in Perù c'è il 62 per cento di poveri, il 10 per cento dei peruviani migrano all'estero e sono comunque persone in parte benestanti, mentre i veri poveri sono quelli che migrano dalle campagne alle città e ci si riferisce circa al 75 per cento della popolazione": ecco alcune cifre riportate nell'intervento di Juan Velasquez del Copei (Coordinamento imprenditori e professionisti peruviani in Italia) dal titolo “Le Migrazioni come nuovo strumento di lotta alla povertà nei paesi di origine”. In Perù e in America Latina, dice Velasquez, molto spesso l'identikit del migrante è quello di una donna, tra 25-45 anni, con un livello di studio elevato anche universitario che non ha opportunità nel paese d'origine. Le donne sono anche le protagoniste del flusso di rimesse che permette a molte economie dei paesi dell'America Latina, come il Perù, di avere risorse che altrimenti non avrebbero. Noi come Copei vorremmo generare nuove risorse nei nostri territori, essere un ponte tra i paesi. " La migrazione è conseguenza della povertà o con le migrazioni generiamo nuove povertà?", secondo Velasquez sono entrambe le cose visto che in America Latina c'è una distribuzione iniqua delle ricchezze. "Queste migrazioni di "cervelli" altro non sono che nuove forme di povertà che partono dallo svilimento delle proprie capacità, e in un secondo momento, ma non sempre, c'è possibilità di integrazione, ma questo non elimina i fattori che legano troppo spesso migrazioni ed esclusione sociale", ha aggiunto Velasquez. L'auspicio di Velasquez è quello di "creare una democrazia popolare transnazionale che lavori con i governi locali e aumentare la comunicazione delle reti per sconfiggere le nuove povertà". Donato Di Santo, presidente di Movimondo, ricorda come l’esclusione sociale rischi di trasformarsi in esclusione umana. Esperienze locali concrete meritano una visibilità e una condivisione, in modo da conoscere pratiche di lotta al fenomeno della povertà urbana. Clara Leonor Ramirez Gomez, del Dipartimento Amministrativo del Benessere Sociale di Bogotá, ha descritto il quadro demografico sociale della sua città, da cui emergono gli effetti disastrosi della crisi economica di fine XX secolo: sono diminuite le spese statali nell’ambito della salute, dell’avviamento al lavoro, dell’incentivazione al piccolo commercio e della lotta alla povertà. Allo stesso tempo, l’integrazione sociale dei quartieri più periferici (i “barrios”) si è inevitabilmente arrestata, favorendo l’aumento del fenomeno della violenza politica e sociale, tanto che una delle priorità, per l’amministrazione comunale, è innalzare la bassa età media della popolazione di sesso maschile, troppo spesso vittima di episodi di violenza urbana. Sergio Etcheverría, sindaco di San Joaquín, comune limitrofo a Santiago del Cile, ha descritto le caratteristiche della sua città, di poco inferiore ai centomila abitanti: le percentuali di persone dotate di telefono cellulare, connessione a internet e di parabola satellitare non supera, mediamente, il 30% dell’intera popolazione. Non solo: c’è un 40% di persone che non ha il telefono fisso e un 15% che non possiede neppure il frigorifero. A mitigare l’allarmismo di questi indicatori contribuisce la necessità di contestualizzare da un punto di vista storico: non solo il comune di San Joaquín ha tuttora la percentuale più bassa di persone indigenti (il 3%), ma l’intero Cile sta facendo passi da gigante, se si pensa che, all’inizio degli anni Novanta (una volta riottenuta la democrazia interna), nel paese c’era il 40% di persone povere. Ciò non toglie che il Cile rappresenti una delle punte dei livelli di disuguaglianza sociale nel subcontinente sudamericano e che molto sia ancora da fare, anche nei confronti di quelle persone (i “nuovi poveri”) che non appaiono nelle statistiche. Maria Valeria Isla de Blum, del Dipartimento del Benessere Sociale del comune di Buenos Aires, ha descritto le dinamiche storiche della dimensione della povertà e dell’indigenza in Argentina. Gli indicatori classici non sono esaustivi per leggere il fenomeno della nuova povertà. Sono i differenti momenti della vita delle persone che costruiscono o meno le condizioni di povertà. Mercato del lavoro, condizione giovanile e struttura delle nuove tipologie familiari sono campi da approfondire per progettare politiche ad hoc. Ancora dall’Argentina proviene l’esperienza della città di Pergamino e del suo sindaco, Hector María Gutierrez. La città, a un’ora di distanza da Rosario, sfiora i centomila abitanti ed è un centro essenzialmente agricolo. La crisi economica ha causato grandi difficoltà per gran parte della popolazione: circa il 10% si può ritenere “strutturalmente povera”, mentre il 20% ha avuto bisogno di un aiuto da parte delle istituzioni. Non mancano, però, le difficoltà per identificare programmi governativi incentrati sulla nuova povertà, dovuti anche alla particolarità della struttura economica locale: salute, educazione, alimentazione e piena occupazione sono priorità la cui mancanza, a Pergamino, causa situazioni di povertà assoluta più che di nuova povertà, soprattutto tra i giovani (di ambo i sessi). Secondo Hector Navarro della Ong argentina Adeso, attiva da più di da più di 15 anni, non si tratta tanto di "misurare" i nuovi poveri o i fattori che determinano le nuove povertà, quanto di trovare i metodi adeguati per proporre progetti mirati nei quali la partecipazione sia effettiva e non ci sia dispendio di denaro pubblico. Inoltre, ha aggiunto Navarro, c'è un problema di opportunità reali, se il divario di stipendio tra un ricco e povero è del 32 per cento, e di immaginario sociale, se una persona che riceve il sussidio di disoccupazione non viene considerata povera. Lidia Lucia Naim del municipio di San Martin, Argentina, ha presentato un video nel quale si raccontano le attività svolte in questi anni per cercare di ridurre la povertà strutturale. Ha esposto le "buone pratiche" che stanno modificando l'agire sociale e politico: laboratori con corsi e mostre di prodotti realizzati, progetti contro il traffico di bambini, centri di accoglienza notturni, consegna di medicinali alle famiglie bisognose attraverso l'utilizzo di coupon distribuiti dal governo locale. Nella lotta contro la povertà urbana secondo Naim c'è una forte responsabilità statale e municipale, che spesso non hanno i mezzi per risolvere questioni che sono molto complesse. Una delle risposte può essere realizzare e sostenere progetti di formazione per i più giovani: visto che i nuovi poveri sono una realtà nei nostri paesi, bisogna pensare al futuro, ha concluso Naim. Noè Hernandez Izquierdo, sindaco di Alcalde nella provincia di Rioja in Perù, ha raccontato dell'esperienza partecipativa nel suo territorio. Da diversi anni si cerca di promuovere e sostenere la democrazia dal basso, attraverso la trasparenza nel governo e l'accessibilità a seminari, che essendo aperti anche alla popolazione permettono di capire meglio le reali esigenze e bisogni dei cittadini. "Con le scarse risolte a nostra disposizione - ha spiegato Izquierdo - abbiamo cercato di modificare il modo di pensare, per esempio lo sviluppo del mercato interno, con conseguente crescita dell'economia locale". Izquierdo è convinto che la democrazia deve essere il mezzo per arrivare alla persona, alla quale spetta il valore e l'attenzione maggiore. Invece in Bolivia gli indici di povertà sono molto alti e la popolazione è in aumento: sono due dati che vengono subito sottolineati nella presentazione di Ruddy Rolando Cuellar Rivero presidente del Cepad, Ong boliviana. Il 21 per cento della popolazione è indigente, il 34 per cento circa è considerato povero ed è molto alto il tasso di analfabetismo. Partecipazione popolare e decentramento sono le linee guida della Ong Cepad, ha ricordato Cuellar Rivero, anche se le amministrazioni locali sono istituzioni recenti in Bolivia e spesso anche le risorse internazionali si disperdono. L'obiettivo per il futuro è quello di concertare maggiormente le attività e l'uso delle risorse per migliorare i progetti strutturali (accesso all'acqua e alla luce), ha dichiarato Cuellar Rivero durante la presentazione delle attività, sottolineando la difficile situazione politica e sociale della Bolivia. Francesca Zuccari, della Comunità di Sant’Egidio, organizzazione di volontari da anni impegnata nella lotta alla povertà urbana e presente in più di settanta paesi, riprende la tematica del collegamento tra politiche nazionali ed esperienze locali. In Italia il dibattito sulle nuove povertà non ha riguardato solamente i sistemi di misurazione, ma un oggettivo impoverimento progressivo per larghe fasce di popolazione. La diminuita capacità di acquisto per le famiglie italiane merita di essere letta con grande attenzione: la nuova sfida consiste nel rintracciare i fenomeni di disagio, prima che diventino esempi di povertà strutturale, dunque irreversibile. Nella mensa di Sant’Egidio di via Dandolo a Roma si sono presentate, nel 2004, 5.487 persone nuove, con un tasso di ultracinquantenni pari all’8%, in aumento rispetto al 3,7% dell’anno precedente. Più in generale, è aumentato il numero di ospiti italiani, rispetto agli stranieri, tanto che i nuovi poveri di nazionalità italiana frequentano la mensa più a lungo degli stranieri. Gli italiani, una volta avvicinatisi alla mensa di Sant’Egidio, difficilmente smettono di frequentarla: la nuova povertà scivola con grande facilità in uno stato di deprivazione strutturale, se non viene affrontata in tempo. Nel 2003 i senza fissa dimora per le strade di Roma erano 1.400. Oggi sono circa 1.650. La differenza tra le due cifre rappresenta la quantità di poveri che non sono più “nuovi”, ormai, ma sono già diventati “vecchi”. Il dirigente della II U.O. Emergenza sociale del V Dipartimento alle politiche sociali, Federico Bonadonna, ha ricordato come vivere in strada, oggi, sia un rischio che coglie, potenzialmente, anche la tipologia di persona che, fino a pochi anni fa, rappresentava il paradigma della sicurezza economica: il quarantenne dotato di contratto a tempo indeterminato, persino nella Pubblica Amministrazione. Perché questa emergenza (che coinvolge anche donne con figli minori, anziani soli, stranieri non integrati…)? Perché la “società del rischio”, come i sociologi hanno definito la società contemporanea, non dà scampo: o si è dentro, o si è fuori. L’assenza di reti sociali, consistenti anche solo degli “amici del pianerottolo condominiale”, causa una solitudine che si traduce in mancanza di punti di riferimento e, in definitiva, in una socialità imperfetta, di cui le politiche comunali non possono non tenere conto. La giornata seminariale si è conclusa con il liceo classico Giulio Cesare di Roma (situato nel II municipio) che ha recepito la sfida degli Obiettivi del Millennio delle Nazioni Unite costruendo un gruppo di lavoro per il progetto “Le scuole di Roma per il Millennio”: il dimezzamento della povertà entro il 2015 è stato l’oggetto di un approfondimento che ha dato vita ad un interessante video. Il filmato mette in risalto le macroscopiche disuguaglianze insite nella società contemporanea. Un esempio per tutti: il confronto tra i mille euro di stipendio medio per un giovane ricercatore e gli stratosferici ingaggi di calciatori e personaggi televisivi. "7 Giugno 2005" La giornata di lavori è cominciata con i saluti da parte di Alessandra Testoni, responsabile del progetto Practicar: viene ricordato il carattere partecipativo del lavoro, con una divisione in gruppi funzionale all’espressione delle proprie esperienze di lotta alle nuove forme di povertà. Obiettivo della giornata sarà una definizione della tematica, ottenuta attraverso uno scambio di opinioni e di esperienze sulle politiche. I lavori iniziano con una introduzione di Pasquale De Muro, docente dell’Università degli Studi di Roma Tre. Allo stadio attuale del progetto Practicar l’obiettivo è problematizzare la tematica, invece che proporre soluzioni. Suggerire un linguaggio comune, in modo da rendere leggibili le singole pratiche. Approcci, modi di affrontare il tema, contesti nazionali: le diversità vengono accentuate quando manca la comunicazione. Lo sforzo di comunicazione è uno sforzo di de-contestualizzazione e di ricerca di elementi comuni. Esistono due componenti della povertà, uno assoluto e uno relativo/contestuale. Essere donna (soprattutto se madre senza marito), essere una persona anziana, essere marginale rispetto al mercato del lavoro (non solo disoccupazione, ma anche sottoccupazione e precariato): sono tutti esempi di fattori che costituiscono un rischio oggettivo di povertà, come emerge dai diagnostici delle singole città. De Muro ha chiuso il suo intervento comunicando i primi risultati del suo gruppo di studio, finalizzato alla costruzione di un Indice di Povertà umana locale per la città di Roma. L’approccio utilizzato vuole evitare il sovradimensionamento della dimensione economica, non basandosi esclusivamente sul reddito, ma concentrandosi sul concetto di deprivazione economica e sulle sue declinazioni. I dati riscontrati segnalano macrodifferenze tra municipi romani, con livelli di povertà (ottenuti dall’incrocio delle suddette variabili) che arrivano a raddoppiarsi o dimezzarsi. I municipi per i quali le statistiche segnalano maggiori difficoltà sono (in ordine numerico): il V, il VI, il VII, l’VIII e il XV. La giornata è poi proseguita con la costruzione del “Pannello delle città”, affinché la presentazione del proprio contesto socioeconomico avvenga in modo interattivo e “creativo”. La presentazione è facilitata dallo staff di Progetto Gruppo, Federico Bussi e Andrea Stroppiana. I gruppi in cui sono state divise le città si sono formati in maniera casuale, in modo da non avere preclusioni riguardanti geografico o economico (città grandi vs. città piccole; città sudamericane vs. città europee). Nel primo gruppo ci sono le città di S. Joaquín, São Paulo, Roma, Aserrí, Prato, Bogotá, Buenos Aires e la ong Adeso. Nel secondo gruppo: Rioja, Valladolid, San Martín, Vaasa, Pergamino, Ate, il Municipio Roma XV, il Municipio di Roma VII e la ong di Cepad. Il “Pannello delle città” si presenta complesso, in ragione dell’estrema eterogeneità delle città coinvolte e della multidimensionalità del fenomeno. Le categorie a rischio dipendono da fattori demografici, sociali e culturali. Il carattere economico delle deprivazioni provate dai nuovi poveri non è l’unico aspetto da prendere in considerazione. La riduzione del campo delle opzioni di vita, per il soggetto a rischio marginalità e per la sua famiglia, si traduce in una serie di rinunce più o meno esplicite, ma comunque definitive. Il migrante, la donna sola con figli, il giovane che deve trovare il primo impiego e l’adulto che ha perso la vecchia occupazione sono le vittime di una serie di processi insieme globali e locali, tali da meritare un approfondimento nei progetti del programma Urb-Al. Ancora una volta è l’ambito cittadino il tramite migliore tra la cittadinanza e le aree critiche della vita collettiva, probabilmente in virtù della massima prossimità con il territorio.. "Mercoledì 8 Giugno 2005" Il workshop della terza giornata di lavori è cominciato con la sintesi dei gruppi di lavoro del giorno precedente. Il confronto all'interno dei gruppi è stato necessario per capire cosa fare in futuro e proporre e discutere quali indicazioni dare ai soggetti politici, chiamati in primo luogo a rispondere sulla lotta alle nuove povertà. Tra le tematiche affrontate la situazione di disagio vissuto da anziani, giovani (disoccupati o sotto-occupati), donne sole con figli, migranti sia in città che nelle zone rurali. Tra le esigenze maggiori c'è la richiesta di una casa e maggiore accesso ai servizi per la salute. Nel pomeriggio il comitato cittadino di Roma per la cooperazione decentrata ha incontrato in Campidoglio i partner del progetto Practicar nel corso del terzo giorno dedicato ai lavori sulle tematiche delle nuove povertà. Tra le ong e associazioni del comitato erano presenti: associazione Mais, Terranuova, Cric, Dokita, Voci della terra, Legambiente, Architettura senza frontiere e Voci e popoli nel mondo. I rappresentanti romani e gli ospiti di Practicar si sono scambiati informazioni e dati relativi alle loro attività. Il comitato romano, al quale aderiscono 126 soggetti associativi ma anche istituzionali, ha ricordato come la propria attivtà, iniziata circa due anni fa, abbia tra gli obiettivi quello di aprirsi a realtà anche non prettamente territoriali per arrivare a delle scelte politiche di cooperazione decentrata che siano il più trasperenti ed efficienti possibili. E’ stato ricordato che i tavoli o gruppi di lavoro del coordinamento sono quattro: sulla lotta alla povertà, sviluppo sostenibile, difesa della pace e dell’ambiente, intercultura ed educazione. L’incontro si è chiuso con il proposito di mantenere una comunicazione costante in futuro con i rappresentanti dei paesi dell’America Latina presenti all’iniziativa, nei queli molte ong del comitato romano svolgono progetti. "Giovedì 9 Giugno 2005" Giornata dedicata alle visite tecniche in diverse parti della città di Roma. Si parte dal VII Municipio, nella sede dei Salesiani, presso il Borgo Ragazzi don Bosco, dove vengono illustrate le caratteristiche di una cultura nuova, “l’economia di mercato”, concezione dell’agire economico realmente alternativa alla logica del profitto. La visita al Col (Centro di Orientamento al Lavoro) di via delle Fragole, sempre nel VII Municipio, è utile per osservare una sinergia, presente anche nei quartieri periferici, tra servizi e territorio. La scuola, i Municipi, l’università, i servizi sociali e sanitari, il terzo settore, gli enti come Provincia e Regione e le aziende sono attori di una rete integrata promossa dai diversi Col e funzionale all’orientamento dei giovani nel problematico mondo del lavoro, oltre che a un’effettiva opera di formazione compatibile agli interessi e alle attitudini del giovane. L’associazione “Antropos” di Viale Morandi rappresenta un esempio di come la società civile cerchi di organizzarsi anche nella aree veramente disagiate, laddove la cittadinanza sembra lasciata a se stessa. Togliere i ragazzi dalla strada, insegnare loro un’attività o, quantomeno, sviluppare la propria curiosità sono obiettivi non irraggiungibili, ma conseguibili con un attento lavoro quotidiano. Nel pomeriggio la visita al Centro polifunzionale di Corviale e i colloqui con i responsabili del Centro di formazione professionale hanno mostrato la fattibilità di un’opera di riqualificazione anche in una delle aree più tristemente note della Capitale. Dove, però, prima c’era solamente disagio ed emarginazione, ora si sviluppa un senso di appartenenza territoriale e un aumentato grado di civismo. Un “miracolo” semplice da verificarsi, laddove effettive prospettive lavorative (supportate da precisi investimenti delle istituzioni) si uniscano all’entusiasmo di operatori sociali e di esponenti della società civile che guardano Corviale non più come un problema, ma come un’opportunità. "Venerdì 10 Giugno 2005" Ultimo giorno convegno transmunicipale Practicar. La parte iniziale dell'ultima giornata è dedicata alla conclusione dell'esposizione delle pratiche di lotta alla nuova povertà messe in atto da ogni singolo partner. Successivamente vengono date indicazioni sul lavoro dei prossimi mesi: i forum locali verranno costruiti attraverso un triplice passaggio. Un primo incontro di profilo seminariale vedrà coinvolti amministratori e tecnici delle singole municipalità. Poi verrà scelta, attraverso la consultazione con gli attori locali, un'esperienza per ogni città, in modo da indicarne problematiche e possibili soluzioni. Il terzo incontro sarà aperto a tutta la cittadinanza e avrà l'obiettivo di costruire un cammino condiviso per l'istituzione di pratiche il più possibili "buone". L'obiettivo di Practicar consiste proprio nel declinare localmente le pratiche partecipative, senza seguire format prestabiliti, ma favorendo un dialogo con le molteplici ricchezze dei territori. Dopo i buoni risultati riscontrati nella settimana di lavori, è stato chiesta da più parti la possibilità di organizzare anche i primi due incontri secondo le modalità orizzontali del dibattito finalizzato al consenso. In questo senso, l’obiettivo ultimo dei forum non sarà uno studio teorico sulle nuove povertà, quanto un know-how condiviso sulla tematica, con anche l’individuazione di casi specifici per operare in concerto con le realtà locali. Practicar oltre a realizzare un manuale di pratiche di lotta alla nuova povertà, secondo le indicazioni della Commissione Europea, può creare una sensibilità sull’argomento in modo tale da evitare che il nuovo povero di oggi diventi il povero strutturale di domani.