Era sera quando l’amore improbabile bussò al cuore dell’uomo. Non chiese permesso e non attese risposta, arrivò e disse: “Sono qui”. L’uomo aveva molti amori probabili: uno per le giornate di sole e uno per le giornate di pioggia, uno al telefono e uno al video, uno per la mattina e uno per la notte. Aveva un amore avvolto da lenzuola di seta e un altro custodito tra le righe di una lettera. Ne teneva uno per le bottiglie di vino bianco ed un altro per il vino rosso, uno per i pranzi veloci, l’altro per le lunghe cene estive, alla luce di profumate candele. Era un uomo che amava moltissimo. Amava la gente per la strada e la solitudine delle notti di luna piena, quando il cuore scoppia di universo, l’odore fresco della neve, il vento sul viso e la sabbia finissima dei deserti, il nettare dei fichi e l’aspro sapore del pompelmo, il rosso intenso dei pomodori e il caldo marrone delle castagne. Si alzava presto la mattina e andava a dormire tardi, per riuscire ad amare tutti i suoi amori, ma alla fine della giornata era così felice da addormentarsi sorridendo, sognando di amare ancora. Se invece lo tormentava il pensiero di qualche amore non amato, lo coglieva un leggero senso di ansia, cui non riusciva a dare un nome, che si dissolveva poco per volta in un sonno senza sogni. Quando l’amore improbabile arrivò, l’uomo aveva amato tutti i suoi amori probabili e se ne stava seduto al tavolo di un caffè davanti ad un calice di vino del colore dell’ambra, che gli ricordava una pelle che aveva accarezzato. Si stava chiedendo come potevano, nella stessa aria che respirava, trovare posto la freschezza pungente delle sere invernali ed il senso di attesa che annuncia le serate estive. L’amore improbabile si avvicino, lo prese per mano e disse: “Sono qui”. Un calore improvvisò gli attraversò il braccio e subito giunse al suo cuore. L’uomo non aspettava nessun amore improbabile ed è questa la ragione per cui non si preoccupò e andò a dormire immaginando che quel calore evaporasse nella notte. Le cose non andarono così perché il sonno non arrivò e quelle parole risuonarono a lungo nel buio della sua stanza. Il calore avvolgeva il suo cuore mentre il corpo era percorso da brividi irrefrenabili. Una sensazione piacevole e inquietante al tempo stesso, mista di attesa e di consapevolezza. Ripensò a momenti vissuti con grande intensità per cercare di ricordare qualche cosa di simile. Niente. Quando riaprì gli occhi l’amore improbabile era lì e gli disse: “Sono qui”. Accadde così per molti giorni e molte notti, tanto che l’uomo pensò di essere veramente in attesa di quell’amore improbabile. Poi l’amore improbabile gli disse: “Io per te, tu per me” e lui si chiese se l’amore improbabile dovesse valere tanto da rinunciare ai suoi tanti amori probabili. Il dubbio lo assalì e non lo abbandonò più. Poi, una sera, alzando il calice, disse: “Brindiamo all’amore” e l’amore improbabile lo corresse: “Al nostro grande amore”. Lui insistette: “A tutti gli amori”. L’amore improbabile lo guardò fisso negli occhi e disse: “Ti amo”. L’uomo rispose: “Io amo l’amore”. Allora l’amore improbabile capì, posò il calice, si alzò e disse “Addio”. In quel momento, per la prima volta nella sua vita, l’uomo non si sentì libero, si sentì solo. In un attimo rivide se stesso con tutti i suoi amori: vestito, nudo, in piedi, seduto, sdraiato, fuori, sorridente, arrabbiato, stanco, felice, eccitato, addormentato. Vide i cieli di pioggia dell’autunno e il vento di sole dell’estate, le notti trascorse a fermare il tempo prima della nuova luce, sentì risuonare nella sua testa parole, risate, domande, sussurri e promesse. Tutto l’assolutamente indispensabile gli sembrò inutile senza il suo amore improbabile. Allora prese in mano il calice su cui l’amore improbabile aveva appoggiato le labbra, lo strinse forte e lo avvicinò alla fronte, chiuse gli occhi e ripeté infinite volte, come una preghiera, con ogni angolo della sua mente, del suo cuore, del suo corpo: “Ti amo anch’io, torna qui con me”.