Nota sulla proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del

Nota sulla proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio
A cura di Angelo Marinelli
La Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio, relativa alle attività degli Enti
pensionistici per lavoratori autonomie subordinati si prefige lo scopo di disciplinare l’accesso
alle prestazioni previdenziali erogate dagli enti pensionistici aziendali e professionali (d’ora in
poi EPAP). La Direttiva sembra muoversi dunque verso l’obiettivo di assicurare un mercato
unico dei sistemi finanziari e di investimento a livello di Unione e si rivolge ai soli enti che
attuano il regime delle prestazioni pensionistiche a “capitalizzazione”.
Tali enti devono essere distinti dalle aziende promotrici o dalle associazioni di categoria che
hanno dato vita alla forma di previdenza medesima.
In Italia, a seguito dell’armonizzazione dei piani pensionistici individuali e collettivi, attuata
attraverso il d. lgs 124/93, così come di recente modificato dal d. lgs 47/2000, l’area di
applicazione della Direttiva si estende a tutti i Fondi di previdenza complementari destinati ai
lavoratori subordinati ed autonomi.
La direttiva impone agli Stati membri le condizioni minime di garanzia per gli aderenti,
relativamente all’attività degli enti (art. 7), alle modalità richieste per l’esercizio di tale
attività (art. 9 – registrazione, requisiti di onorabilità e di professionalità delle persone che
gestiscono il fondo) e ai diritti di informazione a tutela degli aderenti (art. 9 – condizioni del
regime pensionistico, art 10 – conti annuali e relazione sulla gestione annuale, art. 11 –
pubblicità dei principi relativi alla politica di investimento).
Gli Stati membri devono inoltre prevedere nelle loro normative di riferimento le modalità
informative idonee ad una efficace attività prudenziale delle autorità preposte alla vigilanza e
al controllo (art. 13).
Particolarmente importanti sono i poteri d’intervento di cui l’autorità preposta deve essere
dotata per limitare o vietare la disponibilità delle attività dell’ente nei casi di riserve tecniche
insufficienti a garantire le prestazioni previdenziali maturate dai beneficiari..
Proprio alla costituzione di riserve tecniche congrue ed efficaci e alla loro copertura, sono
dedicati gli articoli 15 e 16 mentre l’art. 17 prevede la costituzione di appositi Fondi di
garanzia (Fondi propri obbligatori) nei casi in cui gli enti pensionistici assumano direttamente
l’onere della copertura dei rischi biometrici, la garanzia del rendimento degli investimenti o un
livello di prestazioni predefinito.
Gli Stati membri devono consentire agli enti pensionistici di investire fino al 70% delle
attività a copertura delle riserve tecniche o del portafogli complessivo, in azioni e obbligazioni
di società nonché di detenere moneta non congrua per un importo pari ad almeno il 30% delle
riserve tecniche.
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Per quanto riguarda l’attività di investimento, in fase di accumulazione, dei fondi, l’art. 18
prevede limiti qualitativi (sicurezza, qualità, liquidità, redditività del portafogli) e quantitativi
(massima percentuale del portafogli investibile nell’impresa promotrice 5%).
L’art. 19 prevede inoltre la libertà, per gli enti pensionistici, di scegliere gestori finanziari e
banca depositaria anche fra soggetti stabiliti in altri stati membri e debitamente autorizzati
all’esercizio di tali attività.
All’attività transfrontaliera è infine dedicato l’art. 20 nel quale si stabilisce che gli Stati
membri devono espressamente consentire alle imprese aventi sede nel loro territorio di
promuovere enti pensionistici aventi sede in altri Stati membri e agli enti stessi di accettare,
come promotori, imprese aventi sede in altri Stati membri.
Nulla viene invece detto riguardo ad una necessità di un opportuno coordinamento fiscale. Il
problema della doppia imposizione non viene dunque risolto dalla Direttiva.
A tale scopo viene previsto un adeguato sistema di informazione soprattutto teso a garantire
il rispetto delle disposizioni previdenziali vigenti nello Stato ospitante.
Forti perplessità rimangono tuttavia riguardo all’interpretazione dell’art. 20 relativo
all’affiliazione transfrontaliera. L’obiettivo di consentire, alle imprese multinazionali, di
promuovere un ente pensionistico in tutti gli Stati membri dove sono collocate proprie unità
produttive appare certamente auspicabile per salvaguardare i diritti di lavoratori dell’impresa
promotrice provenienti dal paese d’origine ma permangono notevoli difficoltà tecniche
nell’ipotesi in cui sia consentito ad un ente pensionistico di svolgere la propria attività al di
fuori del territorio dove esso ha sede per le evidenti disparità delle normative previdenziali in
vigore nei differenti paesi dell’Unione.
Rimane invece auspicabile il recepimento, da parte degli Stati dell’Unione, del principio di
portabilità delle posizioni maturate presso enti pensionistici, operanti in Paesi diversi, nel caso
di mobilità del lavoratore all’interno dell’Unione.
In appendice: le osservazioni dell’Osservatorio fondi pensione istituito presso
CONFINDUSTRIA
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Tabella riassuntiva dei principali principi presenti nella Direttiva Comunitaria
Articolo 2 – Campo di applicazione
La Direttiva riguarda gli enti che gestiscono
sistemi di previdenza professionali (aziendali o
collettivi), basati sul regime finanziario prevalente
della capitalizzazione
Articolo 3 – enti che gestiscono regimi di
sicurezza sociale
Gli enti che gestiscono sistemi di sicurezza sociale
(previdenza obbligatoria o assistenza) sono
soggetti alla Direttiva solo in relazione alla attività
di erogazione dei trattamenti pensionistici
complementari e di gestione dei relativi regimi
professionali o aziendali ad accesso volontario
Articolo 4 – Applicazione della Direttiva agli
enti disciplinati dalla direttiva 79/267/CEE
La normativa contenuta nella Direttiva non si
applica alle Compagnie di assicurazione o agli
Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio
anche se tali istituzioni, in alcuni Stati membri, si
trovano ad erogare trattamenti di tipo
previdenziale
Articolo 5 – regimi pubblici minori
Gli Stati membri sono esentati dall’applicare la
Direttiva nei confronti degli enti pensionistici con
meno di cento aderenti o beneficiari.
Inoltre gli Stati membri possono decidere di non
applicare gli articoli da 9 a a quesgli enti
pensionistici stabiliti dalla legge e garantiti da una
pubblica autorità
Articolo 6 - definizioni
Viene proposta una “legenda” in cui fra l’altro
viene fornito il corretto significato, ai fini
dell’applicazione della Direttiva stessa, di alcuni
termini: aderenti, beneficiari, impresa promotrice,
prestazioni pensionistiche, rischi biometrici, stato
membro di origine, stato membro ospitante, sede.
Articolo 7 – attività degli enti
Articolo 8 – separazione tra ente pensionistico
ed imrpesa promotrice
Gli Stati membri devono stabilire che gli enti
pensionistici limitino la loro attività all’esercizio
dei regimi pensionistici o alle attività ad essi
correlate.
L’impresa promotrice (quella che versa contributi
ad un ente pensionistico, secondo la definizione
dell’art. 6, deve essere giuridicamente separata
rispetto all’ente pensionistico. Tale separazionesi
rende necessaria per salvaguardare le attività
svolte dall’ente pensionistico in caso di insolvenza o
di fallimento dell’impresa promotrice.
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Articolo 9 – condizioni per l’esercizio
dell’attività
Articolo 10 – conti annuali e relazione sulla
gestione annuale
Articolo 11 – informazione per gli aderenti e i
beneficiari
Articolo 12 – pubblicità delle politiche di
investimento
Articolo 13 – informazioni da trasmettere alle
autorità competenti
Articolo 14 – Poteri di intervento dele autorità
competenti
La Direttiva impone alcuni obblighi procedurali per
il Fondo a garanzia degli aderenti e dei beneficiari:
la registrazione dell’ente, la costituzione di riserve
tecniche certificate da un attuario, requisiti di
onorabilità e professionalità per le persone che
gestiscono l’ente pensionistico, diritti di
informazione per gli aderenti. Per l’esercizio
dell’attività transfrontaliera un ente pensionistico
deve inoltre ricevere l’autorizzazione preventiva
da parte dello Stato membro di origine.
Gli enti pensionistici devono redigere dei conti
annuali ed una relazione sulla gestione che offra un
quadro fedele della situazione patrimoniale,
finanziaria ed economica.
Gli aderenti e i beneficiari hanno diritto di
ottenere, su loro richiesta i conti e la relazione
sulla gestione annuale dell’ente, una informativa
sulle modifiche delle regole del regime
pensionistico, informazioni inerenti il
finanziamento dei diritti pensionistici maturati, il
livello delle prestazioni, la gamma delle eventuali
possibilità di investimento e il sistema dei costi e
dei rischi per gli investimenti
Ogni tre anni e dopo qualsiasi rilevante mutamento
della politica di investimento, gli enti devono
comunicare alle autorità preposte nei vari Stati
membri alla vigilanza i principi relativi alla politica
di investimento, i criteri di individuazione del
rischio, l’allocazione delle attività finanziarie,
anche in relazione alla natura e alla durata delle
prestazioni dovute.
Ciascuno Stato membro deve dotarsi degli
opportuni sistemi di prevenzione e controllo volti a
richiedere agli enti pensionistici informazioni
relative all’attività dell’ente.
Le autorità competenti possono esercitare
controlli sia presso gli enti pensionistici sia presso
le società a cui gli enti stessi abbiano delegato in
tutto o in parte le proprie funzioni
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Articolo 17 – Fondi propri obbligatori
Articolo 18 – Norme relative agli investimenti
Articolo 19 – Gestione e deposito
Nel caso di erogazione diretta delle rendite,
connessa all’assunzione da parte dell’ente
pensionistico dei rischi biometrici degli aderenti, o
nel caso di gestione di regimi a “prestazione
definita” o con garanzia di un certo rendimento, gli
Stati membri adottano le misure idonee a
prevedere attività in esubero rispetto alle riserve
tecniche costituite. Tali attività devono essere
libere da qualsiasi impegno prevedibile e formano
la consistenza di Fondi destinabili a coprire le
eventuali differenze tra prestazioni e
contribuzioni in relazione alle previsioni
effettuate.
Gli investimenti effettuati dagli enti pensionistici
devono essere ispirati a principi prudenziali. Le
attività finanziarie devono essere diversificate
nella composizione del portafogli (per evitare la
concentrazione del rischio) e devono comunque
garantire la sicurezza, la qualità, la liquidità, e la
redditività del portafogli nel suo complesso.
Nell’impresa promotrice non può essere
investita una percentuale del portafogli
superiore al 5%.
Le attività finanziarie a copertura delle riserve
matematiche devono anch’esse essere
diversificate e devono essere investite in modo
adeguato rispetto alla natura e alla durata delle
prestazioni future.
Gli Stati membri non possono assoggettare le
decisioni di investimento a parere o autorizzazione
preventiva. Deve comunque essere garantita la
possibilità, per gli enti pensionistici, di investire
sui mercati del capitale di rischio e di investire
almeno il 70% delle attività a copertura delle
riserve matematiche o del portafogli complessivo
in azioni, titoli negoziabili equiparati ad azioni o
obbligazioni di società.
Inoltre almeno il 30% delle attività destinate a
copertura delle riserve tecniche possono essere
denominate in monete non congruenti.
Gli Stati membri non limitano la possibilità degli
enti pensionistici di individuare, gestori finanziari
o Banche Depositarie situati in altro Stato
membro
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Articolo 20 – Attività transfrontaliera
Le imprese e i lavoratori di uno Stato membro
dell’Unione possono promuovere (versando i
contributi) un ente pensionistico avente sede in un
altro Stato. Le autorità competenti dello Stato
membro ospitante (quello in cui ha sede l’ente
pensionistico) comunicano agli Stati membri
d’origine le disposizioni legislative in base alle quali
il regime pensionistico deve essere gestito (in
pratica il regime contributivo e delle prestazioni
erogabili). Gli Stati membri d’origine (quelli in cui
sono residenti i lavoratori che promuovono un ente
pensionistico in un altro Stato o in cui hanno sede
le imprese promotrici) comunicano all’ente
pensionistico le disposizioni suddette.
Articolo 21 – Attuazione
Gli Stati membri devono conformare i propri
ordinamenti interni entro il 31/12/2002. Gli
stessi Stati comunicano alla Commissione le
eventuali norme di diritto nazionale adottate
in relazione alla disciplina degli enti pensionistici
aziendali o professionale o comunque alle norme
adottate nel campo oggetto della Direttiva
Roma, 12 dicembre 2000
Angelo Marinelli
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Appendice
Sintesi sui rilievi dell’Osservatorio sui Fondi pensione istituito presso CONFINDUSTRIA
L’Osservatorio ritiene coerente con l’obiettivo di realizzare “un mercato unico per i regimi
pensionistici integrativi” la definizione di ente pensionistico aziendale o professionale. Questa
definizione tende a distinguere, sul piano formale e sostanziale, l’impresa promotrice (intesa
come l’impresa o altro organismo che versa i contributi ad ente pensionistico professionale)
dall’ente medesimo. Ciò esclude dal campo di applicazione della Direttiva, per quanto riguarda
la legislazione italiana, i fondi pensione costituiti nell’ambito del patrimonio di una singola
società o di un singolo ente pubblico anche economico, attraverso la formazione di un
autonomo e separato patrimonio di destinazione ai sensi dell’art. 2117 del codice civile.
Tuttavia tale esclusione appare coerente con il disposto della legge 335/95 che vieta la
costituzione di nuovi fondi con gli effetti di cui all’art. 2117 del codice civile, per cui la lacuna
applicativa riguarderebbe soltanto i fondi esistenti nel nostro paese alla data dell’entrata in
vigore della legge 335/95 e che comunque sono quasi tutti in via di scioglimento
L’Osservatorio ritiene che le definizioni fornite dalla proposta di Direttiva comunitaria
possano includere nel campo di applicazione della direttiva anceh i Fondi aperti operanti in
Italia.
Affiliazione transfrontaliera
L’Osservatorio richiama l’esigenza di realizzare un coordinamento della disciplina fiscale dei
sistemi previdenziali obbligatori. Soltanto così sarà possibile pervenire, attraverso
l’istituzione di regole prudenziali comuni, alla costituzione di un sistema di mutuo
riconoscimento dei regimi pensionistici complementari operanti nei diversi stati mebri dell’UE,
al fine di consentire l’affiliazione transfrontaliera dei lavoratori.
L’Osservatorio ritiene che l’affiliazione transfrontaliera possa costituire uno strumento
prezioso in tre possibili fattispecie:



Istituzione di un regime pensionistico unico per i dipendenti di società multinazionali
Nel lungo periodo l’istituzione di regimi previdenziali categoriali a livello di UE
Affiliazione transfrontaliera a fondi aperti in forma collettiva
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Investimenti del Fondo pensione
L’articolo 18 della proposta di Direttiva prevede che “non può essere investita nell’impresa
promotrice una percentuale superiore al 5% del complesso del portafoglio; qualora a
promuovere l’ente pensionistico sia un gruppo di imprese, gli investimenti in tali imprese
promotrici sono effettuati secondo criteri prudenti, tenendo conto della necessità di una
adeguata diversificazione”.
Il recepimento del limite sopra richiamato imporrebbe la necessità di un adeguamento della
nostra legislazione che nell’articolo 6, comma 5 del d. lgs. 124/93, stabilisce limiti differenti
La seguente tabella consente di confrontare la proposta di direttiva con la normativa italiana
in vigore, in materia di fondi pensione:
PROPOSTA DI
DIRETTIVA DEL
11/10/2000, PUNTO
2, LETTERE B E C
d.lgs 124/93, art.
6, comma 5
Investimenti in titoli
di società
Investimenti in titoli
emessi da gruppi di
imprese promotrici
Nessun limite purché
venga diversificato il
portafoglio
Nessun limite purché
venga diversificato il
portafoglio
Distingue tra società
quotata e non quotata,
 Max 5% del totale
delle azioni di
società quotata
 Max 10% del
totale delle azioni
di società non
quotata
Investimenti in titoli
emessi dall’impresa
promotrice o da
soggetti tenuti alla
contribuzione
L’investimento non può
superare il 5% del
portafoglio
Distingue tra fondo di
categoria e non:
 Se fondo di
categoria
l’investimento in
soggetti tenuti alla
contribuzione o da
questi controllati
non può superare il
30% del proprio
portafoglio
 Se fondo non di
categoria
l’investimento in
soggetti tenuti alla
contribuzione o da
questi controllati
non può superare il
20% del proprio
portafoglio
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