IL CONFLITTO

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IL CONFLITTO.
Definizione. Modalità di conflitto. Conflitto tra ruoli. Dissonanza cognitiva.
Definizione.
Il "conflitto" può essere definito come "una situazione in cui forze, di valore
approssimativamente uguale ma dirette in senso opposto, agiscono simultaneamente
sull’individuo"; o anche "la reciproca interferenza di reazioni incompatibili".
Modalità di conflitto
Ogni situazione conflittuale è teoricamente riportabile alla coesistenza di tendenze verso
almeno due differenti forme di comportamento. Distinguendo le tendenze rivolte al
raggiungimento di un obbiettivo (tendenze appetitive o attrazione) da quelle volte ad evitare
eventi indesiderabili (tendenze avversative o avversione), si prospettano – secondo la "teoria
del campo" di Lewin (per cui rimando all'apposito paragrafo nel capitolo sulle "teorie della
personalità") – 4 possibilità di conflitto (esemplificabili nella "tavola dei conflitti" di Hovland
e Sears):
1. a conflitto fra due tendenze appetitive: il soggetto si trova al contempo di fronte a due
obbiettivi positivi (anche se i due termini di conflitto non si equivalgono mai
completamente), ma la natura della situazione è tale per cui egli non può raggiungere che
uno dei due (non viene considerato un vero e proprio conflitto, ma piuttosto una
condizione di scelta);
2. b conflitto fra una tendenza appetitiva e una tendenza avversativa rivolte sullo stesso
oggetto: in questo caso alcuni elementi spingono in una direzione e altri in quella opposta
(come il piacere di mangiar dolci e il dispiacere di ingrassare). Si tratta di un conflitto
complicato dalla possibilità che si instauri un continuo meccanismo di attrazione e
repulsione con momenti in cui prevale una forza o l’altra, rendendo spesso le decisioni
difficili. Spesso, in questo tipo di conflitto, si ha a che fare con una contrapposizione tra
desideri di tipo razionale e ostacoli di tipo emotivo;
3. c conflitto fra due tendenze avversative: è la condizione in cui si deve scegliere fra due
opportunità negative. In genere, la scelta va verso il "male minore";
4. d conflitto composto fra più tendenze appetitive ed avversative.
In tutti questi casi, decisive diventano le manovre di avvicinamento: nel primo caso, il fatto
stesso di avviarsi verso uno dei due poli aumenta la tendenza a muoversi verso quella
direzione; nel secondo caso, il pericolo sembra meno reale quando l’oggetto è lontano, ma più
ci si avvicina, più il soggetto tende a ritrarsi, e la decisione avviene in funzione dell’intensità
della pulsione su cui la tendenza si basa; nel terzo caso, infine, il fatto di avvicinarsi aumenta
la tendenza a ritrarsi.
I conflitti attrazione-repulsione sono alla base di più o meno gravi problemi
comportamentali, che ruotano intorno ai temi: indipendenza-dipendenza, cooperazionecompetizione, pulsioni individuali-norme collettive, dove la soluzione del conflitto è
solitamente nella forma del compromesso accettabile.
Il conflitto tra ruoli.
La psicologia sociale individua anche un conflitto tra "ruoli" (modelli di comportamento,
complesso di atteggiamenti e di valori…) da occupare contemporaneamente: l’appartenenza a
diverse categorie di sesso, di età, a diverse classi sociali, professioni ecc… impone di volta in
volta, regole di comportamento diverse, a volte inconciliabili (ad es., la condizione
dell’adolescente, della donna, dello studente universitario, dell’immigrato, del capo-squadra,
del cappellano militare, del medico…).
L’individuo si perderebbe in questi conflitti, se non avesse a sua disposizione dei
meccanismi adeguati che gli permettano di risolverli. L’individuo li mette in atto, per evitare
la scissione della sua personalità nel conflitto e l’angoscia conseguente.
Essi sono:
 a la separazione: consiste appunto nel tentare di separare in vari modi, sia nel tempo che
nello spazio, i due ruoli in conflitto;
 b il compromesso:
- attendere che uno dei due gruppi od entrambi attenuino le loro esigenze;
- ristrutturare il ruolo ed adattarlo ad ognuno dei due gruppi;
- usare un ruolo contro l’altro.
 c la fuga: il soggetto può uscire egli stesso da questi ruoli e distaccarsene.
La dissonanza cognitiva.
Quello della "dissonanza cognitiva" è un concetto introdotto da L. Festinger per descrivere
la condizione di individui le cui credenze, nozioni, opinioni contrastano tra loro (dissonanza
per "incoerenza logica"), o con le tendenze del comportamento (dissonanza per l’ "esperienza
passata"), o con l’ambiente in cui l’individuo si trova ad operare (dissonanza per "costumi
culturali").
In tutti questi casi, la presenza di dissonanza fa sorgere pressioni per ridurla o eliminarla.
Orbene, quando possibile (non è infatti così facile), la dissonanza si riduce:
- attraverso il mutamento della propria opinione;
- attraverso il mutamento del proprio comportamento;
- attraverso il mutamento dell’ambiente in cui ci si trova ad operare;
- con l’integrazione di un nuovo elemento cognitivo che si aggiunga agli elementi
consonanti.
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