Mercoledì 23 marzo '05 EMERGENZE MEDICO-CHIRURGICHE I ora : prof. Barbieri EMORRAGIA Di fronte ad un evento emorragico importante, in attesa di bloccare la perdita chirurgicamente, dobbiamo intervenire con sostituzioni volemiche utilizzando sangue o altri sostituti plasmatici. Un'eccessiva perdita di sangue non è compensata dalla sola infusione di emazie concentrate, perché queste non correggono il deficit dei fattori della coagulazione. Dopo un certo tempo di emorragia di grave entità va somministrato anche plasma, perché il paziente non si scoaguli. E' importante in corso di emorragia: - INCANULARE una vena , meglio se di grosso calibro (perché col trascorrere del tempo il paziente va verso l'ipotensione e questa manovra diventa sempre più difficile) - TIPIZZARE il sangue del paziente e nel frattempo somministrare sangue da donatore universale di tipo 0 (--> mai somministrare sangue se non tipizzato, non fidarsi di "targhette"al collo del pz). Non va somministrato sangue di tipo 0 a lungo termine perché si può verificare il fenomeno dell'agglutinazione inversa. Dopo aver esaminato: - arresto cardiaco , - arresto respiratorio, - emorragia trattiamo un altro quadro clinico tipicamente rianimatorio: lo SHOCK. Lo shock è una sindrome emodinamica che si verifica per una discrepanza tra contenente (capacità vasale) e contenuto (volume ematico). E' tendenzialmente irreversibile e ingravescente. Determina una ipoperfusione tissutale e cellulare con riduzione dell'energia cellulare fino alla morte cellulare. Se recido l'aorta, il pz muore istantaneamente per dissanguamento acuto, non per shock emorragico: perché si verifichi lo shock è necessario un certo tempo perché compaiano quella serie di fenomeni negativi tipici dello shock, che poi si automantengono. Esistono diverse classificazioni dello shock: - IPOVOLEMICO (deficit di massa) - NORMOVOLEMICO (ipovolemia relativa --> bassa massa per quel letto vascolare, che è aumentato) Oppure, in base alla causa, distinguiamo lo shock in: - SETTICO - NEUROGENO - CARDIOGENO - EMORRAGICO - Da USTIONE Oppure in shock: - IPOVOLEMICO vero (es. emorragico) - DISTRIBUTIVO (es. shock settico, neurogeno) - CARDIOGENO Perché si riduce il flusso ematico? - perché nel sistema si forma una falla che fa perdere sangue --> shock ipovolemico - perché la pompa è insufficiente --> shock cardiogeno - perché è aumentato il letto vascolare -->shock distributivo (aumenta la superficie di distribuzione, diminuisce la pressione) Come reagisce l'organismo alla riduzione di perfusione? Risponde violentemente e in maniera solo temporaneamente efficace : mette in atto un sistema di salvataggio temporaneo che tuttavia, se non viene bloccato, diventa dannoso per l'organismo. La risposta endogena è mediata dalle catecolamine che: 1) aumentano la gittata, aumentando la frequenza cardiaca 2) agiscono sui recettori e danno vasocostrizione Quindi aumentano la potenza della pompa e riducono il volume del letto vascolare. Poi abbiamo una risposta di mantenimento dell'organismo: si riduce il flusso urinario al fine di mantenere massa; e una risposta respiratoria: aumentano gli atti respiratori (polipnea) al fine di ossigenare il sangue il più possibile. L'effetto vasocostrittore adrenergico esclude i tessuti meno nobili (cute, tessuto splancnico,...) e il microcircolo (per vasocostrizione dello sfintere precapillare) a preferenza dei tessuti più nobili (tessuto cerebrale e cardiaco). Se non si interviene, questa azione determina a livello del microcircolo acidosi tissutale per accumulo di cataboliti. Inoltre il piruvato, in condizioni di ridotta disponibilità di ossigeno, viene ridotto a lattato e non avviene più il ciclo di Krebs --> riduzione della produzione di ATP cellulare --> il sistema di trasporto attivo della cellula (es. pompa Na/K) risente del calo energetico --> si altera la membrana cellulare e le membrane lisosomiali --> distruzione cellulare. L' acidosi tessutale da ipossia-anossia determina un'inefficienza dell'effetto catecolaminico sullo sfintere precapillare (per accumulo di metabolici anaerobi vasodilatatori), che viene rilasciato . Si verifica un'atonia vascolare che fa crollare la perfusione. Il rallentamento della velocità di perfusione del sangue dovuto all'atonia dei vasi determina a livello capillare trombosi. Si verifica anche danno intestinale per compromissione delle membrane cellulari delle cellule del tratto gastrenterico che permette il passaggio di germi e quindi facilita l’insorgenza di infezioni che vanno a peggiorare il quadro generale. Più trascorre tempo più il quadro è difficilmente reversibile. In genere tutti gli shock se non vengono interrotti sono shock freddi, cioè con bassa gittata e alte resistenze periferiche. Solo lo shock settico può (non sempre) iniziare come shock caldo, cioè con bassa portata e bassa resistenza. Anche lo shock settico nel tempo vira verso lo shock freddo. L’iniziale sistema di vasocostrizione e tachicardizzazione messo in atto per garantire la perfusione ci dà il tempo di intervenire il sistema è efficace, ma va interrotto prima che insorgano effetti dannosi. Come si interrompe? Nello shock ipovolemico o emorragico il cardine della terapia è la fluidoterapia. Nello shock settico il problema è la vasodilatazione (l’aumento di calibro dei vasi). Nello shock neurogeno (es. da lesione midollare) il problema è analogo. Lo stesso si verifica quando si esegue una anestesia spinale che determina blocco delle afferenze nervose degli arti inferiori blocco del tono vascolare aumento del calibro dei vasi crollo della pressione. Prima di eseguire un’anestesia spinale vanno sempre somministrati liquidi per adeguare la massa plasmatica al letto vascolare. Nello shock midollare (neurogeno) si verifica rilasciamento del tono vascolare di tutti i vasi al di sotto della lesione e quindi ipotensione. Il paziente in stato di shock presenta: agitazione e poi assopimento fino al coma (per ipoperfusione cerebrale), polipnea (per compensare la carenza di ossigeno), polso piccolo e frequente (perché compensa la riduzione della gittata aumentando la frequenza cardiaca), cute fredda, pallida e sudata (per vasocostrizione). In tutti gli shock , escluso quello caldo, si ha riduzione della gittata cardiaca - nel caso dello shock ipovolemico è dovuta a bassa pressione venosa centrale riduzione del precarico - nel caso dello shock cardiogeno invece è presente alta pressione venosa centrale Cause di ipovolemie - emorragie (es. da trauma o da rottura spontanea) - disidratazione - ustioni (progressiva perdita di liquidi plasmatici che induce ipovolemia ed emoconcentrazione, con aumento della parte corpuscolata del sangue) rischio di sepsi per infezione delle ferite conseguenti alle ustioni. - vomito, diarrea - edema/i - perdite croniche Comune in tutti questi shock è la fluidoterapia con soluzioni microcristalline o macromolecolari (colloidi o cristalloidi) e la terapia antibiotica di copertura. Nello shock settico va fatta una tp antibiotica mirata al microrganismo specifico. In corso di shock cardiogeno può essere indicata una tp con farmaci inotropi positivo, per mantenere una buona gittata ( a meno che non si tratti di un evento ischemico acuto). FLUIDOTERAPIA Che tipi di fluidi possiamo infondere? - sangue - sol.micromolecolari o cristalloidi - sol.macromolecolari o colloidi o plasma-spanders - albumina Nello shock cardiogeno è necessario infondere liquidi che restino nel comparto intravascolare per incrementare la massa in circolo. Le soluzioni MICROMOLECOLARI hanno vantaggi e svantaggi. Sono pulite e non danno rischio di allergie. Es. soluzioni reidratanti, soluzioni elettrolitiche bilanciate,…etc… Hanno un potere osmotico modesto. Sono poco costose. Tuttavia non restano in circolo, perché il loro potere osmotico non è sufficiente. (Nota bene: la soluzione glucosata non ha alcun potere di rimanere in circolo, non va mai data in corso di edema perché lo aggraverebbe. ha solo valore energetico, non di riempimento vascolare) Le soluzioni MACROMOLECOLARI restano in circolo. Inoltre possono richiamare liquidi dagli altri comparti. Sono espansori del volume plasmatico. Oggi non sono più molto costosi. Sono potenzialmente allergizzanti, perché non sono sostanze naturali, ma di sintesi. Hanno il grosso vantaggio di dare un’espansione rapida e notevole. La capacità di espansione delle soluzioni colloidali è legata al loro peso molecolare. Tanto più piccolo è quanta più acqua legano minor tempo restano in circolo. Tanto maggiore è il PM quanta meno acqua legano più tempo permangono in circolo. Negli anni si sono sviluppate soprattutto sostanze a basso peso molecolare perché queste permettono una veloce espansione, ma subendo una rapida lisi riducono il rischio di sovraccarico volemico. Con queste sostanze la terapia si può modulare momento per momento. Tipico esmpio di colloidi a basso PM sono le gelatine (PM=35000). I DESTRANI (usati spt dai nefrologi) sono catene di zuccheri, hanno PM intermedio (circa 40000). Non hanno potere espansivo. Migliorano la perfusione diluendo il sangue. Esistono destrani con PM 70000 danno reazioni allergiche con più frequenza. L’AMIDO-DESOSSI-ETILICO (?) ha PM enorme di 250000 – 400000, lunga emivita, lega poca acqua. L’ALBUMINA è un’espansore plasmatico naturale. Ha un potere osmotico modesto, minore dei colliodi. E’ molto cara. Presenta rischi connessi al fatto che si tratta di un emoderivato. Con la fluidotp si cerca di bloccare l’effetto vasocostrittore determinato dallo shock. Questo effetto a livello coronarico determina infarti ischemici e aritmie. Farmaci di supporto cardiaco durante lo shock sono gli INOTROPI aumentano la contrazione cardiaca e l’eccitabilità aumentano la gittata cardiaca, ma anche il rischio di aritmie. A) Prima categoria: GLICOSIDI CARDIOATTIVI, es. derivati della digitale e dello strofanto. Lo strofanto è stato oggi soppiantato da nuove sostanze, ma era un’ottimo farmaco, usato nell’edema polmonare. Dallo strofanto può derivare strofantina K o strofantina G. Rispetto alla digitale questi principi attivi sono molto più rapidi, ma non possono essere utilizzati nella terapia cronica. Dalla digitale derivano digossina e metildigossina: questi vengono utilizzati per os anche a lungo termine. La digitale è l’unico inotropo ad avere anche effetto batmotropo negativo. Digitale e strofanto tuttavia hanno potere inotropo molto modesto. I nuovi farmaci permettono un buon controllo della terapia, anche perché non rimangono in circolo. B) ADRENERGICI Dopamina, Dobutamina, Dopexamina (entrata in commercio in Francia, ma non in Italia) Adrenalina (da usare solo in casi particolari, es.arresto cardiaco, perché è molto potente) C’è una grossa differenza tra dopamina e dobutamina. Sono entrambi farmaci molto usati perché hanno l’effetto “apri e chiudi”, cioè potenti, ma molto maneggevoli perché restano in circolo per poco tempo. La Dopamina varia il suo effetto a seconda del dosaggio: - sotto i 5 si ha stimolazione renale (aumento della perfusione) e conseguente aumento della diuresi - tra 5-10 si ha l’effetto : inotropo positivo aumento della gittata cardiaca - oltre 10 si ha l’effetto : vasocostrizione La dopamina a bassi dosaggi agisce sui recettori (induce vasodilatazione e migliora la perfusione), ad alti dosaggi sui recettori . Quando somministriamo dopamina vogliamo ottenere l’effetto inotropo, solo in certi casi dobbiamo aumentare la dose per avere anche l’effetto di vasocostrizione (che tuttavia deve essere solo temporaneo) La dobutamina non ha effetto dose dipendente: all’aumentare della dose aumenta la potenza ma non varia il suo effetto. In alcuni distretti provoca vasocostrizione in altri vasodilatazione, ma prevale l’azione vasodilatatoria. A volte dopamina e dobutamina vengono usati contemporaneamente in tp combinate. C) INODILATATORI o INIBITORI DELLE FOSFODIESTERASI hanno effetto misto: inotropo + vasodilatatore. Aumentano la gittata sia per aumento della contrattilità del miocardio (effetto inotropo) che per riduzione delle resistenze periferiche (effetto di vasodilatazione). Sono potenzialmente aritmogeni. Non si usano durante lo shock (la vasodilatazione che inducono potrebbe provocare arresto cardiaco). Potenziano gli altri inotropi. Si usano in cardiochirurgia. Il capostipite è la milrinone abbandonato perché provocava trombocitopenia. Non in commercio in Italia. Oggi viene impiegato il PERFAN (Enoximone) .Effetto inotropo, emivita lunga. Presenta un metabolita attiva : il sulfosside, che prolunga l’emivita. Poco maneggevole. Si usava in caso di bassa portata non responsiva agli adrenergici. Si usa solo in cardiochirurgia. E’ indispensabile saper maneggiare la dopamina, qualunque sia la vostra specializzazione! Può essere una sostanza salvavita. (appunto riguardo alla lezione scorsa: durante una fibrillazione ventricolare, perché si defibrilla? Per resettare tutti gli stimoli elettrici e sperare che subito dopo la isoelettrica riparta un unico stimolo) CASO CLINICO: POLITRAUMA II ora : Prof.Manenti (Risultato dell’esame istologico del caso clinico scorso: flogosi aspecifica, non Morbo di Chron. Probabilmente si è trattato di una perforazione in corso di terapia cortisonica associata ad enterite) Oggi parleremo di un ragazzo di 24 anni, che verso le 5 del mattino è rimasto vittima di un incidente stradale grave. Alla visita sul luogo dello scontro frontale il pz appariva molto dolorante, soprattutto agli arti inferiori dove erano presenti due tumefazioni. Il medico sul posto ha immobilizzato gli arti con assi rigidi e tamponato un’altra grossa contusione che perdeva sangue abbondantemente in sede nasale. Al PS il pz era lucido. Riferiva di essere portatore di una emofilia. Questo è un dato molto importante che deve mettere in allarme. Si valutano i parametri vitali e le necessità più urgenti. Ci si riferisce ad uno schema che prevede 5 punti: A. AIRWAY: le vie aeree sono pervie? verificare se sono libere o ostruite dalla lingua, protesi, vomito, sangue (proveniente da ferite della bocca) o corpi estranei, soprattutto se il paziente ha perso coscienza. Se è presente inondazione delle vie respiratorie superiori, per esempio, da materiale gastrico, difficilmente si riescono a liberare in mancanza di una canula legata ad una fonte di aspirazione. B. BREATHING: il pz respira autonomamente? Il respiro può essere interrotto ad esempio da gravi traumi della base cranica che ledono i centri respiratori, da traumi che hanno provocato lo sfondamento bilaterale della gabbia toracica, da pneumotorace bilaterale completo. C. CIRCULATING: valutazione delle condizioni cardiocircolatorie. E’ presente deficit circolatorio? Shock post-traumatico? D. DISFUNCTION: valutare le funzioni vitali: respiratoria, cardiaca, stato di coscienza, motilità,… E. EXPOSURE: valutazione di tutti i segmenti scheletrici per ricercare ferite, segni diretti o indiretti di fratture (con particolare attenzione al rachide pericolose e insidiose: provocano dolore non ben localizzato nel sospetto di lesioni applicare il collare). Nel nostro caso : le condizioni di circolo erano sufficienti, la respirazione autonoma, ossigenazione periferica ben conservata. Esame obiettivo del torace negativo (emitoraci si espandono bene). Pz tachicardico (fc= 95) ed ipoteso (Pressione sistolica = 90 mmHg): forse a causa del dolore? O da emorragia? Questi dati costituiscono un campanello di allarme che ci impone di infondere soluzioni di cristalloidi per via endovenosa (alcuni aggiungono anche macromolecole di colloidi a potere osmotico maggiore) per aumentare la volemia e quindi la pressione arteriosa. Gli arti inferiori sono paralizzati dal dolore acuto. Hb = 11 g/dl anemia lieve, ma nell’immediato questo dato può non rilevare l’effettivo stato del pz perché è presente vasocostrizione. L’anemia può essere giustificata dai segni clinici (dolore e tumefazione) in corrispondenza degli arti inferiori. Sospetto di frattura di femore. Esame obiettivo dell’addome: dolorabilità diffusa aspecifica. Addome non trattabile, diffusamente dolente. Rx torace: negativo Rx arti inferiori: frattura bilaterale del femore Ecografia rapida ed urgente dell’addome: abbondante versamento di liquido che interessa la loggia periepatica, la loggia splenica, la doccia pareto- colica di destra e sinistra. Reni e fegato indenni. Milza: si vede male. Verosimilmente si tratta di pz emofiliaco di tipo A: dall’anamnesi si rileva che questa emofilia si è manifestata una decina di anni fa in occasione di una banale frattura di polso a cui aveva fatto seguito un’edema non proporzionato al trauma. Deficit fattore VIII emofilia di tipo A (più dei 2/3 dei casi) Deficit fattore IX emofilia di tipo B (meno di 1/3 dei casi) Bisogna intervenire sul nostro pz per ripristinare la funzione coagulativa e scongiurare la morte per emorragia interna (retroperitoneale, ma anche cerebrale o di altre sedi). Si infondono 2000 Unità di fattore VIII, oltre a plasma e sangue. Quando non si disponeva dell’esame ecografico, per valutare gli organi interni nei politraumatizzati, si faceva riferimento ai sintomi clinici, che tuttavia non sono sempre precisi e addirittura possono mancare. In un pz con instabilità circolatoria cercate sempre una fonte di emorragia: sono da ricercare perdite esterne e interne. Valutate il distretto scheletrico, il torace (con Rx: il sangue appare opaco), l’addome (rottura di un organo parenchimatoso o lacerazione del mesentere). L’instabilità circolatoria si manifesta con tachicardia, vasocostrizione , ipotensione e sudorazione. Segno di emorragia interna addominale è la contrattura della parete addominale, in quanto espressione di irritazione peritoneale e quindi di un possibile versamento liquido peritoneale. Il liquido riversato nel peritoneo può essere: sangue, che deriva da rottura di organi parenchimatosi, es.milza; materiale enterico, che deriva da rottura di un’ansa intestinale; urina- che deriva da rottura della vescica. Tuttavia la contrattura della parete può manifestarsi anche in risposta ad una semplice contusione della parete addominale. Se nel cavo peritonealae si riversa liquido molto irritante (es.succo gastrico, bile, succo duodenale, succo enterico, liquido colico), nella maggior parte dei casi si ha una franca contrattura della parete addominale. Se nel cavo peritoneale si riversa una grande quantità di sangue (emoperitoneo), la contrattura addominale può non essere molto evidente. Se il sangue si raccoglie al di sotto del diaframma di dx o di sx si avrà un dolore frenico irradiato alla spalla dx o sx in assenza di lesioni contusive scheletriche della spalla (segno di Ker??) E’ possibile rilevare la presenza liquido libero in addome anche con la percussione: se riscontrate in clinostatismo una ottusità ai due fianchi, fate girare il pz su di un fianco e se l’ottusità si disloca secondo la gravità, vuol dire che c’è liquido in addome. Attraverso l’esplorazione rettale si rilevano eventuali raccolte si sangue nel cavo del Douglas (spazio compreso tra retto e vescica). In ipocondrio sinistro c’è un’area di ipersonorità, che corrisponde alla bolla gastrica e si trova tra ottusità del fegato ed ottusità della milza (Area di Traube). Se scompare si deve temere una raccolta ematica perisplenica. La rottura di milza può essere molto insidiosa: alla rottura della capsula segue la formazione di un ematoma perisplenico, il sangue coagula e il grande omento lo ricopre, tamponando temporaneamente la rottura, in modo tale che il tutto rimanga localizzato per alcune ore. Quando la pressione arteriosa risale, si riapre l’ematoma e il sangue si riversa libero in addome. La milza si può rompere anche in seguito ad eventi banali: una caduta, una pallonata, un calcio, … Qualche tempo fa per indagare versamenti peritoneali si ricorreva ad indagini piuttosto invasive quali: - aspirazione con un grosso ago di liquido dai quattro quadranti addominali - una volta introdotto l’ago in addome si iniettava un litro di soluzione fisiologica che successivamente veniva drenata: il colore roseo è segno di emoperitoneo. ( NB. in addome la pressione è positiva, nel torace è negativa) - laparoscopia dignostica in anestesia locale Tutte queste tappe diagnostiche sono state superate dall’ecografia che è un’indagine poco invasiva in grado di rilevare la presenza di liquido in addome. Nel 98% dei casi si tratta di sangue; nel 2% dei casi si tratta di liquido proveniente da rottura di un viscere cavo. Fino a qualche anno fa dopo che l’ecografia aveva diagnosticato la presenza di sangue in addome, si disponeva immediatamente l’intervento chirurgico per cercare il sanguinamento. La soluzione chirurgica era imposta.Statisticamente le cause più frequenti di sanguinamento sono: rottura di milza, rottura del fegato, lacerazione del mesentere o, più raramente, ematoma retroperitoneale molto teso che trasuda sangue. Oggi grazie alla TAC possiamo avere indicazioni molto più precise dell’ecografia. La TAC indaga dettagliatamente le condizioni degli organi parenchimatosi e lo spazio retroperitoneale e quantifica l’emoperitoneo (ci dice se il versamento riguarda solo gli ipocondri, o anche la doccia pareto-colica o , condizione ancora più grave, anche il piccolo bacino). Se l’entità del versamento non è drammatica, conviene eseguire una TC e poi decidere se necessario l’intervento chirurgico. In certi casi la TC evita la laparotomia (es. se la TC rileva una contusione epatica con piccola lacerazione della glissoniana in un pz in condizioni cliniche stabili, sta al chirurgo decidere se intervenire coagulando la superficie epatica o se sorvegliare il pz dal punto di vista emodinamico con controlli ravvicinati; l’esperienza insegna che questo tipo di lesione può risolversi anche senza ricorrere all’intervento). Se l’ematoma è retroperitoneale e se il sangue in peritoneo è solo una parte del sangue che è trasudato , molto facilmente l’emorragia si arresterà spontaneamente. A maggior ragione, se c’è una lesione della capsula renale con una piccola lacerazione del rene, non conviene intervenire chirurgicamente. In caso di lesioni della milza, alla TC è possibile vedere piccole lacerazioni sulla capsula. Fino a cinque anni fa in presenza di frattura di milza, anche con pz emodinamicamente stabile, era indispensabile ricorrere all’intervento chirurgico, perché la milza, ricca di arteriole, può facilmente riprendere a sanguinare. Oggi si sono sviluppate soluzioni, non semplici da attuare, ma che risparmiano l’asportazione in toto della milza: - il radiologo, in caso di piccole lacerazioni, è in grado di embolizzare l’arteria splenica e arrestare il sanguinamento - il chirurgo è in grado di “fasciare” la milza con materiale sintetico simile al nylon, oppure di coagulare l’emorragia con una fonte di argon (?), oppure di eseguire una resezione con punti trapassanti il polo della milza E’ importante risparmiare la milza soprattutto nei bambini, in cui ancora riveste un ruolo importante. Nel nostro caso il paziente non era emodinamicamente stabile; presentava emoperitoneo massivo ; è emofiliaco. Il rischio di risanguinamento era inaccettabile. Con l’infusione continua di 6000 unità di fattore VIII è stata eseguita una laparotomia. Erano presenti in peritoneo 3 litri di sangue, il fegato era indenne, non vi era ematoma retroperitoneale, l’intestino era indenne, a livello del labbro anteriore della milza c’erano due lacerazioni di 2 cm e profonde 0,5 cm. Considerata la malattia di base si è ritenuta la splenectomia l’intervento più sicuro per evitare altre emorragie. Il pz uscito dalla sala operatoria ha eseguito - TC del rachide cervicale che ha riscontrato una piccola dislocazione tra i corpi vertebrali di C1 e C2, senza lesioni midollari - TC del massiccio frontale che ha diagnosticato una frattura di Le Fort II bilaterale - TC encefalo che ha rilevato una minima falda di sangue tra i due emisferi Il paziente ha ripreso coscienza e proprio ieri sera ha eseguito un’altra TC cerebrale che ha evidenziato la risoluzione della falda interemisferica. Stamattina il pz è tornato in sala operatoria per un intervento ortopedico di osteosintesi , dopo essere stato in trazione per 3-4 giorni per permettere l’allineamento dei due monconi ossei. CONCLUSIONI 1. Se il pz supera questo grave politrauma (facciale, cranico, addominale chiuso, degli arti inferiori) lo deve al supporto ematologico. Senza la disposizione del fattore VIII, si sarebbe salvato? forse solo con una quantità di plasma “industriale” , sfruttando il fattore VIII in esso contenuto. Senza il fattore VIII il pz avrebbe probabilmente sviluppato una grave emorragia cerebrale, che non si sarebbe risolta facilmente. In un paziente non emofiliaco un simile danno splenico avrebbe potuto risolversi senza l’intervento chirurgico, con la sola osservazione dello stato emodinamico. 2. Ricordate la Valutazione dei parametri vitali secondo i 5 punti. 3. Priorità degli interventi : prima di tutto è necessario fermare l’emorragia. Es. se sanguina il fegato (evenienza rara) si richiede al chirurgo di arrestare l’emorragia (DAMAGE CONTROL). Se saranno necessari altri interventi sul fegato, si procederà in un secondo momento. L’arresto del sanguinamento si ottiene nel giro di 30 minuti per compressione del fegato contro il diaframma con l’aiuto di grosse garze, che andranno rimosse dopo 48 ore.