Semeiotica medica Prof.ssa Mandas Lezione n° 25 – Parte 2 11 maggio 2013 Mattia Piredda Test di reversibilità Se il risultato ottenuto alla spirometria indica una condizione di bronco-ostruzione dobbiamo andare a verificare se questa è reversibile oppure no, quindi dobbiamo andare a effettuare il test di reversibilità. Si somministra al soggetto in questione un broncodilatatore, come può essere un beta2-agonista e, dopo 15-20 minuti dalla somministrazione, si effettua nuovamente una spirometria con valutazione di un’altra VEMS. Parleremo di reversibilità, parziale irreversibilità o irreversibilità a seconda della curva flusso-volume ottenuta. - - Se dopo la somministrazione di un broncodilatatore abbiamo un aumento della VEMS che supera il 12% rispetto al valore ottenuto in condizioni basali, o comunque abbiamo un aumento di almeno 200 ml rispetto al valore basale ma abbiamo comunque una VEMS inferiore rispetto all’80% del teorico o superiore del predetto possiamo parlare di deficit ventilatorio ostruttivo completamente reversibile. Se abbiamo una VEMS che aumenta più del 12% con un aumento di almeno 200 ml rispetto al valore basale ma la VEMS rimane inferiore all’80% rispetto al predetto abbiamo sempre un deficit ventilatorio di tipo ostruttivo ma in questo caso è parzialmente reversibile. Quello che noi andiamo a stabilire col test di reversibilità in questi due casi dove abbiamo comunque un miglioramento della VEMS del 10% dobbiamo però verificare qual è il valore della VEMS ottenuta rispetto a quello predetto, questo significa che se la VEMS supera l’80% siamo di fronte ad una broncoostruzione completamente reversibile, mentre nonostante il netto miglioramento della VEMS persistono valori al di sotto dell’80% di quello predetto significa che c’è stato un miglioramento ma non il raggiungimento di un valore di VEMS rispetto a quello teorico indicativo di una completa reversibilità della bronco-ostruzione. Generalmente abbiamo un primo caso in corso di asma bronchiale, il secondo caso di broncopneumopatia cronica ostruttiva con un’ostruzione tipicamente reversibile. - Nel caso in cui si abbia un miglioramento della VEMS che è inferiore ai 200 ml rispetto al valore basale significa che abbiamo un deficit ventilatorio di tipo ostruttivo irreversibile e questo è il caso in cui ci si trovi di fronte ad una broncopneumopatia cronica ostruttiva avanzata con la broncoostruzione non reversibile. In questa diapositiva è riportato quello che è un deficit di tipo ostruttivo evidenziato nella prima valutazione con riduzione significativa dell’indice di Tiffeneau e con una riduzione della VEMS. Vedete la valutazione della VEMS dopo la somministrazione di un bronco-dilatatore, si ha un netto miglioramento della VEMS con un aumento della capacità ventilatoria e una riduzione assolutamente significativa della bronco-ostruzione. Quindi questo è l’esempio di una spirometria fatta in condizioni basali e la ripetizione della VEMS dopo una broncodilatazione farmacologica che ci indica una reversibilità della broncoostruzione. In questo caso nella sindrome restrittiva avete sia una riduzione del volume residuo, sia una riduzione della VEMS con una riduzione della capacità valvolare totale, avrete sia una riduzione dell’indice di Motley. Vediamo ora quando deve essere fatto il test di reversibilità. Se abbiamo una spirometria basale normale e abbiamo però un quadro anamnestico indicativo di patologia asmatica per esempio, dobbiamo poi valutare se effettuare o meno un test di stimolo: se siamo di fronte a un paziente con una possibile broncoostruzione data da una patologia asmatica e se però lo osserviamo nella fase dove non c’è la broncoostruzione noi vediamo un test spirometrico assolutamente normale. Dall’anamnesi emerge che il paziente ha una difficoltà respiratoria, sarà fondamentale indicare in che maniera si manifesta, quali possono essere le situazioni che scatenano l’insorgenza dell’insufficienza respiratoria. Sarà fondamentale anche l’esame obiettivo del torace dove abbiamo visto che se osserviamo il paziente nel momento in cui c’è il broncospasmo e quindi il deficit respiratorio abbiamo l’evidenza obiettiva ascoltatoria di sibili con la possibilità eventualmente di avere anche dei rumori umidi perché in corso di asma bronchiale, in virtù della presenza di edema più o meno importante a carico della mucosa bronchiale, possono originarsi anche dei rantoli. Se noi osserviamo il paziente in una fase di stabilità respiratoria dove obiettivamente non c’è nessun dato indicativo di bronco-ostruzione e quindi possiamo osservare un quadro toracico assolutamente normale ma abbiamo dei dati anamnestici assolutamente indicativi di possibile patologia asmatica, noi comunque faremo una spirometria e, nel caso in cui ci troviamo nella fase non bronco-ostruzione, il test risulterà solitamente normale. Poi dobbiamo prendere in considerazione la necessità di effettuare una spirometria dopo somministrazione di sostanze bronco-costrittrici, quindi andare a verificare la modalità di insorgenza della bronco-ostruzione nel caso in cui ci sia una patologia asmatica. Nel caso di spirometria normale, nonostante la presenza anamnestica di patologie potenzialmente a carico dell’apparato respiratorio dobbiamo comunque innanzitutto andare a verificare se ci sono altre condizioni che possono interferire sulla funzionalità respiratoria. Se invece abbiamo un risultato alla spirometria basale indicativo di una condizione alterata dobbiamo andare a verificare se il risultato ottenuto è indicativo di patologia ostruttiva oppure restrittiva, perché se siamo di fronte a una patologia di tipo restrittivo non dobbiamo assolutamente proporre nessun test di reversibilità perché la patologia restrittiva non sortisce nessun effetto dall’utilizzo di un broncodilatatore perché abbiamo visto che il deficit funzionale non dipende da una bronco-ostruzione. Se invece abbiamo un indice di Tiffeneau inferiore al 70% rispetto al predetto ma con una capacità vitale forzata superiore all’85% dobbiamo eseguire un test con broncodilatatore, quindi andare a verificare la potenziale reversibilità di questa ostruzione. Se dopo il test di reversibilità l’indice di Tiffeneau supera il 70% di quello predetto, verosimilmente ci troviamo di fronte ad una patologia tipo asma bronchiale. Se invece l’indice di Tiffeneau rimane al di sotto del 70% rispetto al predetto verosimilmente ci troviamo di fronte ad una BPCO. Nel caso in cui l’indice di Tiffeneau sia inferiore al 70% e la capacità vitale forzata sia al di sotto dell’85% rispetto al predetto, oltre ad effettuare il test di reversibilità dobbiamo effettuare anche una valutazione del volume residuo e della capacità polmonare totale. Il volume residuo e la capacità polmonare totale devono essere valutati anche quando, nella spirometria di base, abbiamo un risultato indicativo di patologia restrittiva, cioè una riduzione della capacità vitale forzata ma con un indice di Tiffeneau che poco si discosta dal rapporto di questi volumi, cioè dalla VEMS con la capacità vitale forzata rispetto alla norma. Se abbiamo un’evidenza di una capacità polmonare totale inferiore al 90% del predetto, sicuramente siamo di fronte ad una sindrome restrittiva. Nel momento in cui la capacità vitale forzata è diminuita e non c’è un chiaro indice ostruttivo dato dall’indice di Tiffeneau, dobbiamo comunque andare a valutare il volume residuo e la capacità polmonare totale, che risulterà diminuita al di sotto del 90% rispetto al predetto, mentre avremo un aumento della capacità polmonare totale nel caso in cui ci troviamo di fronte a una BPCO perché, essendoci un’ostruzione parzialmente reversibile, è una situazione in cui abbiamo un aumento del volume residuo e conseguentemente un aumento della capacità polmonare totale. L’entità dell’aumento della capacità polmonare dipenderà dal grado di aumento del volume residuo. Sicuramente l’indice di Tiffeneau è fondamentale per le bronco-ostruzioni così come la VEMS. Tuttavia nelle forme parzialmente reversibili nella BPCO è importante andare a valutare anche il volume residuo, di conseguenza la capacità polmonare totale, perché è un ulteriore dato che ci indica la gravità del quadro respiratorio. Picco di flusso espiratorio Altra manovra semplice da eseguire è la valutazione del picco di flusso espiratorio, questo può essere effettuato con strumenti abbastanza maneggevoli che possono essere utilizzati anche a domicilio dal paziente, è particolarmente utile per verificare l’efficacia della terapia bronco-dilatatoria e soprattutto nei soggetti che hanno per esempio una patologia tipo asma bronchiale. Questo è uno strumento che ci consente di misurare la massima velocità di flusso espiratoria che viene raggiunta durante un’espirazione forzata, quello che troverete indicato con l’acronimo di TEF. Mentre nella VEMS andiamo a valutare il volume espiratorio massimo nel primo secondo di espirazione, nel picco di flusso valutiamo la massima velocità di flusso espiratorio sempre durante una espirazione forzata. Questo può essere utile per andare a verificare nell’arco della giornata se la terapia somministrata è adeguata per il controllo della bronco-ostruzione. Test di provocazione bronchiale Il test di provocazione è una spirometria che viene effettuata dopo aver somministrato al paziente sostanze che possono determinare bronco-ostruzione come la metacolina. Si effettua nel caso in cui abbiamo un dato anamnestico indicativo di una patologia tipo asma bronchiale nell’ambito della quale l’esame spirometrico sia assolutamente risultato nella norma. Ci sono ovviamente delle controindicazioni al test di provocazione: non ha senso farlo se c’è una riduzione della VEMS e in particolare c’è una controindicazione assoluta se la riduzione della VEMS è inferiore al 50% del predetto o relativa nel caso in cui ci sia una riduzione della VEMS inferiore al 60%. C’è una controindicazione assoluta anche nel caso in cui il soggetto abbia avuto un infarto acuto del miocardio 3 mesi prima dell’esecuzione del test oppure un’ipertensione arteriosa non adeguatamente controllata dal punto di vista farmacologico o un’ipertensione non controllata perché magari non è stata ancora intrapresa la terapia antipertensiva. Sono manovre da evitare durante la gravidanza. Si va a valutare la VEMS dopo aver dato sostanze potenzialmente bronco-ostruttive come la metacolina o l’istamina oppure dopo la somministrazione per via inalatoria di soluzioni iperosmolari, si parte a concentrazioni estremamente basse e si somministrano concentrazioni progressivamente più elevate ogni 5 minuti. Tra una somministrazione e l’altra si vanno a ripetere la VEMS e il test di provocazione che viene considerato positivo nel caso in cui si ottenga una riduzione della VEMS superiore del 20% rispetto a quello iniziale. Parleremo di test di provocazione positivo nel caso in cui ci sia la riduzione del 20% della VEMS. Occorre fare una precisazione: utilizzando la metacolina a concentrazioni progressivamente più elevate anche in condizioni normali di pazienti che non hanno patologia asmatica che vanno incontro a riduzione della VEMS, questa riduzione maggiore del 20% rispetto a quello basale si ottiene per concentrazioni estremamente più elevate rispetto al paziente con patologia asmatica. Quindi per andare a definire la situazione della riduzione del 20% della VEMS rispetto alla concentrazione sarà nel caso in cui utilizziamo per esempio la metacolina ci deve essere una riduzione del 20% della VEMS per concentrazioni che sono superiori ai 16 mg/ml. Vedete invece che nel caso in cui si abbia una risposta di tipo moderato-grave il soggetto in questione ha avuto una riduzione della VES di almeno il 20 % rispetto alla condizione normale, concentrazioni che sono al di sotto di 1 mg/dl; quindi la riduzione della VES dev'essere correlata con la concentrazione della sostanza provocativa somministrata per via inalatoria. Questo cosa significa? Significa che non viene effettuato il test che potenzialmente può mettere a rischio il paziente, di conseguenza viene valutata con quella che è la riduzione della VES e si va a stabilire qual è la dose che provoca questa riduzione di VES. Tutto questo per dire che nel soggetto asmatico essendoci una risposta esagerata nei confronti di sostanze che provocano la bronco-ostruzione, si ha quindi una risposta alla riduzione della VES in virtù dell'insorgenza di una broncoostruzione grazie all'inalazione di quella che può essere o la metacolina o l'istamina in concentrazioni che nel soggetto normale, quindi libero dalla condizione asmatica, non crea assolutamente una riduzione della VES. Quindi questo test viene utilizzato solamente nel momento in cui vi sia un sospetto di patologia asmatica ma la spirometria basale sia risultata nella norma o lievemente alterata o con un risultato dubbio per quanto riguarda la bronco-ostruzione. Se abbiamo avuto un dato basale normale ovviamente non occorre effettuare il test di reversibilità perché significa che nel momento in cui stiamo osservando il paziente non c'è bronco-ostruzione e quindi non possiamo osservare quel miglioramento della VES visto che si partirà da valori normali o al limite di poco inferiori alla norma; quindi nel momento in cui abbiamo un sospetto di asma bronchiale non ci resta che effettuare il test di provocazione ossia i test di valutazione della capacità respiratoria. Abbiamo visto quindi: la spirometria con la valutazione dell'indice di ostruzione o indice dell'enfisema, ma ancora chiamato indice di Tiffeneau e abbiamo quindi valutato i volumi polmonari statici e i volumi polmonari dinamici e nell'ambito della valutazione dei secondi, oltre agli indici appena ricordati abbiamo anche i test di reversibilità e i test di stimolazione e quindi di induzione alla broncoostruzione per verificare se c'è un’iper-reattività bronchiale e ancora il test di flusso espiratorio. Completiamo quella che è l'analisi funzionale ventilatoria grazie a test che ci permettono di valutare quella che è la performance funzionale dei muscoli respiratori; con questi test si valuta la capacità funzionale sia dei muscoli inspiratori che espiratori e questi test si effettueranno nel caso in cui abbiamo una spirometria indicativa di un deficit respiratorio di tipo restrittivo e dal punto di vista anamnestico e clinico obbiettivo possiamo avere il sospetto di una patologia di tipo neuro-muscolare e di conseguenza si va a valutare l'efficacia e le performance funzionali di questi due gruppi muscolari. Esistono appunto dei sistemi che consentono di valutare la forza sia dei muscoli inspiratori che espiratori ma quelle che si deve ricordare di questa fase è che la forza esplicata dai muscoli inspiratori in condizioni normali è di circa 80 mm/Hg mentre in quelli espiratori è di 120 mm/Hg. Questi sono test che non vedrete nella pratica routinaria mentre la spirometria è un test largamente utilizzato e non solo nell' ambito della specialistica pneumologica ma avrete modo di vederli anche nei reparti di medicina interna e di chirurgia (nei reparti di chirurgia spesso la spirometria viene richiesta dall'anestesista che valuta il rischio operatorio; questo poiché nell'ambito della valutazione del rischio operatorio sulla scorta di quella che è la storia clinica del paziente, può essere necessario effettuare una spirometria). I test riguardanti la performance dei muscoli respiratori invece, nel momento in cui vi sia una patologia neuromuscolare, vengono applicati soprattutto in ambito neurologico; queste condizioni possono insorgere in corso di sclerosi multipla, miastenia gravis o SLA. Nella prosecuzione di quelli che sono i test di valutazione della funzionalità polmonare, completate le valutazioni delle ventilazione, dobbiamo andare a valutare quelli che sono gli scambi gassosi quindi andare a valutare quella che è la diffusione attraverso il "test del singolo respiro" e attraverso il test dell'emogas analisi arteriosa. Per quanto riguarda la diffusione, ricordiamo che il processo di diffusione dell'ossigeno e dell'anidride carbonica dipende ovviamente non solo dall'ambiente alveolare ma da tutta la membrana alveolo capillare; quindi noi possiamo avere alterazioni a carico del processo di diffusione per alterazioni nella membrana di scambio. L'alterazione può riguardare o l'ambiente alveolare oppure l'interstizio alveolare. Quindi nel caso in cui vi sia un'alterata diffusione a livello della barriera alveolare siamo di fronte a una condizione nella quale ci può essere la presenza di essudato, per esempio durante un processo flogistico polmonitico; ovviamente se è presente essudato a livello alveolare la diffusione sarà estremamente difficile. La diffusione sarà ostacolata anche nel caso in cui sia presente trasudato, per esempio nel caso in cui ci sia edema polmonare, quindi in presenza di liquido a livello alveolare che ostacola la diffusione dei gas oppure in una patologia che va a determinare un aumentato spessore di quella che è la membrana alveolo-capillare, nel caso in cui ci sia un ispessimento dell’interstizio alveolare, in caso per esempio di fibrosi polmonare. Per verificare la capacità di diffusione dei gas si va ad effettuare il test del singolo respiro utilizzando un gas che presenta un’altissima affinità con l’emoglobina, l’ossido di carbonio. Il test si effettua facendo inalare al soggetto che stiamo valutando una miscela contenente elio, in una concentrazione del 10 %, e una concentrazione di ossido di carbonio pari a 0,3 (quindi bassissima). Una volta fatto ciò si vanno a misurare le concentrazioni di gas nell’aria espirata. Nello specifico, il soggetto viene invitato ad effettuare almeno cinque atti respiratori a volume corrente, quindi il test deve essere preceduto da una serie di atti respiratori in condizioni normali, dopo di che si fa effettuare al paziente un’espirazione profonda al fine di eliminare il volume di riserva espiratorio. In seguito il soggetto dovrà effettuare una inspirazione forzata fino al raggiungimento di quella che è la capacità polmonare totale, data dalla capacità vitale sommata al volume residuo. Una volta effettuata questa espirazione profonda, il paziente si troverà nella situazione del “volume residuo”. Una volta raggiunta tale fase il soggetto effettuerà un’inspirazione forzata che svolgerà solo dopo essersi collegato alla sorgente del gas e quindi alla miscela di cui abbiamo parlato precedentemente. Il soggetto dopo dovrà permanere nella condizione di inspirazione forzata, in un’apnea di 9-10 secondi in seguito alla quale verrà effettuata l’espirazione forzata che poi sarà per l'appunto analizzata. Per valutare le differenze di concentrazione dei gas tra aria inspirata ed espirata bisogna conoscere esattamente le concentrazione dei medesimi, quindi durante l’analisi dobbiamo ricordarci che nell’aria inspirata c’è una quantità d’aria che non ha partecipato agli scambi gassosi; dunque verranno eliminati dal nostro calcolo i primi 150 ml di aria espirata (spazio morto anatomico). Ricordiamo che quest’aria non parteciperà agli scambi gassosi poiché non ha a disposizione parenchima polmonare. C’è ancora da sottolineare che oltre allo spazio morto anatomico c’è anche lo spazio morto meccanico fisiologico che indica che non tutti gli alveoli sono i fase funzionale, tant’è vero che il rapporto perfusione-ventilazione in condizioni fisiologiche non è 1 ma è 0,8 e andando dagli apici polmonari verso le basi abbiamo una riduzione progressiva dell’attività ventilatoria. Quindi per poter effettuare questo test andremo ad eliminare i 150 ml e ad analizzare il restante litro di aria. Ovviamente anche nel test del singolo respiro si effettua un confronto con delle tabelle che riportano quale dev’essere la quantità di ossido di carbonio presente nell’aria espirata in relazione al sesso e all’età.