CAPITOLO 2
Crisi del 29 e New Deal rooseveltiano
All’inizio del 1920, gli Stati Uniti si andavano affermando come Stato Guida del mondo capitalistico. Il presidente
democratico Wilson tentò di consolidare questo ruolo attraverso una politica di difesa della libertà, della democrazia
e dell’autonomia dei popoli contro i nazionalismi europei. Il nuovo governo di Harding adottò un atteggiamento
isolazionistico sia nel campo politico che in quello economico, per difendere i prodotti nazionali. Nel 1919 fu emanata
la legge sul proibizionismo che vietava la vendita di alcolici e che fini per favorirne il traffico illegale. La politica
conservatrice di Harding fu proseguita da Coolidge che però favorì le esportazioni verso l’Europa per soddisfare il
mondo industriale statunitense. Coolidge con il finanziere Dawes predispose nel 1924 un sistema di aiuti finanziari
ai Paesi vinti. I fondi americani riuscirono a rivitalizzare l’economia europea che poté restituire agli stati uniti i
prestiti bellici. I capitali cosi ottenuti venero reinvestiti nel vecchio continente favorendo un boom economico.
Il benessere crescente, la speculazione, i facili guadagni crearono negli Stati uniti una crisi di sovrapproduzione. Il
mercato internazionale divenuto a poco a poco stagnante, si trovò nell’impossibilità di assorbire le eccedenze
produttive e ciò determinò una crisi gravissima con una serie di conseguenze a catena. La borse di Wall Street crollò
il 24 ottobre del 1929, le fabbriche chiusero e le banche fallirono; la produzione industriale calò vertiginosamente,
mentre crebbero disoccupazione e povertà. La crisi degli stati Uniti si propagò in tutto il mondo, soprattutto in Europa.
A risollevare gli Stati uniti dalla crisi contribuì con tempestività e decisione il nuovo presidente Franklin Delano
Roosevelt che elaborò un piano di emergenza detto New Deal (nuovo Corso). Pur accettando l’esistenza del sistema
capitalistico Roosevelt era infatti convinto dell’assoluta urgenza di porre precisi limiti alla crescita senza controlli e
all’eccessiva libertà concessa all’iniziativa individuale dai governi repubblicani. Il New Deal rappresentò una decisa
tendenza ad allontanarsi da un’economia libera di tipo privatistico per adottare un’economia guidata basata su un
energico intervento dello Stato. Roosevelt riuscì, anche a costo di aumentare il deficit dello stato, a combattere la
disoccupazione e sollecitò con ogni mezzo il mercato, favorendo l’aumento degli stipendi e dei salari. Inoltre riuscì
a condurre con risultati positivi la propria battaglia in favore di un diretto intervento del potere pubblico negli affari
privati.
© Federico Ferranti S.T.A.
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