lezione dell`avvocato enrico moscoloni

Presidente Luigi Domenico Cerqua
Il delitto di stalking
a
IL DELITTO DI STALKING
Buongiorno, sono Luigi Domenico Cerqua, Presidente di Sezione della Corte di
Appello di Milano.
Oggi parliamo di un nuovo reato, di una nuova ipotesi delittuosa, inserita nel codice
penale. Parliamo del delitto di “stalking”, se vogliamo usare un termine inglese,
parliamo, più precisamente, secondo la denominazione italiana data dal legislatore
alla nuova figura di reato, del delitto di atti persecutori.
Il delitto di atti persecutori, previsto dall’art. 612 bis del codice penale, è stato
introdotto dall’art. 7 del Decreto Legge 23 febbraio 2009 n. 11, convertito nella
Legge 23 aprile 2009 n. 38.
La nuova figura di reato di cui dovremo parlare è in vigore dal 25 febbraio 2009.
In che cosa consiste questa nuova figura di reato, in che cosa consistono gli atti
persecutori? La legge punisce, salvo che il fatto costituisce reato più grave, con la
reclusione da 6 mesi a 4 anni, chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta
taluno, in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero
da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto
o di una persona al medesimo legata da una relazione affettiva, ovvero da costringere
lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
Era una figura di reato della quale si sentiva la mancanza nell’ordinamento penale
italiano. Figura di reato presente, invece, in numerose, potremmo dire, legislazioni
straniere.
Ecco, che cosa dovremmo dire? Innanzi tutto, potremmo parlare e dire che il
fenomeno degli atti persecutori, così come previsto dal legislatore, è un fenomeno
diffuso nella società contemporanea, è un fenomeno che può rivelare delle patologie
comportamentali, patologie al punto tale che possono sfiorare la seminfermità di
mente e, addirittura, la totale incapacità di intendere e di volere. Ma di questo non
vogliamo parlare, diciamo soltanto quali possono essere le figure, gli atteggiamenti,
le condotte dello stalker: ecco, ritorniamo con l’etimologia inglese. Lo stalker, in
sostanza, è il cacciatore in agguato, il cacciatore che stana la preda, avvicinandosi alla
preda di soppiatto. In questo caso si tratta di una persona - dalle ricerche effettuate in
Italia e all’estero - per di più è una persona di sesso maschile che tiene, vogliamo
dire, un comportamento associato - anche secondo delle ricerche effettuate
dall’Università di Modena - nell’ambito di patologie relazionali. E noi potremmo
definire lo stalker quella persona affetta da una sindrome, si è detto in dottrina, del
molestatore assillante, una sindrome di intrusione relazionale ossessiva nella vita di
un’altra persona, nella vita della vittima e la dottrina ha individuato cinque tipi di
stalker:
 lo stalker soggetto risentito, che intende vendicarsi di un torto subito, per lo più
un torto presunto;
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 lo stalker bisognoso di affetto, che agisce per l’esigenza di attirare su di sé
delle attenzioni;
 lo stalker corteggiatore incompetente, i cui comportamenti degenerano proprio
per la sua scarsa capacità per la sua scarsa competenza nella vita di relazione;
 lo stalker respinto, e si comprende perfettamente chi è, è colui che reagisce per
di più nell’ambito di una relazione sentimentale, affettiva, che reagisce a un
rifiuto, che reagisce ad un abbandono;
 abbiamo anche - non so se è la figura più pericolosa o meno, questo non lo
posso dire - comunque c’è anche lo stalker predatore, secondo quelle
classificazioni, dicevo, della letteratura, che è mutilato da mire di carattere
sessuale sulla vittima ed è eccitato proprio dal disagio, dalla paura che provoca
nei confronti della vittima stessa.
Ecco, detto questo, noi possiamo dire, o meglio possiamo sicuramente salutare
positivamente e apprezzare l’introduzione di questa nuova figura di reato. Non
dobbiamo dimenticare che il legislatore, accanto alla previsione di una nuova
fattispecie delittuosa, ha previsto anche una tutela preventiva, se così possiamo
dire, della vittima, configurando uno speciale istituto: l’ammonimento da parte del
questore; l’ammonimento del questore appositamente disciplinato per tale ipotesi
di reato, dicevo, con un’efficacia preventiva. Ha previsto, inoltre, quindi ha
corredato l’ipotesi delittuosa anche da una nuova misura: il divieto di
avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, una nuova misura
cautelare che è andata ad arricchire le misure cautelari previste dal codice del rito
penale e potremmo aggiungere, per quanto riguarda la modifica del codice civile,
potremmo aggiungere che il legislatore, con lo stesso provvedimento legislativo,
ha prolungato fino ad un anno, dai sei mesi originari, la durata massima
dell’ordine di protezione previsto dall’art. 342 ter del codice civile.
Detto questo, delineate le figure del soggetto attivo della nuova ipotesi delittuosa,
noi potremmo dire che la nuova ipotesi delittuosa in che cosa consiste, in che cosa
si sostanzia? Beh, innanzitutto si sostanzia – avevamo parlato di patologie nella
vita di relazione – e, quindi, si sostanzia in comunicazioni indesiderate, per
esempio, in comunicazioni indesiderate che possono essere lettere, che possono
essere telefonate, che possono essere biglietti, che possono essere delle e-mail
ecc., nei confronti della vittima stessa o anche nei confronti dei parenti della
vittima della vittima. Si sostanzia la condotta che integra gli atti persecutori, per
esempio, anche in contatti con la vittima designata, che potrebbero essere contatti
nel luogo di lavoro, contatti sotto l’abitazione, nei pressi o nelle vicinanze del
luogo di lavoro, ovvero anche in comportamenti associati; ecco, parlavo prima di
una recente ricerca dell’Università di Modena, comportamenti associati che danno
vita al reato di cui discutiamo, cioè al reato di atti persecutori: per esempio, forse
fa sorridere, la cancellazione di ordini precedentemente effettuati dalla vittima; un
giovane studioso dell’Università di Milano, per esempio, ha ricordato un fatto
caratteristico, vero, capitato in Germania, di uno stalker che ogni giorno faceva
recapitare al domicilio della vittima un certo numero di pizze; altri
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comportamenti, che potrebbero essere l’annullamento di una prenotazione al
ristorante, l’annullamento dell’abbonamento a delle riviste; addirittura, che so io,
la disdetta dei contratti di fornitura di acqua, di gas, di energia elettrica; non solo,
altro caso che potrebbe far sorridere, ma certamente non ha fatto sorridere la
vittima, è la pubblicazione su un quotidiano locale di un annuncio in cui tizia, la
vittima, si offriva a casa, come offriva le proprie prestazioni di massaggiatrice a
domicilio.
Sono tutte condotte, ovviamente che creano disagio, che creano fastidio, sono tutte
condotte che, se reiterate, trattasi di reato abituale, quello di cui stiamo discutendo,
di cui stiamo parlando, sono condotte che possono provocare uno degli effetti, uno
degli eventi che la norma tipicizza. Dobbiamo sottolineare, già la dottrina l’ha
sottolineato, che si tratta per lo più di condotte prive di violenza sulla vittima,
prive cioè dell’impiego di un’energia fisica nei confronti della vittima. Il che vuol
dire che, se a queste condotte, esemplificatamente ne ho indicate alcune, se a
queste condotte si associa un comportamento violento, evidentemente si avrà un
concorso di reati tra reato di atti persecutori, oggetto di questa mia conversazione,
in concorso con la violenza privata, con le lesioni personali, e in concorso, magari
anche, con la violenza sessuale. Ecco, ho detto poc’anzi che si pensava, c’era la
necessità dell’introduzione nel sistema penale di questa nuova figura di illecito.
Perché questa necessità? Necessità perché o non c’erano, non erano riscontrabili
nell’ordinamento norme che punissero questa condotta abituale, ovverosia, si
trattava di fattispecie bagatellari, intendo parlare del delitto di minaccia, della
contravvenzione di molestia alle persone, rispettivamente previsti, i due reati,
dall’art. 612 e dall’art. 660 del codice penale, che offrivano una risposta
sanzionatoria nei confronti di queste forme di reato, certamente blanda. Basti
pensare che la contravvenzione di molestia e disturbo alle persone è una
contravvenzione, il più delle volte, oblazionale. Ecco, se noi veniamo ad
esaminare, se noi veniamo ad esaminare brevemente, nell’ambito di una rapida
esegesi della norma incriminatrice di quell’art. 612 bis del codice penale, noi
diciamo innanzitutto che si tratta di un reato abituale, di un reato abituale che si
realizza, che viene integrato da una serie di condotte reiterate di minaccia o di
molestia. E’ proprio la serie di condotte reiterate di minaccia e di molestia che
caratterizza il disvalore dell’illecito penale di cui noi stiamo discutendo. Alcuni
esempi li ho fatti, se ne potrebbero aggiungere altri, pensiamo alle telefonate, mute
magari, nel corso della notte, pensiamo ad altri comportamenti che naturalmente
possono cagionare e cagionano danno alla vittima, alla persona nei confronti della
quale tale comportamenti sono diretti. Non voglio dilungarmi, e il tempo non lo
consente, a parlare della minaccia, ma sulla nozione di minaccia, è una nozione
nota al diritto penale, nota ai penalisti, si tratta di un elemento normativo sul quale
la giurisprudenza e la dottrina hanno fornito una univoca interpretazione e così
direi per quanto riguarda la molestia. Anche per quanto riguarda la molestia, la
norma, lo abbiamo già detto, il comportamento consiste nel molestare o
minacciare taluno con condotte reiterate dicevo, anche la molestia è una condotta
che è conosciuta, ben conosciuta nel sistema del diritto penale, per cui non c’è che
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da rinviare alla interpretazione della dottrina e della giurisprudenza resa a
proposito dell’ art. 660 del codice penale. Sono condotte che recano turbamento,
che recano intrusione nella sfera psichica di un soggetto, che recano turbamento al
soggetto stesso, che alterano quindi le condizioni normali di vita del soggetto, che
incidono sulla tranquillità personale, direi, e sulla libertà morale della vittima e,
oserei dire, che tranquillità personale e libertà morale della vittima costituiscono
l’oggettività giuridica di tale figura di illecito. L’oggettività giuridica, ovvero il
bene protetto dalle norme stesse.
Reato abituale, ho detto poc’anzi: ecco, reato abituale, quindi, che si risolve in una
serie, reiterate, come dice anche la norma incriminatrice, di condotte che si
svolgono nel tempo. Qui, naturalmente, l’interpretazione della norma è lasciata al
sano apprezzamento degli operatori del diritto, al sano apprezzamento dei giudici,
degli avvocati e, vedremo anche, della letteratura e della dottrina. Certo, reiterate
condotte di minaccia e di molestia, più condotte – la norma non ci dice a distanza
di ventiquattro ore l’una dall’altra o a distanza di una settimana o di un mese.
Naturalmente, non è possibile, infatti, fissare in termini astratti, in termini generali
quando più condotte di minaccia o di molestia possano integrare il delitto di cui
discutiamo. Occorrerà, naturalmente, valutare ogni singola condotta di minaccia e
di molestia nel contesto concreto in cui queste condotte vengono tenute e, quindi,
valutare il comportamento del soggetto, onde accertare se si tratti di uno stalker o
meno, nell’ambito, quindi, di una valutazione globale, complessiva della sua
condotta. Si potrebbe dire ed è un reato molto vicino a quello di cui stiamo
parlando, che può valere per risolvere alcuni problemi ermeneutici che si
pongono, che si sono posti e che si porranno senz’altro - la norma è giovane, la
norma ha meno di un anno di vita- ecco, potranno valere, dicevo, per risolvere dei
problemi interpretativi, potranno valere quelle considerazioni o le affermazioni
della dottrina e della giurisprudenza fatte a proposito di un altro reato abituale,
simile a quello di cui discutiamo, e cioè, al reato di maltrattamenti in famiglia.
Reato di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli che è reato anch’esso
abituale, reato anch’esso che si caratterizza da un contesto, da una cornice unitaria
di condotta nell’ambito del quale sono collegati, già sul piano oggettivo oltrechè
su quello soggettivo, i singoli comportamenti del soggetto. Ecco, quindi, molta
precisazione, o comunque, soluzioni potranno essere fornite proprio dall’esame
della dottrina e della giurisprudenza in materia di maltrattamenti in famiglia ex art.
572 del codice penale.
L’evento. E’ un reato di evento quello di cui stiamo discutendo. E’ un reato di
evento quello di cui stiamo discutendo, credo che questo non si possa porre in
dubbio, anche se si legge in giurisprudenza qualche, mi pare, qualche prima
decisione in senso diverso. E’ un reato di evento, perché risulta chiaramente che le
condotte reiterate debbono cagionare, debbono essere poste in essere in modo da
cagionare un perdurante stato di ansia o di paura, l’effetto della condotta, ovvero
da ingenerare un fondato timore per l’incolumità della persona, e poi vedremo
meglio di che si tratta, ovvero devono costringere la persona ad alterare la propria
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condotta di vita. Si tratta, quindi, di un reato di evento, anche se la norma dice “in
modo da cagionare” un reato di evento che, quindi, consente il tentativo per il
quale il tentativo è astrattamente ammissibile. Che dire ancora? Un reato di evento
caratterizzato da tre eventi alternativi: ne basta uno solo, tant’è che il legislatore
usa “o questo, o questo, o questo”, si tratta, dunque, di tre eventi alternativi,
possono realizzarsi, verificarsi tutti e tre, ma ne è sufficiente uno solo per la
integrazione del reato. Ecco, si tratta di fattispecie indeterminata sotto il profilo
penalistico, si è posto anche questo problema. Il Consiglio Superiore della
Magistratura, per esempio, nel parere formulato a proposito di questa norma ha
dichiarato che non si può accusare il legislatore di aver dettato una norma
deficitaria sotto il profilo della tassatività, determinatezza o precisione, perché,
dopo tutto, le condotte reiterate devono essere interpretate in funzione di quegli
eventi tipizzati dalla norma, di quegli eventi che possono essere uno o possono
essere più; ovviamente, se se ne verificano più come conseguenza della condotta
abituale, ma, evidentemente, saremo comunque pur sempre in presenza di un solo
reato. Ecco, che dire? Mah, per quanto riguarda il primo evento anche qui, forse
qualche discussione si può porre, anzi, si pone senz’altro qualche discussione,
l’effetto sulla salute della vittima.
Il primo evento consiste nel cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di
paura: evidentemente è un accertamento che dovrà compiere il giudice, un
accertamento posto in essere su un piano strettamente psicologico e, quindi, un
accertamento per quanto riguarda il grave stato di ansia e di paura, per quanto
riguarda, quindi, l’effetto della condotta che consiste forse in una forma patologica
caratterizzata da stress e direttamente riconducibile alle condotte abituali di cui
abbiamo detto, io riterrei che molto spesso, nella maggioranza dei casi, occorrerà
l’opera di un perito, occorrerà l’opera di un accertamento di un esperto.
Il secondo effetto della condotta, alternativo, non cumulativo, è quello di
ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria, e qui capiamo
perfettamente, per l’incolumità propria della vittima, per l’incolumità di un
prossimo congiunto - sul prossimo congiunto sappiamo la definizione normativa,
data dall’art. 307, quarto comma, del codice penale - o, dice la norma, di una
persona al medesimo legata da una relazione affettiva: è un errore della norma. Il
legislatore voleva dire alla vittima, al prossimo congiunto o a persona legata da
una relazione affettiva alla vittima, non già legata da una relazione affettiva al
prossimo congiunto. L’interpretazione rigorosamente letterale induce a dire che la
persona legata da una relazione affettiva dovrebbe essere la persona legata da una
relazione affettiva al prossimo congiunto della vittima. Il legislatore non aveva di
certo questa intenzione, era già stato segnalato l’errore nella formulazione della
norma. Io ritengo che questo errore in via interpretativa si possa agevolmente
risolvere, nel senso che non avrebbe senso attribuire al soggetto legato da una
relazione affettiva ad un congiunto della vittima una tutela che, invece, sarebbe
negata a un soggetto direttamente legato alla vittima. Quindi, credo che problemi
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particolari non dovrebbero sorgere. Ecco, si deve trattare, però, di un fondato
timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto. Che cosa significa? Il
legislatore non ha detto solo timore, ma ha usato anche l’aggettivo fondato. E qui
bisogna intenderci. Ci sono già state discussioni e diverse interpretazioni; si
potrebbe dire: un fondato timore, un timore ragionevole e allora, se così fosse, noi
dovremmo dire che se il fondato lo riteniamo come timore ragionevole, allora noi
dovremmo dire che sono escluse dalla tutela le persone facilmente
impressionabili, le persone affette da qualche malattia, proprio le persone più
indifese per le quali il timore fondato non sarebbe ragionevole. Io direi che non è
questa la ratio della norma. Non si può escludere proprio le persone più indifese, il
cui timore non sarebbe ragionevole per la generalità dei consociati, escluderle
proprio dalla difesa prestata dall’art. 612 bis; e allora, che cosa si potrebbe dire? Si
potrebbe dire, secondo una diversa interpretazione, forse è preferibile - vedremo la
giurisprudenza, vedremo gli ulteriori approfondimenti della dottrina, ve l’ho già
detto, la norma è in vigore dal 25 febbraio scorso - si potrebbe dire, forse, che il
ragionevole timore, che l’aggettivo ragionevole va interpretato come timore reale,
come timore accertato da parte del giudice, forse è superflua questa qualificazione,
comunque c’è e forse alla qualificazione si potrebbe dare questa seconda
interpretazione, altrimenti ci sarebbe il rischio di non prestare tutela, come dicevo,
a soggetti deboli e indifesi, quindi forse si può considerare che il legislatore ha
usato questo termine per parlare di timore accertato, accertato puntualmente nel
corso del processo, nel corso delle indagini.
Il terzo effetto, il terzo effetto, che deve essere la conseguenza sulla base di un
rapporto di causalità materiale, che lega l’evento alla condotta. Il terzo evento o il
terzo effetto è dato dal fatto di costringere lo stesso, cioè la vittima, la persona
offesa, ad alterare le proprie abitudini di vita. E che vuol dire? Beh, siamo
nell’ambito di una norma penale, che punisce il reato di atti persecutori, con la
reclusione da sei mesi a quattro anni, siamo nell’ambito di una norma penale che
consente, data la misura della pena, la custodia cautelare in carcere, quindi, siamo
nell’ambito, come in ogni norma del codice penale, come in ogni norma del nostro
ordinamento che impone un’interpretazione cum grano salis. Che cosa voglio
dire? Voglio dire, quali sono le abitudini che debbono essere alterate, le abitudini
della vittima che vengono alterate dal comportamento dello stalker? Mah, se io la
mattina vado con gli amici a prendere il caffè nel bar sottocasa e, dal momento di
un certo comportamento di uno stalker, mi sposto di dieci metri e il caffè lo
prendo in un bar lì vicino, possiamo dire che questo realizza, sotto il profilo
dell’evento, il delitto di cui discutiamo? Se io porto a passeggio il cane - faccio
un’ipotesi assurda, non ho alcun animale né vorrei averlo - in un parco diverso dal
parco cittadino, potremmo forse dire che vengono alterate le mie abitudini, sia
pure come conseguenza di una condotta reiterata di minaccia o di molestie? Mah,
io direi di no. Direi di no, nel senso che non può essere integrata la norma penale
da condotte minime, o meglio, da effetti minimi di una condotta reiterata di
molestia e di minaccia. Occorre stabilire, io direi con intelligenza, cum grano
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salis, una soglia minima di rilevanza penale, la modifica di piccole abitudini, di
quelle piccole abitudini della vita nostra, le piccole abitudini di tutti i giorni: una
lieve, parziale, modifica, a mio avviso, non giustificherebbe - ancorchè legata ad
una condotta reiterata di minaccia o di molestie - non giustificherebbe, dicevo, un
cambiamento minimo delle abitudini di vita, una condanna per il delitto di cui
stiamo discutendo; e si potrà parlare poi se è un fatto conforme al tipo, ma non
lesivo, cosa che io non ritengo possa correttamente ipotizzarsi, o, più
precisamente, se si tratti, ove si tratti di questa modestissima alterazione delle
condotte di vita, si tratti in realtà di un fatto non conforme al tipo di reato; ma qui
ci porterebbe il discorso molto lontano, a proposito della teoria generale del reato,
che non è il caso di affrontare in questa sede.
Ecco, detto questo, dopo una rapida analisi della condotta, per quanto riguarda
l’elemento soggettivo, beh io direi è l’elemento soggettivo, è il dolo l’elemento
soggettivo, tipico dei reati a condotta abituale, dei reati abituali, il dolo tipico di
quei reati, un dolo che si riscontra in un’ipotesi molto simile che è quella, come ho
già detto, dei maltrattamenti, un dolo, senz’altro unitario, un’intenzione criminosa
che travalica i singoli atti, ma che coinvolge la reiterazione della condotta. Ma è
inutile che ci diffondiamo o che parliamo ancora o che indugiamo sul bene
giuridico oggetto di tutela. Dell’oggettività giuridica abbiamo già detto, la
tranquillità psichica, la serenità psichica costituiscono l’oggetto di tutela; oggetto
di tutela strumentale, forse, ai fini di evitare più gravi conseguenze e più gravi
reati e oggetto di tutela che ben si comprende anche dall’inserimento del delitto di
atti persecutori, l’art. 612 bis, proprio nell’inserimento nell’ambito delle
fattispecie delittuose poste a tutela della libertà morale della persona.
Ecco, si dice, la norma esordisce dicendo “salvo che il fatto costituisca più grave
reato”: che vuol dire? Siamo in presenza di una clausola di riserva in base alla
quale la norma potrà trovare applicazione, sempre se la sua condotta non integri
un’ipotesi più grave di reato. E qui dobbiamo intenderci. Nei rapporti tra il reato
di atti persecutori e più gravi reati dovremmo dire che il più grave reato assorbe
quello di cui stiamo discutendo, ma sempre se il più grave reato esaurisce il
disvalore del reato di cui stiamo discutendo. Che cosa voglio dire? Voglio dire che
la clausola di sussidiarietà che è relativamente indeterminata “salvo che il fatto
costituisca più grave reato” non può trovare un’indiscriminata applicazione. Che
cosa voglio dire? Voglio dire che l’operatività dell’art. 612 bis del codice penale
potrà essere paralizzata solo nei casi in cui il reato più grave è in grado di
assorbire effettivamente il disvalore dell’evento tipico degli atti persecutori. E
questo potrà avvenire quando l’offesa arrecata riguardi il medesimo bene o un
bene omogeneo leso da altro reato. Intendo dire che in tutti quei casi in cui il
disvalore di un reato più grave non assorba completamente quello di cui
discutiamo, beh in tutti questi casi sarà configurabile un concorso di reati. Un
concorso di reati che può avvenire tra le lesioni e il reato di atti persecutori; un
concorso di reati, forse, tra il danneggiamento e gli atti persecutori, ma certamente
un concorso di reati tra la violenza sessuale e gli atti persecutori. La violenza
sessuale, certamente, è punita più gravemente, ma io non direi che il delitto di
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violenza sessuale esaurisca la tutela prestata dagli atti persecutori, con la
conseguenza, io ritengo, che in casi di questo genere si dovrà configurare, a mio
avviso, correttamente, un concorso tra le due figure di reato. Il discorso, forse, è
diverso, il discorso è differente per quanto concerne i maltrattamenti in famiglia ne ho già parlato più volte - la cui struttura è analoga a quella degli atti
persecutori, reato di maltrattamenti in famiglia che, reato più grave, potrà
assorbire il reato di cui noi stiamo discutendo. Assorbimento, in questo caso,
concorso materiale con gli atti persecutori.
Sono previste delle circostanze aggravanti. Sono previste delle circostanze
aggravanti: la pena è aumentata, se il fatto è commesso dal coniuge legalmente
separato o divorziato, o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla
persona offesa. E allora noi dovremo dire che è una circostanza soggettiva che
riguarda i rapporti intercorrenti tra la persona offesa e l’autore del reato. Ecco, una
circostanza oggettiva che ha di mira, che considera il coniuge legalmente separato
o divorziato e, per esempio, non si comprende, o stento a comprendere, la ragione
per cui, per esempio, il legislatore abbia escluso dalla previsione circostanziale il
coniuge separato solo di fatto. Ecco, poi si parla di persona che sia stata legata da
relazione affettiva alla persona offesa. Da relazione affettiva, che vuol dire?
Vedremo che diranno la giurisprudenza e la dottrina: io riterrei, secondo anche
quello che si verifica più spesso, da una relazione affettiva, da una relazione
sentimentale. Ecco, direi che in questo caso, però, il legislatore ha considerato: è
ragionevole questo? Pongo solo la domanda, non dò la risposta, se mi è
consentito, ha considerato più grave la posizione di chi ha intrattenuto in passato
una relazione affettiva, piuttosto di chi intrattenga al momento del fatto una
relazione affettiva con la vittima. Non lo so, ci può essere forse qualche dubbio,
qualche perplessità, su questa previsione, perché solo chi nel passato era legato da
una relazione affettiva alla persona offesa e non nel presente? Beh, potremmo
pensare ad un soggetto affetto da una grave forma di gelosia, che compia degli atti
persecutori nei confronti della persona, la moglie, la compagna, con la quale in
atto sia legato da una relazione affettiva. Abbiamo, poi, altre circostanze
aggravanti, aggravanti di natura speciale: la pena è aumentata sino alla metà se il
fatto è commesso in danno di un minore. Io credo che su questi punti non occorra
spendere troppe parole, se il fatto è commesso in danno di un minore, e sappiamo
di chi si tratta, se il fatto è commesso in danno di una donna in stato di gravidanza
ovvero in danno di una persona con disabilità, secondo quanto prevede l’art. 3
della legge 3 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Sgombriamo subito il campo dalla definizione di armi, rinviamo alla notevole
giurisprudenza e dottrina in materia di armi, in materia di analoga circostanza che
consiste nella commissione del fatto da persona travisata che abbiamo, per
esempio, nel delitto di rapina, il fatto ai danni di minori non suscita dubbi e
neppure, ritengo, dubbi particolari, in danno di persona affetta, una persona con
quella disabilità di cui alla famosa legge 104 del 1992. Una cosa preme rilevare,
cioè che nel caso nostro, nel caso del delitto di atti persecutori non viene
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richiamato l’art. 609 sexies del codice penale in materia di reati sessuali, secondo
il quale il colpevole non può invocare, a propria discolpa, l’ignoranza dell’età
della persona offesa. E’ norma specifica, dettata in reati che ledono la libertà
sessuale della persona, norma che, nel caso di atti persecutori, non è, invece,
prevista, con la conseguenza che potrà essere ammessa la prova da parte del
soggetto di aver ignorato, per esempio, la minore età della vittima. Non so, se
queste, comunque, possano essere delle ipotesi più di scuola – più teoriche o più
concrete; certo è, per esempio, che trattandosi di circostanze aggravanti, troverà
applicazione l’art. 59 secondo comma del codice penale, per il quale è necessario
che il soggetto, l’autore del reato sia consapevole dell’esistenza dei fatti che
integrano queste circostanze, ovvero che ignori questi fatti per comportamento
colposo. Certo è, ritengo, soprattutto per quanto riguarda questa seconda questione
di ascrivibilità delle circostanze aggravanti che, probabilmente, dato che è
necessaria una relazione, una serie di contatti, di conoscenze tra autore del reato e
vittima, è difficile, o comunque non frequentissimo, che si possano realizzare casi
di questo genere.
Il delitto di cui parliamo è punito a querela della persona offesa. Abbiamo
un’analogia con i reati in materia sessuale. Il termine per proporre la querela è
quello di sei mesi, come per i reati in materia sessuale. Sulla querela valgono tutte
le norme del codice penale e di processo penale che riguardano questa condizione
di procedibilità: non è necessario dilungarsi minimamente, dagli articoli 152 al
156 del codice penale, 597, il 340 del codice del rito penale, ecc. Ecco, la querela
non è irrevocabile, come in reati sessuali; può essere, quindi, rimessa secondo le
regole generali: il che ha suscitato qualche critica, per esempio da parte del
Consiglio Superiore della Magistratura, in quel parere cui ho accennato all’inizio,
perché, si è sostenuto, in quel parere, che la vittima potrebbe costituire oggetto di
ulteriori minacce o, fors’anche, di violenze finalizzate proprio ad ottenere la
rimessione.
Si procede come eccezione alla regola della perseguibilità a querela, se il fatto è
commesso nei confronti di un minore, l’abbiamo già detto, se il fatto è commesso
nei confronti di un disabile, ex art. 3 della legge n. 104 del 1992, se il fatto è
connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio. Vale la stessa
regola, sulla quale non intendo dilungarmi, vale la stessa regola che vale per i reati
in materia sessuale; anche i reati in materia sessuale sono perseguibili a querela.
Ci sono delle eccezioni: perseguibilità d’ufficio, una di queste eccezioni è la
connessione con un reato per il quale si debba procedere d’ufficio. Debbo dire
soltanto, incidentalmente, se mi è consentita l’apertura di una parentesi, che il
sistema del codice penale è improntato a questo principio, tranne le norme del
codice civile in materia di reati societari, in materia di false comunicazioni sociali,
che prevedono, invece, una regola senza senso, una regola contraria, cioè, che
diventa perseguibile a querela anche il reato connesso alle false comunicazioni
sociali che sia perseguibile d’ufficio: è una deviazione da un principio presente nel
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sistema penale da sempre, una deviazione che trova, in materia di reati societari,
scarsa giustificazione.
Una novità importante, un istituto nuovo di diritto amministrativo, un istituto
nuovo di diritto amministrativo, simile alla diffida, è previsto dall’art. 8. E’
previsto dall’art. 8 del decreto legge che ricordavo all’inizio e, cioè, riguarda
l’ammonimento. Debbo dire, questa è una particolarità che voglio dire, il decreto
legge, convertito in legge, è stato convertito senza modificazioni e, per quanto
riguarda queste norme, delle quali si sentiva la mancanza nel nostro ordinamento,
c’è stata un’amplissima convergenza parlamentare. Ecco, qual è la particolarità e
qual è la novità? La novità è data dall’istituto dell’ammonimento. Io riterrei,
innanzitutto, di leggere la norma per una più chiara spiegazione da parte mia. Sino
a quando non è proposta la querela - abbiamo già detto che il delitto è perseguibile
a querela, tranne quei casi eccezionali di cui abbiamo già detto - la persona offesa
può esporre i fatti prima di proporre la querela all’autorità di pubblica sicurezza,
avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell’autore della
condotta e la richiesta deve essere trasmessa, senza ritardo, al questore. Qui siamo
nell’ambito di una misura atta a tutelare la vittima e a prevenire un’escalation,
diciamo, nel comportamento delittuoso. Si tratta, cioè, di una norma con chiara
funzione preventiva, di una norma dettata dal fatto che il legislatore ha tenuto
conto anche della lunghezza dell’accertamento penale, della lunghezza del
processo penale e della necessità di tutelare la vittima del reato. L’ammonimento
del questore, quindi, istituto di diritto amministrativo, è previsto, come dire, per
assicurare un intervento pubblico il più rapido possibile, tale da dissuadere lo
stalker - o forse il soggetto che stalker magari ancora non è, ma che si sta
avviando verso quella strada - da dissuadere il soggetto a non portare ad ulteriori
conseguenze il proprio comportamento persecutorio. Si tratta di un’ipotesi di
diffida di polizia, di un’ipotesi nuova, di un’ipotesi inedita di polizia che si pone
logicamente, certo, in una posizione cronologica e logica antecedente alla
proposizione della querela. Il questore che riceve la richiesta di ammonimento,
assunte le necessarie informazioni dagli organi investigativi, dice l’art. 8, dalla
polizia, dai carabinieri, dalla polizia in genere, e sentite le persone dei fatti, quindi una rapida istruttoria amministrativa va compiuta da parte del questore ove ritenga fondata l’istanza, perché non necessariamente l’istanza di
ammonimento sia fondata, quindi, ove la ritenga fondata, alla luce di un’attività
investigativa rapida, senza troppe formalità, compiuta dal questore - io aggiungo e
posso dire - il questore può acquisire atti, un certificato medico, se così si può
dire, sullo stato, magari, già iniziale di turbamento, sentire, ce lo dice la norma,
sentire le persone informate sui fatti, sentire anche, perché no, il soggetto nei
confronti del quale è stata proposta l’istanza di ammonimento, il quale soggetto, io
dico, può essere benissimo, non vedo nulla in contrario, accompagnato da un
difensore, per essere sentito ed esporre le proprie giustificazioni. Ecco, il soggetto
nei cui confronti, ove la ritenga fondata, il questore ammonisce oralmente il
soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere
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una condotta conforme alla legge e redigendo un processo verbale, La copia del
processo verbale è rilasciata al richiedente, alla persona che si dichiara vittima di
un comportamento illecito e al soggetto ammonito. Il questore, ovviamente, sulla
base dell’ammonimento, all’esito di questa sommaria indagine, può svolgere, può
anche valutare - ed è giusto ed è comprensibile - l’eventuale adozione di
provvedimenti in materia di armi e munizioni ed, eventualmente, revocando le
concessioni e le licenze che abbia già dato. Quindi, si pongono diversi problemi,
quale questore sarà, la competenza per territorio, non mi risultano ancora
pronunce, qualche breve commento della dottrina: non dimentichiamo che la
norma è in vigore dal febbraio scorso; debbo dire che, probabilmente, occorrerà
tener presente, per quanto riguarda il questore, il questore del luogo di residenza o
di domicilio dell’eventuale ammonendo. Ecco, chiaramente, io dico che, assunte
le informazioni e sentite le persone informate sui fatti, può sentire certamente
anche la persona di cui dicevo, la quale, ovviamente, non è tenuta a comparire
all’invito del questore, sotto questo profilo. Ecco, è chiaro che è un provvedimento
amministrativo del quale il giudice penale dovrà valutare la legittimità secondo le
regole generali tra provvedimenti amministrativi e valutazioni del giudice penale.
Ecco, quello che è importante è che l’istanza di ammonimento può essere
presentata fino a quando non è proposta la querela, il che vuol dire, in sostanza,
che l’interessato ha una facoltà, una possibilità di scelta, in sostanza, si può dire
che la procedura di ammonimento costituisce un’alternativa all’instaurazione di un
procedimento penale. Possiamo ancora dire che l’ammonimento può intervenire,
cronologicamente, prima che si sia perfezionato il delitto di atti persecutori. Non
dimentichiamo che, se nell’istanza della vittima, o che si ritiene tale, viene portato
a conoscenza un reato, perseguibile d’ufficio, quale potrebbe essere il nostro,
perché magari commesso nei confronti di un disabile o di un minore, la stessa
autorità di polizia, lo stesso questore sarà tenuto ad inoltrare la notizia di reato
all’autorità giudiziaria: lo impone l’art. 331 del codice di procedura penale, in
tema di denuncia da parte del pubblico ufficiale.
Ecco, la pena per il delitto di cui discutiamo è aumentata se il fatto è commesso da
un soggetto già ammonito. Se il soggetto, nonostante l’ammonimento, commette il
reato di cui discutiamo, la pena, naturalmente, sarà aumentata. Ecco, in questo
caso si potrebbe dire la pena è aumentata, circostanza aggravante se si tratta di
reato commesso da soggetto già ammonito; ci si chiede: ma da soggetto già
ammonito per un atteggiamento persecutorio nei confronti della medesima vittima
o di un altro soggetto? Cioè, la norma non ci dice niente; questo ammonimento del
soggetto, che poi si rende responsabile del reato di atti persecutori, funziona come
una specie, come si è detto, di recidiva impropria, oppure no? Cioè, la vittima
deve essere la stessa oppure no? A me sembra, secondo l’interpretazione che
propongo, che direi l’interpretazione preferibile, che la norma che prevede la
circostanza aggravante sanzioni il mancato rispetto dell’ammonimento avvenuto
da parte del questore, dell’ammonimento a tutela dello stesso soggetto che è
vittima del reato, successivamente commesso. Però si può discutere anche l’altra
tesi, che a me sembra meno accettabile e meno accoglibile. Dobbiamo ancora dire
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che si procede d’ufficio, abbiamo visto il problema della querela, quando si
procede d’ufficio, e ancora si procede d’ufficio quando il fatto è commesso da
soggetto che è stato ammonito. Una lacuna nella norma c’è, certamente, perché
quando il soggetto è stato ammonito, non v’è alcun limite temporale che riguardi
il pregresso ammonimento. Il pregresso ammonimento, si dovrebbe dire, influisce
comunque sulla punibilità, non ci sono delle limitazioni temporali e non credo che
delle limitazioni temporali possano essere consentite all’interprete nel silenzio
della legge.
Un problema da affrontare oggi, problema attuale, dato appunto il fatto che la
legge è recente, è il problema dell’applicabilità, o meglio, la soluzione di questioni
di diritto intertemporale o transitorio. Perché questo? Questo non è un problema
soltanto degli atti persecutori, ovviamente riguarderà anche altri tipi di reato, i
reati abituali in genere. La particolare struttura del reato, che è un reato abituale,
quindi reato a condotta reiterata, è reato di evento, l’ho già detto prima, è possibile
il tentativo, fa proprio sorgere problemi di diritto intertemporale, affrontati già da
qualche giudice di merito per il principio di irretroattività. Il principio di
irretroattività è ben noto, inutile che lo legga o lo enunci, nessuno può essere
punito per un fatto, se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del
fatto commesso. Lapidario, l’art. 25, secondo comma, della Costituzione. E,
allora, chiaro se questa serie reiterata di condotte, il codice penale, l’art. 2
stabilisce la stessa cosa, se questa serie di condotte reiterate viene posta in essere
dopo il 25 febbraio 2009, nulla quaestio, il fatto è commesso dopo l’entrata in
vigore di una norma incriminatrice. Il problema è un altro: siccome, è recente
l’introduzione dell’ipotesi delittuosa, il problema è stabilire se il fatto, o meglio se
questa serie di condotte reiterate di minaccia o di molestie, venga iniziata prima
della legge, quando la legge non c’era, quindi prima che venisse introdotto il
delitto di atti persecutori e prosegue dopo l’entrata in vigore della legge che
punisce gli atti persecutori. Beh, allora dobbiamo dire questo: se le condotte
precedenti si sono esaurite prima, nessun problema, prima dell’entrata in vigore
della legge, per il principio della non retroattività della norma penale. Occorrerà
stabilire, magari, se quelle condotte che non possono integrare un reato di atti
persecutori perché tenute e poste in essere quando il reato di atti persecutori non
c’era, occorrerà stabilire che altra ipotesi di reato meno grave, quelle condotte
possano integrare, per esempio la minaccia, lo abbiamo già detto prima, per
esempio la minaccia semplice, magari più minacce avvinte dal vincolo della
continuazione, magari il reato di molestia, ove sussistano i requisiti della
petulanza biasimevole, motivo dell’art. 660. Ecco, il problema più complesso,
detto proprio in breve, prima di concludere, è l’applicabilità della norma ai fatti
pregressi, quando l’elemento oggettivo non si esaurisca con la condotta, prima
dell’entrata in vigore della norma. Allora può capitare, se avviene, cioè, che la
serie di condotte prosegua dopo l’entrata in vigore della legge: beh, allora
occorrerà stabilire, secondo me, una cosa: occorrerà accertare, a mio avviso, si
contesta questo, si dice che occorrerà tener conto della condotta, io ritengo, ma è
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tutto da vedere, siamo ancora nell’ambito di una prima interpretazione, di una
prima lettura, ritengo che siamo in presenza, sicuramente questo sì, sicuramente di
un reato di evento. L’evento che è dato da uno di quei tre effetti alternativi previsti
dalla legge che non ripeto e dei quali ho già detto. Il reato si consuma con la
realizzazione dell’evento, e allora, il verificarsi di uno, o di più di quegli eventi
tipizzati dalla norma, segna il momento consumativo del reato. Il momento
consumativo che potrebbe avvenire dopo l’entrata in vigore della norma, dopo
quel 25 febbraio 2009, di cui abbiamo già detto e allora, mi pare, che in questo
caso si possa affermare che troverà applicazione la nuova norma.
Molte cose ci sarebbe ancora da aggiungere, ma si potrebbe dire brevissimamente
che è stato modificato anche nell’ambito di una maggiore tutela, ma solo due
parole: il delitto di omicidio, o meglio le circostanze aggravanti del delitto di
omicidio, nel senso che si applica la pena dell’ergastolo all’autore del delitto di
atti persecutori previsto dall’art. 612 bis nei confronti della stessa persona, cioè,
l’art. 576, comma cinque uno, prevede una circostanza aggravante ulteriore del
delitto di omicidio: siamo in presenza di una figura di reato complessa, nel senso
che nel caso di omicidio ai danni della vittima dello stalker si applicherà il reato di
omicidio aggravato nei confronti della vittima dello stalker; una ulteriore figura di
reato complesso esistente, fra l’altro, nel nostro sistema penale, punito con la pena
dell’ergastolo: si tratta di circostanza aggravante.
Dicevo, altre questioni ci sono, si possono porre all’attenzione dell’interprete, si
porranno all’attenzione dell’interprete e dell’operatore del diritto, nel corso del
tempo. Questa è una mia, forse affastellata, forse non chiara, prima lettura della
norma; prima lettura della norma effettuata alla luce di quei pochi, autorevoli ed
egregi, ma pochi contributi che la dottrina e la giurisprudenza hanno fornito di
questo nuovo reato. Detto questo, scusandomi, ovviamente, per le lacune, per le
incertezze, per le incompletezze, per le imperfezioni, ringrazio tutti per
l’attenzione. Grazie e buongiorno.
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