da parte delle banche era quasi

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Università degli studi di
Catania
Facoltà di Economia
Corso di laurea in Amministrazione e Controllo
BORDONARO ROSA MARIA MICHELA 632/001283
BULLA VERDIANA
632/001229
CASTRO ANNA
632/001171
GESTIONE DEL PORTAFOGLIO TITOLI DELLE BANCHE
1
DEFINIZIONE DI PORTAFOGLIO
Un portafoglio (o portfolio) è un insieme di attività finanziarie, appartenenti a
persone fisiche o giuridiche, in seguito a un investimento. L'investimento in un
portafoglio di titoli risulta essere meno rischioso dell'allocazione di un capitale su
un'unica tipologia di titoli (solo azioni, solo obbligazioni) se opportunamente
diversificati, nel senso che tra le attività finanziarie vi deve essere una correlazione
negativa. Tale scoperta la si deve ai nobel Harry Markowitz, Merton Miller e William
Sharpe (1990).La creazione di un portafoglio si spiega con l'esigenza per l'investitore
di operare una diversificazione dei propri investimenti, così da ridurre il più possibile
il rischio di subire perdite a causa della perdita di un singolo titolo.
Distinzione tra portafoglio titoli e portafoglio finanziario
Il primo indica l’insieme dei titoli amministrati da una banca. Il secondo indica parte
del patrimonio di un fondo investita in valori valori mobiliari quali azioni,
obbligazioni, obbligazioni convertibili, titoli di stato; nonché altri tipi di strumenti
finanziari.
I VINCOLI NORMATIVI
Le aziende di credito italiane hanno la possibilità di svolgere l’attività di acquisto
titoli per conto proprio. Esse sono tuttavia tenute a rispettare i vincoli normativi
dettati dalla Legge bancaria e dalle regolamentazioni promanate dalla Banca d’Italia
sulla base di delibere del C.I.C.R. (comitato interministeriale credito/risparmio) ed
inoltre talune operazioni di acquisizione devono essere sottoposte ad autorizzazione
preventiva (nel caso ad esempio di acquisizioni in organismi esteri ) da parte dei
suddetti organi; Così se da un lato ne risultano forti limitazioni sulla possibilità delle
banche di agire e gestire autonomamente il proprio portafoglio, da un altro punto di
vista si hanno ovvi vantaggi quali:

una migliore strutturazione del sistema creditizio

un incremento dell’efficienza e dell’economicità bancarie

l’agevolazione del perseguimento di fini pubblici di rilevanza generale
(principale delibera in tal campo ‘81)
I fini del Legislatore sono relativi alla vigilanza e alla non commistione, nell’attivo di
credito ordinario e mobiliare. Tuttavia grazie alla libera circolazione di capitale
nell’unione europea dovrebbe conferire piena operatività alle banche plurimonetarie.
Un importante cenno riguarda infine gli obblighi temporanei, cioè relativi a
determinati periodi storici, ricordiamo ad esempio la normativa del ’73 relativa al
vincolo di portafoglio (investimenti obbligatori in titoli).
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PORTAFOGLIO DEI TITOLI DI PROPRIETA’ DELLE BANCHE
CLASSIFICAZIONE ECONOMICA
ORIGINE
Derivante da scelta
autonoma
= Investimenti
liberi
Derivanti da obblighi
di legge
= Portafoglio
vincolato
(derivanti da legami partecipativi
con altri intermediari)
NATURA E DESTINAZIONE
Attività per conto della clientela
Proprietà in senso stretto per
soddisfare le proprie finalità.
tesoreria
(titoli a breve termine)
Investimenti
(titoli m/l termine)
3
CLASSIFICAZIONE CONTABILE
TITOLI
IMMOBILIZZATI: comprendono quei titoli che
permangono in portafoglio fino alla scadenza, perché
rappresentano per la banca un
Stabile e duraturo.
NON IMMOBILIZZATI: comprendono quei titoli che
permangono in portafoglio per scopi di liquidità e reddito.
Quest’ultima distinzione è comunque molto soggettiva e la scelta della Banca viene
effettuata in funzione dei vantaggi derivanti dai criteri di valutazione imposti dalla
normativa e non in funzione dell’effettiva natura dei titoli.
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PORTAFOGLIO TITOLI E LA SUA GESTIONE
È noto che le banche presentano come forma d’impiego principale la concessione di
prestiti alla clientela, mentre l’investimento in titoli, sebbene esso rappresenti
un’interessante forma d’incremento dell’operatività globale della banca, riveste
un’importanza secondaria rispetto ai prestiti, nel senso che, una volta soddisfatta la
domanda di credito bancario, le risorse rimanenti vengono indirizzate all’acquisto di
valori mobiliari.
Il portafoglio titoli di una banca assolve molteplici, importanti compiti, che
giustificano la ricerca dei più efficienti criteri di gestione del medesimo. Gli obiettivi
tipici di solito assegnati all’investimento in titoli sono sostanzialmente i seguenti:
 garantire una soddisfacente situazione di liquidità, dato che soprattutto i titoli
di Stato sono in genere smobilizzabili prontamente e senza subire perdite in
conto capitale;
 stabilizzare i più elevati rischi dei prestiti.
Pertanto la gestione titoli persegue in primis l’obiettivo di fronteggiare eventuali
tensioni di liquidità assicurando nel contempo una soddisfacente redditività media,
questo grazie anche ai minori costi di amministrazione e del personale;
Analizzando più da vicino l’obiettivo di liquidità, è necessario innanzitutto precisare
che essa viene solitamente distinta in liquidità naturale e liquidità artificiale; mentre
la prima deriva dalla riscossione dei ricavi connessi alle cedole per interessi e dalla
componente capitale, ovvero da valore di rimborso, la seconda si ricollega allo
smobilizzo dei titoli da parte delle banche sia sul mercato secondario, sia sotto forma
di trasferimento di proprietà alla Banca centrale a fronte del rifinanziamento attuato
da quest’ultima. Quindi la gestione è orientata al raggiungimento dei risultati
compatibili con gli obiettivi aziendali (ad esempio sotto il profilo della redditività, la
gestione punterà alla ricerca di sinergie).
La composizione del portafoglio titoli è casuale e determinata dalla richiesta e dallo
svolgimento dell’attività di intermediazione tuttavia è anche possibile prevedere la
costituzione di un portafoglio titoli grazie alla scelte “anticipate” dalla clientela. In
base ai titoli cui si fa riferimento la banca gode di gradi di discrezionalità diversi
infatti tale discrezionalità sarà limitata riguardo alla compravendita di titoli azionari
mentre la possibilità di effettuare una certa negoziazione è relativa ai titoli creditizi.
La scelta delle dimensioni del portafoglio titoli della banca può essere analizzata
come scelta di composizione dell’attivo finanziario non vincolato. Possiamo dividere
l’attivo della banca in tre parti fondamentali:
 le RISERVE DI BASE MONETARIA
 i TITOLI
 i PRESTITI
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In quanto alle caratteristiche di gestione peculiari del portafoglio titoli ricordiamo:
 in primis l’uso di disponibilità che provengono dalla sola funzione di raccolta
di risparmio (escludendo quindi la creazione di moneta di cui gioca invece la
gestione del portafoglio prestiti);
 la possibilità di controllo estremamente ridotta del processo moltiplicatore
derivante dall’acquisto titoli;
 il rapporto fra finanziatore e finanziato i quali non risultano in nessun modo
legati, tanto è vero che, è proprio grazie a tale caratteristica che si distinguono i
mercati aperti da quelli diretti;
 le modalità tecnico-giuridiche del finanziamento che nel caso del titolo utilizza
l’istituto di credito dello stesso per facilitarne il trasferimento del credito
correlato;
 le modalità invece di gestione tecnico-operative sono particolarmente elastiche
e ne risulta così una neutralità importante rispetto alle scelte future.
Inoltre la gestione è influenzata fortemente dalle normative vigenti soprattutto nel
caso in cui sia un vigore una normativa che crei vincoli di portfolio; in tal caso i
criteri di gestione di sdoppiano in criteri relativi alla porzione di portfolio vincolato
(costituito da titoli acquistati in ottemperanza ad obblighi di legge) e relativi al
portfolio libero, non risultando più omogenei.
L’analisi delle caratteristiche quali-quantitative del portafoglio titoli è molto
importante perché frutto di un articolato processo decisionale che risente di molteplici
fattori, la cui influenza muta da banca a banca e, per la stessa impresa, varia nel corso
del tempo. Alcune di queste variabili sono di tipo esogeno, nel senso che possono
essere considerate indipendenti dalla volontà degli intermediari creditizi, altre sono
invece endogene, in quanto strettamente collegate ai criteri che ispirano la gestione
della banca.
Fra i fattori esogeni ritroviamo lo stato di efficienza del mercato mobiliare, dato che
da esso dipende la possibilità di smobilizzare i titoli prima della loro naturale
scadenza senza subire perdite di tipo patrimoniale; un altro fattore esogeno
importante è costituito dal deficit pubblico, che esercita pressioni più o meno
vincolati all’acquisto dei titoli di Stato; da citare anche le politiche di moral suasion,
adottate dalle autorità monetarie per sostenere il classamento dei titoli sul mercato;
infine altrettanto rilevante è il tipo di controllo, diretto o indiretto, a cui ricorre la
Banca centrale per il governo del credito.
Per quanto riguarda i fattori endogeni, sono quelli che riguardano il tipo di politica
seguita nella sottoscrizione e nella vendita dei valori mobiliari, e che pongono
l’accento sulle strategie adottate dagli intermediari. Più precisamente le politiche che
ispirano, nel nostro Paese, la scelta tra le due principali alternative di impiego (prestiti
e titoli) possono essere di tipo residuale ovvero flessibile (di cui ne parlerà la mia
collega in seguito)
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Portafoglio titoli della BANCA D’ITALIA
Il portafoglio titoli della Banca comprende soprattutto titoli obbligazionari in
euro, nonché azioni, partecipazioni e obbligazioni, in euro e in valuta, a fronte di riserve,
accantonamenti e fondi. Il portafoglio titoli presenta le consistenze di seguito indicate:
Portafoglio titoli - consistenze
(migliaia di euro)
31.12.2007 31.12.2006 Variazioni
A. Titoli a fronte di riserve, accantonamenti
e fondi (sottovoce 11.3)
1. Titoli non immobilizzati 8.229.477 = 7.940.046 + 289.431
a) di Stato 24.572 = 158.875 - 134.303
b) altre obbligazioni 44.881 = 67.064 - 22.183
c) azioni e partecipazioni 7.557.094 = 7.613.984 - 56.890
– di società ed enti controllati 24.385 = 26.001 -1.616
– di altre società ed enti 7.532.709 = 7.587.983 - 55.274
d) ETF e quote di OICR 602.930 = 100.123 + 502.807
2. Titoli immobilizzati 24.104.670 = 24.823.146 -718.476
a) di Stato 23.619.916 = 24.336.665 - 716.749
b) altre obbligazioni 315.948 = 317.675 -1.727
c) azioni e partecipazioni 168.806
– di società ed enti controllati 107.949
– di altre società ed enti 6.309
– di altre società ed enti in valuta 54.548
Totale A 32.334.147 = 32.763.192 -429.045
B. Altri titoli in euro
1. Titoli non immobilizzati (voce 7) 1.977.265
a) di Stato 1.977.265
2. Titoli immobilizzati 56.932.887 = 51.917.945 + 5.014.942
a) di Stato da concambio e ammassi (voce 8) 18.064.712 = 18.218.156 -153.444
b) di Stato (sottovoce 11.4) 38.819.289 = 33.699.789 + 5.119.500
c) altre obbligazioni (sottovoce 11.4) 48.886
Totale B 56.932.887 = 53.895.210 + 3.037.677
Totale (A+B) 89.267.034 = 86.658.402 + 2.608.632
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I CRITERI DI VALUTAZIONE DEI TITOLI E LE POLITICHE DI
COMPOSIZIONE DEL PORTAFOGLIO
Anche se nei modelli di gestione del portafoglio la valutazione avviene quasi
esclusivamente sulla base dell’indicatore sintetico del rendimento associato ai diversi
valori mobiliari, è utile fare riferimento anche al grado di liquidità relativo agli stessi
e al grado di rischio connesso al loro acquisto.
Infatti , colui che acquista un valore mobiliare, oltre a voler realizzare un reddito
quanto più elevato possibile dal proprio investimento, contemporaneamente desidera
sia garantirsi la possibilità di ricollocarlo sul mercato, nel momento in cui necessità di
liquidità, sia
tenere sotto controllo la gamma dei possibili risultati conseguibili ex-post rispetto a
quelli prospettati ex-ante.
Quindi, sulla base di queste osservazioni introduttive, emerge che nel momento in cui
si affronta l’analisi del rendimento di più valori mobiliari messi a confronto tra loro,
la prima cosa da fare è assicurarsi che la valutazione avvenga su basi
sufficientemente omogenee, e ciò consiste nella verifica dell’esistenza di un
medesimo grado di liquidità che caratterizza i diversi titoli.
Solo dopo si può passare alla misurazione del rendimento, per lasciare invece alla
fase terminale, il controllo del rischio, ovvero l’alea relativa ai fattori di variabilità
del rendimento stesso.
Il grado di liquidità di un investimento
Definiamo grado di liquidità associabile ad un investimento come l’attitudine di un
valore mobiliare ad essere convertito in moneta legale in qualsiasi istante, senza per
tale motivo andare incontro a costi di transazione e perdite in conto capitale. Ogni
titolo presente sul mercato evidenzierà un certo grado di liquidità in relazione non
solo alle sue caratteristiche tecniche, ma anche della struttura e delle condizioni
funzionali che caratterizzano il mercato il titolo stesso viene negoziato. Mentre le
caratteristiche tecniche del titolo condizionano esclusivamente la liquidità naturale, il
secondo insieme di variabili (quelle del mercato) influenzano prevalentemente la
liquidità artificiale. Quindi, possiamo concludere che il grado di liquidità di un valore
mobiliare è strettamente collegato al livello di efficienza, ossia all’ ampiezza e allo
spessore del mercato nel suo complesso.
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Le variabili da tenere sotto controllo saranno:
 Il volume delle transazioni , sia in termini di volume globale sia di lotto medio
di negoziazione: quanto maggiore è la dimensione assunta dal mercato, tanto
maggiore sarà la capacità dello stesso di assorbire i valori mobiliari offerti ;
 Il numero e la tipologia degli operatori: quanto più ampia e diversificata si
presenta la gamma di potenziali acquirenti e venditori di valori mobiliari , tanto
più facilitata risulterà qualsiasi operazione di compravendita ;
 La concentrazione degli scambi nel tempo e nello spazio: con quanta maggiore
immediatezza sono individuabili i luoghi ed i momenti in cui effettuare le
transazioni , con tanta maggiore facilità si registrerà un incontro tra i flussi di
domanda e quelli di offerta ;
 La continuità delle negoziazioni nel tempo: la possibilità di non dover rinviare
a momenti successivi le operazioni di disinvestimento e reinvestimento offre
sicuramente maggiore spessore al mercato ;
 Le modalità di formazione e di diffusione dei prezzi: quanto più trasparenti e
significativi sono i segnali prevalenti sul mercato, tanto più immediata sarà la
percezione degli elementi oggettivi di valutazione alla base del processo
decisionale degli operatori.
Le caratteristiche intrinseche dei valori mobiliari che frequentemente vengono prese
in considerazione sono:







La natura del rapporto fra le controparti ;
La natura dell’ emittente ;
Il profilo finanziario dell’ operazione ;
La valuta di denominazione ;
L’ importo minimo ;
La durata dell’ operazione ;
Lo status giuridico ;
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LA POLITICA RESIDUALE
Nella politica residuale il problema della determinazione del volume di risorse da
impiegare in titoli viene risolto seguendo un rigido criterio di priorità. In base a tale
criterio, la banca è chiamata in primo luogo a destinare parte delle risorse alla
creazione delle riserve di base monetaria, partendo da quelle imposte dalle autorità
per giungere a quelle libere. Una possibile linea teorica di comportamento
decisionale, posto che le riserve monetarie rimangano invariate, consiste nel dare
prevalenza ai prestiti, per cui la dimensione del portafoglio titoli rimane residuale ai
primi.
Secondo la logica della politica residuale, è soprattutto la domanda di credito la
variabile determinante per la composizione dell’attivo dello stato patrimoniale, per
cui l’investimento in titoli assume, come già detto, una natura sussidiaria. Ad esso,
infatti, sono destinate solamente le eventuali eccedenze di fondi che la banca non e
riuscita ad impiegare in prestiti, per carenze di natura quantitativa e/o qualitativa della
domanda.
Seguendo questa politica, l’evidente preferenza per l’impiego in prestiti rispetto
all’investimento in titoli viene giustificata o sulla base del fatto che i prestiti
costituiscono l’attività per la quale le banche sono più adatte per tradizione,
organizzazione e posizione sul mercato, oppure per il maggior contributo che i
prestiti, rispetto ai titoli, sono in grado di fornire all’equilibrio economico della
banca.
Nel confrontare titoli e prestiti la banca tiene conto della variabilità dei tassi sia dei
primi che dei secondi. Le banche, infatti, devono continuamente adeguare,
teoricamente con immediatezza, i tassi offerti alla clientela sui depositi vecchi e
nuovi alle fluttuazioni del mercato, e ciò tende a riflettersi sulle risultanze di conto
economico. In particolare, con tassi al rialzo, il conseguente aumento degli interessi
passivi dovrà essere compensato con un analogo incremento degli interessi attivi, se
non si vuole vedere diminuire, a parità delle altre circostanze, il risultato di gestione.
La possibilità di ottenere questa soluzione dipende dal rapporto che intercorre fra
prestiti e titoli.
Infatti, poiché la scadenza media dei primi è normalmente più breve di quella dei
secondi, i tassi sui prestiti potranno essere adeguati più prontamente alle mutate
condizioni del mercato. Partendo da questi presupposti è possibile formulare due
ipotesi: la prima da prevalenza ai prestiti sui titoli; infatti se essi aumentano non
influenzano il risultato di gestione perché aumentano sia quelli passivi che quelli
attivi.
La seconda da prevalenza ai titoli sui prestiti; in questo caso si ha un effetto positivo
riferito ai tassi dei titoli.
In definitiva, seguendo rigidamente la logica della politica residuale, possiamo
affermare che l’incidenza degli investimenti in titoli nell’ambito dell’attivo bancario
non è altro che una conseguenza passiva delle oscillazioni della domanda di prestiti.
Questo però comporta molti rischi. La domanda di prestiti, infatti, tende ad aumentare
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nelle fasi di espansioni economica, di solito caratterizzate da un generale rialzo dei
tassi di interesse; qualora in tali momenti del ciclo economico la nuova raccolta non
fosse in grado di soddisfare la domanda di prestiti presente sul mercato, la banca si
vede costretta a soddisfare le richieste della clientela tramite la liquidità liberata
mediante un’eventuale riduzione del volume del portafoglio titoli. La riduzione dello
stock di titoli comporta, per la banca, la vendita di questi ultimi in un momento in cui
le quotazioni, a causa dei più alti rendimenti di mercato, sono in ribasso, generando
così inevitabili perdite in conto capitale. Per contro, nelle fasi di recessione
economiche, caratterizzate invece da una bassa domanda di finanziamenti e da bassi
tassi di interesse dovuti ad una politica monetaria espansiva, la dimensione del
portafoglio di investimento tende ad aumentare quale conseguenza delle ridotte
opportunità di sviluppo dei prestiti. In questo caso, però l’acquisto dei titoli avviene
nel momento meno favorevole in quanto ai bassi tassi di mercato corrispondono
quotazioni molto elevate dei titoli, aumentando così la probabilità di contabilizzare
perdite in caso di vendita nelle successive fasi di espansione.
Il livello di rischio economico assunto dalla banca seguendo la politica residuale
risulta di
entità diversa a seconda delle caratteristiche tecniche dei titoli negoziati.
LA POLITICA FLESSIBILE
La gestione del portafoglio di proprietà in base alla politica flessibile comporta
invece che le banche determinino il volume delle risorse da destinare all’investimento
in titoli in funzione sia dell’andamento atteso della domanda di credito sia
dell’andamento dei tassi di interesse. L’obiettivo perseguito con tale politica, quindi,
è quello di evitare il rischio economico connesso all’applicazione rigida della politica
residuale.
Seguendo questa nuova logica, la dimensione del portafoglio titoli varia
continuamente nel corso del tempo, anticipando quella che è la dinamica del ciclo
economico. Più precisamente, l’applicazione della politica flessibile implica che gli
acquisti dei titoli avvengano in un momento in cui i tassi sono ancora elevati e le
quotazioni, di conseguenza, ancora depresse. Le vendite, in modo del tutto speculare,
avvengono nella fase terminale della recessione economica, caratterizzata da tassi
ridotti e da corsi elevati, a causa dell’ancora ridotta domanda di prestiti e
dall’abbondante liquidità presente sul mercato.
In questo tipo di politica risulta necessario che il management della banca disponga
degli strumenti di analisi necessari per una corretta previsione dell’andamento ciclico
dell’economia e delle tendenze dei tassi di interesse.
Accanto ai rischi economici, ai quali evidentemente la banca va incontro nel
momento in cui le previsioni formulate dovessero dimostrarsi errate, va evidenziato
come la politica flessibile presenti gravi difficoltà di carattere operativo. L’impiego di
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risorse per l’acquisti di titoli nelle fasi terminali dei cicli espansivi, infatti, può
risultare estremamente difficile in quanto concomitante con una domanda di prestiti
ancora sostenuta, proveniente magari da clienti con la quale la banca intrattiene
rapporti consolidati. Tutto ciò instaura quindi una sorta di concorrenza fra impieghi in
titoli ed impieghi in prestiti, con conseguenti probabili tensioni nella gestione
dell’attività bancaria.
La banca, quindi, nello scegliere il tipo di politica di gestione di portafoglio da
seguire, deve cercare di costruire un portafoglio “efficiente”. Deve cioè stabilire
l’insieme degli strumenti finanziari che, scelto un determinato livello di rischio,
presenti il maggior rendimento atteso, o viceversa.
LA QUALITA’ DEL PORTAFOGLIO
La differenziazione qualitativa del portafoglio di attività finanziarie nella banca deve
permettere di raggiungere gli obiettivi di liquidità e redditività nella maniera migliore
possibile. La variabilità del rendimento ex-post di un portafoglio può dipendere da
numerosi fattori, tra cui il più rilevante è costituito dal rischio di insolvenza, tant’è
vero che è impossibile costruire un portafoglio eliminando totalmente tale rischio.
Un altro rischio è connesso al grado di “liquidità artificiale” di ciascuna attività in
portafoglio, che dipende dall’esistenza e dall’efficienza dei mercati secondari nei
quali vengono scambiati i titoli. Le attività che non abbiano un mercato secondario
presentano un rischio maggiore.
Una differenziazione della composizione del portafoglio potrebbe essere determinata
da un diverso livello di efficienza dei mercati dei singoli titoli. Un portafoglio così
diversificato si giustificherebbe solo se al diminuire dell’efficienza dei mercati
secondari corrisponde un aumento della remunerazione dei titoli in essi scambiati.
Questi tipi di rischi possono assumere diverso rilievo se riferiti a titoli esteri; qualora
i titoli siano nominati in valuta, il problema principale riguarda il tasso di cambio.
Il rischio di “liquidità naturale” è strettamente connesso a quello di liquidità
artificiale , infatti qualora il rischio di liquidità artificiale dovesse essere nullo, la
valutazione del grado di liquidità naturale perderebbe la sua importanza. Tuttavia, la
composizione del portafoglio in funzione del grado di liquidità naturale è
fondamentale, in quanto connessa al rischio di variabilità dei tassi d’interesse.
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LA COMPOSIZIONE PER SCADENZE
Il principale problema della composizione di un portafoglio finanziario è
rappresentato dalla determinazione della scadenze. Le banche, al fine di risolvere tale
problema, si sono orientate essenzialmente verso due direzioni: la politica dello
scaglionamento delle imprese ( “laddered approach”) e il “barbell approach”.
La prima prevede la necessità di distribuire il portafoglio titoli su una pluralità di
scadenze: una volta prefissata la scadenza massima accettabile, i titoli vengono
suddivisi equamente per tutte le durate possibili raggruppate in termini annuali.
L’utilizzazione di questa politica di gestione del portafoglio offre il vantaggio della
semplicità, infatti gli interventi sul mercato sono automatici. Alcuni problemi
possono nascere in relazione alle modalità di distribuzione delle scadenze per periodi
infrannuali e alle necessità che dipendono dalle fluttuazioni manifestabili nei flussi
complessivi di base monetaria. Tali sfasamenti negativi di tesoreria sono fronteggiati
con la liquidità naturale. La politica di scaglionamento è applicata rigidamente solo
con riferimento al portafoglio titoli in senso stretto; se dovessimo, invece, considerare
la gestione dell’intero portafoglio di attività finanziarie, allora tale politica dovrà
essere applicata in maniera graduata, con particolare attenzione verso le scadenze più
brevi.
Il “burbell approach ” ha come presupposto il fatto che i titoli con la scadenza più
breve consentano la massima protezione in caso di aumenti dei tassi, mentre,
contrariamente, i titoli con scadenza più lunga offrono gli stessi vantaggi in caso di
diminuzione dei tassi. Le applicazioni pratiche, in realtà, sono meno rigide,
prevedendo la concentrazione degli acquisti su due gruppi di titoli, di cui il primo
composto da attività con scadenza breve e media, ed il secondo da attività con
scadenze lunghe; in ogni gruppo le scadenze sono scaglionate. I titoli a più lunga
scadenza aumenteranno in corrispondenza di una maggiore pendenza positiva della
curva dei rendimenti, di una maggiora probabilità di diminuzione dei tassi e di una
diminuzione dell’avversione al rischio dalle banche.
La validità di diverse politiche di gestione del portafoglio può essere valutata col
metodo della simulazione, calcolando, entro uno specifico orizzonte temporale, i
differenti rendimenti ottenibili in base all’andamento dei tassi d’interesse. Pertanto,
per ogni politica è possibile definire un rendimento medio atteso e la sua variabilità.
Per la banca, determinare l’orizzonte temporale non è semplice, per questo se ne
considera uno piccolo ma che comunque consenta la maturazione degli interessi sui
titoli in portafoglio, ponendo come obiettivo la massimizzazione del rendimento (exante), in modo che il risultato ottenuto ex-post, senza alcuna variazione dei tassi
d’interesse, possa essere il migliore possibile.
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GLI INTERVENTI SULLA COMPOSIZIONE PER SCADENZE
Le modifiche della struttura per scadenze del portafoglio di titoli di una banca
possono dipendere da più fattori, quali il naturale decorrere del tempo,
l’incremento/decremento della consistenza, o l’alienazione di titoli con date scadenze
per acquistarne altri con scadenze diverse. Solo quest’ultimo fattore dipende da
un’autonoma decisione del gestore del portafoglio, gli altri sono conseguenza diretta
o di elementi esterni o di decisioni assunte in passato.
Nel caso in cui il gestore dovesse circoscrivere i propri interventi entro quelli resi
necessari da condizioni esterne, lo stesso attua una politica statica; in questo caso,
l’analisi dell’andamento futuro dei tassi d’interesse perde d’importanza e l’obiettivo
primo del gestore è la massimizzazione del rendimento del portafoglio.
Una politica dinamica si realizza, invece, in corrispondenza di interventi di
modificazione della struttura per scadenze attraverso la compravendita di titoli con
caratteristiche diverse. Anche in questo caso, siamo in presenza di una situazione
desiderata di portafoglio, corrispondente al raggiungimento del massimo rendimento.
Tale politica permette di analizzare il comportamento delle banche (nella gestione del
portafoglio) di fronte ad eventuali cambiamenti; qualora si prospettino variazioni dei
tassi, le banche tenderanno ad accorciare o ad allungare la “duration” del portafoglio
finanziario, al fine di migliorare i risultati economici. Pertanto, la “duration”
desiderata diventa il punto di riferimento attorno cui ruoterà quella effettiva, sulla
base delle aspettative del gestore. Infine, la politica dinamica prevede l’esistenza di
un’elevata efficienza dei mercati finanziario e monetario.
LA COMPOSIZIONE PER VALUTA
Nonostante il portafoglio dei titoli delle banche oggi sia costituito prevalentemente da
titoli espressi in moneta nazionale, si prevede che in futuro accresceranno la loro
importanza (anche strettamente numerica) i titoli denominati in valuta. Ciò,
chiaramente, complicherà le scelte di composizione del portafoglio. Il problema della
variazione del rendimento in funzione della variazione del tasso d’interesse potrà
essere analizzato in ogni mercato in cui la banca agisce, con riferimento
principalmente al tipo di valuta di denominazione dei titoli in portafoglio. Il rischio in
ogni mercato sarà conseguenza della duration media dei titoli espressi nella
medesima valuta. Posto uno specifico orizzonte temporale, il rischio di variabilità del
rendimento dell’intero portafoglio atteso sarà inversamente proporzionale al grado di
diversificazione per valuta dei titoli emessi (diminuirà all’aumentare di quest’ultimo).
Quindi, la diversificazione per valuta dei titoli fa diminuire il rischio di variabilità del
rendimento, per un determinato obiettivo e per una parità di duration complessiva, ma
la sua utilità deve essere misurata anche in base all’effetto che può avere sul valore
del rendimento medio ex-ante. Questo dipende principalmente dalla differenza dei
tassi tra i diversi mercati.
Ciò che farà aumentare il rischio della variabilità del rendimento sarà la necessità di
trasformare il risultato ottenuto in paesi esteri in moneta nazionale, infatti in
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definitiva possiamo affermare che la diversificazione per valuta del portafoglio
comporta contemporaneamente una diminuzione del rischio della variabilità del
rendimento atteso (dovuto alle modificazioni dei tassi d’interesse) e un aumento dello
stesso (dovuto al rischio di cambio).
Per le banche, esiste la possibilità di coprire il rischio di cambio sulle attività in
valuta, mediante l’accensione di contrapposte passività in valuta; in tal caso, il tasso
di cambio si riduce al differenziale tra interessi attivi e passivi.
INNOVAZIONI FINANZIARIE
Esistono possibilità di intervento sui rischi di gestione di un portafoglio, in particolare
sul rischio di tasso e su quello di cambio, per i quali su può agire tramite i financial
futures, gli swaps e le options.
I futures sui tassi d’interesse sono operazioni di compravendita a termine di titoli con
determinate caratteristiche. Rispetto alle tradizionali operazioni a termine, questi si
concludono su mercati specializzai che prevedono una regolamentazione
standardizzata delle loro caratteristiche e la presenza di un intermediario che ne
garantisce il buon esito. I futures sono finalizzati sia alla copertura del rischio di tasso
che alla definizione di una duration desiderata.
Gli swaps sono operazioni di duplice scambio di flussi finanziari attraverso i quali si
attua tra le parti una modificazione dei tassi d’interesse pagati o riscossi su un certo
capitale di riferimento.
Le options conferiscono all’acquirente il potere di decidere se acquistare (opzione
“call) o vendere (opzione put) una certa quantità di titoli ad un certo prezzo
d’esercizio. La possibilità di influire sul tasso nasce in circostanze in cui oggetto della
compravendita sono attività finanziarie di tipo obbligazionario.
IL RENDIMENTO OFFERTO DA UN VALORE MOBILIARE
Per la misurazione del rendimento offerto dai titoli e l’individuazione del grado di
variabilità che può caratterizzare il rendimento stesso, bisogna prima verificare che il
grado di liquidità dei titoli considerati ai fini di investimento risulti sufficientemente
omogeneo.
E’ opportuno inoltre considerare, allo stesso tempo, non solo tutti i flussi finanziari
attesi, ma anche il momento preciso in cui ognuno di essi si manifesta.
E’ necessario inoltre considerare gli elementi qui di seguito riportati:




Prezzo di sottoscrizione o di acquisto;
Valore di rimborso o prezzo di vendita;
Entità e frequenza della cedola periodica;
Modalità di rimborso.
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Ciò, deve essere seguito dalla formulazione di ipotesi di reinvestimento dei differenti
flussi in entrata che caratterizzano il profilo finanziario del titolo.
IL GRADO DI RISCHIO DI UN INVESTIMENTO
L’ultimo aspetto da trattare, che influenza la composizione del portafoglio titoli, è il
rischio, il quale dipende dalle caratteristiche intrinseche dei titoli, dall’andamento
delle principali variabili e dal mercato.
Per rischio s’intende il grado di variabilità con cui il rendimento ottenuto si discosta
dal rendimento atteso.
Possiamo suddividere il rischio in due categorie:
1.) rischio di controparte;
2.) rischio di mercato.
Rischio di controparte
Il rischio di controparte è legato all’ipotesi che la controparte della banca, nell’ambito
di uno scambio finanziario, non adempia per modi, tempi e dimensioni agli obblighi
assunti all’atto della definizione delle condizioni dello scambio, manifestando così
un’inadempienza contrattuale.
Le figure di rischio riconducibili a questa categoria sono il rischio di credito e il
rischio di liquidità.
Il rischio di credito (talvolta chiamato più particolarmente rischio d’insolvenza)
esprime la probabilità che l’emittente non sia in grado di far fronte agli impieghi
assunti al momento dell’emissione.
Questo rischio è tipico nell’ambito dell’attività bancaria. La sua prevenzione richiede
una valutazione della solidità patrimoniale e delle prospettive economico-finanziarie
del soggetto emittente, tenuto conto delle caratteristiche del settore in cui opera. Tutto
ciò può essere effettuato attraverso l’osservazione di alcuni indicatori, come:
1.) il trend storico della redditività dell’emittente e le sue
variazioni nel tempo;
2.) le modificazioni della sua struttura finanziaria;
3.) la capacità di autofinanziamento;
4.) la capacità di mantenere e rafforzare la propria posizione
competitiva sul mercato.
L’analisi di questi indicatori va integrata con quelle riguardanti la dinamica
dell’ambiente e l’evoluzione del sistema economico-finanziario.
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Il rischio di liquidità, invece, si verifica quando l’investitore non riesce a collocare
sul mercato prontamente (cioè in qualsiasi istante della vita residuale del titolo) ed
economicamente (senza subire perdite) il valore mobiliare acquistato in precedenza.
In questo caso l’investitore dovrà rinunciare all’operazione di disinvestimento,
oppure accettare di cedere i titoli a condizioni sfavorevoli. Nel primo caso
l’investitore dovrà modificare il proprio orizzonte temporale; nel secondo caso subirà
perdite in conto capitale.
Il rischio di liquidità può essere considerato un caso particolare del rischio di credito,
perché va ricondotto all’ipotesi che il debitore assolva i propri obblighi monetari, ma
in tempi diversi e successivi rispetto a quelli prestabiliti.
Questo tipo di rischio dipende soprattutto dalle caratteristiche del mercato e da quelle
del titolo.
Gli indicatori più utilizzati per verificare il grado di rischio di liquidità sono:
1.) la vita residua del titolo, all’aumentare della quale aumenta il
rischio;
2.) il livello della cedola, al crescere del quale decresce il rischio
corso dall’investitore.
Infine, quanto maggiore è il rischio di perdite per l’investitore, tanto maggiore è la
convenienza dell’emittente a rimborsare prematuramente i finanziamenti in essere e a
reinvestirli a condizioni più favorevoli.
Rischio di mercato
Si verifica quando fattori di mercato quali i tassi d’interesse, i tassi di cambio, i prezzi
azionari o altri, determinano una variazione, positiva o negativa, di una posizione
assunta da un intermediario, o dall’intero portafoglio di attività e passività finanziarie.
Le figure di rischio cucibili a questa categoria sono:
1.) rischio d’interesse;
2.) rischio perdita potere d’acquisto;
3.) rischio di cambio.
Il rischio d’interesse misura la variabilità del prezzo e del rendimento di un titolo a
reddito fisso, di fronte a cambiamenti della struttura dei tassi stessi.
Questo tipo di rischio riveste un’importanza fondamentale a causa della notevole
instabilità dei tassi d’interesse vigenti sul mercato dei capitali.
Il rischio in questione dipende:
1.) dal fatto che si ipotizzi la detenzione di un titolo fino alla
scadenza ultima prevista, o si preveda di negoziarlo sul
mercato prima di questa data;
2.) dal criterio di determinazione della remunerazione del titolo
stesso.
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Proseguendo, non possiamo non soffermarci sulla distinzione che vi è fra titoli a
cedola fissa, titoli a tasso variabile e Zero Coupon Bond.
Coloro che investono in titoli a tasso fisso si espongono a possibili perdite di capitale
dovute al ribasso del valore corrente che accompagna fatalmente ogni rialzo sul
mercato dei tassi d’interesse.
Alle potenziali perdite in conto capitale, però, fanno da contrappeso i maggiori
profitti ottenibili dalle operazioni di reinvestimento degli interessi via via maturati.
L’investimento in titoli a tasso variabile consente di ridurre al minimo le conseguenze
del movimento dei corsi, ma si resta in ogni modo soggetti al rischio di rivestimento.
Con gli Zero Coupon Bond si annulla il rischio di reinvestimento, ma si accentua
l’esposizione al rischio di variabilità dei corsi. Questi due tipi di rischio hanno effetti
opposti sul valore del portafoglio titoli. Si può verificare che i due rischi siano uguali
e di segno contrario, in modo che qualsiasi variazione dei tassi d’interesse non
modifichi il valore del portafoglio. In questo caso si può perseguire una politica di
immunizzazione. Ricordando che un portafoglio risulta immunizzato dal rischio di
variazione del tasso d’interesse se la duration del portafoglio eguaglia l’orizzonte di
tempo desiderato, possiamo affermare che, quando è immunizzato, un portafoglio
viene “messo al sicuro”, nel senso che il suo valore non può scendere al di sotto
quello corrispondente ad un certo livello dei tassi d’interesse. Esso garantisce quindi
all’investitore un esito, in ogni caso, non peggiore di quello programmato.
Il rischio perdita potere d’acquisto riguarda le possibili conseguenze negative che il
fenomeno inflazionistico arreca ai detentori di valori mobiliari.
I rendimenti nominali tendono avariare in base al modificarsi delle aspettative
inflazionistiche, in modo da mantenere costante il livello dei rendimenti reali.
In periodi di forte tensione inflazionistica, i tassi di rendimento reali delle attività
finanziarie possono risultare negativi, portando i risparmiatori, quindi, a subire una
perdita netta di potere d’acquisto.
Il rischio di cambio riguarda, invece, quei titoli denominati in valuta estera, ed è
quindi collegato ad una serie di fattori esterni la cui valutazione appare difficile.
In questo caso il risultato economico di questi investimenti non dipende soltanto
dall’andamento della quotazione e dal tasso d’interesse, ma anche dalle oscillazioni
di cambio. Infatti, a seconda che la valuta avente corso legale nel paese dell’emittente
si rivaluti o si svaluti nei confronti di quella dell’investitore, quest’ultimo realizzerà
un guadagno o una perdita.
Altri rischi che possono influenzare le scelte della banca sono il rischio operativo e il
rischio sistematico.
Il rischio operativo, per una banca, è quello legato alle diseconomie di scala (ne è un
esempio tipico il rischio di frode, molto frequente negli ultimi anni).
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Il rischio sistematico si riferisce alla probabilità che l’insolvenza o l’inadempienza di
un intermediario si trasferisca al sistema bancario nel suo complesso o all’intera
economia.
L’ATTIVITA’ PER CONTO DI TERZI : SERVIZI SUI TITOLI
L’intermediazione bancaria in titoli per conto della clientela si è sviluppato grazie
alla capacità della banca di facilitare il contatto fra le parti acquirenti e venditrici. Il
primo vantaggio derivante dall’intermediazione è dato dalla capillarità della rete
distributiva delle banche, che consente il coinvolgimento del maggior numero di
potenziali sottoscrittori. Altro vantaggio è costituito dalla consulenza che le banche
offrono sui tempi e sulle caratteristiche tecniche ed economiche dell’operazione.
I servizi sui titoli si configurano come:
- la materiale consegna dei titoli al cliente;
- o la richiesta da parte del cliente di un servizio di custodia ed amministrazione, con
lo scopo di diminuire il rischio connesso all’operazione.
1. I RIFLESSI ECONOMICI E FINANZIARI DEI SERVIZI SUI TITOLI
L’attività di servizio sui titoli ha importanti ripercussioni sulla banca, dipendenti, per
esempio, dalle commissioni (esplicite o implicite) che vengono addebitate al cliente,
atte a incrementare i ricavi netti sui servizi (ottenendo un miglioramento del risultato
lordo di gestione). Tuttavia si deve tener conto di quelli che sono i corrispondenti
effetti si costi operativi, che, in fin dei conti, sono costi marginali molto contenuti.
A fronte del servizio di custodia ed amministrazione offerto, le banche applicano
delle commissioni periodiche, in funzione della consistenza dei titoli depositati.
Nell’attività di intermediazione, invece, o aumentano il prezzo di acquisto dei titoli
per il cliente, o diminuiscono il prezzo di vendita.
La fornitura del servizio di intermediazione in titoli per conto di terzi può essere
effettuata mediante più modalità; la più semplice si ha quando la banca si rivolge
direttamente al mercato per la ricerca della contropartita. Quando però essa non è in
grado di accedere per via diretta al mercato, deve servirsi di altri intermediari, con
l’obbligo di retrocedere loro una parte della commissione addebitata al cliente.
In definitiva, il ricavo derivante da tale fornitura viene destinato alla voce di conto
economico “utili da negoziazione titoli”.
2. IL SERVIZIO DI CONSULENZA E LE GESTIONI PATRIMONIALI
La banca molto spesso affianca al servizio di intermediazione un servizio di
consulenza nel campo delle attività finanziarie. Tale fornitura, spinta dalle
esigenze/richieste della clientela, ha indotto la banca a cercare e formare esperti in
questo campo.
Il servizio di gestione patrimoniale è semplicemente la sintesi dei servizi di
intermediazione, di custodia ed amministrazione e di consulenza.
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LA SVOLTA DEL ‘75
L’ analisi finanziaria degli anni Ottanta ha indicato i cambiamenti di natura
strutturale intervenuti nelle funzioni di domanda e di offerta dei principali
protagonisti del sistema finanziario: emittenti, intermediari finanziari e investitori.
a) Si sono modificate innanzitutto le esigenze finanziarie delle grandi imprese
emittenti che, nel ricorso ai finanziamenti sui mercati aperti dei titoli, hanno
individuato nuove opportunità di diversificazione delle fonti finanziarie e di
contenimento del costo del capitale.
b) La domanda di attività finanziarie delle famiglie si è spostata dai depositi ai
titoli che offrono le combinazioni più elevate di rendimento e rischio.
c) Si sono ridotti i costi di transazione sui mercati dei titoli, grazie anche
all’innovazione tecnologica e all’evoluzione del quadro normativo.
d) Infine, si è ampliata la funzione di offerta delle banche; è accaduto cioè il
cosiddetto fenomeno della securitisation, definibile nella sua più ampia
accezione come la scomposizione dell’attività tipica della banca di deposito in
servizi distinti, svolti sui mercati dei titoli.
20
ANALISI DEL CAMBIAMENTO STORICO
…
1975
La gestione del portafoglio titoli
da parte delle banche era quasi
esclusivamente limitato a quello
di loro proprietà. In quanto :
a) la banca era caratterizzata dalla sua
propensione all’attività creditizia
tradizionale;
b) vi era l’esistenza di un mercato
molto ristretto;
c) la tendenza delle famiglie era
orientata alla liquidità.
1975
2000
Il Fattore determinante del nuovo
orientamento verso la nuova concezione del
portafoglio titoli, scaturisce dalla decisione del
Tesoro di tamponare il crescente debito
pubblico con l’emissione di titoli di Stato
capaci di offrire un’ elevata remunerazione; con
la convinzione che il comportamento dei
risparmiatori privati fosse più stabile rispetto a
quello delle banche per quanto riguarda
l’allocazione delle risorse.
Dato l’elevato tasso applicato ai titoli pubblici rispetto ai classici depositi bancari la
banca vede via via sottrarsi la clientela attratta da queste nuove forme di risparmio.
21
Le banche reagirono così:
In un primo momento cercarono di arrestare l’eccessiva fuga di clienti e potenziali
clienti verso queste nuove forme di risparmio attuando una strategia di concorrenza
determinata dal rialzo dei tassi di interesse sui depositi bancari. Ma questo risultò
essere molto dispendioso ed economicamente insostenibile.
Quindi le banche per non essere escluse dal sistema finanziario nazionale ed
internazionale, si resero conto che sarebbe stato più conveniente interagire
direttamente con il cliente, orientandosi verso un nuovo servizio:quello di
intermediazione, tra i risparmiatori e il mercato dei titoli.
Ottenendo così una remunerazione per la gestione e offrendo un servizio di custodia
e di amministrazione dei titoli, in modo da incrementare la redditività e rafforzare il
legame con la clientela.
Sicché, data la complessità del sistema finanziario, intorno agli anni ’90 si è
accresciuta la richiesta da parta dei privati del cosiddetto “ risparmio gestito o
delegato ” cioè un’amministrazione tecnica adeguata del proprio portafoglio da parte
di soggetti esperti che comprendevano anche gli intermediari finanziari non bancari
anche se sulla scena dominavano le banche.
La legge 2 Gennaio 1991 , n. 1 ha gettato le basi per la costituzione nel nostro Paese
di un nuovo mercato mobiliare . L’ art.1 di questa legge riservava alle SIM l’
esercizio delle attivita’ di intermediazione mobiliare ,
mentre le banche erano si , autorizzate a svolgere questa attivita’, per proprio conto o
dei clienti , ma solo per i titoli di Stato o garantiti dallo Stato.
Inoltre le banche dovevano tenere distinte dal punto di vista contabile e organizzativo
“l’intermediazione mobiliare” da quella “creditizia”e da altre funzioni svolte.
Tale articolo che limitava le banche alla sola gestione dei Titoli di Stato era concepito
per evitare che esse limitassero lo sviluppo di intermediari specializzati nel comparto
mobiliare (SIM) .
Ma col decreto EUROSIM , ossia d.lgs. 23/07/96 n.415 tutto questo viene meno , e
il TUF
qualifica i soggetti del mercato finanziario come “IMPRESE DI INVESTIMENTO”
a cui e’ riservato ASSIEME alle banche l’ esercizio professionale nei confronti del
pubblico dei servizi d’investimento quali:
1) Ricezione e trasmissione, per conto degli investitori di ordini in relazione agli
strumenti sotto indicati.
2) Esecuzione di tali ordini per conto terzi .
3) Negoziazione per conto proprio di tutti gli strumenti sotto indicati .
4) Gestione portafogli d’ investimento degli investitori, qualora il portafoglio
includa strumenti sotto indicati.
5) Assunzione a fermo per tutte o alcune emissioni degli strumenti sotto indicati.
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Strumenti :
1)
2)
3)
4)
5)
6)
Valori mobiliari.
Quote di investimento di un organismo collettivo.
Strumenti del mercato monetario.
Contratti a termine fermo su strumenti finanziari.
Contratti a termine su tassi d’ interesse.
Contratti swaps su tassi d’interesse , su valute o contratti di scambio connessi a
indici azionari.
7) Opzioni per acquistare o vendere finanziari.
Potendo inoltre svolgere questo servizio anche negli Stati stranieri, come le banche
comunitarie ed extracomunitarie lo svolgono in Italia.
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